- Rivelazione –

(Dettato ad Anita Wolf nel 1966)

 

Chi non conosce il cammino di Giobbe e le sue sofferenze? Il perché Iddio deve ‘Colpire” un uomo così, qualcuno già se lo sarà chiesto... Questa piccola Opera mostra la Via dell’arcangelo primario Alaniel, il portatore della Pazienza nel suo percorso terreno. Si comprenderà molto, quando i destini vengono illuminati nella Luce della Sua Grazia e Provvidenza.

 

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SANCTO  SANCTORUM

 

(il Santuario santo)

 

Cronache  in  Cielo  e  sulla Terra

 

giobbe.jpg

 

Alaniel - Giobbe

 

Ecco, noi chiamiamo beati quelli

che hanno sofferto con costanza.

Avete udito parlare della costanza di Giobbe,

e avete veduto la fine riserbatagli dal Signore;

perché il Signore è pieno di

Compassione e Misericordia.

[Giac. 5,11]

 

La costanza compie appieno

 l’opera sua in voi.

[Giac. 1,4]

Titolo originale:  SANCTO SANCTORUM

Traduzione: Ingrid Wunderlich

 

L’originale edito dal circolo degli amici di Anita Wolf - C/o Jurgen Herrmann

Hohenfriedberger Strasse, 52 - 70499 Stuttgart

Email:     bestellung@anita-wolf.de.

Sito:           http://www.anita-wolf.de 

 

Questa edizione in lingua italiana è stata curata dal gruppo:

‘Amici della nuova Luce” – www.legamedelcielo.it

Contatti:    info@anitawolf.it

 

 

Prefazione  (a cura di “Amici della Nuova Luce”)

 

Introduzione all'Opera  (dettato dall’Alto ad A. W.)

 

Testo biblico di “Giobbe” - corretto

 

INDICE

 

Ia   PARTE

Cap. 1         Nel segno della Pazienza

Cap. 2         Nell’inferno

Cap. 3         Alaniel va’ da Lucifero

Cap. 4         Puthar e Lucifero nell’inferno –Nel Santuario la proposta di Alaniel: Dio concede

Cap. 5         Le pretese di Lucifero – Un Atto amaro concesso per l’elevazione della Pazienza

Cap. 6         Nel Santuario, Raphael a colloquio col Padre – La Pazienza di Dio che Satana vuole spezzare

Cap. 7         Satana è chiamato al Santuario e presenta le piaghe di Giobbe – La libertà dei figli per la salvezza degli affiliati a Satana – Primo avvertimento

Cap. 8         Il portatore della Serietà, Muriel, parla per la Giustizia il Diritto, e viene inviato a prendere Satana

Cap. 9         Il Portatore dell’Ordine, Uraniel, lotta per la Giustizia di Giobbe – Dio lascia guardare gli eventi sulla Terra, e insegna

Cap. 10       Uraniel e Michael prelevano Satana per il quarto e ultimo colloquio, quale Atto di Grazia; dopo è interdetto fino al grande Giorno del mondo

 

IIa  PARTE

Cap. 11       Consolazione del Signore – Prima arringa di Eliphas, prima giustificata, poi contraddetta

Cap. 12       Bildad usa parole di giudizio – Giobbe presenta la sua giustizia di fronte a Dio, nell’umiltà

Cap. 13       1° e 2° arringa di Zophar su Dio che giudica – Giobbe a sera, rivolto a Dio, ha una risposta, e il giorno dopo risponde ed esalta Iddio

Cap. 14       Ancora un colloquio col Padre, rincuora – Una capanna per Giobbe dai fedeli servitori – Arringa di Eliphas, cui poi gli muore la moglie –  Giobbe il guaritore e Ismaha ha una visione

Cap. 15       Arringa di Bildad, cui Giobbe ha salvato dalle mani assassine del figlio – Una Luce non viene riconosciuta – Samulis rincuora, mentre Giobbe esclama: “Io so che il Mio Salvatore vive!”

Cap. 16       Un bagno freddo al medico ­­– Secondo ciclo – Arringa di Zophar molto dura, che eccede, ma gli muore il figlio e la moglie è in fin di vita – Bildad accusa ancora, ma è più riflessivo –­ 40 vengono guariti – Chi ha ordinato la lapidazione: Dio o Mosè?

Cap. 17       Il Signore tace ancora; un amico non riconosciuto

Cap. 18       Il soldato dallo scudo grigio; malgrado ciò rimango sempre con te; il diavolo, l’oro e la pece

Cap. 19       Il più Santo viene aggredito dai cattivi

Cap. 20       Una notte triste; il buon cambiamento del dottore, quello che proviene dal legno verde

Cap. 21       L’inesauribile pazienza; temporale terrena e Celeste. Ed uscì e pianse amaramente

Cap. 22       Finalmente si fa giorno presso gli amici; dell’eterno-unico credente nella giustizia; miglior impiego del Dono di guarigione

Cap. 23       Il Mediatore – La divina Soddisfazione e Gioia Paterna

Cap. 24       La Cena

Appendice

 

 

 

PERSONAGGI

 

Ia  PARTE

Il Santo          - Dio, il Signore                                                 

Alaniel           - il portatore della Pazienza,                              (arcangelo-Ur)

Rafael            - il portatore dell’Amore,                                    (arcangelo-Ur)

Muriel            - il portatore della Serietà,                                 (arcangelo-Ur)

Uraniel           - il portatore dell’Ordine,                                    (arcangelo-Ur)

Michael          - il portatore della Volontà,                                (arcangelo-Ur)

Zuriel             - il portatore della Sapienza,                             (arcangelo-Ur)

Gabriele        - il portatore della Misericordia,                         (arcangelo-Ur)

Perutam        - il III° angelo guardiano

Satana           - ovvero Lucifero

Puthar           - il 1° angelo più anziano caduto, come capo dei diavoli

 

IIa  PARTE

 

Il Santo                        - nella Figura come Amico, come Forestiero e come Dio

Giobbe                         - il portatore della Pazienza (incarnazione di Alaniel)

Ra-Tana                      - la moglie di Giobbe, figlia di principi di Babilonia

Eliphas di Theman       - amico di Giobbe, vegliardo

Bildad di Suah             - amico di Giobbe

Zophar di Naema        - amico di Giobbe

Elihu di Bus                  - giovane figliastro acquisito di Giobbe, aiutato da ragazzo

Il medico                     - dell’ospedale di Giobbe

Ismaha                        - una fedele serva

Madenia                      - un angelo

Simons                        - servo fedele

Priguhas                      - servo fedele

Samulis                        - servo fedele

un oste e la sua giovane moglie

Ophalith                       - lo zio dell’oste, primo sacerdote a Gerusalemme

Quattro uomini, una donna, due ragazze

Zor                              - un paese

Kores e Dario              - i regnanti al tempo di Giobbe

Re Omri                      - padre di Ahab di Samaria che confermò la lapidazione

Il grigio                         - un cane fedele di colore grigio

Trokk                           - un altro cane di colore nero

 

 

 

 

Ia  PARTE

 

( …nel Cielo… )

 

 

Cap. 1

Nel segno della Pazienza

 

1. Nel Regno le schiere si stanno ordinando, ondeggiano verso la città che per loro è eternamente santa. DIO, che a causa della caduta ha avvolto molto il Suo Io-Ur, senza nasconderLo per l’obbedienza dei figli, è seduto sul Suo Trono, davanti i sette principi e i primi; e le schiere stanno accorrendo, i loro volti beati, irradiano.

2. Certo, il Padre le incontra ovunque, anche quando vanno all’inferno (Salmo 139,8). Ciò nonostante è particolare sentire la Parola e riceverla continuamente nell’alto Centro del Regno, nel Santuario santo, anche se hanno compiuto bene la grande prova della libertà nella Creazione, del tutto nel senso di Ur.

3. La Sua parola era per i poveri, staccati da Lui, i quali vivono miseramente nella loro lontananza, il cui spirito non può agire, le cui anime muoiono giornalmente delle morti i cui cuori non conoscono nessuna lucetta. I primi s’inchinano profondamente; tutti gli altri li imitano. Alaniel va con Madenia al Trono di Grazia. Posa la mano sinistra sul santo Focolare, vicino al suo segno di dignità: il Calice.

4. “O Padre di tutti i figli, di tutti i poveri esseri e degli uomini, Tu non conosci nessuna lontananza, essa riposa nella Tua mano di Creatore. Tu lo sai che noi Ti amiamo e Ti serviamo, e noi sappiamo che il nostro miglior servizio è nella nostra dedizione di Luce, fino a quella profondità che si è spinta fino all’estremità della salvezza. - I Tuoi Occhi vedono tutto, e noi solo qualche fine che porta già il nuovo Mattino nel Tuo Essere-Ur.

5. Ma questo, o Padre, non vorrà formarsi in noi, così come la caduta può distruggere e non ha nessuna forza, né della morte, ancor meno della Vita che la Tua forza fa nascere eternamente. Se la prima figlia si è staccata da Te, non potrebbe essere circondata meglio, malgrado la libertà limitatrice della Giustizia? Ci crea soltanto dell’ordine contrario! Aiuta, buon Padre, e impiegaci per questo servizio d’aiuto come fedeli servitori, come compiaccia sempre a Te”.

6. “Figli Miei! Il vostro servilismo, la vostra dedizione come l’ultima delle dodici Perle, adorna il Mio diadema, il cui raggio benedice la Creazione. Fate attenzione: anche la cosa più inutile di Satana, ancora non è assolutamente inutile per Me! Prima ancora che a un figlio gli è dato un alito di vita, ho provveduto così meravigliosamente. Voi, fiaccole, luci del Mio focolare, avete riconosciuto nei primi Giorni del Mio Anno-Atto-Ur, che nessuna cellula vitale, per quanto sottile, è mai lontana dalla Mia Provvidenza.

7. Già all’Inizio del Ciclo-Azione – che si è sviluppato dal Ciclo-Parola – avevo inserito quei figli che sarebbero dovuti divenire, in una santa redenzione [Isaia 63, 16], tale da far rabbrividire profondamente voi primi e donare a voi, cara prima schiera, un presagio, cosicché vi sopraffacesse per magnificenza d’Amore, quando Io metterò il Punto-Croce! E per i fedeli significherà: «Qui è il vostro Alt!»

8. Può la Mia Creazione, formarsi in altra direzione che dentro la mano da Cui è proceduta? Io ho lunghi fili della Pazienza! Per quanto lontano un figlio voglia anche strappare, ci si chiede se a Me si strappa un filo”. Nelle Mani di Dio si vedono innumerevoli fili, alla cui fine pende a ciascuno un cuore di figlio, grande, piccolo, lontano e anche vicino. Alaniel afferra il Calice che gli sta davanti e dice:

9. “Ma se un filo si strappa lo stesso? Quello che è il più lungo e il più sottile, a cui pende un terzo della Tua Opera del Giorno? Io vedo un punto, che se si spezza – Padre – quanti poveri figli potrebbero non più vivere il Tuo Giorno dell’Amore! Anche noi, rimasti fedeli attraverso la Tua Bontà, non avremmo la benedizione della Sera. O Ur, avvolgi i Tuoi fedeli attorno al filo, affinché questo non si strappi; allora anche gli altri figli potranno raccogliere la loro pace”.

10. “Credi tu, portatore della Pazienza, che Io abbia bisogno di qualcuno per riparare il pezzo rotto? Non posso forse formarMi dall’argilla [Isaia 64, 7; Ger. 18, 4-6] un nuovo vaso, di cui il Mio occhio di Creatore si rallegri?”.

– “Sì, Dio Padre!”, dice Alaniel, “Tu non hai bisogno di noi per conservare la Tua Creazione, oppure per rivoltarla, per produrre nuove brocche in cui immettere la Tua benedizione.

11. Però se hai dei figli fedeli che non pendono con cattiva volontà al su e giù del Giorno, allora puoi cogliere la loro disponibilità del servire, che noi sacrifichiamo nell’umiltà, nell’amore, nella riverenza e nella gioia. Tessi i nostri fili con gli altri, affinché diventi una corda le cui estremità annodi nella Tua mano di Grazia”.

12. “L’ho già fatto ogni volta che il filo voleva rompersi. Quanto tempo e fatica [Isaia 43, 24] ricadeva su questa brocca che si è derubata da sé della sua bellezza. Molti fedeli hanno percorso la via del Sacrificio!”.

– “Sì; ma se Ti formassi da questa vecchia argilla una nuova, in fondo rimarrebbe ugualmente la forma che Tu hai legato dal Tuo Essere, e noi non potremmo cadere nelle Tue Mani dicendo: ‘Signore, lascia questa brocca, anche se non Ti piace’.

13. Saremmo lieti se i caduti si purificassero, affinché Tu abbia di nuovo Gioia nell’Opera, la quale si spoglia della Bellezza e della Forza, ambedue Tuoi buoni Doni. – O Padre, fa che la Pazienza sia ancora più lunga di quanto è il filo più lungo della caduta! Stendi il Tuo Mantello della Longanimità come una Pelle [Isaia 40, 22], in cui la Grazia avvolge tutte le povere anime”.

14. “Figlio Mio, parli una lingua difficile. Voglio avvolgere la vostra fedeltà intorno al filo, finché vediamo se sopporta il Mio Peso. Tuttavia, la Pazienza, Alaniel, devi dimostrarla anche se tu puoi tessere la coperta per coprire l’ingiustizia; certo non davanti alla Giustizia, bensì davanti alla Santità, affinché rimangano ancora le brocche, prima che Io, come Ur, le formi diversamente. Va e parla con questo filo sottile, se vuole farsi rendere più forte”.

15. “Padre!”. Le mani sono tese chiedendo, e già ringraziano.

*

16. Alaniel va fino al Troà, il che significa ‘la Parola’, e lui ne presagisce il peso. Ma sempre, certo della Bontà, percorre la sua via. Il Padre benedice i Suoi figli e dà loro il benvenuto, quando li chiama. ……

[indice]

 

Cap. 2

Nell’inferno

 

1. “Vedi la Luce? (parla un essere oscuro, una volta il primo angelo caduto più anziano della collina della bella Atareo[1])

– Non esiste la Luce”, dice l’altro. “Esiste solo dominio, oppure naufragio! A colui cui si tende la mano, diventa possesso”. Indica una valle oscura dove abitano molti esseri.

– “Questi, conoscono altro che sbranarsi reciprocamente?”.

– “Hm…”. Uno sguardo di sbieco. “Non è la tua volontà che tutto avvenga così?”

– “E’ vero, perché non si lasciano educare al dominio!”.

2. L’essere ghigna. “Mi meraviglierei ciò che faresti se arrivassero al potere”.

– “Detto con facilità”, ride l’oscuro, “non li lascio arrivare a tanto!”

– “Allora è sufficiente che uno li prenda nelle mani. Oltretutto, una volta, era come se …”

– “Taci, Puthar (uno dei primi della caduta), e non rendermi furioso! Il tempo di quando pensavo che esistesse Uno al di sopra di me è già da molto andato in macerie. Io so soltanto che la Mano che si leva può strapparmi il bastone del potere”.

3. “Se ora quell’Altro che io conosco, mantenesse pure il Suo Potere, allora esisterebbero due Poteri e si dovrebbe dimostrare se tu sei il più grande”.

– “Che sia!”, esclama Lucifero sdegnoso. “Voglia regnare quell’Altro oppure no, che m’importa? Forse è già morto da tempo”.

4. Puthar guarda giù nella valle della disperazione. “Non calcolo il tempo, mi è venuta una consapevolezza: ma non ho mai visto qualcuno perdere la sua forma. Conta i miei uomini, insieme anche a quelli che sono passati su quella strana Terra come su altri pianeti; e mi sembra come se non mancasse nessuno, eccetto …”, Lucifero alza minaccioso il pugno.

Il primo si volta abilmente. “Non essere stolto! Certi se ne sono andati. Per dove…? Non sai nulla, oppure …”

5. “Smettila con queste chiacchiere, Puthar; se ne sono andati! Senza di loro il nostro regno non si è indebolito, perché lo hanno abbandonato dei deboli”.

– “Li chiami così perché sulla Terra intorno alla quale girano degli strani raggi, si sono dichiarati per Colui che una volta era l’Altissimo? Si dovrebbe sapere se sono morti[2]. Allora non potranno più nuocerci.

6. Lucifero si sente preso in giro, ma oltrepassa, e dice tranquillamente: “Se siano morti oppure ‘di là’, dove l’Uno non tollera nessun’altra Volontà che la Sua, non m’importa. Ma certi che venivano da lì, sono caduti dentro da noi”. Lucifero si strofina le mani, come dopo una grande vittoria.

7. Puthar pensa: ‘È strano che molti si trattengano qui solo per breve tempo. Se non riescono a liberarsi (di noi), allora ne arrivano altri venuti prendere gli ‘smarriti dall’Ades’ ai quali non resistono; per me, dopo Lucifero, sono il primo ed ho la mia parte di potere. Ah, che voglia che ho di precipitarmi su coloro che vengono da lì! Malgrado tutta la forza che dimora nel loro spirito, riesce a pochi di sottrarsi completamente alla mia influenza. Si agitano come dei pesci alla lenza, non appena sentono i miei lacci, e …”

8. All’improvviso Puthar cade. Anche Lucifero è come irrigidito. Guardano nella valle delle fiamme dove degli esseri scavano orribilmente. Una forza si mette intorno a loro. Strappano ancora l’invisibile; ma, …ecco, …un fulmine, …una luce rossa, …soave e forte, …un filo, a cui si oppongono, …ma una catena che li lega.

9. “Che cos’è?”, esclama furioso Puthar.

Lucifero digrigna: “Non lasciarti irritare! Ecco che ne arriva un altro per dimostrarci che esiste un ‘aldilà’. Se ci lasciassero soltanto in pace con il loro stupido bagliore! Dobbiamo pure agire in modo del tutto diverso; perché se si sparge la fede che esiste un Dio, dove andrebbero i buoni, i dannati all’inferno allora …”

“…soccomberebbero?”

– “Tu!”

10. Lucifero batte Puthar sul petto. “Lascia il tuo piagnisteo, non farmi impazzire! Non mi viene in mente di misurarmi con qualcuno!”

– “Con chi?”

– “Non voglio che nel mondo continui così! Gli altri sono fortemente da diminuire, oppure…”

11. “Lucifero, prova quello che ti ho consigliato. Non puoi estirpare quell’Altro. Abbiamo avuto successo finora? Lascia che gioiscano della loro fede. Attizza ancora questo fuoco, finché diventa orgoglio, e ognuno si crederà migliore di tutti gli altri. E attizza finché dalla fede diventano partiti in cui uno condanna l’altro e da se stessi si elevino al Cielo. Allora li hai tutti! Perché l’orgoglio, …fa precipitare sovente l’uomo più in basso, più in alto si mette sui piedi”.

12. “Il piano è da tempo valutato; ma, …abbiamo tempo”.

– “Non così tanto”, risponde il primo, “non per… – Ah, di nuovo un guizzo! L’inferno sia dannato se non lo si sente!”. Si strofina i fianchi.

– Anche Lucifero ne è stato colpito. Con il volto rabbioso nasconde il suo dolore. “Puthar, se parli ancora una volta di fulmini che vengono da lì e devono dolere, è finita con me! Ho degli altri che posso mettere come primi”.

13. “Uno di …noi sette?”

 – “Taci, demone!”, Lucifero scuote rudemente Puthar.

– Costui non molla. “Inutile chiudere gli occhi. Al contrario: se si pensa a un caso, si arriva a nuovi argomenti attraverso i quali più tardi si opera meglio. Dunque: il nostro secondo, Donar, che si chiamava Caino, lo abbiamo perduto, anche se lui…”

– “…ci ha prestato un buon anticipo?”.

14. Lucifero ghigna: “Credimi, la legge del mondo, decisa dallo spazio, ha richiesto la sua morte perché ha fatto scorrere il sangue di Abele. La Grazia concessagli è stata un inganno per farmi arrabbiare. Se tu una volta fossi di là, non troveresti Donar da nessuna parte[3] e, …io stesso dissolto, lo dovresti poter vedere da te. Solo in me c’è la vita e la consapevolezza dell’essere, mentre di là… – Ah, un guizzo, …una luce rossa! Ora l’ho vista discendere da me stesso!”

15. “Ma non hai sentito niente?”, Puthar si tocca la fronte.

– “No!”, mente Lucifero.

– “Ecco, guarda!”, Puthar indica davanti a lui. “Arriva! Lasciaci fuggire giù nei crepacci della disperazione, là non è mai arrivato nessun raggio!”. Puthar tenta di strapparsi da lui, da Lucifero. Ma ambedue stanno come inchiodati, nessuno può muoversi.

 

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Cap. 3

Alaniel va’ da Lucifero

 

1. Davanti ai demoni sta una luce. Lucifero fissa lo sguardo in quella chiarezza, mentre Puthar si volta inutilmente, mentre splende persino quel loro abisso, con un segno da cui risulta la forma che è sull’alto altare di Dio, il Dominante del Giorno: la Croce!

2. Alaniel sta lì con le braccia allargate. Le sue parole non consentono dubbi: trattandosi – come sovente – di un pareggio. “Lucifero! Mi manda il Signore per parlare con te!”.

– “Non saprei di cosa avremmo da parlare”.

– “Non tu, perché tu non approfitti del Piano di salvezza di Dio. – Voglio mostrarti con quale ingiustizia hai provocato la Pazienza di Dio, …e aiutarti, …povero figlio, prima che il Sacrificio del Creatore ricada su di te”.

3. “Che m’interessano le tue chiacchiere?”, si erge Lucifero. Però considera il tremore delle sue membra come ira, perché si sente come inchiodato. “L’Altro che ho dovuto servire per costrizione, è …”

– “Sì, EGLI è! – E’ il Creatore di tutte le Opere! Non mentire, pensandoLo!”.

– “Io?”. Lucifero si attorciglia ridendo di scherno. “Non ci penso nemmeno di pensare a Lui!”

4. “Non essere stolto”, dice Alaniel. “Solo dalla conoscenza di un’esistenza sorge il rinnegamento! Tu devi occuparti di Dio, perché sei diventato la parte opposta. Più gridi: ‘Non esiste nessun Dio’, più Egli vive in te attraverso la Forza della Sua Creazione, attraverso la creatura. Per l’appunto, sei tu la Sua creatura”.

5. “Che non lo sappia?”, schernisce Lucifero. “Riprenditi pure il Piano di redenzione presentato. Ruimproverarmi ingiustamente perché vivo secondo la mia volontà, mi mostra quanto in basso stai, legato, come un servo a un altro. Se mi spingesse la voglia, allora ti direi: ‘Povero figlio, dove ti smarrisci?’. – Un Sacrificio, per la Creazione, è senza senso. Non esiste nessun sacrificio!”

6. “Non è già un sacrificio, che la Divinità copra la Sua Santità per rivelarSi come Padre?”

– “E’ un’eresia concepita da questo Spirito! Perché è nella fede in Se stessi che si trova la forza per il dominio sugli altri. Anche tu sei stato vinto!”.

7. All’improvviso riprende calmo (Lucifero): “Là è la mia casa, ritorna con noi”. Nell’aldilà ogni casa è circondata da una forza, per il bene o per il male. L’oscuro sa che quivi può agire per il meglio. Ma che cosa vale per Alaniel, una scheggia, a lui, …rafforzato dal Calice di Dio?

8. “Tu pensi che un Sacrificio di Dio sarebbe soltanto una follia?”, dice Alaniel dopo un breve silenzio.

– “Ebbene sì, se esistesse un Dio nella forma che credi tu, allora sarebbe il caso di procurarsi qualcosa di utile”.

– “Meglio ancora per la Sua Gioia o in Suo Onore!”, completa Alaniel. “Per conto mio non ce la fai più a farne a meno. Nell’utile, c’è la più grande propria gioia!”.

9. “Se Egli non Si rivelasse – naturalmente solo dal Suo punto di vista – non dovrebbe più godere della Gioia”.

– “Nemmeno i figli, che risultano come il giusto eco?”.

10. “Ha, sbagliato! Se un Creatore le ha create, le creature non dovrebbero perdere nulla senza contemplazione! Solo ciò che si aveva prima e che dopo viene ripreso, è una perdita. Sarebbero dei beati, senza tale vista? Non ci sarebbero servitori, e …nessun sacrificio. Se Dio – parlo solo nel senso della tua convinzione – coprisse la Sua Santità nel Sacrificio[4], allora, …solo per Sé! Gli dispiacerebbe davvero …rimanere per sempre da Solo?

11. Considera l’utile riferito a Sé! Dire a quelli che sono proceduti da una Forza: ‘Sono Io il vostro Creatore!’, solo perché Egli era il Primo che è diventato l’espressione di una forza nello Spazio, è un inganno per tutta l’Opera della Creazione!”.

– Alaniel tace, sta preparando il suo spirito.

Puthar dà un colpo all’oscuro: “Sta andando nella sabbia (riferendosi ad Alaniel) perché gli hai deviato l’acqua del fiume!”.

12. – “Mi sembra…”, sorride la Luce: “…Lucifero, che dalla tua vecchia pentola fai uscire cosacce vecchie. Che DIO sia la forza dello Spazio, lo hai dovuto ammettere senza volere; per questo è più doloroso. Hai disegnato soltanto la tua stessa immagine. Come creatura sei la prima di tutte le forme di vita, ora sei anche il primo del tuo inferno. Dall’utile tuo proprio e dalla tua stessa gioia eserciti il dominio sui tuoi esseri; ognuno deve ballare alla tua musica! – La chiami giustizia?”

13. “L’ho copiato all’Altro”, schernisce Lucifero.

Alaniel si erge. La sua luce grava sul maligno: “Il Sacrificio di Dio di coprire la Santità, per rivelarSi come PADRE, non sarebbe un Dovere per portare un utilizzo proprio, con cui l’amor proprio verrebbe in prima fila. Ciò che fa la Divinità, avviene per la saggia Volontà per la gioia e la benedizione dei figli.

14. Non avrebbe potuto, Dio, creare degli esseri che, senza la libertà, Gli avrebbero potuto obbedire fin dal principio? Ma allora non avrebbe potuto avere quasi nessuna Gioia propria in creature tali, che senza progresso, non avrebbero goduto di nessuna beatitudine. Dio non conosce nessun obbligo! La Sua Volontà opera per il bene benedicente dei figli. Ciò che sovente appare come obbligo, è un sentiero velato la cui fine si esterna in quella gioia tale da fargli dire: ‘Io sono un’immagine di Dio!’. – E il maestoso Obbligo, che vive soltanto nel Creatore, tu non lo comprendi.

15. Guarda la libertà di tutti i figli come un’immagine dalla magnificenza della libera Volontà di Dio! La più sublime delizia di una creatura-figlio è la Sapienza di inserirsi nella Volontà creativa di Dio, perché la libertà del Suo libero arbitrio ci offre la base sulla quale possiamo vivere la nostra libertà”.

16. Alaniel sa aspettare un lungo intervallo, prima che Lucifero risponde: “Tu dici che ti avrebbe mandato Dio. Sei libero se ti si deve mandare?”

– “La tua mossa non ti serve”, dice Alaniel avvicinandosi. Ma Lucifero e Puthar si ritraggono. “Bada, che il mandante è la Pazienza. Io, il portatore della Pazienza, ho visto il debole filo da cui pendi. Lo hai esteso fin quasi alla rottura. Non sai che cosa deve significare?”

17. “Non m’interessa”, dice Lucifero misurato. “Se io pendessi dal filo, allora il mio punto di vista del Dio ingiusto sarebbe giusto; così si dimostrerebbe che le creature sono non-libere. La tua osannata libertà, beatitudine e gioia, sarebbero un’illusione. – Non mi sento di pendere da un filo, se io stesso nelle mie mani ho i miei fili!”. Lucifero alza orgoglioso la testa.

18. Alaniel sfiora la spalla di Lucifero. Costui scatta, ma rimane fermo, caparbio. “Mediante la Pazienza, l’Amore e la Misericordia, sei legato a un filo, ma questo, dopo, è diventato debole, un rottame, come lo ha definito il Padre. È stata la mia lotta per te, il mio sacrificio, farti visita nel tuo inferno, offrirti come creatura e figlio ‘la Pazienza’, affinché il tuo filo ridiventi più solido”.

 19. Puthar si avvicina: “Ah, Dio ha perduto la Pazienza, e una creatura deve ricucire ciò che la mano del Creatore ha strappato?”.

Alaniel, santo iroso, alza la destra contro questo oltraggiatore, e Puthar si accascia in sé. “La Mano del Creatore può strapparti, e non ci sarebbe nessuno per salvarti! Se la Bontà di Dio tende una volta più lontano che il Potere del Creatore, non è ancora proprio detto. Dovrai contorcerti a lungo come un verme!

20. Ma si trattava di te”, rivolgendosi a Lucifero. “Sarebbe bene se ti piegassi. Prendi il sacrificio della Pazienza[5], ti conduco al Trono di Dio”.

– “Non ne ho voglia! Io sono padrone di me stesso e non ho bisogno di nessuno al di sopra di me! Che cosa significa ‘la Pazienza’? È debolezza, che è per i deboli! Se il tuo Dio deve essere paziente, allora Egli è debole e non è adeguato a governare”.

21. “Lucifero, non oltraggiare! Potrebbe davvero rompersi la Pazienza, e allora …”

– “Va via! Non voglio più vederti! Mi sei un abominio con questa Pazienza, una colla, con cui si catturano le mosche! Oh, se potessi rovinarti!”, sputa fuori Lucifero, furioso.

22. “Se vuoi rovinare il Portatore o la Pazienza, …in entrambi i casi è la tua rovina! Forse esiste ancor prima una via per aiutarti. Voglio pregare Dio per questa via. Ora non hai accettato la chiamata della Pazienza, ma bada che il grande Sacrificio della Creazione non ti schiacci”. – La Luce fugge.

 

[indice]

Cap. 4

Puthar e Lucifero nell’inferno

Nel Santuario la proposta di Alaniel: Dio concede

 

1. È orrendo quando a una Luce santa-chiara, segue improvvisamente l’ombra-Ur che fa apparire l’oscurità del luogo ancora più oscuro. Lo sentono i demoni? L’oscurità, non è una protezione dove può prosperare la loro cattiva voglia? Lucifero non ci va, lui striscia fuori casa, seguito dal primo.

2. “Vorrei sapere che cosa voleva”, Puthar indica l’incerta lontananza.

– “Quello?”, una risata. “Ti sei impressionato molto, eh?”

– “Non io; io non ho nulla a che fare con lui. Ma sento la tua paura che per fortuna non hai fatto vedere. Noi abbiamo …”

– “…niente!”, Lucifero diventa di nuovo rude. “Dapprima vogliamo…, e cioè discutere che cosa deve succedere”.

3. “Capo…”, i demoni chiamano così l’infernale, quando succede qualcosa di particolare. “…ti dico io ciò che tu senti mal volentieri”.

– “Soltanto per via di questo spirito”, Lucifero intende Alaniel, “voglio considerare il tuo consiglio”.

Puthar si schiarisce la voce. “Non dimentichi di fare il conto con quell’Altro? Questo è sbagliato. Non importa come Lo chiami; dovresti solo ricordarti della Sua esistenza. Non si schiaccia un avversario se gli si lascia il campo insieme al gioco. Che cos’è meglio: che Egli venga davanti alle nostre porte, oppure noi davanti alle Sue? Quante volte sono già stati qui tali messaggeri, per noi senza alcuna utilità”.

4. “Per l’Altro ancor meno”, s’inasprisce Lucifero.

– “Può essere, non lo sappiamo. Ma una cosa la sappiamo precisamente: non ci era destinata nessuna vittoria! Gli abbiamo mai dettato una pretesa, come Egli così sovente ai Suoi? … Ah, si fa Luce in te?”

5. “Se tu non fossi Puthar, ti spingerei giù nel suicidio!”, Lucifero è estremamente arrabbiato. “Non vado mai dall’Altro!”

– “Ma perché no? Temi di soccombere?”

– “Satana! Taci!”

– “Oh”, pretende Puthar, “se non tu, allora ci vado io!”. Il vanaglorioso si batte sul petto; ha colpito Lucifero.

– Puthar non deve mai prendere la briglia; è lui – il capo – il dominatore dei demoni. “Continua”,

6. ‘Forse, …accetta’, pensa Puthar, aspirando in segreto al potere e strofinandosi le mani. Un giorno sarà lui il capo dell’inferno. “Per carità non mettere da parte l’Altro. Più Lo incontri, più si estende il tuo campo. Guarda sulla Terra, non vedi cosa vi accade?

7. “Per noi, nulla di particolare.

– “…e il successo dell’Altro?”

– “Ah, che misero! Io l’ho fatta talmente grossa, che il primo mondo[6] è scoppiato; il secondo, appunto ora la Terra, era vicino alla sua fine. Abbiamo confuso le lingue ed abbiamo educato i popoli a odiarsi reciprocamente. Stanno entrando nella nostra rete. Questo basta per ora, il resto segue”.

8. “Che cosa aspetti? Che Lui, l’Altro, faccia qualcosa da notare solamente quando non c’è più niente da cambiare? Mettiamo subito il bastone per far cadere questo messaggero, perché ha potere; l’ho sentito nel suo raggio”.

– “Finché rimane nella sua sfera, non mi è di nessun cruccio”. Lucifero va su e giù in fretta.

– “E se venisse sulla Terra?”

– “Ah, allora corre nella trappola, che …”

– “…gli metto io!”, si gonfia il primo.

9. “Non è male!”, ride Lucifero, e chiede astuto: “Che cosa vuoi fare?”

– “Dipende da ciò che sarà sulla Terra. Come minimo è da spingere all’impazienza, cosicché gli farà perdere ciò di cui è portatore. Non hai mai ammesso che questi messaggeri abbiano delle forze, e li hai sottovalutati a nostro svantaggio. Sii furbo, e sfrutta le forze contrarie per disperdere i loro Doni”.

10. “L’ho già pensato da tempo”, mente Lucifero, poiché se solo lo colpiva la più piccola Luce, pressava i suoi pugni sugli occhi. “Volevo salvare i miei figli”.

– Puthar fa una smorfia. “Salvare? Non dirmi ciò che vale per gli stupidi. La cosa più importante è prepararti a lanciare all’Altro in faccia le pretese”.

11. ‘Se questo fosse così facile…’, pensa Satana arrabbiato. ‘Ho resistito a Colui che si chiama Creatore, mi sono strappato via da Lui. Così il Suo Potere è scheggiato. Mi sono svincolato da Lui ed ho continuato la vita senza restrizione, anche se Lui mi ha giurato che nessuno potesse vivere senza essere nella Mano del Suo Potere. Dov’è ora? Puthar ha ragione. Ah, devo dimostrarlo! I sette sono stati la mia creazione[7], qual forza intelligente ho generato in loro! Certo, Donar è scomparso. Ma non ha importanza’, conclude Lucifero il suo monologo.

12. “Chissà che cosa dice di là?”, chiede Puthar. “Egli certamente starà accarezzando il suo sforzo di averci resi morbidi, affinché raccolga il suo alloro”.

– “Gli sia concesso; perché appassirà ancor prima che diventi una corona”.

– I due demoni scendono giù nel crepaccio.

* * *

13. Che aspetto ha l’alloro di Alaniel? Egli passa la terza Porta nel Santuario. I suoi passi sono più veloci del solito; ma si china nella riverenza, pregando nel silenzio, e scambia il peso con la Bontà di Dio. Delle schiere sono sedute sulle sedie, in riverenza. Il Padre benedice i Suoi figli e dice:

14. “Alaniel Mio, il tuo peso colma la Coppa del Sacrificio. Parla, affinché tutti sentano e riconoscano la Pazienza che Io ho riservato ai ribelli”.

Alaniel si alza: “O Signore, Padre, non è facile portare la Luce a Satana. Però, appoggiato sulla Tua forza, egli diventa un mucchietto di foglie appassite che il vento disperde. Voglio riferire cosa è successo”. E racconta la scena nell’inferno, aggiungendo:

15. “Loro sono da salvare ancora solo con dei sacrifici! Fin dal principio Tu hai spiegato l’Anno-Atto-Ur, il Tuo alto Sacrificio e il Sacrificio necessario della Croce che ci arde nei cuori. Lascia fare a me ancora una volta, sacrificando, cosicché pezzo per pezzo abbatta l’inferno: la Vita sulla Terra!

16. La metto nella Tua mano di Padre, sii Tu il mio Dio, dall’inizio alla fine. A Te il mio servizio, finché la Tua Gioia giubili e, nello spazio del giorno, non esista nessuna lontananza che la Tua Longanimità non avvolga. Preparami Tu nel più Interiore del Tuo Santuario, davanti al Tuo volto e al Trono di grazia. Fammi conservare la Pazienza, anche se tutta l’oscurità strappasse il mio filo.

17. “Agli smarriti è da mostrare che tu, il più sublime portatore di tutte le alte Caratteristiche, vuoti fino in fondo il Calice della Pazienza per i perduti”.

– “Il Tuo Nome, Ur, è coperto, ma annunciaci il Tuo Potere nel Santuario, e anche la Pace con cui Tu ci circondi, benedicendoci. Con Amen, Emmanuel, a Te, il Santo, e a noi l’Amore del Tuo Favore!”

18. “Amen! Chi Mi loda così dalla profondità del suo cuore, Mi adora nel vero amore. La Pazienza-Dio sta al di sopra del vostro agire; sono anche benedette tutte le vostre opere. A te, portatore della Pazienza, domando: ‘È da poco, vuotare il Calice finché non rimane più nessuna goccia? Hai sentito come mi ha schernito l’inferno. Non ha forse dato una spina nella tua anima, quando la tua offerta è stata respinta con scherno? Deve espiarlo la Giustizia! Voi stessi, o figli, avete preteso che devo lasciarla regnare. In essa, per i fedeli, sta quella ricompensa che Io vi ho promesso, …e il castigo di tutti i cattivi”.

19. “Padre”, Alaniel si avvicina al Focolare, “per aumentare la Tua Gioia rinunciamo alla ricompensa, affinché da essa sorga il Ponte di Grazia. Castiga i caduti con la Misericordia, finché imparino a compiangere la caduta; infatti, la misura del castigo delle Tue alte Caratteristiche ha il suo primo peso più grave nella liberazione. Nulla preme di più di come Tu stesso offri il Sacrificio, a Cui nessun figlio resiste in eterno. Tu, come ‘Dio-Amore’, bevi il Calice, gli smarriti devono vuotare il loro calice di cattiveria (Ap. 17,4).

20. Pure i Tuoi fedeli vogliono bere dal Calice, affinché il peso non distrugga i poveri. Lasciami andare per quell’anima oscura, e per preparare per molti un sentiero che li conduca al Tuo Cuore. Nella Tua destra giace il mio stato del Cielo; conservalo, o Santo, lo vorrei ritrovare al mio ritorno”.

– Ur-Dio cammina davanti al Focolare. Egli prende Alaniel nella Sua Protezione di Padre. –

21. I primi conducono le loro schiere – riccamente benedette – sui campi da lavoro. Alaniel viene adagiato nel grembo della Terra. Sulla sua anima sta la Luce: è SANCTO SANCTORUM!  (Giobbe)

 

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Cap. 5

Le pretese di Lucifero

Un Atto amaro concesso per l’elevazione della Pazienza

 

[Gb. cap. 1, 6-12]

(1° colloquio)

1. Nel Cosmo si forma una strada. Da lontano c’è schiera su schiera fino al Santuario. Davanti al muro della santa-Luce attendono sulla strada i quattro guardiani[8]. Ognuno porta una spada. Tutti guardano nello Spazio attendendo ciò che l’Altissimo ha rivelato. Le Porte del Santuario sono aperte a metà; abbastanza larghe da trasmettere la benedizione ai fedeli; abbastanza strette per impedire all’oscurità di darci uno sguardo.

2. E lui arriva. Satana bussa alla Porta della Grazia che conduce alla Sfera della Misericordia. Lui vuole dimostrare di essere più grande di Dio. Ma tremerà quando si aprirà quella Porta? Quando potrà entrare in una Regione che … – Aprendosi entrambe le ante, rigetta ogni timore, e attraversa il Campo della Creazione con il capo orgoglioso. Non vuole vedere niente, e sa che comunque non potrebbe farlo. Così la sua libertà non viene limitata, anche se gli è lasciata soltanto. Che in questa concessione di Ur operi la condizione della Volontà del Redentore, lo vedono soltanto i primi.

3. Più l’oscuro si spinge avanti, maggiore diventa il peso della Luce. Ma l’orgoglioso non piega la nuca. Da lontano verso l’alto vede il Raggio come da un Cerchio. Fa ombra ai suoi occhi con il finto cappello di piume. Sì, …là! La sua orda dietro di sé e l’ultimo colpo di Puthar ‘Non ti voltare prima di avere nelle grinfie Giobbe’, attizzano il suo incendio passo dopo passo.

4. Ecco un nuovo fulmine, ancora trattenuto, in modo che l’oscuro possa andare avanti. Presso i guardiani, molto prima dell’Ephata[9], il suo piede si blocca. Tutta la volontà contraria non gli serve a nulla, a niente serve il suo grido altezzoso: “Perché la barriera? Voglio andare da Colui che si chiama ‘Creatore’! Se esiste, allora si deve poter andare da Lui senza ostacolo”.

5. Perutam[10] solleva la sua arma: "Da quando conosci Dio? Finora Lo hai rinnegato”.

– "Per nulla!", mente Lucifero davanti al Santuario. "Semplicemente non Lo riconosco come il Creatore. Voglio dire…", si corregge rapidamente, "…come Creatore di tutti gli esseri, Lui deve ammettere che io stesso ho creato i miei esseri”.

6. "Per dirci questo, non c’era bisogno che tenessimo la via aperta”.

– "Sono sorpreso", sproloquia Lucifero intorno alla sua meta. "Nessun amore dimora in voi? Un efflusso del vostro Dio dal Quale Egli ha creato tutte le cose?"

Perutam dice aspramente: "Tu non conosci nessun amore, solo erbacce crescono nel tuo piccolo campo. Desideri parlare con il Santo? Ebbene, Lui ti sente anche da questo posto!"

7. Lucifero sbava: “Che bisogno di protezione ha, Lui, che il Suo nemico non Lo punti negli Occhi?”

– “Come lo intendi tu, non vale. La tua lingua è cresciuta nelle fauci dei serpenti”.

– “E tu …?”, Satana va minaccioso verso il guardiano. Ecco che risuona un’esclamazione che gli caccia dello spavento nelle membra. Vede la Luce della Ruota di Fuoco (Ez. 1,15-21), da cui divampano ardenti le fiaccole. Vorrebbe fuggire. Ma perché si trattiene, …non lo sa, è Grazia per tutta la caduta.

8. “Satana, da dove vieni? Vuoi deviare da quel sentiero che ti ha tolto la tua Patria per delle Ore di Creazione? Se è così, allora ti accompagnino degli angeli, finché riposi nelle braccia del Padre”. Qual Chiamata d’amore! Tutte le schiere abbassano sconvolte i loro occhi, e i grandi, abituati alla salvezza, afferrano più saldamente le loro armi. Solo Lucifero non sente nessuno strappo. Ah, così si arriva facilmente alla meta, anche se …

9. “Ti accuso”, esclama ad alta voce. “Non sono mai venuto qui. Ho sempre osservato i confini e la pace che devono valere fra vicini. Ma tu rompi il diritto, Tu conduci continuamente i Tuoi oltre i miei confini, che creano ovunque confusione. Per i piccoli non è così grave, ma quante volte i grandi[11] abbattono le mie file. Ora hai di nuovo mandato uno avanti, e sento bene ciò che intendi fare”.

10. “Se te ne accorgi, Satana, potresti orientarti di conseguenza. Anche per Me non esiste nessun confine! Io non giudico ciò che fra noi ha detto il Mio Fuoco. Ciò che avverrà sarà un Atto per la guarigione della tua caduta. Ho già eseguito molte Azioni che la tua astuzia ha ignorato. Ora offro l’ultimo pre-processo, il quale porta il segnale della fedeltà: la croce! – Guarda se le resisti.

11. Dà la risposta: «Da dove vieni? Hai incontrato Giobbe, il Mio servo?»”

– “A causa Sua, Ti accuso. Per via della pace ho accettato la sua infrazione del confine; ora ne ho abbastanza! Mi toglie coloro che ho creato, dei quali Tu non devi disporre. Toglilo! Lui è morto! – Ah, Te lo lascio volentieri; lui è un querelante, e non sta bene nelle mie fila!”.

12. “Come mai un querelante? Penso che sia buono e pio”.

– “Nel Tuo senso! Mi si oppone!”

“Questo è nel suo libero diritto”, risponde Dio.

– “Ohooo, …e il mio libero diritto? Non lo rompi quando la Tua squadra fa ribellione presso di me?”

 “Guardalo come sta bene sotto le tue piume; se è vero, se è falso, non M’importa. Il Mio fedele servo vive solamente per la tua utilità”.

13. “Per il Tuo!!”, s’infuria Lucifero. “Lo hai equipaggiato bene e la sua gratitudine è un Dono facile. È un ricco fra tutti i ricchi nel mondo. Solamente”, schernisce lui, “Mi stupisce che non Ti servono sua moglie e i suoi figli. Vivono magnificamente e nelle gioie; fanno feste dal sacchetto del Tuo servo”.

14. “Satana, com’è possibile? Passi attraverso il paese, e lo hai notato?”

– La domanda è un ordine. Lucifero si attorciglia: “Che m’importa! La sua posizione non è benedetta, altrimenti, come da lui, dovrebbe venire ugualmente com’è in lui stesso”.

“Il tuo scherno non serve a velare la verità. Ammettilo: ‘Da dove proviene l’anima di sua moglie? Da dove, l’animo dei poveri figli?”

15. “Temi per Giobbe perché gli ho messo dei bastoni? Sono anime mie, …e lo devono rovinare! Lui Ti inganna anche quando i suoi figli giacciono sul letto con le figlie, e ci sono anche i grandi del suo paese. Lui, sacrifica, ma ai cattivi lascia la loro gioia. A che servono gli animali sacrificati e le preghiere? Invece di intrecciare le mani, dovrebbe proteggere i suoi, affinché anche loro trovino la virtù”.

16. “Sei lo specchio della virtù?”, chiede severamente Dio. “Sulle mani di Giobbe riposa molta felicità”.

– “Hm, la ricchezza aumenta tutti i giorni, è per questo che lui Ti è figlio”.

“No, non è questo che lega Giobbe a Me, ma il suo spirito che sta ininterrottamente nella Luce. Lui Mi è anche un figlio fin dal principio, come Lo sono Io sin dall’inizio della sua vita: un PADRE!”

– “Padre? Non Lo sei stato! Non saresti mai sfuggito alla solitudine se il potere dello Spazio non avesse fatto sorgere dei figli. Sei diventato Padre solo attraverso i figli; ma non che costoro lo siano attraverso di Te!”

17. “Il tuo orizzonte di conoscenza è limitato, e difficilmente si lascia allargare”.

– “Io vedo abbastanza lontano; vedo anche l’ingiustizia che eserciTi! Le creature Ti hanno liberato dalla Tua solitudine, e Tu le ringrazi facendoTi chiamare ‘Creatore’. E in più, dovresTi liberarle tutte? Che controsenso!”

18. “Satana, non essere sciocco! Se un solo figlio fosse sorto dallo ‘Spazio’, che tu, comprendendo falsamente, separi dall’Essere-Ur, – dove sarebbe qualcosa di vero? Prima ancora che un figlio succhiasse il primo respiro di Vita, Io l’ho adagiato custodendolo nel Grembo del Padre. Non sono mai stato solo! Le Mie Opere erano con Me! Non sarebbe nemmeno un’auto-redenzione se Io Mi fossi creato dei figli che frequento confidenzialmente. Erano puri, e i fedeli lo sono ancora, anche se vanno nell’abisso della lontananza per aiutare a salvare dei perduti.

19. Alaniel spalanca un’ampia Porta, attraverso la quale si riversa la Mia divina Pazienza fino a te, parte avversa, per redimere anche te dalle catene dei tuoi misfatti. Ecco perché i fedeli visitano la materia che Io ho creato per te come tana, altrimenti la Santità della Mia ira ti spingerebbe continuamente davanti a Me nel Fuoco! Oppure credi che questi fedeli cadrebbero, se tu potessi fare con loro ciò che vuoi?”

20. “Sì”, risponde Lucifero, …ma con grande paura. Però, se Dio copre una sola piccola scintilla, la sua paura diventerebbe ancora maggiore della sua caparbietà. “Stendi la Tua Mano contro Giobbe, e vedrai come cade dalla Tua veste. Allora è finita con la Pazienza, la cosa più abominevole che abbia mai incontrato! Se lo avessi in mano, saprei colpirlo io, affinché perda la Pazienza pure con se stesso!”. – Ecco che cade un largo nastro di Luce sulla via, delle fiamme s’innalzano, confondono Lucifero, e gli dolgono pure.

21. “Satana! Bada: Io, il Creatore, lascio a te il portatore della Pazienza, finché lo avrai vinto. Ma la sua vita è nella Mia mano, non la puoi distruggere! Puoi prendere le sue anime, moglie e figli e tutti i suoi averi. E se così arrivi alla vittoria, allora ti rimanga la Terra, senza sacrificio, sotto i tuoi piedi, finché, …perdi la pazienza in te stesso! Perché la Legge della Giustizia è fissata alla tua volontà!

22. Ora va, esegui la tua cattiveria, finché una vinca: la Mia Pazienza o la tua impazienza!”

23. Il Sancto Sanctorum chiude le sue Porte, …e il maligno precipita nel suo abisso.

 

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Cap. 6

Nel Santuario, Raphael a colloquio col Padre

La Pazienza di Dio che Satana vuole spezzare

 

1. Quando si aprono silenziosamente le Porte, si è trasportati in profonda meditazione, fino all’adorazione. O visione deliziosa! Nessun guardiano vieta l’ingresso. Allora entrano gli alti e la schiera che la materia non ha potuto conservarsi. Tutti giubilano beati, mentre negli occhi dimora la serietà che si riflette nella Fiamma del Sacrificio.

2. Ah, UR pure si rallegra, quando i Suoi figli vengono da Lui oppure quando Lui li sorprende nella loro opera del Giorno. Anche se certe cose della visione di Grazia sono celate, perché la ferita della Creazione non vuole ancora guarire e il Sacrificio di Ur ha prima bisogno del Sigillo, loro hanno comunque le loro coppe ricolme; crescono con il Giorno e con la Sua magnificenza.

3. Quelli del Trono vedono di più; per via della caduta lo coprono. Si chinano, riverenti, nell’ardore del loro amore e dell’adorazione, poi si siedono sulle sedie. Solo Raphael rimane davanti al santo Focolare. E Dio benedice tutti con queste parole:

4. “Miei fedeli aiutanti e cari figli! Il peso del Giorno vi si avvicina sempre di più. Vi sembra più difficile condurre fuori il Giorno dell’Amore della Creazione, dato che la prima figlia rimane lontana? Ma non è solo questo: il suo cuore è duro, dall’anima nessuno scintillio di vita; una volta creata da Me in modo così meraviglioso, volle diventare una pura fiamma. La parte dalla Fonte-Ur è soffocata.

5. Attraverso il riconoscimento del fondamento della Mia condizione, senza il quale non esiste nessuna Opera, vi siete conquistati la magnificenza. Ora avete sentito ancora una volta come Satana non intende far altro che disturbare la via della liberazione. Vuole anche spezzare la Pazienza, il prezioso vaso con il quale è da portare la redenzione nella caduta, il fondamento su cui si appoggia ogni ritorno a casa”.

6. Il principe Raphael, dalla forza d’amore del suo cuore, dice: “O Padre, piegarmi dinanzi a Te è beatitudine; riposare sul Tuo Cuore è l’incommensurabile misura della Bontà! Ci chiami fedeli aiutanti? O Signore, l’Aiuto ci affluisce da Te. Se posso essere un aiutante, allora voglio anche portare insieme il peso del Giorno, …per Te, benché nelle Tue Mani giacciono tutte le eternità, senza che per questo esse trabocchino o diventino stanche. Penso anche alla parte degli aiutanti dei fratelli e sorelle, e voglio prendere su di me dell’altro. Padre, se Tu vuoi, dà a me lo scherno e l’odio di Satana, con cui egli vorrebbe calpestare la Tua santa Opera di redenzione.

7. Ma dove si trova, o Padre, la sua capacità? Certo, a causa del male qualche figlio deve dimorare a lungo nell’oscura notte. Se io sono il dominatore del Giorno in cui domina il Tuo meraviglioso Amore, allora aiutami, affinché diventi un fedele aiutante”.

8. “Lo sei da tempo, Raphael Mio, anche se la chiami Grazia. Le Mie parole non costano poco, se sono solo per far piacere. Ebbene, la Gioia non la si può apprezzare abbastanza alta, di cui le migliori Forze sono parte della Mia Gioia. Se ve la rivelo, allora vi dimora una Chiamata che riguarda il servizio, affinché anche gli aiutanti non si stanchino, come tu dici bene delle Mie mani. Che tu prima, quando ho menzionato la Chiamata hai raccolto altri pesi, è indubbio che tu li possa anche portare”.

9. Signore, sono sempre il Tuo angelo. Noi tutti siamo nella Corrente della forza. Si tratta di colmare delle lacune, non c’è bisogno di domandare del come e del dove. Quando siamo pronti, allora Tu ci metti nel giusto luogo.

10. O Padre, lascia colmare le lacune ad Alaniel, cosicché precipiti l’oscuro nelle file, affinché la Pazienza non naufraghi nel Giorno dell’Amore! Giobbe osserva i Comandamenti che la Terra ha ricevuto dalla Luce ma lo opprime molto la sua fatica, che per i suoi è quasi inutile.

11. Come hanno potuto agire Mosè e gli altri, in Giobbe non si mostra nessuna traccia. Egli non può consegnare ancora nessuna povera anima alla Tua Grazia, perché Lucifero ha già mentito. Le coltri di Giobbe sono sovente bagnate di lacrime, piangendo l’afflizione per via del fallimento. Egli domanda se fosse determinante, dato che la sua fatica non giunge ai Tuoi orecchi. Padre, fa che egli non ritorni a Te a mani vuote.

12. “Da quando, Giobbe ha le mani vuote?”

 –– “Ah, Padre, Tu le colmi certamente con la Tua benedizione. Ma se un uomo vuole essere obbediente nel servizio, allora vorrebbe darTi gioia e guidare delle anime, finché si offrono al sacrificio. Ma se questo non gli riesce, allora a questo riguardo le sue mani sono vuote. Un animo è triste, se non può mai dire: ‘Guarda, o Signore, il piccolo dono. Te lo porto nella fedeltà’. Eccetto a pochi e a dei piccoli dalla Luce, Giobbe non Ti ha potuto offrire questa gioia”.

13. “Tu vedi un collegamento più profondo, Raphael Mio, ma vorresti concedere questa gioia a tuo fratello, dato che voi due siete le Fiaccole della Camera del Mio Cuore divino. Inoltre, ringrazi incessantemente per la Mia Bontà per essere stato a molti uomini un buon padre (l’incarnazione di Raphael come Enoc [Genesi 4, 25]). Aspetta! Anche qui si tratta di più che di una via di sacrificio che un figlio possa compiere.

14. Voi, sette principi, cherubini e serafini, avete portato come spirito – ma anche come esseri umai – la Luce al povero abisso. Il Cerchio che si deve chiudere fin da Adamo ha riportato molto adempimento. Voi, Miei grandi e molti piccoli che siete andati nella materia, avete potuto operare qualche buona opera di salvezza.

15. Avete acceso le Luci delle Mie caratteristiche; da ogni caratteristica è proceduto il vostro operare. Tutto questo avvenne per la prima e ultima figlia! Ogni anima che strappate a Satana, che potrete conservare, è una forte Opera muraria per l’ultima costruzione. Adesso, …la Pazienza non mira ai singoli particolari, i quali restano comunque ancorati nella costruzione. (vedi al cap. 4,15)

16. Alaniel mette le sue forze sulla meta, perché si tratta che Io conservi la Pazienza per la caduta. Raphael, tu credi che da tempo sia stata messa alla prova, prima ancora che mai un figlio fosse giunto al suo respiro di vita. Molto giusto, figlio Mio! Nelle lotte di pareggio mostrate a voi primi una volta[12], è disteso il baricentro fra i quattro Raggi di Vita fondamentale determinanti e i tre portanti. La Pazienza ha formato tutte le Opere nel processo di sviluppo, non soltanto nell’Agire della Mia forza di Creatore, che è stata provocata.

17. Avete sentito la parola di Satana. Lei vorrebbe sconvolgere, finché la Pazienza si smarrisca in se stessa. È uno sforzo inutile, perché Io, Miei principi, vi dico: ‘Come Io so proteggere la Mia Santità, così anche la Pazienza nella Forza che colma la Camera del Mio Cuore divino! È solo per la Pazienza, se voglio, aspettare se Satana spezza un sostegno?!

18. Le forze si misurano. Giobbe non mi deve portare nessuna anima, altrimenti Satana non avrebbe in nessun caso potuto gettare i suoi esseri come uno spurgo di sangue. Ma se la Pazienza si conserva, forse fino allo spezzarsi del Mio Arco di Grazia dal Patto, da questo dipenderà; poiché se l’Arco rimane, allora il Mio piede discende, e la Mia Pazienza-Dio bevrrà un Calice amaro per l’unica figlia, per questa certamente, ma anche per tutti!

19. Vedi, Raphael, così colme sono le mani di tuo fratello! Fai un respiro di sollievo; e l’amore che hai per lui è un buon Dono. Quando la Pazienza, combattendo, ha riportato la vittoria, ora nel preludio, ma una volta attraverso di Me nell’ultima conseguenza, vedrai con sorpresa insieme a tutti i fedeli che cosa ha compiuto la via di Giobbe sulla Terra. Ora è ancora velato, ma qui dovete sapere di che si tratta.

20. Se l’uomo mantiene la Pazienza di Dio, allora non morirà mai nella materia, anche se l’impazienza spezzasse il regno-Terra. Io voglio benedire così riccamente la via di Giobbe, apparentemente povera, fino al grande Giorno dei mondi, quando la Pazienza raccoglierà gli ultimi e assegnerà Mio amore alla Misericordia (vedere la 4° Pietra miliare “Il Giudizio).

21. Voi primi vedrete la fine e Mi adorerete nel Giubilo. Anche voi figli vedrete la Luce. – Ora, Raphael, custodisci tuo fratello, e ritorna di nuovo quando verrà Satana. Perutam, il terzo guardiano, rimarrà come spirito di protezione accanto al Mio buon servo, affinché anche i maligni sentano la volontà che la Luce invia sulla Terra”.

22. Come dopo ogni Benedizione, soprattutto quando viene ricevuta nel Santuario, tutti i figli vanno lieti sul Campo della Creazione. ‘Fedeli aiutanti!’. Ah – quale Grazia! Aiuta, Padre, affinché la possiamo conquistare.

 

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Cap. 7

Satana è chiamato al Santuario e presenta le piaghe di Giobbe

La libertà dei figli per la salvezza degli affiliati a Satana

Primo avvertimento

[Gb. cap. 1, 13-22]

(2° colloquio, fuori dal Santuario, metà aperto)

1. Satana passa nuovamente attraverso le file di Luci. DIO ha chiamato. Puthar si vanta: “Nessuna paura! Noi restiamo dietro di te. Indica ciò che Giobbe deve soffrire e, …caricalo su di lui”.

 – “Nessuno deve espiare, quando l’Altro vuole avere un sacrificio. Che prenda anche questo su di Sé!”.

2. I tre guardiani e i principi fanno barriera sulla via. Un forte Raggio si spinge incontro a Lucifero. Per questo si erge ancora più orgoglioso, quando arriva alla barriera. Ma tace. Se lui ha dovuto – ammesso in segreto – seguire la chiamata, ora, allora comincino, così può condurre ancora meglio la sua replica.

3. Dal Santuario a metà aperto, Dio dice: “Satana, da dove vieni?”

– “La Tua domanda è molto superflua”, risponde Lucifero. “Un Dio non ha bisogno di domandare. Quindi Ti devo istruire io? Sono venuto da un paese che attraverso continuamente”.

“Non dirMi che lo vorresti tenere in ordine”, lo interrompe Dio, “La tua semenza è disordine non appena cresce un’erbetta, per non parlare di un fiore o magari di un albero. Tu attraversi il paese con la tua verga cattiva e batti quelli che Mi sono cari”.

4. “Tu stesso ammetti che non mi puoi resistere? Se i Tuoi Ti sono cari, perché allora non li proteggi? Non Mi hai mai attaccato; sono rimasto liberissimo dopo che Ti ho abbandonato, anche se mi avevi promesso il naufragio. Ora guarda come Ti copri e come diminuisce la Tua incapacità davanti a me”.

5. “Satana, se Io parlo con te, allora è soltanto da quella Pazienza che tu vuoi distruggere. Nella materia ti sono lasciati i fedeli. Se per alcuni le cose vanno male, allora i pesi cadono sul tuo capo, perché a te lo metto doppiamente in conto di ciò che fai a loro di male! Persino i tuoi esseri sono sotto la Mia protezione, dato che la loro esistenza oscura è dura, tale da non avere nessun pareggio con una vita ricca sui mondi. Guarda a destra! Che cosa ci vedi?”.

6. Lucifero obbedisce. Una grande schiera si trova su un ampio campo ruvido. Portano degli abiti bianchi e i loro occhi sono rivolti al Santuario. “Ah, i Tuoi esseri?”, dice Lucifero. “Che strano, il loro campo è spoglio”.

“L’esteriore, Lucifero. Non vedi i cuori? Il campo significa la materia, e gli angeli sono stati mandati fuori per la protezione dei tuoi esseri che sono così miserandi, che il suolo delle loro anime non porta nessun frutto. Che cosa tengono le loro mani?”

7. “Non mi interessa”, s’incaparbisce Lucifero, e dà loro uno sguardo sbieco. “Non si riesce a vedere niente”, mente ad alta voce, ma riferisce: “Sembrano degli steli senza chicchi. C’è anche la povera spiga di Giobbe?”

“Satana, non andare troppo oltre! Parliamo di Giobbe. I Miei angeli stanno tirando queste spighe magre dal suolo duro della materia. Il loro lavoro è faticoso, e si chinano finché sul campo se ne trovano per portarle da te al Padre”.

8. “Non ne ho voglia! Io stesso sono padre di tutti i miei esseri. Per i tuoi contadini non avanzo nessuna moneta cattiva; non li ho chiamati per lavorare per me. Quindi non rimproverarmi se si chinano per me!”

9. “Questo è ancora da vedere”, la Voce del Signore s’indurisce. “E se puoi pagare il salario, si mostrerà quando la Misericordia starà nell’alto Cielo[13]. Allora, forse, la ricchezza del Padre estinguerà i tuoi debiti! Nella Coppa del Sacrificio c’è per ogni diligente una moneta di salario giornaliero la cui iscrizione è: ‘Misericordia di Cuore’ e ‘Chi vince il mondo, eredita il Regno dei Cieli’. Ma ora riferisciMi di Giobbe, e non dimenticare la verità”.

10. “Non mento, soprattutto perché odio il Tuo Giobbe. Mi è una soddisfazione dirTi come egli cadrà. Hai il diritto di maledirmi. Se fossi provenuto da Te, allora porterei parte del Tuo Essere nelle mie fattezze, e ciò che Ti è avverso sarebbe così la Tua propria immagine. Ma non sono proceduto da Te, quindi non è giusto inveire contro di me. Ognuno vive secondo il suo modo, come si è creato”.

11. Michael leva la sua spada larga. “Fermati! Non ci troviamo su nessuna via di lotta, ma la tua bestemmia fa del sentiero di Grazia un campo di battaglia. Abbassati, maligno! Dì soltanto ciò che Dio ti ordina, …altrimenti!”.

– Lucifero trema profondamente davanti a Michael. Ah, con costui non si scherza. Oltre a Dio, lui è il suo peggior nemico, che nemmeno sulla Terra lo si poteva incontrare.

12. Con aspetto agrodolce, Lucifero alza la testa e dice: “Posso dire solo ciò che si vuole sentire? Per me, non ho voglia di spezzare per altri la lancia. Quindi si tratta di Giobbe e della sua religiosità. Lui, per i peccati della donna sacrifica il farro; per i figli prende un ariete; per le figlie, giovani pecore. Spalma con la mano nuda il sangue del sacrificio sull’altare, anche le soglie e i pali di tutte le case in cui i suoi figli si rotolano nel pantano.

13. Giornalmente Ti accende il fuoco con impazienza; non gli riesce abbastanza veloce. Io ho in abominio tali sacrifici; a Te piacciono, e Ti chiami Creatore! Devono guarire l’ingiustizia, gli animali? Che strano Dio! Ora Giobbe non può più sacrificare, gli è passata la voglia”.

14. “È vero che la moglie e i figli di Giobbe peccano, ma dato che provengono da te, non è strano. Hai incaricato il diavolo più diabolico per lasciar soffiar via dal vento gli ammonimenti di Giobbe. Così non hanno colpa, nemmeno quasi più le povere anime; ma tutto il peso è su di te. Non ho piacere nei sacrifici, soprattutto nella Legge estrema. Giobbe uccide malvolentieri gli animali da sacrificare, ma ha trovato un sacro simbolo; somiglia alle strette spighe sul campo spoglio, duro.

15. Giobbe conosce l’origine dei tuoi esseri ed ha ragionato con Me: ‘Signore, non si sono fatti da sé. Sono nell’oscurità quasi senza propria volontà. Considerali, Ti prego, come puri animali da sacrificio che soffrono senza colpa per i colpevoli. Io sacrifico gli animali per loro. Ti porterei più volentieri le povere anime’. Le ha portate A Me. Ha fatto il sacrificio solo per il popolo, affinché fosse ancora da legare tramite il precetto; altrimenti si strapperebbe completamente dalla Grazia.

16. Da questi sacrifici Io porterò l’ultimo che un giorno purificherà la tua anima nel Sangue! Ma non sarai nemmeno la spiga stretta, invece solo un granellino nell’alta Mano del Sacerdote. – Solamente, perché Giobbe non sacrifica più? Ha degli animali a sufficienza che potrebbero avere valore per molti poveri esseri”.

17. “Aveva, aveva … ! Mentre passavo attraverso il paese ho sentito un terribile grido. Il primogenito di Giobbe si rotolava con le sorelle durante un pranzo di festa. In quel tempo il bestiame e gli asini di Giobbe erano al limite. Sono venuti da Saba gli invidiosi della semenza di Giacobbe, perché Abrahamo ha separato gli avi [Gen. 25, 3-6]. Hanno colpito tutti i servi e rubato tutti i gioghi insieme agli asini. Non è rimasto nessun animale giovane. Giobbe ha strillato; ma la sua ricchezza è ancora grande”.

18. “Ha strillato, Satana? Non verso di Me! Quando sono venuto al sacrificio di un ariete, lui ha detto: ‘Signore, mi hai lasciato togliere un settimo, e sono ancora abbastanza ricco. Allora, vada! Se soltanto conservo la Luce affinché possa splendere sulla Terra’. Sì, …mille bovini e la metà delle asine, non gli sono niente contro un solo Raggio venuto dalla Mia Luce”.

19. “Aspetta!”, ride odioso Satana. “La luce è stata spenta come un cattivo resto di una candela. Nel mese successivo è arrivato il fuoco, giusto in tempo. Tutte le pecore erano state radunate per la tosatura principale. Giobbe aveva preparato delle capanne cosicché si dovesse dire: ‘Persino le pecore hanno una stalla’. I servi erano in mezzo alle greggi perché i caproni erano impazienti.

20. Allora sono comparse delle nuvole di temporale e i fulmini hanno saettato terrificanti; da quattro angoli scoppiò l’incendio. Tutto morì nel fuoco. Non hai mai visto un tale incendio come sacrificio? Quando Giobbe ha sentito questa notizia, giacque per ore come un albero abbattuto, scosso nel dispiacere e nella rabbia”.

21. “Non ho notato nulla”, risponde Dio. “È ben caduto dinanzi a Me, ma il suo sacrificio è stato la sua umiltà. Egli ha detto: ‘Signore, che importa? Mi dispiace amaramente per i servi e gli animali. Mi scuote, non vorrei alzarmi. Prendi il mondo se per questo rimango sulla Tua via, e Tu mi benedici tramite il Tuo volto’. Satana! Osserva: guardare Me gli è più importante di tutto, perché il giacere sulla Terra era per il dolore per gli uomini e le bestie”.

22. “Hai perduto la visione”, esclama velenoso Satana. “Dopo quattro settimane durante la conta dei cammelli, tremila senza i dromedari e i puledri, i caldei avevano accerchiato completamemnte il recinto ed hanno fatto irruzione durante il caldo, mentre gli animali stavano calmi. Su un largo fronte la polvere è diventata fitte nuvole. Nessuno ha visto come il gregge è stato spinto via. Il pastore capo ha annunciato il disastro.

23. Allora Giobbe si è ferito a una mano ed ha lasciato gocciolare a lungo il rivolo di sangue, giurando così di voler essere Tu la sua vendetta. E Tu dovresti colpire questi ladri fino all’ultimo uomo. Lui ha velato il volto mentre parlava con i servi. Non è nemmeno andato nel boschetto; non voleva vedere il suo Dio”.

24. “E’ stato così? Non sono legato a nessun boschetto, e Giobbe nemmeno alla casa. Nel sogno la sua anima è andata sotto il suo spirito. L’ho incontrato presso i torrenti che scorrono verso lo Spazio del Giorno (Fonte di Mezzanotte). Egli ha esclamato: ‘Mio Dio, grande è la Tua bontà, cosicché posso stare seduto alla Tua fonte. Mi fai bensì battere sulla Terra e vedo come vengo abbandonato. Mi si dice: «Dio lo deve punire, nella casa non ha educazione». Tu sai come lotto giornalmente per le anime, nella preghiera e nel sacrificio. Se potessi salvare un figlio, non mi lamenterei, malgrado la povertà. Che i caldei si prendano pure i cammelli, se è la Tua buona Volontà; se no, Tu saprai punirli. Per conto mio, sono liberi se soltanto non volessero più oltraggiare i figli’

25. Così parlò il Mio servo. Voleva salvare il figlio più giovane con il sangue. Fino ad ora, Mi pare, Giobbe è rimasto fedele e pio”.

26. “Fino a quando? Perché le Tue piaghe non sono giunte come grandine! Al calar del Sole è giunto il colpo più grave. Il primogenito aveva promesso che lui e i suoi fratelli non volevano più amoreggiare con le sorelle oppure con altre donne. Giobbe, nell’occhio del figlio ha visto della pula libera. E che cosa ha fatto per fermare il male? – Nulla!

27. Allora venne da Sur un vento duro da spazzare le case solide. Se Giobbe avesse avuto solo delle capanne come i poveri del suo paese, nessuno sarebbe morto. Ma i muri sono stati come il sudario in cui vengono avvolti i morti. Lui stracciò la sua veste, sparse cenere sul suo capo, cadde e pianse amaramente. Ora, accanto alla contrizione lo scuote solamente la paura”.

28. “Satana, ho controllato. Egli ha bensì pianto quando sono stato dinanzi a lui. Mi ha adorato così: ‘O Padre, vieni così a me, ora che giaccio nel mio lutto? Ah, quelle giovani anime, come han dovuto morire e non è rimasto il tempo di far pace con Te. Solo il più giovane, nell’ultimo grido, deve aver esclamato il Tuo Nome. Fa loro trovare pace per via di me’. Io gli dissi: ‘Giobbe, quanti doni Mi mostri che potrebbero estinguere i peccati dei tuoi figli’.

29. “I miei doni sono piccoli’, disse il giusto. ‘Ma se li prendi nella Tua mano, allora crescono nella Tua Grazia. Finché ci sono abbastanza abiti per i poveri; poi degli angeli li portano a Casa, perché sono venuto nudo dal ventre di mia madre, nudo andrò nella tomba. Solo ciò che Tu doni al mio spirito è l’abito della mia anima. Se ritiri (da me) la ricchezza di questo mondo, il Tuo Nome sia altamente lodato’. Vedi, Satana, Giobbe porta quattro gravi piaghe, e non ha peccato nulla e non ha fatto nulla di stolto. –

30. Ora fa attenzione: hai detto che Io avrei punito così tanto Giobbe, sebbene non veda in lui nessun peccato. Se mai lo ha fatto, allora dovresti chiamarla una prova utile alla purificazione della materia, non alla sua anima che non ha bisogno di prove. Vuoi distruggere la Pazienza, essa però ti edifica una via fino alla Croce del Sacrificio! Ora, …chi ha colpito Giobbe: tu, oppure Io?”

– “L’ho fatto io”, s’incurva Lucifero, “ma l’incarico proviene da Te”.

31. “Menti! Ti ho dato liberamente la prova della Pazienza con cui è sottostato alla stessa anche il portatore. Hai spinto la Pazienza all’impazienza? Oppure il Mio fedele Giobbe ha resistito?”

– “Paahh!”, Lucifero si ritira sulla via. “Aspetta soltanto, voglio ritornare dopo, quando giacerà muto al suolo!”

32. “Ti voglio chiamare prima”, risuona forte la Voce di Dio, “perché non spezzerai il Mio Giobbe! Metti ancora alla prova la Pazienza e bada fin dove arriva il nerbo. Ma fa bene attenzione che la freccia lanciata non colpisca te stesso!”

33. Ecco Satana scendere nell’abisso. – Per i figli si apre il Santuario.

 

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Cap. 8

Il portatore della Serietà, Muriel, parla per la Giustizia e il Diritto,

e viene inviato a prendere Satana

 [Gb. cap. 2, 1-10]

(3° colloquio, fuori dal Santuario appena socchiuso)

1. “Signore, è giusto far battere Giobbe finché ogni ragazzetto lo indichi col dito? Lucifero diventa arrogante. Quando la prima figlia si è staccata dal Tuo Amore ed ha infranto la condizione di vita-Ur (la caduta), il Fuoco della Tua Serietà ha sospinto la creatura e la figlia fuori dalla Tua Casa. Ora ferisce ogni Santità. Sembra come se Tu voglia tollerare la cattiva, che oltraggi così la via della Grazia. – Padre, noi non staremo più a guardare!

2. Il nostro amore brama di legare Satana quando abusa insolentemente della sua libertà! Rendici la Giustizia, per preservare il Tuo Diritto da lui, finché la pace venga su tutti i figli”. Il principe Muriel sta ritto. La sua serietà fluisce nella Fiamma del Sacrificio che rischiara il Santuario. Gli altri principi stanno a sinistra del sacro Focolare e molti primi del trono sono radunati.

3. Dio dice: “Portatore della Mia Serietà! La bontà dà la parola nel Mio paterno Spirito dove il vostro lutto del Cielo ha una grande parte. Badate all’effetto che fa nell’oscurità, come si formano dei sottili fili. Il maligno non lo sente, e questo è bene. Solo un poco alla volta sente la barriera che gli ostruisce la sua via.

4. Se spreca la forza nel gioco oppositivo, allora non potrà mai disputare per la libertà. Avete ben mosso le vostre forze, ma la prova non è ancora terminata, anche se la decisione è stata presa. Il sentimento di libertà di Satana sta di fronte alla vostra libertà, se lo legate, il fondamento della libertà rimane intatto. Tuttavia, ogni mattoncino (vedi ai cap. 4,15 e 6,14) serve all’Opera della Creazione. Possa Satana abbattere quanto vuole, …non può impedire al vostro solaio di rimanere diritto, per cui da parte Mia la libertà di Satana non resta vincolata.

5. Per ciò che riguarda l’oltraggio esercitato davanti al Mio Santuario, allora ricordate la sua piccolezza sotto la Mia mano di Creatore. Il Trono di Grazia non lo ha accettato, ed anche voi avete ben respinto Satana. La cattiveria è rimasta nella propria fossa, ha dovuto portare tutto con sé di nuovo nel suo abisso. Nulla è rimasto indietro; nulla è stato rovinato di ciò che appartiene a Me e ai Miei figli fedeli!

6. Muriel, Io vedo la vostra pena, ma nella vostra libertà – ancor più lo vedo nel vostro amore sacrificale – giace il diritto. Non preoccupatevi: Io pareggio ogni ingiustizia! Nessuna via continua, che quella ancorata saldamente nel Mio Essere-Ur.

7. Edificazione e meta s’inarcano dalla Fonte di Mezzanotte come un Arco (Ap. 6,2) del Mio Patto e della Grazia su Spazio e Tempo. Sotto di questo si formano la direzione e il decorso, assegnato alle creature dai fondamenti della condizione e dalla libertà. Il pareggio di ambedue gli impulsi-Ur, Mi incorona ogni Opera. Quando il quarto Giorno dell’Atto, lo Spazio si è riempito di Luci, nel sentimento creativo avete pensato sovente il perché fra tutti i Soli c’erano degli spazi vuoti, quasi non da vedersi insieme. Ora sapete da tempo che la Mia grande irradiazione creativa ha bisogno di grandi spazi.

8. Così concordato, solo per uno scopo molto più eccelso sono gli impulsi di libertà dei Miei figli, e comunque – insieme – sono solo una piccola scintilla dalla Mia Luce. Perciò lasciate agire Satana: la cattiveria costruisce da sé il suo carcere! Il capo dei diavoli può misurare sul portatore della Pazienza il suo fallimento.

9. Scendi, Muriel, cammina accanto a Satana; il tuo diritto può rendergli amari i suoi passi. Voi altri erigete in alto un muro, il cui bordo gli cada negli occhi. Mantenetegli la resistenza nel segno della Pazienza. La Mia benedizione riposa su di voi”. I primi si chinano e si schierano al santo Trono. Dio si reca in mezzo a loro. Questa è sempre la più sublime ricompensa per la loro adorazione e amore.

*

10. Nell’Ades Lucifero infuria: “Nuovamente qualcuno che non si vorrebbe proprio avere!”, dice indicando dove una forte luce guadagna forma.

– Malgrado la paura, Puthar esclama iracondo: “Lascialo arrivare, e se non ti aggrada, allora pestagli forte il piede”.

– Prima che Satana trovi una risposta, c’è Muriel. Il suo oro abbaglia straordinariamente.

11. “Lucifero, vuoi di nuovo dare fastidio agli orecchi di Dio? – Sono venuto a prenderti!”.

– “Non ho bisogno di una balia! Ma dare fastidio alle Orecchie dell’Altro è una bugia; combatto solo per il mio diritto e per la mia libertà!”.

– “Hai comunque pur sempre la libertà della volontà”, risponde Muriel, “quando la libertà d’azione non dipende da nessun altro che solamente da te”.

12. “Sì”, interrompe Puthar, “il nostro capo ti licenzia, perché qui sei superfluo”.

– “Lo credi?”, risuona gentile, così come domanda sovente Ur. “Se insistete per la vostra libertà, ebbene, allora nella mia libertà accompagno Lucifero. Ognuno agisca come meglio crede”.

– “Tu, ma non io!”, tempesta Satana. “Non ci tengo proprio a tollerarti accanto a me!”

– “Perciò ti tollererò io vicino a me”, dice Muriel.

13. “Faccio cessare il contenzioso per Giobbe. L’Altro lo da’ in mano mia; e io lo precipito”.

– “L’Altro, il cui Nome maestoso la tua bocca cattiva non deve pronunciare, ti indica il tuo limite. Nella libertà creativa stiamo uno di fronte all’altro. Il mio amore e compassione mi spingono a guidarti, …ma anche la serietà, affinché tu, ti accorga che sulle creature sta un Creatore”.

14. I maligni sentono una forza spingersi in avanti. Allora Puthar sussurra veloce: “Va con lui, così puoi dire che non vuoi perdere d’occhio i tuoi nemici”.

– “Molto bene, Puthar, ma gliela faccio pagare, credimi!”.

– Il maligno cammina sul bordo della strada, l’angelo in mezzo alla strada.

*

15. Arrivato alla sbarra, Satana si blocca, ma esclama: “Ah, davanti a me si nasconde un esercito insieme al principe, dietro al muro? È bbastanza alto in modo che non lo si può superare con un salto? L’Altro ha paura di me! Da tanto tempo aspetto questa soddisfazione!”. Si strofina le mani contento del danno altrui. Gli angeli si trovano in silenzio dietro l’alto muro e da lassù guardano giù a Lucifero.

16. Dal Santuario, le cui Porte sono aperte solamente per uno spiraglio, risuona la Parola: “Satana, da dove vieni?”

– “Hai solo quest’unica domanda?”, Lucifero copre la paura con un’orrenda risata.

“Ho ancora altre domande. Il fatto che il tempo sta nuovamente appeso alla Grazia, che sta solo alla Mia Volontà, lo devi imparare a percepire ferocemente. – Annuncia quello che commetti su Giobbe. Nel paese non vi è nessuno al pari di lui, semplice e giusto, e il suo cuore non conosce nessun battito maligno.

17. Devi vedere che la Pazienza è ancora superiore al tuo oltraggio; così anche la Giustizia, che punisce tutta la tua cattiveria! Bada: la Pazienza non sospende la Giustizia, né Mi spezza il Diritto! Perciò non provocare oltre la Pazienza di come il bastone del Diritto (Isaia 11,4) guida la Creazione. – Ora, ha dimenticato Giobbe la sua religiosità per via delle piaghe immeritate?”

18. “Pelle per pelle! Giobbe conserva saldamente la fede, ma non per esercitarsi in essa. Lui, solamente, non vuole piegarsi. Ti ho detto: ‘Vendimi la pelle, ed io la batto, finché nessun cane la leccherà più’!”.

“Ti lascio commettere anche questo male, perché più tu pecchi, prima si spezza in due la tua resistenza”. dice duramente Dio. “Ma che cosa ha fatto il Mio principe Alaniel quando stava seduto disdegnato davanti alla sua casa e persino sua moglie lo ha schernito con infamia?”

19. “Non molto”, sfida Satana. “Era seduto su argilla finissima adornata con argento, legno di cedro e avorio; ora si gratta con schegge di vetro, sporcizia e pus. Presuntuoso, lui dice: ‘Di proposito rimango sulla mia via. Se Dio mi ha battuto, lo confesso per via dei figli che sono morti nel vizio. Ma se è un destino, allora non riguarda nessuno, ed è meglio che rimanga religioso per finta; allora mi si deve pur sempre il rispetto’. – Vedi com’è fatto ‘il suo diritto’ e ‘il male’?”, schernisce Satana.

20. “Tu non riconosci la religiosità di Giobbe! Sono venuto da lui quando ha sopportato in silenzio lo scherno della moglie. L’ha certamente corretta! La sua longanimità verso la sua anima è stata ancora maggiore del suo dolore. Lui Mi ha detto: ‘Signore, comprendo solo a fatica del perché io debba soffrire, ma una cosa so per certo: Tu mi hai preso sotto la Tua Protezione! E così fa affilare la pietra della prova, finché diventa un bicchiere d’oro da Cui il Tuo Sacrificio attinga la Redenzione’.

21. Satana! C’è ancora molta strada prima che arrivi alla meta. Hai bensì tolto tutto a Giobbe, fino all’insopportabilità della vita; ma lui è attaccato a Me con spirito libero, nella fede della sua anima, dall’ardore d’amore del suo cuore. Come dunque lo vuoi spezzare?”

– “Manca ancora una cosa, e poi divorerò quell’anima che Ti farà molto arrabbiare, perché, …Ti odio!”

22. “L’odio è il fertilizzante sul tuo campo il cui raccolto può soffocarti! Tu stesso hai scavato la fossa della tua caduta. – Che cosa deve distruggere ora la religiosità di Giobbe?”

 – “Io so qualcosa che lo renderà malleabile. Ci sono dei suoi amici che abbastanza spesso si allontanano da lui, e ancora non sanno nulla del suo malessere.

23. Loro devono tormentare Giobbe con l’asprezza di una giurisdizione arrogante. Allora si prosciugherà la Pazienza che Tu non potrai più pesare, né per lo Spazio né per il Tempo. Ciò che Tu dici sono parole, non fatti! Ogni Creazione si forma da se stessa dalla Legge della vita. Come i Soli camminano secondo le proprie leggi; così anche tutti gli esseri che portano la vita in sé.

24. Domanda a un uomo se conosce l’effetto della Legge fondamentale. Non la conosce, eccetto che gli si ponga un paragone! Non può ricercare l’Origine delle forze della vita, perché sono attive in lui stesso; Creatore e creatura in uno, senza differenza. Perciò non esiste nessun Creatore nella Persona, oppure, più giusto: ogni creatura è il suo proprio creatore!”.

25. “La tua teoria somiglia a un sacco vuoto, la cui apertura pende in giù. Se vuoi arrivare alla meta su questa via, allora gli amici di Giobbe, che sono credenti, devono essere trasformati”.

– “Mi sembra che il Tuo sacco sia più vuoto del mio!”.

– “Pensi forse che la caparbietà di Giobbe è da far crollare, che si farà battere dai contrari?”

– “Ah, quanto poco conosci un animo che sulla Terra deve peregrinare con tormento! Vedrai come la religiosità dei pii amici siano bastoni con cui si può battere colui che è stato abbandonato da Dio!”

26. “Batti pure, Satana, e intaglia il bastone, e quando avrai estirpato la Pazienza da Giobbe, allora è morta anche per te!”. La santa Parola tuona sui campi, come una tempesta.

27. Lucifero precipita giù nella sua oscurità.

 

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Cap. 9

Il portatore dell’Ordine, Uraniel, lotta per la Giustizia di Giobbe

Dio lascia guardare gli eventi sulla Terra, e insegna

 

[Gb. cap. 2, 11-13]

 

1. La Via che conduce dal Santuario del Cielo alla Terra è altamente benedetta. Viene utilizato uno spiegamento di Luce. L’umanità non nota l’afflusso degli eserciti e della Grazia. Molti angeli stanno dinanzi al Signore domandando ciò che i loro cuori comunque sanno, ma le loro parole somigliano a delle forze che bandiscono gli oscuri. Dio parla in modo come se tutto dovesse prima rivelarsi ai Suoi figli affidati alla Luce, perché pochi nella materia possono incontrare il Signore, come invece è possibile nel Suo Regno.

2. Uraniel si china dinanzi a Dio: “Padre, pieno di Bontà, ci eleviamo a Te, mettiamo nelle Tue mani il nostro agire. Non hai bisogno di ascoltare perché Tu contempli più profondamente di come riposa l’anima nel nostro spirito. Ora mi trovo al posto di Giobbe davanti al Tuo Trono”.

3. Il Signore dice gentile: “Uraniel Mio, sento volentieri dai tuoi figli ciò che riposa nel loro spirito nati alla formazione-Ur[14] come creature dal Mio impulso di forza. L’unione fra Padre e figlio, fra Creatore e creatura, sta invariabilmente dal divenire delle Mie Opere.

4. Non accresce il legame dell’opera, che al Creatore forma motivo e base. Sì, l’unione d’amore può completarsi più straordinariamente, più si riferisce all’unione dall’Opera. Alla creatura, il ‘flutto di Salvezza’ si estenderà fino al bordo più estremo tra figlio e Padre, da cui è risultata la caduta. In voi questo flutto è accresciuto, e così conferma la Mia Opera: tutto ciò che ho creato, conserva la bontà nella Creazione! [Gen. 1, 31]

5. Il vostro essere interiore ed esteriore somiglia a Me, e dimostra che ogni figlio è legato a Me. Nondimeno siete liberi così come agisce altamente libera la Mia Volontà. Perciò è qualcosa di bello quando i figli vengono a Me nel loro libero amore. Perciò, Uraniel Mio, portaMi quella tua fiducia che il tuo cuore sa offrire”. – Oh quanto si inchina il principe, tutto dedito.

6. Egli dice: “Santo-buon Padre, i Tuoi figli sono la cosa più splendida delle Tue Opere straordinarie. A Te non si nasconde nessun pensiero e nessuno commisura il Tuo operare. Se noi vediamo dei soli che solo Tu sai contare, oppure li osserviamo, pari alla Tua Immagine, o Signore, …non basterà nessun tempo per adorarTi per questo. Tutti i Tuoi spazi sono troppo piccoli per accogliere il canto di gratitudine per tutto ciò che Tu fai per i Tuoi figli.

7. Persino nel più scuro e nel più piccolo dimora la Tua bontà. Anche se abbiamo parte nella Tua contemplazione, Tu copri molto, per la nostra gioia, affinché lo riceviamo da Te. Noi Ti ringraziamo che conservi per Te la contemplazione della Creazione! Così la felicità e l’Amore rimangono conservati per noi sempre nuovi. Soltanto, questo non era sufficiente per la figlia della Creazione, allora doveva andarle perduta la beatitudine dello Spazio e la felicità del Tempo.

8. Padre, guarda Satana che abusa grossolanamente della sua libertà. Perciò Ti preghiamo: ‘Poni l’arresto, non lasciarlo agire in tutto come egli vuole’. Certamente in tal modo la sua forza diminuisce, ma ancora si dispiega perché il Tuo alto Sacrificio di Grazia[15] deve ancora avvenire. Con le Riserve si colma ogni lacuna, lacerata dalla Luce. Ora si tratta di pensare alla Pazienza, Padre. Quanti figli hanno già percorso la via del Sacrificio, …e ‘la caduta’ trionfa ancora.

9. Ora confonde gli amici di Giobbe. Essi sono della nostra piccola schiera e in Giobbe avevano trovato un solido sostegno. Nondimeno, deve Satana divorare il loro cuore, in modo che la loro eredità nella Luce si prosciughi? Ah, quando andavano per la loro strada, come ringraziavano in quel luogo perché anch’essi potevano portare il loro sacrificio. O Padre, o Dio, lotto io per le loro anime! Da’ a noi la tua Parola di Grazia, rivelaci la Tua Magnificenza. Come possiamo legare Satana per la nostra libertà!?”

10. “Uraniel, quello che Io voglio, avviene; solo per questo la via è libera. Vi è anche il pareggio dell’Opera: Edificazione e meta rimangono in Me, lascio a voi la direzione e il decorso. Che Satana si possa gettare sugli amici, fa parte della prova della Pazienza. Lo spirito dei figli rimane libero, e la loro arroganza ricadrà su Lucifero. Farò ben i conti con lui, ma persino questo è incluso nella prova.

11. Inoltre, è un’immagine del grande Giorno dei mondi, in cui l’oscurità sosterrà in parte la (vera) fede, perché sia frantumata cos, più sicuramente, la (falsa) fede. Ora a Satana riuscirà male estirpare la buona voce presso gli amici, ma si servirà del peggiore degli oltraggi: rinforzerà la loro fede nell’aiuto. Si avvilupperanno in mantelli d’aiuto, pur offrendo a Giobbe l’abito da mendicante.

12. Guardate giù sul mondo: essi vengono con schegge di vetri, con cenere (vedi al cap. 11,16), appoggiandosi a forti bastoni. Poi, in seguito, il ragazzo che abita come orfano presso un uomo duro al quale Giobbe è stato come un padre, porterà anche la coppa con la rottura. Satana gli ha ispirato di portare ciò che alla vista indurrà a ferirlo, ma gli manca la riflessione che Giobbe non avrebbe mai agito così con loro”.

*

13. Loro sono vicini alla casa alla cui porta adorna riccamente è seduto un mendicante.

– “Chi sarà mai”, domanda il primo.

– “Giobbe ha un ospedale dove viene data cura ai poveri”, parla così il secondo.

– “Forse Giobbe è nel campo”, dice il terzo.

Il più giovane si fa ombra agli occhi: “Lo sfogo della pelle è il peggio; si dovrebbe uccidere quella gente”.

– “Taci!”, si volta il primo. “Certamente, costui porta i suoi peccati per via della punizione di Dio. Vieni, andiamo nel giardino di Giobbe dall’altro lato”.

*

14. “Angeli Miei, fedeli figli Miei, in quel mondo si arriva anche a questo. Ma osservate pure questo: non è soltanto per il povero mondo, anche se, ugualmente, là l’avversario sguazza peggio che ovunque. Ciò che nello spazio della Creazione materiale, nella regione di Lucifero, fanno i buoni aiutanti, rimane a pareggio della Giustizia, incluso nelle vie di Grazia, e generalmente sgrava l’oscurità.

15. Osserviamo ancora gli amici di Giobbe; ma non per pensare a ciò che succede, perché non ne hanno bisogno i Miei occhi. Nemmeno voi dovete rivolgervi colà per percepire qualcosa, ma il nostro contemplare è il grande aiuto, sono forze pure, di cui il mondo, necessariamente, ne ha bisogno così”.

16. “Signore, quanto sei buono!”, dice Uraniel. “Noi muoviamo le mani dalle Tue forze di Grazia”.

“Molto bene, portatore dell’Ordine! Le mani mobili non perdono nulla! Anche se qualcosa scorre nella povera sabbia, ma la grazia rivela ciò che il peccato beve. Il Mio elemento, la Terra, non concede nessuna goccia. Se viene mutato oppure no, il terzo elemento riconduce tutti i Doni sacrificali nella Fonte di Mezzanotte, da cui sorgerà poi un nuovo Giorno, ricco. Vedete, Giobbe si stupisce che strisciano in silenzio di lato, dove altrimenti camminano solamente i servi”.

*

17. Ah, …lui è talmente cambiato! … Sospira profondamente. Il dolore dell’anima supera la pena del corpo.

Il più giovane, impedito nel camminare, dice spaventato: “È Giobbe, …il mio buon padre! Oh, quanto allegramente ho vissuto da lui”.

– “Sì, …è lui!”, dice anche il primo con orrore, e gli altri fanno come lui.

18. Vanno presso di lui, piegati, laddove Giobbe sta seduto nel suo tormento. Si siedono a distanza, affinché il soffio malato non possa impestarli. Giobbe tace, e gli amici non dicono niente. C’è un conforto per il suo pianto? A loro rimane la parola in gola; non sospettano di cosa si tratti. Ora raccogliamo il loro silenzioso lutto, cosicché più tardi possa essere messo in conto per il loro sgravio.

*

19. Sette giorni stanno seduti con le loro coppe grigie. Ora spezzano le maniglie! Nessuno ha mangiato. Giobbe ha preso un pane secco che un servo gli ha portato di nascosto. La moglie non pensa a lui. Gli ha gettato una coperta e lui deve allontanarsi fino all’angolo, affinché non lo si veda più dall’ingresso. Dove era seduto il padrone di casa, si sparge una sabbia e si erige un recinto, dove lui giaceva dietro la porta. Ora è lei la padrona, e nuovamente ammucchia ricchezza. A Giobbe vengono gettati dei resti scarsi, …quelli che cadono dalla loro tavola.

*

20. “Questi esseri maligni dovranno anche avere ‘i resti’ dai nostri tavoli del Sacrificio! La Giustizia è il paniere dell’Empireo!”

– “O Padre”, dice Uraniel, “non vorrei prendere i Tuoi resti nella mia scodella, rimangono in eterno non misurati. Questa è anche quella moneta con l’iscrizione:

‘Misericordia di Cuore’!”

21. “Cherubino, nemmeno la tua misura potrà mai misurare l’inferno. – Ora chiamiamo Satana per la quarta ed ultima volta per il sacrificio della Pazienza, e vedremo che cosa ha da mentirci. Ma per nulla per ascoltare le sue menzogne, no! Ogni volta che arriva, perde della forza cattiva. Questa è condizione e scopo, segreti, del perché gli è possibile passare attraverso il Campo di Luce”.

 

[indice]

 

Cap. 10

Uraniel e Michael prelevano Satana per il quarto e ultimo colloquio, quale Atto di Grazia, dopo è interdetto fino al grande Giorno del mondo

[Gb. cap. 3]

(4° colloquio, dalla nuvola)

1. “Due Luci? Lo sopporti chi vuole!”, Puthar fugge nell’abisso delle paure. Lucifero sta per precipitarsi dietro al vassallo.

– Ma ecco che accanto a lui stanno Uraniel e Michael. “Lucifero”, dice quest’ultimo, “non scendere nel basso, il Santo ti chiama in Alto davanti al Suo Trono”.

– “Davanti al vostro muro!”, l’oscuro trema nell’impotente rabbia. “Non riconosco nessun Santo, perché Colui che voi intendete, porta solo una parte delle forze della Creazione, mentre io posseggo l’altra”.

2. “E’ giusto, tu hai portato quella parte che EGLI ha fatto fluire nella Sua Creazione”, conferma Uraniel con il volto gentile. “Anche noi siamo portatori della stessa corrente, ma la parte del Santo non è presa dall’Opera, ma è l’espressione del Suo puro potere di Creatore. Egli è la Fonte. Ora tu hai perduto forza e bellezza, non potresti sussistere dinanzi al Creatore se ora non stessero altre creature fra Lui e te.

3. Tu credi che lo sbarramento sia per la Luce? No, è per la tua protezione! Così è attraverso i figli che il Creatore custodisce la creatura, affinché possa avere un ritorno. Non gettarti nelle tue paure, perché il Signore ti ha comandato e ti andrebbe molto male se la nostra forza di Luce ti strappasse dalla tua catena”.

4. “Questo dipende da una prova”, si vanta Lucifero. “Il vostro discorso vanitoso non mi può assolutamente catturare! E ora vengo con voi per pura testardaggine. Ora mi avete provocato, e quello che succede cadrà su di voi. Costringere me contraddice la libertà, e io mi conservo il mio diritto!”

5. Puthar, comparso di nuovo fino al bordo dell’abisso, lancia: “Sì, conservati il diritto! Finché ti si fanno bei discorsi mi attaccherò ai calcagni degli amici di Giobbe!”.

– “Fallo! Confondi i loro sensi, finché capovolgono tutto!”.

6. “E’ questa l’osservazione della libertà di Legge?”, dice Michael, mettendo la sua mano sulla spalla di Satana il quale cerca inutilmente di scuotersela di dosso.

– “Non immischiatevi nella mia faccenda, e vi lascio indenni!”.

– “Non lo farai”, dice Uraniel, “Giobbe è del Regno; ti manca ogni diritto di avvicinarti a lui. Nondimeno, calpesti la libertà coi piedi”.

– “Perché penetrate qui da me? Se cercate nel nido estraneo il giaciglio, allora non dovreste proprio sopportare la legge dell’estraneità”.

7. “Insegnare a te la conoscenza è inutile. Il tuo cuore è duro come un sasso e non vuole farsi ammorbidire. Lo si può soltanto ancora far esplodere! Se dai pezzi se ne lascia formare uno nuovo, corrispondente alla meravigliosa forma di una volta, è una domanda all’Opera, la cui risposta la conosce solo il Creatore”.

– Uraniel cammina sulla sinistra, Michael precede a destra della via; Lucifero cammina malvolentieri al centro, rimanendo indietro un paio di passi.

*

8. Questa volta nessun muro ostacola il passaggio. La nuvola bianca è accampata davanti al Santuario. Satana non vede nulla del Tempio. Davanti a questo stanno due grandi angeli, e questi due forti formano un ampio arco i cui punti finali lui non deve oltrepassare. Ruotando caparbiamente la testa all’indietro, guarda in quella luce che avvolge la magnificenza di Lui. La voce di Dio dalla nuvola lo fa rabbrividire.

9. “Satana, ti mantiene ancora la Pazienza, che tu disdegni come debolezza. Non ti sbagliare! La Pazienza ha ottenuto protezione dalla Volontà (Michael) e dall’Ordine (Uraniel) nella lotta uguagliatrice, per cui, come conseguenza, la Mia forza nella Sapienza (Zuriel) e nella Serietà (Muriel) patrocina anche l’Amore (Gesù). Per te verranno presto sospesi Pazienza (Alaniel) e Amore (Raphael). Come ultimo aiuto la Misericordia[16] potrà ancora portare il governo o la guida. Tu sarai ancora sotto la Mia Guida, nascondendo il Governo così come il Mio volto nella ‘nuvola’, affinché il Mio incendio non ti spinga via.

10. Te lo anticipo: con ogni parola che ti giungerà, ti ammonirà la Misericordia. Certo, queste chiamate non troveranno quasi il tuo orecchio, meno ancora il tuo cuore. Non dire che sarebbe molto strano, se Dio continuasse ad agire in modo vano. Sembra vano, come lo spargimento della semenza nobile sulla via, sulla roccia o sotto i rovi (Luca 8,5-8). Hai perduto la buona terra e non comprendi il perché Io spargo comunque i Miei chicchi.

11. Ascolta: sotto la pietra più dura della tua caduta si trova il santo Paese dalla profondità del Creatore! Un giorno vedrai come la piena semenza da campo e ricchi alberi da frutto irromperanno il tuo duro suolo! Porta con te la Parola nel tuo inferno, perché da ciò deve gettare una radice che resiste alla tua caparbietà.

12. Ora ti pongo la domanda che ti è molto avversa. Da dove vieni? Sei stato da Giobbe e dagli amici? La malattia di Giobbe gli ha fortificato il cuore e ancora di più lo spirito per Me, tanto che la povera parte del mondo ha trovato rifugio nell’anima del cielo”.

– “Se Tu lo sai, perché lo domandi a me?”, Lucifero pesta col piede.

13. “Anche l’ultimo inferno è sottomesso a Me! Confessalo: perché hai provocato la Pazienza”.

Lucifero risponde con calma: “Gli amici fanno lutto per finta. Per via della puzza sono andati di notte nella casa e lui giaceva da solo nel gelo. Quando il Sole stava in alto, quando accanto a lui era pericoloso, allora sono andati nel suo giardino tacendo, per non sentire il soffio pestilenziale. Hanno pensato solo alla brama di guadagno: ‘Non vogliamo abbandonarlo del tutto. Se dovesse guarire di nuovo e diventare ricco, allora non potremmo volergliene se lui si mette contro di noi. Rimaniamo sette giorni!’.”

14. “Così pensano gli amici di Giobbe?”, domanda Dio. “Nelle loro anime non c’è ancora nessun inferno, anche se il tuo diavolo ha spinto avanti dei serpenti. Quello che faranno più tardi, sarà poi la loro grave sorte, perché solo per breve tempo puoi abbagliare un figlio della Luce. Perciò loro agiscono solamente come ha sussurrato nei loro orecchi il tuo demone”.

15. “Perché l’ascoltano?”, interviene falsamente Satana. “Quelli dalla Tua parte dovrebbero conoscere le Tue parole. Tu la chiami ‘malvagia la libertà’, questo mio combattuto diritto di vita. Una volta Ti ho già detto: ‘Rimani nel Tuo Regno ed io nel mio’. Se lo avessi osservato, fra di noi non ci sarebbe nessuna lotta. Mi starebbe bene non dovermi occupare dei Tuoi esseri. Ma dato che sono nemici miei, tendo a rovinarli”.

16. “Tu hai in mente ben altro! Ma ora non si tratta di questo, non tanto degli amici di Giobbe. Si tratta della Pazienza! Hai gravemente ferito Giobbe col modo in cui sei andato da lui. Con coppe di cenere si fa lutto per la perdita, e se inoltre si spezzano le maniglie e le si rende fragili (vedi al cap. 11,16), questo indica l’oltraggiatore sul quale si riversa la punizione del Cielo.

17. Colui, il cui cuore non è stato rosicchiato da nessun verme, la cui anima è senza peccato, il cui spirito dimora nel Santuario, è stato molto offeso per essere stato presentato come un peccatore e sul quale fu spezzato il bastone, nonostante le sue buone azioni. Che cosa ha detto Giobbe quando ha visto questo? Ha respinto gli uomini nei loro limiti! Non era suo, il diritto?”

18. “Diritto …? E’ diventato un uomo povero che non può conquistarsi nessun diritto! Ho dato molta influenza ai miei sudditi, potere e anche i beni del mondo. L’ho organizzato così perché la maggior parte dei Tuoi poveri esseri sono uomini con poco avere. Tu dici che sarebbero ricchi di doni Tuoi. Non dovrebbero questi, vedersi anche terrenamente?”

19. “Non necessariamente”, risponde Dio. “Ma quello che i tuoi esseri possiedono nel mondo, passa. Nella loro coppa non rimane nessun chicco. La ricchezza del cuore dei Miei figli non è mai da paragonare con tutti i beni dei poveri del mondo. Loro portano tanta Luce nella tua oscurità, come non lo potrai mai misurare.

20. Ora continua a parlare; non per sentirti, no! Tu devi confessare il tuo cattivo operare, perché anche questo è un atto di Grazia. Quello che un povero figlio confessa davanti a Me lo alleggerisce per il guadagno futuro. Non riesci a proferire nemmeno un’unica parola di confessione, e questo lo considero nell’aver messo alla prova la Pazienza. Questa misura di Grazia, un giorno ti aiuterà. Vedi, ti mantiene un sottile filo di Pazienza! – Ora riferisci che cosa ha detto il Mio Giobbe”.

21. “Ah”, Lucifero rigetta la Grazia, “presto lui sarà finito. Quando ha visto le coppe del peccato, verso nord, sud, est e ovest, ha maledetto il giorno in cui sua madre lo ha concepito. Per lui Dio non avrebbe dovuto vedere la sua nascita e non avrebbe dovuto stendervi nessuno splendore. Sarebbe stato meglio se non avesse mai giaciuto al seno di una madre, ma fosse morto subito e ora riposasse tranquillamente in una tomba. E’ sulla via migliore di decadere da Te. Chi maledice la propria nascita, non ci vuole più molto che rigetti la sua vita”.

22. “Giobbe ha parlato contro di Me?”. Una domanda severa, che fa tremare Lucifero fino in fondo.

– “Non proprio”, dice lui indugiando. “Ma Tu sottolinei che si tratta solamente della Pazienza, e questa, per l’appunto, la perde con sé. Questo Te l’ho promesso, e si adempie pure”.

23. “L’esaudimento sia messo lì. Giobbe non ha altro lamento che quello di considerare come oscura la nascita e aver preferito di non essere in vita, …Satana! Lui questo lo si può fare per ogni dolore e sofferenza corporei. Quando fiorisce la fede, la speranza e l’amore (1° Cor. 13,13), non si è separati dal proprio Padre. Lo spirito di Giobbe Mi adora nella fede, la sua anima rimane nella speranza e il suo cuore tiene in alto il Mio Amore.

24. Dato che non vuoi nemmeno vedere questa misura della Mia Grazia che ti ho offerto ora per il futuro alleggerimento di peso, per questo non devi più venire nei Campi di Luce, finché non sarà passato il ‘Grande Giorno del Mondo’ (4a Pietra miliare “Giudizio”), di cui non hai nessuna idea quanto significherà per te. E perfino il Mio Santo-maestoso Sacrificio, anche quando lo riconoscerai, non potrà aprirti prima le Mie Porte! (3a Pietra miliare “Golgota”).

25. Va Via! Non presentarti mai più davanti al Mio Santuario, fino al tempo che Io preserverò ancora come ultimo Atto di Grazia! Voglio ben attendere a lungo finché compi la tua cattiva opera a Giobbe, ai figli e, …al tuo DIO! Ma se Giobbe rimane fedele, allora ti spezzi tu sulla Pazienza-Dio, attraverso il Sacrificio, …oppure attraverso la dissoluzione!”

*

26. Le schiere si chiudono, coprono ogni Luce del Cielo. A Satana gli sembra come stare in una stanza buia. Cade in un abisso senza fondo e atterra nel crepaccio delle paure. Ci vuole molto prima di riprendersi da questa caduta e riprendere poi lui stesso il suo cattivo operare.

 

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IIa  PARTE

 

(… e sulla Terra …)

 

 

Cap.11

Giobbe consolato dal Signore

Prima arringa di Eliphas, prima giustificata, poi contraddetta

Nel sogno, la predizione della futura vita di Gesù sulla Terra

 

1. Dalla bocca di Giobbe esce il primo lamento. Per dei mesi segue colpo su colpo. Ha lasciato andare a poco prezzo la ricchezza ed ha superato la morte dei suoi figli nel sapere che questa è stata una Grazia. Sopporta anche silenziosamente il dolore corporeo. Tuttavia, che venga talmente disprezzato dagli amici, è un bicchiere colmo di amarezza.

2. Quello che lui ha fatto diventare medico nell’ospedale, non arriva. Si respinge il signore della casa persino via dal pozzo. Nella notte verso l’ottavo giorno (dopo l’arrivo dei quattro amici) appare il Signore: “Giobbe, ascolta il Mio Conforto”. – Ah, la buona Voce e la Luce soave, questo consola già senza esprimerlo.

3. “Sei venuto dal Santuario e vi rimani, anche se ora il mondo porta le coppe di cenere. Prega per la donna e per la tua servitù, e non dimenticare gli amici, perché tu sei più grande di tutti loro messi assieme. Il tuo spirito sta dinanzi alla Luce, come non l’ha visto nessuno di loro. Solo questo ti eleva al di sopra di ogni onta”.

4. “O Padre, lasciami ringraziarTi prima che possa continuare ad ascoltare. La Tua parola è balsamo per le ferite che il mondo mi ha causato. Non conosco nessun angolo dove posso giacere. Sotto la Tua mano benedicente ho costruito la casa ed ho raccolto i beni per rendere felici i poveri. Ora devo giacere dietro lo stipite sul nudo campo”.

5. “Alaniel, eri libero di preparare il Mio Sacrificio. Dov’è tuo Padre, là c’è il Tempio del Regno, e il Sole è il Mio Volto! Tu Mi vedi, le tue mani si aggrappano saldamente alla Mia cintura; quindi hai anche il Santuario. Sei appoggiato allo Stipite senza il quale la casa crolla, e tu stesso sei il forte stipite per le anime dall’oscurità.

6. Un giorno non avranno nessuno stipite. Mi cercheranno perché hanno bisogno del SALVATORE; ma Mi disdegneranno perché Io sono la Verità! Porterò tutto nella Pazienza; anche tu ora devi poterla conservare”.

– “Padre, qual Conforto! Fortifica la mia anima, e mantieni il mio spirito presso di Te. Ora rimango nel Tuo Santuario anche qui sulla Terra, perché tutta la Creazione è Opera Tua!”.

7. “Sì, figlio Mio, tutto il bello che vedi, tutto il bene che senti, è il Mio ATMA in Spazio e Tempo. Ma ricorda: ‘Si deve custodire il bello e il bene, se ciò dev’essere l’Eco della Creazione. Chi vive nel Santuario conserva la magnificenza persino nell’inferno. Il puro spirito che sta al di sopra della materia non viene toccato da nessuna sporcizia e da nessuna rovina! Non lo dico invano. Tu, per via della ‘povera lontananza’, vieni messo molto alla prova. Io ritornerò quando avrai legato al Cielo tutti quelli che ti colpiscono”.

8. “O Padre, mi manca l’alta Forza dello spirito, perché attraverso il corpo sono legato a questo mondo. Ma sia! Soltanto, perdonami se la mia bocca cade nel lamento”.

9. “Non preoccuparti! Quello che è dalla Terra, viene misurato terrenamente. Il Santo considera tutto in modo santo! Chi fa del male dal cuore piccolo, là stendo l’Amore e la Misericordia sulla Mia Santità; ma chi è infernale per puro piacere, incontra la Giustizia! - Sii benedetto, fedele servo”.

– “Se potessi trattenerTi, o Misericordia, non Ti lascerei andar via da me”.

“Giobbe, nella contemplazione non sono presente da solo”.

*

10. Giobbe sogna. – Quell’Uno passa attraverso il paese. Dalla Sua luce scorre molta Grazia. Ecco, – dagli Occhi santi, scuri, egli riconosce il Signore. Così camminerà Dio sulla Terra, così modesto, ah, così povero? … Che cos’è la sua sofferenza contro ciò che porterà l’Agnello di Dio sulla Terra? Nel sonno si appoggia saldamente allo stipite. –

*

11. È ancora notte nella valle. Giobbe va verso l’acqua, prima che arrivino le serve. Le sue membra dolgono; la dura Terra non è un letto. Lui ha un cattivo aspetto, ma si accorge che è solo il generale sfogo. Questo guarirebbe nell’ospedale. Gli amici si presentano davanti alla porta, si siedono in disparte ed inavvertitamente formano una croce. L’anziano, Eliphas di Theman, si schiarisce la sua voce secca; si sforza per non ferire.

[Gb. cap. 4-5]

12. “Amico, per una settimana abbiamo aiutato a portare la tua disgrazia. Per via dei tuoi dolori le nostre lingue sono rimaste mute. Ho creduto che tu stessi cercando il tuo peccato che ha causato la tua sofferenza. Nel paese non c’è nessuno che fa tanto del bene quanto lo fai tu”. Eliphas fa il conto: “Ieri ti sei maledetto, ma non hai tirato nessuna riga ai peccati dei tuoi figli. Sono morti! Dio lascia forse soffrire il buono? Padre Abraham era ricco, a cent’anni ha pure generato un figlio e non si è mai ammalato nella sua lunga vita.

13. Ti sei chiamato giusto. Ma chi fa questo ha perduto la giustizia. Se Dio deve già istruire i Suoi angeli, quanto più lo fa a noi terreni. Ti fidi del medico al quale hai prima insegnato ad essere un medico. Che importa? Chiamalo! Chiama un santo se ti porta l’aiuto! Ah”, Eliphas ondeggia leggermente con la testa, “io al tuo posto chiederei perdono a Dio per tutti i peccati; EGLI guarisce l’anima e il corpo.

14. Chi confessa la colpa perde anche ogni onta. Beato l’uomo che Dio punisce! EGLI ferisce e medica; EGLI colpisce e guarisce. EGLI ti salverà da sei afflizioni, e la settima passerà oltre da te. Non pensare a una morte precoce, ma fa diventare la tua fossa la vecchiaia”.

15. Giobbe abbassa la testa. Così è di giorno? Sotto il bagliore delle stelle, quando la Luce di Conforto era presso di lui, si sentiva libero come portatore della Pazienza nel Santuario. Era fantasia, spinta nel cervello attraverso il dolore, che potesse portare la sofferenza nel sacrificio? No, Eliphas ha ragione. La radice del suo male è nei figli. Egli doveva pascolarli come agnelli, invece di coprire con indulgenza i loro peccati con il sacrificio dei montoni.

16. Ora è giusto; ma non lo si dovrebbe mettere davanti ai piedi nelle coppe di cenere. Oh, il discorso dell’amico ha cancellato la visione di Dio. Ora, nell’ignoranza della concessione, Giobbe risponde nell’afflizione dei suoi pesi: “Il malumore e la sofferenza pesa, ma guardo ciò che è più pesante. Ciò che mi ripugnava ce l’ho in me; ciò che ho evitato, vi sono seduto sopra.

17. Oh, che il Santo mi colpisca in pieno e non tenga indietro le Sue mani! Qual è la mia parte di morte da portare pazientemente nell’anima? Se ho offeso il Signore, allora non avrò nessun aiuto, nemmeno da Lui. Oramai, da povero non posso comperarmi nessun amico come lo desidera il mondano. Senza acquisto, …dove sono rimasti quelli che hanno giurato fedeltà?”. Giobbe guarda ora quegli uomini, ma il loro sguardo va lontano.

18. “Lo contraddico! Dio, il Misericordioso, non ferisce prima, per poi fasciare; invece EGLI colpisce per poi guarire! Allora, Egli avrebbe dovuto mandare il peccato, per poi sospenderlo di nuovo attraverso il Suo Sacrificio? No, è l’inferno che strappa, ma il Santo guarisce. Se ora i fratelli mi portassero misericordia, invece di accuse, allora sarebbero un flusso in cui la mia anima potrebbe fare il bagno”.

19. Di nuovo guarda in su, …se si schierassero più strettamente intorno a lui per il suo conforto. Ma loro restano accovacciati. Eliphas mette un lembo del mantello sugli occhi. Al più giovane dispiace, vorrebbe dire qualcosa, ma l’anziano non gli ha mai lasciato la parola. Giobbe conserva quel piccolo raggio di gioia.

20. Si rivolge a Eliphas: “Il vostro cattivo calore prosciuga il vostro fiume. Sono venute qui molte carovane, le carovane dal ricco paese venivano quasi sempre dal regno arabico, già ai tempi di Salomone [1° Re cap.10], e alla mia tavola si sono saziati in molti, alti e bassi, amici e nemici. Ma dato che ora non c’è più nulla da ereditare, si mette il peccatore davanti alla porta! Mi avete mai portato qualcosa che non vi ho restituito cento volte? Voi rimproverate ciò che il dolore ha partorito, e mi avete invaso come il povero orfanello che era prescelto come asino”. Giobbe indica Elihu. “Io l’ho potuto salvare e non gli ho mai detto una cattiva parola. Oppure potete accusarmi di menzogna?!

21. Vi ho insegnato l’alto Santuario e pure il Verbo di Dio che verrà sulla Terra. Se rimaneste in essa, il vostro discorso sarebbe balsamo, …e non veleno dall’albero di spine. Nel mondo, i figli di Dio non hanno nessun luogo. Ma come spera un operaio la fine del lavoro, così anche i figli la loro patria. Se guardo come ora siete seduti davanti a me (in antagonismo), allora per voi ho trascorso la mia vita nell’ozio, cosicché le mie povere mani non tengono altro che tormento di peccati, caricati su di me.

22. La mia vita ha forse somigliato a un rocchetto da telaio? Si diceva invece: ‘Non vedete quanto è diligente Giobbe? Costruisce delle capanne perfino per i servi, e pozzi, e vie, e terre’. È mai uscito qualcuno dal mio ospedale al quale gli abbia detto: ‘Amico, sei qua già da tempo, un altro deve avere il giaciglio’.?Poco fa lo hanno detto a me! – Mi condannate all’inferno e contate le mie trasgressioni; allora non posso sfuggire, e la mia vita è passata come si dissolve la nuvola sul mare.

23. Un paio di notti fa giacevo sul morbido, come prima sulle pelli. Mi sono risvegliato all’improvviso, quando ho urtato contro lo stipite. Ho avuto una cattiva visione: ho visto come degli occhi oscuri che ghignavano dal legno, ed ho desiderato che i miei giorni passassero. Ho gridato: ‘Che cos’è l’uomo, che proprio Tu te ne occupi? Quanto vale la mia vita? Quando avrei peccato facendo del male? Sei il custode degli uomini, e invece di me fai la meta della tua forza?’

24. Il fantasma è scomparso e non ho saputo chi era. Ho invocato il Signore: ‘Non vuoi perdonarmi, affinché Satana non mi inganni? Oh, che restassi a giacere. Presto, al mattino, mi cercherai invano!’.

*

25. Gli amici si sentono a disagio. Giobbe si passa di nascosto la mano sul suo viso. Bildad di Suah lascia scorrere un po’ di sabbia nella sua coppa. Il discorso di Giobbe? – Povera sabbia! Peso dal peccato o pena del corpo? – Vanno nei giardini e si riposano all’ombra. Una serva porta del cibo. Nessuno esamina se ci si ricorda di Giobbe. – Di quello che sta seduto, ci si dimentica di lui; solo il fedele servo gli porta del proprio pranzo che la padrona ha molto diminuito.

26. “Dio ricompensi la tua fedeltà”, gli dice Giobbe commosso.

– E il servo: “Signore, è peccato ciò che si commette su di te! Io non sono ebreo, ma il tuo Dio mi è santo, perché tu sei un uomo buono. Ti faccio io la guardia; non ti devono rovinare!”.

– Gli amici rimangono a distanza, e senza prestare uno sguardo a Giobbe, vanno nella casa per la notte.

 

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 [Gb. cap. 8-10]

Cap. 12

Bildad usa parole di giudizio

Giobbe presenta la sua giustizia di fronte a Dio, nell’umiltà

 

1. “Ieri ho sentito inorridito il tuo discorso, che scorreva come sabbia nella mia anima”. Bildad leva in alto la scodella.

– “Ho sperato che veniste di sera;”, dice piano Giobbe, “soltanto – che l’abbattuto avesse bisogno di un beneficio, ah – i giusti non vi hanno pensato!”

2. “Di questo non se ne parla ora”, devia Bildad. ‘Devono dargli dei pezzi dal pasto magro?’. E’ una faccenda della donna, provvedere all’uomo. ‘E perché state pigramente appoggiati allo stipite?’. Lui dovrebbe occuparsi dell’opera quotidiana... Forse che Giobbe vede i suoi pensieri, perché, stanco, si passa la mano sulla fronte ustionata?

3. Bildad continua: “Per quanto tempo tieni il tuo orgoglio? Nella sofferenza, si scambiano Luce e oscurità. È Dio un Giudice ingiusto che punisce dove deve ricompensare? Credevamo nella ricompensa, ma ora si vede che su di te c’era solo la Longanimità di Dio. Non parliamo dell’agire dei tuoi figli. Il tempo di salvare le loro anime è passato. Non Satana: DIO ti ha colpito! Tu attribuisci la disgrazia a Satana. Ah, guarda, quanto sei vicino al manigoldo!

4. Supplica con fede l’Onnipotente, affinché Egli raddrizzi il tuo corpo e ti riporti i beni. Lascia stare i gesti”, dice frettolosamente Bildad, quando Giobbe leva in difesa la mano. “I nostri anni son troppo brevi per vedere qualcosa di santo, come credi nell’arroganza, qui sono soltanto un’ombra nel mondo. I patriarchi che in sé portavano il tempio, possono insegnarcelo, e i padri lo hanno verificato. Nella notte, c’è stato il Signore da te?”

5. “No!”. La voce di Giobbe trema. Dio non voleva più mostrarSi; ma un conforto…, quanto avrebbe fatto bene.

Bildad esclama: “La Longanimità di Dio è finita perché non Gli dai nessun onore! Quanto poco canneto cresce nella sabbia. Quindi, niente, senza adorazione. La Grazia è finita, non il pentimento, come ci hai detto. Sei come erba secca! Così succede a quelli che dimenticano il Signore. Tale fiducia di tali simulatori è ingannevole e grigia, ragnatele, che un soffio strappa.

6. Ti sei appoggiato sulle tue case e su come insegnasti di Dio, non come Egli è. Una falsa fede! Hai interpretato molte cose in altro modo di come sta scritto nei rotoli. Abbiamo anche pensato che sarebbe stato un bene. Ora invece si mostra che era una conoscenza, ma nessuna sapienza dalla Luce! Se fosse stato altrimenti, ti sarebbe scomparsa la sapienza? In futuro mi atterrò alla Parola, vale la lettera, e nessuna interpretazione.

7. Il tuo parlare era come una copiosa semenza nel campo. Eri simile agli insegnanti che discendono di tanto in tanto dal Cielo, ma la tua polvere ha lasciato crescere altro. Se fossi venuto dal Santuario, Dio non avrebbe rigettato il pio, perché Egli non aiuta il cattivo. Egli ha tolto la Benedizione e ti ha colpito con una grave malattia. Questo è un segno che ci dimostra che non sei del Tempio, ma …”

8. Bildad si spaventa. Non riposa una mano chiara sul capo chino? Nessun sospiro esce dalla povera bocca. Nella sensazione di essere stato ingiusto, dice rapidamente: “Amico, tranquillizzati! Gli uomini devono passare attraverso la scuola della sofferenza; a tutti manca l’onore che deve essere dato a Dio. Sii di nuovo pio. Chi confida nel Signore, riceve nuova Forza [Isaia 40,31]. Risorgerai dall’Ira di Dio; e quelli che ti odiano, cadranno nelle loro capanne”.

*

9. Può guarire il conforto, dove un ingiusto ferisce senza diritto? Giobbe nemmeno sfiora la piccola pentola che gli porta il buon servo. Lui è impuro dinanzi al Signore! Gli uomini guardano da lontano. Non è sbagliato tenergli presente i suoi errori? Così lui steso lo ha fatto anche con loro. Ma essi hanno dimenticato che il buono ha dato ogni ammonimento nel panno lindo dell’amore. – Nuovamente arriva la notte e Giobbe è solo.

*

10. Nell’insonnia, copre le manchevolezze dei suoi amici. A loro manca ciò che lui possiede: pazienza, longanimità, amore e misericordia. Loro si avvicinano con sguardo timido. Si siedono al di là della via. Bildad aveva sognato il malato finché questo gocciolava sangue dal cuore scoperto. Nemmeno il salmo mattutino aveva potuto scacciare questa immagine oscura. Ora è alleggerito. Per nessun motivo voleva ferire Giobbe, ma dinanzi allo sguardo che riflette anche tristezza, tutti i quattro abbassano gli occhi.

11. Giobbe dice: “Vi ho augurato il bene sotto questo tetto forestiero”.

– “Come mai forestiero?”, chiede Eliphas. “E’ la tua casa”.

– “No! Giaccio davanti alla porta come un cane al quale si danno sassi, anziché pane”. Giobbe indica a sé. “A me è rimasto questa sola misera capanna. Là nessuno entra, e il dono del mio cuore viene disdegnato.

12. Bildad, ho esaminato luci ed ombre del tuo discorso. Credi forse che non sappia dove sta il PADRE e, …dove spia Satana? E’ vero: si perde il proprio piccolo avere, e non vi è nessuno sul vasto campo di ritenersi nel diritto dinanzi al Signore, quando Egli scopre tutti i peccati. Chi può dirlo all’Altissimo: uno su mille? Oh – Lui solo è Saggio ed Onnipotente; non c’è nessuno che resiste contro di Lui!”

13. Bildad schernisce: “Satana resiste; si vede come agisce!”

– “Se miri a me”, dice Giobbe, “allora hai ragione. Ma il maligno non deve andare oltre ciò che DIO vuole! Dio può spostare il duro monte al quale arriva la Grazia nell’Ira. Sentite il temporale! La terra trema, i fulmini saettano dal Firmamento, e quando Dio sigilla le Stelle, allora è buio nella notte.

14. Quindi un uomo non può brillare, anche se nel suo cuore è rimasta la Luce. Davanti ai miracoli di Dio, cadete ancora! Voi vedete solamente l’esteriore a cui sono esposto. Volete sapere se l’Ira di Dio non si fermerà? Gridate invano, come Rahab[17] che si è levato contro Dio. Io sono (come) la sabbia che Bildad ha dato nella coppa dell’ira, così davanti a Dio rimango piegato e muto. Avete evitato le mie domande come la nave evita gli scogli; se il SIGNORE non mi dà nessuna risposta, sia lasciato a Lui”.

15. “Lui ha parlato con te?”, chiede frettolosamente Bildad.

“No!”

– “Allora contendi invano”.

– “Supplico il mio diritto dal Signore. Mi accusate di non parlare dei miei figli. Oh, conosco io un figlio davanti al quale i genitori dovevano fuggire…”.

– “Ti va male rivoltare il passato!”, continua Eliphas sgarbatamente, che da Giobbe ha ottenuto casa, campo e bestiame.

16. Si parla male di figli morti?”, chiede Giobbe. “Ti ho confortato quando sei venuto da me piangendo, e talvolta ti ho detto che dei pesi provengono da prove, se siamo obbedienti nella sofferenza immeritata. Mi hai ringraziato con un bacio. Ora è come se tu mi avessi tradito con quel bacio, dato che disprezzi i miei figli morti, ma io non ti ho mai menzionato tuo figlio, che vive ancora malamente.

17. Bildad ha interpretato erroneamente il gesto della mia mano (cap. 12,4). Io volevo dire quanto volentieri rinuncio a tutto il frivolo, se soltanto, Dio rende lieta la mia anima. Conosco l’onore dei patriarchi che mi sono apparsi. Come uomo non sono pari a loro, perché loro dimorano già nel Tempio[18]. Ma anche loro sono discesi e sono risaliti, come io spero di giungere là, dov’è la mia eterna Patria.

18. Voi chiudete la porta ed io rimango non ristorato. Ma se sono canna nella sabbia, lo sa Dio. Tu, Bildad, hai preso la benedizione (da me) e vorresti caricare su di me la Longanimità[19] di Dio. La Longanimità, non è la benedizione più ricca che ci può capitare? Se voglio potere? …dove l’Onnipotente è assiso sul Suo Trono? – Solo un Giusto regna in Spazio e Tempo!

19. Se la mia fede era sbagliata, come l’hai fatto con lo scorrere come sabbia nella tua coppa, allora nessuna via conduce nel Regno del Cielo. Non ho interpretato nessun ruolo. Ho stagliato il contenuto dalla Parola di Dio, come lo contiene ogni seme, germoglio, fiore, foglia e frutto. Quello che ha fatto il Signore, …come potrebbero comprenderlo dei documenti registrati da mano d’uomo? Chi beve dalla Fonte di Dio, riconosce ciò che la Scrittura tiene nascosto. E’ facile penetrare fino alla radice di cui ogni vita ha bisogno, e che si chiama: ‘Volontà del Creatore’.

20. Dimostratemi se Dio mi ha battuto per via dei peccati! Egli pone la Sua mano sui buoni e sui cattivi. Flagella Egli l’uomo, o (lo fa) la sua opera? Lui ha coltivato la mia campagna. Ora vi posano sassi e crescono spine, e si calpesta una via dura. Ora gli aiutanti sono giudici che si lasciano abbagliare i loro occhi dal maligno.

21. Il bene, volentieri condiviso con voi, è passato. Bildad pensa solo al cibo, come lo cerca l’aquila ogni giorno. Se mi sto fermo, così che tu non possa vedere il mio guaio, anche allora mi condanneresti. Non mi concedi nessuna innocenza. Devo essere il senza-Dio! Portate a lavare la neve ed esclamate: ‘Quanto è buio il suo cuore!’. Volete gettarmi nella fossa sulla quale viene versata calce?

22. Con te, Bildad, non voglio stare davanti al Giudice: accusatore e accusato! Non c’è ancora nessun arbitro che mette a destra e a sinistra prima che si veda l’alto volto del Giudice. Solo quando il verdetto arriverà, dovrò anche essere il capro espiatorio. E senza paura dirò come è stato gettato su di me il mantello del mendicante.

23. L’accusa che il mondo è stizzito contro lo Spirito, potrà essere evitata. Sono stato inviato per aiutare la povera ‘lontananza’ a ritornare a Casa; allora, nell’afflizione posso chiedere: ‘O Dio, non mi rigettare, se si spezza il bastone su di me! Colui che TU hai creato, non condannarlo, per elevare coloro che si ribellano alla Tua Bontà. Tu non hai gli occhi miopi degli uomini. Quanto hai posto magnificamente in Spazio e Tempo, e la Tua Longanimità giunge più lontana che il lungo raggio di fuoco’ (Dan. 7,10 «Un fiume di fuoco scorreva dalla Sua presenza…»).

24. Nessuno mi strapperà mai dalla Tua mano, che mi ha dato la mia proprietà nel Cielo e sulla Terra. D’argilla hai fatto il corpo, che diventerà terra quando verrà il suo tempo. Perciò Ti glorifico molto; perché Tu hai soltanto il Bene, anche nell’afflizione del mio carico. Gli altri colpiscono, ma Tu mi consoli. Mi hai fatto del beneficio, e il Tuo guardarmi mi ha preservato la forza vitale.

25. Tu hai chiuso molto, cosicché si debba chiedere: ‘Perché mi hai abbandonato?’, ma avresti punito qualunque malfatto, se avessi peccato, come stanno davanti a me le scodelle di cenere. È da punire, perché mi appoggio da povero allo stipite?’. Malato, …e nell’afflizione di questo mondo? Se sono giusto, nondimeno, non voglio alzare la testa. Sarebbe interpretato male per me”. Giobbe guarda triste gli amici.

26. “Se mi alzassi, verreste come leoni che divorano anche i piccoli conigli. Non guardatemi meravigliati! Trovereste altri testimoni per congiurare su di me l’Ira di Dio. Non comprendete la mia parola (vedi cap. 7,29): ‘Perché son venuto nudo dal ventre di madre’, oppure: ‘non sono già da tempo calato nella fossa’? Credete davvero che fosse un’accusa dall’innocenza, perché secondo la vostra opinione sono ora un portatore di pesi, invece che un portatore di benedizioni?

27. Andate via! Vi rimangono le case che vi ho dato per iscritto. Quando Dio perdonerà, allora mi coricherò. Sarebbe un ristoro non dover più ascoltare che io, come un condannato, vada all’inferno, dove non c’è nessun ordine. Se lo riconoscessi, sarebbe troppo tardi. O Signore, poni TU una fine come vuoi Tu; solo, dà pace alla mia anima, con lo spirito dal Tuo Spirito!”

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[Gb. cap. 11-14]

Cap. 13

1° e 2° arringa di Zophar su Dio che giudica

Giobbe a sera, rivolto a Dio, ha una risposta, e il giorno dopo risponde ed esalta Iddio

 

1. Giobbe attende invano gli amici. Fa freddo. Si appoggia allo stipite per sfuggire al vento del nord. Ecco che arriva uno dei suoi cani che è fuggito dal recinto. Giobbe lo chiamava “il grigio” per via del suo pelo grigio. Toglie il resto del cibo dalla pentola e gli dà da mangiare. Il grigio rimane. Oh, come scalda questa coperta… È un amico che non chiede né di bene né di male.

2. “Benedetta è la creatura. Esistono certamente degli animali feroci, ma è l’uomo che li scaccia. Dio li ha creati miti. Gli uccelli cantano canti di giubilo. Quanto onora la Creazione la Tua Maestà! Solo l’uomo dà poco onore! Signore, benedici quando si bestemmia; conserva la Tua Bontà anche per quelli che mi condannano. Rimani Tu il Mio Signore e Dio”. – Su Giobbe scende la pace.

*

3. Il giorno dopo gli uomini vanno nel giardino. Hanno dimenticato di portare a Giobbe alcuni frutti. Più tardi se ne pentono, ma ciò che si è dimenticato di fare, raramente si può riparare. Quando arrivano, il grigio ringhia. ‘Salterà?’.

– Il suo padrone gli gratta il pelo: “Calmo! Sono, …sono amici!”. Il grigio fa volare le orecchie.

4. Gli uomini spostano la panca come se non stesse nel modo giusto. Giobbe si accorge dell’intenzione e sorride fra sé. Zophar di Naema cerca un filo per riallacciare il discorso. Ieri sono andati via senza saluto e non hanno dato nessun aiuto a Giobbe. Zophar cerca di tenere ferma la voce, ma presto perde la pazienza.

5. “Non ti meravigliare della nostra assenza. Siamo seduti qui solo per ascoltarti? Mi ronza la testa dalle chiacchiere che hai fatto. Nessuno può tacere sulla tua vanità, meno ancora allo scherno che stai facendo a Dio e agli uomini”. – Il cane ulula. – Zophar domanda: “Ti deve proteggere il grigio? Caccialo via, ci è un abominio!”.

Giobbe sorride: “Lui rimane! Dio me lo ha dato, è mio amico, scalda il corpo e accarezza l’anima”.

– “Un animale? Lo metti al di sopra di noi?”

– “Sì”, dice sincero Giobbe, “perché dal pantano della dannazione non trovate nessuna via di benedizione”.

6. “Giusto così”, s’arrabbia duramente Zophar, “sei l’ultimo che ci può istruire! Tanto, ognuno si vede nel suo specchio. Se si vede bello, allora il mondo gli può anche dire che è brutto; ma non lo crederà. Ah, Dio dovrebbe parlare con te?”. Zophar fa come se nascondesse un sospiro, ma continua frettolosamente:

7. “Ti sei circondato con della sapienza ingannevole; la tua colpa sale fino al Cielo!”.

– “Oppure all’inferno!”, esclama forte Bildad.

– “Ti vanti con Dio”, dice Zophar. “Egli dimora più in alto di quel che tu sai, come l’inferno è più basso di quel che sospetti. Ci puoi salire? Vuoi discendere? Vuoi misurare il Potere di Dio? (Gb. 11,7)

8. Siamo andati in mare”, Zophar indica gli uomini, “ed abbiamo riconosciuto l’Onnipotenza di Dio. Conti forse le gocce del mare? No! Ma sfidi Dio, dato che vuoi starGli a fianco. Ora tiene Lui il Giudizio! Siedi come catturato in catene. Va pure in casa e guarda ciò che ti capita, allora …” Zophar deve fermarsi all’improvviso, come Bildad. E’ come se ci stesse ‘una Luce’, che ordina al cane di alzarsi. Ah, che cosa? …gli animali agiscono d’istinto.

9. Zophar si scuote via l’imbarazzo. “Dio conosce la gente dissoluta. Egli ha ben visto la cattiveria dei tuoi figli. Già prima eri vanitoso, hai portato dei vestiti orlati ed hai esercitato un passo superbo”. Il bugiardo viene colpito da uno sguardo abissale, la scintilla di una chiara fiaccola. Ma costui ha già perduto la briglia.

10. “Esercita l’umiltà!”, esclama costui con fervore, “ma non con il comportamento come sei appoggiato allo stipite, come se fosse il buon pentimento! Stendi le tue mani a Dio, finché tutto il male se ne vada da te. Togli dalla capanna tutto ciò che è un abominio al Signore; tieni anche tua moglie al guinzaglio forte. Se la rendi pia, sarebbe una buona opera. Purtroppo non sei più saldo nella fede, e temi tua moglie.

11. Mi fa male dirlo, perché sovente hai aiutato. Solamente, ci si domanda se lo hai fatto con cuore puro. Allora Dio non ti avrebbe punito. Se lo hai fatto in Suo Onore, e non per essere lodato, allora ogni afflizione sparirà. La paura dell’inferno, che il tuo discorso ha rivelato, passerà come la neve a mezzogiorno. Come mattino luminoso scenderebbe il Sole su di te; ma non il sole di sera”, Zophar lo indica, “ma la Luce di Dio avvolgerebbe la tua anima.

12. O Giobbe”, Zophar stende le mani come se volesse raggiungere ciò che non gli riesce, “confessa i tuoi peccati. Ti curiamo noi, così che tu possa riposare pacificamente in casa, e molti verrebbero di nuovo per supplicarti di alleggerire il loro peso, che i poveri portano senza peccato. Però lascia andare i fronzoli che sono appesi ai tuoi abiti, altrimenti non vedrai il Signore, nemmeno i malfattori a cui muore la speranza. Possa cadere una stella nella tua anima”.

*

13. Avevano dimenticato ciò che Giobbe aveva fatto di bene. – Il grigio ringhia, e loro fuggono presto. “Cercati qualcosa da mangiare, oggi non me ne hanno dato”. Il cane corre via. Presto porta un pezzo di pane, toccato in modo delicato affinché Giobbe possa spezzarlo a metà. “Grigio, hai rubato? Non lo si deve fare”. Uno sguardo fedele. ‘Per te!’. “Sì, sì, è anche per te. È giusto; l’affamato può prendere all’avaro”. Di nuovo il pelo caldo protegge dal freddo. Giobbe guarda su al Cielo.

14. “Signore, possono colpire ancora a lungo?”.

“Misura la falsa lunghezza con la Lunghezza della Mia Bontà. Il fondo del calice è appena coperto”.

– “Il fondo?”, un sospiro. “Padre, dammi la Forza, affinché non perda la via”.

– “Ti tengo; ma tu devi stare fermo nel sacrificio. Tu porti ciò che ad altri spezza la croce”. Giobbe tace. “Non sai ringraziarMi?”. La Voce suona molto vicina.

15. “Oh, perdona! Le labbra sono impure come il cuore. Può compiacerTi la mia gratitudine? Mi gettano davanti degli abiti consunti, e la mia vita è persa. Ma è tutto peccato ciò che sgorga dal grembo del mondo?”.

“No”, consola l’Iddio invisibile. “Non lasciarti confondere dal diavolo. Hai visto il fasto delle Mie vesti, per non parlare della Corona!

16. Non ti sei fregiato per via di te, non hai mandato via nessun richiedente. Quando la misura degli uomini è colma, diventano polvere come l’hanno portata nelle coppe di cenere. Consolati!”

– Giobbe piange. O meraviglioso Dio! Che cos’è il dolore del corpo, l’onta dell’anima, il timore del cuore, rispetto a questa alta Luce che si trova limpida nel suo spirito? Si addormenta grato, vegliato fedelmente dal grigio.

*

17. Al mattino si salutano gelidamente. “Tieni lunghi discorsi e pretendi molta pazienza”, dice Eliphas,. “Non vuoi sentire, e conosci solo contraddizione! Zophar ti ha ammonito di tacere!”.

– “Quanto siete gentili…”, risponde Giobbe. “Vi siete consigliati fino a mezzanotte!”.

– Come lo sai?”, Bildad s’impaurisce.

– “L’ho visto”, dice brevemente Giobbe.

18. “Di giorno fai fatica a camminare, …e di notte ci spii?”, s’arrabbia Eliphas.

– “Non mi colpisci; me lo ha mostrato DIO!”.

– “Il Signore?”.

– “Sì, ha parlato con me!”.

– “Allora era inganno!”, s’affretta Zophar. “Dio parla solo quando compare”.

Giobbe sorride: “Chi porta nel cuore il Santo, può sentire la voce di Dio. Se è inganno, ve lo può dire il grigio”.

– “Ti burli dell’Altissimo!”, grida arrabbiato Eliphas. “Puoi arrogarti che un cane veda Dio?”.

 – “L’asina di Bileam (Balaam - Num. 22,23-33) ha visto tre volte un angelo”. – Il grigio scodinzola, come se gioisse del loro fallimento.

19. Giobbe chiede tranquillo: “È meglio che parlino gli stolti; che i saggi stiano zitti! Lo siete voi. Con voi morirà ancora la sapienza! E’ noto che anche gli animali contemplano. Mi deridete, mentre il Signore mi ha consolato”.

20. I conti li fa Giobbe: “Oggi parlo del vostro peso. Io non ho ammazzato la vostra afflizione con una pietra. Eliphas, ti sei subito difeso quando ho parlato di tuo figlio. Tu non hai guidato tuo figlio, ma gli hai messo delle catene che saranno spezzate da un giovane sangue. Certo, il palo è meglio che una verga sciolta, con cui un alberello può crescere secondo la sua specie.

21. Io”, Giobbe alza le deboli mani, “ho insegnato a tuo figlio l’educazione. Il monello gridava: ‘Il padre ha da servire il figlio, quando ne ha bisogno come servo nella sua stalla’. Sai pure quello che è successo poi? Un angelo mi ha portato il bastone, ed ho punito il forte albero, come se fosse un dissoluto cespuglio. Ora non dire che la storia è vecchia.

22. E tu, Bildad, non impallidire. Hai sentito che ero ottimo nel guarire e sei venuto con la donna piegata dalla gotta dagli anni giovanili. Taccio, se fu solo il suo peccato a causarglielo. Lei è guarita. Io ti ho offerto la mia mano. Tu l’hai accettato con lacrime di gioia, e presto hai avuto una buona casa.

23. Dopo, tua moglie è scappata, è diventata di nuovo giovane e bella. Hai respinto da te la colpa; ma la tua gelosia era il suo inferno. Io ti ho dato una buona serva che sarebbe scappata da tempo, se non avesse avuto il suo appoggio in me. Sei arrabbiato? Sono forse io, che congiuro su di me l’inferno e l’Ira del Cielo? Io dico come stanno le cose, e non che siete completamente perduti nei peccati.

24. Zophar mi ha offeso come non lo si fa con nessun nemico. A Zor, dove dovevi essere picchiato a bordo, hanno levato le ancore. Ti sei guardato intorno disperato. Il mio abito fregiato ha sciolto le tue catene. Ti ho dato una casa e potevi scegliere fra le mie serve libere. Inoltre: ti è venuta la lebbra, come ora ce l’ho io. Io stesso t’ho curato, finché sei guarito. Voi, mi avete toccato? Mi avete portato del cibo? Mi avete portato un mantello o portato della frutta che appartiene a me? Comprendete ora il perché il grigio mi è più vicino di voi?”. Giobbe accarezza il suo cane.

25. Zophar combatte faticosamente contro la sua ira. “Non t’infervorare! C’è una bella differenza se parliamo dei tuoi figli peccatori, oppure tu del nostro disagio! Noi rimaniamo come Dio ci ha fatto; ma tu vuoi essere un re. Da ricco ci rimproveri che avresti ricompensato cento volte i nostri piccoli doni”.

26. “M’incolpi davvero intenzionalmente di aver peccato con il mio modo di fare?”, chiede Giobbe senza rammarico. “Sareste stati poveri! Ora, vi chiamano ‘gli amici di Giobbe’, e davanti a voi piegano la gobba. Se la sapienza mi è un mantello frivolo, quando vado all’inferno come lo desiderate, se voglio misurare il Potere di Dio, prima di parlarne lo dovete dapprima dimostrare.

27. Lascio a voi di contare le gocce del mare, dato che davanti alla vostra intelligenza la Sapienza di Dio tace. Se la mia sofferenza è da chiamare uno spettacolo, su questo, Zophar, devi, …devi metterti d’accordo con Dio! Facendo questo non cadere nella fossa che hai scavato a me! Coloro che arrivavano in gran numero: malati, storpi, mendicanti, popolo svariato, portano i loro pesi dalla povertà, e non c’è nessuno che ha peccato? Solo Giobbe è il grande peccatore? Lui, insieme a tutta la sua paura, appartiene all’inferno?!

28. Eliphas ha sovente confermato la mia fatica di guidare mia moglie a Dio. Se non c’è stato esito positivo, Lui non la costringe. Lui lascia che gli stolti sbattano contro il muro. – Dal momento che sono diventato brutto, mi deridete alla porta. Ma con la Bontà di Dio lo posso sopportare.

29. Non ho mai tenuto compagnia, mentre nelle capanne la preoccupazione è l’ospite del giorno. Voi condannate ciò che il grigio ha visto. Chiedete al bestiame, magari risponde come l’asina di Bileam. Chiedete agli uccelli per via del loro canto, alla terra e al mare, che annunciano la Rivelazione di Dio (Gb. 12,7). Perché ciò che EGLI ha creato, era buono! Non doveva esserGli riuscita l’anima, il cuore, lo spirito, formato a FIGLIO?

30. Se esamino il vostro discorso, m’insozzate. Gli anziani avevano sapienza e ragionevolezza (Gb. 12,12). Molto vero! Soltanto, se ambedue fossero da voi, dovrebbero essere estinti. Vi si blocca ora l’intelletto? Ragionevolezza, potere, sapienza, consiglio sono doni di Dio. Se ci mancassero, a nessun uomo sarebbe d’aiuto tutto il suo intraprendere. Dov’è la vostra luce, con cui volete consigliare Dio?

31. Non sono abbandonato come un terreno in cui non scorre l’acqua. Voi siete giudici che amano l’ingiustizia; siete dei re, ma senza paese; siete sacerdoti che vogliono festeggiare delle feste senza folla. Non vi accorgete dei vostri vicoli storti. State lì come dei principi che parlano pietosamente con il mercante che giace sulla terra coi suoi cani.

32. Dio disdegna coloro il cui orgoglio è più grande che il peso dei miei figli. Volete diventare dei principi come ha sentito la mezzanotte. Ah, diventa telo! Dimostrate se potete regnare! Vi passerebbe il coraggio come la neve nel vento d’estate. Nell’oscurità avete ricercato ciò che porterebbe benedizione al popolo; come ebbri errate attraverso la Legge incompresa!

33. Nel campo si raccolgono i covoni, si battono e riportano a casa i grani. Che cosa fai tu, Zophar, con la paglia?”.

– “E’ foraggio e lo si sparge nella stalla; si possono anche intrecciare delle stuoie o fare scarpe”.

– “Giusto! Hai già dato del denaro per la raccolta della paglia? No! Ciononostante si raccoglie l’ultimo stelo. Se è così, come dovrebbe agire diversamente il santo Edificatore sul Suo Campo della Creazione, come allo stesso scopo il frutto e il fogliame dagli alberi, dove il nostro sapere è solamente una gocciolina della Sua Sapienza?

34. I pii sono il chicco buono, che EGLI porta nel Suo fienile; gli altri che fanno parte della caduta, sono la paglia. Rimane lasciato al Creatore Agricoltore, alla fine, di trasformare la paglia e la foglia in Benedizione. Così DIO è la mia fortezza e fiducia (Salmi 91,2), ma in LUI confido, e sono certo che Egli non lascia sul Suo campo nessuno stelo vuoto”.

35. “Un Campo dev’essere una parabola per la Creazione? Ridicolo! Ah, se venisse l’ora in cui giaci nella polvere!” Anche se il sole arde, Eliphas si avvolge nel tessuto del mantello, come se volesse proteggersi dalla follia. Bildad lo imita, e Zophar si tira giù sul viso il capello da sole. Lo fa anche Elihu, perché gli uomini lo lasciano parlare nel consiglio.

36. Giobbe sorride dolorante: “Voi dite che mi specchio come una donna? Io mi tengo davanti lo specchio della vita. Non fa male stimarmi minimo, perché l’Altissimo si porrà in basso, per salvare il minimo. Avete mai parlato con Dio? Ho dovuto portare all’altare le vostre richiesta, dato che sapevate che Dio non lo rifiuta al Suo servo. Ora, ad un tratto il mio discorso con il Signore è sbagliato.

37. Volete aiutare come cattivi medici dell’anima, dove vi manca la capacità? (Gb. 13,4) Io ho fatto pulizia quando voi portavate la ghiaia. La vostra miglior azione sarebbe il silenzio! (Gb. 13,5) Invece voi girate a me ogni parola nella vostra bocca. Ho forse schernito il Signore? Volete venire a Lui con l’ingiustizia? (Gb. 13,7) Ah, non fate come se foste stati morsicati da un animale! Non è una colpa se non si vede Dio. Ma chi Lo sente ha pace, quando adempie le parole di Dio. Che vi vada bene quando Egli vi giudicherà.

38. Non ho mai badato a vestiti, ma alla scarsità. Siete venuti non lavati ed ho fatto cordoglio con voi, ma non con coppe di cenere, ma con il sacchetto pieno. A voi non conviene, dato che sono diventato povero e malato, di mettere il velo davanti al viso. Chissà se potreste agire così anche davanti al Santo?

39. Egli disse: ‘Se la misura è colma, stendo Io la Mano!’. Allora i detti enunciati sono mucchi di cenere! – Oh, tacete con le vostre cose malvagie: voglio parlare. Venga ciò che vuole! (Gb, 13,13) Devo nascondere ciò che giace aperto nella mia anima? Non do’ nessuno spettacolo. Mi difende Dio, perché Egli colpirebbe se mi rivelassi cattivo dinanzi a Lui (Gb. 13,16).

40. Voglio portare la prova! Bene, ora l’ho detto. È discutibile, credetelo pure, altrimenti sapreste in quale trappola vi trovate. Vi serva pensare che è stato inteso per il bene, se non Dio stesso vi chiami ipocriti? Sono ben armato per la lite del diritto. La lite con voi è solo una piccola scheggia dello specchio; del motivo della lite voi non sapete nulla. Volete alzare le lance? Allora taccio, per pacificarvi, perché la spada della Volontà di Dio vi colpirebbe nel midollo.

41. Padre!”, Giobbe si alza, “trattieni la Tua ira, il terrore di Te non ci scacci (Gb 13,21). Io so il perché Ti nascondi! Loro la chiamano colpa per essere io una foglia secca, uno stelo sciolto dal campo vuoto. Vuoi contare i peccati dei figli? Perdona se ho dimenticato il Tuo conforto! Loro mi calpestano con scarpe dure, con guance gonfie spengono la candela. Perciò ora il peso è maggiore che la Tua parola di grazia. Guarda soltanto il vestito”, Giobbe lo tocca, “sporco e stracciato; giaccio davanti a Te come un mendicante.

42. Non mi lamento, se Tu Mi celi. Siamo come fiori sbocciati in un giorno, appassiti in una notte. Nondimeno il Tuo occhio veglia su coloro che hanno rivolto a Te il loro cuore. Le erbe oltraggiano più che lo può il diavolo. Tu hai preparato il ventre della madre, affinché potessi nascere puro, perché nessuno è puro da sé, e tutti passano sul Campo secondo il Tuo orologio.

43. Come un albero abbattuto germoglia ancora, così io pratico alla Tua Fonte (Gb. 14,7). Nella fede, nell’amore e nella speranza mi appoggio al giorno in cui Tu discenderai nel tempo. Lo conservano i mortali anche nel dolore? Essi appassiscono; solo quando li copre la tomba, l’anima si risveglia non prima che il Cielo la tocchi. Se ora la Tua ira è con me, allora gettami nell’inferno, finché il Tuo fervore non arda più e Tu nella Grazia, mi edifichi di nuovo la strada verso Casa.

44. Chiamami, ed io risponderò: ‘Signore, la Tua Grazia splenda su di me! Tu annoveri i miei corsi se ho abbastanza nel mio mulino. Hai legato la mia ingiustizia lievemente, cosicché il malfatto non mi schiacci? Tu rendi il monte un giardino di miracoli; la Tua acqua dissolve anche le pietre. Può quindi scomparire la mia speranza? Ho visto scintillare gli Occhi, e Tu mi hai fatto sprofondare fino al disgusto. Se i miei figli Ti sono ancora lontani, allora lasciami tormentare a lungo, se soltanto io sono da salvare’. (Gb. 14,15-17) Signore, aiuta! Accoglimi nella Tua Pace”. Intorno a Giobbe il mondo è sprofondato.

45. “Ha il diavolo”, sussurra Eliphas. “Badate: domani infuria, e poi… Venite! Che nessuno dica che abbiamo messo mano su di lui, se si sente la nostra lite”.

Elihu rabbrividisce: “Mi opprime molto; ma doveva succedere così. Lui stava troppo in alto nel suo splendore”.

Bildad dice: “Mando qualcuno e lascio domandare come sta Giobbe. Così sapremo com’è caduto nella fossa. Allora facciamo cordoglio alla sua tomba. Tutti devono vedere che siamo suoi amici fin oltre la sua morte”. – Essi fuggono, senza entrare ancora una volta nella casa di Giobbe.

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[Gb. cap. 15-17]

Cap. 14

Ancora un colloquio col Padre, rincuora – Una capanna per Giobbe dai fedeli servitori

Arringa di Eliphas, cui poi gli muore la moglie –  Giobbe il guaritore e Ismaha ha una visione

 

1. All’improvviso Giobbe alza gli occhi: “Grigio, se ne sono andati i cattivoni? Dovevano aver fretta, perché altrimenti …”.

“Sì, Giobbe”, dice la Gentilezza di Dio, “li ha spinti via la coscienza”.

– “Non dava l’impressione, caro Padre, che si stavano esercitando come si potesse colpire bene”.

(Per loro) Domani dovresti morire, poi vogliono piangere sulla tua tomba. Si stupiranno che non è per te!”

– “Signore, non li si può aiutare? Mi fanno pena, soprattutto il giovane Elihu”.

2. “Portatore della Pazienza, abbi pazienza; il Mio braccio è più lungo che le loro vane fantasticherie!”

– “Signore, per questo non hai bisogno di nessun Dito, per non parlare di un Braccio. Oh, guarisci le loro anime”.

“Tu pensi anche a quelli che ti hanno ferito così?”

– “Posso pregare perché TU metta in me la compassione? È sempre il Tuo Spirito di grazia, se possiamo supplicare per dei nemici”.

3. “Questo lo può solamente un celeste; e ci penserò”.

– “Se lo farai”, interviene Giobbe, “allora pensa anche ai miei figli. Fa cadere la colpa sulle mie spalle”.

– “Che ne cade per te? Non puoi costringere, altrimenti la fede non sarebbe vera. Le tue vittime hanno portato in alto le loro anime. Non basta?”

– “Basta, Padre di tutta la Bontà! Non si può guardare più in Alto che su TE solo! Noi uomini non potremmo guardare più in basso che ognuno su se stesso”.

4. “La chiamo vera Umiltà del Cielo, e la sua lode. Giobbe, sii benedetto!”

– “Grazie a Te”, dice semplice l’uomo. “La Tua benedizione è una ricompensa immeritata. – Ma Signore, perché non posso risvegliare negli amici un’eco? Dov’è la mia ricompensa? Che aspetto ha?”

5. “Secondo il Mio Ordine, non sei macchiato. Solamente la conoscenza sul buon operare è una ricompensa propria. Che cosa devo dunque ricompensare?”

– “Padre, sono spaventato! Così si vede in te la preoccupazione? Come può uno aspettarsi una ricompensa…? Ho dato del tutto liberamente dalla Volontà del Tuo Spirito, ed ho osservato la Tua Legge”.

6. “La ‘Volontà di Dominio’, difficilmente da sondare, rivela la ‘Volontà d’amore’. Chi si piega alla Volontà di Dominio, costui è libero nell’essere legato dalla creatività, il Cui Potere per tutti i figli sul campo dell’azione si chiama MISERICORDIA! Con gli amici succede anche soltanto fino al limite di poter prolungare la Pazienza, abbreviare la Serietà, come ne ha bisogno il Mio Campo sul quale si miete in squadre, nel tempo di una resa dei conti. Altrimenti, la Mia preoccupazione è per ogni stelo”.

7. “O Padre, mi sono spesso stupito della Tua fedeltà, la mia preghiera a Te è pura fama. Ora sono consolato così. Voglia ululare l’inferno; contro il Tuo Cielo, decade”.

– “Rimani nella forza della fede anche ‘senza’ parole e ‘senza’ spettacolo. La Mia mano non ti abbandona mai”. La gratitudine di Giobbe è sconfinata; anche ‘senza’ ciò che sa dal suo Signore. E il grigio vigila e riscalda.

*

8. Al mattino il servo arriva di corsa: “Signore, non devi mai più giacere davanti alla porta”.

– In modo provvido aiuta Giobbe ad alzarsi. Allo stagno si trova una capanna. Giobbe chiede sorpreso: “Chi l’ha fatta?”.

– “Priguhas, Samulis, io e la serva Ismaha. Lo abbiamo preteso dalla padrona. Ha detto ben nell’arrabbiatura, che il nostro lavoro non doveva diminuire. Ce ne siamo accorti…”, ride il fedele, “…ci ha caricati di pacchi.

9. Ma stranamente: il lavoro è volato, tanto da farla stupire. Ieri ha detto: ‘Questo non va per il verso giusto. I quattro sono stregati, oppure…’ Tacque oltre su di noi, ma noi lo sappiamo: ‘Il tuo Dio ci ha aiutato, Quello con cui tu parli meravigliosamente. Ho sentito pure ciò che hanno detto gli straccioni. Non entrano nella tua capanna! Istigo i nostri cani che non rimanga nessuno straccio!”. Arrabbiato il servo fa i pugni.

10. “Mettimi giù, Simons”. Giobbe è debole dalla camminata.

Il servo lo fa preoccupato, liscia la coperta di lana di pecora. “Ismaha vuole prendersi cura di te, non temiamo nessun contagio. Ho anche avvertito bene il medico”. Osserva i suoi pugni, che hanno lasciato una ‘memoria blu’. “Ora verrà”.

11. “Che rimanga!”

– “I malati ti chiamano”, riferisce Simons. “Le tue erbe aiutano ancora, ma con l’imposizione delle mani, è finita”.

– “Chi vuole, portalo qui; tanto è DIO che guarisce. E quando arrivano gli strani amici, tenetevi indietro. Solo il grigio rimane con me, sta molto in alto del loro rispetto”, schernisce Giobbe in modo sottile. “Simons, non me lo rifiutare, lo vuole il Signore; e dopo verremo a sapere perché avviene così”.

12. “Sai cosa hanno detto? Che avresti il diavolo e prenderesti una corda!”

– “Davvero…? Ma guarda! Dite loro: ‘Il signore per voi è morto, e questo, senza diavolo e senza corda!”

– “Sarà fatto!”.

– “Ma senza pugni!”, termina Giobbe.

– ‘Ah’, mormora Simons andando via, ‘avrei volentieri provato se stavano bene sui quattro. Ah, il signore, il santo del Signore, è un padrone meraviglioso; lo si deve obbedire. Lo voglio fare, ma le mie mani colpiscono da sé l’ingiustizia’.

*

13. Presso il medico non può nascondere la sua gioia: “Il padrone non ti vuole vedere; possono venire solo i malati che tu non puoi più guarire!”. All’inbrunire entrano già sette nella capanna. Giobbe prega. Durante la notte guariranno. Lui ordina il silenzio; nessuno deve venire per via del miracolo, ma solo per la fede. Gli amici non sentono come Giobbe guarisce ancora.

*

14. Ismaha li incontra (gli amici del padrone) al grande campo. Lei schernisce: “Sbagliate di andare dal signore”.

– “E’ morto?”, esclama Eliphas. “Non lo posso credere”.

– “Ah sì? E portate grembiuli da lutto come le penitenti?”

Bildad dice: “Diventi insolente! In tal modo riconosciamo di portar bene i grembiuli”.

– “Certo”, ride Ismaha, “poiché il padrone ha detto: ‘Per gli amici sono morto, per gli altri sono ancora in vita’.”

15. “Vive?”. Zophar strappa lo straccio. “Venite, non fermatevi!”.

– Fate solo attenzione”, ghigna lei, “il grigio morde bene”. E si volta. Nel passato le piaceva Elihu; ora lo odia, perché ricompensa male la bontà di Giobbe.

– Arrivati alla capanna, da dentro si sente ringhiare. “O Giobbe, metti il cane alla catena; siamo lieti che la cattiva notizia non è vera”, esclama Eliphas.

16. “Il mio cane obbedisce anche senza catena, mentre uno di voi tirerebbe come gli piace. Calmo, grigio”, ammansisce l’animale agitato. “Sono di nuovo arrivati, e noi stiamo fermi”. Ma il cane apre furioso le sue fauci quando gli uomini tastano timorosi attraverso la porta. Nessuno prende la mano di Giobbe. ‘Se solo il Signore la prendesse’, pensa, ‘allora la stretta degli ipocriti può non aver luogo’. – “Che volete?”, chiede lui calmo. “Secondo la vostra idea, non ho cambiato la mia; risparmiamoci la chiacchierata delle labbra”.

17. “Cominci di nuovo a stuzzicare?” Eliphas tossicchia nella mano cava. “Un uomo saggio si deve gonfiare con chiacchiere? Non ti sei convertito, ti sei difeso con parole vuote ed hai perduto ogni timore di Dio. Non c’è da stupirsi: è colpa del tuo misfatto! Condanni te stesso all’inferno con la tua sciolta bocca.

18. Quando il diavolo ti aveva già preso per il piede, abbiamo pensato: ‘Ora torna indietro’. Ma sei diventato peggio, tu stesso il peggior nemico”.

– “Possibile, poiché chi fa del male per via del male, è il suo proprio nemico. Precipita dall’alta sella, quando si adorna con le sue azioni. Egli stesso è la pietra sulla quale cade quando è spinto da tiepidezza o da libidine. Guardatemi dall’interno: ce faccio le cose da me con il mio Dio, e Lui è con me”.

19. Eliphas infuria: “Sei il primo uomo prima che si formassero le colline del mondo?”. Egli chiude la porta. “Prima di te non ce n’erano altri? Sei seduto nel Consiglio di Dio e puoi strappare a te la Sua Sapienza? Ci chiami cattivi, ma siamo sani e senza povertà. Ci accontentiamo di asini; tu cavalcavi nobili cavalli e cammelli. Noi non siamo ancora caduti dall’asino, ma tu dalla tua ricca sella dell’orgoglio.

20. Non siamo nemmeno caduti su nessun sasso. Tu giaci nell’infermo; è un segno che sei caduto. Dicci cosa non dovremmo sapere! Tu non riesci a esaminare se da fuori ti si porta verità oppure menzogna”.

– “Non ho voglia di litigare, dato che sposti le pedine da gioco senza alcuna regola. Ridi pure! Io ero seduto nel ‘Consiglio di Dio’, prima che la Terra fosse (Gen. 26 e “Eternità Ur in Spazio e Tempo”).

21. Mi sembra di dovertelo dire. Se l’uomo non riesce a sondarlo del tutto, allora è sufficiente l’immagine come la mostra Dio. Vedo anche verità e menzogna dal saggio Consiglio, nel quale stavano seduti i primi figli di Dio. Lo comprendi?”.

– “La comprenda chi vuole la stupidità! Il lebbroso al quale Dio detta il castigo più grande? E poi, nel ‘Consiglio di Dio’, come un primo figlio?! Hahaha!

22. Gli antichi che hanno vissuto più a lungo che tuo padre, vi hanno partecipato quando il Signore ha fatto la Creazione. Ah”, Eliphas abbassa la voce, “voglio dirlo gentilmente ciò che ti manca. Le nostre lingue sono già consumate, e che cosa osa il tuo orgoglio? Sarebbe da ammirare il tuo coraggio, se non fosse il tuo vizio contro Dio. Egli ha bisogno di un angelo, per sapere come guardare i mondi? Ammetti il tuo oltraggio!”. Come scongiura, il fanatico tende le mani.

23. “Parla per te”, chiede seriamente Giobbe”, chi si elevò quando i primi angeli stavano nel Consiglio di Dio? O voi furbi! Michele lottò contro colui che siede con voi nel nido! Se le vostre lingue sono consumate, allora mi stupisce che possiate ancora parlare”.

– “Ora vedo da dove viene il tuo orgoglio! Hai visto il Cielo aperto, e qualche volta avremmo voluto guardare anche noi. Ma bene che questo non sia successo, così non siamo potuti cadere in tentazione. Tu invece sei precipitato perché hai visto te stesso in queste immagini di Grazia.

24. La vita non viene mai rivelata prima della nascita, e dopo la morte la vede solo uno Spirito, come Enoc ebbe da vivere per noi la sua pura vita d’esempio. Altrimenti è inganno, e nessuno, generato da uomo, nato da donna è maturo per questo, affinché l’uomo non precipiti più in basso dall’orgoglio della sua anima! Perciò Satana mostrò una tale immagine.

25. Nessun santo è senza rimprovero. Mosè non è venuto a Canaan, ed Elia…”.

– “Fermati!”. Giobbe si alza. “Sei così male informato sulla Scrittura? Dio ha preso Enoc senza morte (Gen. 5,24), ha coperto il Suo Mosé (vedi “Quando Mosè morì”), ed Elia ascese nel temporale (vedi “Il Tisbito).

26. Va bene…”, ammette malvolentieri Eliphas. “…intendevo soltanto, uomini”.

– Hai detto, ‘santi’; non cambiare la tua parola”.

– “Che caparbietà”, s’infervorisce Eliphas.

– “Egli ha dato uomini santi; ma erano tutti empi. Anche Enoc, Mosé ed Elia portarono dei pesi. Santo è solo il Signore! La Santità di Dio rimane intoccata! Chi chiama qualcuno santo, desantifica Dio nel suo cuore”.

27. “Avversario!”, tuona Eliphas. “Naturalmente, solo in Dio esistono dei santificati. Certo, la sapienza s’impara soltanto da te; ma se anche la Pazienza? I nostri padri non sono venuti a Canaan? C’è differenza fra ciò che è dal Cielo e ciò che è dal mondo? Qui i cattivi vivono a lungo, e i tiranni non sanno nulla prima della loro morte. Guarda, come regna la Grazia di Dio!”.

– “Per me si chiama Giudizio”, dice Giobbe senza scherno.

28. “Non interrompere! I principi temono il corruttore in mezzo al tempo di pace. Chi sfugge alla spada? Se si elevano contro Dio, la Sua mano ricade su di loro. Con te è successo questo. Caparbio, pensi qui e là; ma la tua sapienza è a pezzi. Puoi ancora guarire dei malati?”. Il movimento di Giobbe viene interpretato male.

29. “Guarda solo vergognoso in basso, perché il tuo spirito dimora nelle macerie!”.

– “Fuggite! Non volete andare perduti per la Terra! Ipocriti! Chi vi ha detto che ero morto con la corda?”.

– “Un servo”, balbetta Eliphas.

       “Qui non c’era nessuno dei vostri ragazzi”.

Bildad dice: “Il mio messaggero non ti ha visto, e allora …”.

– “…avete pensato…, che ora potevate prendere i territori di Giobbe, cavalcare su cavalli e cammelli. Perciò la vostra ira, perché vivo ancora, poiché il diritto rurale è documentato. Dato che i miei figli sono morti, quali amici più vicini voi potevate diventare eredi. Tacete!” minaccia Giobbe. “Vi ho scoperto! Ciò che succede qui, la vostra stupidità non se lo sogna nemmeno”.

30. Eliphas dice cattivo: “Puoi solo oltraggiare. Dio ha tolto la Sua Grazia. Così succede ai malfattori travestiti nel fasto, che pensano di essere seduti al Trono con Dio. La tua presunzione è stata gravemente punita. Sì, volevamo avere il tuo documento, ma solo per amore dell’amicizia, per riparare ciò che hai rovinato, in modo che il nome ‘Giobbe’ possa essere inserito in pulito nei nostri rotoli.

31. Ora ci guardiamo dal farlo. Sarai strappato come un’aringa; tu e tutti quelli che ancora si aggrappano a te saranno mangiati dal fuoco. La pena si chiama ‘morte’, perché si svela il tuo inganno!”. Eliphas è senza fiato, tanto ha parlato in fretta. All’improvviso regna un gran silenzio, e timorosamente si guarda all’amico. Giobbe si domanda nel cuore che cosa deve dire, ma non sente nessuna parola. Allora risponde:

32. “Hai ancora dei sassi? Allora gettali, affinché ci sia un solo conto”.

– “Che intendi?”, domanda sorpreso Eliphas.

– “Ogni peso che metti nella mia scarpa, lo hai tolto alla tua scarpa. Il vostro gioco di lamentele si ripete in una falsa melodia. Tu non sai nulla di nuovo? Che cosa ti rende così insolente? Sono una pianta nata da un seme alla quale si devono tagliare i germogli selvatici? Se parlassi così, allora la mia lavagna dovrebbe essere senza nome.

33. Il mio spirito non vi condanna, vorrebbe volentieri nutrirvi. Ma se taccio, è sbagliato; se parlo, allora mi lapidate tanto, che non va più via il dolore. Preferirei che ve ne andaste. Ma la PAZIENZA deve rivelare le magnificenze di Dio! Dovete brandire la verga, così che abbia la lebbra? Stracciate la vostra ira! Eliphas stringa i denti su di me! Da voi sprizza l’occhio dell’avversario. Invece di consolarmi, sfogate su di me la vostra cattiveria. Ora, – Dio vi ha dato a me! In ciò è motivato il Suo piano di salvezza”.

34. “Se è così”, schernisce Eliphas. “perché non rimani nell’umiltà sotto questo Piano?”.

– “Stai rivolgendo le mie parole a un bastone? Ascolta: Dio mi ha dato ai senza Dio. Il mio senso era pacifico, nessuno mi accusa di azioni cattive. Oramai mi sta davanti uno che vuole spezzare la Pazienza per distruggere il Piano di salvezza di Dio. Mi afferra, e perciò soffro.

35. Se come uomo non vedo ancora l’ultimo abisso, allora anche questo serve al Piano. E se Satana infuria egli stesso, – la sosterrò con la Bontà del Creatore. Voi state lì come tiratori con frecce di veleno. Ho pianto molto, soltanto, meno per la sofferenza che più per voi, che lanciate corde su comando come servi del boia”.

36. Giobbe prega: “O Terra, non coprire il mio sangue finché è annunciato il senso profondo! Il mio spirito gioisce nel Signore che mi conosce, davanti al Suo Trono si trova la mia richiesta. Gli amici deridono, ma per te è lacrima di ringraziamento. TU decidi tra il mio spirito e il mio corpo, fra me e i miei accusatori. Del resto, sono trascorsi anni, io percorro la mia via di gioia e ogni fatica rimane indietro. O sentiero miracoloso che conduce in Alto e non in basso!”

37. “Chi ti presta questa esultanza? Mi hai fatto credere che ti fosse apparso il Signore”. Eliphas fissa Giobbe.

– “E’ folle”, sussurra Elihu.

– Il grigio digrigna i denti, quando Zophar vuole venire al giaciglio. Allora Giobbe già si alza.

38. “Grigio, calmo”. La mano accarezza stanca sul morbido pelo. “Ma voi”, lo spirito riconquista il dominio, “che volete fare?”.

– “Ci sospetti di omicidio?”, salta su Bildad. “Siamo andati affinché tu potessi morire tranquillo”.

– “Ah, è così? Il mio debole respiro è una tomba leggera. Se non ci fosse stato il cane, sarei morto e non si sarebbe potuto parlare di omicidio. Avreste pacificamente chiuso orecchie e bocca, come lo si fa coi morti. Per me certamente sarebbe valsa la derisione che sarei morto per il mio stesso respiro”.

39. Giobbe prega di nuovo: “Signore, TU sei il mio garante, di Te stesso. Chi mi rappresenta, che rivelo l’ingiustizia? Satana vuole che io mi debba far sputare in faccia. Quando i giusti si scandalizzano presso di Te su questa ipocrisia, allora nello spirito vedo TE, che la mia anima ama, al Quale il mio cuore giubila. Da Te ho preso in prestito il coraggio della gioia, ed era un fatto Tuo di prestarmelo. Padre, donami la Forza fino all’ultimo respiro, finché l’inferno si debba nascondere davanti alla Tua vittoria!

40. Fa che i Tuoi principi conservino la mia via. Mandami tramite loro, vigore dall’amore, e pazienza, affinché io custodisca saldamente il Raggio della Camera del Cuore di Dio. – Voi non volete percepirne la Forza?”, chiede Giobbe ai suoi amici. “Dio è potente solamente nel forte? Proprio negli affaticati Egli mostra la Sua magnificenza. Con un corpo debole si portano i pesi, dalla parola e dall’azione!

41. Il mio operare dev’essere come strappato, perché in voi non vive nessuna Verità? Padre…”, si raccoglie di nuovo, “…nessuno smuove il proprio cuore. Essi rendono i giorni, che Tu hai dato magnificamente, in oscurità. Che cosa sanno loro delle Tue Notti, nelle quali Tu crei nuove Opere? I miei dolori devono coprire le loro frecce, non devono arrivare dinanzi al Tuo Trono. Le mie ferite le lavano finché possano giungere a Te con vesti pure.

42. Verso nel mio calice la mia ed anche la loro colpa. Tu vuoi vedere che cosa c’è dentro di ingiustizia. – Signore, io lo bevo fino all’ultima goccia e Te lo restituisco vuoto nella Tua mano. Poi riempilo dalla Tua Fonte, dalla quale TU stesso bevi il Vino dell’Amore e della Misericordia!

43. Devo sperare altro che la Tua Luce? Attendo solo la Tua Forza. L’oscurità genera ogni ingiustizia, e la partoriente è come un verme che mangia l’ingiustizia. La nostra ingiustizia scenda giù nella casa dei morti, finché il Tuo fuoco ci sollevi puri. Tutto il maligno cada all’altra morte (la morte seconda – [Ap. 20,14]). Ciò che posso coprire, diventi polvere. – O Signore, salva tutta la vita dalla morte, allora nessuna Creazione avrà più bisogno di portarla!”

 44. La preghiera non dovrebbe ammorbidire i cuori rigidi? Ecco che entra Simons. Si vede che ha ascoltato di nascosto. Con gioia maligna dice a Eliphas: “Un servo è presso il recinto. Tua moglie è morta; ha rubato dei frutti nel giardino altrui.

–“Mia moglie? Impossibile!”.

– “Il tuo servo, mica mente?”. Simons ghigna verso gli amici.

45. Eliphas si solleva. “Meno male che ho preso l’asino, devo subito andare a casa”. Il suo volto è grigio cenere. “Che impiastro! Gli batto sulla schiena il bastone, finché diventa storto!”, digrigna i denti quando accorre verso il recinto e vede che il messaggero è già andato via. Inoltre deve ingoiare la vergogna, perché arrivato a casa, sua moglie giace ancora nella fossa, per dimostrargli che soltanto lei era la ladra, che per notti intere andava per altrui proprietà.

46. Nello sgomento, Bildad dice rude: “E’ inutile mercanteggiare ancora, la notte è vicina”. Con frettoloso saluto lasciano la capanna, lui, Zophar ed Elihu. Simons ride dietro a loro. Giobbe lo richiama: “Non hai imparato niente da me?”.

– “Signore, uno può rimanere buono con questi straccioni? A loro si deve venire in modo cattivo. Non vorrei, ma è difficile. Solo chi è così profondamente legato a Dio, potrà superarlo. Ma glielo concedo a Eliphas.

47. “Lo dice la tua fedeltà. Dio sarà pietoso. Ma il trionfo per via di un male non è bene. Lo vedi in me”.

– “Proprio per questo”, dice Simons forte. “Ci hai insegnato che Dio esercita la vendetta. Ma è proprio giusto che a loro capiti del male”.

– Ma Simons! E’ Dio il Giudice, oppure noi? Vieni, ti voglio benedire, che in te non rimanga nessun inferno.

48. Il servo sente la forza dalle mani malate. Fa un profondo respiro. “Grazie a te, buon Signore. Solo, sappi…”, aggiunge in modo sincero, “…che a questi diavoli auguro comunque un po’ di disagio, affinché imparino a piegarsi ancora”.

– Giobbe sorride finemente. “Come stanno le cose con l’origliare?”.

– “Non lo vietare!”, esclama il sorvegliante, finché la compagnia ti infastidisce”.

49. Svelto divaga: “Ah, compare Ismaha con la cura, e dietro di nuovo dei malati”. Giobbe si siede. La serva mette ordine e poi prepara il cibo. Intorno a lui stanno in ginocchio undici fra uomini e donne, umili e lieti nella fede. Il guaritore dice gentilmente: “Domani mattina siete guariti. Non dimenticate di ringraziare Dio”.

– “E te”, dice la giovane donna di un oste. “Ora ti servirò con Ismaha”.

50. All’improvviso lei ha una visione. “Egli arriva, il Santo, EGLI stesso ti guarirà, cosicché il popolo debba stupirsi!”

– Giobbe china il capo: “O figlia, qual Annuncio mi porti?”. Sulle rughe del volto scorrono lacrime.

– Ismaha si appoggia a Giobbe: “Padre Giobbe, voglio esserti una figlia”. È la prima serva che lo confessa.

– Lui posa la sua mano su lei: “Questo non ti sia mai dimenticato, cara figlia. Ora andate a casa e tacete”, ordina lui.

51. Tutti lasciano tranquilli la stanza. Giobbe prende grato del cibo e del leggero vino. “O Padre, quanto mi consoli, quanto grande è il Tuo Amore!”. Anche se resta senza risposta, si addormenta pacificamente.

[indice]

 

 

[Gb. cap. 18-19]

Cap. 15

Arringa di Bildad, cui Giobbe ha salvato dalle mani assassine del figlio

Una Luce non viene riconosciuta

Samulis rincuora, mentre Giobbe esclama:“Io so che il Mio Salvatore vive!”

 

1.     Gli ‘amici’ ritornano solo dopo giorni. Giobbe saluta e chiede di Eliphas. “Non sappiamo nulla”, dice rilassato Bildad. “Per me ne ho abbastanza di parlare, tu non ti apri all’amore”.

– “Ma sai precisamente se l’Amore di Dio non entri da me?”

2.     “Non puoi riflettere sulla parola? Ho parlato di Dio oppure solamente di noi? Ascolta di ciò che si dice…”.

– “Sei impaziente”. Giobbe si solleva un po’. “Io ho un solo amore, e da lì prendo tutte le cose. Il nostro è valido solo se entra ed esce dall’Amore di Dio. Ciò che gli uomini chiamano ‘amore’ ha poca Luce. Perché t’arrabbi, se lodo ‘l’alto Amore’?”

3. Il dispiacere è giustificato”, salta su Bildad. “Tua moglie ci ha tenuti come bestie, ha chiuso la stanza degli ospiti e siamo dovuti soggiornare nella sala con gentaglia mendicante, e la tua gente ha sputato dinanzi a noi”.

– “Potete portare la lamentela, ma ricordate che loro hanno notato che gente siete. Devo rimproverare la loro fedeltà? Non sia! Fate traboccare il vaso dell’ira, che vi si deve dire: ‘Andate! La vostra fine è la morte’!”

 – “Mai inutilmente!”, aggiunge il disdegnato in modo sommesso.

5. “Conta le tue azioni, forse il Signore le raddoppia! Non sei un luminare, perché chi si loda e s’arrabbia con altri, non è nella Fiaccola di Grazia di Dio”.

–“Ti ho contato delle buone azioni? Mi sono coperto davanti alla tua lancia, che si chiama ‘mendicante’. Se il mio spirito si trova nell’Ardore di Fuoco di Dio, tu non lo sai e non lo credi”.

6. “Chi ti vede, come può crederlo? Ricchezza e onore sono spenti; vivi in una capanna come l’uomo più povero. Avevi buona forza, ma ora ti si deve sostenere. Conosciamo il tuo sfogo. Volevi essere re. Ora, …se fossi ancora ricco, allora Babilonia prenderebbe la metà della tua bontà per il sigillo; da re potresti aumentare le tasse, e il sigillo sarebbe rapidamente pagato. Allora, invece che amici, saremmo solo dei sudditi. Ora comprendi bene la lite del diritto. Finora abbiamo taciuto perché non volevamo offenderti nella tua sofferenza e nel tuo dolore.

7. Dio, il Cui Nome esce facilmente dalla tua bocca, ha gettato una rete su di te. Tu, un orrore, tale da far spaventare l’inferno! Puoi sfuggirgli? Pensi forse che le piaghe cessino? Questo sia lontano, perché per Dio sei un esempio! Tutti i malvagi devono vedere in te quanto Dio può punire. Morirai nella fame, anche se la serva ora ti porta del cibo. Poiché ciò che tua moglie raccoglie in briciole, in nessun modo lo fa per per te”.

8. “Voglio vedere il rotolo che avrei scritto. Se lo domando a Babele, non se ne sa nulla. Non temo i tuoi cattivi auguri, Bildad. Chissà per chi diventano cibo”.

– “Per questo non devi gettare i dadi”, segue lo scherno. “Le tue membra sono consumate, la tua anima è sconvolta. Come questa langue per quanto è sporca, allora lo si vede nella materia del corpo. Ma se un’anima è pura, allora anche il corpo è sano”.

9. “L’Altissimo viene oltraggiato nei Suoi miracoli”, dice seriamente Giobbe. “Nel corpo debole può dimorare un’anima lieta. Conosco molti sani che vivono come il vento nella valle; mentre invece molti malati sperano nella fede. Il corpo non ha nessuna influenza sull’anima, se crede con tutto il cuore. Sì, a Dio non va perduta la povertà, perché attraverso la ‘Sua Povertà sulla Terra’ un giorno i figli poveri diventeranno ricchi!”

10. “Pensi solo alla ricchezza. Qui la tua capanna viene data al fuoco, e sulla tua tomba viene sparso lo zolfo. Che noi sostiamo presso di te non lo consideri fedeltà e t’infuri contro di noi”.

– “Lo faccio, non per ira, ma per giusta lotta. Ed alzo soltanto lo scudo, che nel mio caso si chiama innocenza”.

11. “Non farmi ridere!”, irrompe Bildad. “Mostraci la tua innocenza, dove il Signore ti batte dal piede fino alla testa. Perché copri i tuoi piedi? Stai seccando. La tua testa è confusa, poiché dimentichi da un giorno all’altro ciò che abbiamo da dirti. Può la tua fama continuare a vivere così fra il popolo?

12. Un giorno si dirà di te: ‘Cadde e venne gettato nell’oscurità, come la Terra non ha mai visto. La sua stirpe è cancellata’. Hah, vedi ora dove stai andando? Quelli che verranno saranno sconvolti: ‘Un Giudizio di Dio come sul Carmel (1° Re 18,20-40) e come presso la masnada di Korah!’ (Core, figlio di Izear - Numeri cap.16). Già nei vicoli la tua gente dirà timorosa: ‘Guardate il luogo del malfattore che il Signore ha disdegnato!

13. Dice Giobbe: “Mi è noto che lo avete diffuso. Oh, mi opprime ancora il vostro amore! Sono rammollito? Oppure nell’oscurità… Che ci fate qui? Il mio spirito è incorruttibile, e anche la mia anima. E’ gioia torturarmi? Dieci volte mi avete schernito, e trasgredito dieci leggi (Gb. 19,3). Vergognatevi come mi spingete! Se sono confuso, lo sono per me. Che v’importa? Oppure devo dire di più sulla vostra vita?”

14. Bildad s’infuria: “Tu non dimentichi il disagio di altra gente; copri la tua colpa solo con belle parole”.

– Giobbe accarezza il suo cane. Un animale, …e quale fedeltà; uomini, …e qual cattiveria. “Se io voglio dire qualcosa di piccolo di voi, allora contendete; ma voi mi strappate l’ultimo straccio! Tuttavia, – anche il SALVATORE sarà disprezzato. Ciò che mi succede, è oltraggio senza pari, poiché fin dalla gioventù ho osservato lo statuto. Voi insistete sul Diritto di Dio! Che ne sapete voi, come viene svolto nel Cielo?

15. Il diavolo trattiene le lingue e la misura non è ancora colma. Invece di aiutare me, in modo che le labbra parlino dallo Spirito di Dio, cingete ancora ciò che nel tormento conduce alla dissoluzione. La pazienza deve farsi allungare, dato che spostate quella pietra che deve diventare il ponte? Avete trovato per me una preghiera?

16. Dio non mi ha punito, stolti! È Lui un giudice senza Grazia? Agisce Egli come lo fanno gli uomini? Voi non riuscite ad arrivare in su alla Luce, quindi volete tirare giù DIO. Il santo Confronto, ah:– chi sospetta come EGLI estinguerà le colpe affinché il povero abisso risorga di nuovo ricco? Avete pensato subito che per me si è trattato della perdita. Dio è il mio Testimone, come l’intendo io.

17. Io porto una parte dell’Espiazione per una colpa estranea. Certo ne fa parte ciò che sorge dall’umano, ognuno porta un pezzo dell’anima dell’oscurità. Ma Satana mi ha preso la corona”.

– “Ah, allora ammetti che volevi diventare re?”, chiede Bildad con perfidia.

– “Sì, un principe” (Dan. 10,13), risuona solenne, “ma non di questo mondo, ma portatore della Pazienza in Dio, il Quale solo è il vero Re.

18. Mi inverti tutto come se avessi perso la ragione. Non vi accorgete che ciò che dico è più che giusto? Voi lo rifiutate! Colui che seduce la vostra lingua, vuole strapparmi dal suolo, perché, quale ragione avrebbe Dio di considerarmi un nemico, dato che Egli mi ha creato? Il Creatore non condanna mai la Sua propria Opera?!

19. Bildad, è da punire la colomba se ruba dei chicchi? L’agnello, se salta su pascoli di altri? Tu dai alla colomba, e riconduci l’agnello. Quanto meno, DIO punirà i figli quando una volta sbagliano. Se mi smarrisco, Egli mi prende soavemente alla Sua mano, perché la Misericordia del Suo Cuore custodisce tutte le creature.

20. Lucifero è un particolare ostile delle grandi Luci, poiché portano via dal suo campo (cap. 7,7) i poveri steli. Lui guida la guerra. Io vedo come degli oscuri si accampano intorno alla capanna e come in voi entra il loro respiro. Questo tiene lontano i buoni, solo tre fedeli fratelli e una serva ne escono del tutto incolumi, perché si pongono sotto il Cappello di Luce di Dio. Perché non fate lo stesso anche voi? Volete sacrificarvi al maligno?

21. Chi ha reso estranea la gente, glielo chiederà Dio quando verrà con i Libri (Dan. 7,10). Chissà se potrete sfuggirGli. Avete persino istigato i figli a indicarmi con le dita, ed avete tolto qualche amicizia. Sul buon campo che ho fatto della mia gente, avete seminato cardi.

22. Vi piacerebbe se esclamassi sulle ginocchia: ‘Abbiate pietà, Dio mi ha del tutto abbandonato!’.

– “Non ti farebbe male”, inveisce Bildad insolente. “Che noi abbiamo la lingua di Satana, non lo puoi correggere dinanzi all’alto Giudice. Ho visto uno sul campo che diceva come la tua lotta è causata dalla tua cattiva voglia per le cose materiali, e questo desiderio si è incorporato nei tuoi figli”.

23. “Se cominci di nuovo coi figli, allora – Bildad – non diventare noioso. Ti ho salvato quando tuo figlio ha messo su di te le mani da assassino. – Non ci tengo alle cose terrene. Il mio esteriore mi interessa solamente in modo che mantenga le vie di Dio e che voglia aiutare degli uomini. Dio ha di certo Pazienza, anche con il grande nemico della Vita che vuole spezzare la Pazienza.

24. Per quale motivo mi spingete a tal punto da non sapere quasi se contro di me sia sorto solo Satana (cap. 11,23)?”.

– “Questo, con ragione, sai magnificamente invertire la Verità”. Bildad si riprende. “Mio figlio ed io non abbiamo avuto nessuna lotta, era solo un gioco”.

– “Ah, è così? Non era nemmeno così serio, che ti ho massaggiato a lungo, finché i tuoi polmoni hanno avuto di nuovo il respiro? No, lasciamo stare per ora, non ha senso! Vorreste rovinarmi con il piacere di dover sentire la vostra durezza? Oh, sia trattenuto questo come esempio, affinché non vi sia mai più una tale falsità fra gli uomini. Augurarmi morte e dannazione!

25. Ma…”, Giobbe si drizza, dietro di lui sta un bagliore.

“…Io so che il Mio Redentore vive!

E il Primo-Eterno si solleverà per Ultimo!

Quando il corpo si putrefà nella tomba, allora risorge il mio spirito che non ha bisogno del corpo. Poiché se lo Spirito era prima come l’Alfa, allora è anche l’Omega, Colui che si chiama ‘Respiro’ (Ap. 3,14)! Il Salvatore guarirà i caduti e la materia sarà dissolta. Allora tutti vivranno spiritualmente e mai più nella carne di un mondo. Il mio spirito vedrà di nuovo Lui, il desiderio del mio cuore e la gioia della mia anima!

26. Riconosco i vostri pensieri segreti: ‘Come vogliamo perseguitarlo ora, come trovare una causa contro di lui?’. Non temete la Spada da Giudice di Dio? Riconoscerete troppo tardi che sarete giudicati. Poiché, chi dà le mani al nemico della Vita, deve cadere con lui e pagare l’amaro riscatto!

27. Vorrei preservarvi, ma come? Non posso bere un’altra volta per voi il calice, così come l’Altissimo si sacrificherà pur una volta sola per i caduti (Ebr. 9,28)! Datevi al Redentore che Mosè conosceva, a Colui cui Abramo ha sacrificato. Venite, siate di nuovo amici come prima; vogliamo servirci nell’amore”.

*

28. Gli uomini si scuotono di dosso questo amore. La Luce fugge. Ah, era inganno! Anche Satana può comparire nella figura di Luce. Se ne vanno senza saluto. Samulis è appoggiato alla porta, vegliando. Quando passano davanti a lui, egli dice forte: “È solo per il bene che il Signore, il Santo del mio padrone, punisce i peccatori!”

29. Poi entra e consola: “Signore, getta dietro a te ciò che brontolano questi mascalzoni”.

– Giobbe sospira profondamente: “Samulis, vorrei aiutare quelli che chiamano buio persino il Sole”.

– “Lascia che chiamino finché sono accecati. Chi non si può consigliare, non lo si può nemmeno aiutare”. Mette in ordine il giaciglio di Giobbe. “Non sperperare la tua forza, conservala per gli ammalati. La giovane donna ha aiutato diligentemente a lavare i vestiti e le coperte, affinché tu abbia delle cose pulite. Lei dice: ‘In lui dimora un angelo di Dio; solo che noi uomini non ce ne accorgiamo’.”

30. “Mi porti la Consolazione di Dio, ma fa attenzione: lo spirito nell’uomo è quasi sempre coperto, perché la via deve chiamarsi umiltà; poiché la prima figlia – disdegnando l’umiltà – volle sollevarsi al di sopra di Dio. Ora sono le creature a percorrere questo sentiero: quelli della Luce, dalla libertà della loro volontà; quelli delle tenebre, per costrizione, che soltanto la loro cattiveria ha creato. Lo comprendi?”

31. “Non del tutto”, risponde dolcemente Samulis. “Ma per me è santo ciò che dici, e mi basta se lo sai tu. Se ti seguo, allora alla fine troverò quella Luce che dimora chiaramente nel tuo cuore”.

32. “O Samulis, tu riconosci ciò che altri chiamano buio! La tua fede ti apre il Cielo che vedrai con i pii”.

– “Possono venire dei malati?”, chiede Samulis. “Il dottore è arrabbiato perché certi se ne vanno e non ritornano. Ha visto guarita la moglie dell’oste. Voleva venire da te, ma Simons ha alzato il pugno”.

– “Non colpire nessuno”, ordina seriamente Giobbe, “non lo voglio! Portate ancora da mangiare al grigio”, aggiunge.

*

Dopo che a sera tutti i malati se ne sono andati, – subito guariti, Giobbe ringrazia ad alta voce per questo giorno di grazia.

[indice]

 

 

[Gb. cap. 20-21]

Cap. 16

Un bagno freddo al medico ­­– Secondo ciclo

Arringa di Zophar molto dura, che eccede, ma gli muore il figlio e la moglie è in fin di vita

Bildad accusa ancora, ma è più riflessivo –­ 40 vengono guariti

Chi ha ordinato la lapidazione: Dio o Mosé?

 

1. Gli amici attendono a lungo Eliphas, poi dev’essere proceduto contro Giobbe con tutta rigidità. Si spaventerebbero se sapessero del potere che li tiene legati. Dato che non si esaminano, il diavolo ha gioco facile. Giobbe sfrutta la calma. Chiede a Dio, ma dal secondo atto d’attacco non sente e non vede più nulla; mentre invece la forza guaritrice diventa sempre più forte. Il medico, istigato dagli amici, sparge il suo veleno sui guariti. “Diavolerie! Guardatevi! Così il maligno cattura le vostre anime, guarendo il vostro corpo”.

2. Simons e Priguhas stanno in agguato aspettandolo. Uhm, picchiare è vietato. Che succederebbe con un bagno fresco? Allora lo immergono completamente, finché giura, gorgogliando, di non andare mai più contro Giobbe. “Non ci sfuggi se infrangi la tua parola!”, minaccia Priguhas. L’uomo se ne va a casa barcollando. In futuro terrà la bocca chiusa.

3. Ismaha ha chiacchierato. Giobbe sorride: “Un bagno fresco fa bene contro l’arsura del diavolo. Ma non si deve minacciare la vita, altrimenti devo tirare le orecchie ai nostri tre. Dove sono gli uomini?”

– “Si la fan belli con tua moglie; e ne hanno guadagnato”.

– “Come lo sai?”.

– “Oh”, dice Ismaha, “loro hanno preso la tua buona camera, e questo non sarebbe accaduto senza denaro”.

– “Hai la vista acuta, servetta”, elogia Giobbe. “Ora Zophar porta di nuovo le sue chiacchiere; e guai a me se mi muovo”.

4. Stanno appunto entrando con viso arcigno. Oggi il grigio digrigna terribilmente. “Questa bestia”, sgrida Elihu, “un pio non si tiene una tigre!”

– Come se il cane lo avesse capito, s’infuria. Giobbe lo calma: “Tranquillo, grigio; certo, ti senti male come il tuo padrone, se la malignità si gonfia nella capanna”.

5. “Non hai nessun altro saluto mattiniero?”. Il pugno di Zophar s’abbatte sul tavolo.

– “Piano, gente, dei malati non lo sopportano; e tigri come lo è il grigio, lo intendono come aggressione. Il salutare è anche faccenda vostra, perché ho il capo grigio. Altrimenti l’ordine sarebbe capovolto”.

6. “Non si salutano i mendicanti, anche se fossero vecchi come Adamo”. risponde oltraggioso Zophar. “Hai parlato anche contro di me”.

– “Ah, è così? Hai origliato?”

       Zophar ghigna. “L’ho imparato dal tuo servo”.

– “Da quando grandi signori imitano le maniere dei piccoli servi?”, lo prende in giro Giobbe. “I miei servi non origliano, loro vegliano solamente”.

7. Stizzito, Zophar si alza, ma barcolla subito indietro. “Da’ via la bestia”, grida tremando, “altrimenti …”.

– “Altrimenti cosa? Posso proteggermi come voglio”. E alla serva dice: “Ismaha, torna verso sera!”

– “Sì, e non aver paura. Dio ha solo bisogno di un angioletto, per proteggerti”.

– “Ben detto! Dio può porre piccoli angeli al di sopra di mondi, se compiace al Suo consiglio. Quindi sto fermo sotto le fruste che si sono tagliati su misura”.

8. “Lo sa il diavolo ciò che dici! Le tue grida si sentono già davanti alla porta. La mia mente, che tu chiami stupida, ti dirà ciò che ti manca”.

– “Ho parlato con Ismaha che stava accanto al mio giaciglio”.

– “Te la fai con le serve, anche se puzzi come da una tomba? Ti diletti ancora del piacere, allora il tuo calice da prostituto ne trabocca ancora, che tu chiami falsamente calice da sacrificio.

9. Presto la tua brocca cattiva si spezza; la tua vita svanisce come un sogno. Sono stanco di convertirti a Dio”.

– “Zophar, se mi lasciassi voltare, che farebbe poi, Dio, con te?”

– “Lo domandi? Ti lascerebbe giacere a lungo nella polvere; e poi, sollevarti al (dal) tuo vecchio diritto”.

– “Allora il vostro sogno sarebbe molto corto, di voler essere signori di terre. Vi è stato utile togliere lentamente ogni filo dalla mano di mia moglie? Poiché, se Dio mi rialza secondo la vostra parola, sono di nuovo il padrone come prima”. Per un po’ si fissa Giobbe.

10. Zophar comincia: “Hah, dov’è la lingua di Satana? Se collochi reti, allora bada: nelle nostre reti la tua anima si deve torcere come un verme! La tua testa, piegarsi all’inferno. Se il nostro sogno passi, sia lasciato lì; ma i tuoi sogni sono come nebbia davanti al Sole. Dimenticherai il perché ti sei fatto principe come lo erano Abramo e Mosè. Chiamati subito uno spirito della Luce, come Enoc ed Elia, e la tua misura d’oltraggio ti separerà dalla Bontà di Dio.

11. Ti duole se parliamo dei tuoi figli? Come demonio devi lasciar andare i tuoi beni, e il tuo corpo lo dimostra quanto sei diventato ricco. Ce lo siamo chiesti sovente. Una volta hanno portato trecento dromedari sellati, dalla più bella costituzione. Abbiamo insistito con te da dove erano venuti, ma tu sei stato zitto.

12. Oh, quanto hai rubato al nostro paese e messo il tributo nei tuoi recinti? Ora Dio non ha tenuto nulla, perché a tutto era attaccata l’ingiustizia. Hai succhiato il veleno di serpe; per questo ti uccide il serpente! Se dici che il diavolo combatte contro di te, hai detto solo il vero”.

13. “Io penso, che sarà Dio a punirmi”. La risposta suona ironica.

– “Sì, Egli ti punisce attraverso il diavolo! Tanto vali per Lui, che EGLI non leva la mano”.

– Un profondo sospiro: ‘Prima si sono esercitati a farmi delle ferite, e ora spargono veleno nelle ferite. – Signore, conservami la forza’. Il cane scivola lentamente verso gli uomini.

14. “Che bestia!”, Bildad corre verso la porta.

– “Lui sente la vostra cattiveria. Prima lo potevate accarezzare, e con Elihu ha giocato. Così vi siete cambiati”.

– “Oppure tu”, litiga Zophar, che ha la paura in tutte le membra. “In Zor c’era un pagano”.

– “Lo so”, lo interrompe duramente Giobbe. “Da lui ti ho riscattato”.

– “Allora era stata una buona azione. Ma ascolta quel che ho ritagliato solo per te: le sue navi sono naufragate, le case bruciate, le mandrie sono state rubate. Lo hanno gettato nel pantano come mendicante e non ha avuto un luogo di sepoltura”.

15. “Il tuo desiderio si deve compiere su di me?”.

– “Che vuol dire ‘desiderio’?”.

– “Ti sei tradito! Ha DIO punito l’uomo?”. Giobbe obbliga gli occhi di Zophar nei suoi.

– “Sì”, balbetta costui.

– “Quindi, Dio avrebbe agito contro il Suo comandamento, che noi dobbiamo aiutare i nemici in caso di bisogno (Prov. 25,21). Tuttavia, infrange Egli la Sua stessa Legge?”

16. “Pettegolo!”, Zophar fa come nulla fosse. “Dio è al di sopra della Legge; noi al di sotto. Egli la da’; noi ne siamo legati. Allora è lo stesso se Egli punisce in seguito alla Legge o secondo il mio desiderio”.

– “La tua sapienza splende come una lamiera nuova. Un re che emana una legge la deve osservare lui stesso, altrimenti non la osserva nemmeno nessun suddito. Se presso l’Altissimo ci sono differenze, così è per la Bontà, che come ponte conduce la creatura al Creatore attraverso la Legge da dove è proceduta.

17. Credi forse – stolto – che Dio uccida qualcuno? Egli comanda: ‘Non uccidere!’. Desideri cattivi sono pari all’omicidio. Dio non punisce il pagano che agisce solo secondo l’educazione, non sapendo che fa del male. Ma chi – come voi – augura del male e cerca perfino di sospingerlo con azioni, abusa della Legge che conosce, e di conseguenza ne è sottoposto”.

18. “Allora dovrei essere estinto da tempo”, esclama irato Zophar. “Ma vivo, e mia moglie aspetta un figlio sano. In te, invece, si vede proprio come in Zor. Lui ha preso a calci la gente ed ha condotto anche dei processi – una novità – che con falso giuramento si toglie al possidente il suo avere. Non poteva avere abbastanza. Che ne è rimasto del gozzovigliare…? La morte nel pantano. Questa, Giobbe, è l’immagine della tua vita”.

19. “Ammiro la tua fantasia”, sorride Giobbe. “Da questa, per far di costui uno spavento per bambini, non devi scegliere un Giobbe. Tu sei stato catturato nel deserto e venduto a Zor. Io ho comprato molti schiavi e li ho liberati; non pochi sono rimasti volentieri con me come servo e serva. Ora domando: – Vuoi aver visto tutto questo in due giorni, ciò che mi hai descritto?”

20. “Non così”, si divincola Zophar. “Poco fa ho ricevuto una notizia”.

– “Io no, anche se fino a ‘poco tempo fa’ sono rimasto in contatto con l’uomo…”.

Zophar coglie il cattivo filo. “Ah, da lui hai imparato come si ruba a mò di pagano e come si può ingannare Dio e il popolo?”

Giobbe dice rilassato: “Le tue menzogne sono troppo stupide, non voglio occuparmi della tua sozzura. Il SIGNORE ti dirà chi ha parlato falsamente”.

21. “Lo dimostri a te, anche la lingua d’inferno! Fuggirai davanti all’arma d’arco di Dio; il tuo corpo insieme all’anima verrà annegato nel profondo abisso del pantano. La Spada del Santo ti perforerà da parte a parte, come lo ha fatto Michele con il diavolo. Ti spezzerai davanti alla Chiarezza di Dio, come quella nebbia che hai intessuto su di noi.

22. Questo spavento ricada su di te; la Fiamma del Fuoco di Dio cada giù sul tuo inferno! Nessuno spegnerà il pantano della tua fiamma. E a coloro che sono ancora attaccati a te, accada lo stesso. Dio ha riservato questo come cattiva eredità”.

– All’esterno, Priguhas digrigna i denti. “Si dovrebbe gettare nell’acqua la banda, finché rimane sul fondo! Qua, Trokk!”, fischia a un cane, “mordi finché imparino a correre senza ritorno!”. Nella capanna regna il silenzio. Il volto di Giobbe si è impresso stranamente.

– “Sta morendo”, sussurra Elihu, “dai, fuggiamo”.

23. “No”, lo tranquillizza Bildad, “se morisse, il cane si muoverebbe. Zophar lo ha conciato lodevolmente, speriamo che ora diventi umile”.

– Giobbe sente il loro bisbiglio. Ma lo può ferire di più che le parole forti? Si solleva un poco, appoggiando la testa nella sua mano destra. “Se soltanto fosse finita la mia vita”, dice sommesso a se stesso.

24. Subito Zophar aggancia: “Vigliacco! Hai parlato così nei giorni buoni? Invece di espiare prima, preferisci morire. I tuoi discorsi del pentimento erano solo per gli altri?”.

– “Vivere con voi, mi procura strani desideri. Che cosa t’induce, Zophar, a rimproverare malamente la mia parola? Sì, se avessi compiuto la mia opera terrena, che è molto più santa, per pronunciarla davanti a voi. Siete venduti!”. Giobbe si siede più diritto.

25. “Se contraddico, brontolate; se mi difendo, strappate il filo. Sopportate il mio parlare, poi schernite quanto volete. Meglio fuori dalla capanna. Non comprendete la santità del peso. Sono paziente! Il corpo e il cuore sopportano tutte le sofferenze. Rimproverate la mia mano che non sarebbe più in grado di guarire. Siate certi: la vostra lingua dissoluta la può guarire”.

26. “Ti starebbe bene se servissimo come cibo alla tua bestia? È lei la tua mano guaritrice? Il tuo sussurrare che per te si trattasse di oscurità e di Luce, tienilo per te. Tanto, giaci sul letto di morte! Il tuo cuore è miserando e storpiato; e di pazienza non ne ho ancora visto nulla. Vorresti soltanto vivere nel fasto e magnificenza”.

27. “Se fosse così”, risponde Giobbe, “allora domando: – Perché dei malfattori diventano ricchi e vecchi? La loro stirpe fiorisce, non sentono la verga di Dio. [Gb. 21,7-8] Ma chi dice questo è uno stolto! Esistono dei malvagi e dei giusti, il cui seme germoglia, pii e perduti, che hanno la Legge nella nuca. Levate in alto il povero pio; il ricco solamente quando vi dà. Se diventa povero, allora lo maledite, invece di aiutarlo. Siete senza peccato, che potete gettare dei sassi?

28. Se uno dice: ‘Non credo’, lo potete giudicare voi? Oppure Dio? Se lo può fare LUI, allora perché vi chinate per caricare le vostre fionde?”.

– “Il fiondare lo abbiamo imparato da te”, sibila Bildad, “e lapidare lo ha raccomandato Mosè contro i malfattori. Questa è una Legge del Signore (Deut. 13,11)”.

– “Lo pensi? Non dimenticare quali condizioni nel deserto hanno richiesto delle dure linee di condotta.

29. Nella fuga dei singoli i popoli perdono la Legge. Israele ha perduto molto in etica e fede nel grande cammino, benché l’Altissimo abbia mandato i Suoi angeli migliori. Oppure pensi che Mosè avesse raccomandato la lapidazione ed avesse pronunciato con lo stesso respiro la legge di protezione per animali? (Deut. cap. 22) Dimmi, Bildad, chi ha ordinato la lapidazione: Mosé, oppure DIO?!”

30. Per Bildad è molto difficile dare ragione a Giobbe. Così dice con leggerezza: “Io non c’ero; qualcuno lo ha detto, altrimenti non starebbe nella Legge”.

– “Non ti lascio così! Se il Signore ha comandato ‘non uccidere’, allora non può essere stato LUI. Se lo è stato Mosè, allora in lui non c’era nessun principe del Cielo. Allora la sua Legge sarebbe un costrutto mondano, su cui non abbiamo bisogno di insistere. Riesci a sciogliere il conflitto?”

– “No! E il voto del popolo non ha valore. Lo sai tu?”

31. Lo chiedi a me? Penso di essere allievo, e voi siete i maestri su tutto il popolo? Che cosa siete per servire l’Onnipotente? Io conosco la risposta, ma taccio ancora perché …”.

– “…non la conosci, bocca menzognera!”, soffia selvaggiamente Zophar. “Anche noi siamo così furbi da trovare scuse. Chi te lo impedisce?”

32. “Il Santo!”. Giobbe si siede del tutto. “Voi lapidate, e così siete peccatori. La vostra mano non ha doni. Nella vostra bocca non c’è pace. Siete pecore che hanno rinunciato al Signore. Non si vede ancora se il Signore vi vuole risparmiare. La vostra lampada può scomparire, perché il male passa nel mondo. Oggi siete come le stoppie del mio campo, e non sospettate quanto rapidamente la sposa del vento[20] fruscia sul vostro campo deserto.

33. Dio può portare all’improvviso la sciagura perché state seduti come giudici su un vostro fratello. Solo la retribuzione dalla Luce è diversa, perché la Bontà di Dio sta sul Giudizio! Egli non lapida il povero cuore, Egli scrive il peccato nella sabbia. Egli non condanna neppure; Egli riconduce a Casa nella Grazia. Questa è la Sua eterna-santa Legge, e sulla nostra via sta l’osservanza. Voi stessi dovete portare il vostro peso fino al Seggio del Giudice. Se non avete mai gettato una pietra, né col pensiero, né con le parole, né con l’azione, allora su di voi splende il chiaro Sole della pace.

34. Chi esercita la vendetta malgrado la conoscenza, deve bere dall’ira dell’Altissimo. Avete detto che giacevo sul letto di morte. Ma voi sapete quando suona la mia ora? Vi assegnate le vostre lune (mesi)? Volete voi istruire Dio, che giudica e libera l’alto e il basso? Se uno muore sano con molto avere, un altro povero in forma misera, ciononostante tutti i corpi cadono in putrefazione.

35. Avete portato davanti a voi troppo apertamente i vostri pensieri. Sarebbe stupido chi non l’avesse capito. Avreste visto volentieri il mio ultimo giorno già dopo il primo discorso. Ora è andato il vostro secondo discorso. Ne volete tenere un terzo? A voi stessi non ponete nessuno sbarramento, affinché dei pensieri non diventino cattive parole, ancor meno per fermare delle azioni ingiuste.

36. Voi ridete: ‘Dov’è la sua casa da principe? Lo spirituale è andato, e noi conquistiamo il terreno, prima che lo prendono i suoi servi. Più colpiamo il dannato, più perde la forza. Se muore per dispiacere, ognuno penserà: La sua sofferenza era il fiume della sua morte; nessuno ha messo mano su di lui, nemmeno Satana’.

37. O voi stolti! Vi torcereste se Dio pretendesse me da voi! E questo non è come una volta con Caino, che aveva troppo poco sapere di vita. Bildad, hai preteso un documento dal viandante sul campo (cap. 14,30)? No, pensavate solamente come avreste potuto arrivare il più rapidamente al seggio da principe. Voi avreste flagellato finché l’anima ferita non avrebbe avuto più nessuna forza per il corpo. In verità, – lapidare non è così grave; sovente è una morte veloce. Ma voi volete torturami lentamente.

38. Pensate che un giorno Lucifero verrà rigettato? (Ap. 12,10) Quanto è sbagliato! Nel vostro giorno del Giudizio, Lucifero non sarà solo accusato, ma potrà anche essere testimone! Pure voi starete dinanzi al Seggio del Giudice di Dio. Ma se poi lo vorrete guardare negli occhi (accusandolo) che egli vi ha sedotti e vorrete da Dio avere una misura di punizione per lui per ciò che mi ha fatto, …attraverso di voi, allora vi risveglierete raccapricciati!

39. Dio rigetta il male, ma guai a coloro che lo seguono oppure gli sono già preceduti! Il morto è accovacciato sulla sua tomba, finché sente nostalgia per la Luce. Coloro che hanno torturato altri fisicamente a morte, oppure con tormento d’anima, rimangono più a lungo nella loro fossa in cosciente pena. Vedete ora com’è costituita la vostra parte? Io però non conosco altra preghiera che soltanto quest’una: – Padre, perdona, non sanno quello che fanno!”

40. All’esterno Priguhas sussurra: “Così può parlare soltanto un Giobbe. Non dovrebbero accorgersi cosa fa loro di grande?”

– Nel frattempo arriva un servo, e chiede di Zophar di Naema.

– “È dentro”, indica Priguhas la porta. “Ma nessuno deve entrare”.

–“È urgente”, ansima il messaggero. “Sua moglie ha partorito morto, e la madre del bimbo sarà la donna della bara”.

– “Ah!”, Priguhas si trova del tutto sotto l’alta parola di Giobbe.

41. Allora si sente del movimento dall’interno. Zophar getta uno sgabello alla parete: “La tua ipocrisia non conosce limiti! Passa attraverso il mondo con parole pie, ma nel cuore un inferno! Non hai nessun diritto di pregarci, perché non siamo dei malfattori! Che cosa deve perdonare Dio? Non trovo nulla ! Ma noi…, o amici…”, congiunge le mani, “…vogliamo pregare che Dio voglia guarire la sua anima. O Dio”, comincia, e gira gli occhi, “Ti preghiamo …”

42. Questo è troppo per Priguhas. Anche il messaggero di Zophar tira su stupito le ciglia. Lui conosce Giobbe come un uomo come non se ne trova da nessuna parte. Priguhas apre veloce la porta e fa entrare il messaggero. “Ecco, annuncia il tuo messaggio!”, trattenendo Trokk che strepita.

43. “Che c’è?”, chiede Giobbe.

– “Signore, vieni a casa”, il messaggero fa cenno a Zophar. “Tua moglie sta morendo”.

– Zophar diventa pallido come gesso. Non si è vantato che sua moglie avrebbe partorito un bambino sano? Si precipita via, gli altri lo seguono.

– “Qual disgrazia”, sospira Elihu.

– Ma Bildad s’infuria: “Questo lo ha fatto Giobbe ai nostri amici! – Mi ha risparmiato”, aggiunge orgoglioso, “ero il suo preferito di noi tre. Inoltre Zophar si è spinto troppo in là”. – Si gettano sui loro asini.

44. Priguhas dice inquieto: “Non far più entrare questa gentaglia! Non comprendo del tutto perché il Signore ti abbandoni così. Mi è passato attraverso, quando hai …”. Si blocca, “…hai pregato del perdono fin nel Santissimo. Ho augurato qualcosa di male, certo solo ai malvagi. Ma ora? Sono ancora lontano da Dio. Aiutami a superare, affinché anch’io arrivi alla Luce”.

45. Giobbe consola: “Ogni uomo ha i suoi difetti, anche quando si trova sul sentiero della Luce. Mi ha di certo colpito quando hanno detto ‘ipocrita!’, quando non posso chiedere nulla di più elevato. Non abbiamo bisogno di sfogliare il libro della colpa, è il Santo che tira la riga della conclusione. Non augurare mai del male, anche quando il male sta sotto la porta. Quando un giorno tornerò a Casa nel Regno, allora voi fedeli Mi seguirete. Noi tutti stiamo sotto l’Arco di Dio del Suo Patto e della Grazia”.

46. “E’ ingiusto se si sbarra la strada ai malfattori, per mettere loro un freno?”

– “No; si tratta solo del fatto di cosa si sente facendo questo. Avete immerso il dottore nell’acqua. Non era male. Ci si domanda soltanto che cosa avete pensato facendo questo. Se vi rallegravate, non era buono; ma se avete voluto mostrargli che gli alberi non crescono dal Cielo, allora era giusto.

47. È quasi sempre difficile voler fare la cosa giusta. Si dice volentieri: ‘Intendevo soltanto fare del bene’, ma Dio investiga le reni (Ger. 17,10); Egli guarda nella cameretta più profonda. Allora si deve sempre pensare, come e perché si fa qualcosa, e infine non usare una mantellina chiara, che nella Fiamma del Fuoco di Dio diventa cenere grigia”.

48. “Quanto sei buono!”. Simons si fa avanti. Lui, Samulis e Ismaha erano entrati senza far rumore ed hanno sentito tutto.

Ismaha accarezza delicatamente la mano di Giobbe: “Esteriormente è malata”, sussurra lei commossa, “ma quanto forte è il suo vigore”.

– “Oh, voi cari!”. Giobbe supplica le benedizioni del Cielo sui fedeli. I due cani giacciono tranquilli.

49. “Quaranta uomini, donne e anche bambini attendono”, annuncia Samulis. “Deve venire la metà e gli altri domani?”. – “Portate tutti! Dio non conta la folla; Lui guarisce i credenti per quanti vi fossero. Entrano, timidi, interiormente commossi. E come ciascuno si china e i bambini si appoggiano a Giobbe, vengono benedetti e guariti.

50. Il medico assiste da lontano come i malati ritornano a casa giubilando. Egli mormora: “C’è qualcosa che non va. Devono aver torto i suoi amici? Se può guarirne quaranta in un’ora, allora la sua forza è pure aumentata. Io…? Lui me l’ha data dallo Spirito di Dio, ed io ho potuto aiutare qualcuno magnificamente. Io ero orgoglioso; lui è umile. Chi lo voleva ringraziare, lui lo portava al suo altare. Io ho preso dei doni perfino dai poveri. Hm, credo …”, si volta, oppresso nel cuore.

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Cap. 17

Per Giobbe, il Signore tace ancora, ma è nell’amico forestiero non riconosciuto

 

1. Per un certo tempo Giobbe non soffre, persino sua moglie smette di istigare. Si viene a sapere che guarisce di nuovo. Certo, molti temono e non lo credono nemmeno. – Possono provenire dei raggi buoni dall’infermità? La semenza maligna sparsa su Giobbe, non si lascia cancellare così presto.

2. Colui che è provato, prega sovente. Una volta dice timoroso: “Signore, mi hai provato nella Pazienza? La mia sofferenza non vale molto di fronte al Tuo Cammino terreno[21]. Deve sedurmi a gettare da me il peso? Tienimi! Perché mi sembra come se debba venire ancora la parte più difficile! Vorrei ritornare quando la misura è colma. È sufficiente se la governano le Tue mani. Ma potresti comparire un poco, così che sappia se Ti valgo ancora qualcosa?”.

3. Giobbe è accovacciato sul suo giaciglio. Il silenzio intorno a lui lo rende ancora più timoroso. Ecco che Simons entra allegro: “Signore, sono passati sei giorni da quando i malvagi sono corsi via. Da quei giorni stai meglio”.

– Lui fa qualche lavoretto. Per il grigio porta della paglia fresca. “Lasciamolo qui”, aggiunge, “non si sa se a volte succede ancora qualcosa”.

4. Giobbe sarebbe rimasto volentieri da solo, ma chiede gentilmente: “Non scacciate gli uomini; chissà cosa intende fare Dio. Noi calcoliamo solo il presente e quello passato, poiché ci è celato il futuro, e ci formiamo un giudizio per esperienza. Questo può servire; ma ciò che arriva raramente è da stimare dall’esperienza, perché appunto si sa raramente come si formano le cose”.

5. “Signore, esistono uomini cattivi. Quando si percepisce l’intenzione di un cattivo, allora è sbagliato difendersi in anticipo? Lo si deve dapprima lasciar agire perché non si sa cosa fare? Con quegli uomini lo presumevo già da tempo”.

– “Come sapevi che erano cattivi?”.

– “Portano troppo in alto i loro nasi”, risponde Simons. “La tua gente libera si rivolge a loro come fossero schiavi. Invece loro brillano come ‘amici di Giobbe’ e incassano immeritato onore”.

6. Giobbe afferra le spalle di Simons: “Ricorda: sono delle piccole, giovani anime; tu da servo puoi starne al di sopra, poiché non ciò che è terreno rende puro e vecchi, bensì solo lo spirito quando si china davanti al suo Creatore. Chi Lo serve con amore, Lo riconoscerà bene. In ciò siamo uno, noi il servo e il figlio”.

7. “Sì, sì”, lo interrompe lieto Simons, “così hai sempre agito, e con te non si sente il servizio. Però, ciò che irrequieta, è quando altri arrivano da chissà dove, mentre un tempo loro stessi erano poveri sacchetti, diventati grandi per la bontà di un grande, e poi si fingono padroni”. Simons fa osservare i suoi pugni.

8. Giobbe li tocca: “Lascia andare! Alto e basso hanno una breve via. Se si può stare diritti, Dio copre volentieri i difetti, perché siamo attaccati al mondo”. All’improvviso il grigio corre via abbaiando gioiosamente. “Chi arriverà?”.

– ‘Un fedele’, pensa Simons, ‘altrimenti non sarebbe corso via così. Giobbe è agitato. Il suo disagio è stato reso noto nel paese, può sperare in poche amicizie’.

9. Entra un forestiero con nobile volto e vestito di fino. I movimenti sono dignitosi, e profondi gli occhi scuri. Ma la bocca sbarbata, la figura alta, concedono al massimo quarant’anni. “Come posso servire?”

Giobbe si alza meravigliato: “Simons, porta una sedia comoda al tavolo”. Il forestiero saluta Giobbe con una delicata stretta di mano.

10. “La domanda annuncia la tua buona reputazione. Voglio parlare con te”. Guarda Simons con gentilezza.

Giobbe comprende. “Vai a lavorare, e quando hai finito è ora di andare a dormire”.

– ‘Aha, senza origliare’, dice a se stesso Simons da fuori. ‘Ora con quest’uomo fine non ho paura, specialmente che il grigio lo ha accolto con gioia”. Svelto, comunica agli altri ciò che è avvenuto.

11. Giobbe vuol lasciare il letto. “Rimani coricato”, dice il forestiero.

– “Posso sapere il tuo nome?”, investiga cordialmente Giobbe.

“È tuo diritto domandare. Se trattengo ancora il nome, non ti meravigliare; nemmeno quando dirò delle cose che il tuo cuore ha discusso con Dio”.

– Giobbe trattiene l’emozione. Oh, dei celestiali arrivano a volte anche in modo del tutto terreno. Lui conosce la gente di tutto il circondario, ma il forestiero non è nessuno di loro.

12. “Hai un difficile giaciglio da malato. Posso aiutarti?”.

– “Sì, uno; ma Egli perdona”.

“Chi è il Potente che non ti aiuta, dato che temi Iddio?”

– “Oh, se lo faccio, non è del tutto detto”, risponde triste Giobbe. “Devo dire di me che sarei senza peccato? Non lo sono, poiché altrimenti, Dio non avrebbe bisogno di punirmi! Prima credevo che si trattasse di un alto Diritto”. Guarda in su. “Sai che cosa intendo?”

“Perfettamente! Conosco molto bene la tua dottrina di Dio, anzi, …è la mia”.

13. Giobbe posa le sue povere mani in quelle calde, chiare, e dice: “Sei un amico inviato da Dio. Sovente dei pii si ammalano oppure nascono nella bassezza. Invece, degli oltraggiatori nascono in mangiatoie ricche, e schernitori chiedono: ‘Dov’è il Signore che vi aiuti?’. – In modo terreno non ci si spiega nulla, e lo spirituale non lo capiscono. Anche nel pareggio della Giustizia restano delle lacune, perché l’uomo attacca il suo occhio al suolo, invece di alzarlo al cielo”.

14. Il forestiero annuisce: “Il gridare che ‘non esiste nessun Dio, perché accade così tanta ingiustizia’, deve calmare la coscienza. Volentieri viene rinnegata la Luce. Alla fine, Dio ricopre molto, perché i più non credono alla loro prima vita, oppure solo a quella di questo mondo. C’è, ma è più raro e non è mai da mettere alla pari con la prima vita. Ogni tempo del mondo è solo un ‘inframmezzo’, un ‘campo da lavoro’, oppure anche un ‘campo di Grazia’, a seconda dei casi[22].

15. Uno schernitore lo nota solo quando deve scendere nella fossa oppure quando sta andando a sbattere. Questa è poi l’ultima mano di Dio”.

– “Ah”, risponde Giobbe, “credo che la Sua Bontà non conosca nessuna ultima Mano”.

“Pensi che Egli sia legato allo stretto tempo del mondo? Solo l’uomo ritira velocemente la sua offerta”.

16. “Oh, il buon insegnamento! Anch’io sento ‘l’ultima Mano’. Giobbe abbraccia l’ospite.

Costui risponde: “Parlare di te come l’ultima Mano, è sbagliato. Con diritto hai domandato, se Dio vede come mantieni la Pazienza nella tua difficile sofferenza”.

– “Come lo sai?”.

“L’ho già detto”, viene l’annuncio gentile, “non ti devi meravigliare se conosco la faccenda del tuo cuore”.

17. “Sei un angelo?”. Una domanda nostalgica.

“Mi si potrebbe chiamare così. Però, non potrebbe riceverlo anche un uomo, ciò che serve allo scopo di Dio?”, svia l’interrogato.

– “Certo!”, Giobbe chiude per un po’ i suoi occhi. Sì, è un messaggero di Dio, anche se solo indirettamente. Ci si dovrebbe accontentare con la benedizione che il Creatore dà nella Bontà. Allora chiede: “Amico, fammi conoscere la tua missione; voglio lodare l’Altissimo che mi da’ un tale immeritato Dono”.

18. “Fai bene”. Dolcemente posa una mano sul corpo malato. “Nella Pazienza, hai pensato che Dio volesse arrivare prima di come Egli si è riservato. Non hai nemmeno osato la forma della preghiera per non disturbare ciò che ora viene eseguito fra Luce e tenebra. Perciò la Grazia non è nemmeno immeritata.

19. La Mia visita è amore che sboccia dal grembo della Divinità. Questo dimora in tutti i figli puri, e viene rivelato dove Lo si onora e ri-ama. Tu hai certamente attinto tutta la forza da Dio, ma la vita terrena ha bisogno di rinnovamento. Ogni corrente si esaurirebbe, se la sua fonte non venisse nutrita dal fondo del pozzo del mare. Quindi, anche la buona volontà di un figlio. La mia parola diventa per te la forza su cui si sfracellerà l’ultima freccia”.

20. “Ti ringrazio”, dice semplicemente Giobbe. “La tua presenza mi ha fortificato. Ah, se tu fossi mio amico, l’unico, dal quale potrei prendere, senza calcolare cosa darti in cambio”.

“Va bene”, risponde soavemente l’alto uomo. “Di fronte al Padre, l’anima non deve calcolare troppo; può essere ricevente prevalentemente per questo mondo, ma lo spirito nato dallo Spirito sacerdotale, ne ha la facoltà, e perciò anche l’obbligo di esaminare che cosa deve al suo Creatore”.

21. Giobbe domanda: “Lo spirito-figlio sorto dallo Spirito del Creatore, ha ricevuto tutto solo dall’impulso-Ur. Dove rimane allora il suo libero dono?”

“Molto semplice: la piccola scintilla è l’essenziale dal maestoso Spirito creativo; non deve aumentare, così come, Dio non diventa mai più grande. Altrimenti dovrebbe essere stato un Embrione, e crescere fino a diventare Gigante, con cui andrebbe perduto il bon pareggio fra Creatore e creatura.

22. Dio è sublimemente perfetto in tutte le cose, e lo spirito-figlio ne è un Raggio. Come Dio crea delle Opere dal Suo Potere, così la scintilla-figlio può anche formare la Forza che agisce in lui, da cui diventa dono libero. L’auto formarsi non è in fondo più profondo di un atto del creare che è possibile solo per la DIVINITA’. È Dio, Colui che chiama, …e nel figlio risuona l’Eco. –

23. Può Dio sperare nei doni che nel germoglio-Ur sono la Sua propria Pienezza? Infatti, onore, adorazione, amore, gratitudine, sono i doni del figlio, attizzati puramente dalla Scintilla di Vita. Così la sostanza-Ur proviene dalla Fonte di Dio, nutre i ruscelli, finché si riversano potenti nel mare e diventano nuove Opere nella Fonte-Ur”.

24. Il capo di Giobbe si è profondamente abbassato. Brividi lo incalzano. – Chi è costui che si è misurato chiamandosi suo amico? Allora il forestiero dice: “Non preoccuparti di chiamarmi amico; la vera amicizia è il partner dell’amore. Tu servi umilmente Dio e sei guidato dalla Sua alta Luce. In questo senso stai del tutto nel Patto d’amicizia con Dio. Ti basta?”

25. “Sì, Signore, anche se non so chi cela il tuo abito. La Tua parola mi ha consolato. La Tua luce, …mi era l’alto Santuario”. L’ultimo l’ha sussurrato. La notte guarda chiara dalla finestra; innumerevoli stelle scintillano pacificamente in giù. Giobbe non si accorge come gli si chiudono gli occhi. L’ospite posa le sue mani sul volto profondamente rigato dalle sofferenze: un Vangelo di purezza, fede, amore e pazienza.

26. È bene che l’uomo ora non veda l’Alto. Ma, benedetto nel sonno, sente l’alta Maestà di Dio. E il grigio? Solo una creatura. Anche a questo l’Uomo si china. Un guaito, come un sospiro di pena liberata.

27. La porta si apre e si chiude senza rumore.

[indice]

 

[Gb. cap. 22.-24]

Cap. 18

Il grigio, come un soldato con lo scudo

Gli amici tornano per la 3° volta indiavolati, cercano l’oro ma trovano la pece

Ritorno del Forestiero che consola

 

1.     Ismaha entra silenziosa. Si spaventa. C’è di certo un aurora sul giaciglio, ma il viso, così solenne, è… – No, lui respira tranquillamente. Ecco che Giobbe si sveglia.

2. Guardandosi intorno meravigliato, chiede in fretta: “Dov’è il forestiero? È stato in casa?”

– Dev’essere andato via”, risponde Ismaha.

– ‘Strano’. Giobbe riflette. In lui dimora una pace, una forza, come se non fosse infermo. Oggi potrebbe lavorare come al tempo della giovinezza.

3. “La padrona sta cambiando”, racconta la serva. “Ancora non c’è da lodarla; beh, solo se non piovono rimproveri”.

– “Siate pazienti”, ammonisce Giobbe. “Non si spegne il fuoco con l’olio. Un po’ la cambiamo. Questa sarebbe una gioia!”.

– “Io voglio fare del mio meglio, ma qualche volta …”.

– “…è difficile inghiottire immeritata lite”.

4. “Il grigio, e Priguhas!”, esclama Ismaha. Il cane si precipita dentro e, come un soldato con lo scudo, si piazza davanti al giaciglio.

– Priguhas, fuori di sé, ansima: “Ritornano, ritornano davvero! E’ l’ultima volta che possono riversare la loro sporcizia nelle nostre pentole pulite! È un bene che è Sabato, rimane tempo per …”.

– “…per origliare”, ride Ismaha, “e ungere i pugni…”.

5. “Ragazzi, cosa devo sentire?”, Giobbe ammonisce. “Sono contento. Da loro…”, indica gli uomini che cavalcano attraverso il portone della via, “…non c’è da aspettarsi molto di buono. Priguhas può fare la guardia con Trokk; ma senza pugni, senza acqua o medicina. Non hai bisogno di origliare alla porta; il grigio abbaia quando devi venire”. Giobbe accarezza il suo guardiano che salta intorno mugolando forte, volgendo i denti alla porta. Ismaha e Priguhas si allontanano. Malgrado il buon ammonimento, il servo coglie molto malvolentieri le briglie degli asini gettate a lui senza saluto.

6. “Che osino”, brontola senza vergogna. “Se non pugni, né acqua né medicina, allora …”

– “...cenere”, sussurra Ismaha. “Padre Giobbe non lo ha vietato. Ce n’è dalla fusione. Appiccica come la pece”.

– “Molto bene! Simons deve portarne tre casse”.

7. Gli ospiti indesiderati entrano. Nessuno coglie la mano di Giobbe offerta loro. “Che cosa vi conduce qui? La vostra ultima dipartita mi ha fatto credere che ogni legame fosse strappato”.

– “Sarebbe il nostro buon diritto”, Eliphas allarga le sue dita. “Ti si dovrebbe far cadere come la pula. La disgrazia ce l’hai portata solamente tu”. Giobbe domanda inquieto.

8. “Ho forse fatto una fossa al tuo vicino oppure ho insegnato a tua moglie di rubare?”.

– “Me lo hai augurato tu!”.

– “Allora dovrei avere le forze di colui che sta dietro alle vostre lingue”.

– “La sentiamo in te”, tuona Zophar, strofinandosi gli occhi senza lacrime. “Mia moglie e il neonato sono a carico tuo!”. Quanta violenza impiega ancora l’oscuro per estirpare la Pazienza sulla Terra …

9. Eliphas si gira i pollici, ““Dimmi: hai già avuto visite oggi?”.

– “No!”

– “Ah, come menti! Dove s’incrocia la via, stava un uomo che ci ha salutato per conto tuo”.

– “Se mi chiami ancora menzognero, Eliphas, allora …”.

– “Il mio padrone non mente”, esclama Priguhas attraverso la finestra, invece che attraverso la porta. “Il Signore elegante c’era ieri sera”.

10. “Come il padrone, così il servo”.

– “Può aver pernottato”, interviene Bildad. “Ma cosa voleva qui?”.

– “Fare affari”, istiga Zophar. “La ricchezza deve comunque ritornare, e quelli dall’estero sono i migliori commercianti”.

– “Non ne aveva l’aspetto”, dice Elihu, solo i suoi occhi mi sembrarono demoniaci”.

11. Giobbe si alza. “Non trascinate nella vostra sporcizia ciò che invia il Cielo!”

– “Oha!”, raglia Eliphas, “ciò che serve al tuo sacchetto lo tieni puro. Che se lo portasse il diavolo stesso! Vengono molti forestieri, ma solo da furbi commercianti caduti al mondo come te. Credi forse che il Santo intendesse solamente che mostrandoti senza macchia potessi contendere con Lui? Oggi lo dico per l’ultima volta: – Il tuo malfatto è senza fine!

12. Ci hai dato una casa, ne hai preso una cattiva cauzione. Nel patto con il diavolo ci hai anche causato la prima sofferenza. Non hai ristorato gli stanchi, agli affamati non hai dato pane. Da re senza corona hai regnato su case e mandrie senza numero. Molti uomini se ne dovettero andare; le loro vedove hanno percorso una via dura; i poveri orfani sono morti. Ora giaci sul giaciglio del vizioso, e su di te c’è la paura. Non dovrebbe spaventarti l’oscurità, …coprire il fiume di lacrime?”

13. Giobbe deve tenere il grigio. “Caccialo via”, strilla Elihu, “non si può parlare ragionevolmente”.

Giobbe guarda doloroso il giovane. Dice seriamente a Eliphas: “Tu rendi acido il miglior chicco! Se DIO s’interessa di me, lo potevate chiedere al forestiero”.

– “Non era un angelo”, colpisce malignamente Bildad, “costui ti avrebbe guarito”.

– “Volete dei miracoli, vorreste mangiare Man hu (la manna) e quaglie, finché vi si spezzano gli stomaci! (Esodo 16,15; Num. 11,31).

14. Io sono ancora senza macchia, ma lascio esaminare a voi stessi il vostro sentiero. Se vuoi tacere, Eliphas, sei ringraziato. E chi porta punizione o chi si deve nascondere nello spavento, si vedrà. Oggi chiami peste ciò che una volta ti valeva il Cielo. Chiamare davanti a voi il Santuario (Sancto Sanctorum) sarebbe scherno”. Il suo sguardo fiammeggiante colpisce duramente il mentitore, mentre continua:

15. “Ho ordinato io di accettare la Dottrina di Dio? Lo avete fatto voi nella vostra libertà. Da vent’anni non conoscete necessità. Oggi caricate su di me i vostri pesi che vi potrebbero valere come destino. Non ho preso nessuna cauzione e non ho nemmeno rubato nessun abito, ma i vostri mantelli, che appunto portate, provengono ben da me, vero?

16. Portatemi un solo povero che mi abbia chiesto invano! Invece quelli che intendevate voi erano viandanti. Davanti al giudice ho dato il certificato e il denaro, affinché potessero stabilirsi vicino Damasco. Dell’ultimo gruppo sono morti degli uomini, le donne maledissero contro Dan e i loro figlioletti morirono per strada. Vi sono andato quando ne ho avuto notizia, anche se non ero io il ladrone. Ora lo vorresti girare a me? Eliphas, bada a te, se Dio non punisce le tue labbra!”

17. “Sarebbe una tua diavoleria!”, sbraita Eliphas. “Il Signore è seduto in alto nel Cielo e le sue stelle colmano il firmamento. Tu pensi: ‘Che cosa giudica Dio, dato che la Terra porta fitte nebbie? Egli non vi guarda attraverso, Egli cammina solo nel Santuario’, che però tu non conosci”.

– “Ah, è così? Avete predicato a me, oppure al Signore?”

18. “Vantati, orgoglioso pavone! Un credente ringrazia per la sola parola di Dio, senza accusare nessuno di avergli dato la guarigione, perché proviene da Lui solo”.

– “Infatti, Eliphas; incidi questa frase nella tua anima!”.

– “Ma tu non dimenticare di guardare alla tua ingiusta via! Il tempo di Dio non ha ancora lavato il fondo, affinché non si vedano più i tuoi misfatti. T’infuri contro di Lui, più porti oltraggiosamente in bocca il Suo Nome.

19. Il tuo consiglio rimanga lontano fino alla mia morte. Quando muori, noi ci rallegreremo nell’innocenza. Con te il nostro avversario cade nella fossa, il cui resto lo mangia l’inferno! Ma se vuoi pacificarti con Dio, alla fine ci sarà anche in te ancora del buono. Ascolta la Sua Legge, rigetta ciò che ha portato il forestiero; è oro del diavolo. DIO sia il tuo oro! Il Suo insegnamento sia l’argento con cui pagarGli il tuo voto. Anche come debitore sei da salvare, se ti liberi dall’oro di gatto”.

20. Come lo sai che ho acquistato dell’oro?”. Giobbe non fa notare nessuna spina.

– “Il forestiero sarà mica venuto invano”, ghigna Eliphas. “Cerca in camera, se trovi dei sacchetti”.

– “Nella camera?”, sente con sonore risate.

– “Lo trovo dove l’hai sepolto!”.

– Fuori Priguhas ride, “Lo dovete trovare, covo di vipere!”.

– Un sommesso fischio, e sussurra alla serva: “Cercalo!”

– E Giobbe all’interno continua a dire: “Prima voglio dare la mia risposta.

21. Il forestiero per me ignoto si chiamava ‘SANTO’. Egli ha di nuovo raddrizzato l’onore della mia casa. Ora viene nuovamente spezzato. Quindi l’accusa va verso l’inesplorabile che ha oscurato il Sole con le nuvole. Se potessi giungere al Suo seggio, …Egli mi sarebbe un buon Giudice. Allora sentireste ciò che ha detto il forestiero e che cosa ne ha da dire DIO. – O Padre”, supplica lui, “metti alla prova il Tuo Potere in me? Credevo che Ti ponessi diversamente verso di me.

22. Davanti ai miei piedi non vedo nessuna Luce; la Bontà sprofonda dietro di Me. Alla destra copri il mio amore, e alla sinistra regna il giudizio.

23. Eppure, io resto sempre con Te, poiché m’hai preso per la mano destra, Tu mi guidi al Tuo Consiglio, e poi mi ricevi in gloria. Se ho solo Te, allora non desidero nulla né in Cielo né in Terra. Se la mia carne e la mia anima languono, allora TU, DIO, sei sempre il conforto del mio cuore e la mia parte! (Salmo 73, 23-26).

24. Non ho mai deviato dalla Tua via. Non dovrebbe splendere ciò che ho posto sul Tuo altare? La Tua maestosa Volontà regni su di me! Dopo la Luce era di nuovo oscurità, e mi spavento se il mio cuore – indebolito dalla sofferenza – non ha teso soltanto alla gioia. Sono stupido di non riuscire più a distinguere la luce e l’oscurità? O Signore, io lamento: ‘Non conosco più il mio diritto!’

25. Andate’”, esclama, “non ascoltate il mio lamento! Cercate l’oro; e quando lo trovate, non sia rivelata la vostra proprietà”.

– Appena sentito, Eliphas si alza in fretta: “Venite, la sua coscienza bussa; per la lode a Dio, il cattivo tesoro deve liberare Giobbe”.

– Presso un albero nascosto si trova Priguhas. Si morde i pugni, per non ridere e, …per non piangere. “Questa gentaglia non merita nessuna Grazia!”.

26. Ritorna senza essere visto. Giobbe piange: “O mio Signore, Ti conservi dei tempi che nessun credente comprende. Ho mai fatto del male a una vedova? Ho mai tolto del pane agli orfani? Ma quelli che lo fanno, sono grandi e possono ingiuriare i Tuoi figli. I Tuoi vengono oppressi.

27. Il povero deve lavorare duro per i duri di cuore, e quelli che Ti servono, giacciono nudi e miseri sul campo spoglio. È questa, giustizia? Dov’è la tua bontà? Guarda come corrono per l’oro e possono fare con me ciò che vuole Satana. Solo uno ho cacciato via una volta, che ha lasciato dimorare i poveri senza capanno, come asini selvatici nei monti. Tu lo hai fatto lasciar diventare principe. Oppure non sei stato Tu? Oh, perdona, vedo solo ancora come un cieco! Chi ti impedisce di punire gli avari, di benedire per questo, coloro che sono obbedienti?

28. Quanta miseria regnava qui, quando sono venuto in questo luogo. C’erano madri senza figli, orfani che si rovinavano sul ciglio della via; uomini che dovevano sfacchinare nelle caverne. Nell’ospitare giacevano solo dei poveri, diventati infermi per le rinunce. Dov’è la Misericordia di Cuore?

29. I criminali sono liberi, e la Tua mano non strappa loro la rete. Io accuso, o Signore! Pongo sul Tuo focolare il mio e il tormento dei poveri. Non cerco il diritto per me, ma per i figli della Tua luce! Se sono credenti, vengono perseguitati; se si raccolgono un avere, viene su di loro la disgrazia.

30. All’improvviso vengono arraffati via, come i mietitori tagliano i loro steli (cap. 7,7 e 15,20). Padre, Copri il mio falso parlare con la debolezza del mio corpo. Ora sono incerto: ‘Hai inviato Tu il forestiero?’. Oppure …” Le labbra si ribellano di pronunciare del male come gli uomini. A Priguhas si stringe il cuore; questa sofferenza bagna i suoi occhi.

31. Ecco che entra il forestiero non visto. Il servo piega le sue ginocchia rabbrividendo. “Giobbe”, dice l’ospite, “devi mostrare a Dio, che opera ciò che Egli vuole, un libro di colpe?”

– “O Signore!”, Giobbe cade. “Che cos’ho da contare a Dio, di ciò che Egli fa coi Suoi uomini? Non sussisto dinanzi a Lui! Alto amico, fammi trovare dietro a te la copertura, perché il Signore è irato con me”.

32. Il malato viene sollevato gentilmente. “La bontà di Dio, è più grande del pensare rispetto alla Giustizia!”

– “Ieri c’era la pace su di me”, risponde timidamente Giobbe, “e ora …”.

“Tu li devi prendere su di te i pesi. Hai dimenticato come l’AMORE camminerà sulla Terra?”

– “No!”, piange Giobbe senza vergogna. “Inutilmente mi misuro con quel Sacrificio, dato per la povera lontananza. Voglia sfracellarmi il Signore; ho mancato di portarGli il mio debito”.

33. “Dio soppesa come giusto Giudice, il debito e il credito. Ciò che avanza, viene sul lato destro o sinistro a seconda del caso”.

– “Allora volevo che mi liberassi”.

“Hai paura di Dio?”. La domanda scuote Giobbe.

– “Come lo devo chiamare?”, dice lui sommesso. “Avevo riverenza, ma non paura”.

34. La riverenza riconosce se nel Giudizio, l’Altissimo si chiama ‘il Pietoso’. Chi saprà concludere il libro delle colpe come nessun commerciante del mondo, riscatterà tutte le colpe attraverso il Suo Sacrificio!” (Golgota)

35. Priguhas annuncia: “Stanno arrivando!”

– “Osservali”, prega il suo ospite a Giobbe, “e guarda come posso essere infastidito”.

– “Li conosco molto bene, ma come sembrano adesso, ti meraviglierà”. Strepitando, si precipitano dentro. Giobbe salta su terrorizzato, e il grigio piagnucola terribilmente, finché l’Alto lo tranquillizza.

36. “Che vi è successo?”. Ismaha e i servi spiano dalla finestra. Ma Giobbe lo sa già. – Non vedendo il forestiero che siede dietro una trave, Eliphas infuria:

37. “Ti rallegri dello scherzo? Inutilmente ci siamo lavati”.

– “Sembra come se veniste dalla fossa della fusione”.

– “Siamo stati anche là”, tuona Bildad. “Per liberare te abbiamo cercato l’oro del diavolo”.

– Il grigio digrigna, e allora vedono seduto l’Alto. “Ahh”, grida selvaggiamente Zophar, “ora sappiamo perché siamo caduti nella fossa! Ma devi sentire la tua onta”, minaccia a Giobbe, e gli uccelli del malaugurio, esausti, cadono sulla panca. “Abbiamo visto erba tagliata dove stava uno schiavo”.

– “Non ho schiavi”, interviene Giobbe.

38. Zophar litiga: “Tu lo hai messo lì, affinché dovessimo pensare che là ci fosse l’oro cercato”.

– Schernendo, l’Alto chiede: “Non ne volevate fare una benedizione? Dal maledetto non viene nessuna salvezza!”.

– “Non parliamo con te”, litiga maleducato Bildad.

– “Bene”, dice il disdegnato, “più tardi parlo io con voi!”. Gli uomini si sentono a disagio. Giobbe domanda come fosse andata.

– “Il giovane si è rifiutato. Lo abbiamo minacciato, allora è corso via piangendo”.

39. “Lo avete picchiato?”, continua a indagare Giobbe.

– “Sopporterà ben un colpetto. Abbiamo preteso l’aiuto di Simons, ma costui da insolente ha detto che non avrebbe scavato nella cenere bollente”.

– “Così siete stati avvertiti”, sottolinea severamente Giobbe. “Eppure, conoscete la mia fosse di cenere”.

– “Ma perché vi era posato sopra l’ingannevole strato di prato?”, dice Bildad con le mani di sono appiccicate l’una all’altra.

– “Ieri c’era vento, allora la fossa è stata coperta per impedire che la cenere voli via”.

40. Eliphas continua a gridare: “Perché ci hai ordinato di cercare l’oro?”.

– “E’ vero ciò che dici davanti al mio alto Ospite? Mi hai accusato del cattivo commercio; per questo alle tue mani è attaccata la pece. Prighuas, entra!”, chiama Giobbe. Il servo compare con il cuore battente. È stato un cattivo scherzo. Giobbe ordina tranquillamente: “Nel mio laboratorio si trova una cassa con del liquido giallo. Prendine un terzo e due terzi d’acqua, allora i nostri mori diventeranno di nuovo bianchi. Certo, gli abiti sono perduti, lascia che se ne scelgano qualcuno dalle mie cose”.

41. “Loro si prenderanno le cose più care”, dice il forestiero quando gli uomini se ne sono andati.

– “I miei servi hanno fatto del male, e il loro padrone paga. Il Cielo ha pagato il denaro d’insegnamento! Si sono consultati: ‘Giobbe ha scelto un posto dove nessuno cercherebbe il tesoro’, ed hanno litigato per il vitello che non era ancora nato”.

– L’Alto da’ la mano a Giobbe: “Ancora un guaio cade su di te, poi entra da te la Pace di Dio. Sii fedele, Giobbe, fino all’ultima goccia di quel Calice che una volta hai preso in mano”.

42. “Ti ringrazio”, dice semplicemente Giobbe. Il grigio accompagna il forestiero fino al recinto. “Sei un bravo tipo”, lo accarezza Giobbe, quando giace di nuovo davanti al letto. “Non ho potuto dare l’onore al mio ospite”. Un piccolo sospiro.

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Cap. 19

I servi confessano e sono perdonati

I tre tornano ricompensati

Arringa di Bildad – Risposta di Giobbe

Elihu vorrebbe contendere nell’ultimo giorno

 

1.     I malfattori arrivano strisciando. “Signore, perdonaci”, chiede Samulis, “Se non ti avessero ferito così tanto, non sarebbe andata così grave. Abbiamo avuto paura quando sono caduti nella fossa ardente”.

– "Perché c’era un ragazzo?”

– “Li abbiamo attirati tramite lui. Chi sospettava che avrebbero picchiato il ragazzo? Simons è arrivato troppo tardi. Ma pensa, il dottore lo ha chiamato e gli ha chiesto se poteva portare dei malati che lui non può più guarire”.

2.     “Allora aiutava Dio e …il vostro bagno”, sorride Giobbe. “Ma avevo …”.

– “…vietato pugni, acqua o medicina”, interviene Simons.

– “Ragazzi!”, Giobbe pizzica il suo servo. “Meno male che Ismaha non s’inventa degli scherzi”.

– La ragazza, coraggiosa, confessa rossa purpurea: “Mi è venuta in mente la cenere. Non l’avessi mai nominata…”.

Giobbe ride: “Eccoci qua! Avevo confidato nelle tue piccole mani, affinché loro trattenessero i pugni grossolani... Ma ora al lavoro; oggi non è Sabato, quando si può origliare”. – Liberati, i quattro se ne vanno.

*

3. Quando la serva porta il pranzo, Giobbe dice: “ Ragazza, è stata una cosa terribile, non farlo di nuovo”.

– “Mai!”, assicura Ismaha. Poi chiede timidamente: “Padre Giobbe, aiutami”.

– “In che cosa?”.

– “In tre mi seguono, ma posso prenderne solo uno”.

– “Non ti era caro Elihu?”.

– “Non più!”, divampa con rabbia. “Chi ricompensa tanto bene con tanta meschinità, per me è finito una volta per sempre!”

3.     “Brava servetta! Chi è?”

– “Priguhas! Ma se lo dico io stessa, allora l’armonia sarà disturbata dall’invidia”.

– “Lo si può evitare. Al momento giusto ti darò Priguhas”.

– “Oh, tu sei ancora il principe migliore!”, esclama Ismaha sollevata.

4.     Arrivano gli uomini. Si sono presi il meglio che Giobbe portava per la visita alle corti dei re: abiti, mantelli, scarpe, gioielli d’oro e d’argento. “State bene, proprio così come se venissero dei faraoni”. Indica i gioielli.

– “Ci hai lasciato la scelta”. Bildad teme di perdere i gioielli, perché in fondo non sono dei vestiti.

6. Giobbe fa cenno: “Teneteli, se vi rende beati. Il mio tesoro è tutto un altro, quando l’altro a volte per via della posizione è anche necessario. Chi è mondano, vi rimane attaccato; chi ama Dio, l’Altissimo, lascia andare volontariamente ciò che aggrava la via dello spirito”.

7. Bildad, seduto alla finestra, dice: “Io chiedo solo di Dio e del Suo Regno. Non ho sentito molto del tuo discorso. Naturalmente, dipende dall’opinione…. Ma quanto sei sprofondato! Dio lascia venire lo spavento, giù, su tutti i cattivi. Il forestiero voleva parlare con noi? Hah, …Satana ha visto in noi la Luce, perciò è scappato. Che importa? Lui ha preso l’oro e lo porterà indietro, non appena saremo tornati a casa.

8. Su di noi riposa la Pace di Dio. Conti le Sue schiere di guerra? Ti hanno circondato insieme al cattivo col quale sei andato nella rete. Malgrado ciò, voglio pregare per te. Sii senza paura, perché nessun uomo diventa beato se Dio non lo perdona”. Bildad lo dice solamente affinché possa tenersi i gioielli. “Nemmeno il bambino più piccolo è senza peccato. Il suo primo grido è solo per il mondo. Il Sole, la Luna e le stelle non sono puri, anch’essi passano dopo il loro tempo.

9. Ma che cosa vale il conforto?”, dice lui untuoso. “Ho sentito che ultimamente avresti guarito dei malati. Ma, mah! Lo ha fatto il tuo medico, senza che i malati se ne siano accorti, ma poi li hai portati qui affinché il tuo nome venga di nuovo onorato davanti al mondo. Usuri persino con l’alto Dono!

10. Non vediamo la cassa che cela l’ultimo avere per l’imposizione delle mani sui poveri. Ma non ti vergogni? I malati non hanno nessuna forza per guarire. È malato Dio? Solo il Santo rende di nuovo lieti tutti gli infermi. Solo ai lebbrosi…”, Giobbe viene colpito da uno sguardo sbieco, “…Egli lascia i loro tormenti. La lebbra è il prezzo del peccato!”

11. “La consolazione è un unguento caro; se lo dovessi pagare a DIO, la mia anima diventerebbe povera. La moglie di Aronne fu di nuovo purificata (Num. 12, 15) e…”.

– “Fermo! Questo è diverso. Se Miriam avesse dovuto portare per sette giorni la lebbra, si dovrebbe accusare Mosè davanti al Signore”.

– “Giusto!”

– “E lei portò la punizione più a lungo che voi la vostra pece. Non vi ho lasciato diventare la derisione, anche se lo avrebbe meritato la vostra cattiveria”.

12. “Purificare noi era tuo obbligo; ci hai fatto cadere nella fossa della cenere”.

Giobbe sospira: “Non si accorceranno mai le lunghe orecchie degli asini…”.

– “Schernisci pure”, sibila selvaggiamente Bidlad. “Ti dico dalla bocca di Dio: ‘Morirai con grave lebbra’, poiché poni la mano putrefatta allo scherno di uomini che la bontà di Dio fa guarire attraverso il medico. Giaci là come un serpente che si punge alla mattina e muore soltanto alla sera. Ora faccio come Eliphas. D’ora in poi, zitto; non sei degno di sentire una buona parola”.

– “Anch’io taccio”, lo imita Zophar. “Possano crescere a lungo le nostre orecchie d’asino, per questo, più a lungo su di te la punizione di Dio!”. Per un po’ c’è silenzio.

13. Giobbe raccoglie tutta la forza che gli rimane dalla lunga lotta. Deve ancora ragionare con loro? O Dio, il Signore, è buono! Egli ha sempre pronta una Mano per portare degli smarriti sulla retta via. “Bildad”, dice così tranquillo, che l’amico si spaventa, “vi ringrazio se volete davvero tacere. E la cosa migliore sarebbe se andaste a casa, poiché uomini muti, che potrebbero comunque parlare, sono semplicemente insopportabili. Non vorrei mai avere a che fare con voi, come avete fatto voi con me.

14. Mi assisteresti? Daresti un buon consiglio senza avere nessuna sapienza? Accusare me che avrei imposto le mani solo per spettacolo, è enorme; questo lo dovrai ben pagare! Non ribattere, non te lo concedo. Ma questo pungiglione da scorpione, spinto nella mia anima, ti punga nel tuo proprio cuore! Potrò darti delle conferme se potrò davvero guarire”.

15. Giobbe prega: “”Mi rivolgo a Te, Signore, Mia Fortezza e Confidenza. Possa la mia vita servire a Te, quale onore, la mia sofferenza come preludio per ciò che TU stesso porterai sulla Terra: Pazienza e il Calice-Amore, e Croce!”. In lungo discorso egli indica il perché deve soffrire. Loda il Dominio di Dio e anche che la Sua Sapienza non si lascia investigare, bensì viene data a coloro che sono rimasti davanti al Signore in umiltà e riverenza.

16. La sua felicità, distrutta senza colpa, è il primo lamento che porta per se stesso. Del peso e della sofferenza così pesanti, ricadrà molto sugli uomini. Giobbe li guarda se volessero riconoscere la giustificazione del suo cammino impunibile. Loro non ne sono toccati, perché la loro speranza è di prendere presto la posizione di Giobbe, diventata incerta per loro, da quando il forestiero è entrato nella camera.

*

17. A sera vanno nella grande casa di Giobbe. “Abbiamo sentito belle favole”. Bildad guarda di sbiego un pesante anello alla mano di Zophar. Peccato che non è stato abbastanza svelto.

– “Lascialo!”, risponde costui con scherno vedendo l’invidia d Bildad. “Non parlo più contro di lui”. In segreto pensa all’ospite, nel quale ha creduto di vedere un principe persiano. Questa gente è molto abile con il mondo, non raramente in modo faraonico. Se Giobbe dovesse appoggiarsi a lui, sarebbe bene mettere fuori il vecchio amico.

18. Eliphas sospira: “Inutile rimanere più a lungo”.

– “Vorrei ragionare anch’io con Giobbe”, dice Elihu, “e voi sareste i miei testimoni; oppure quando muore, che nessuno mi possa chiamare assassino”.

– “Ah, tu, giovane uomo?”, chiede sminuendo Eliphas. “Ciò che non riesce a noi vecchi, non l’otterrà un verdino”.

Elihu schernisce stizzito: “Una scommessa, se alberi verdi portino frutti? I vecchi si seccano, i giovani spuntano in alto.

19. Nella scuola di Giobbe non s’impara più a scrivere o a leggere”, si vanta orgoglioso. “So di commercio e mestiere, di popoli e come si possono dimenticare velocemente delle cose. Un egiziano sapeva molto. Vi stupirete di ciò che proviene dal legno verde” (Gb 32,6).

20. “Lasciamogli il suo divertimento”, dice Zophar. “Forse fa bene a Giobbe, quando il giovane gliela fa nella sua barba grigia”.

– “Per me va bene”, ammette malvolentieri il vecchio. “Ma ancora un solo giorno”.

– “Vuoi evitare il forestiero?”, istiga Elihu.

– “Non essere insolente, giovanotto, altrimenti te le do!”

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Cap. 20

Un ultima notte triste – Il buon cambiamento del dottore

Prima arringa di Elihu, il legno verde

Ra-Tana si rinnova – 2° arringa

 

1. “O Signore, mi hanno strappato dal corpo il telo lombare, a fatica copro la vergogna davanti al Tuo Volto. Ho comunque guarito i malati con la Tua forza. Oppure il medico ha mandato i sani, che ai miei occhi sembravano malati? È possibile che abbiano fatto un cattivo gioco?”, ansima Giobbe timorosamente. “Ah, …non avrei più nessuna fiducia, non in Te, o Signore, men che meno in me!

2. La mia nave è senza timone, e i remi sono spezzati; inerme, il mio spirito fluttua sulle onde; delle nuvole da temporale mi tolgono la vista. Se fanno del male, allora con la Tua Grazia posso sopportare la prova. Ma se è anche un Tuo fulmine, incomprensibile, alto Creatore, allora sono punito! Signore, sollevami, …oppure precipitami! Solo, non lasciarmi tastare nel buio, incerto, come sono davanti ai Tuoi occhi”.

3. Dall’abisso spezzato, dalla propria pena giunge il grido. Giobbe si esamina fino al taglio del coltello. Egli cerca là dove ‘il Pietoso’ non troverebbe niente. “Ho spogliato il mio ultimo membro davanti a Te”, esclama lui, “e non mi senti? Oh, è peccato contro di Te, ma mi duole il corpo, e il cuore cessa di battere”.

– E’ la notte più spiacevole che ha da lottare. Le sue labbra diventano blu. Nella febbre ghignano delle facciacce nere, dei becchi di avvoltoi infieriscono su di lui. Il grigio piange.

4. Ismaha si spaventa a morte quando entra presto nella camera. Chiama i servi e il medico. Persino la moglie di Giobbe arriva, perché vedeva con rabbia gli uomini adornati con i gioielli. Lei piange. Simons vede arrivare gli uomini. Un leggero colpetto; sbarra con Samulis e Priguhas la porta. Il grigio vi si spinge in mezzo con Trokk, e digrigna arrabbiato agli uomini.

5. Una dura lotta, prima che Giobbe si riprenda. “Il cuore ha resistito”, sospira lieto ed onesto il medico. “Ora ha bisogno di buon cibo e, …soprattutto nessuna agitazione”. Si pente del suo precedente comportamento, lava ed unge le piaghe e fa del duro giaciglio un ordinato letto da malato.

6. “Ce la farà?”, chiede la moglie di Giobbe. “Lo spero, Ra-Tana, ma ha bisogno di cure”.

– “Lo farà Ismaha”, dice velocemente Ra-Tana. “Lei non deve andare nei campi”. Stupiti, la gente lo percepisce. È avvenuto un miracolo dal Dio di Giobbe. Ora vogliono servire fedelmente la padrona, finché Giobbe non sarà guarito.

7. “Lasciateci entrare”, litigano i quattro uomini. “No!”, è la dura risposta. Ma Giobbe li chiama.

– “Io rimango”, dice il medico. Grata, Ra-Tana gli stringe la mano. Quanto vorrebbe fare ora! Accarezza Giobbe senza timore. Gli uomini si siedono con aria importante sulla panca. Elihu struscia avanti e indietro. Vuole affilare la sua lingua prima che Giobbe muoia. Sono così ciechi, che non vedono cosa dipenderà da ciò per loro stessi, un’ora più tardi.

8. Giobbe si risveglia rinforzato. La febbre è cessata. Nel sogno camminava al fianco di un uomo: “DIO sulla Terra! Colui che Isaia chiamava SALVATORE (Isaia 43,3 e 11) aveva una grande somiglianza con il suo amico sconosciuto. Quanto si sente lieto. Per questo, lo colpisce ancor più duramente la richiesta di Elihu. Il dottore è uscito per andare a prendere l’olio, e gli altri sono andati al loro lavoro. Ecco che il giovane comincia:

9. “Giobbe, a scuola ho imparato cose che molta gente anziana ancora non conosce”. Imita la voce dell’insegnante egiziano.

– “Giusto”, risponde rilassato esteriormente Giobbe, “ se però è della mia scuola, si dimostrerà quando avrai finito di parlare. Il tuo solo inizio non mi indica nessuna buona fine”.

10. “Buon per te”, schernisce il legno verde. “Ritieni la tua vita così irreprensibile?”, e rivolgendosi ai vecchi: “Vi ho lasciato parlare volentieri, ma non avevate nessun cervello. Avete solo litigato su ciò che il Signore rigetta. Voi dite: ‘Abbiamo incontrato la Sapienza, Dio stesso dovrà giudicarlo’. – Dato che finora non è successo, siete scoraggiati. Ah, quanto è ben accovacciato sul suo letto!”, Elihu indica il giaciglio pulito. Delle erbe diffondono un buon profumo.

11. “Giobbe pensava che fossi senza paura. Davanti a me dovete stare ancora fermi! Non litigo, ma parlo ciò che fermenta come vino giovane in otri occlusi”. Malgrado il vanto, rimane fermo nella vecchia cornice. Sì, …stizzito, getta tutto davanti ai piedi del suo fedele donatore: sofferenza e disagio.

12. “Ero lieto quando mi amavi come i tuoi figli, che da tempo li ha divorati il diavolo”. Elihu ghigna stupidamente. “Naturalmente hai perduto anche me, perché ci si vergogna essere chiamato come ‘tuo figlio’. La sapienza è solo nella bocca vecchia?”. Gli uomini si stupiscono di questo discorso, come se leggesse da una tavoletta.

– Il dolore punge appena Giobbe, che pensa: ‘L’ho preso dalla strada e gli ho preparato una buona vita’. Si rallegra solamente che la sua scuola gli fu utile. Purtroppo – Elihu preferisce essere un allievo maleducato. Il giovane continua a tumultuare.

13. “Se sei ricaduto, salverai te stesso? Se venisse un angelo e tu lo riconoscessi, direbbe Dio all’angelo: ‘Salvalo, cosicché non cada ancora più in basso’; poiché ho trovato un’eterna salvezza per tutti coloro che sono perduti!’.

– Come Giobbe vuole interrompere l’ardente zelo, lui grida ad alta voce: “Ascoltami, voglio condurti alla sapienza!”

14. Proprio ora entra Ismaha. Soffiando, posa la sua scodella da pranzo. “Insolente becco verde con i gusci d’uovo dietro l’orecchio, vuoi insegnare la sapienza al nostro padre Giobbe? Tu …“, trema d’ira.

Giobbe afferra la sua mano. “Sta tranquilla, ragazza; il giovane vuole intessere il suo filo. Ho pazienza coi verdi che esagerano con fervore, e con i secchi che dimenticano la loro parola nella bocca. Entrambi non sarebbero necessari se si mettesse buon senso su un seggio da giudice”.

15. “No”, interviene la serva, “e il medico non lo tollererà”.

– “Che cosa non devo tollerare?”. Il nominato entra.

– “L’insolente si fa largo”, s’infuria Ismaha. “Fuori! È presto!”.

– “Ce ne andiamo”, dice stizzito Eliphas. “È anche ora di pranzo. Tu però non hai nulla da dire? Tu stessa hai ferito gravemente Giobbe”. – Il medico tace colpito.

16. “Quel che è passato”, interviene Giobbe, “è perdonato, quando ci si pente. Solo chi si affila vanitoso alla lingua è da sopportare necessariamente. Il verde vuole maturare, perciò a Elihu rimane la parola, finché la minestra è mangiata”.

17. Gli uomini se ne vanno. Ra-Tana ha chiuso la porta. Di malumore, i quattro si rivolgono al vicino oste, l’amico di Giobbe. Quei ‘gonfiati’ gli arrivano proprio a pelo. Samulis lo informa di tutto.

18. La figlia dell’oste serve[23]. Si lasciano servire del migliore dei vini, e quando l’oste vuole incassare, Bildad dice sdegnoso: “Lo paga il principe”.

– “Se lo facesse, sarebbe l’asino più stupido in tutto il circondario! Pagate, altrimenti interesso il giudice superiore che è sceso proprio da me!”. Costui stima Giobbe molto in alto; sarebbe grave se magari… Soprattutto se l’oste occhieggia continuamente i gioielli del principe, certamente a lui non sconosciuti.

19. “Non litighiamo”, dice velocemente Zophar per potersene andare. “Giobbe ce li restituisce”.

– Avverte con gli occhi Eliphas che vorrebbe ribellarsi. “Vogliamo ancora inimicarci il giudice superiore?”, brontola quando si coricano all’ombra dei platani. “Uno deve parlare con Giobbe, affinché abbiamo vitto e alloggio”.

20. Eliphas risponde: “Ho giurato di tacere”.

– “Anch’io”, dice veemente Zophar, “tanto, hai sempre la prima parola”.

– “Non dipende da questo”.

– “Parla tu con lui, Bildad”.

– “No”, sbadiglia costui, “ho fatto lo stesso giuramento”.

– “Lo faccio volentieri io”, s’infervorisce Elihu, “così posso continuare il mio discorso”.

21. Vanno da Giobbe che sta conversando con il medico. Da costui, Elihu si sente limitato, ma presto la sua lingua scorre come il filo sul rocchetto. Lui chiama il lamento di Giobbe ‘lo schernito da Dio’, si da’ delle arie, parla di retribuzione che ognuno riceverebbe dopo il suo intraprendere, perché l’Onnipotente non condannerebbe mai senza ragione. Loda la Magnificenza di Dio, Allora il medico dice:

22. “Se ne sapessi qualcosa, potresti essere benedetto, ma dato che vuoi offendere, la tua chiacchiera è scherno e derisione. Che cosa dovrebbe rispondere Dio?”.

– “Questa sia la mia preoccupazione”, s’arrabbia Elihu. “Non ti curare di te! È fine interrompere la parola? Persino Giobbe tace; la mia sapienza gli chiude la sua bocca”.

– “Ben colpito”, dice Giobbe quasi divertito, “il tuo monte di sapienza è irraggiungibile”.

Il vanitoso crede di essere stato inteso seriamente. “Sì”, dice come un docente del tempio, “questa altura ricade su coloro che devono andare all’inferno”.

*

23. Si fa sera, quando la sua voce diventa rauca. “Oh, che sia tentato fino alla fine”, s’infervorisce, perché stai con gente ingiusta come lo è quel persiano. Deridi noi; ma i tuoi discorsi vanno contro Dio.

24. Giobbe, non chiudere la tua casa come hai ordinato, che siamo dovuti andare dall’oste. Non getta una buona luce su di te quando degli amici fedeli fanno a lungo cordoglio con te, e tu non dai loro nessun cibo”.

– Giobbe chiede ad Ismaha di portare la cena, se di là non ci fosse stato nessuno. “Non lo so, la padrona è tornata tardi a casa”.

– “Dì alla mia buona moglie, di dare cibo e giaciglio; e voglio avere ancora una buona ora con Ra-Tana”. –

25. Arriva l’ora. Ra-Tana chiede perdono sotto le lacrime. Quanto ringrazia l’ammalato, ora, quell’anima che gli stava amaramente a cuore.

– “Ra-Tana, Dio non considera ciò che è passato; lascia attendere la Luce, mano nella mano, finché verrà di nuovo a noi”.

– “A te”, sussurra lei, non a me”.

– “Mai! Vedi, sapevo che la vita della giudea, la figlia principesca di Babilonia, quella della ricca casa con l’esercito degli schiavi e le fortezze idolatre di tuo padre, ti avrebbero inquietati. Perciò ho avuto pazienza”.

26. “Lo ha voluto mio padre; ed io tacqui nell’ira, perché la donna ha così poca volontà. Tu eri diverso; ma la mia schiavitù mi ha reso furiosa contro di te”.

– “Ra-Tana, lascia cadere la tenda; prendiamo la nuova via nella Luce. Ora ci unisce l’Amore di Dio e ci scambieremo i nostri doni”.

– “Quanto sei buono”, si appoggia a lui. “Nessuno ha aperto così le braccia, quando ero perfida”.

27. “Non lo eri”, risponde il nobile. “Ricordo come sei cresciuta. – Camminiamo ancora su questo mondo, ma i nostri cuori siano nel Regno di Dio”. Ecco che si spinge in alto il grigio. “Sì grigio, anche tu ne fai parte, e ora non devi lasciare la gonna della padrona”. Il cane comprende. Lui veglierà presso Ra-Tana e il nero Trokk si corica al giaciglio di Giobbe.

*

28. Il mattino porta gli uomini. Giobbe domanda: “Bè, Elihu, quanto spesso è oggi il tuo rocchetto?”.

– “Ridicolo parlare così!” Elihu diventa rosso.

– “Come mai? Tu mi volevi insegnare la sapienza”.

– “Con me sbagli”, dice insolente il giovane. “Fare il rocchetto è per donne stupide; per gli uomini vanno bene i discorsi intelligenti ed il potere”.

– “Non dimenticare il lavoro”, ammonisce Giobbe paternamente. “E se le donne non girassero il rocchetto, saremmo nudi come Adamo”.

29. I vecchi tossicchiano. “Puah!”, esclama Elihu. “Così malato, e pensi a tali cose? È un pessimo pantano! Vuoi coprire la cattiva voglia, dicendo: ‘L’uomo è peccatore, se più, se meno, è uguale!’? Se veniamo condannati così, già per via di un ora, allora, se fossimo salvati, Dio perdonerà di più?”.

– Il secondo diventa un cattivo eco.

– Accarezzando l’abito fino e tintinnando con gli anelli d’argento presi dal tesoro di Giobbe, Elihu litiga: “Dio non sente il vanitoso, e tu non Lo vedi, eccetto…”, fa un intervallo forzato, “…nel tribunale. Per te, Dio non ti perdonerà a lungo; più veloce che un fulmine cadrà giù la Sua fiamma.

30. Giobbe ha solo aperto la bocca da irragionevole. Non vogliategliene”, si rivolge ai vecchi, “siate gentili fino alla sua morte”.

– Il sasso colpisce bene, Giobbe preme la mano sul cuore. ‘Cattivi? Ah, no; solo inesperti’. Signore, Tu non condanni degli immaturi solo perché se ne possa morire. Lo voglio fare da me. Oppure, …è il Tuo pensiero, me lo hai dato ora, ed io lo ricorderò: ‘Sì, voglio adagiare il frutto acerbo nelle Tue mani, finché maturi nel Tuo Sole di Grazia’.

31. Nessuno sospetta quanto matura è diventata l’anima di Giobbe, che possa frequentare con il Signore da Pensiero a pensiero. Gli uomini non si muovono più; Trokk pretende ancora più rispetto che il grigio. Giobbe lo ha legato leggermente, affinché non possa saltare subito. Ora si è addormentato.

32. Zophar si alza con prudenza.

– All’esterno, Elihu si dichiara offeso perché il suo discorso è rimasto inosservato: “Domani parlo per l’ultima volta. Poi me ne vado via”.

– “Dove?”, chiede Eliphas. “Alla tua età sei soltanto un servo. Bada che trovi di nuovo accoglienza da Giobbe, se …”.

– “…non muore nel frattempo?”

33. “Non più!”, risponde arrabbiato Bildad. “Nel gioco c’è il persiano; lui ha portato della medicina. Ieri era sul filo del coltello. Ma il cuore di Giobbe ha pareggiato i succhi. Le nostre pelli se ne vanno”. Triste, guarda in lontananza. Sì – è triste per gli amici. Ciò che si credeva in tasca, rimane accovacciato come un’aquila nel suo nido. Se Giobbe guarisce, l’amicizia è giocata,

 

[indice]

 

[Gb. cap. 36-38]

Cap. 21

L’inesauribile pazienza

Temporale terreno e celeste

Il Padre nella capanna

Eliphas, … ‘ed uscì e pianse amaramente’

 

1.     Si vive per giorni a spese di Giobbe. Ra-Tana dice a Ismaha: “Che cosa vogliono qui questi mangioni? Come si possono scacciare?”

– “Con i cani; allora le loro gambe volerebbero”.

– “E le cose care, insieme ai gioielli!”.

– “Cambierà”, mormora Ismaha. “Di notte ho visto camminare intorno alla capanna il forestiero. Non è entrato. Da lui procedevano delle fiamme che si chiudevano intorno alla capanna del malato”.

2. Ra-Tana rabbrividisce. Guarda nella giovane luce che irradia sulla catena di colline. La sua bellezza babilonese, finora nascosta dal volto raggrinzito, si fa vedere con forza. Ora Ismaha sta bene, la padrona fa di lei la confidente delle sue preoccupazioni.

3. Vede gli uomini che mangiano dei frutti. “Appena alzati dalla prima colazione, rubano già di nuovo la frutta”.

– “E se ne vanno dal malato con le guance piene”, s’arrabbia la serva.

– “C’è il medico dal padrone?”, chiede Ra-Tana. “Se soltanto potesse aiutarlo”.

– “Padrona, lo fa Dio! Egli può di certo aiutare attraverso il medico, se deve avere il dono. Ma per Giobbe lo fa Dio; io lo credo fermamente”.

4. Giobbe dorme. I quattro irrompono senza riguardo. Trokk abbaia forte.

– “Qui ci sono soltanto bestie”, brontola Eliphas.

– “Intendi anche me?”, chiede Giobbe.

– Il vecchio tace. Elihu aggancia subito: “La nostra pazienza è esaurita”. Lui sperava che oggi Giobbe desse la risposta. Invece costui pensa: ‘Che il giovane spinga il suo mulino chiacchierone’. Nel sogno, non ha Dio edificato intorno alla sua capanna un recinto? Non sospetta che Ismaha Lo ha visto vegliando.

5.     Elihu s’infervorisce: “Se rimani muto, allora il Signore parla attraverso di me”.

– Bildad chiede: “Egli ha parlato con te?”.

– “Sì”, risponde orgoglioso il giovane, “nel sogno mi è giunta la Sua voce come un Comandamento”. Dandosi delle arie comincia: “Voglio prendere il mio sapere da lontano, e il mio intelletto dev’essere senza macchia. Dio dice che Egli non aiuta quelli che sono senza Dio, ma solo coloro che nell’afflizione credono in Lui. Se Giobbe si fosse chinato profondamente nella fede, sarebbe da tempo sollevato, puro nel cuore ed anche puro nel corpo”.

6. Lo accusa della sua ricchezza, i sacrifici sarebbero scherno, se ne sarebbe vantato. Cammina su e giù con aria importante: “Distogliti dall’ingiustizia nella quale hai cominciato prima della indigenza, quando i tuoi figli cattivi erano vivi. Dio è troppo alto nella Sua Forza. Vuoi esserGli un insegnante?”. Ciò che Elihu continua a dire, sarebbe senza macchia, se non si elevasse, invece di precipitare Giobbe nell’abisso.

7. Il medico, entrato nel frattempo, ferma il verde. “Sai quello che fai?”.

– “Precisamente”, risponde Elihu, sono qui su incarico di Dio!”.

– “Bell’incarico”, schernisce il medico. “Vorrei volentieri chiedere a Dio perché ha scelto te, che fai della verità, menzogna”.

– “Lascia andare”, strepita Elihu, “non ho ancora finito. Con te, la stupidità fa scappare l’intelletto!”

8. Un colpo di tuono fa tremare la Terra. I vecchi si precipitano alla porta. “Un temporale!”.

– “Tutto questo, per uno?”

– “Nella casa di pietra! La capanna non lo sopporterà!”, piagnucola Eliphas.

– “La cuccia da cani …è perduta!”

– “Naufragherà!”, Bildad è disperato.

– “Giudizio! Sta arrivando la fine!”, Zophar agita spaventato la sua barba. Solo Elihu, ancora furioso dal suo discorso, attacca Giobbe:

9. “Vedi le fiamme, accese dalla tua cattiveria? Senti il discorso irato di Dio?”. Stando presso la finestra, lui loda la magnificenza di Dio. Ma rimbalza indietro. Un getto di fuoco divampa giù.

– Arrivano i servi correndo: “Un tal temporale non lo abbiamo mai visto, speriamo che il tetto tenga”.

– Ecco che Giobbe si alza. “Non temete!”, tranquillizza anche il cane. “Sul nostro tetto c’è il Tetto di Dio! Simons, corri dalle donne, affinché non temano”. Il servo corre via, per il suo principe correrebbe anche attraverso il fuoco.

10. Elihu comincia di nuovo: “Fa attenzione”, dice come un maestro, “ed ascolta la Parola di Dio. Come irrompono le nuvole insieme alle fiamme di fuoco, così irrompe la Sua Grazia. I tuoi vestiti erano caldi, finché la sofferenza non volava su di te come una tempesta (Gb. 37,17). Sì”, schernisce, “il Cielo è indurito come uno specchio (Gb. 37,22). Insegnaci ciò che sarebbe da dire, affinché il Suo firmamento si calmi di nuovo! Puoi ora vedere il Sole? Oppure attendi l’oro dalla mezzanotte? Cerca l’Onnipotente, se Egli non si fa trovare! Chi fa del male, manca la via”.

11. “Se non avessimo promesso nulla saldamente” digrigna con i denti bianchi Priguhas, “legherei il malvagio con gioia al palo del pascolo, e poi dovrebbe grandinare ancora un’ora intera”.

– “Questo sarebbe un vero divertimento”, conferma Samulis. “Credo che a Dio starebbe proprio bene”.

12. Il temporale aumenta ancora. Persino i servi coraggiosi si sentono a disagio. Samulis controlla il tetto. E’ un miracolo see tiene. I vecchi guardano con paura al Cielo, scuro come la notte, che i fulmini aprono come crateri di lava. Il medico è il più calmo, Giobbe congiunge in silenzio le mani.

13. “Signore”, prega, “vuoi arrabbiarTi con me? Allora rovina me; ma salva gli innocenti. Elihu, ha ricevuto la Tua parola perché è giunto il Tuo Tempo come egli ha annunciato? Sgridami, affinché possa ammettere la mia colpa e trovare il tuo perdono. Aiuta gli uomini senza tetto e le povere creature. Non distruggere per colpa mia ciò che le Tue mani hanno creato magnificamente. … Oh, Creatore, fermati”, esclama all’improvviso. “Lascia venire su di noi la Tua Grazia!”

14. All’istante si fa silenzio, nell’est si aprono di colpo le nuvole del temporale. Prima che qualcuno ritrovi la lingua, entra il forestiero. Più spaventati da lui, che della tempesta, i quattro uomini fissano ‘il loro persiano’. Ad ognuno dà nell’occhio che è completamente asciutto. I suoi occhi profondi Lo svelano in una Luce insospettata. Gli uomini vorrebbero fuggire. L’Alto indica la panca. Tremando, si siedono. I servi, di animo semplice, retrocedono rispettosamente. Anche il medico si mette accanto a Samulis.

15. E Giobbe? Il forestiero gli è diventato amico; l’amico, arrivato ora, gli è estraneo, oppure …? Non lo ha guardato bene? L’ospite è cambiato? Perché … ? Per chi … ? Ecco …un Raggio chiaro: Così era COLUI che passava su questa Terra, e poi come ‘Dio di Luce’ intorno alla sua capanna. Sentendo all’improvviso la verità, Giobbe si getta giù senza badare ai suoi dolori.

16. Viene adagiato, sia dal grande Medico, che dal piccolo. Il piccolo è saltato vicino, quando l’Alto si è chinato. Il malato si lamenta. Ciò che fa combattere l’anima, ma che fa galoppare il cuore, toglie il fiato. “Giobbe, rimani coricato. Prima devo parlare con gli altri!”, suona in modo santo. Il dottore china il capo: ‘Ora tocca a me. Ah, davanti a una resa dei conti, non ci si dovrebbe nascondere vilmente’.

17. Ma l’Alto gli fa cenno in modo buono, anche ai servi. “Retribuisco a coloro che fanno del bene al Mio amico”. I quattro drizzano le orecchie. Quindi un uomo? È tempo di appoggiarsi di nuovo a Giobbe. Un secondo sguardo di fuoco. Si cerca invano una copertura. L’Alto si rivolge a metà verso Elihu, a metà verso Giobbe, domandando severamente:

18. “Chi è il verde che, insensatamente, vuol rendere oscuro il Consiglio di Dio?”.

– “E’mio figlio”, dice Giobbe.

“Pensi che i tuoi figli siano morti?”

       Giobbe è incerto: ‘Chi è veramente l’Alto? È stato ingannato dalla sua sensazione?’. “Ho preso con Me Elihu”.

“Rimane tuo figlio?”

– “Sì”, esclama subito Giobbe nella speranza di aiutare il mucchietto di cenere che è appoggiato nell’angolo, bianco come la calce. “Non è stato bravo; non gli spetta nemmeno una casa paterna!”.

19. Elihu si rannicchia completamente, mentre Giobbe afferra la cintura dell’Ospite: “O caro Signore, si percorre qualche via storta. Questo ragazzo deve soffrire per via dei miei errori? Ora diventerà buono, in modo che Dio abbia in lui il Suo piacere”.

20. “Bene, faccio i conti con lui; gli altri trascinino da se stessi i loro pesi fino al luogo di Grazia”.

Il giovanotto osa venire avanti: “Se devo soffrire come i figli di Giobbe, preferisco …”, vorrebbe dire, nella sua stupidità, ‘rinunciare’.

– L’Alto lo tocca: “Scuotere te, affinché sul legno verde maturino dei frutti, sarebbe una perdita di tempo. Diventa uomo, prima di parlare agli uomini! E il rocchetto delle donne davanti a Dio vale lo stesso come il setaccio dell’uomo. Il Creatore non sente le tue vuote labbra!”

21. Voglia essere l’Alto chi vuole, s’incaparbisce Elihu, non si lascerà sgridare come un ragazzo. “Ho elogiato la Magnificenza di Dio e …”.

“…condannato Giobbe, che mi ha fatto del bene. Ripetilo!”, termina l’Alto mentre Elihu cerca di difendersi disperatamente. Ma nemmeno la preghiera di Giobbe serve, affinché l’Alto voglia condonare il ‘figlio’. – “Giobbe, vuoi dire al tuo Creatore, come Egli debba fare i conti?”

– Silenzio imbarazzato. ‘Il Creatore?’. EGLI nella Sua immensa Maestà, è venuto…, allora… Elihu ripete sommessamente… (quanto detto prima).

22. “Non è proprio venuto dal cuore; ma sei stato sedotto”. Uno sguardo cade sugli uomini. “Il tuo elogio per Dio era vana follia. Oppure devo chiedere Io, se Egli ti ha parlato? C’eri tu quando Egli ha fondato la Terra? Conosci la lontananza che nessun occhio vede? Hai sentito lodare le stelle mattutine, giubilare i figli di Dio nel Santuario, con cui hai offeso Giobbe? Lo si è accusato se volesse contare le gocce del mare. Le avete contate voi”

23. La domanda è rivolta ai vecchi che sono accovacciati sulla panca come uccelli senza piume. “Annotatevelo: Per voi vale ciò che il Creatore ha detto agli elementi:

‘Fin qui dovete venire, e non oltre!

Qui si deve deporre il vostro fiero flutto!’

24. Giobbe! Hai già visto un’aurora, che non è di questa Terra? In umiltà hai detto ‘No’, anche se sei diventato il portatore del tuo giorno della quinta Aurora (vedi “Eternità-Ur in Spazio e Tempo”, 5° Giorno della Creazione). Sei stato condannato? Sei precipitato nel loro abisso? Si è aperta per te la porta della morte, dato che non si poteva attendere abbastanza presto la tua morte?”. – I vecchi diventano sempre più piccoli. Come fa il forestiero a sapere ogni parola che hanno pronunciato insieme, in segreto?

25. L’Alto li guarda con sguardo punitivo: “Giobbe non dovrebbe sapere dov’è la Casa della Luce? Egli ha trovato la via verso l’oscurità, per portare giù ‘Luce’. Avete visto la neve formarsi? I luoghi che mandano la grandine? Conoscete il Tempo di Dio? Il sentiero, dove si dividono i Raggi oppure dove soffia il vento dell’est? La natura nell’origine vi è estranea, per tacere del tutto della Magnificenza dello Spirito!”, indicando Eliphas:

26. “Leghi tu il Santuario delle ‘sette stelle’? (Ap. 1,20) Sciogli tu il legame di Orione? Nominami una Costellazione e com’è sorta!”

– Eliphas spalanca spaventato i suoi occhi. Le stelle? Di notte splendono per il buon camino, altrimenti? Severamente, l’Alto interrogante afferra Bildad, che già in anticipo non osa quasi a pensare dal tremore, per non parlare se sia capace di far fluire una risposta.

27. “Tu che hai fatto molto male al Mio amico, voglio ora interrogarti circa i miracoli di questa Terra”. Egli nomina molti animali e indaga la specie di ognuno (Gb. Cap.38). Non si nota la Bontà nelle parole; persino Giobbe teme. I vecchi gli fanno pena. Dimentica le coppe di cenere, vede solo il loro spavento e la loro povera paura. Ancora una volta, interrompe. Ha mancato molto, e sovente ha risposto ingiustamente. Era il suo diritto il delicato sarcasmo come scudo?

28. Certamente! Se venisse il Creatore, glielo chiederebbe: “Signore, ascoltami”.

– L’Alto si volta: “Che cos’hai da dirMi”.

– “Ho provocato io gli amici; è colpa mia. Perciò sii soltanto caro e pietoso, e non li toccare. In futuro voglio badare loro come il mio Signore lo vorrà. Carica su di me il Leviatan; e non voglio mai più parlare senza lo Spirito di Dio”.

29. “Devo chiedere e tu Mi insegni?”.

– “Signore, non così!”, trema Giobbe. “guarda il mio cuore, se è puro davanti ai Tuoi occhi!”.

– L’Alto accarezza il volto segnato dalla sofferenza: “Può la Pazienza cambiare un giudizio che spetta alla Giustizia? Se cadi in braccio alla Volontà, come il Creatore a custodire le Sue opere? Esse non appartengono alla tua Casa (5° sfera della Pazienza).

30. Non posso brillare con le Mie fiaccole come voglio? Anche con la fiaccola della Pazienza? Non è stato dall’uno un inveire, dall’altro colmo d’ira, e il terzo, non ti ha fatto gustare la sua arroganza? Tu potevi scacciarli dal tuo Spirito. DIO era la tua mano destra! Ma tu hai pregato, affinché la Luce volesse di nuovo inondarli. Se ora accetti il Leviatan, allora carico in più il Behemoth”.

31. Giobbe pensa, che il Behemoth fosse un animale del Nilo (l’ippopotamo), il Leviatan un animale mitico.

“Giusto”, conferma l’Alto. “Tu hai raccolto il peso della Terra nel Cielo; il peso dello Spirito nel mondo”. Egli domanda ai vecchi: “Se lo potete spiegare, allora siete liberi; se no, allora devo continuare a parlare con voi”. Gli interrogati tacciono; nessuno conosce questo senso.

32. Un sorriso fine: “Se tanto, voi avete istruito Giobbe, come dovrebbe fare per camminare giustamente, allora uno deve poter parlare?”. – No! Nei loro cervelli giace paglia vuota.

– “Signore”, il dottore tocca umilmente l’abito, “permetti che dica qualcosa?”.

“Sì; con Me può parlare ognuno il cui cuore è colmo d’amore e comprensione”.

33. “Mi manca questo: …”. Il medico retrocede.

“Rimani”, lo trattiene l’Alto. “Tu lo comprendi quando stai al fianco dell’Altissimo”.

– “…Signore, Signore”, dice il medico, mi è come se stessi davanti a Dio! Non ho mai sentito parlare come Te, e conosco estranei ovunque. Forse Lo sei Tu, e sei solo rivestito di uno spesso mantello, perché noi, …specialmente io, non meritiamo, e non sopporteremmo nemmeno di alzare gli occhi a Te.

34. Dunque, dev’essere esistito il Leviatan prima della prima parte della Terra (la parte della Terra sprofondata che riguarda le eruzioni globali preadamitiche, secondo Platone “La fine di Atlantide”). Uomini portati dallo Spirito lo dominavano. Solo attraverso Adamo siamo legati al peccato. Forse c’è del più alto, in gioco? Il Behemoth divorava l’erba. Questo si riferisce alle cose terrene, ciò che noi uomini facciamo inutilmente. Solo Dio guarda con Grazia sul terreno che deve servire al Suo alto Scopo.

35. Il Leviatan riguarderà la lotta tra Luce e tenebra. Signore, tremavo dentro di di me quando Tu dicevi che Giobbe avrebbe colto nel Cielo il terreno, e qui il peso dello Spirito. Da ciò ho riconosciuto che Giobbe è un alto spirito e che in anticipo ha potuto scegliere il peso, che altrimenti avrebbe dovuto portarlo un altro. Ma chi … ? Il Creatore, o quel mostro? Quando Giobbe ha sopportato sofferenza e malattia, con pazienza, egli ha sostenuto la lotta dello spirito contro Lucifero, ma per gli uomini che gli hanno fatto del male. Anche per me…”.

36. “Sii benedetto, perché hai ammesso la tua ingiustizia (cap. 16,50), il tuo spirito può prendere la Luce dallo Spirito dell’Altissimo e ricevere di nuovo da Me il dono di guarire che ti era affluito attraverso Giobbe”.

– “Colpito, il dottore s’inginocchia. “Signore!”, piange. “Sono indegno di giacere dinanzi a Te; ma lasciami toccare il Tuo orlo, affinché sappia che ora giaccio dinanzi al mio Dio!”.

37. Priguhas tocca Samulis perché parli. “Hm, ma, …che cosa?”, egli balbetta: “Signore, anche noi vorremmo essere benedetti, anche se siamo peccatori…”.

“…servite fedelmente il vostro principe. Ciò che è andato storto deve preoccuparvi poco, se d’ora in poi lasciate i vostri pugni nella tasca. – Anche voi”, rivolgendosi a Ra-Tana, a Ismaha e a Simons che erano entrati, “siete benedetti”. Ismaha si rifugia nelle braccia dell’Alto. Tutti sono sorpresi. Dove rimane la riverenza?

38. Il Signore sorride: “Non temete. Non deve sentire il Padre, come un figlio riposa sul Cuore? Se il vostro spirito Mi prega, la vostra anima serve unicamente Me, il vostro cuore Mi ama, Mi donate l’animo, allora siete figli Miei! Anche tu, Ra-Tana, ancora non lo comprendi, ma una volta ritornerai a Casa con gioia. Non pensare indietro, a ciò che sprofonda dietro di te; guarda Me nel Volto”.

39. Ra-Tana singhiozza. Ismaha la tira nel braccio di Dio. Uno, siede profondamente vergognoso: Eliphas! Come dapprima i fulmini divampavano nel buio, così a lui il sapere che ‘mi lascerei divorare dal Leviatan, attirerei il peggiore del male, superbia e arroganza! È vecchio, presto si aprirà la tomba; lui non dovrà mai schierarsi con gli altri intorno al SIGNORE …mai! Allora esce, e piange amaramente (Matt. 26,75).

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Cap. 41-42

Cap. 22

Eliphas è reintegrato, Zophar prima tentenna poi cede

Il dono di guarigione al medico

Bildad non cede

La benedizione è per tutti

 

1.     Elihu striscia verso il giaciglio e piange: “O padre Giobbe, sono indegno d’essere chiamato figlio tuo”.

L’Alto dice: “Elihu, la tua ingiustizia, è più facile riparala da lontano? Presso Giobbe potresti servire con fedeltà, come compiace al Cielo”.

“Ma la mia colpa starebbe sempre davanti a me”, piange il giovane.

2.     Pure dopo tempo, le immagini restano nell’anima. Gli assassini si tolgono invano la vita, per liberarsi dall’immagine dell’omicidio. Nell’aldilà ciò che è fatto rimane finché non è riparato. Chi è di buona volontà viene liberato dalla Grazia”.

Giobbe accarezza Elihu. “Va’ dal Signore, lasciati benedire, e poi sii mio figlio”.

3.     A Simons viene ordinato: “Va a prendere Eliphas; sta piangendo alla fossa ed ha nella mano la sua coppa”. Un Incarico dell’Alto Signore? Ah, se si può essere un po’ orgogliosi? Del tutto modesto… Arrivato lì, tende a prendere la mano dell’anziano: “Vieni, il signore chiede di te!”.

– “Ah, …quale?”, chiede Eliphas confuso. “Non Lo hai riconosciuto?”.

– “Sì”, Eliphas china il capo, “ma…”. – “Hai un ma quando chiama DIO? Mi ha inviato espressamente”. Curvo, l’anziano lo segue.

4.     Quando entra nella camera, si getta a terra: “Signore, aiutami e salvami!”.

“Sei salvato!”, ordina Dio, e indica ad Eliphas di sedersi accanto a Lui. “No, solo al bordo della panca. Accanto a Te …”.

“…c’è spazio per ognuno che sente la Mia voce e fa di conseguenza”.

– “Allora…”, balbetta Eliphas, e guarda di lato, dove all’ombra della parete stanno gli altri due. “Posso pregare per …loro?

5.     L’Alto si rivolge a Zophar: “Eliphas non è stato in grado di interpretare le stelle; Bildad deve ancora una risposta, e rimane anche lontano dalla Grazia”.

– Accovacciato, Zophar risponde sommesso: “Hai mandato a prenderne uno”.

“In effetti! Perché con il cuore spezzato teneva nelle mani la coppa rotta. Chi Mi comanda di fare questo o quello a costui? Giobbe, spiega la loro incomprensione!”.

6. “Lo fai meglio Tu, caro Signore”, dice Giobbe. “Dunque, …la Tua Volontà che Tu hai sacrificato; soltanto, non Ti sei arreso. È la suprema Legge per la conservazione delle Tue Opere. Quando ho chiesto il salario, hai detto: ‘Grandi pesi di sofferenza, fanno scaturire grandi pesi di Grazia! Ci siamo accordati per una moneta, per quando ritorni a Casa dal campo!’. Ma Tu allunghi la moneta, finché raggiunge la quadruplice misura del Tuo cubito. Chi deve? Chi potrebbe sondarla?”

7. “Nel Santuario non ti è nessun mistero”.

– “O Signore, ma ci si domanda: – ‘Che cosa, e come si chiede? Ora ti prego, chiama Zophar come hai chiamato Eliphas”.

“L’ho chiamato molto”, segue in modo severo, “soltanto, …che lui non ascolta. Ora che l’ho interpellato, rimane seduto come un bastone. Nessun angelo rimarrebbe mai seduto alla Mia parola!”

– Zophar si spaventa. Ecco, ora se l’è giocato del tutto; ora può camminare con la sua scheggia, ma non soltanto fino alla fossa di cenere.

8. “Finalmente si fa giorno”, indica l’Alto. “Zophar, se chiamo ancora una volta, compari poi davanti a Me?”. All’istante l’uomo giace davanti ai piedi di Dio e li abbraccia. “O Signore!”.

“Siediti alla Mia sinistra, e vogliamo parlare del Leviatan”.

9. “Lo conosci bene! Voi avevate incontrato colui che chiamavate il diavolo di Giobbe. Gli avete attaccato la cattiva coda. Non lo hai chiamato tu, per litigare con lui? Sei spaventato, non lo si dovrebbe nominare perché allora arriverebbe subito. Anche questo! Ma lui è quasi sempre presente, prima che uno se l’aspetta. Lui sostiene questo con coraggio: ‘Chi mi fa qualcosa prima, che io devo ripagare? Mio è tutto ciò che è sotto il Cielo e tutto il mondo!’. – A questo, Io ora devo dire:

10. Lui è caduto dall’Orbita dell’Ordine di Dio, ha perduto la sua luce e ora erra attraverso le scorie, finché delle mani sacrificali lo costringeranno a fermarsi. Allora potrà essere trasformato e diventare di nuovo ciò che era una volta: un capolavoro, uno splendore in tutta la magnificenza di Dio! Voi dite giustamente che lui avrebbe una grande influenza. Vedete, la massa apparentemente morta si ammassa intorno all’oro, che non è da fondere con le mani, ma soltanto con un forte fuoco. Così è con Satana. Solo il Mio fuoco vitale lo renderà di nuovo libero, tramite cui sarà consumata anche la scoria.

11. Presto sarà il momento che il pezzo più pesante si spezza. Giobbe ha preparato il forno dove egli cadrà nella fusione. Il Mio Sacrificio è la fusione! Satana voleva divorare la fiamma di Giobbe che lui ha portato dal Santuario alla Terra. Ma la Pazienza si è conservata nella Luce, finché quest’ora di Grazia ha potuto strappare la rete.

12. Voi pensate che Giobbe fosse più grande che la prima Stella? No! Ma la capacità di sacrificio lo pone al di sopra del caduto (Lucifero). Il primo era il più grande di tutte le Luci. In un certo senso, perché meravigliosamente concesso dal Creatore, nella cui concessione alla fine si rivelerà la Sua Volontà, Leviatan-Satana ha ancor sempre una gran forza. L’uomo difficilmente resiste; e senza DIO non se ne fa nulla!

13. I suoi intrighi sono come un capannone strettamente assemblato. Chi vi passa attraverso per afferrare questo cuore, duro come la pietra da mulino? Lui divora gli innocenti e i figli, il leone come l’agnello. Per lui, tutto è uguale. Una volta si sollevò orgoglioso, e rimane orgoglioso, finché, pezzo per pezzo, non sarà vinto dalla Luce”.

14. “Signore”, dice il medico, “Tu annunci che il Tuo Sacrificio è ancora da compiersi, attraverso il quale la Stella sarà del tutto trasformata fondendola dal Fuoco di Grazia. Ma non so se Tu sacrificherai Te stesso; se è così, non conosco nessun ‘Come’! Se tutto è Opera delle Tue mani, come può il primogenito muoversi come vuole? Si dovrebbe poterlo tenere in quell’orbita tracciata dalla Volontà del Creatore. Non mi spiego come oltre i confini che Tu mantieni per le Opere, e non per via di Te, un figlio possa giungere e possedere all’esterno ancora la forza come ce l’ha purtroppo il diavolo. Ti prego, spiegamelo”.

15. “Chi si trova nel Santuario, nel Cielo oppure sulla Terra, lo vede nella Luce della Grazia. L’uomo, dal suo punto di vista, vuole sfogliare tutto ciò che esiste”.

– “Mi manca ancora molto”, ammette il dottore, “non appartengo nemmeno al santuario della Terra. Ma ora Tu sei con noi, e per me sei ‘il più sublime Santuario’! Tocca, Ti prego, i nostri cuori, finché vediamo nella Tua Luce la Verità della Tua Grazia”.

16. “Hai parlato bene! Cosa pensi, Giobbe: possiamo rivelare l’Altare?”

– Dietro di Lui, Bildad ha attirato a sé la panca. Così si sente un po’ di farne parte. Lui ha agito peggio di tutti. Giobbe abbraccia sua moglie. Il suo dolore è diminuito e l’anima del Cielo giubila: ‘Sono nel Sancto Sanctorium!’ Con fervore risponde:

17. “Sì, è possibile, nostro caro Signore! Guarda, quando una volta i Tuoi primi, nel Giorno dell’Ordine, si risvegliarono (vedi l’opera “Eternità-Ur in Spazio e Tempo”), riconobbero solo un pezzo alla volta. Ma l’incompreso non è andato perduto per loro. Il Tuo Santuario ha conservato parola e opera. Lo stesso ora: anch’io attendo gioioso il Tuo insegnamento”.

18. L’Alto guarda tutti con Bontà. “Amico Mio”, dice Egli al medico, che arrossisce profondamente, “tu discerni delle cose che certi nemmeno conoscono. Ascolta: la Stella era la prima figlia della Creazione, Sadhana, pura, buona, con molti talenti. Con la crescita del talento che il Creatore aveva donato a tutti gli esseri, si è formata la sua forza. Questa, nella DIVINITA’, al pari con il Potere, con il Vigore e con la Forza, – è posta creativamente sotto il Potere di Dio!

19. In parte hai ragione che ogni essere deve rimanere nell’orbita del Creatore, perché nessuno può sussistere all’esterno. Un al di fuori è la Luce sconosciuta di Dio, è ‘Spazio e Tempo nell’Eternità-Ur’, la Fonte che ha dato la vita al Creato.

20. Anche se lontano dalla Luce e come dietro al Mio dorso”, Bildad viene attraversato come da una pugnalata, “il figlio rimane nel suo libero fare e non fare, all’interno del Confine del Creatore. – Ora, ancora qualcosa di opera e Forza. L’opera spetta a ogni essere, se luminosa, se oscura, su mondi oppure su una stella. Per questo ci vuole naturalmente di quella forza che il Creatore, pure per la benedizione di tutti i figli, ha tenuto sotto il Suo Potere.

21. Satana ha frantumato l’attività attraverso un creare ingiusto. La sua propria forza non è più grande, la sua forza infernale è ancora unita, soprattutto nei demoni. Ha disturbato qualche buona Opera, ma non distrutta! Le Luci vanno per la loro via. Se Satana non vuole quella più breve, ora, …lo farà il Cielo nella pazienza sul sentiero lungo.

22. Giobbe con una richiesta al ‘Suo caro Signore’ avrebbe potuto cacciare i portatori dei cocci come ladri scoperti che irrompono nel santo Recinto per derubare il Tempio. Non lo ha fatto! – Dunque, credi che un Sacrificio di Dio riuscirebbe a spezzare la forza di Satana? Ascolta! Fondamentalmente, Sadhana è l’unica di cui tratta il Mio Sacrificio. Schiaccia la testa della serpe che ti ha avvolto, e puoi ancora morire, perché le sue membra si ritraggono nella lotta mortale con forza accresciuta.

 23. La ‘testa della vecchia serpe’ (vedi la 3° Pietra miliare “Golgota”) sarà schiacciata; ma il corpo, la Creazione ingiusta, si attorciglierà fino al tramonto del Sole. Solo allora muore la rovina! Non è senza motivo che la morte cadrà nell’ultimo tempo della materia, nel cosiddetto ‘tempo della sera del mondo’ (Ap. 20,14 / 22,3), anche nell’occidente, e in più, nell’ora della ‘Sera della Creazione’[24]. Non esiste nulla che Dio non ricongiunga, uno nell’altro. – Ancora su questa domanda:

24. Perché Giobbe ha dovuto soffrire? Egli domandava, ma nella Pazienza. Gli alti spiriti soffrono per la materia. Voi credete che i buoni sarebbero liberi, se i cattivi riportassero da sé i frutti? Oh sì! Ma l’accettazione di sofferenza e pesi hanno una propria Legge. Chi ritorna al Santuario, non porta per sé solo ‘un dare’, eccetto quella parte, che è sottoposta al peccato di Adamo. Egli prende una parte dal debitore della Creazione e diventa così un debitore nei confronti di Colui che presta. L’Ultimo sono Io!

25. Io mi sono assunto la ‘colpa principale’, sorta nella materia. Con ciò sono l’unico-eterno Creditore, che paga da Sé la colpa di base! Ma Mi potete chiamare un Debitore? Nemmeno i figli che discendono a vie del co-sascrificio. Loro si caricano la colpa di altri e diventano dei debitori soltanto verso la Creazione, ma mai di Fronte a Me!

26. In ciò regna il pareggio fra colpa ed espiazione. È più che Grazia, quando i figli diventano co-espiatori. La parte destra di una tale Grazia è il prestito per tutti, pagato da quelli che sono rimasti fedeli, che al ‘precipitato’ rimane da pagare.

27. Ho ancora chiamato il peccato di Adamo. Questo, calcolato solo dal decorso della Legalità materiale, viene in buona parte pareggiato attraverso incarnazioni nel mondo. Infatti, i pellegrini sacrificati sono anche creditori nei confronti dell’Opera, la quale si deve attenere al precipitato, la cui caduta pretende i sentieri del Sacrificio. Di conseguenza, la sua colpa aumenta molto più di com’era nella sua origine”.

28. Giobbe alza le mani: “O Signore, allora la strada dei fedeli sarebbe del tutto sbagliata! Ciò che loro aiutano ad espiare attraverso il loro diritto di creditori, verrebbe di nuovo caricato al debitore di base. Diciamo: essi riscattano mille pezzi d’oro, ma in tal modo tutto il Sacrificio non varrebbe mille volte mille sacchetti d’oro? Allora la colpa di Satana per il Sacrificio di Dio, dovrebbe essere diecimila per diecimila. Inoltre, rimarrebbe ferma la colpa di base. Dov’è allora la Tua particolare Grazia?”

29. “La Grazia proviene dal Sacerdote; Egli riconcilia i creditori coi debitori. Tu hai sacrificato sovente. Che un Dono non riconcilia, non santifica la fede nella riconciliazione, e l’amore il sacrificio nell’opera di servizio, lo sai precisamente. La tua fede ha pregato il Creatore, il tuo amore ha pregato il Sacerdote: un Sacrificio sia trasformato attraverso il fuoco. Così Io trasformo la preghiera e il servizio nel Cuore di Dio, da cui sorge il Figlio sacrificato. L’adorazione appartiene al Padre, il Quale compie la trasformazione nella Misericordia.

30. Pure così dalla parte di colpa diventa una parte di credito, perché i fedeli non conservano per sé ciò che hanno ‘raccolto’. Lo depongono sul santo Focolare nel Santuario, con cui diventa la parete di credito per la Divinità. La Grazia del Sacerdote la considera come Colpa di Dio per i figli. Ciò significa che l’alto ‘dare di Dio’, quello legato allo scopo, Egli lo ha già preso su di Sé da eoni (enormi spazi di tempo), ed è parte fondamentale del Sacrificio-Ur, fornito dalla Sua Volontà magnificamente libera.

31. La Volontà del Creatore rimane altamente maestosa al di sopra di ogni volontà filiale, come tu, Mio amico”, è inteso il medico, “hai pensato giustamente: – Al di fuori del confine della Divinità, non esiste nulla! La Mia Volontà è il limite per la benedizione e per la gioia di ogni figlio. Lo spazio è grande, il tempo è esteso. Ciascuno può essere attivo nella capacità facoltativa e nella forza secondo il desiderio del cuore.

32. Chi vede il limite di un Campo sorgente che il Creatore ha fatto esistere? Vedete voi l’alba del mattino fuggire la sera? Se andaste continuamente verso est da dove viene il Sole – non arrivereste mai a contemplare la ‘nascita del mattino’. Proprio così è anche per la sera. Correte intorno a tutto il mondo, …e non si mostrerà mai l’inizio né la fine di un giorno o di una notte, come discendono nel Cosmo.

33. Qui nel piccolo, nel Regno ultramagnifico, i figli più sublimi non sperimentano mai diversamente un giorno. Liberi su ogni campo del Giorno, sono comunque legati, benedetti nei confini di Spazio e Tempo che la Mia Creatività dà alle Opere. Lo avete compreso?”.

– “Mio caro Signore!” Giobbe è raggiante. “Compreso sarebbe dire troppo, ma la Tua Grandezza, Magnificenza e Amore, come la Tua Bontà, l’abbiamo riconosciuta. Cuore, anima e mente Ti adorano in umiltà. Oh, benedicici, affinché rimaniamo del tutto nel Tuo limite di Grazia”.

34. “Siete benedetti, anche colui che se n’è andato furtivamente”. Povero Bildad, trascini da solo il tuo peso, e l’avresti potuto adagiare così facilmente nel Cuore del Padre. Simons parte già, anche se Bildad gli era il più riprovevole.

35. Il Signore lo trattiene: “No! Lui porta via la sua indegnità. Io lo assisterò con Pietà come cercherà di riparare. Dipenderà da altri aiutarlo”.

– Eliphas e Zophar saltano su: “Signore possiamo noi?”.

– Un raggio dall’Occhio. “Ben per voi! La malattia di Giobbe fra sette giorni passa su di lui. Allora non portategli dei cocci, ma …”.

– “Mai più!”, Eliphas osa interrompere. “Aiutaci a rimanere nell’umiltà!”. L’Alto sorride, e loro corrono via.

36. Poi il Signore dice al medico: “Amico, d’ora in poi considera di aver ricevuto gratuitamente la forza per guarire” (Matt. 10,8). Il dottore è rosso scarlatto. Vorrebbe restituire tutto. “Lascia stare. Ciò che avanzi, dallo ai malati; i sani possono guadagnarsi il loro pane. Non posare mai le mani aperte; non verrebbe quasi raggiunto ciò che vuole la Mia Grazia. Verrebbero a frotte e direbbero: ’Noi crediamo’, perché la salute servirebbe alla loro esistenza, ma non alla loro anima, della quale alla fine si tratta.

37. Avresti dei disagi da quelli che Io non voglio ancora aiutare per molto tempo. Per l’anima è meglio se il corpo guarisce un poco alla volta. Con buone erbe che lascio crescere, la forza guaritrice agisce al meglio”.

– Sconvolto, il medico afferra la mano di Dio: “Tu sia ringraziato, Signore, per la Tua grazia. Aiutami a tenere sempre le Tue mani”.

– O caro Signore”, s’intona Giobbe, “lo chiedo per tutti, anche per coloro che appartengono alla casa e al paese”. Schierati intorno al signore, Egli li benedice, pure così il legame di cuore di Prighuas e di Ismaha.

38. Ra-Tana chiede: “Signore, Tu sei il Dio più sublime; non ve n’è fuor di Te! Sarebbe oltraggio offrire a Te qualcosa di terreno. Ma guarda, nel mio povero cuore non ci sono ancora dei doni che potrei sacrificarTi. Posso prepararTi per questo, un pasto?”

39. “Questo, Ra-Tana, lo accetto con la Gioia di Padre. Con ciò Mi dai tutto il tuo cuore!”. I suoi begli occhi risplendono credenti e consolati. Eccetto Giobbe, tutti corrono via. “Potremmo ben invitare qualche buon amico, penso…”.

– Il dottore si blocca, “Ra-Tana, prepara una cena per Dio!”.

– “Lo voglio fare!”

 

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Cap. 23

Giobbe a colloquio col Padre

Dal Mediatore, la divina soddisfazione e gioia Paterna, con la promessa dell’incarnazione

 

1. Non appena la porta è chiusa, il maestoso Volto cambia. Giobbe aveva potuto sperare che ora si sarebbe rivelato il ‘PADRE’. Non era stato abbastanza messo alla prova? Non era stato trovato buono? Dio è il Santo, e sono Fiamme ciò che Egli riflette. Davanti a questa Maestà, l’anima di Giobbe si congela. Che cosa è passato nell’Alto? – Oppure, …alla presenza di altri gli è stata risparmiata l’umiliazione di una resa dei conti?

2. La sua vita gli scorre davanti e fa scaturire la richiesta: “O alto Signore, ammetto il mio fallimento. Ho potuto trattenerne tre con la Tua Grazia; ho lasciato andare il quarto. Ho solo pensato a me, a come poter stare dinanzi a Te senza dolore, in vista della Tua gentilezza! Non ho considerato ciò che passava dietro alle Tue spalle.

3. Volevi tenerlo, oppure lui ha avvolto il Tuo Consiglio con l’incomprensione? Lasci andare uno, e agli altri ordini riconciliazione, mentre invece, tutti… No, non così, alto Signore! Voglio chiedere, e Tu darai la risposta; tanto sono colpevole dinanzi alla Luce. Lasciami fare il pentimento nella cenere”. Gettandosi giù, Giobbe abbraccia il suo Ospite. Allora Questi lo accarezza dolcemente sul capo chino:

4. “Non abbassare colui che Io innalzo!”.

– “Chi, o alto Signore?”, Giobbe guarda in su.

“Te, figlio Mio! Non sai come Mi innalzo i figli?”

– “Sì, alto Signore! Ora gioisco della mia umiltà; perché se non fossi in ginocchio, come potrei godere la beatitudine, che Tu m’innalzi?”.

“In verità, Giobbe, sei un grande figlio; non ho più bisogno di istruirti, ma di parlare solamente con te. Troverai ciò che i nuovi tempi porteranno. L’ombra della lotta riposava su di te, ora è l’ombra dell’Ala della Mia vittoria. Sii consolato!”. Il ‘grande figlio’ si nasconde nell’abito di luce. Sente la Voce soave esprimersi:

5. “Eri sconvolto, quando Mi hai visto mutato; ma nello stupore il tuo spirito presagiva piena beatitudine. Era l’ultima prova, non soltanto esercitare umiltà alla presenza di altri, come buon esempio. Ti ho benedetto nel Santuario, prima che tu ritornassi ancora nel Cosmo. Ora stai nuovamente in ginocchio al ‘Cospetto del tuo alto Signore’, che anche qui vuol essere preferibilmente il tuo caro Signore”.

6. Nel sentimento gioioso, Giobbe non si accorge come la malattia cade da lui. “Era una delizia, ‘caro Signore’, ed era preoccupazione quando ho visto la ‘Santità del Creatore’, dinanzi alla Quale s’inginocchiano i figli più sublimi per adorare LUI. Anche questo non può esserTi senza valore”.

7. “L’adorazione è omaggio, è umiltà, che Io riconosco come il più bel frutto dell’amore di figlio. La tua umiltà fa scaturire orrore in Satana. ‘Giocato’ gli dice il suo cuore morto. Ancora gli riuscirà un breve tempo a imbiancarlo, finché comparirò come Figlio d’Uomo. Allora cadrà la coperta sottile, e più inesorabile che con Belzazar il suo giudizio sarà la Scritta rovente[25] (Dan. cap. 5). Trovato fedele, la tua via rimane ora libera dall’afflizione”.

8. “Signore, Tu sei stato prima della mia nascita nel mondo l’inizio della mia esistenza e sarai la fine dopo la mia morte!”.

“E in mezzo, che allaccia l’inizio e la fine?”

– “Sì”, giubila lo spirito, “Tu sei anche il Centro della mia vita, ‘Il Mediatore’. Santo, santo, santo, santo sei Tu. Oh Signore, dall’inizio fino alla fine di ogni Eternità!”

9. “Giobbe, guardati una volta!”, dice Dio gentilmente, dopo che un Coro invisibile ha cantato il ‘Santo-Giubilate’.

Giobbe lo fa e, …afferra saldamente le mani del Padre. “Sono puro? Sono già puro? Ah!”. L’ultimo peso cade, nemmeno con la ‘piccola’ lebbra poteva recasi fra gli uomini. Si sente come rinato, per nulla come un grande figlio. Infantile il suo “Grazie”.

10. “Sei contento?”

– “O Signore, la soddisfazione può sostituire la gratitudine?”.

Non del tutto, perché il mondo lo impedisce allo spirito. Presagisci come sono contento Io?”

– Uno sguardo stupito. “La soddisfazione è umana; la Tua Opera Ti onora. E ciò che si volta, Ti è lontano. Tu la puoi lasciar sprofondare, oppure anche innalzare, quando il Tuo Sacrificio scroscerà su tutti i mondi”. Il Signore annuisce dolcemente.

11. “Nondimeno, in Dio ci fu la soddisfazione che non sarebbe stata da nessuna parte, se non dapprima nata nella Sua bontà. Fa attenzione: ‘Su quale base dovrei essere Io soddisfatto con Eliphas e Zophar, in caso di bisogno con Bildad, se non nella Bontà che copra il mancante? Con quelli che Mi stanno vicini, Io sono volentieri contento per via della loro buona volontà, e ciò che in loro manca lo pareggerà il peso delle vie dei mondi. Io guardo alla Mia Opera, che adempie il debito e Mi porta l’avere”.

12. “Comprendo”, risponde attento Giobbe. “Ma tutti quelli che dovrebbero conoscerTi e corrono dietro a ogni idolo, dove rimane per loro la soddisfazione?”

– Dio sorride: “Tu sei stato contento quando inizialmente venne solo Simons, malgrado i tuoi molti servi che ti devono servire. Perciò Simons poté anche andare a prendere il portatore dei cocci, e persino il suo piccolo orgoglio Mi ha rallegrato.

13. E quando venne un solo cane, il tuo grigio, quando non avevi più bisogno di aver freddo, anche se ti apparteneva casa e ospedale…?”

– “Oh, mio caro Signore, ero felice, mi bastò. Ma… no! Presso di Te non è così. Tu non hai bisogno di Spazio per riposare, non hai bisogno di nessun grigio che Ti scaldi”.

14. “Non umanamente, Giobbe, in questo hai pienamente ragione. Ma guarda: Tutte le cose su questa Terra sono piccole – anche in altri mondi – in confronto alle Mie grandi Luci. Perciò non misuro mai la vita della materia con la Mia misura del Cielo e sono ancora soddisfatto con i poveri figli, perché per via del loro peso non guardano in Alto, dove dimora il fedele Aiutante”.

15. “Pesi? Molti vivono magnificamente alla giornata”.

“Per il breve tempo del mondo!”. Questo suona severo. “Voglia di mondo e peso dell’anima! L’anima non lo sente ancora, quando procede nella danza della gioia. Ma quando si spezza il calice dell’ubriachezza, allora annegano nell’amara acqua come nel diluvio di Noè. Io avvolgo la mancanza attraverso la soddisfazione nella Mia Misericordia di Cuore, ed invio ogni aiuto attraverso la vita e attraverso l’orrore, dolori, sofferenze, …oppure attraverso la morte!”

16. “Meraviglioso!”. Giobbe si appoggia alla spalla di Dio. “Solo nella Luce sperimenterai più soddisfazione che in un povero mondo”.

“In ogni caso, anche quando porto un pareggio, un figlio cresce solo un poco alla volta dentro ad un’Opera. Sono altamente contendo di ogni Ora del Giorno, e ciò che uno spirito vi posa dalla sua anima del Cielo, è fatto liberamente e da se stesso”.

– “Signore”, dice Giobbe quasi svergognato, “puoi essere soddisfatto di me, …un poco?”

17. Dolcemente consolando, il Signore dice: “Sì, Alaniel, e per niente nella misura generale”.

– “Ma Signore”, risponde rispettoso Giobbe, “non ho chiesto di uno dei Tuoi principi angeli”.

“Sono questi che servono nel Sacrificio più grande dell’Opera di redenzione; ti ho anche rivelato il tuo nome” (cap. 11,5).

– “Ah, alta Grazia, se… Ma fammi tacere; voglio custodire il più Santo del Santuario nel cuore, ed è sufficiente se arde la quinta fiaccola del Tuo Seggio”.

18. “Questa è umiltà! Al posto della Mia santa soddisfazione, si pone la piena Gioia del Padre, che riempie il Mio Essere-Ur. – Ora vogliamo gustare la buona cena di Ra-Tana come un pre-simbolo”.

– Giobbe trattiene Dio, …pregandolo: “Lascia che prima Ti ringrazi per la Tua divina soddisfazione e per la Tua gioia di Padre. Mi rallegro di entrare presto di nuovo nel Regno di Luce”.

19. “Perché? Credi che là sia più facile, perché non grava la materia?”

– “Anche questo; ma nel Regno della Luce Ti si può servire con piena forza dello spirito, là il ‘servizio’ è ascritto più alto che su un povero mondo. Almeno, …là vediamo l’alto Santuario, Te nella Luce della Tua magnificenza, e ciò che facciamo ci riesce bene, mentre nell’oscurità rimane sempre un’opera frammentaria”.

20. “Non te ne curare! Io e i Miei fedeli portiamo a Casa tutti i pezzi. Io li assemblo con Pazienza e alla fine nessuno riconosce più il proprio pezzo, oppure quello di un altro riportato a Casa. Quando nel Regno suonerà la Sera, allora la Mia Città che ho preparato per Me sarà perfetta (Ap. 21,10-15). Allora ci sarà un alto Intero: il Creatore e la Sua Opera, il Padre e i figli! – Ora vieni, stanno già aspettando”.

[indice]

 

Cap. 24

La cena con Dio, gli arcangeli e i Suoi fedeli

Sulla forza guaritrice, sulle apparizioni del maligno, sulla lapidazione, sulle Tavole rifatte,

sulla venuta di Gesù, sulle costellazioni, sulla parità uomo-donna, sulla benedizione e moltiplicazione

Un’ultima immagine profetica

 

1. Nell’alta sala costruita con legno di cedro, sta la tavola coperta con purpureo tessuto a mano, con antiche brocche dalla Caldea, con calici d’argento e dei piatti fondi di chiaro metallo. In mezzo, eretta per ‘l’Ospite più sublime’, sta una sedia con una pelle di leone colorata di blu, com’è di moda in Babele. Un onore che vale solo per i regnanti. Il piatto d’oro, riccamente adornato, proviene dal tesoro del matrimonio di Ra-Tana, pure il grande calice d’argento fine.

2. Con volto ardente attende alla porta, Ismaha alla sedia, per spostarla per il ‘SIGNORE’. Il medico si consulta con l’oste e con cinque uomini. Sono venute pure tre donne e due ragazze. Queste stanno un po’ timide vicino alle finestre, i tre servi sono pronti al scattare per ogni servizio.

3. Gli uomini sono agitati. Quello che hanno sentito confina con l’incredibile. Se non fossero presso il pio Giobbe, non avrebbero mosso i piedi. DIO, visibile, …come un uomo? I padri, i profeti Lo hanno visto, solamente, dov’è arrivata ora una tale Grazia? Il popolo si è estraniato attraverso molti popoli pagani, e ogni schiavitù ha impregnato infallibilmente la sua immagine.

4. Dio sì è distolto, e si sa da tempo che il tempio a Gerusalemme, ristabilito di nuovo da Kores e da Dario (Esdra 1 e 6), è solo un magnifico edificio. Lo Spirito di Dio ha traslocato, e il popolo non ha più dei maestri del Cielo (profeti). – Ora ad un tratto, …Dio dev’essere comparso?

5. Giobbe, nel mantello dell’invitante, accompagna Dio. “O Signore, Santo, sei venuto da noi”, dice sulla soglia, “Permetti che Ti ringraziamo per la Tua Bontà”. Ra-Tana s’inginocchia, speranzosa d’aver ha fatto tutto bene. La tavola è abbellita con dei fiori, presso la sedia da leone si trova una giovane palma. Della delicata carne d’agnello colma le grandi scodelle, in molte scodelle del pane bianco, frutti di ogni genere, burro, miele e formaggi. Uomini e donne s’inchinano. L’Alto si china verso Ra-Tana:

6. “Alzati, figlia”, dice Egli così buono che a lei vengono lacrime limpide.

– “Posso condurTi a tavola?”, chiede lei sommessa.

“Sì, perché tu stessa ne sei il dono migliore”. La pagana, sovente abbastanza disdegnata, conduce Dio. E lei pensa: ‘Io vengo condotta da Colui che posso chiamare: mio Dio e Padre’.

7. Alla destra di Dio, Giobbe ha il suo posto, alla sinistra il medico, ai loro lati gli altri uomini. Il Signore ha assegnato di fronte a Sé lo sgabello di Ra-Tana; gli altri si schierano tutt’intorno. Sono tutti storditi dall’avvenimento. Si sentono come dei poveri che non sanno come devono comportarsi di fronte a un Re. Dio sorride dolcemente. Pura umiltà, puro amore Gli sono il cibo e il vino. Egli benedice tutti i doni e ne prende, per spezzare la tensione. Vuole essere il Redentore che tiene una cena coi Suoi fedeli.

8. Nel frattempo entrano pure quattro uomini. Chinandosi profondamente, offrono il saluto di pace. Sono vestiti da stranieri. Giobbe li conduce alla tavola. “Anche se non vi conosco”, dice lui cordialmente, “ma qui può sedere ognuno che entra nella casa. Non verrebbe nessuno se Dio non l’avesse concesso. Abbiamo fra di noi l’UNO che vede nel più intimo. Questo significa che io non so se voi siete della mia fede “.

9. Uno dei due più alti dice gentilmente: “Il tuo Dio è anche il nostro; siamo usciti per servirLo”.

– “Questo sia altamente lodato da una tale gioventù”, s’entusiasma il medico: “Siete arrivati nel posto migliore”.

– “Lo sappiamo”, dice il secondo grande. In quale scuola avete studiato?”

– “Nella suola di Dio”.

10. Giobbe vede come i bei giovanotti osservano Dio ininterrottamente. Ah, Egli siede visibilmente sul seggio adornato da leone; quindi è spiegabile il presagire in Lui l’Ospitante. E Questi è il Signore! “Accomodatevi”, li invita. Li conduce ai posti ancora liberi alla tavola sul lato delle donne. Gli stranieri si chinano come nella preghiera.

11. L’Alto dice: “Cominciamo, per onorare la tavola di Ra-Tana”. Egli divide il pane mentre ognuno si sente sospeso dal terreno. Quasi povero in parole, viene consumato il pasto. Ci si stupisce, perché Dio mangia davvero. Anche gli stranieri dimostrano un buon appetito. Giobbe domanda come hanno trovato proprio questa casa.

12. “Vi stava sopra una Stella e dalle finestre proveniva la Luce”.

– “Se si è posti favorevolmente, si vede ovunque una Stella…”, dicc l’oste, “…e una luce da lampada attira ogni pellegrino. Sarebbe questo il motivo di entrare qui?”

– “Abbiamo già detto il perché siamo venuti”, risponde uno, “ma l’Alto avrà molto da dirvi quando sarà finito il pasto”.

– “È vero! Tu, caro giovane, hai mostrato bene la via agli uomini”. Dio prende nella Sua mano il grande calice d’argento.

13. “Sono venuto da voi dalla santa Altura. Voi sapete che Dio ha dato agli uomini la ‘Sua immagine’, ma che parli, e persino mangi materialmente con voi, entra difficilmente nella vostra conoscenza, eccetto a Giobbe e ai quattro messaggeri. Ancora resteranno nascoste molte cose, finché il ‘SACRIFICIO’ donerà a tutti i mondi della materia la piena rivelazione. Accontentatevi quindi della gioia di avere Me fra di voi e di parlare con Me come con un buon Amico.

14. Voi avete ricevuto il buon pane come ‘Parola e Grazia’ dallo Spirito, che giunge fino agli uomini, sia che sentano o no la Voce dello Spirito. Ma ne è benedetta tutta l’Opera! Nulla Mi è distante! E prima ancora che un Angelo fosse, la Mia Parola Si spingeva attraverso Spazio e Tempo come Forza di Vita.

15. Attraverso eoni su eoni seguì Opera su Opera. Da Pensiero, Parola ed Azione risultò ogni Creazione, anche i Miei figli! Non c’è ancora bisogno dell’ultima Liberazione. Chi si dà a Me, a costui, in più, gli viene donato ciò che manca. Fin dalla caduta delle Stelle giunse loro accanto alla Mia rivelazione il grande Calice. Mia figlia”, Dio indica Ra-Tana, “Mi ha inconsapevolmente messo davanti questo Calice, il quale attraverso la caduta richiederà la sofferenza di un ‘Sacrificio’. Ai figli rimane preservato il piccolo calice”.

16. “No!” dice Ra-Tana sconvolta. “Tu devi solo essere onorato, non sapevo che …”, tremando, spinge verso Dio il suo calice. “Oh, prendi!”

– Ecco che dietro di lei compare un grande[26], il suo magnifico mantello cade sulla donna proteggendola. “Non temere, solo per il Creatore vale il santo Compimento”.

– Anche Giobbe e il medico offrono i loro bicchieri; e Simons è in ginocchio accanto a Dio, il suo bicchiere nel pugno. “Signore, prendi questo ,e da a me il pesante; le mie mani …” Le osserva preoccupato.

17. Priguhas e Samulis hanno presto seguito l’esempio di Simons. “Servite ben ordinati”, dice Dio gentilmente ai servi, “e siete benedetti, soprattutto per via della vostra fedeltà. Ma ognuno tenga il suo bicchiere secondo il santo Ordine della Legge”. Si riprende di nuovo posto. Dio continua a parlare:

18. “Riconoscete in Me il Creatore. Il buon servo”, è inteso Simons, “considerava le sue mani più grandi delle Mie, che quindi ce la farebbero più facilmente con il Calice principale. Bravo ad averlo pensato, ma le Mie mani”, Dio le solleva, “tengono tutti i Soli e l’intero Firmamento. Queste soltanto tengono anche il Calice della Creazione fino all’ultima goccia che è da bere.

19. Ciò significa che la caduta rimane cattiva, finché resta all’esterno della Grazia. Sono Io la GRAZIA, e bevo anche il Calice nella Mia Grazia dentro di Me! Non è solamente un peso esteriore, fino alla morte da Martire, ma come i figli riposano dormendo in Me durante delle Notti benedette delle Creazioni, così attraverso il Calice, ‘il precipitato’, nella Mia Grazia, si risveglierà senza vergogna, rinato[27], per la nuova Opera di Benedizione”.

20. Giobbe prega: “Mio caro Signore, potremmo bere anche noi del Tuo Calice? Vorremmo essere uniti con Te. Quando ci hi distribuito il pane, mi sembrava come se avessi gustato insieme la Grazia”. Lo ha sentito ognuno così.

21. Il Signore afferma: “Chi ha sete, venga; chi vuole, prenda dell’acqua della Vita gratuitamente (Ap. 22, 17)! È la Fonte che nutre le Notti e rivela i Giorni”.

– Gli occhi di Giobbe pregano: ‘Da a me quanto posso e quanto mi è concesso’. È un grande sorso, che manda un fuoco attraverso le vene.

– Poi tutti bevono. Solo i giovani vedono come si riempie il Calice prima che Dio lo vuoti fino in fondo. “Coprendo la serietà del Simbolo del Calice”, dice Egli nel Suo Amore:

22. “Giobbe nel tempo di sofferenza non si è tolto il calice dalla bocca. Nemmeno la sua preghiera ha smosso i suoi amici. Simons lo ha riconosciuto, e il Mio Ordine di andare a prendere Eliphas gli è valso come massima onorificenza. In tutto ciò che il Mio Giobbe ha portato, c’era adorazione e servizio. Sì, …coloro che Mi amano, Mi adorano nello spirito e nella verità e servono soltanto Me (Giov. 4,24).

23. Una Legge di base della Creazione: i fedeli Mi adorano nel Cielo e Mi servono nella materia; coloro che sono scivolati via devono imparare ad adorarMi sulla loro povera via, per servire dopo. Quindi il buon servizio sostiene la loro difettosa adorazione, e più tardi li aiuterà l’adorazione dei celesti per educarli al servizio. Io, attraverso la Mia bontà e il Mio Sacrificio, fondo entrambi.

24. Giobbe ha dato la parabola dei chicchi e della paglia. Io sono l’Agricoltore che ha creato il Campo di base; l’ho suddiviso in quattro Campi, ho lasciato crescere le migliori spighe finché secondo la Mia Volontà sono diventati mietitori. Con ciò, per Me, secondo il Fondamento, sono ‘raccolto’ ed anche ‘raccoglitori’, il frutto con cui lascio raccogliere i frutti. E questo avviene nuovamente per due ragioni: per Me, che do la Benedizione ai figli, e per i figli attraverso i quali Mi giunge la Mia ben meritata Gioia! Ma anche questo l’ho preso dalla Mia prima Opera, che nessuno conosce.

25. I Miei raccoglitori vanno anche sul campo più povero, su questa Terra e su altre che sono appena meno scarse. Ovunque assistono i miseri, finché questi si lasciano liberare dalla materia. Credetelo: su costoro regna per Me e per tutti gli aiutanti, grande gioia (Luca 15,10)! Vi sia spiegato anche questo: – Chiedete ai servi quand’è che gioiscono di più: se quando – viene fatto con leggerezza – un alberello, oppure con molto gemere, sangue e sudore, quando si fa cadere un gigante.

26. È un’immagine per tutte le fatiche di quelle anime tenacemente radicate su di un cattivo e duro suolo. Tuttavia, non appena un’anima si è rivolta alla Luce, essa viene piantata presso la Corrente della Vita. Là il suo albero può portare frutti dodici volte il giorno successivo (Ap. 22,2), come già i fedeli nello stesso giorno”.

27. Il medico prega: “Signore, posso dire qualcosa?”

– Risponde Dio: “Mi piace quando si sciolgono le vostre lingue, allora si libera anche il cuore. Accanto all’adorazione e al servire devono regnare l’amore e la fiducia”.

– “Ho fiducia, solo che non sono degno della Tua presenza. Mi preme che Bildad ha mentito sul fatto che io avrei mandato dei sani a Giobbe. Oh, io, …ho ricompensato malamente la fedeltà di Giobbe; ma questo…? No! …Signore, poiché questo lo sapevo malgrado il rancore, in cui proprio Bildad mi ha rafforzato, cioè che guarire sia un Dono di Dio che si può impiegare certamente per il vantaggio, ma non per l’inganno.

28. Lui ha anche detto che attraverso i malati non possono operare delle forze. Ma Giobbe (da malato) ha guarito, ed io lo testimonio davanti a tutto il mondo! Vuoi dirci qualcosa al riguardo?”

“Sì, figlio Mio. Giobbe ha sentito la menzogna di Bildad, perciò lo stesso porterà anche il male fino alla sua morte. Quindi davanti a Giobbe stai pulito da tempo, e anche davanti a Me”. – Il dottore abbassa lo sguardo, ma presto pende nuovamente dalle Labbra di Dio.

29. “Nella Forza guaritrice ci sono diverse differenze. Chi agisce nell’orgoglio o nella brama di avere, non ha il vero Dono, e può – nella sua anima e nel suo corpo – ammalarsi. Un vaso sporco non può contenere acqua pura, ma se l’anima è pura, che Io solo vedo, allora le forze passano dallo spirito attraverso di essa, e non prima attraverso il corpo sul malato.

30. L’autentica forza guaritrice dimora solo nello spirito, che la guida sulla sua anima che è nata nel Regno. Ogni parte dello spirito è una scintilla del Mio Spirito, e l’anima del Cielo è una Scintilla della Mia Vita! Solo i materialisti non hanno tali Forze. Chi usa altre forze, deve riguardarsi, cosicché queste non gli si ritorcono contro per il suo male”.

31. Il medico ringrazia intimamente. L’oste domanda se dei diavoli possono anche comparire in figure di luce.

“Ve lo può spiegare Mio figlio”, Dio indica uno dei giovani. “C’era lui quando è caduta Satana”. Intimidito, guarda verso di lui, ‘Michele’, di cui si dice che avesse vinto Lucifero.

“No, è il fratello speciale di Michael, Gabriel, colui che volò da Daniele” (Dan. 8,16 e 9,21).

32. “Oh”, si alza l’oste, “posso chiederti, alto ospite, di spiegarmi la domanda?”

Gabriel sorride in modo caro. “L’Alto spetta al Signore. Tu sei stato fedele a Giobbe fin dove lo può un uomo; ugualmente anche una giovane donna che Giobbe ha guarito. Siate liberi da questa paura, se vi dovesse sedurre una falsa luce.

33. Raramente Satana si può mostrare, ma sovente sta dietro a certi uomini e agisce attraverso delle parole suadenti, persino nel Nome di Dio, quasi sempre attraverso oro e potere. Ora sapete già che cosa significa: ‘mostrarsi anche come figura di luce’. – Chi confida unicamente in Dio, si accorge che cos’è la Luce e che cosa l’abbaglio. Se tendete le due mani verso la Luce, che è soltanto Dio, che non abbaglia mai, Satana non avrà nessuna forza su di voi”.

34. “Signore, Ti ringrazio”, l’oste si china verso Dio. “Nel nostro tempo, come uomo d’albergo, non è facile resistere alle tentazioni che vengono portate. Ringrazio anche Giobbe che mi ha aiutato e mi ha consolato con la Parola di Dio”.

– “Ogni lode appartiene al caro Signore”, dice semplicemente Giobbe.

35. Lo zio dell’oste, Ophalith, il primo sacerdote, schifato dall’operare di Gerusalemme, che ora faceva parte della gente dell’alto giudice, viene invitato da Dio: “Parla, Mi sei più vicino di quanto pensi. La risposta ti verrà dall’altro grande”.

– “O Signore”, dice modesto Ophalith, “i Tuoi meravigliosi figli del Cielo possono dare la risposta senza che abbiamo bisogno di domandare. Tu sei venuto a noi come nell’antico tempo di Grazia”.

“Hai ragione, soltanto, che per Me non esiste nessun’tempo di Grazia’ vecchio o giovane, anche se il mondo perde l’orecchio e l’occhio per la Luce”.

36. Ophalith comincia: “Purtroppo non so il tuo nome, perciò dico: caro principe dell’unico vero Re, mostrami la Luce che desidero. Io indago diligentemente nella Scrittura, ma in Gerusalemme nessuno deve insegnare secondo la conoscenza, invece come il consiglio decide. In genere ho trovato una risposta anche a cose difficili. Ora, naturalmente, so che solo allora il SIGNORE ha parlato con me. A Lui sia l’Onore!”. Ophalith china profondamente il suo capo davanti a Dio.

37. “Una cosa mi rimane aperta; riguarda la lapidazione. Mi disgusta che DIO, che ha dato il comandamento ‘non uccidere’ nel temporale (con tuoni e fulmini - Esodo 20,13 e 20,18), abbia raccomandato questa punizione di morte, davanti alla quale un uomo nobile chiude gli occhi. Se non l’ha ordinato Dio, allora domando: ‘L’ha rilasciata Mosè, questo alto spirito?’. Io non riesco a seguirlo. Sta scritto chiaramente nei rotoli; ma la ragione se ne ribella!”

38. “L’ho chiesto agli amici (cap. 16,28)”, interviene Giobbe.

– Il Signore indica gli ospiti per la risposta: “Il Mio portatore dell’Ordine, Uraniel, schiaccerà facilmente la dura noce. La verità penetra difficilmente, perché due poteri, quello della testa e quello della mano (Ap. 13,16), la sopprimono. Una volta si sono scusati (gli amici di Giobbe) ben bene; ‘Sta nella legge!’ Soltanto, …che la Mia Legge è data ai figli nel loro cuore! Chi è di buona volontà, riconosce il Comandamento di base: ‘Amare Dio sopra tutto, e il prossimo come sé stesso!’ – Ora, Mosè, mostra loro la tua Legge”.

39. “Mosé?”, chiedono confusi. “Lo hai chiamato Uraniel”.

“Lui era il vostro Mosè”.

– “Ah!”. Lui viene circondato, è commovente, di averlo tra di loro come figlio del Cielo!

Lui fa cenno: “Rimanete seduti, cari uomini, prendetevi un esempio nelle donne, che preferirebbero baciarmi, ma comunque osservano solo il Signore. Tuttavia, …io offro il vostro amore al Re, come tributo. Ora ascoltate:

40. Israele era stato molto aggravato in Egitto. L’oltraggio più indegno, allora, era di preparare delle pietre e portarle agli edifici che i faraoni desideravano fare (Es. 1,14). Nessun egiziano aveva mai sollevato un mattone. I portatori di pietre erano pari ai ladri, agli adulteri e agli assassini.

41. Voi vi domandate cosa avesse a che fare questo lavoro d’onta con la legge della lapidazione. Aspettate! Quando io dovetti guidare il popolo attraverso il deserto, sulle mie spalle gravarono difficili pesi. Persino come alto spirito non potevo dire altro che ‘il Signore era il mio bastone’. (Salmo 23,4)!

42. A causa dell’assenza da una patria, distaccati dall’ordine e dalla legge, si credeva di poter fare tutto ciò che la sabbia del deserto seppelliva. Io avevo l’incarico del Cielo di conservare l’Israele spirituale; inoltre il mio amore per le stirpi di Giacobbe mi ordinava di trattenerlo in modo terreno. Oltre ai santi Comandamenti di Dio dovevo dare le regole. Sovente non riuscivo quasi a contare i malfattori. Ho pregato il Signore di determinare delle punizioni, per salvarli con queste. Dio mi ordinò:

43. ‘Ai cattivi lascia tagliare pietre e trascinarle come al Nilo; non devono partecipare alla comunità finché non siano di nuovo diventati buoni. Quindi costoro dovevano tagliare le pietre[28] e portarle fino al muro al limite del campo; perciò venivano chiamati ‘i pietrosi’, dichiarati per ‘morti’ dal popolo. Questa fu la mia legge delle pietre.

44. Voi avete negato che il ‘Dio della Vita’ non potrebbe porre delle punizioni fino alla morte, quindi l’avete riconosciuta come ‘diffamante’. Ma potevo io, provvisto con un’alta delega, operare qualcosa d’altro di quello che era deciso nello Spirito di Vita di Dio? Malgrado l’imperfezione umana a cui sottostanno anche angeli incarnati, io, che avevo ricevuto anche i santi Comandamenti sul Sinai e li avevo incisi anche con mano pesante nella pietra, non avrei potuto dare una tale ‘legge di messa a morte’.

45. Voi pensate che omicidio e guerra siano sempre esistiti. Sì, ma è l’uomo stesso a farli scaturire. La legge della lapidazione è sorta sotto Saul. Oggi non si dice il perché Saul abbia controfirmato tale legge consigliata da un giudice. All’inizio fu anche solo aggiunta ai rotoli della Legge. Solamente re Omri, il padre del noto Ahab di Samaria, scambiò la Legge fondamentale di Dio con quella della lapidazione, e questa valse oramai come una parte integrale della Legge mosaica”.

46. Giobbe non si trattiene: “Ah, Signore, perché hai permesso un tale oltraggio? Nemmeno i seri ricercatori della nostra storia non ne sanno nulla! Uno onesto, non avrebbe dovuto attenersi alla verità?”

– “Lo hanno fatto persino in molti, ma furono tutti debellati insieme alla verità di base. È da scusare, anche a causa delle prigionie che Israele ha dovuto subire.

47. Le tavole del Sinai furono distrutte ai tempi di Omris, ma non da lui stesso. Più tardi ne hanno fatte delle nuove ponendole come ‘autentiche pietre di Mosè’ nel tempio. Il testo fondamentale rimase non toccato per paura”.

– “Questo annuncio è da diffondere al più presto”, s’infervorisce il medico. “Lascia che le Scritture siano ricomposte, e…”

– “Buon amico”, lo tranquillizza Uraniel, “Sarebbe poco utile, Presto la Giudea soccomberà agli egiziani e ai siriani, e ai vostri scritti capiterebbe allo stesso modo dell’annuncio del Messia, di cui un giudice di nome Giudamäa in Babilonia ha progettato un’immagine terrena (1a Pietra miliare cap. 9,12-13). Lasciate alla faccenda il suo corso, operate del bene nella vostra cerchia, e il seme vi resterà conservato fino all’ultimo tempo, quando poi si rivelerà completamente.

48. Dio (Gesù) chiederà ai farisei se sono senza peccato e perciò se vogliano gettare pietre (Giov. 8,7). Egli dimostrerà se è il Messia di Isaia oppure quello di Giudamäa. E Giuda morirà contro ‘la Pietra’, spezzata di Gerusalemme!”. Per un po’ si parlerà di quel caso; e ci vorrà ancora una buona parola per tranquillizzare gli animi”.

49. L’oste dice invece con rancore: “Preferirei che gli uomini che hanno lapidato Giobbe con il loro odio, lo avessero sentito”.

“Seppellisci il tuo rancore”, gli consiglia il Signore, “anche se è giustificato. Li ho portati via, altrimenti ciò li avrebbe oppressi; e anche perché per sperimentare la Grazia di questa sera non ne sono ancora maturi”.

50. “Signore”, dice il medico, ho lasciato maturare la Tua Grazia. Perché loro no? Anch’Io ero cattivo”.

– “Non del tutto, non nascondo la loro stessa colpa, ma tu hai già sentito il Mio sommesso bussare prima che tu Mi vedessi; loro sono stati toccati solo dal vederMi. Per questo sopporterai il cibo pesante che Giobbe preparerà più avanti”.

– “Oh Qual buon, buon Padre sei!”

– “Sì, lo sono, e con questa Parola tu sei Mio figlio”.

51. “Ho agito come il peggiore”, riconosce Elihu. Finora non ha osato dire nulla.

Gabriele lo consola: “Guarda, con la Sua venuta, con la cena e questa parola di benedizione, Dio ha estirpato ciò che è stato. Inoltre – e questo ascoltalo volontariamente – sei ancora troppo giovane; da te non si pretende nessuna piena giustificazione.

52. L’uomo si inserisce in quattro gruppi principali: nell’incomprensione del fanciullo; nella stupidità del giovane; nell’intelligenza dell’uomo e – quasi sempre soltanto più tardi – nell’età della vera Sapienza. Quindi, per te, lascia valere l’età della stupidità, che ti preserva da una punizione severa. Se ti lasci guidare da Giobbe, allora diventerai intelligente e un giorno troverai anche il gradino della Sapienza”.

– “Lo voglio fare”, assicura Elihu. “Sono stato terribilmente stupido e, …e orgoglioso”.

– “La migliore cosa è l’auto conoscenza”, dice il capo mastro Ophalith. “Ho ancora qualcosa; permetti, Signore, di presentarlo?”

53. “Sì; il dottore trascina la stessa domanda”.

– “Si parlava della tuo Atto di sacrificio”, comincia Ophalith. “Isa-i, come Tu chiami Isaia, annunciò che Dio sarebbe diventato Uomo. Non mi riesce di capire; e se… Come mai questo sarebbe un Sacrificio? Tu sei con noi in Figura umana. Ma abbiamo visto soltanto Amore che irradia dai Tuoi occhi. Quindi la Tua venuta non può essere per Te nessun Sacrificio”.

54. “La tua domanda è per la preoccupazione che non puoi nominare. Il Mistero non è ancora da svelare; ma vi sia rivelato qualcosa. A quel tempo nascerò come un Uomo, e già questo è un Sacrificio. Lasciare a Casa la Mia Divinità, essere un Uomo fra gli uomini! Da questo cammino del divenire si sviluppa quella predisposizione dell’oscurità il “Sacrifio del Figlio” dalla parola di Isa-i:

55. «Egli ha portato la nostra infermità ed ha caricato su di Sé i nostri dolori». – «Ci è nato un bambino, un figlio ci è stato dato» [Isaia 54, 4-5], e [9, 5-6]. La nascita del Figlio avverrà; quanto all’ultima fine, anche per la formazione del dolore, dipenderà da Satana e da coloro che lo servono”. Ophalith guarda a Dio e dice:

56. “O caro Signore, non considerami senza modestia, se non mi vuole entrare nella testa, ancor meno nel cuore, affinché Tu, Onnipotente, che non hai bisogno di soffiare per creare dei Soli oppure per fondere una Creazione, puoi diventare un ‘Figlio’, e nato da una donna. Questo premetterebbe che …”, egli indugia ad esprimere il pensiero.

57. Dio lo aiuta gentilmente: “Sarebbe impensabile che Dio si lasci generare e partorire? Tutte le cose riposano su ambedue i fondamenti della Creazione come principale Dualità. Pure così il santo Atto della Mia procreazione e la nascita: nel Regno, attraverso le Forze dei pensieri; nella materia, attaccati all’esteriore, perché Satana ha levato al di sopra dello Spirito la sua opera esteriorizzata. Ma dato che Io sono il Generatore-Ur della vita, in vista di una nascita del Figlio la procreazione è già avvenuta da tempo, e per questo non ci vuole nessun Atto corporeo.

58. Del tutto diversa la nascita! Quella donna che porterà il Frutto dello spirito, è pre-benedetta da sei Eternità. Al tempo, Io stesso MI genererò. Solamente, questo Atto di Grazia precederà la Nascita. (1a Pietra miliare cap. 4). Nato come Bambino, allora sarò umano presso gli uomini, pure come sono ora presso di voi come Dio, per spiritualizzare la materia per l’ultima redenzione! Lo comprendi?”

– Dopo un lungo silenzio, Giobbe confessa: “Signore, non riusciamo ad afferrare il Tuo SANCTO SANCTORUM, e considera che non è nemmeno necessario. Lo vedremo nella Tua magnificenza, quando saremo diventati nuovamente spirito”.

“Sotto tutti i punti di vista tu sei il portatore della Pazienza”. Il Signore pone la Sua destra sul capo di Giobbe. “Ciò che rimane nascosto al mondo, lo rivelerà il Mio Santuario, quando vi dirò: ‘Entrate nella Gioia del vostro Signore’! (Matt. 25,21).

60. “Signore”, dice il medico, “hai interrogato Elifas sulle stelle. Ero lieto che la domanda non è stata posta a me. Noi sappiamo molto dalla sapienza dei Caldei che hanno dato nomi alle stelle, ma hanno davvero questi nomi? Quelle figure viste dalla Terra, vedendole da vicino, restano le stesse? Di notte dipendiamo dalle luci del Tuo cielo; io vedo in loro anche un’indicazione di un Dito pietoso, che indica la via verso il Cielo. Noi dobbiamo guardare ‘in alto’ per mantenere di notte la direzione delle nostre vie”.

61. Dice il Signore: “Per quanto si tratti della materia, la sapienza dei sapienti è giusta. Abitanti di altri mondi vedono le Stelle dal loro luogo diversamente e danno loro i nomi secondo la loro lingua. Se ti trovassi su un Sole appartenente a Orione, allora si dissolverebbero la maggioranza delle immagini che conoscete, perché da un altra distanza esse formano nuove forme con altre stelle. Invece molte formazioni che da qui non si vedono, apparirebbero pure nuovi nelle vostre immagini note del cielo.

62. Soli e stelle – come fossero dei nuclei familiari – hanno un legame di parentela. I solitari servono per breve tempo legati a uno scopo; restano quasi sempre degli esterni (outsider). Se un tale vagabondo si lascia catturare da un ‘giudice del Cielo’ (Sole primordiale di un gruppo) giunge anche lui nell’orbita dell’ordine; altrimenti viene dissolto. Però, come con il figlio perduto, eso rimane per lungo tempo un ‘viandante della Creazione’, di certo inconsapevole. Conservate perciò quello che sapete, vi serviràe per uno scopo buono”.

63. Il medico si mordicchia le labbra, ringraziando in silenzio, nell’orlo delle maniche del Signore. – Mezzanotte è vicina, ma nessuno pensa di andarsene. Alla porta giacciono due cani vigili. Ra-Tana fa portare nuovi cibi; tutti ne prendono. Fra il mangiare e il parlare il Signore dice particolarmente gentile:

64. “Ora, Mie care figlie, avete ascoltato diligentemente e ne siete cresciute dentro nella Mia mano di Padre, ma Io non ho creato delle figlie mute. Nessuna ha da porre a Me una domanda?” – Le donne si spostano imbarazzate. Fra gli uomini, non devono tacere? In certe case non sono nemmeno ammesse alla tavola.

65. Giobbe dice: “Non ammetto che una donna sia così senza diritto. Deve portare i pesi, compiere i lavori e portare i figli agli uomini. O Creatore-Padre, quale differenza esiste davanti a Te, fra i sessi?”

66. “Ho indicato i fondamenti della Creazione”, spiega il Signore. “Per uno scopo ben più alto l’uomo e la donna corrispondono alle due Leggi fondamentali. Essi sono pari, e davanti a Me completamente uguali, anche se ogni genere ha la sua propria legge e il suo proprio adempimento. L’uno senza l’altra non arriva al perfezionamento.

67. Un giorno su questo mondo varrà la parità. Certo, dapprima il diritto sarà nascosto; solo che questo è anche il caso con il sesso dell’uomo. Nella genesi della Creazione l’uomo è il Principio conducente, la donna quello complementare. Le Mie figlie portano un grande peso d’onore per Sadhana, stanno come in seconda fila, ma non davanti a Me! Ebbene, si mostrerà prima dell’ultimo tempo. – Ora una figlia deve parlare per l’altra”.

68. Ra-Tana tocca la giovane moglie dell’oste (cap. 14,49) che non è imbarazzata nel parlare. Ardente come il papavero, preme spaventata le sua mani sul petto. Davanti agli uomini non le mancherebbe, …ma davanti al Signore? E davanti ai …celesti? Gli occhi di Dio le tolgono la timidezza, e lei comincia:

69. “O Signore, hai detto pietosamente che saremmo le Tue figlie cresciute nella Tua mano. Ti prego, per questo dimora Tu nei nostri cuori. Poter amare Te è la più sublime beatitudine! L’amico Giobbe ha sempre annunciato di Te con la più grande Grazia, Pazienza, Amore e Misericordia. Tuttavia il nostro sacerdote parla preferibilmente della Legge della maledizione, che punisce il misfatto dei genitori sui figli fino alla terza e quarta generazione. Posso dire ciò che ne penso?”

70. “Fa pure”, figlia Mia, “e gli uomini devono stupirsi di quale spirito dimora in una donna”.

– La donna diventa di nuovo rossa, perché Dio l’ha lodata e gli uomini la guardano. “Io penso…”, nel frattempo si fa coraggio, “…che ciò ha un altro motivo. Tu, Signore, sei eternamente buono! Puoi punire qualcuno per cose che non ha fatto? D’altra parte, benedire dei posteri cattivi?

71. Qualcosa la pareggi Tu, che un tempo non debba nulla all’altro. Ma dove sarebbe la Giustizia, se dei buoni figli fossero puniti per i cattivi genitori, e dei cattivi figli no, grazie ai loro buoni genitori? Infine, il sacerdote parlava di punizioni fino alla quarta generazione, ed ha dimenticato la benedizione. Io …” diventa purpurea, “…aspetto un figlio. O Signore, non punirlo per via di me! È stato generato innocente, e nascerà senza colpa. Fallo stare sotto la Tua benedizione mille volte!”. Si alza bruscamente e, singhiozzando, nasconde il viso nel Grembo di Dio.

72. Le amorevoli mani di Dio sollevano la madre e le asciuga le lacrime. Il medico si siede accanto a Ra-Tana, e si accorge che da questa parte dove siede anche l’angelo, Dio è da guardare magnificamente. Aveva pensato che ‘accanto’ a Dio fosse particolarmente bello, ma quello non era un tavolo dove potersi sedere col Padre.

73. Nel frattempo il Signore dice: “Mia cara figlia, hai chiesto la cosa migliore, ciò che serve al divenire di un bambino. Il fariseo, quando sei nella sinagoga, lo dice intenzionalmente così perché siete amici di Giobbe e non considerate molto il tempio. Nessuno ossa avvicinarsi a Giobbe, poiché là l’alto giudice avrebbe da lui un lume. Così lui ci prova con deboli donne, e tu hai ascoltato la parola più per precauzione d’amore per il bambino che per il tono del fariseo.

74. Il piccino è benedetto, per via di te e del tuo uomo. Dunque, vi sia detto questo: ‘…chi perseguita il malfatto dei padri nei figli fino alla terza e quarta generazione, per coloro che Mi odiano’ (Es. 20,5). Questa postilla indica che succede una divina punizione su coloro che Mi odiano come lo fecero i loro padri, quindi se loro stessi sono cattivi, lo dimentica volentieri il fariseo.

75. Ma esistono figli buoni e figli dei figli che portano dei pesi nell’innocenza. Allora pensate: delle anime vengono dal Regno e prendono – certo, qui, non sapendolo – liberamente dei pesi, per liberare gli avi, affinché anch’essi giungano alla Grazia. La terza o quarta generazione si riferisce secondo la Grazia alle Mie Essenzialità.

76. Di conseguenza nessuno porta un peso ingiusto. Se qualcuno è cattivo come gli avi, allora è giusto così; allora egli proviene dalla stessa base. Se uno è buono, allora è ‘dall’alto’ ed ha accolto il peso nel servizio per il prossimo. Questo sacrificio poi lo calcolo il doppio.

77. Ora ancora il contrario: ‘Colui che conserva la Grazia nella millesima generazione e perdona il malfatto, l’infrazione e il peccato!’ (Es. 34,7). Nella redenzione della materia degli angeli compariranno in anticipo sul Piano, per pareggiare dei pesi più tardi. Chi Mi ha eletto dal più profondo del cuore, non è soltanto un portatore di benedizione per il passato, ma anche uno spargitore di benedizione per il futuro! Questo include molte braccia, quando vengono chiamati alla resa dei conti. A questo si riferisce maggiormente la Mia Benedizione di mille volte. Inoltre il ‘mille’ vale una Benedizione intera, una che continua.

78. Questo lo avete ben compreso e nel futuro non sarà più a vostro danno, quando la guida cieca dei ciechi cadrà nella sua stessa fossa. Dalla tua linea, cara figlia, sorgerà una profetessa (Anna, figlia di Fanuele - Luca 2,36) che Mi vedrà in anziana età come Bambinello e riconoscerà in Me il Signore”.

79. “O Signore, o Padre, o Amore!”. Piangendo solo di gioia, la donna si getta al petto di Dio. Gli angeli circondano Dio e la figlia; anche una figlia, una prima, povera figlia, come loro l’attendono in modo seriamente-santo, presto vorrà affidarsi nuovamente al loro Padre. – E gli occhi di Dio splendono. Allora accorrono tutte le donne, si appoggiano a Lui ed Egli le consola e le benedice. A Ra-Tana dice ancora: “Dall’alto spirito di Giobbe, i tuoi primi figli sono diventati puri. Ora ne arrivano degli altri, e devono discendere dal Regno e circondare il tuo tavolo, perché Mi hai preparato la Cena”.

80. “Signore”, singhiozza Ra-Tana, “è la Tua tavola dove noi possiamo sedere!”

“Sì, figlia Mia. Ho trasformato la tua tavola perché in un tempo Mi hai sacrificato il tuo cuore”. Ah – è sufficiente quest’immagine che ha del miracoloso! – Le donne sono inginocchiate dinanzi a Dio, gli uomini stanno dinanzi al Suo volto, ai due lati i quattro angeli. Un’immagine dalla Creazione come l’ha vista Dio, quando Sadhana avrà guidato il piede dalla povera lontananza, cosicché lei – ritornata a Casa – potrà di nuovo riposare del tutto nel Suo grembo. E le molte figlie del Cielo intorno ad entrambi, e i figli, stando dinanzi al Signore, e i quattro guardiani nel quadrato delle colonne del Signore. –

81. O Tu, alto Santuario, apri presto le Porte; lascia ritornare tutti i figli lontani per la più sublime Gioia del tuo Signore, dell’

 

Onnisanto-Ur,

nel Sancto Sanctorum!

 

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APPENDICE

 

Secondo la Bibbia non è quasi possibile stabilire precisamente quando Giobbe è vissuto. Se il suo tempo di vita in questa presente Opera viene indicato secondo Ezechiele e Daniele, questo ha un motivo più spirituale, dato che ne risulta un’epoca di tempo puramente storico.

La funzione di Ezechiele comincia con il 30° anno di governo del re giudaico Jojachino. Daniele viene indicato dopo Ezechiele, mentre invece il terzo anno di governo di Jojachino e con questo l’intero popolo giudaico di Nebucadnedzar, più che vent’anni dopo Jojachino, nella prigionia ventennale guidati a Babele. In questo tempo, Daniele era ragazzo (Dan. 4,1), quindi aveva circa 16 anni. Ezechiele secondo questa indicazione di tempo aveva già operato anche prima di questa prigionia.

Proprio prima di questa lunga prigionia, alla quale ne precedette un’altra anche più breve, soprattutto dove vivevano nella stessa e dopo circa tre generazioni – come si lascia constatare – non potevano essere fatte precise indicazioni di tempo, e sono andati perduti nel tempo di crisi. Prima, fino alla fine del regno israelita (722 a.C.), da tutti i grandi uomini sono stati indicati tempi più precisi, come anche delle generazioni, persino con acuta coscienziosità.

Per Giobbe non ci sono indicazioni, ed è più che probabile che nei caotici periodi di tempo fra il 722 e il 455 a.C. gli scrivani storici successivi poterono classificare solo per stima qualche personaggio principale, Questo può valere per Giobbe. Durante queste prigionie o come co-prigioniero sarebbe stato impossibile che potesse essere così ricco come comunica la Bibbia.

 Potrebbe, rispetto alla sua ricchezza, aver vissuto prima del 722, ma allora il suo tempo, soprattutto la sua successione di avi, come anche altri, avrebbe potuto essere indicato. Questa indicazione più importante manca. Successivamente, quando Kores, Dario ed altri re non lasciarono ricostruire soltanto Gerusalemme, ma restituirono anche molta refurtiva (Esd. 6,1-9 ed altro), in modo che fra il popolo ritornato a casa scomparve la povertà, allora anche Giobbe avrebbe potuto diventare di nuovo o essere stato ricco. Se ci si poggia in quest’opera presente su Ezechiele, su Daniele, su Kores, allora con ragione, dato che i nominati vissero probabilmente prima di Giobbe, almeno nella sua prima giovinezza.

L’indicazione in Ezechiele (14,14) su Noè, Daniele e Giobbe è in primo luogo una pura aggiunta storica a posteriori nel testo; in secondo luogo, proprio questa successione dei tre uomini da’ anche la successione ordinata della loro vita terrena. – Questo deve valere come indicazione, affinché non si crei nessuna confusione di tempo.

 

 

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1 I corpi Cosmici periti non devono essere scambiati con il seguito. – La prima Terra, chiamata secondo Leopold Engel “Mallona”, predeceduta all’attuale, non ha nulla a che fare con l’Atareo distrutta. Questa, la formazione spirituale del Sole più magnifico nel Regno, era stata data alla prima figlia SADHANA. Allora non esisteva ancora nessuna materia, perché la caduta non era ancora avvenuta; così nemmeno esisteva alcun mondo come esistono nel nostro noto sistema planetario.

[2] Morti: qui parlano di coloro che non tornano più nel loro regno della tenebre, evidentemente essendo stati riscattati per il regno della Luce.

[3] Non trovare Caino/Donar da nessuna parte: così è creduto dai due demoni, perché Caino, pentito, scelse di restare sulla Terra quale spirito, perciò resta invisibile ai due e a tutti quelli del suo vecchio regno, restando qui, spiritualmente, sulla Terra, fino al Giudizio, non quello del diluvio, ma quello profetizzato e prossimo in cui ci sarà la chiusura della stirpe di Adamo dopo la nuova Creazione, per il regno millenario. [vedi “il Governo della Famiglia” vol.1 cap. 25]

[4] Nel Sacrificio: nel colloquio è inteso, ed è evidente, che la necessità di un Sacrificio della Divinità, cioè una Sua incarnazione, quindi una Sua manifestazione visibile, era conosciuto nel Regno dai figli, anche dai caduti.

[5] Ciò è riferito a se stesso, essendo lui l’arcangelo della Pazienza.

[6] Il primo mondo: Mallona, il pianeta esploso. – E qui comprendiamo quanta ramificazione esiste nelle vicissitudini legate al mondo dello spirito, addirittura quelle di un intero mondo, aizzato dal maligno.

[7] I sette erano la mia creazione: per la veridicità di questa affermazione, rimandiamo il lettore al Governo della Famiglia di Dio – vol.1 cap. 5, 12.

[8] I quattro guardiani fanno parte dei primi del Trono. Essi corrispondono alle quattro Porte (Ap. 4,6) come ad altri paragoni di di immagini profetate del Vecchio Testamento.

[9] Ephata: significa ‘Apriti’. È la Porta di Luce propria di Dio.

[10] Perutam, il 3° guardiano, rappresenta nella Creazione la 3° Camera del Cuore di UR con le Caratteristiche di Pazienza e Amore. Nell’Altissimo la 3° Camera del Cuore-Ur corrisponde al SALVATORE, anche alla 3° Corrente, venendo dal Centro (Mediatore) dell’Eden (Luce)

[11] I piccoli – i grandi: Dopo la ‘caduta’ le innumerevoli schiere si poterono classificare in quattro grandi ordini: i piccoli e i grandi della Luce e i piccoli e i grandi delle tenebre. Vedi la spiegazione in “Appendice Karmata”.

[12] Per un significato più profondo del concetto accennato dal Signore, rimandiamo il lettore al testo “Eternità UR in Spazio e Tempo”)

[13] L’avvento della Misericordia è un concetto ampio, già accennato tramite Jakob Lorber nel “Governo della Famiglia” al cap. 5, poi ripreso con A.Wolf in più punti, per specificare questo avvento nel 7° Giorno di Creazione, dopo il regno millenario e il ritorno del figlio perduto.

[14] Formazione-Ur: qui è intesa la loro formazione originaria, ma in questo caso il riferimento del Signore è ai figli creati in origine da Uraniel, il primo spirito creato dai primi tre, quale rappresentante dell’Ordine nelle sette Caratteristiche.

[15] Ancora una volta viene ribadito che il ‘Sacrificio di Grazia’, cioè l’incarnazione terrena del Padre per recuperare uno dei primi tre creati, poi caduto, e quindi una Vita terrena della Divinità già preventivata in un Sacrificio finale, era ben conosciuto a tutti nel Regno.

[16] La Misericordia: tramite un'altra rivelazione, nel 1840, data a Jakob Lorber [cfr. “Governo della Famiglia di Dio”. vol.1 cap.5] si viene a conoscere che oltre i sette arcangeli rappresentanti le sette caratteristiche, i primi tre spiriti creati furono Lucifero, la luce’; Gesù, l’amore; e il terzo che si manifesterà alla fine della prima Creazione, come Misericordia, la stessa Divinità’.

[17] Qui non si riferisce a Rahab la prostituta di Gerico salvata per la sua fede dagli esploratori inviati da Giosuè [Giosuè cap.2], ma significa ‘ladro di luce’, riferito a Satana-Lucifero come a tutti i rinnegatori di Dio.

[18] Giobbe riferisce qui che era stato in contatto con i suoi ‘fratelli di Luce’, i patriarchi, ovvero gli arcangeli già incarnati in: Raphael-Enoc (3500 a.C.); Muriel-Abramo (2000 a.C.); Uraniel-Mosè (1500 a.C.); Michael-Elia (850 a.C.); Zuriel-Isaia (740 a.C.). (vedi “Spiegazione delle sette Caratteristiche di Dio”)

[19] Longanimità: atteggiamento di grande tolleranza e comprensione, l’essere indulgenti.

[20] La sposa del vento: il riferimento è a Sadhana, il male, il maligno, l’oppositore, qui identificato con un altro termine, quale ‘sposa’, cioè sposa degli amici in un connubio stretto, ma ‘del vento’, cioè evanescente, senza valore, che ‘fruscia’, come il rumore del vento forte.

[21] Di fronte la tuo cammino terreno: qui si evince che, sebbene nella carne, l’arcangelo Alaniel-Giobbe sapeva della futura predetta incarnazione del Signore.

[22] Qui si allude all’incarnazione, concessa a chi la desidera, che certamente non può essere paragonata alla vita nel Regno, quella di prima.

[23] La figlia dell'oste proviene dal suo primo matrimonio. La già citata giovane moglie dell'oste è la sua seconda moglie. (cap. 15,32)

[24] (nota di Anita): L’ora della ‘Sera della Creazione’ dipende dal 3° tempo, simbolicamente insieme al 3° elemento Terra, al 3° anno-Ur d’azione (anche 3° ciclo-Ur), alla 3° sostanza-Ur, alla 3° camera del cuore. Da vedere come la Terra sia il 3° pianeta del Sole. Il preludio a questa ‘Sera della Creazione’ inizierà con Gesù.

[25] La scritta rovente «menè, tekèl, perès», fatta da una mano invisibile sul muro alla corte del re Badassar, poi spiegata da Daniele-Baldazzar così: menè: Dio ha misurato il tuo regno e gli ha fissato un termine; tekèl: sei stato pesato nella stadera e sei stato trovato al di sotto; perès: il tuo regno sarà diviso e dato ai persiani.

[26] Un grande: un arcangelo, in questo caso, visto che ha un magnifico mantello, si comprende che è Uraniel, il portatore dell’Ordine, sulla Terra quale Mosè. (Vedi l’Opera “Quando morì Mosè” cap. 10).

[27] Rinato: il riferimento è a Sadhana/Lucifero, che sarà vinto con il Sacrificio di Dio in Gesù, il Quale dopo la morte, mentre ancora è con il corpo sulla croce, il Suo spirito scende agli inferi per presentarsi allo spirito di Lucifero-Sadhana, esortandolo al ritorno, a riconoscere il Sacrificio del Padre per lui. Alla fine lui Lo riconoscerà come Padre e da lì comincerà la sua riconversione. Perciò Paolo dirà che ‘la morte è vinta!’. (Vedi la 3° Pietra miliare “Golgota”)

[28] Le pietre: quelle che impacciavano la morfologia del terreno per la posa delle tende del campo, nel quale vi erano circa un milione di persone alla guida di un solo capo, Mosè. (vedi l’Opera “Quando morì Mosè”)