- Rivelazione –

(Dettato ad Anita Wolf nel 1949/1950)

 

 

NASCITA

 

La prima Pietra miliare

dalla Vita di Gesù

 

(ovvero: il concepimento di Gesù in Maria nel Cielo)

 

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«Ecco concepirai un figlio,

lo darai alla luce

 e lo chiamerai Gesù»

[Luca 1,31]

(Testo aggiornato con revisione del dicembre 2019)

«Ecco, una vergine concepirà

e partorirà un figlio,

e lo chiamerà Emanuel»

[Isaia 7,14]

Premessa alle 4 Pietre miliari

 

Titolo originale:  Die Geburt

 

Traduzione di Ingrid Wunderlich e Antonino Izzo

Tutte le opere (in lingua tedesca) vengono consegnate gratuitamente agli amici che cercano la Luce

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Edito dal circolo degli amici di Anita Wolf - C/o Jurgen Herrmann

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Sito:           http://www.anita-wolf.de 

Questa edizione in lingua italiana è stata curata dal gruppo:

‘Amici della nuova Luce” – www.legamedelcielo.it

Contatti:    info@anitawolf.it

 

INDICE

Cap. 1           L’arrivo di Giuseppe

Cap. 2           La preghiera di Maria, ospite di Giacobbe e Rebecca

Cap. 3           Maria profetizza sul Messia – Giuseppe contende con Giacobbe

Cap. 4           Il sogno di Maria: il concepimento in Cielo

Cap. 5           Riflessioni sul sogno - Gabriel consola Maria

Cap. 6           Lo scandalo della giudea – Maria condotta da Elisabetta

Cap. 7           Giuseppe, paralizzato dal dubbio, ha un sogno – Un giovane lo guida da Elisabetta

Cap. 8           Giuseppe a casa di Elisabetta, poi raggiunge l’amico

Cap. 9           Un angelo annuncia la venuta del Salvatore

Cap. 10         La visita di Zuriel e Gabriel ai cinque prescelti

Cap. 11         Sulla preparazione di Ur a Salvatore

 

 

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Cap. 1

L’arrivo di Giuseppe

1. Il banditore del tempio fa risuonare la sua chiara voce attraverso le viuzze della piccola città nella Giudea del nord; egli chiama alla preghiera della sera e ordina, nello stesso tempo, il riposo da ogni faccenda umana.

2. In una casa d’angolo fatta di mattoni scuri, che verso il vicolo non presenta nessuna finestra, bensì una porta alta, non molto larga e provvista di un picchiotto di ferro, sul tetto piatto, in alto, è seduta una giovinetta. In realtà, si dovrebbe dire ‘fanciulla’; perché i tratti dolci leggermente bruniti sono così delicatamente infantili, che nessuno le stima più di quindici primavere. Eppure – chi si occupa più da vicino della pura, giovane giudea, deve costatare con stupore, quale spirito insolitamente alto, profondità d’animo e forza di cuore, siano improntati sul suo volto.

3. Proprio nel momento in cui il banditore passa davanti alla casa, risuona il picchiotto di ferro. Dal cortile si alza una voce rivolta alla solitaria lì seduta: “Maria, apri, devo togliere di mezzo rapidamente il mio lavoro, è già annunciata la sera”. La fanciulla Maria si alza prontamente. Un lieve rossore si propaga sulle sue guance dolcemente arrotondate, per alcuni secondi soltanto, poi delle scure e vellutate ciglia si posano proteggendole gli occhi, il cui profondo blu risplende lontano dalla Terra e vicino al Cielo. Scende rapidamente la scala di pietra usurata e si affretta attraverso il corridoio scarsamente illuminato che separa le stanze delle donne, le quali guardano verso il cortile, dalle altre stanze. Poi apre la pesante porta. L’oro della sera del Sole calante, getta una fluida luce nelle fessure del battente, e dona al buio pianerottolo un’apparenza quasi solenne. E nel mezzo della celestiale luce dorata si trova Maria, la snella, l’infinitamente pura Maria, la ragazza fanciulla, l’israelita dalla stirpe principesca, essa stessa una Luce nelle sfere fuori dal mondo.

4. Questo sente, così forte e improvviso, l’uomo che chiede di entrare, cosicché egli, contrariamente all’uso, si china sulla sottile mano liberamente offerta. Per di più, Maria è la sua pupilla del tempio, che egli, a causa di un lungo viaggio di lavoro ha portato in una casa amica. Come un papavero rosso sangue, così s’infiamma la fanciulla, perché insolita è quest’azione. Essa venera l’uomo già invecchiato, come quell’altro qui in casa che lei chiama ‘padre’, e che ama come ama la buona donna che le fa da madre.

5. “Arrivi tardi, padre Giuseppe”, dice Maria, e aggiunge, per nascondere la sua confusione: “Va’ dal padre della casa, egli è ancora al suo lavoro. Più tardi, chiamiamo per la cena”. – Con ciò si volta e ritorna correndo sul tetto. La corsa è come una fuga. Lassù si siede sul suo sgabello, nasconde il volto infuocato nelle due mani, mentre grosse lacrime cadono in silenzio fra le dita affusolate, giù, sui rossi mattoni del tetto. ‘Perché piange l’anima mia?’, essa si domanda. ‘Che cosa ho io a che fare con quest’uomo, al quale fui aggiudicata dal tempio, e che è di cinquant’anni più vecchio di me? Sì, lo amo, ma so io che cosa sia l’amore? Così, come la mia amica Rebecca è affezionata al suo Giacobbe? Non lo so! Io lo adoro, lui è uno dei nostri padri più considerati. Vorrei costantemente rimanere sotto la sua protezione. Ma come? Come può avvenire questo?’. Manda un profondo respiro, ed è perplessa.

 

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Cap 2

La preghiera di Maria, ospite di Giacobbe e Rebecca

1. Si alza. Presto si fa buio; la notte scende sulla Giudea nel colore di un caldo violetto. Ma presto sale una brezza fresca. Maria s’inginocchia allo sgabello, pone la fronte sulle mani giunte e prega: “Dio dei miei padri, Tu Verace sulla Terra, grande è la Tua Bontà e Onnipotente sei Tu su tutti gli uomini. Hai salvato il mio popolo dalla mano dell’Egitto e lo hai guidato meravigliosamente fuori da Babilonia, dove restò a lungo prigioniero; lo guidasti attraverso il grande deserto, facendo piovere la manna dal cielo. Gli donasti grandi profeti e uomini che parlavano dal Tuo Spirito. E a noi, o Signore, hai promesso il ‘Messia’ che dovrà liberare il Tuo popolo dalle mani dell’oppressione. Ahimè, Tu hai riconosciuto il mio cuore, e anche se io sono solo una misera ancella, hai comunque abbassato Tu, o Dio, il Tuo volto su di me, e i Tuoi occhi guardano la mia via. È da tanto tempo che mi mandasti degli angeli come compagni di gioco; adesso attendo invano gli allegri messaggeri del Tuo Regno. E ciò che l’ultimo angelo mi annunciò al pozzo, io non lo so, o Signore, che cosa significa. Perché devo fare a meno della Luce e della conoscenza? Posso io non amare e onorare Giuseppe, come questi genitori che Tu mi desti, affinché non avessi da stare sulla Terra senza l’amore del padre e della madre? Mostrami la giusta via, che io possa camminare davanti al Tuo volto e stare sotto il Tuo riparo e la Tua protezione, o Tu, Altissimo, Dio d’Abramo, d’Isacco e di Giacobbe. Rivela presto il Tuo Regno, e mandaci il Tuo Messia!”

2. Dei passi che si avvicinano, interrompono la preghiera. Prima che possa rialzarsi, la mano di una donna sta sulla sua spalla. Anch’essa è di stirpe principesca come Maria, sebbene non della stirpe di Davide, e ama la fanciulla che le è stata affidata come una figlia, anche se solo per un breve tempo. Perciò l’ammonisce con autentico sentimento materno, dicendole: “Figliola, sei sul terrazzo da molto dopo il calar del sole; è troppo fresco per te, e ho anche aspettato il tuo aiuto. Abbiamo un ospite”.

3. “Perdonami!”, Maria si stringe alla donna chiedendo perdono. “Ma vedi. Dovevo pregare per il nostro Messia”.

4. “Ma che cosa ti succede? Sei stata educata troppo alla maniera del tempio, e il padre – non voglio giudicare – ha fatto di te, interamente, un’erudita, non una vera israelita”.

5. “Non essere in collera, madre! Non è autentico israelitismo, pregare per il Messia, affinché Egli venga presto per liberare il nostro popolo dal giogo straniero?”

6. “Dai romani?”, la fiera donna si drizza sulle spalle. “Questi sono discorsi che riguardano solo gli uomini, noi donne in questo non abbiamo nessuna parte e, …va bene così”.

7. “No!”, osa contraddire Maria, “Non va bene! Ho ascoltato molto, nel tempio. Il nostro popolo ha poche donne, Rut, Debora e altre, che sapevano della lotta, della vita del popolo, e stavano nelle prime file. Nelle nostre donne c’è più forza di quella che si intuisce negli uomini. Se questa fosse donata al popolo attraverso i figli, Giuda potrebbe stare regalmente davanti a Roma e Bisanzio! Che noi donne non dobbiamo essere altro che custodi subordinate della stretta casa, toglie al nostro popolo la forza migliore”.

8. “O Dio dei nostri padri, perdona i discorsi scandalosi di questa fanciulla”, sbraita la giudea, e batte le mani sospirando.

9. “Perché scandalosi?”, domanda una calda voce maschile. Le due donne non avevano sentito arrivare il padron di casa e l’ospite. “Questa fanciulla ha più sapienza, più conoscenza che tutti gli uomini d’Israele, eccettuato il sommo sacerdote”, dice Giuseppe. “Perciò ha anche più amore. Solo chi attende il Messia con ansia e con cuore ardente, ama il suo popolo, il prossimo, gli amici e la famiglia. Il Messia ci libererà dal pesante giogo”.

10. “Dai romani?”. Ancora una volta l’acerba domanda dall’aspra bocca della donna, accentuata stranamente.

11. “Perché vuoi dubitare?”. Rimproverando severamente, ma amorevolmente, s’inserisce il padron di casa nel discorso. La giudea scuote solo le spalle. Anch’essa sa più di quanto una donna di una casa giudea possa sapere? Ha forse lei già combattuto da molti anni una solitaria, perciò inutile lotta contro l’umiliazione, contro la privazione dei propri diritti, contro l’asservimento spirituale della donna? Nessuno sospetta di questo; la bocca orgogliosa comprende di dover tacere.

12. “Venite!”, dice lei soltanto, e procede agilmente avanti. “La cena è pronta”. Mentre scende le scale, Maria deve riflettere sulla domanda. Che cosa significa questo? Perché il Messia non deve liberare il popolo dal giogo romano, come lo sentì di nascosto nel tempio? Non sta scritto: ‘Ed Egli farà beato il popolo Suo’? Può essere inteso qualcos’altro con questo, che il sentimento beatificante di tutto il popolo: ‘Libero da Roma’? Oppure… I pensieri di Maria sono interrotti. Una domestica serve il pasto. In questa casa non ci sono schiavi. Quando il padron di casa porta qui le povere creature dopo l’acquisto o la conquista, e hanno varcato la soglia, essi sono figli della casa, liberi, anzi, possono andarsene persino liberi, cosa che finora, mai è accaduto. Oh, quanto per questo lei adora il padron di casa, come per molte cose che pochi compatrioti fanno. Devotamente, ascolta la conversazione degli uomini; anche la padrona di casa tace, come pretende la severa usanza.

 

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Cap. 3

Maria profetizza sul Messia

Giuseppe contende con Giacobbe

1. L’opinione sull’atteso Messia va di qua e di là. Giuseppe considera l’evento più spirituale di quanto non lo consideri il padron di casa, sebbene anch’egli non conosca la Verità. Egli dice: “Sta scritto: Un fanciullo ci è nato, un figliuolo ci è dato, e l’imperio è sulle Sue spalle, sarà chiamato Consigliere ammirabile, Dio potente, Padre eterno, Principe della pace” [Isaia 9,5].

2. “Questo, deve escludere che il Messia ci liberi dai romani pagani?”. La domanda non pretende nessuna risposta affermativa; essa lo è già, insita nella sua espressività. Egli aggiunge: “E sta scritto che Egli sarà un Araldo, un potente che cammina dinanzi al popolo. Avremo un re che spezzerà tutti i troni pagani!” [Michea 5,1]. Gli occhi scuri, pieni di fervore, s’illuminano ardentemente e scrutano anche nei puri tratti della fanciulla, se gliene venga una conferma. Ma oggi non ottiene nessuna silenziosa risposta, com’è accaduto finora, da quando Maria si trova sotto il suo tetto come figlia ospite. No, come assente spiritualmente lei siede di fronte a lui, ma straordinariamente pallida e silenziosa. Quando Giuseppe vuole continuare il discorso, lei si alza, visibilmente come spinta da una forza estranea. La sua mano destra accenna a una lontananza, la cui esistenza è totalmente sconosciuta.

3. La sua voce suona estranea, quando essa dice: “Egli verrà, per rendere beati i buoni, per giudicare i malvagi! Ma viene dal Suo Regno e vi ritornerà. Coloro che intendono la Voce e Lo seguono, li condurrà nel Suo Regno che non è di questo mondo!”. Tutti sono atterriti per queste parole. La madre piange: ‘La fanciulla si è improvvisamente ammalata? Non ha vissuto nel tempio, morigerata fin dalla primissima giovinezza? Non ha giocato spesso con gli angeli, che era una gioia guardarla? Non è come sua figlia? Perché alla sua rispettabile casa capita una simile verga punitiva di Jehova?’. – Anche il padre è stupefatto, sconvolto interiormente da simili parole, e rimprovera amaramente se stesso, per aver continuato a stimolare lo spirito templare della fanciulla, invece di contenerlo. “Oh, figliola mia”, esclama alla fine, “come ti viene un simile pensiero? Non sai tu, quanto ardentemente io e il popolo attendiamo il Messia com’è promesso, affinché faccia di nuovo grande la nostra Giudea davanti a tutti i popoli della Terra?”

 4. “Voi attendete invano questo Messia!”, le parole si abbattono severe dalla giovane bocca. “Colui che viene, è un Re nel Potere interiore e di grande Magnificenza dallo Spirito di Dio!”. – Dopo queste parole profetiche grava un lungo, inquietante silenzio sulle quattro persone. La madre è profondamente scossa; essa la pensa diversamente sulla fede del popolo, ora diventata materialista. Ma come può questa fanciulla? – ‘No, la sua conoscenza non è ancora maturata fino a questo punto, e questo è il genere di profezia che le fa temere molto di più per la salute corporea, che per l’animo delicato e sensibile della fanciulla’.

5. Tutt’altro, Giuseppe! Dopo che il suo primo turbamento è passato, egli guarda con occhio meravigliato a Maria. ‘Ah, quanto ha ragione la giovane profetessa. Questa interpretazione è dalla vera antichissima profezia, com’è andata perduta non solo al popolo, ma anche ai sacerdoti. Come vorrebbe proteggere e custodire quel fiore estraneo! Ma, - ne sarà capace? La porterà nuovamente in casa sua, perché lei gli è stata affidata dal tempio? Solamente, …sarà sufficiente la protezione della casa, per custodire quel cuore puro?’

6. Il padron di casa è pieno di conflitti interiori. Certo, egli detesta l‘annuncio del Messia interpretato materialmente; ma che verrà un Re a restaurare il trono di Davide, la dinastia millenaria del seme di Abramo, a fare Israele più grande che al tempo dello splendore di Salomone, a spezzare la violenta dittatura di Roma, e a rovesciare tutti i pagani, questo lo crede fermamente. Soltanto, nel grande ancoraggio politico mondiale della casa di Davide il Re diventerà, sarà e rimarrà un Sovrano di tutti i regni. Non esiste nessun re senza popolo, e nessun popolo giunge al potere del mondo e della Luce, senza un Re! Così è la sua visione.

7. Arrivato a questo pensiero, respinge la profezia come una fantasticheria. Peccato, la fanciulla era così dotata, come nessun primogenito di Gerusalemme. Leggeva gli antichi e ingialliti rotoli delle Scritture, come un lettore del tempio non poteva farlo meglio. Egli sente che Maria con quest’avvenimento è passata in un altro campo di pensiero; egli quasi sente come se fosse passata al nemico. Più ancora, rifiuta con impeto ciò che ha sentito, quando Giuseppe sostiene questo discorso.

8. Maria si alza. Sente chiaramente che deve prendere congedo dal cuore di quest’uomo che le era un autentico padre. Forse anche dalla madre; ed è stanca di piangere. Si lascia andare. Anche la donna si alza, dopo che la domestica aveva preparato ancora pane, frutta e vino per gli uomini. È agitata. Davanti ai figli più illustri del paese si poteva camminare per Maria, pretendendo, mai assolutamente pregando, e anche alla sua casa sarebbero toccato splendore e celebrità. Ora deve lasciar cadere tutti gli ambiziosi piani, poiché Maria è malata, così pensa. – Lei non conosce le vie del Signore.

*

9. Tutto preme gravemente su Maria, quando si reca nella quiete della sua piccola camera raffinatamente arredata. E ciò nonostante è colma di gratitudine e giubilo, anche perché è venuto Giuseppe. Ha avvertito la sua approvazione interiore che le è stato come un involucro che, un Invisibile, le ha messo intorno; infatti, la mancanza di consiglio su tutte le cose terrene ha steso la sua ruvida, burbera mano, verso la sua pace. Prega. Vuota l’afflitto cuore al Dio del suo popolo, e ora all’improvviso, sa che per lei è diventato un Dio del tutto diverso da come Lo insegna il tempio. Pura, infantile è la sua preghiera; e nuovamente sente l’Invisibile che stende su di lei il mantello della pace e della quiete. Si addormenta beata, non sospettando nulla di quanto nel frattempo è discusso sulla sua vita esteriore.

10. I due uomini stanno seduti a lungo taciturni, uno di fronte all’altro. Ora il padron di casa alza lo sguardo da profonda meditazione. “Cosa deve essere con Maria? Vuoi tu di nuovo prenderla con te, com’è tuo diritto secondo il tempio? Io conosco i sintomi. Un giorno peggiorerà, e la malattia si chiama: possessione". E manda un sospiro doloroso.

11. “Ma non è così”, replica calmo Giuseppe, o forse una buona parte di lui è calma più esteriormente che interiormente. “Ci è capitata una grande Grazia, a cui difficilmente i templari potranno partecipare. Ed io, io ritengo verità ciò che ci è stato annunciato”.

12. “Bene”, il padron di casa domina a stento, ira e conflitto, “possano i templari ricevere Grazia oppure no, posso comunque appena chiamarli amici miei, io, uno dei superiori delle scuole, nel tempio stesso una delle voci più stimate. Ma il popolo, che cosa ha in comune con l’alta genia sacerdotale? Non ha il Dio dei nostri antichi padri guidato visibilmente lo stesso, salvandolo sempre dalla mano nemica? E non ha Egli promesso che vuol benedire il seme dei nostri padri fino alla fine di tutti i giorni? A noi, a noi soltanto deve venire il Re dei re!”. Il superiore si batte con violenza il petto, si fruga la barba incolta e, alla fine, svuota tutto d’un fiato un bicchiere pieno di vino.

13. “Hai ragione solo in parte”, dice Giuseppe, “perché tu ricerchi solo quelle parole delle profezie che possono confermare la tua opinione. Ma se pensi che il popolo sia migliore dei templari, allora ti sbagli. Io ero in Gerusalemme. Vai ai mercati e nei vicoli, e guarda la lussuria! Essi non trescano solo per i loro corpi, ma molto di più per il favore degli incirconcisi. Fanno amicizia con ogni straniero per moneta sonante, mercanteggiano per il potere. Le loro brame di dominio sul mondo sono diventate depravazioni. Sono già arrivati al punto che, in tutti gli angoli covano fiamme nascoste; ci vuole solo una scintilla, ed è scatenato un bagno di lacrime, come la Terra non l’ha mai visto! Vai a Joppe, o meglio, a Cesarea di Filippo, e guarda il seme di Abramo diventato mezzosangue! Non dovresti saperlo tu, come lo sa uno dei nostri più alti superiori? Sì, e poi apri, dove sta scritto: ‘L’erba secca, sì, il popolo è l’erba’. A questi testi tu non presti mai attenzione!”

14. “Se tu avessi ragione, come puoi conciliarlo con la venuta del Messia?”. – “Niente affatto”, dichiara distaccato Giuseppe. “Il Cielo sta sul monte Hebron, del quale talvolta non vedi la cima. Ma se sali sul monte, e cerchi lì di afferrare il Cielo, mi sembra che cercheresti invano di afferrarlo”.

15. “Che cosa ha a che fare questo, con il Messia?”. Una domanda spazientita.

16. “Tu domandi ancora che cosa ha a che fare? Non ti sei accorto che si sta parlando di una venuta spirituale dell’Atteso? Sì, Egli porterà in Sé il Cielo e lo stenderà sul popolo, come son distese le nuvole sul monte Hebron. Chi può afferrare questo Cielo, se i nostri cuori appartengono al mondo? Il Suo Messaggio, che Egli ha da annunciarci, è una morte solo per quelli che vogliono far del Cielo una Terra, del Regno della Pace, che Egli vuole e porterà, un dominio del potere politico ed economico!

17. Se il Messia che ci è stato promesso venisse nel modo come lo sogna il popolo e come lo desiderano i templari, in verità, non ci sarebbe bisogno di nessun Elia e Isaia, né di Geremia né di altri profeti. Un re simile non ha bisogno di annunciarsi millenni prima; esso vien da solo! Di questo genere di sovrani ce ne sono stati molti. E nessuno è stato annunciato prima, nessuno poteva fondare un Regno eterno, nemmeno Salomone, un giorno. E se si ricordano i loro nomi, è in massima parte con orrore. Ma il Re, che noi attendiamo, che Davide celebrava come ‘Suo Signore’, che Maria ha riconosciuto bene, questo Re difficilmente verrà con mondana magnificenza esteriore; perché Suo è il Regno della Potenza e Magnificenza celeste! Ormai mi sarebbe difficile riuscire a credere – poiché attraverso Maria venni a miglior conoscenza – che il Santo baratti il Suo eterno Bene con un misero terreno patrimonio regale”.

18. “Cosa stai dicendo!”, dice il superiore con un sospiro, dopo una lunga pausa che Giuseppe non abbrevia. “Se lo dici tu, amico Giuseppe, allora si dovrebbe ben pensare di esaminare le tue parole. Ma poiché sei giunto solo attraverso Maria a questa opinione, occuparsene è una perdita di tempo”.

19. “Perché l’ha detto una vergine pura?”, a Giuseppe sale un’ondata di caldo alla testa. “Tu, noi tutti innumerevoli uomini, un giorno crederemo in una donna, attraverso la quale ci sarà donato qualcosa di assai meraviglioso!”

20. “Ma non sarà Maria!”. Suona sarcastica la risposta.

21. “Maria…”, Giuseppe, sommessamente, pronuncia il nome e domanda preoccupato: “Che ne sarà ora, di Maria?”

22. “Lo so io già adesso? Essa sarà inidonea per un uomo della nostra casa reale”.

23. Com’è ingiusto, deve pensare Giuseppe. Prima affettuosamente, anzi custodita con orgoglio nel tempio, e consegnata a lui proprio da quest’uomo con particolare ammonimento. Ma ora? Maria deve essere messa da parte senza fare attenzione? – È mosso da una Forza sconosciuta, e dice: “Dammi Maria”. – Ascoltandolo, il padron di casa alza la testa. Che cosa significa tale domanda? Egli è prudente.

24. “Tu sai che Maria spetta a te dal tempio, domani puoi venirla a prendere”.

25. Giuseppe diventa sempre più inquieto, la voce interiore preme sempre di più.

26. “Non così”, supplichevole e conciliante nello stesso tempo, posa una mano sul braccio dell’amico. “Io so che devo prendere Maria presso di me, lo vuole il tempio, benché avrei preferito lasciarla qui ancora per un po’ di tempo, per via dei miei figli. Per questo l’ho portata da te a causa del viaggio, tanto più che tu sei il suo tutore. Ma ora, tutto è cambiato. Maria ha bisogno di più, che solo una ‘tutela domestica’. Io stesso, la voglio sorvegliare come una mia pupilla, anzi, …come tutte e due”.

27. “Ah, la pensi così?”, la breve domanda è ampiamente prolungata. “Avresti pronunciato questa parola, se Maria non avesse avuto quello stupido impulso?”

28. “Difficilmente, ammette apertamente Giuseppe. “Non potrei fissare questo giovane fiore a una stirpe morente. Ciò che però tu indichi come ‘stupido impulso’, è per me la straordinaria, vera e santa Rivelazione di un mistero. E per questo, anche perché mi preme particolarmente, ho il coraggio di prendere Maria”.

29. “Tu l’ami?”. Questo è domandato non senza scherno. – Giuseppe lo lascia passare su di sé, tranquillamente, accenna però alla sua barba grigia dicendo: “Non certo come un uomo amerebbe una donna, così giovane e bella, da non pensare né alla sua né alla propria anima, ma solo al suo sangue. Non così, presso il Dio dei nostri padri! Ma guarda, se ora venisse un angelo, non dovrei amare anche lui? E forse amo Maria così. Io mai la toccherò!”. – Il superiore si lambicca il cervello a lungo. Non sarebbe stato bene se avesse risposto di sì? Può ancora far qualcosa per Maria? Non sente che anche lui sottostà a un potente influsso dello stesso Invisibile che prima aveva aperto la bocca di Maria e toccato il cuore di Giuseppe. Titubante, tende la sua destra sul tavolo verso Giuseppe. “Dovresti domandarlo al tempio. Io solo non posso decidere, posso parlarne in Consiglio. Da me, la riotterrai pura”. Egli non sospetta che Maria è già stata predestinata fin da quel giorno al pozzo.

30. Giuseppe ringrazia ed esce dalla casa dalla quale ottenne un dono di cui non conosce né l’involucro né il contenuto. Certo, è felice, e mormora: “O tu, rosa di Hebron, tu, giglio proveniente dalla valle di Gilgath, nessun uomo sospetta qual bella cosa Mi abbia dato l’Iddio dei nostri padri”.Giuseppe lo esprime con cuore puro, pensando solo al Messia. – Nella locanda, nella quale vuole rimanere fino all’indomani, per poi tornare a casa con Maria, ha comunque dei ripensamenti: “Che cosa devo fare io, vecchio uomo, con la fanciulla?”

 

 

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Cap. 4

Il sogno di Maria: il concepimento in Cielo

1. Maria si sveglia. Ha avuto strani sogni. Stava in un meraviglioso edificio, innalzato maestosamente su un’alta collina. Le sue mura splendevano come vetro, bianco alabastro le ventiquattro colonne che, nello stesso tempo, lo sostenevano e rendevano bello. Quattro porte ampiamente larghe conducevano all’interno. Come fu giunta a una di queste porte, ne uscirono due personaggi vestiti con vesti bianche, fregiate con stelle d’argento, incisioni, cintole e scarpe. Entrambi si chinarono dinanzi a lei, afferrarono le sue mani e la condussero attraverso una porta interna, su un tappeto meravigliosamente bianco. Come entrarono, li abbagliò luce e splendore, cosicché si fermarono subito. Gradatamente lei poté guardare, e vide un ampio e alto salone di cui non afferrava la fine. All’interno, alle stesse pareti meravigliosamente splendenti come cristallo, stavano sette colonne di alabastro. Più in fondo, tuttavia visibili come nel punto centrale della sala, quattro colonne formavano un posto particolarmente elevato. Le colonne sostenevano una cupola ed erano coperte con molteplici incisioni; esse stavano su dorati piedi leonini. Si riunivano sotto la cupola, e da lì pendeva un sole, tenuto da loro in modo invisibile. Maria non sarebbe stata mai in grado di descriverne lo splendore. – Visibili però erano quattro catene d’oro, partendo dalle colonne, da cui pendeva una Coppa per il Sacrificio. Questa era sospesa sopra un fuoco chiaro, limpido, bruciante su un piatto d’argento. Lo stesso stava in mezzo a un tavolo simile a un altare, formando pressappoco l’Arca dell’Alleanza. Era il sacro Focolare. Allora dove cadeva il suo occhio parlava una delle due guide e nominava l’oggetto. Che cosa era il tempio salomonico in tutto il suo fasto e la magnificenza terrena, di fronte a questo Tempio dell’eternità? Quello non avrebbe potuto sostenere nessun confronto. E tutte quelle schiere in sequenza infinita, indescrivibili nel loro luminoso splendore! Tutte si erano chinate dinanzi a lei, non appena passava attraverso le loro file.

2. Lei osservava confusa le sue guide. Queste sorridevano, e quello col segno della corona metteva un braccio intorno alle sue spalle. Così l’accompagnavano attraverso la sala, dove la via le sembrava come senza fine. Ora si trovava davanti al Focolare dell’Altare. Intorno a questo, si trovavano quattro personaggi di Luce particolarmente grandi, simili alle sue guide, alle quali se ne aggiunsero altre cinque. Quando Maria si rese conto di questo, e di molto di più, comparve da dietro il sacro Focolare, una Luce assai splendente. Aumentava in raggiante forza e splendore, gradatamente s’intensificava come in una forma, rivelando così ciò che finora era celato.

3. Presto divenne visibile un Volto, una santa Figura sublime. Maria s’impietrì completamente. Era sgomento, angoscia, oppure timore riverenziale? Non lo sapeva, non poteva spiegare il sentimento che si muoveva nel cuore. Un gran timore la fece rabbrividire. La circondavano però i sette, e altri; e quello che l’aveva guidata, si mise dietro di lei, dandole protezione e forza. Intanto l’Immagine era diventata totalmente visibile all’occhio suo. Dietro il Focolare essa vide un’enorme Seggio, su cui sedeva Uno, di Cui seppe subito: Questi è Dio! L’Iddio d’Abramo, di Isacco e di Giacobbe! Tuttavia era un Dio del tutto diverso da Quello che da bambina si era immaginata sulla base dell’insegnamento sacerdotale. Essa, di esporre la differenza, non ne sarebbe mai stata in grado. Ora, da sveglia, poiché si ricorda di questo, le viene in mente la grande parola di Mosé: «Non dovete farvi immagine alcuna. Sì, Iddio, il Signore, è Santo! E ora essa sa anche il perché non deve farsi nessuna immagine. Sarebbe sempre uno sforzo inutile, rappresentare in immagine il Santo, come lei ha potuto vederLo.

4. Istintivamente, seguendo un impulso misterioso, si era inginocchiata, e nell’istante, anche i sette potenti con lei, i quattro grandi e tutte le schiere di Luce. Nel Tempio regnava un sacro silenzio. Sì, aveva la sensazione, come se questa quiete sublime fosse estesa al cosmo infinito. E ora – Maria trema ancora adesso, quando pensa al seguito – Iddio si era alzato dal Suo trono, era passato intorno al Focolare e l’aveva sollevata, stretta al Suo Cuore e, portandola con Sé, era ritornato al Suo Seggio. Come una figliola beatissima, lei giaceva nel grembo dell’Onnipotente, nel grembo del Padre. Poi però, le parole! Per il modo in cui le erano state rivolte, si era spaventata, credeva pure di essere stata scambiata, cosa che in questa Luce era proprio impossibile. E così, Dio le parlò:

5. “Pura, figliola Mia! Su di te vegliano i Miei Occhi, e le Mie Mani tengono la tua vita. Innumerevoli figli della Luce stanno pronti al tuo servizio; ma l’inferno vorrebbe distruggerti, perché esso vede la tua scelta di portare il Mio Amore nel tuo cuore. Tu non immagini che cosa significhi questo. Vedi, il tempo delle tenebre è venuto, ed Io voglio che la Mia Opera sussista! Perché Io sono Ur! Nondimeno Mi rimane da sacrificare il Mio Amore, affinché Io stesso – avvolto solo dal Mantello dell’Amore – percorra la via del Sacrificio. Per questo è necessario che Io, nel Mio Amore, calchi, uguale ad un Uomo, la Terra, e prenda su di Me una parte animica della materia, perché solo così il Mio Sacrificio diventerà un Sacrificio perfetto, un sacrificio-Ur!

6. Questo potrà accadere solo sulla via della sequenza dell’Ordine e delle Mie Leggi dell’Opera. Quindi sulla Terra dovrà nascere un Figlio dal Mio Spirito che sia portatore e rivelatore del Mio Amore! Egli abbisognerà di una vergine pura che possa concepire dallo Spirito Mio. Vedi, Pura, per questa madre del Mio Amore Io ho scelto te; te, portatrice della corona[1], giusto opposto della Mia Misericordia! Vuoi tu, sacrificare la tua verginità, per accogliere il Seme del Mio Santo Spirito, concepirLo con dolore, vederLo morire con dolori ancora maggiori, e prendere su te stessa, anche lo scherno e l’odio del mondo? Con ciò tu potrai cancellare la colpa di Eva! Poiché vedi, avrai un Fanciullo, ma non un Figlio; poiché il divenuto Figlio, da Fanciullo sarà destinato ad appartenere al mondo, a redimerlo, e perciò sarà anche chiamato: il ‘Figliuol dell’Uomo’.

7. Solo per poco tempo avrai parte con Lui in qualche gioia; con la sofferenza sarai comunque sempre unita a Lui. Ma nel cuore Egli ti rimarrà come nessun altro su questa Terra. E nello stesso modo raccoglierai scherno, e la massima venerazione di ricchi re a causa del Fanciullo, che non nascerà secondo le leggi terrene, e tuttavia, sarà sottomesse a queste. Io, Ur, che non ho bisogno di conferire delle parole solo a un pensiero, che non devo stendere le mani per far sorgere e scomparire opere, ho bisogno di te, Pura, affinché non sia violata la Legge della libera volontà, se la Mia Opera deve compiersi secondo la Mia Volontà. Ebbene, parla: vuoi tu servirMi, donare alla Terra un Figlio che sarà il Redentore del mondo, per riportare a Casa un figlio perduto, attraverso il Suo Sacrificio?”

8. Allora Maria, alla quale era stata rivolta la parola come Pura, aveva detto in lacrime un semplice ‘Si’: ‘Sì, Signore, io voglio!’. lEI non poteva risolvere i misteri, anche adesso non sa del suo Mistero; solo il bruciante sentimento nel petto l’aveva spinta al sì. Non sa nemmeno più nulla di tutto ciò che accadde. Soltanto, alla fine – il tempo intercorso essa non può misurarlo – il Padre la consegnò nuovamente al portatore della corona, al quale doveva in qualche modo appartenere. Sotto un immenso giubilo di eoni, fu portata fuori dal Santuario.

 

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Cap. 5

Riflessioni sul sogno

Gabriel consola Maria

1. E ora? – Un poco rabbrividendo, perché la notte è fresca e la sua anima è carica di presentimento, Maria si avvolge in una mantellina ricca di pieghe. Cosa c’è veramente in questo sogno? Che dovrà nascere il Figlio dell’Amore, per lei è certo, dopo quest’immagine, ed anche – che proprio questo Figlio dell’Amore sarà il Messia da lungo tempo promesso. Non nutre più nessun dubbio che il Figlio veniente sarà un Redentore del mondo, un ‘Figlio di tutti gli uomini’ e non il Re-Messia atteso dal fallito popolo giudeo, il liberatore da Roma. Ma, …chi concepirà questo santo Fanciullo? …Lei? Ahimè no, questa è una grande illusione, anzi, presunzione, criminoso orgoglio è un simile pensiero! Iddio ha parlato di una ‘Pura’. Come le viene questo pensiero assurdo di essere lei, la pura? Solo perché ha avuto il sogno? Questo è un ideale dell’anima sua. Comincia a piangere, si alza, si butta giù e singhiozza: ‘O Dio dei miei padri, se non fosse orgoglio, in verità, con mille gioie vorrei dire come quella Pura: Sì, Signore, io voglio! Soltanto, sono una povera ancella, e non potrò mai esserne degna. Preservami da un tale peccaminoso orgoglio’. Tutto il suo ardente santo struggimento scorre via in lacrime.

2. Allora, a un tratto, accanto a lei risuona una consolante voce dicendo: “Maria, non piangere! La tua preghiera, le tue lacrime, lo struggimento e l’umiltà stanno come perle preziose sul santo Focolare del Tempio. Guarda: io ti porto la Pace del Signore. Benedetta sei tu fra tutte le madri della Terra! Tu porterai il ‘Frutto dello Spirito Santo‘, e sarà chiamato sulla Terra ‘Figlio dell’Onnipotente’. Il Suo nome riempirà la Terra, farà tremare i grandi e i potenti, ma innalzerà alle Altezze celestiali i piccoli e i poveri. Dinanzi al Suo nome si piegheranno tutte le stirpi di questo mondo, perché Egli è posto come loro Signore! Per Amor Suo si giubilerà e piangerà, si benedirà e maledirà, si concederà la grazia e si giudicherà. Ciò nonostante Egli non sarà riconosciuto mai completamente, né si comprenderà la Sua Via. Le Sue parole saranno ascoltate, ma non sarà afferrato il loro senso; le Sue azioni rivelate, saranno solo appena riconosciute, e tanto più con Potenza Egli erigerà il Suo Regno, afferrerà tutti i Cieli e vincerà l’inferno. E chi crederà in Lui, nella Sua opera di redenzione, questi sarà eternamente beato!”

3. Già alla prima chiamata, Maria era balzata in piedi spaventata, e nello stesso tempo felice e colma di gioia; ma l’inviato del Cielo l’aveva dolcemente adagiata sul suo giaciglio e si era messo accanto sul panchetto da preghiera. “Pura?”, domanda lei ora titubante, “Chi è Pura come io ho visto nel sogno, giacente al Cuore di Dio? Di tutto, non comprendo nulla!”

4. Sei tu, Pura, dice Gabriel, “Ur ti ha messo al mio fianco, e ci unisce un amore eternamente benedetto. Iddio ti ha chiamato con il tuo nome celeste. Vedi, tu sei stata scelta a ricevere il Signore di tutti gli eserciti. È una Grazia infinita, Pura-Maria – mai più un uomo sarà di nuovo partecipe di Questo! Tutto giace però in quell’Atto creativo, che dalla Grazia crea una Grazia, che accade solo una volta! Se può esserci qualcuno degno di portare l’Importantissimo in quest’Atto creativo, allora lo sei tu; perché il mondo non ha ancora trovato in te nessun più piccolo interesse. Tu sei pura come sei venuta dal Cielo, e il peccato originale del mondo non ti ha sfiorato, opprimendoti. Da te nascerà la Luce, il ‘Salvatore del mondo’, come te l’ho annunciato al pozzo, pochi giorni fa”.

5. Maria ascolta attentamente il messaggio. Lei è troppo giovane, terrenamente, per afferrare il Mistero; ma gravata da un presentimento, avverte la grandezza di ciò che deve accadere, e anche – come le accadrà. Interroga l’angelo con voce sommessa. Gabriel la istruisce; e in verità, nessuna madre potrebbe parlare alla propria figlia in modo più puro sull’avvenimento di una nascita, come ora avviene qui. Alla sua domanda, quando tutto questo avverrà, Gabriel risponde con un sorriso serio-beato:

6. “Pura-Maria, noi due siamo beati nella Misericordia del Padre! Vedi, al pozzo fu preparato il tuo corpo, ma quando giacesti nel santo Grembo, Egli mise su di te le Sue mani. Tu non lo vedesti, ma il tuo capo giaceva al Suo petto. Egli alitò su di te con la Sua santa bocca, e guarda, così hai concepito spiritualmente. Poiché il Figlio che deve nascere è generato dall’infinita Pazienza di Ur, ed Egli nascerà come Amore, e la Sua Vita sarà Misericordia! Ora porti in te il Seme, e il Fanciulletto nascerà al tempo Suo. Non preoccuparti di tutto l’esteriore; il Santo ti metterà a fianco un fedele supporto. Sei abbondantemente benedetta, molto abbondantemente – Ora devo rincasare per il santo Servizio; ma il mio amore rimarrà costantemente con te”. – Gabriel bacia dolcemente la fronte di Maria, e scompare nell’attimo stesso. Indietro rimane una fanciulla colma di gioia, come in un sogno, facendo i suoi passi verso l’ignota Maternità.

7. Fuori dal letto, le mani premute sul cuore battente, i suoi occhi cercano nelle stelle che splendono dalla notte benedetta. I suoi pensieri sono un po’ confusi, non riesce a farsi nessun concetto di ciò che ha vissuto. Ecco – una Luce sprizzante di una stella, un saluto dell’angelo, no – di più: la Pace dell’Altissimo, la sente rabbrividendo. Simile a un fascio scintillante, cade giù su di lei, ed essa ripete il messaggio del Cielo: ‘Il flusso di Luce è la Pazienza, proceduta dall’Onnialtissimo; il Fascio è l’Amore, il Fanciullo; e la fine, riguardante la Terra, è la Misericordia, che riporta tutti gli uomini attraverso l’Amore, attraverso il Figliuol dell’Uomo, nell’eterna Casa Paterna. E questo ‘Uomo-Amore-Figlio’ sarà Figlio mio –Figlio mio!’. – Oh, qual giubilo, quale gratitudine si trova nelle due Parole che bisbigliano tremanti le giovani labbra. Poi si riaddormenta ancora una volta. La sua anima procede nel sogno su puro, bianchi fiori; nondimeno, per lei, invisibile, ne segue dietro uno tenebroso.

 

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Cap. 6

Lo scandalo della giudea

Maria condotta da Elisabetta

1. Sì, il mattino presto è preparato un grigio disagio che s’insedia freddamente nella sua anima, quando lei – mossa beatamente e lieta – racconta alla padrona di casa l’avvenimento notturno. Costei impallidisce. Maria non comprende la violenta agitazione con la quale la giudea esclama: “Oh, quale ignominia, quale vergogna!”. Non crede alla storia del riposo nel Grembo di Dio, del messaggio dell’angelo al pozzo. Maria diventa sempre più disperata, quando la giudea comincia a piangere.

2. Attratto dal forte singhiozzare, entra il padron di casa. Come viene a sapere tutto, l’uomo, altrimenti calmo e silenzioso, si strappa i capelli. Adirato, cammina avanti e indietro. Ora anche Maria comincia a piangere, afferma la sua innocenza, vuole raccontare tutto ancora una volta, ma le è imposto di tacere. Ancora nella stessa ora, la fanciulla, accolta con così grande gioia dai genitori, è messa alla porta come una svergognata, senza attendere Giuseppe. La cugina di Maria, imparentata anche con la casa, presso la quale lei si era trattenuta poco tempo prima, abita solitaria in montagna; per il momento deve essere portata là, finché il caso non sarà chiarito e non sarà trovato il farabutto che ha portato la vergogna alla casa principesca. Durante la cavalcata di molte ore su due asini, l’incollerito non trova nessuna parola per Maria che, – più che star seduta sulla sua sella – pende mortalmente pallida nel graduale affaticamento. E non le è concessa nessuna sosta per riposare. Inesorabile, il profondamente offeso procede avanti, vergognandosi terribilmente. Non deve correr voce che nella sua casa sia successo questo!

*

3. Il piede di Elisabetta è guidato. Senza motivo lei esce dalla porta e vede trottare su per la collina due cavalcatori. Ora li riconosce e, gioiosa, corre loro incontro. Come aiuta Maria totalmente esausta, a scendere dall’asino, suo figlio – poiché anch’essa è gravida – comincia stranamente a saltellare, tant’è che lei esclama: “Come mai, che la Madre del Mio Signore mi fa visita?”. – Col terrore del padrino, lei dice ancora molte cose strane, finché egli[2] la interrompe e domanda balbettando: “Che cosa stai dicendo, Elisabetta? Tu non sai che alla mia casa è accaduta un’ignominia, e alla stirpe di Davide una vergogna? E lei…”, accenna alla fanciulla, “…non vuol saperne nulla, e fantastica menzogne!”. Allora riferisce tutto ciò che è avvenuto.

4. Elisabetta, senza rispondere, conduce la fanciulla in casa, la mette a letto con cura dopo una bevanda fortificante, e dopo aver portato, nella sua immensa preoccupazione materna, ancora una coperta di pelle si rivolge all’uomo che, nel frattempo, ha preso posto a un basso tavolo. A bassa voce, dice: “Maria non sa proprio nulla di ciò che tu intendi. Oppure credi che nel tempio sia stata educata altrimenti che pura? Zaccaria ha sempre avuto un occhio particolare su di lei, tu lo sai. Ma come mai che il mio bimbo saltellava ed esultava, quando tenevo Maria nelle mie braccia? Quello che là deve nascere…”, con sguardo profetico e la mano tesa imperiosamente verso il giaciglio, Elisabetta si alza, “…sarà l’Altissimo e si chiamerà Messia, e renderà il Suo popolo beato da tutti i peccati! Alla tua, come alla mia casa, non potrà capitare una salvezza più grande! E affinché vicini invidiosi non causino nessun danno, Maria resterà presso di me. Non darà nell’occhio, poiché Giuseppe la voleva comunque venire a portare qui. Avresti dovuto solo aspettare. Tuttavia, io e la mia casa vogliamo ringraziare e osannare il Signore, che Egli guidi i suoi passi fin qui, poiché adesso – adesso da me è entrato il Messia!”

5. L’uomo guarda smarrito. Con collera, celando solo malamente la sua incertezza, domanda: “Anche tu sei posseduta?”

6. “Io?”, Elisabetta sorride lievemente. Racconta al cognato tutt’orecchi, il suo sogno dell’ultima notte. Strano, coincide precisamente col racconto di Maria; solo che Elisabetta stava tra la schiera celeste, Maria invece era davvero colei che riposava nel Grembo di Dio. Che cos’è vero? Cosa, da credere ragionevolmente? No! Egli è diventato lo zimbello della casa d’Israele! Scoppia in un’amara risata. Elisabetta lo conduce alla finestra aperta, accenna su, al cielo stellato – nel frattempo si è fatto sera – e gli domanda se può contare le stelle. – “No”, esita lui, “ma che cos’ha questo …”.

7. “Che cos’ha a che fare con Maria? Non preoccuparti, né lei né io siamo malate o possedute. Ma noi contempliamo la magnificenza di Dio! Il popolo ci befferà? La tua stirpe ci deriderà? Lasciali fare! Perché il popolo è misurato due volte: una volta dal padrone della Terra, e poi dall’Altissimo nel Cielo; l’uno, conta gli uomini – l’Altro, le ore che rimangono ancora. Saranno delle stirpi postume, non discendenti dal seme dei nostri padri terreni, in numero e tempo simile alle stelle nel firmamento, che osanneranno e giubileranno e glorificheranno beata la madre del Signore come pura, come Vergine divina. Allora Giuda non sarà più un popolo com’è stato finora, perché non riconoscerà Colui che è Signore della sua Redenzione! Essi vogliono il potere della Terra – anche tu!”

8. “Taci”, ordina lei, quando lui la vuole interrompere, “tu almeno hai veramente buone intenzioni. Essi rifiutano il Potere del Cielo, perché non offre nessun vitello d’oro. Ma il popolo che sarà reso beato dal Messia da tutti i peccati, sarà composto di tutti quegli uomini che credono nel Suo Regno della Pace e sperano in esso!”. – In silenzio, si reca al giaciglio della fanciulla, come fedele guardiana.

*

9. L’uomo[3] sta immobile alla finestra ad arco come una tenebrosa siluette, assorto in profondi pensieri: ‘Come può arrivare la sua assennata cognata, a tali idee cervellotiche? Le donne, però, hanno avuto un sogno. Giuseppe? Il suo amico doveva…no, impensabile! Questo sincero israelita non ha messo le mani addosso alla purezza della figliola principesca. O anche? Oppure, uno dei suoi figli…? E per questa ragione ha portato Maria a breve distanza, prima da Elisabetta, poi da lui, col pretesto di due viaggi di lavoro, e ha indotto Maria alla sua dichiarazione…? Ma Elisabetta, come poteva sapere tutto? E lei non si sarebbe prestata al più piccolo inganno, lo sa per certo. Respira faticosamente. La Luna diffonde abbastanza luce nella stanza, può riconoscere chiaramente i volti delle donne. Anche Elisabetta ora si è dolcemente assopita’.

10. Egli osserva Maria. Com’è serena, anzi – il volto della fanciulla è celestialmente puro, disteso del tutto dal sonno e dalla protezione di Elisabetta. Nessun uomo può fingere nel sonno, allora emergono senza ostacoli i moti animici più intimi, lui lo sa. No! – Un volto simile non può mentire! Si siede, sorveglia fino all’alba le dormienti, poi sella la sua cavalcatura e si mette in cammino sulle spoglie vie collinari, verso Gerusalemme; deve parlare con Zaccaria. Si dice che sarebbe diventato all’improvviso muto a causa di una visione. Per sapere la verità, ha dimenticato Elisabetta.

 

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Cap. 7

Giuseppe, paralizzato dal dubbio, ha un sogno

Un giovane lo guida da Elisabetta

1. Il mattino che Maria è stata portata fuori di casa, Giuseppe si è alzato presto. Svolge vari lavori e si reca da lei solo verso mezzogiorno. Come s’inorridisce, quando viene a sapere tutto da un’israelita ancora piangente! Ritorna indietro, completamente sconvolto. No, egli non può prendere Maria così. E poi – all’improvviso trasalisce – egli ha ricevuto Maria, pura, dal tempio, lei è vissuta molte settimane nella sua casa, prima che la portasse via a causa dei suoi viaggi. Non si dirà che uno dei suoi figli, oppure ... addirittura lui stesso… Com’è terribile, raccapricciante! Non crede nemmeno al sogno, nonostante tutta la buona volontà. Fino a tarda sera va in giro qua e là, inquieto; è quasi mezzanotte, quando alla fine il sonno cade sul suo corpo stanco.

2. Ma nel sogno gli è mostrata la verità. Un angelo lo conduce là, dove Maria riposa dormendo soavemente. Egli vede Elisabetta, vede vegliare l’amico, che si spreme il cervello con pensieri dubbiosi; vede come si aprono le spesse mura della casa, vede innumerevoli schiere di angeli splendenti che, dal lontano firmamento, formano una larga scia di Luce, come s’inchinano devoti dinanzi alla giovane dormiente, e osannando e lodando chiudono nuovamente il Cielo dietro di loro. Un grande angelo è rimasto indietro. Giuseppe non osa guardarlo, accecato anche dal suo forte raggio. Quando l’angelo gli fa cenno di avvicinarsi, egli dice umilmente: “Diminuisci il tuo splendore, o santo, io sono un uomo peccatore, e la tua luce mi consuma!”

3. Qui l’angelo risponde: “Solo Dio è Santo! Io sono solo un custode della Sua santità. Ma il mio splendore ti deve abbagliare, affinché tu capisca, quanto stoltamente pensi. Ciò che questo mondo miserando riconosce come giusto, non ha nessuna stabilità dinanzi all’eterno Volto; ma ciò che esso disprezza, l’Altissimo lo prende nelle Sue sante mani! Vuoi tu, Giuseppe, mettere in serbo, ciò che il Signore ha scelto e portato visibilmente in casa tua? Vedi, Maria concepirà un Figlio, che di nome dovrai chiamare «GESU’», ed Egli redimerà il Suo popolo da tutti i peccati e lo renderà beato. Sarà chiamato il Figlio dell’Altissimo, detto l’Agnello di Dio, che sarà sacrificato per tutti i peccati del mondo. Egli non verrà come l’atteso Messia, come lo desidera il popolo divenuto sciocco; Egli stesso è l’Altissimo, e verrà nel mondo come ‘Salvatore’ e ‘Redentore’.

4. Togli il tuo inganno, Giuseppe, e purificati da tutti i peccati, poiché tu dovrai essere un padre per il Fanciullo divino, e per Maria, un protettore. Prendi su di te lo scherno del mondo, guarda, il Signore lo trasformerà in celestiale soddisfazione. Porta l’onta; l’Altissimo te la ricambierà con sante gioie. Carica sulle tue spalle, pena e peso; per questo il Salvatore prenderà su di Sé i tuoi peccati e ti sarà un ricco Ricompensatore. Prendi Maria con te come moglie tua, e non preoccuparti, la via è appianata. Poiché tu non hai ricevuto Maria dal tempio terreno ma piuttosto da quello spirituale”. – Dopo queste parole, tutta la magnificenza scompare. Così repentino è lo scambio tra la Luce più chiara e l’oscurità, che Giuseppe si sveglia spaventato. Il sogno è durato soltanto pochi minuti, perché proprio adesso è annunciata la mezzanotte.

5. Come sotto un misterioso impulso si alza, sella l’asino e trotta fuori dal villaggio. Appena imbocca la polverosa strada maestra, ritorna in sé. ‘Dunque, dove vuole andare? Da Maria? Certo, le parole dell’angelo sono per lui un Ordine divino. Si dice che Maria sia dalla cugina. Ma essa ne ha tre. È Elisabetta, come ha visto nel sogno? È un’altra…?’. – Quando sta per voltarsi, per procurarsi il mattino successivo la certezza mondana, all’improvviso una mano afferra le briglie. Una giovane voce domanda: Giuseppe, dove vuoi andare?”. L’interpellato si spaventa, perché nell’oscurità della via tra i cipressi non ha visto arrivare nessuno. Solo indistintamente egli vede una sottile figura, un chiaro volto. – Confuso, ancora imbarazzato dal sogno, dice: “Da Maria”.

6. Subito il giovane afferra saldamente le redini e cammina sempre più in alto sulle collinose regioni giudaiche, verso un radioso mattino. Come albeggia, Giuseppe vede la guida: un ragazzo appena sedicenne con lineamenti nobili. Su un semilungo mantello biancofiore, cadono dei capelli bruni leggermente ondulati, i piedi calzati in chiare calzature. Armonioso è il suo passo. Mai, egli vide camminare un ragazzo più lievemente. E l’asino! Gli animali sono buoni, abituati a pesi e bastonate, ma sono testardi. Ora trotta già da ore, come se non portasse nessun pesante uomo, come se non andasse imperterrito in salita. Giuseppe smette a poco a poco di stupirsi. Sta in rapporto col sogno, pensa. Così giunge all’ultima altura, sulla quale sta solitaria la casa di Zaccaria. La guida gliela indica: “Là, troverai Maria”, dice sorridendo amichevolmente. “La pace sia con te!”. Accarezza le narici dell’animale e all’improvviso scompare al bordo del bosco. Prima che Giuseppe se ne renda conto, l’asino trotta senza il comando delle redini, ed è già arrivato lassù.

 

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Cap. 8

Giuseppe a casa di Elisabetta, poi raggiunge l’amico

1. Proprio in quel momento Elisabetta mette i piedi davanti alla porta. Voleva chiamare indietro suo cognato, nel caso lo avesse ancora visto sul sentiero montano. Ora è fuori mano. Giuseppe nel frattempo è balzato giù dalla sella, cortesemente si avvicina a lei, e dice: “Salute, il Signore sia con te!”. – “E con te, forestiero”, contraccambia Elisabetta, la quale non riconosce Giuseppe, poiché non lo vede da molti anni. “Chi cerchi, in questa solitudine? Tu e il tuo animale avete bisogno di cure, allora entra e sii il benvenuto!”

2. “L’Iddio dei nostri padri benedica la tua ospitalità; l’accetto con gratitudine. Da mezzanotte sono sui sentieri. – Io cerco Maria, la Vergine pura, la figlia principesca”. Non si fa riconoscere. – Elisabetta osserva l’uomo più a fondo. Veramente non lo conosce? Si spreme il cervello. Terrà le due mani sulla figlia prescelta del popolo, la proteggerà con il suo corpo benedetto, in caso di bisogno. Con prudenza, chiede: “Quale Maria cerchi? Il nostro popolo ha molte vergini con lo stesso nome”.

3. “Hai ragione”. Rispettosamente, ma con un lieve sorriso, Giuseppe china il capo; ammira la coraggiosa donna. “Gentile protettrice di questa casa”, dice perciò, “esiste una sola Maria che giaceva nel Grembo di Dio e che diventerà la Madre del Salvatore e Redentore. – Vedi, io cerco questa Maria e nessun altra. Io sono Giuseppe. Un angelo mi ha comandato in sogno di prendere Maria con me, come moglie mia. Sono venuto per eseguire l’ordine”.

4. “Oh!”, Elisabetta leva un grido di gioia. Al fattore lei comanda sollecita di aver la miglior cura per l’animale stanco di Giuseppe. Lei stessa accompagna benedicendo l’ospite benvenuto oltre la soglia della sua casa, prepara con le proprie mani un delizioso pasto e, dopo aver parlato di tutto, riferisce a Maria quanto di buono la attende. Un incubo cade dal suo petto, quando lei, ricordandosi del triste giorno precedente, viene a sapere ora del lieto messaggio. Elisabetta si stupisce: Maria ha liberato improvvisamente qualcosa da sé, forse l’infantile terreno, l’immaturità mondana; cammina per le stanze della casa come una principessa, umilmente cosciente della sua alta posizione. Così va incontro anche a Giuseppe, il cui occhio si accorge altrettanto bene del grande cambiamento. – Egli piega le sue ginocchia e, con fervore, dice:

5. “Dinanzi a Te, santo Signore e Re, che mi hai chiamato ad essere il tuo servitore più indegno, io mi inginocchio e Ti adoro. Voglio proteggere il prezioso gioiello affidatomi, con la forza migliore, fin dove sta nel mio vigore”. Alzandosi, porge a Maria le due mani e dice: “Corro a Gerusalemme per sistemare tutto”. Maria sorride con riconoscenza. La sua venerazione, la sua fiducia in Giuseppe, è grande. Elisabetta si affretta a consegnare una pergamena, affinché tramite Zaccaria le vie gli diventino più facili. L’intelligente donna è molto abile nello scrivere, e Giuseppe se ne meraviglia. Provvede in tutto alla cavalcata e gli dà anche del cibo per la via, e anche per il cognato, che egli raggiungerà, poiché lei stessa ha fatto sellare la sua mula marrone, abituata alle colline, la quale cammina più velocemente che il piccolo asinello.

*

6. Lentamente procede l’uomo, con la preoccupante afflizione. Di continuo frena il suo animale e si spreme inutilmente il cervello. La vergogna accaduta alla sua casa grava su di lui distruggendolo. A poco a poco, quanto più si avvicina a Gerusalemme, che è già in vista da un’ultima altura nello splendore del sole di un giorno sereno, tanto più spariscono tutti gli sprazzi di luce ottenuti da Elisabetta. “Gerusalemme”, dice a bassa voce, “tu, città del passato e del presente. Ma, …anche del futuro? No! Se non verrà nessun Messia del mondo, a liberarci dall’odiato giogo dei romani, allora non ci sarà nessun futuro”.

7. Sospirando, si siede su un albero caduto; l’animale è stanco, egli lo vuole risparmiare. Molto più stanca è la sua anima, che lui non vuol risparmiare, ma un pensiero imperterrito la tormenta. Il Messia! Dovevano aver ragione la fanciulla del tempio e l’assennata Elisabetta: le parole dei grandi profeti sono di un altro contenuto, che quello insegnato da lui, uno dei superiori? Ma che cosa ne avrebbe il mondo? È così profondamente assorto che sente gli zoccoli di un veloce trotto solo quando gli animali si salutano, sentendosi da lontano. Allora guarda su. È sorpreso. ‘Non è.... – Giuseppe è già giù dall’alta sella e si siede accanto a lui, prima che si possa alzare. E qui egli parla liberamente. Giuseppe lascia cadere tutto su di sé, egli sente che il suo amico si deve sfogare, poi anche lui dovrà riconoscere la Verità.

8. Alla fine lo interrompe e, nel suo modo che conquista, dice: “Tu hai avuto cura di Maria durante la mia assenza. Posso ancora riottenerla dalla tua mano, in un modo o nell’altro. Ora ti domando, templare, per la seconda volta: mi dai Maria?”

9. “Darla a te? Vuoi prendermi in giro?”

10. “Se nella mia domanda c’è stata solo una sillaba di scherno, allora battimi!”, dice seriamente Giuseppe.

11. “Perdonami!”. Il rimproverato mette il suo braccio intorno alle spalle di Giuseppe. “Non volevo ferirti. Vedi, non dovrei esser contento, se qualcuno toglie il disonore dalla mia casa?”

12. “Sei in grande errore”, replica Giuseppe. “Grato deve essere colui che riceve la figlia regale dal tempio oppure dalla tua mano; ancora più grato e umile, colui al quale l’Altissimo la affida. Questo, è successo a me”. Riferisce all’amico, tutt’orecchi, che cosa è accaduto nel frattempo.

13. “Questo è veramente strano”, dice l’amico, “tale faccenda non la posso sbrigare con parole superficiali. Ma, …il nostro popolo deve languire in eterno sotto gli odiati romani?”

14. “Lascia perdere il popolo, lascia perdere i romani; diventa tu e la tua casa, felice, mediante Colui che l’Altissimo ha la Grazia di donarci!”

 

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Cap. 9

Un angelo annuncia la venuta del Salvatore

1. Questa è una buona parola!”, dice qualcuno. – Entrambi gli amici balzano su, essi non hanno sentito né i passi né il calpestio del cavallo. Giuseppe si affretta incontro al nuovo venuto, stende le mani e grida: “La mia guida, la mia giovane guida nella notte!”.Il giovane saluta amichevolmente gli uomini e si siede fra loro sul tronco dell’albero. Per un po’ guarda verso la città alta, cerca scrutando negli occhi dei terreni e comincia a parlare, indicando questa volta brevemente l’antica città di Davide:

2. “Le sue mura sono diventate fatiscenti; essa non somiglia più per nulla all’immagine secondo la quale i padri l’hanno edificata. Non c’è nessuno che la preservi dalla rovina. Chi pende da essa col desiderio di saperla grande dinanzi al mondo, troverà – spiritualmente come terrenamente – la sua fine sotto le sue macerie[4]. Dalla città del servizio di Babele non verrà nessun Messia! E se un giorno Egli vi entrerà, allora sarà solo per compiere il Suo santo, personale Sacrificio. Si adempirà la profezia: il Messia nascerà dal popolo! Tuttavia, non più, esclusivamente per esso, ma Egli sarà ‘il Salvatore di tutto il mondo’, il Figlio dell’Uomo, il Redentore di tutto il regno terreno! Il Suo Potere non sarà di questo mondo e non glielo darà! Con la Sua forza edificherà il Regno della Pace, ma in nessun modo una dinastia già decaduta di questa Terra. E a Lui sarà dato tutto il Potere, ed Egli redimerà con questo gli uomini, meno dalla sofferenza terrena quanto più dalla morte del peccato. In questo Egli è originariamente un eterno Re di tutti i re; e come Padre di tutti i vostri antichi padri, compirà nella Sua forza il Piano di salvezza, come l’ha compiuto eternamente!

3. Povero, veramente povero nascerà in questo mondo, e niente chiamerà come Sua proprietà. Questo dovrà accadere così, perché la condizione procede da Mano santa. Gli uomini disprezzeranno ‘l’Opera della Vita’ di Dio e Lo rimetteranno al loro tribunale. Ma – guai a te, città orgogliosa di avidi sacerdoti, sfacciati mercanti, uomini catturati dalla follia! Come tu frantumi, anche tu sarai frantumata, andrai in rovina con tutto il tuo potere e la tua magnificenza miserabile! O voi uomini, questo vi è detto dall’Altissimo. Conservatelo nei vostri cuori, perché né il tempo né gli uomini sono maturi per comprenderlo subito.

4. Che cosa vi pare”, domanda il giovane guardando e scrutando rigorosamente gli uomini, “che l’Altissimo dovrebbe fare, per togliere il peccato dalla Terra?”. – A lungo attende una risposta.

5. Alla fine, il superiore dice: “Dio dovrebbe estirpare tutta la razza umana, distruggere tutte le creature e la Terra, finché non rimanga più nulla”.

6. “Secondo la tua conoscenza non hai torto. Ma tu pensi che con ciò, a Dio servirebbe a qualcosa?”

7. Titubante arriva la risposta: “Questo non lo posso sapere, Dio è incomprensibile”.

8. “Di certo, per chi dice che un uomo non dovrebbe penetrare nell’Opera Sua. Questo suona molto pio, molto umile. E che cos’è quest’opinione? Molto spesso è un brutto mantello grigio, con cui l’anima copre la sua indolenza, perché, chi guarda una volta nella profondità di Dio, deve piegarsi alla conoscenza; non c’è un ritorno! Lo sente ogni anima, coscientemente o incoscientemente; perciò si trova di fronte a questo: ‘Assolutamente ad ogni costo!’. Io vi dico: chi si coniuga davvero umilmente con lo spirito, imparerà a comprendere questa santa Profondità, che Ur ha donato alla Sua Creazione. Dipende dall’uomo, portare in sé lo spirito al predominio, e riconoscere così Lui – il Salvatore – come Egli si dona al mondo per la piena Salvezza”.

9. “Chi è il popolo? È questo nostro, da quando fu scelto Abramo, ad assumere il dominio sul regno terreno?”

10. “È questo il tuo desiderio?”, quanto stranamente domanda il giovane. Quale risposta dovrà egli aspettare? – Di nuovo deve attendere, finché l’interrogato risponde titubante: “È il mio desiderio!”

11. “Ti voglio svelare il tuo cuore”, dice il messaggero del Regno, “e precisamente, meglio di quanto tu stesso sappia. Vedi, il tuo popolo è terrenamente grande, per questa ragione tu attendi pieno di nostalgia l’ora in cui verrà il Messia del mondo, che vi è stato annunciato. Anche tu, benché in seconda linea, aspiri al vantaggio. Ora, l’edificio del desiderio è diventato assai oscillante, e l’hai già abbandonato, per paura che possa crollare su di te. Soltanto, non ci hai ancora rinunciato, ma giri appunto ancora intorno ai muri fatiscenti, porti qualche materiale, per preservarlo – così puntellato – dal totale crollo. Questo significa che tu recidi tutte le profezie che si riferiscono al Salvatore, e per conseguenza le tue opinioni che nasca un Messia, che sia anche un Re terreno. Ma ascolta: difficilmente su questo popolo sta ancora l’adempimento della promessa che, come stirpe d’Abramo, ricevette sul Sinai i santi Comandamenti. Fino ad oggi, ha trasgredito in continuazione i Comandamenti di Dio. Perciò guardate: questo è il popolo, la grande schiera che discende giù dal Cielo, per essere costruttori dell’eterno Architetto e della Sua Opera creativa! A questo appartengono tutti quelli che credono nel ‘Salvatore’ e non nel sognato Messia di un Dio che il popolo dimentica. Perché quelli che adorano a Gerusalemme”, il giovane indica con la destra la bella città, “adorano il proprio io attraverso il loro gesticolare. Sono pochi di loro che non badano all’esteriorità, che rivolgono il loro cuore unicamente alla vivente conoscenza. Voi dovete appartenere a questi pochi, a questi appartiene Zaccaria. – Quelli che in tal modo sono come il seme di Abramo, ‘germogliati dal popolo santo’, vedranno il ‘Salvatore’ e Lo serviranno. –

12. Tu hai un cuore buono”, continua rassicurante, “provvedi ai poveri, agli ammalati e ai prigionieri. Perciò Maria è stata portata nella tua casa, affinché la tua fede nel Messia, che non è nemmeno la tua personale, possa scomparire, e per questo la fede della Luce in te doveva sperimentare una meravigliosa resurrezione. Una volta il popolo aspettava il Salvatore, così come i profeti annunciavano la Sua venuta. La fede richiesta, decantata dal tempio, ha avuto la sua origine nella seconda metà della grande cattività babilonese. Il popolo era diventato pagano, pensava, mercanteggiava e si mescolava con i babilonesi.

13. Allora sorse un uomo; egli aveva un buono scopo, benché non calcolasse ciò che il suo fare e agire avrebbe portato un giorno. Il suo nome era Giudamea. Egli voleva salvare il popolo, tanto dalla rovina esteriore, quanto più da quella interiore. Radunò dei sostenitori, ma presto si accorse che poteva spianare la strada solo se offriva qualcosa di terreno. Ebbene, così offrì un salvatore terreno, un messia mondano, basandosi su tutte le profezie che egli interpretava secondo il suo scopo desiderato. Così preservò il popolo dalla rovina terrena, poiché con la terza generazione languente nella prigionia gli riuscì a poco a poco la liberazione da Babele. Lui e i suoi seguaci fondarono delle scuole del tempio, un’amministrazione e perfino una giurisdizione. Ma tutto era argomentato sulla falsa interpretazione della promessa del Messia, e tanto più che questo Giudamea stesso poté tenere solo per breve tempo la sua opera nelle mani. Egli morì presto.

14. A quel tempo si formò la vera casta sacerdotale com’è oggi al potere: astuta, assetata di potere, e assai determinata. Il sacerdozio, istituito una volta da Dio, è naufragato a Babilonia. I buoni e veri sacerdoti rimangono fino ad oggi, fenomeni isolati; altrettanto, i pochi pii re. Anche voi siete cresciuti in questa fede; l’opinione che avete finora non è messa a vostro carico.

15. Ma ora è giunto il tempo in cui dovete rigettare la tramandata fede mondana e riconoscere le profezie. Attendete quel ‘Salvatore’ che verrà sulla Terra in forza della Sua Pace, per salvare e liberare tutti da ogni peccato, dalla schiavitù delle tenebre! Maria, l’ancella pura del Signore, darà alla luce il Salvatore, che si chiamerà ‘GESU’! Abbiate gioia, perché scenderà giù la Luce del Cielo! Lasciate che la Terra, i popoli, i grandi e i potenti vadano per la loro strada, – vedete, le ore di tutti loro sono contate. Quando il Fanciullo farà il suo primo respiro, la clessidra di questo mondo sarà rivoltata per l’ultima volta. Quando tutta la sabbia sarà caduta giù, il mondo come tale cesserà di esistere[5]. Allora non aiuterà più nessun potere esteriore! Chi si aggrapperà alla sabbia della caducità terrena, cadrà con essa nell’abisso!”

16. Il giovane si volge a Giuseppe: “Giuseppe, corri a Gerusalemme, tutto è pronto, Zaccaria ti attende. Io sono stato da lui”.

17. “Sei stato da lui?”, i due uomini lo chiedono, come da un’unica bocca. – Il protettore di Maria aggiunge: “Com’è possibile questo? Nemmeno con il dromedario più veloce avresti potuto superare in così breve tempo, dal mattino fino ad ora, un tale tratto!”

18. “Hai nuovamente ragione; nessun dromedario mi avrebbe portato da Zaccaria, tanto meno portarmi nuovamente indietro. Non sai ancora che io sono dal Regno? Ebbene, lo dovrai sperimentare!

19. Rivolgi poi i tuoi passi da Gerusalemme verso Nazareth, là potrai mettere in breve tutto in ordine, per prendere subito Maria con te. – E tu, che cosa vuoi fare?”, domanda lui al superiore.

20. “Io? Sì, anch’io volevo andare a Gerusalemme. Ma ora il mio cuore mi attira verso la figlia eletta del nostro popolo e, …al Fanciullo, che là arriverà, che essa porta sotto il suo cuore dallo Spirito di Dio. Io posso facilmente fare a meno dei sacerdoti di Gerusalemme”.

21. “Ben detto! Allora prendete entrambi la vostra strada, il Signore è con voi con la Sua Luce. La Pace sia con voi”.

22. “La pace sia con te”, salutano gravemente gli uomini, e chinano le loro teste grigie. Sorpresi, vedono come, a un tratto, un cavallo bianco stia dinanzi al giovane, sul quale questi si lancia con leggerezza; per un pezzo si allontana al galoppo sul sentiero roccioso a velocità terrena, come se si stendesse una morbida steppa sotto gli zoccoli, ma poi – come un fulmine – la luce vola su verso il Cielo. – In pochi secondi gli uomini non la vedono più.

23. In silenzio si danno la mano; essi si comprendono. Giuseppe cavalca quanto più velocemente possa cavalcare il mulo di buona voglia. Ovunque gli è appianata la via da accompagnatori invisibili. Nessuna pattuglia di soldati lo ferma, nessun sorvegliante di porte gli sbarra la strada, né un locandiere, l’ingresso. Nel tempio egli è molto stimato, ed è presto ricevuto da Zaccaria. Già il mezzogiorno successivo tiene nella mano la preziosa pergamena, secondo la quale Maria appartiene a Giuseppe come moglie, non più soltanto come in precedenza, da protettore templare. Zaccaria non ha nessuna preoccupazione, se entrambi dovessero essere citati dinanzi al tribunale del tempio per la divulgata gravidanza di Maria; il che più tardi accade, e dove poi, solo la pergamena ottiene la sua validità giuridica, veramente la parte secondaria mediante il sommo sacerdote. Giuseppe cavalca verso Nazareth, trova tutto come aveva detto il giovane, e ritorna di nuovo alla casa sulla collina, dove sosta la Luce del Cielo.

24. Una volta giunto, trova ancora il suo amico, come pure Zaccaria, il quale a causa del suo mutismo non ha potuto esercitare per un po’ di tempo la sua funzione. Quanto si stupisce Giuseppe dei due uomini rispettabili! Essi rendono onore e attenzione alla figlia d’Israele, alla figliola di Dio. Lo fanno unicamente a causa del Fanciullo. E Maria? Oh, essa non si è sviluppata solo interiormente, anche esteriormente è sbocciata come una rosa, così delicata e pura – e indicibilmente matura. Ciò nonostante cammina in silenzio e umilmente, con semplicità, come sempre attraverso la casa, ed è diventata un meraviglioso conforto per tutti.

 

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Cap. 10

La visita di Zuriel e Gabriel ai cinque prescelti

1. Sopravviene l’ultima sera, prima che Giuseppe si metta in viaggio con Maria, verso Nazareth. Egli ha promesso di riportarla da Elisabetta, non appena dovesse essere necessario. Egli non sa che sarà Betlemme, l’Efrata di Dio. Riuniti, siedono sul terrazzo. Sulla collina regna la più meravigliosa quiete. Non si sente un rumore, il mondo dorme. Ma il Cielo veglia. Miriadi di stelle scintillanti ingioiellano la volta di velluto scuro. Quando mai un tal esercito di luce ha mandato i suoi raggi sulla Terra? – Nessuna delle cinque persone rompe con una parola, la solenne pace.

2. Ecco – la vedono tutti – si apre la buia porta del firmamento. Appare una chiara luce e scende giù lentamente, diventa sempre più grande, sempre più raggiante, tanto che nessuno degli osservatori la sopporta senza impedimento. Essi chiudono gli occhi, che riaprono solo quando sentono intorno a loro un soave soffio. Una luce infinitamente dolce li avvolge. In mezzo a loro stanno due principi, Gabriel e Zuriel. E parla il portatore della Sapienza[6]:

3. «Voi, figli degli uomini, ascoltate la voce del Cielo che vi annuncia salvezza e forza. Ciò che vi accade, la Terra non lo può comprendere. Perché i suoi figli non conoscono la santa Opera. Ma voi che siete stati guidati dalla Bontà, dalla Grazia, dalla Longanimità e Mansuetudine all’unica vera conoscenza sulla venuta del Salvatore, potete dare un piccolo sguardo nella chiarezza della Creazione, la quale poggia nascosta nella Parola ‘nascerà il Salvatore’.

4. Soprattutto, perché deve venire un Salvatore? Giuda, che attende il suo Messia, difficilmente riconoscerà un ‘Salvatore di tutto il mondo’. Anzi, sopravverrà la fine di tutti i giorni e pochi del popolo giungeranno come voi a una buona conoscenza sulla Nascita, pochi anche fra coloro che, ancora adesso pagani, più tardi in gran parte saranno chiamati cristiani. Tutti loro, in genere, vedranno nel Salvatore solo il Portatore di una nuova religione; forse afferreranno ancora la Parola ‘Redentore’, nella misura in cui staranno nella condizionata fede terrena, e che Egli è venuto a causa dei loro peccati. Non andranno molto oltre a questa conoscenza, generalmente solo molto limitata.

5. REDENTORE! – Oh, la Parola racchiude un’infinita profondità! – La ferita che inferse il primo figlio di Luce della Creazione è ancora aperta nel Cosmo; e il Giorno della Creazione non trova quiete, non trova pace. – E ciò nonostante la parte espulsa da se stessa dal Regno non può esistere per sempre separata dall’Essenza-Ur, un giorno dovrà essere provocata un’unificazione; è indifferente, se sulla base della Legge della libera volontà, oppure su quella di una Condizione onnisanta.

6. Prima però che possa sopravvenire quest’ultima, Ur si è privato di una parte della Sua Onnipotenza, particolarmente nelle quattro Caratteristiche determinanti, e ha scelto da una Legge che rimane eternamente incomprensibile, della Pazienza, dell’Amore e della Misericordia, la Via del Redentore, per guarire, attraverso una personale Ferita, quella del Giorno della Creazione dell’Amore! Egli ha voluto dare il Suo stesso preziosissimo Sangue, al corpo, nel frattempo quasi esangue, separato dal Regno, affinché lo stesso, porti nuovamente in sé abbastanza sostanza vitale e rimanga così eternamente idoneo per il Regno. Questo è il supremo Scopo principale! Chi può afferrare questo nell’onnipotente estensione della Creazione?

7. Ur non prende su di Sé nessun’altra garanzia di Salvezza, che quella del Suo Sacrificio da portare personalmente! Essa, la garanzia, non si evidenzia né da un debito, e tanto meno ancora da una necessità; e anche dopo il Sacrificio compiuto, il dovere e il potere staranno al primo posto! Il figlio perduto potrà riconoscere, avrà il permesso di ritornare! Questo è il prezzo dello Scopo principale! Diversamente sarebbe soltanto un Atto di purificazione proceduto dal Potere e dalla Forza, per raggiungere il quale, l’Onnisanto non avrebbe bisogno di nessun personale Sacrificio, né di un consacrificio dei Suoi figli fedeli. L’Amore, tuttavia, in preminenza in questo sesto Giorno creativo, vuole avere non diversamente il reciproco libero legame tra Padre e figlio, come tra creatura e Creatore!

8. Ma ora la ferita che ha deformato l’Opera dell’Altissimo è diventata così grande, che ha sospinto la sfera abbandonata ad essa, nelle braccia di una morte quasi non eliminabile, e Ur ha stabilito Se stesso – sostenuto dalla Sua quadruplice Essenzialità e dalle sette Caratteristiche – a Redentore; con questo ha giustificato un intervento guaritore, e senza ledere in nulla la Legge della libera volontà! – Che cosa sapete voi uomini di questa decisione, di tutte le sante Opere precedute, di quante innumerevoli orbite solari siano state messe in movimento, e di un lavoro del tutto incredibile di tutti i figli della Luce, fino a quando si determinerà quell’avvenimento terreno, dal quale potrà nascere il Salvatore?

9. Credete voi che bastava che Dio dicesse: “Voglio mandare il Mio Amore come Figlio sulla Terra affinché diventi un Redentore”, e questo accadesse nell’attimo in cui lo dice? Per il tempo prossimo, quando la Luce-Ur colpisce la Terra, tutte le orbite solari del Regno e quelle dell’elemento materiale della Creazione sono giunte ai loro confini estremi, conforme al tempo come allo spazio; ne vale che anch’essi abbiano poi il loro ritorno, attraverso il quale sarà dato il loro dover-operare nel rispettivo ritorno della Creazione. Questo non può avvenire all’improvviso conformemente all’ordine. – Gli eserciti di Luce del Regno dovevano perciò essere inquadrati da un tempo per voi eonico all’Opera di Redenzione, in questi però devono essere inclusi quegli eserciti di mondi della materia; i primi per cooperare, gli altri per ricevere la loro salvezza. Quando questo fu tutto ordinato, soltanto allora Ur pensò il Suo personale Sacrificio, che doveva essere in nulla dominante, bensì solo guidante e richiamante, guarente e liberante. E questo, anche per Ur fu indicibilmente pesante! Come doveva Egli connettere una completa subordinazione sotto l’Opera, e per giunta ancora a causa di un unico figlio, con la Sua santa Onnipotenza? Su questo ora vi parlerà Gabriel».

10. Le cinque persone non possono comprendere tutto, per loro è nuovo. Ma strano: la parola ‘Redentore’ si posa consolante sui cuori lacerati, attraverso i quali il principe di luce ha lasciato scivolare il suo aratro. Ora, a loro sembra, benché non lo riconoscano né nelle parole né nel senso, come se si fosse sparsa della semenza. Essi guardano a Gabriel, che è seduto al fianco di Maria. Maria stessa si è abbandonata del tutto alla Rivelazione. Non che lei la comprenda più a fondo, no, ma ha accolto tutto come un fiore assetato di pioggia che semplicemente beve, e con questo, cresce, senza di ciò esserne cosciente. Essa vorrebbe soltanto donare, donare molto di ciò che colma il suo cuore fino all’orlo. Beata – beata è lei, la prescelta; e la sua umiltà è uno splendore di Luce sul suo capo, che anche gli uomini terreni vedono. Il mondo le sembra troppo piccolo, per afferrare la sua felicità; vorrebbe far venire soli e stelle, affinché l’aiutino a portarla.

 

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Cap. 11

Sulla preparazione di Ur a Salvatore

1. «Ascoltate, udite, e stupitevi», comincia Gabriel con voce amichevole. «Tutto ciò che avete inteso, e quel che io ancora vi rivelerò, è intanto destinato solo per pochi; poiché non è ancora giunto il grande Tempo che rivela il Compimento. Un giorno, quando si compirà, lo ascolteranno ancora una volta gli uomini che, come voi, si preparano. Voi attendete la nascita del Redentore, loro attenderanno il Suo ritorno! Essi, come voi, Lo attenderanno con ardente desiderio, e nella misura in cui incondizionatamente crederanno, saranno loro svelati, tutti, e ancora più misteri di come avviene adesso. Sì, allora saranno conoscenze sante. – Adesso può essere rivelato solo il necessario, ma basta abbondantemente, per donarvi un Cielo pieno di beatitudini.

2. Ebbene ascoltate alcune cose dalla preparazione, cioè, in quale modo Ur volle diventare un Redentore. – Che Egli lasciasse al figlio caduto una parte della Creazione, di cui Lucifero prese totale possesso, così che questa Terra nacque, accadde per Misericordia. Ma non perché essa sia la più potente delle caratteristiche, ma perché ogni cosa sommamente perfetta, – ascendente dal santo Fondamento dell’Ordine e su fino agli ultimi sui gradini dei Raggi fondamentali della Vita – sperimenti nella Misericordia la Sua perfezione.

3. In quel tempo le caratteristiche lottavano per la compensazione, che poteva realizzarsi solo grazie alla Redenzione. Voi non sospettate che cosa abbia significato per Ur formare, dalla Sua magnifica Grandezza di Potenza, un tale misero corpo, un così miserabile nanetto e – per di più – mettere il Suo stesso eccelso piede su questa miseria! Quale grado di Misericordia ci voleva? Potete voi immaginare che cosa significhi che il sublime Maestro d’opere si abbassi a una tale nullità, per diventare un Portatore di questa Sua condizione di Redentore?

4. Vedete, io ho qui un pugno di sabbia. Contate i granellini e calcolate da ciò la quantità che sotto questa casa forma la grande collina; e allora saprete quanti corpi celesti materiali esistono, che percorrono orbite a voi ancora completamente sconosciute. Ora però solo i soli della Luce! A ciò sia annodata la domanda: “Non potrebbe il Maestro costruttore di tali inafferrabili Opere celesti, alitare con un frammento di pensiero sul territorio di Lucifero, senza che questi se ne risenta, e lui sia riportato a casa nel Regno insieme alla sua caduta?”. – Chi potrebbe questionare con Ur, se Egli volesse stendere la Sua mano e dire: ‘Torna indietro!’. – Nessuno! Nemmeno noi, portatori delle caratteristiche, potremmo intrometterci nelle Sue potenti mani operatrici, nelle mani di Ur, e dire: ‘Così non può avvenire!’. – Ma il Suo santo potere creativo, la grande forza sacerdotale, retrocedettero per amor di un piccolo Comandamento, per amor di una Terra infinitamente più piccola ancora.

5. Egli aveva fondato i Suoi primi giorni sulle determinanti caratteristiche dell’Ordine, della Volontà, della Sapienza e della Serietà, e aggiunse la Pazienza affinché si compisse magnificamente tutto ciò che doveva diventar riconoscibile ai figli in virtù dell’Amore nel sesto Giorno della Creazione. In questo modo Egli pensò anche di coronare l’Opera con la Misericordia. Allora giunse la caduta di Sadhana! Con la forza data alla figlia, che a lei anche come Lucifero non doveva essere sottratta coercitivamente, il caduto prese in possesso la parte dell’Opera a lui lasciata, e la privò di tutta la Santità e Sublimità. Ur vide il marchio dell’infamia, lo lasciò accadere, certo – soltanto, Egli in nessun modo guardò al movimento senza far nulla! E se voi pensate che solo adesso, con la venuta del Redentore, cominci l’Opera di redenzione, allora v’ingannate enormemente!

6. Nell’istante in cui Lucifero demonizzò la parte della Creazione a lui lasciata, già cominciò l’Atto della redenzione. È’ impossibile indicarvi il tempo in anni terreni, e il tempo della Luce è totalmente differente. Voi perciò non potete misurare il fondamento, da quando Ur iniziò la Sua Opera di rimpatrio.

7. La Redenzione, promossa dall’Opera di rimpatrio, presupponeva nella sequenza dell’Ordine – che per mezzo di ciò in nessun modo veniva revocata – una grande eccezione. I Giorni dell’Opera restavano eternamente nella loro costruzione di base come menzionato prima, che sempre le quattro caratteristiche determinanti precedono le tre portanti. La Redenzione però, se doveva diventare perfetta, corrispondente al Piano del Salvatore, aveva bisogno della trasformazione delle rispettive particolarità di un insieme congiunto saldamente in sé. Questa trasformazione è tuttavia altrettanto unica, come unica in genere può essere l’Atto della Redenzione in seguito a una caduta! Ed esso si mostra conforme alle quattro sante Essenzialità, in quattro grandi periodi della via del Salvatore.

8. Questa è la Nascita, coperta dalla Misericordia e dalla Sapienza; la completa dedizione del Sacrificio alla Pazienza; il compimento dell’Opera di Salvezza all’interno del centro della materia, compiuta mediante l’Amore e la Volontà; e alla fine la conclusione della completa Redenzione, il ritorno del Salvatore, posto sulla Serietà e sull’Ordine. – Non per nulla la Misericordia, nel decorso terreno dell’Opera di redenzione, è posta per prima, l’Ordine per ultimo, poiché la Misericordia, come settima Caratteristica, aveva dato la sua ultima parola per il previsto Atto del Sacrificio Ur. Essa doveva quindi dapprima giungere alla missione, mentre l’Ordine formava la conclusione in virtù della sua irradiazione di salvezza, per includere di nuovo la purificata, redenta caduta, per l’Eternità Ur in Spazio e Tempo.

1.            9. In qual modo ora è stata chiamata la Misericordia per prima al servizio della salvezza? Ha Ur semplicemente detto: ‘Io voglio!’? Con questo, non sarebbe nata un’apparente costrizione, che sarebbe poi diventata proprio l’opposto della libera figliolanza? – Oh, vedete, con un ‘Io voglio’ – persino con la piena aggiunta della Misericordia – tanto la legge della libera volontà, quanto quella della Divinità sarebbero state assoggettate a una legge dell’obbligo, preposte giustamente alle condizioni stabilite. Quindi, nel raggio di Luce della Sapienza si trattava di iniziare la Redenzione stabilita dalla Misericordia come scopo principale. In queste due Caratteristiche giace già la risposta alla domanda: “Chi diventa il realizzatore della Redenzione: Ur come Padre nella Misericordia, che vuol sacrificare il Dono, oppure come ‘Sacerdote’ nella Sapienza, che attua il Sacrificio?”. Come ‘Creatore’ Egli non poteva fornire nessuna parte di Sacrificio. Così rimaneva solo la Sua terza Essenza: ‘DIO’, da cui doveva essere riconosciuto l’Agnello destinato al Sacrificio. Ma il Sacerdote non poteva sacrificare, se il Padre non concedeva il Sacrificio. Da ciò, riconoscete che nell’Opera di redenzione, solo la Misericordia poteva comparire per prima nel Piano, e la Sapienza con la sua Luce avrebbe irradiato tutto il santo operare[7].

10. La Sapienza l’avrebbe eseguita in modo che i figli iniziassero la via per la completa Redenzione, ma non perché Ur non avrebbe potuto farlo, oppure i figli non avrebbero potuto far questo da sé, ma perché il Suo personale Raggio del sacrificio non doveva colpire per primo l’opera della caduta, altrimenti sarebbe stata consumata da questo Fuoco del sacrificio, piuttosto che dal Fuoco della Santità! La caduta era già cresciuta fino a proporzioni gigantesche, e Ur doveva adeguare nella stessa misura il Suo Sacrificio.

11. Voi credete che attraverso la colpa del paradiso abbia avuto origine il peccato. Avete ragione solo in parte. Il peccato, cioè ‘la separazione’, accadde causalmente attraverso Sadhana. Esso venne su questa Terra nel momento in cui Lucifero prese in possesso il mondo, molto tempo prima che ci fossero gli uomini. La Redenzione dal peccato seguì quindi causalmente anche a causa di Lucifero, in cui nondimeno sono da includere tutte le anime a lui sottomesse. Il peccato stava nel mondo, quando vi misero il piede Adamo ed Eva. Solo che esso non era ancora diventato attraverso gli uomini per peccato originale. Prima di Adamo esistevano specie umane per le quali l’inferno aveva spalancato ampiamente la sua robusta porta, ma non la porta dell’essenza. Da questo derivò che fino ad Adamo il peccato era in un certo senso limitato, e non provocò quelle conseguenze come l’adamitico portava con sé.

12. Quest’ultimo provocò dall’Ordine il caos, dalla volontà l’arbitrio; la sapienza divenne cattiveria, e la Serietà per vacillante voglia; la Pazienza si dissolse in ira repentina, mentre insensate passioni storpiarono l’Amore. La Misericordia divenne cecità di fronte alle sofferenze e tormenti d’ogni genere provocati dai peccati. La tenebra combatteva contro la Luce! – Non doveva Ur essere assai profondamente adirato e offeso, perché la Sua meravigliosa Opera era calpestata rovinosamente? Non doveva insorgere ogni Raggio fondamentale di Vita, per punire non solo l’avversario, respingendolo nei suoi confini, ma anche gli uomini? Oh, sì, Egli pesò il determinante e il portante della Sua santissima quadruplice Essenza, e non era altrettanto da prevedere, se uno dei due possedeva il potere maggiore, oppure se – come sempre finora – fossero equiparati nella massima perfezione.

13. Noi sette principi stavamo dinanzi al santo Focolare. Furono raccolte e pesate le decisioni delle Caratteristiche dai suoi portatori; nel piatto della bilancia a destra stavano quelle Essenzialità determinanti del Creatore e Sacerdote, a sinistra quelle portanti del Dio e della Paternità. I quattro Raggi fondamentali della Vita avevano un’eccedenza di peso perché alla Pazienza, all’Amore e alla Misericordia mancava anche un Quarto, che un giorno sarebbe compensato da Sadhana. Com’era possibile conservare la sua giusta parte di Luce passata, e per giunta controbilanciare la sua caduta?

14. Allora io – per la prima volta accadeva questo attraverso un figlio – presi il Libro della Creazione dal santo Focolare, aprii il veniente Giorno di Festa ancora non scritto, e posi le decisioni della Pazienza, dell’Amore e della Misericordia sulla pagina di bianco puro. Qui ebbe luogo la risoluzione. E la Misericordia fu giustificata anzitutto per il tempo dell’Opera di redenzione, per cui – come già menzionato – non fu ritirata la conseguenza Ur, e ancor meno fu ridotto il privilegio dell’Amore come dominante del santo Giorno della redenzione. Ur benedisse la nostra azione, noi certo avevamo riconosciuto la Sua segreta deliberazione. Adesso già si poteva prevedere che il Garante e il Portatore dell’adempimento del Giorno della Creazione dell’Amore, riceveva la sua incoronazione!

15. Anche noi, un giorno, dovevamo decidere chi doveva essere il Portatore del Sacrificio, se si doveva pretendere un Sacrificio così come doveva accadere, e accadde. Ma che cosa era più temerario, proporre a Ur stesso la Via del Sacrificio, oppure credere che ne sarebbe stato capace un figlio? Oh, voi uomini, non immaginate che cosa accadde da eoni di tempo nel santo Regno! E nondimeno doveva essere riconosciuto che poteva esserci un’unica Via, come anche un unico Portatore del Sacrificio, anzi, doveva esserci Ur stesso! La Santità trattenne ancora la risposta, patrocinata dalla Serietà: “Deve essere l’Onnisanto a prendere su di Sé, a causa di un figlio, una tale umiliazione; essere sottomesso alla legge delle tenebre, sebbene solo per il tempo di una vita terrena, anche solo nella personificazione di base di una caratteristica?”, Chi poteva pretendere questo da Ur? Solamente, …nell’Opera formata da Ur come Creatore sommamente meraviglioso, stava la massima: ‘Solo su questa Via è possibile proteggere la Santità di Ur, proteggere l’Opera Sua!’

16. Ma anche come figli, non solo come portatori delle Caratteristiche, noi lottavamo per la decisione di salvezza. Poiché ciò che Sadhana aveva fatto alla Divinità, era difficile riparare nuovamente. Un figlio non lo poteva. Anzi, noi dicevamo: “Solo tutti gli eoni di schiere possono rinunciare alla propria Vita di Luce, andare nelle tenebre e, in questo modo, riportare una dopo l’altra, piccole parti di Lucifero, ammesso che l’oscurità non inghiotta i figli!”. Ma di quanto tempo abbisognava l’Onnisanto per giungere con ciò alla meta? Egli lo sapeva meglio di noi principi. Egli avrebbe perduto qualcosa di prezioso, se la beatitudine dei figli della Luce avesse subito, a causa di ciò, un grave danno.

17. Se l’Opera, rappresentata attraverso noi principi, e da tutti i figli angelici, come anche attraverso la magnificenza della Sua Creazione, avesse preteso da Ur: ‘Tu Stesso devi sacrificarTi alla Tua Opera, se deve essere coronata dalla Tua Misericordia’, allora, per contro, stava salda dinanzi a noi la libera volontà di diventare co-portatori del Sacrificio. E noi principi volevamo dapprima ristabilire la via della Luce affinché squarciasse l’oscurità, che per una volta doveva dimenticarsi della sua tracotanza. A dir il vero – un figlio poteva liberare solo delle singole sostanze dalla forza di Lucifero; Ur stesso doveva scegliere il Cuore nella personale lotta di Sacrificio, per vincere! Ed era certo: ‘Con la Sua Onnipotenza Egli può vincere il caduto, ma con il Suo Sacrificio, indurlo al libero ritorno!’.

18. Se Egli venisse nel regno dell’esilio come Signore degli eserciti, anche il più ostinato rifiuto di Lucifero non servirebbe; tutto il caduto soffrirebbe la dissoluzione.

19. Se invece Egli prenderà su di Sé la Via dell’Espiazione-Sacrificio, in verità, sarà velata la magnificenza della Sua Potenza, soltanto – si rivelerà ricca di gioielli! E il piccolo mondo, nel quale è catturato il cuore del caduto, sarà il luogo della Redenzione; Ur farà di esso il Suo Efrata! – E noi parliamo ancora: “Lascia che i Tuoi principi preparino la Via! Lascia a noi, di servirTi nel Co-sacrificio. Ma tu, o Ur, sii Tu stesso il Portatore del Sacrificio! Noi principi diffonderemo i Doni ricevuti, attraverso i quali si condurrà la Tua santa-inconcepibile Via dell’Umiltà. Così la Tua Grandezza, Magnificenza, Santità e Onnipotenza saranno rivelate gloriosamente, come mai nessuna delle Tue Opere ancora le vide! A questo Sacrificio dell’Umiltà, il figlio delle tenebre non potrà resistere, in ciò si frantumeranno la sua ostinazione e il suo potere, la sua superbia sprofonderà. Lucifero cadrà per la seconda volta – – ma qui indietro nelle Tue braccia redentrici, dentro le quali egli paragona del tutto inutilmente la sua piccolezza!”

20. Poteva la Misericordia pretendere dell’altro, quando pensava al povero, smarrito figlio, affinché fosse aiutato e si riportasse il perduto a un Padre immensamente buono? La santa Pazienza di Dio si fece avanti, e il principe non chiese altro che un tempo, che Ur concesse. – Egli portava da gran tempo in Sé lo scopo della Misericordia, prima che fosse espressa da un figlio. Ma poiché dei figli ponevano la richiesta, che corrispondeva al santo Piano di Redenzione di Ur, essa poteva – senza danno della Legge della Libertà – essere trasferita anche alla Creazione per l’immediata attuazione. Quando la Pazienza mantenne il tempo nelle Sue mani, diede lo stesso all’Amore, e lo chiamò il ‘Figlio’. L’Amore Lo concepì, e incarnò Se stesso in Lui!

21. La Pazienza e l’Amore mi porsero il Dono del tempo, ed io lo posi sull’Altare maggiore del santo Focolare. L’Amore si sacrificò per tutta l’Opera e per la Santità che, con la caduta, era stata ferita particolarmente nei quattro determinanti Raggi fondamentali di Vita. Così la Santità fu mitigata in Ur; poiché il Sacrificio portato dall’‘Amore’ era in grado di aggiustare la caduta, di guarire la ferita della Creazione, di ricondurre a Casa il figlio perduto e il perfezionamento previsto da tutta l’Eternità-Ur, vale a dire: l’unione tra il Padre-Ur con il Figlio-Ur, da svolgere assai gloriosamente! Con ciò, fu completato nel Regno stesso il Piano di Salvezza.

22. Due volte, in lunghe epoche di tempo, dei figli della Luce vennero nelle tenebre. Lucifero si sforzò, nella sua grave condotta infernale, di mettere un argine all’influsso della Luce. Il primo mondo lo frantumò, come un giorno il bel sole Atarus di Sadhana. Il secondo – la vostra Terra – era vicino alla distruzione. Ma Lucifero non aveva tenuto conto che il co-sacrificio dei figli aveva raggiunto un legame più forte di quanto fosse grande il suo potere distruttivo. Questo legame ebbe per conseguenza che, con una terza lotta infernale, Lucifero stesso aprì completamente il suo regno agli esseri, e liberò ai demoni la via terrena. Egli sperava oramai di ottenere, ciò che in precedenza a lui era fallito: la definitiva separazione fra sé e la Luce! Ma una volta aperta la porta all’incarnazione di tutto l’infernale, Lucifero non la poté più sbarrare nuovamente.

23. Più larga diventava la via della Luce, tanto più larga doveva necessariamente diventare la porta dalla quale le anime tenebrose premevano alla Terra. E quanti figli della Luce corrono alla Terra per servire il Padre, per contribuire all’Opera di Redenzione, tante particelle di potere perde Lucifero. Anche se, spesso, i figli della Luce devono vivere per lungo tempo nell’esilio dell’oscurità, perché catturati dal peccato – l’inferno non li tiene a lungo! – Allora altri del Regno subentrano per assistere i loro fratelli e sorelle; e l’aiuto della Luce è grande. Sì, ciò che gli uomini esprimono mezzi creduloni, mezzi superficiali, che ogni uomo ha la sua stella, questa è una profonda, nascosta verità. Le stelle reggono la via dei figli della Luce! Anche ogni spirito luciferino ha la sua cosiddetta stella, vale a dire: una parte della Creazione materiale, curata però dai figli del Regno, perché i poveri dell’abisso hanno bisogno di maggior aiuto della Luce, se devono essere salvati. E tutto, tutto è unito in Ur, all’Eterno-Santo, all’Eterno-Unico e Veritiero!

24. Quest’Unificante, quest’unico numero, si rivela nel ‘Salvatore’ che presto nascerà. In Lui sono contate tutte le stirpi della Terra. Così c’è anche solo un Nome, nel quale giace tutta la beatitudine, mediante il quale, tutti, se credono in Lui, ottengono la grande Redenzione! – Attendete dunque il Salvatore, che si chiama ‘GESU’ CRISTO’; accoglieteLo con cuore puro, con il solo vero senso, con quella volontà che suona: ‘Io appartengo incondizionatamente al Salvatore, Egli è il mio Redentore!’».

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25. La Voce dal Regno va perdendosi. – Come legate siedono le cinque persone, non sapendo che cosa stia capitando loro. Esse vedono il Cielo veramente aperto, il suo Mistero si è svelato. E non tremano solo i loro cuori e le loro anime, anche sui corpi scorre un violento brivido, tanto potente è la pienezza di Luce, sotto la quale esse stanno. Allora Zuriel stende le sue mani su di loro, e presto sentono una santa-dolce quiete. Gabriel aggiunge un’ultima parola:

26. «Accogliete la santa Rivelazione quale segno del sommo Amore che Ur vi manda come ‘PADRE’. Serbate tutto ciò che avete ascoltato nel cuore, perché nessuno intorno a voi è maturo per sopportarlo. La verità della Luce può essere annunciata solo a poco a poco agli uomini. Perfino alla fine di tutti i giorni saranno soltanto pochi, quelli che guarderanno più profondamente. Ma come adesso in misura più piccola, così un giorno irromperà in grande il ‘Flusso di Luce’ su tutta la Terra, finché l’ultimo Sigillo della corona sarà dato in mano ai portatori della Serietà e dell’Ordine, Muriel e Uraniel. Allora si rivelerà la completa Redenzione! Ma a voi, per concludere, dico ora tre parole provenienti dalla Pazienza, Amore e Misericordia, che simbolicamente sono una conseguenza di quelle tre Parole che un giorno concluderanno il Sacrificio. Esse adesso suonano così:

“attendete il Signore!”».

27. I principi angelici si alzano. Parla Zuriel: «Io vi do a riconoscere, su incarico del vostro Dio, la Rivelazione, la Luce della Sapienza: essa è Ur, il Cui nome ancora sconosciuto sulla Terra sin da Adamo, lo avete sentito soltanto voi. Egli si assopirà di nuovo nei vostri cuori, perché il Suo tempo non è ancora venuto. Ur è il vostro Creatore e Sacerdote, eternamente il vostro Dio e Padre. Ora sarà il vostro SALVATORE! La Sua Pace è con tutti voi».

28. La luce s’intensifica, cosicché gli uomini devono di nuovo chiudere i loro occhi, finché sentono, attraverso le palpebre, che si è allontanata. In alto, sopra il firmamento, vedono due figure chiaramente raggianti, che presto appaiono come stelle lontane e sfuggono rapidamente ai loro sguardi.

29. La notte è passata. Sulla collina giudaica spira un dolce vento e all’orizzonte si forma la prima aurora. Un sole splendente sorge. Nel suo nuovo raggio di luce, Giuseppe, sulla brava mula marrone di Elisabetta, mette in sella l’ancella del Signore, la pura Maria e, premuroso, porta la Madre del veniente Salvatore a Nazareth.

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[1] La corona, è il simbolo portato dall’arcangelo Gabriel, di cui Pura ne è la compagna nel Regno. [vedi il cap. 5,4 e anche nell’opera Karmatha]

[4] Gerusalemme fu completamente distrutta dopo la distruzione del Tempio di Gerusalemme, e solo molto più tardi, dopo oltre seicento anni, fu ricostruita ad ovest del monte degli ulivi dai saraceni. [vedi ‘Spiegazioni di testi biblici’ cap. 3 – comunicato a J. Lorber il 29.03.1864]

[5] Il riferimento è ai 2000 anni passati e al Giudizio profetizzato che seguirà per rimuovere tutto l’esteriore passeggero.

[6] È l’arcangelo Zuriel, sulla Terra incarnato come Isaia. [vedi ‘E fu Luce’]

[7]  Gabriel-Misericordia annuncia il detto: “Onore a Dio, pace agli uomini; e la Stella Sapienza illumina il sentiero nell’oscura notte”. – Anche Abramo, come padre, doveva essere disposto a sacrificare il figlio Isacco.