- Rivelazione –

(Dettato ad Anita Wolf nel 1975)

 

Giovanni, il discepolo prediletto di Gesù, non chiamato così perché favorito, ma perché approvava incondizionatamente la via di salvezza del Signore, egli scrisse sull’isola di Patmos l’Apocalisse sigillata con sette sigilli. Come continuò la sua vita dopo l’esperienza sul Golgota (vedi nell’Opera “Le quattro Pietre miliari”, la terza), come operò quale prigioniero dei romani – in un certo senso come protezione esteriore – sull’isola di Patmos, viene raccontato in quest’Opera.

 

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 IL PRIGIONIERO

(vita di Giovanni l’evangelista sull’isola di Patmos)

 

giovanni

 

 

Titolo originale:  DER GEFANGENE

Traduzione: Ingrid Wunderlich

Revisione di Antonino Izzo

 

Edito dal circolo degli amici di Anita Wolf - C/o Jurgen Herrmann

Hohenfriedberger Strasse, 52 - 70499 Stuttgart

Email:     bestellung@anita-wolf.de.

Sito:           http://www.anita-wolf.de 

Questa edizione in lingua italiana è stata curata dal gruppo:

‘Amici della nuova Luce” – www.legamedelcielo.it

Contatti:    info@anitawolf.it

 

[indice esteso]

 

INDICE

 

 Cap. 1      La via nella prigionia - Cornelio presso Pilato e Caifa

 Cap. 2      La salvezza - Due miracoli e come si arriva a Patmos

 Cap. 3      Un’infamia, un buon giudizio e una terribile figuraccia

 Cap. 4      Maria è protetta - Il cambio del procuratore - Buon comportamento

 Cap. 5      Pirati, misericordioso operare - La Scrittura e una predica

 Cap. 6      Differenti vie - Meravigliose parole di Dio - Uno speciale certificato di successione

 Cap. 7      Il primo capitolo dell’Evangelo - Accenno: chi era Gesù?

 Cap. 8      Belle conoscenze - Uno sciacallo romano

 Cap. 9      Previsione per il mondo - Insegnamento dello Spirito e fine della materia

 Cap. 10   Altri buoni insegnamenti - L’odissea e ancora parole del Signore

 Cap. 11   Sapiente discorso di Nicodemo e suo ritorno a casa benedetto – Parola di Dio a Giovanni

 Cap. 12   Il battesimo - Un giovane pirata diventa un secondo Stefano, pirati e pescatori diventano cristiani

 Cap. 13   Istigazione contro i cristiani - Giovanni insegna sul perché dei martiri- Gaius è inviato su Patmos

 Cap. 14   Tommaso presso Giovanni - Ritorno a Casa della madre Maria - Molti insegnamenti sulla parola del Signore

 Cap. 15   Nuovo allarme su Patmos - Un duumviro - Il senatore Aurelius presso Cornelio

 Cap. 16   Le profezie si adempiono - Dio, il Pastore e Medico - L’ultima ora di Cornelio - L’alta Luce - Nessuno ha un Amore più grande

 Cap. 17   Stefano nuovo capitano – Un’aggressioe e meravigliosa salvezza - Anche un buon insegnamento

 Cap. 18   Non parole, bensì fatti - Un difficile rompicapo con una condizione - Migliore conoscenza di se stessi

 Cap. 19   L’ambizione non rende nulla - Pensieri dalla Croce - Nello Spazio di confine della Volontà di Dio - Immagine del ruscello, Eufrate e mare

 Cap. 20   Violento uragano, pesanti fardelli, la materia pretende il tributo - Qualcosa sul vero riposo - Differenti rivelazioni sugli insegnamenti di Gesù

 Cap. 21   Il Signore appare al Suo Giovanni  - L’ultima grande predica del veggente di Dio

 Cap. 22   Epilogo

                  Descrizione della nave Cornelia – Cenni storici

 

 

 

 PERSONAGGI

 Aurelius            senatore romano

 Caifa                 sommo sacerdote in Gerusalemme

 Claretus                           duumviro romano

 Cornelio            tribuno romano

 Cretios                           legionario romano

 Cronias                       comandante romano su Patmos

 Gajus                senatore romano

 Giovanni           un discepolo di Gesù

 Hannas              sacerdote capo in Gerusalemme

 Hermius                          centurione romano

 Horpha             moglie di pescatore su Patmos

 Maria                madre corporea di Gesù

 Maurius                       comandante romano di coorte

 Nicodemo          sacerdote a Gerusalemme

 Oste                   su Patmos

 Pharet               pescatore su Patmos

 Pilato                        protettorato romano

 Pretias               senatore romano

 Scubatus                           decurione romano

 Sector                           legionario romano

 Sejananus         capitano romano

 Stefano              pirata e più tardi cristiano (non Stefano biblico)

 Tommaso          un discepolo di Gesù

 Venitrius                       comandante romano

                            due coraggiosi sacerdoti

                            gente di Capernaum

                            parecchi pirati e persone secondarie

                            un medico e un rabbino

 

 

LUOGHI

 

 Capernaum / Gibea / Kedes / Patmos / Sidone / Tiro

 

 

 

INTRODUZIONE al libro (di Josef Brunnader)

 

Cenni storici

Quando il Signore fece tornare

i reduci di Sion, ci sembrò di sognare.

                           [Salmo 126,1]

 

Ben va piangendo colui

che porta il seme da spargere,

ma tornerà con canti di gioia

quando porterà i suoi covoni.

[Salmo 126,6]

۞

Cap. 1

La via verso la prigionia – Cornelio presso Pilato e Caifa


 

Giovanni è liberato da Cornelio e inviato a Tiro – Pilato è sollevato dall’incarico – Caifa è ammonito per l’ignobile crocifissione – Nicodemo si rifugia da Cornelio che lo fa inviare a Tiro

                      1.                     Con costui”, un legionario indica il prigioniero, al quale sono legate saldamente le mani dietro la schiena, e la cui estremità della corda il soldato tiene nei pugni, “non vai con troppa delicatezza? Pilato ha ordinato…”. L’interpellato, un comandante subalterno, risponde bruscamente:

                      2.                    “La Giudea è già alle nostre spalle. Non è Pilato che lo ha ordinato! Glielo hanno estorto con la strana Crocifissione, mah, – lasciamola stare. In ogni caso il responsabile è Caifa, nel quale dimora più durezza che in tutti i legionari di una delle nostre legioni. Vedete”, dice ai tre a lui subordinati, “io ho un figlio dell’età di costui”. Con la punta del piede indica il prigioniero, il quale è crollato sul ciglio della strada.

                      3.                    “Su, avanti! A Sidone attende la galea, mancano dei rematori e là lo consegneremo; allora per noi la faccenda è chiusa”. – “Tu lo pensi davvero, vecchio romano?”. Dice il legionario: “In te dimora un animo più tenero, ma gli ordini sono ordini”. Egli aiuta il prigioniero ad alzarsi, il quale è impedito perché ha le mani legate. Sulla fronte ha un’ampia ferita, il sangue cola nell’occhio destro ed è già tutto appiccicoso. Il romano gli porge una coppa d’acqua, non per compassione, ma perché finalmente può portare avanti il prigioniero. Così marciano per due, tre ore, nella calura del primo pomeriggio.

                      4.                    Da lontano si vede polvere che gira vorticosamente in alto. Potrebbero essere soldati di cavalleria. ‘Se hanno dei cavalli superflui, glieli portiamo via’, si prefigge il comandante subalterno. Già si mostra il primo uomo, armato, dietro di lui l’imperiale stendardo da campo. Sgomento! Chi arriva allora? Ordina ai legionari di spostarsi al bordo della strada, il prigioniero accanto a sé. Ebbene, possa venire chi vuole! Egli ha l’ordine scritto con sé e ‘l’intera faccenda’ neanche lo riguarda.

                      5.                    Il primo dello squadrone di cavalleria scruta il gruppo. Ha ancora una lettera col sigillo di Cirenio ‘proteggere quanto più possibile tutti i seguaci di Gesù di Nazareth’. Cirenio non vive più, ma suo nipote, Cornelio, possiede lo scritto; ed è lui che sta venendo. Egli è esonerato dal servizio, ma possiede ancora il potere del comando. Anche se è già vecchio, è sempre tanto vigoroso da poter eseguire differenti cariche.

                      6.                    Lui osserva il prigioniero. Sfigurato dagli strapazzi della marcia e dalla ferita, dalla quale cola ancora sangue. Davvero – deve riconoscervi qualcuno? Cornelio smonta da cavallo e gli si avvicina. “Come ti chiami?”, domanda egli benevolmente. Il prigioniero alza la testa, un chiaro splendore c’è nei suoi occhi. ‘Come presso il Salvatore’, ciò attraversa fulmineamente Cornelio. “Non temere!”.

                      7.                    Oh, questo meraviglioso ‘Non temere!’ che il Signore ha espresso tanto spesso. Per via gli era venuta ben la paura, come aveva detto il Salvatore: ‘Nel mondo avrete paura ..!’. Ma: ‘Siate consolati, IO ho vinto il mondo – per voi!’. Così accanto alla paura, è rimasta la fede che ‘il suo Salvatore’ può sciogliere anche le corde, se deve accadere in qualche modo una salvezza.

                      8.                    Un’aperta confessione: “Io sono un discepolo di Gesù di Nazareth, il più giovane tra loro”. – “Il più giovane? Tu sei Giovanni, con il quale talvolta ho parlato?”. – “Tu, lo dici, nobile romano, io lo sono!”. Proprio così come il Signore parlò alla banda che doveva catturarLo nel Getsemani: ‘Io lo sono!’.

                      9.                    “Il comando!”. La voce risuona intensa, tanto che penetra nelle ossa del comandante subalterno. “Presente!”. È vero, Pilato ha già di nuovo… sicuramente, quanti ‘ratti’ lo rosicchiano, qui c’è dietro solo quel Caifa colmo di odio, il quale… il quale può vivere tanto da sperimentare qualcosa! “Chi ti ha inferto la ferita?”. Il chirurgo militare ha già l’ordine di pulirla e fasciarla.

                    10.                  Il discepolo di Gesù scusa le guardie. “Nessuno! Sono caduto e battuto su un sasso!”. Che non è stato diretto, non lo dimostra. Si stupiscono perfino i romani. Poteva dire altro. E Cornelio lo avrebbe punito rigorosamente, perché dalla ribellione che ha provocato la crocifissione del Signore, è venuta fuori la massima direttiva – almeno in un primo tempo – di non eseguire nessuna repressione e così – anche in un primo tempo – lasciare in pace la gente di Gesù, cosa che veramente nella Giudea è impedita.

                    11.                  La schiera dei discepoli era fuggita verso nord, dopo la discesa dello Spirito Santo. Solo Giovanni rimase presso Maria e le altre donne [Luca 8, 2-3], per salire spesso sul Golgota, dove una pietra indicava la posizione della croce. Nessuno ha osato rotolar via questa pietra, come gli angeli quella alla porta del sepolcro.

                    12.                  “Sosta!”. Cornelio toglie a Giovanni le sue catene e fa curare da un medico i polsi sanguinanti. Per non compromettere tutta la disciplina, non può girare intorno a Pilato. Tra i suoi ufficiali si trova Venitrius; poiché Forestus, il fedele, è già deceduto. Venitrius crede altrettanto nel Signore. A lui Cornelio fa cenno, essi si consigliano da soli.

                    13.                  “Ho trovato! Vorrei avere te, Venitrius, volentieri presso di me, soltanto – la protezione di Giovanni ha la precedenza. Prendi tu l’ulteriore guida con sei uomini fidati e portatelo via. Poi deviate, con la scusa di ‘una qualche faccenda’ non arrivate a Sidone. Prendete la via più vicina che porta a Tiro.

                    14.                  Là c’è la mia nave, la quale porta il mio nome. Il capitano è uno dei nostri. A lui porti l’ordine segreto di far rotta per Patmos, ma ufficialmente per Roma. Andrà bene; poiché DIO fa grandi miracoli [Salmo 77, 15], visto che non giungerete a Roma. Tu rimani, finché sarà possibile un ritorno. I sei rimangano là come guardiani. Così posso giustificare davanti all’imperatore se Giovanni deve rimanere per tutta la vita su Patmos – per la sua protezione”.

                    15.                  “Questo te lo ha ispirato Colui che è lontano dalla Terra”, Venitrius si rallegra. “Dammi un cavallo, non possiamo far camminare il prigioniero”, lo dice di proposito a voce alta, “altrimenti arriviamo troppo tardi a Sidone”. – “Ehm”, anche Cornelio parla ad alta voce e va di nuovo dal grosso della truppa, “di per sé non è permesso. Certo – arrivereste troppo tardi, e se costui dovesse camminare”, egli indica Giovanni, “allora morirà strada facendo e alla nostra Roma andrà perduto ancora una volta uno schiavo di galea”.

                    16.                  Egli impartisce formalmente l’ordine di procuratore a Venitrius, lo vede ognuno, e prende le guardie dal suo gruppo. “Siete stanchi”, dice serenamente. “Avete un lungo percorso dietro di voi; andate alla salmeria, lì fate riposare i vostri piedi”. Essi gli sono grati e il comandante subalterno super felice, poiché può scaricare questo ‘peso’ dalle sue spalle, meglio dire: dalla sua anima. Questo, egli non lo sa ancora.

                    17.                  Giovanni abbraccerebbe il tribuno, che già salvò Tommaso, ma Caifa non deve sapere cosa è accaduto qui; costui ha sufficienti impostori e spie presso l’imperatore. Soltanto l’occhio splende ancora una volta. Il romano si volta, molti sguardi stanno in agguato, e la maggior parte dei legionari è diventata rozza a causa di tutte le guerre; a loro non importa niente della vita di un uomo.

*  *  *

                    18.                  Nuove preoccupazioni a Gerusalemme. Pilato sta nel giusto; ma quando sente che cosa riferisce Cornelio da parte dell’imperatore, diventa piccolo piccolo. “Non sei più visto nel modo migliore, e l’imperatore mi ha detto: ‘A causa di un Giudeo, non ribelle, da come mi è venuto all’orecchio, Pilato rovina il bastione! Io non voglio una Giudea distrutta, essa deve essere un solido caposaldo. Ma così succederà il contrario’. – Egli era molto adirato. Solo quando gli descrissi i ‘ratti’ che ti servirono questa minestra, divenne un po’ più mite. Credilo però: tu sarai deposto!”.

                    19.                  “Non m’importa! Voglio essere contento se posso lasciare questa ‘tana di Gerusalemme’ e sarò grato all’imperatore se mi manderà in esilio” – “Io al posto tuo sarei altrettanto contento, non c’è un ‘Simeone nel Tempio’, altrimenti. Un esilio ti potrà rendere solamente sereno”. – “Dipende!”, sospira Pilato. Interpellato su Simeone, Cornelio racconta volentieri di quel tempo.

                    20.                  Pilato sta ad ascoltare avidamente. “Ne avrei avuto bisogno, quando è successa la faccenda con GESU’. Credimi, tribuno, Lo avrei salvato tanto volentieri; sono stato semplicemente, travolto. Il popolo era sobillato, non solo contro il Nazareno, ma contro di me e … contro Roma. Questa, stava al primo posto!”.

                    21.                  “Certo! Non essere triste se sarai richiamato. Otterrai due superiori dallo stato maggiore di Cirenio[1], i quali credono nel Salvatore, e questi ti aiuteranno”. – “Come si chiamano?”. – “Marco, un ottimo politico, l’altro, Marcello, era il primo collaboratore di Quirino. Li conosci?”.

                    22.                  “Sì, e ti ringrazio, tribuno. Mi ricordo anche di Simeone, mi sono incontrato una volta con lui qui in questa stanza”. Indica tutt’intorno. – Cornelio sorride: “Hai urtato la mia armatura quando volevi chiamare la guardia. Allora eri giovane. Aspetta, come tutto viene. Marcello è dislocato a Silo, ho mandato dei messaggeri, di presentarsi da me. Ora”, Cornelio si alza, “vado da Caifa, il sommo sacerdote. Ah! Per me è qualcosa di diverso che un sacerdote!”.

                    23.                  “Egli avrebbe uno spirito cattivo sin dalla crocifissione del Nazareno”. – “Spirito? È la sua coscienza che non lo lascia in pace!”. – “Se coscienza o spirito per me è la stessa cosa. A lui devo ringraziare che io …”. Un romano fiero, con un’alta destinazione ed ora – un rinnegato, bruciato, spogliato della veste d’onore. Oh, oh – –.

                    24.                  Con passi gravi, colmo di sdegno, due fedeli dietro di sé, il tribuno va verso la casa del sommo sacerdote. Non ha voglia di andare nel Tempio, dove un giorno c’erano Simeone e madre Anna, poiché ci sono troppi ‘vermi’. Sulla via qui egli è stato a Betlemme, solo, in quella grotta, dove ha potuto vivere la cosa più meravigliosa che colma tutto l’essere suo. Ha avuto un raccoglimento silenzioso e sentito, come lo ha avvolto. Si fa annunciare ‘su ordine dell’imperatore’. Anche Caifa non lo può evitare.

                    25.                  “Oh, il tribuno! Quale onore!”, egli finge e porta lui stesso del vino. Cornelio lo rifiuta. “Quello che ho da dirti, Caifa”, tralasciando volutamente il titolo di sacerdote, “è così serio, che non servono le formalità! Dov’è il rotolo che ti ha mandato l’imperatore dopo ‘l’assassinio’ del Nazareno, che certamente era il MESSIA… come lo rivelano le vostre scritture!”.

                    26.                  Caifa si finge meravigliato. Negli occhi vacilla brevemente la paura. Cornelio lo vede e ammonisce: “Sai precisamente di che cosa si tratta! Hai sobillato il popolo non certo solo contro questo Taumaturgo! No, contro Roma! Le tue ripugnanti menzogne potevano fare ben poco, veri testimoni hanno chiarito tutto al nostro Cesare.

                    27.                  Tu ricevi l’ordine di non sobillare contro Roma, se non vuoi che”, una pesante minaccia, “presto o tardi il Tempio sprofondi insieme a Gerusalemme! Ci dispiacerebbe incenerire il Tempio; ma se continui a spargere la tua semenza, e questa germoglia, allora Gerusalemme è perduta, e tutto il popolo con lei!”.

                    28.                  Caifa si spaventa. Egli ha sentito dai suoi agenti segreti che a Roma non tutto è andato così come lo aveva ideato. Sorridendo, però di sbieco, afferma: “L’imperatore è stato informato falsamente, io gli sono fedele e…”. – “Non mi mentire in faccia!”. Cornelio, ancora una volta la ‘cara testa calda’, salta su. – “Fa quello che vuoi, vecchio ipocrita! Forse i tuoi giorni sono già contati! Sta attento: prima che Roma lasci Gerusalemme, dapprima sarà scacciato il tuo popolo! E chissà, quando potrà di nuovo tornare – oppure no!”.

                    29.                  “Sei tu un profeta?”, schernisce Caifa. “Io conosco i profeti meglio di quello che pensi. DIO non vi lascerà né radici né rami’ [Mal. 3, 19]! Lo ha perfino confermato il Maestro, il Quale ha fatto molti miracoli [Matt. 3, 10]. Tu dovresti conoscere le parole! Oppure non le conosci?”. – “Da quando sei così versato nelle nostre Scritture?”.

                    30.                  “Che cosa t’importa? Bada a come procedi!”. – “Tu, credi in Lui”. – “Che cosa t’importa? Tu non hai creduto alle vostre Scritture, hai rinnegato il SIGNORE, come si chiamava il Messia. Sentirai già oggi che cosa è capace di intraprendere Roma!”. Senza salutare, il romano va via. Un uomo rimane indietro con una certezza: egli sta accovacciato su un rogo; soltanto una fiamma, e…

                    31.                  Cornelio vede come in visione il divampare delle fiamme, sente il pianto di molti bambini, vede la morte delle madri, gli uomini precipitati nel ‘moloch della guerra’. Egli deve in ogni modo fare il suo dovere. Ordina alle truppe di presentarsi verso sera davanti al Tempio, quando la città si riempie di vita. “Tu no, Pilato, per te è meglio che rimani lontano dalla faccenda”. – “Ti ringrazio, perché mi hai tolto un peso e… sono malato”. – “Ti mando il mio medico, se vuoi”. – “Volentieri, io non so più che cosa fare”.

                    32.                  È l’ora. Lo schieramento del grosso di Gerusalemme, le truppe del tribuno, per le quali sono chiamati dalle vicinanze due centurioni, già fanno apparire tutto in assetto di guerra. Il popolo vuole fuggire nelle case, ma è già circondato e si deve ascoltare che cosa dice il rappresentante di Cesare.

                    33.                  Sono parole pesanti, ma chi vuole capisce il buon ammonimento del tribuno, cosa che attenua la volontà del dominatore. Il romano esorta alla calma, di non confidare nel superiore, perché: “Riflettete, noi siamo sempre armati. Sono in arrivo due legioni, nessuno le potrà fermare, eccetto voi. Se mantenete la calma e la fedeltà, voi sapete quante facilitazioni sono state concesse, allora potete tenere il vostro paese, fino a che vi confermate!

                    34.                  Io – un romano – dico qui una parola aperta che nessuno ha bisogno di riportare al mio imperatore; io stesso gliel’ho espressa! I bugiardi”, il suo sguardo d’aquila, non appannato dall’età, passa rapidamente sul gruppo che è sbarrato dai soldati, “non arrivano fino all’imperatore!”. Essi sono farisei, gente giurata di Hannas e di Caifa, dei quali alcuni sono stati a Roma, e a Pilato hanno messo quel brutto cappio.

                    35.                  “Il Messia l’avete assassinato voi, non Pilato! Il gioco scaltro di levar di mezzo Gesù, perché smascherò il Consiglio del Tempio, doveva colpire Roma! Sbagliato!! Se io credo in Lui, è unicamente una faccenda mia. Uno dei miei servitori era malato; andai dal Signore e Lo pregai di guarirlo, da lontano – beninteso, poiché sapevo che a Lui era possibile [Matt. 8, 5-10]. Non era svergognante per voi che io – un pagano – prestassi più fede a Lui di quanto Lui non l’abbia trovata qui presso di voi?!

                    36.                  Badate a come ve la caverete con il Salvatore risorto! Guardatevi però di agire contro la nostra potenza militare! Vi vogliamo proteggere, non tronchiamo il vostro commercio…” – “…perché avete bisogno del nostro commercio!”, osa esclamare forte uno. Costui è portato via e, immediatamente legato. Il giudeo guarda il romano in maniera arrogante. Ha coraggio, pensa Cornelio, cosa che a lui, di fatto, piace. Qui però non si tratta di quello che piace a lui.

                    37.                  “Portatelo via, in tribunale!”. – “Se uccidi costui, allora non avrai mai più pace!”. Grida un fariseo. “Noi abbiamo un altro potere, il nostro Dio…” – “ … che voi avete ucciso!”. Il volto del tribuno si oscura, ‘O Tu, lontano dalla Terra[2], aiutami a dominare la mia testa calda’, supplica egli interiormente. I diritti di Roma sono tuttavia da preservare, perciò ordina:

                    38.                  “In tribunale con lui! Se faccio uccidere qualcuno oppure no, non vi riguarda! Io non sono Caifa, Erode, Hannas o Giuda, tenetevelo in mente! Tra breve arrivano qua cinque coorti; se starete calmi, nessuno sarà represso. Come vi comporterete voi, così si comporteranno anche le truppe. Le coorti sono mobilitate in Giudea. Se non intraprenderete nulla, allora su incarico del mio imperatore un po’ alla volta, in seguito, vi alleggerirò. Disponetevi conformi a ciò!”. – Un segno, il cordone se ne va!

                    39.                  In gruppi rimangono agli angoli dei vicoli, cosa che Cornelio concede, veramente con sorveglianza. I templari si ritirano molto velocemente e si consigliano qui e là. A che serve il loro Consiglio? I romani sono in superiorità di forze e – mai ammesso – sotto il tribuno c’è stato già un buon periodo, nonostante l’occupazione nemica. “Sì, allora il paese sbocciava veramente, ed è stato bene, finché – è arrivato il Nazareno! Lui è da ringraziare che di nuovo siamo trattati ingiustamente. Il Messia! Ah, e Si è lasciato crocifiggere!”. Caifa smarrisce la chiara visuale.

                    40.                  Allora si alza Nicodemo, che perfino Caifa non può far tacere. Egli riferisce come da giovane, un giorno, prese la strada sbagliata, e un ‘angelo’ che, come Simeone, stava confermato nel Tempio, lo aveva convertito, così anche lui poté riconoscere il Signore. “Mai”, dice Nicodemo, “ho trovato un Uomo con una tale sublime conoscenza, con una tale straordinaria bontà, come la possedeva il SIGNORE!

                    41.                  Io fui sconvolto quando, al ritorno dal viaggio a me imposto per forza, sentii che voi”, indica Caifa, “lasciaste crocifiggere il Salvatore. Voi avete dichiarato: ‘Il Suo Sangue ricada su di noi e i nostri figli!’. O voi folli! Che cosa avete fatto? Voi contestate che Gesù sia risorto; ma io ero presente quando EGLI ascese al Cielo. Questo è stato così meraviglioso che… non lo si può descrivere; c’è solo da dire: ‘È accaduto!’.

                    42.                  Io so perché è avvenuta la morte sulla croce, ciò nonostante, alle vostre mani è appiccicato il SANGUE DI DIO! Guai a voi e ai vostri figli! Se continuate a provocare, invece di essere contenti per il fatto che è venuto da voi il tribuno invece di un Naxus, un Pompeo, non mi stupirei se voleste male a questo amico romano! E poi…”.

                    43.                  “Cosa? Un romano? Noi non abbiamo altri amici che noi stessi!”. La voce di Caifa è di ghiaccio. – “È così? Allora non conosci nemmeno la legge di Mosé, sebbene tu sappia sciorinare alcuni rotoli; le parole, non il senso! Oh, non mi stupirei se la Giudea si assestasse da sé il colpo mortale – a dir il vero attraverso di voi, i ‘salariati’ che non sono pastori, come disse una volta il Salvatore [Giovanni 10,12].

                    44.                  “Via, traditore!”. Caifa ha la sua brutta giornata. Senza posa sta il volto del Crocifisso davanti a lui. Nicodemo sospetta che i suoi giorni sono contati se rimane a Gerusalemme. Quando esce, due lo seguono. Fuori, essi lo fermano. “Devi fuggire, sono appostati degli sgherri! Va dal romano, costui ti può proteggere. Anche noi abbiamo riconosciuto il Signore, ma vogliamo rimanere per scoprire e impedire, in caso di bisogno, ulteriori maligne azioni che accadono da noi, per quanto ci sia possibile”.

                    45.                  “Grazie, cari fratelli, il Signore vi protegga!”. Proprio in quel momento arrivano un paio di legionari. Nicodemo rivolge loro la parola: “È molto importante, devo parlare al tribuno. Portatemi da lui, io cerco la sua protezione”. – “Questa è nuova”, ride uno. “Da chi sei perseguitato?”. – “Non posso dirlo, lo posso dire solo al tribuno. Lo saprai da lui, se sarà necessario”.

                    46.                  Due esseri tenebrosi ghignano alle loro spalle. “Ecco fatto; non abbiamo bisogno di assassinarlo. Si consegna a Roma – beh, il capo sarà contento”. Ritornano furtivamente nel cortile del Tempio. Caifa li ricompensa bene. Respira profondamente, anche se Nicodemo gli è sfuggito. Il querelante è sparito. Il peso però rimane. Un sussurro intorno a lui: ‘Oh, crocifisso, ma ciononostante, risorto, perché un DIO non muore! Egli pretende il conto da te!’ Guai! Come si può sfuggire? Il vino intontisce; quindi, avanti con questo. – –

                    47.                  E presso il tribuno? – “Caifa? Se riesco ad afferrarlo, costui si potrà congratulare! Io non sono duro, Nicodemo, soltanto che …”. Fa cenno con la testa rattristato. “Giuda è stato consegnato a lui e – consacrato alla rovina”. Anche Cornelio lo pensa, tuttavia tace, non vuole aggravare il cuore dell’onesto.

                    48.                  “Che cosa devo fare con te? Esteriormente devo essere romano, interiormente – il Signore perdoni la mia mezza misura”. – “Non è una mezza misura”, lo consola Nicodemo, “come romano puoi custodire i migliori. Si sa forse come agirà il prossimo monarca?”. Meno male che non c’è ancora un Nerone.

                    49.                  All’improvviso in Cornelio sorge un pensiero: “Nicodemo, ti lasci prendere prigioniero?”. Un attimo, il templare resta sorpreso. “Mi fido di te, dopo il Salvatore, più che di uno del mio popolo”. – “Allora sei d’accordo! Ti lasci portare su un’isola? Là non ci sono assassini, di questo sii certo”. Non gli rivela che è sua intenzione fare lo stesso con Giovanni. Sarà ancora possibile rivelarglielo nel tempo.

                    50.                  “Un veloce squadrone di cavalleria ti porterà via subito. Forse ci rivedremo; altrimenti sii raccomandato al SIGNORE, come io stesso mi voglio affidare a LUI”. – “Lui ti protegga, fedele!”. Una stretta di mano. Le guardie entrano, in segreto. A causa delle spie che, purtroppo, sono sempre in agguato, ordina ad alta voce e grave:

                    51.                  “Questo vecchio giudeo sarà portato a Roma. Poiché abbiamo bisogno di lui come testimone, non deve essere molestato! Veloce squadrone di cavalleria alla volta di Sidone. Incontrerai il mio capitano, Venitrius; consegnerai a lui l’uomo, e un rotolo che scriverò. Ogni comandante dell’esercito rispetta il sigillo imperiale. Poi”, appena sussurrato, “a Tiro”. Il centurione ripete l’ordine ad alta voce. Dopo circa un’ora, dieci veloci cavalieri hanno lasciato Gerusalemme, il templare nel mezzo, e avvolto in un semplice mantello che non lascia riconoscere nessuna nazionalità.

*  *  *

                    52.                  Caifa fa annunciare che Nicodemo sarebbe deceduto, perché era malato. Gli si dedica un discorso commemorativo. Altri più giudiziosi, sussurrano: “Portato via, oppure ucciso, non importa da chi, era un nazareno”. Il Nazareno però circola ancora tra il popolo. Quanto è ancora discusso qui e là, è elevato come un Dio e – condannato: “Ha fatto i Suoi miracoli con Belzebù!”. [Matt. 12, 24].

                    53.                  Gli uomini non trovano pace. Sempre più sono logorati dai propri superiori, i quali non dimenticano l’istigazione e le truppe d’occupazione romana. Quest’ultima forzata, perché si sollevano tanto il Tempio quanto gli altri molto influenti. Non c’è bisogno di chiedersi perché c’è ancora un nuovo inasprimento. Ed entrambi, l’inasprimento e l’istigazione, sono la macina per il povero grano che si chiama ‘popolo ebraico’.

 

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Cap. 2

La salvezza, due miracoli e come si arriva a Patmos

Il drappello con Venitrius e Giovanni verso Sidone – L’incontro con il comandante Sejananus – Nicodemo raggiunge Sidone – Il viaggio con la tempesta e la morte di un oppositore a Dio – La guida della nave da parte delle forze della natura verso Patmos – Il ringraziamento – Venitrius si lascia guidare e benedire da Giovanni – Speranza in un prossimo ritorno a Patmos

                      1.                    Sono fuori oltre Giskala. Là si divide la via per Kedes-Sidone e per Tiro. Venitrius sosta e riflette su come potrebbe deviare senza dare nell’occhio. Anche i romani non sono liberi da invidia, e possono tendere dei tranelli. A questo, egli è esposto, se semplicemente devia verso ovest. Da nord arriva di gran corsa una truppa a cavallo, sono alcuni centurioni.

                      2.                    “Alt!” esclama il portinsegna, e ferma il suo cavallo bagnato di sudore. “Dove volete andare?”. Domanda a Venitrius. – “A Sidone, per portare un prigioniero alle galee”. – “Devia! Lungo la costa ci sono abbastanza navi dove al vostro ‘protetto’ potrete procurare”, espresso malignamente, “un banco da rematore. Dietro Kedes fermenta un’insurrezione; i nostri or ora la stanno soffocando. Non si sa ancora fin dove si è esteso il focolaio”.

                      3.                    “Signore”, ringrazia nel cuore Venitrius, “hai guidato meravigliosamente; raggiungeremo certo Patmos”. Al centurione riferisce, come se riflettesse: “L’ordine dice: a Sidone!”. – “Avete visto il tribuno?”. – “Adesso è a Gerusalemme!”. – “Abbiamo ricevuto l’ordine di recarci là, per scoprire, strada facendo, ancora altri focolai rivoltosi e, se ce ne sarebbero, avvertire il tribuno. A lui riferirò che per ora è impossibile che tu possa andare a Sidone, senza cadere in un’imboscata. I ribelli si sono propagati molto, e anche verso Tiro devi essere molto prudente”.

                      4.                    “Là, lascio operare il Salvatore”. E ad alta voce: “Hai ragione, tutte le nostre navi hanno bisogno di rematori, allora è indifferente su quale sono da portare i prigionieri”– “A parte la ferita sulla fronte, il vostro prigioniero sembra pulito. Come mai?”. Domanda il portinsegna. “Un ordine particolare del tribuno, tenere i rematori meglio possibile; devono essere in forza, altrimenti già dopo pochi giorni sono mangime per i pesci”.

                      5.                    “Il tribuno è astuto, ne prendo atto anch’io”. – Parlano ancora un momento e ‘il veloce squadrone di cavalleria’ corre via. Presto è fuori portata. Venitrius ordina: “Ci spieghiamo in ordine sparso, a vista, io prendo in carica il prigioniero”. Con ciò ha mascherato bene la sua intenzione di scambiare di tanto in tanto una parola con Giovanni senza dare nell’occhio.

                      6.                    Sono catturati dei rivoltosi sbandati e consegnati alle stazioni lungo la via. In questo modo la cavalcata si allunga di molto. Giovanni spesse volte, immerso in visioni, sussurra: “Vedo una via, ti sarà consegnato ancora qualcuno”. – “Ancora un discepolo?”. – “Non lo so”. – Venitrius sa da Simeone che esistono uomini con grande facoltà di sguardo panoramico – nel futuro – e nel passato; e il Salvatore, che lui ha imparato ad amare, ha sempre saputo tutto precisamente. “Tu sei il Suo discepolo, Giovanni, quindi sarà così”.

                      7.                    Con molto ritardo arrivano a Tiro. Quando Sejananus, il capitano della nave a remi ‘Cornelia’, sente l’ordine, si gratta l’orecchio. “Ma come devo arrivare a Patmos? Bisogna sempre seguire la rotta di navigazione. Contravvenire mi costerà la testa e…”. – “Hai tu mai visto il Signore di Nazareth?”. – “No, tuttavia, attraverso Cornelio credo in Lui”.

                      8.                    “Allora continua a credere fermamente!”. – Venitrius riferisce in quale modo meraviglioso è stata tracciata la via verso Sidone, ma…“anche il tribuno sarebbe in pericolo se risultasse che dispone diversamente del discepolo, di com’è generalmente la regola”. – “Come si chiama?”. “Giovanni! I giudei pronunciano diversamente questo nome; ma non importa. Egli è un veggente; e se è con noi non potrà capitarci nulla di male.

                      9.                    Io vengo con voi; con alcuni della truppa c’è da essere prudente”. – “Anch’io li ho presso di me. Gli schiavi – come, mi è incomprensibile, credono nel Cristo, che è il SALVATORE. Io non li faccio neanche mai mettere in catene quando c’è battaglia, nonostante l’ordine diverso. Per questa ragione una volta ci hanno anche salvato. ‘Dio proibisce l’assassinio’, dicevano, ‘tuttavia noi dovevamo salvare anche voi!’. Puoi tu comprendere una cosa così?”. – Venitrius fa cenno col capo: “Lontano dalla Terra, quanto Egli mi ha aiutato! Quando si parte?”.

                    10.                  “C’è da aspettare. Il vento soffia verso la terra ferma e noi abbiamo ancora alcune cose da riparare. Forse in quattro giorni galleggeremo. Devo mettere questo Giovanni con gli schiavi?”. “No, poiché è da portare a Roma, secondo l’ordine. Quando saremo in alto mare, potrà rimanere senza corde; non si butterà in mare. Questo non lo fa nessuno se non si vede la costa”. – “Hem”, mormora Sejananus tra sé, “soltanto, come posso arrivare a Patmos? Perché proprio su quella piccola isola? Ho troppi ‘sostenitori del romanismo’ a bordo, non posso cambiare il corso così facilmente”.

                    11.                  Egli va verso Giovanni che è accovacciato. “Alzati!”, e a bassa voce, “devo tenerti come prigioniero, ma hai la mia protezione. Soltanto, non so come”. – “Lo sa il Signore”, sussurra lui. “Fa rotta per Creta, la via più breve per l’Italia”. – “Come conosci la via marittima così precisamente? Hai già fatto una volta questo viaggio?”.

                    12.                  “No! Quando sono salito a bordo, ho avuto una visione”. – Sejananus grida intenzionalmente ad un duro attendente, indicando Giovanni: “Costui è da portare davanti all’imperatore, non deve presentarsi mezzo morto davanti al trono”. – “Dipende da me? Allora dovrà ricevere proprio un buon cibo”.

                    13.                  Il vento si volta al mare. “Domani leviamo l’ancora”, dice il capitano che sta con Venitrius al bordo della nave. Ecco che dalla città arriva una cavalcata, i cui cavalli fumano quando si fermano alla riva. Il centurione salta giù, impetuoso fa cenno con la mano e Sejananus si fa portare da lui a remi.

                    14.                  “Sei tu il tribuno della ‘Cornelia’?”. – “Si!”. – “Ecco, il rotolo”. Anche i cavalcatori sono stremati, soprattutto Nicodemo, il quale troverà rifugio appena in tempo, Sejananus legge, cosa che gli crea fatica. “Bene, allora non viaggiamo a causa di un uomo. Chi è?”. – Il centurione indica Nicodemo. Il capitano ha scambiato non visto due rotoli, quello per Roma e quello della protezione. Con l’occasione fa sparire quest’ultimo.

                    15.                  Nella vicina osteria ci si può rimettere. Mentre il centurione riferisce di Gerusalemme, il capitano dice a Nicodemo: “Tu sei certamente un uomo libero, ancora per ora, ma sulla nave non puoi essere lasciato del tutto libero; ho la responsabilità, soprattutto perché ho con me un vero prigioniero”. Nicodemo si accorge subito di che cosa si tratta. Confida anche nel tribuno, che non gli ha teso nessun tranello. “Le leggi sulle navi non mi sono completamente estranee”, dice come di passaggio.

                    16.                  Quanto si stupisce il templare quando vede Giovanni. “Tu qui? Che cosa è successo?”. – “E tu?” – chiede il discepolo. “Com’è successo?”. Ognuno racconta quello che è capitato. “I miei fratelli”, si adira Nicodemo, “ahimè, – che cosa sono quelli che mandano in rovina il nostro Tempio e il popolo?”. – “Tu non più, io vivrò tanto da vederlo, come la nostra Giudea…”. – Sejananus fa un cenno. Essi subito tacciono e rimangono seduti tranquilli, Giovanni con la leggera legatura che non gli impedisce troppo. Nicodemo è libero.

                    17.                  “Da quando si lasciano in coperta i prigionieri come uomini liberi?”, domanda il rude attendente che è venuto di soppiatto. Maligno e di sbieco si guarda intorno. – Sejananus replica: “Io mi dispongo secondo l’ordine, capito?”. Uno sguardo d’acciaio. “Quello libero è un giudeo di alto rango. Ora sai la risposta!”. L’attendente se ne va mormorando, ma ha preso di mira i due. Spesso compare proprio quando conversano a bassa voce. Nicodemo è molto guardingo, all’attendente non riesce a spiarli.

                    18.                  Si trovano in alto mare e fanno rotta verso Rodi, che bisogna raggiungere entro due giorni. Là si caricano nuove provviste, sono scambiati degli schiavi rematori, poiché c’è bisogno di gente forte. Là ci si riposa per un giorno, giorno in cui Giovanni deve di nuovo farsi legare; in mare aperto era senza corde. Egli ringrazia il suo Maestro che le cose si sono messe bene per lui. Nicodemo lo imita.

                    19.                  Ora ci si dirige verso Creta. Sono ancora lontani, un vento spiacevole, che a Sejananus non piace, respinge la galea. “Questo non va bene”, dice agli uomini che ammainano le vele, altrimenti sarebbero lacerate dal vento. La galea è tenuta ancora dai rematori. Preoccupati, si guarda il mare mosso. Non è più possibile mantenere la rotta. Verso sera non si sa dove ci si trova.

                    20.                  “Che cosa ne dici?”, chiede il capitano Sejananus a Venitrius che osserva preoccupato il mare. Il suo sguardo cade su Giovanni che, come Nicodemo, si aggrappa alle corde. Il templare credente ha un po’ di paura. Una volta andò in mare, allora però non c’era nessuna tempesta, giusto un vento che aveva cambiato rotta.

                    21.                  “Date una mano!”, grida il capitano. “Dobbiamo togliere l’acqua!”. È difficile non essere rigettati oltre bordo della nave così gravemente barcollante. Un uomo è afferrato dalle onde, il tipo terribile. “Uomo in mare!”. Gli sono lanciate delle corde. Inutilmente. Giovanni si sforza con gli altri, sebbene egli abbia già ‘visto’ che l’ostile sarebbe stato portato via. I soccorritori, Cornelio, Venitrius e il capitano, più tardi, non dovranno essere giudicati – sono senza colpa. Mene tekel![3]

                    22.                  “Inutile,” Sejananus tiene per sé il fatto di essere contento che non ha più tra i piedi lo spione. Tuttavia gli dispiace che l’uomo sia perito così miseramente. La notte avanza, nessuna stella emana il suo bagliore. Le fiaccole non servono, esse potrebbero al massimo causare un incendio, nonostante la pioggia. Allora sarebbero tutti perduti.

                    23.                  Verso il mattino non è possibile verificare dove la tempesta ha spinto la nave. Già da qualche tempo hanno smesso di remare, dopo che le pale sono già state spezzate e gli schiavi si sono dovuti aggrappare alle panchine da vogatore. All’improvviso l’imperversare della tempesta cessa, così che la galea quasi si spezza. È danneggiata come dopo un combattimento con i pirati. Comprensibile che Sejananus pensi: ‘E qui io ho un discepolo di Gesù a bordo!’. Dov’è dunque il Suo aiuto, se …

                    24.                  Quando il Sole squarcia le nuvole, solo la risacca spinge ancora leggera, allora ringrazia lo stesso il ‘Signore di Nazareth’ e si ricorda di quando Gesù avrebbe una volta quietato una potente tempesta con una Parola. Egli non lo aveva creduto veramente, cosa che non si può rimproverare ad un marinaio. Adesso lo ha vissuto lui stesso. Il mare mai è cambiato così all’improvviso che alla tempesta segue in un batter d’occhi una buona brezza.

                    25.                  Davanti agli uomini dice a Giovanni: “Ti sei comportato bene e mi hai aiutato, ti scriverò una testimonianza”, lascia stare, pensa, perché scrivere gli crea troppa fatica. “L’imperatore ti sarà grato. Perciò non ti tratto più da prigioniero. Chi è d’accordo con questo?”. Tutti gli uomini a bordo alzano la loro mano: “Egli ha perfino mantenuto due altri da una caduta in mare!”.

                    26.                  Non si mostra ancora nessuna terra. Secondo la posizione del Sole si è ancora molto lontano da Creta. “Non ho mai visto una tempesta simile”, dice Sejananus. “Ringraziamo, Dio ci ha preservato da un naufragio”. Non si può impedire che l’equipaggio eriga un altare per offrire un sacrificio a Nettuno.

                    27.                  “Io avrei sacrificato al caro DIO”, dice il capitano a Nicodemo e Giovanni. “Lasciateli fare”, dice amichevolmente il discepolo. “Non lo sanno fare diversamente, essi ringraziano così il nostro Dio”. – “Dimmi: hai tu comandato al mare? E perché così tardi? La perdita di un uomo, la galea spennata come un povero pollo e, più vicino all’affondamento che alla salvezza mediante il Signore”.

                    28.                  “Domani arrivi sull’isola che è prevista per me; e nessuno ti potrà punire perché non hai raggiunto Roma. Due volte ci è stata sbarrata la strada, due volte il Signore ci ha aiutato. Soprattutto a te per segno: hai creduto, ma hai confidato comunque troppo sulla tua forza, sul tuo potere, e come tu stesso pensi di essere in grado di dirigere tutto. Ora hai sperimentato che sul nostro povero armeggio umano, sta il GOVERNO DI DIO!

                    29.                  Io ero presente quando Egli placò il mare con una Parola; la nostra piccola barca stava naufragando. In quella notte espresse la Parola della Sua Volontà, e domani saprai che cosa deve significare. Mantieni la rotta che hai ricevuto dalla Mano superiore. Non ti dico dove sbarcheremo, per il tuo bene”.

                    30.                  “Secondo il Sole, andiamo verso nord; non si può stabilire precisamente”. Nel tardo pomeriggio il capitano cerca di virare la galea verso ovest. Verso sera si sono appena allontanati che le onde si alzano di nuovo e spingono verso nord-nordest. “Perché no! C’è un Governo, ed ora lo credo fermamente: il Signore di Nazareth è il nostro DIO! Egli vuole guidarmi meglio di come posso pensare”. Sejananus china il suo capo.

                    31.                  Si galleggia tranquillamente attraverso la notte. Quando il mattino sorge meravigliosamente dalle onde, si vede in lontananza un tratto di terra. “Terra! Terra”, esultano tutti, e si riparano già i danni, fin dove è possibile, stando in mare aperto. Gli schiavi si affaticano particolarmente; anche loro sono lieti e grati al loro ‘Cristo Signore’. EGLI li ha salvati. Gli ultimi raggi dorati del Sole già guidano la nave al porto che si vede da un pezzo.

                    32.                  “Questa deve essere Patmos”, pensa il capitano. “Ma come ci siamo arrivati? Signore, io Ti ringrazio!”. Pronunciato fervidamente. È Patmos, riconosciuta dai romani come importante bastione nel mare. Da qui si combattono i pirati e le galee trovano sosta. La costa è molto da perfezionare; ci sono piccole insenature dove abitano i pescatori, un modesto popolo insulare.

                    33.                  Essi vendono la loro pesca ai romani in cambio di cose che sull’isola non possono procurarsi. Carne ne hanno abbastanza, hanno greggi. Un’isola della pace. Per questo i pescatori sono riconoscenti; da quando i romani sono venuti sull’isola, non hanno più ricevuto aggressioni. Il Signore ha scelto questa ‘isola della pace’ per il Suo veggente. Che anche Nicodemo, che Lo ha spesso difeso nel Tempio, debba trovare qui la sua vecchiaia, egli loda il suo Dio fino alla fine terrena.

                    34.                  Un’imbarcazione guida la galea nel porto. Il comandante dell’isola – la truppa d’occupazione è spesso sostituita – scuote la testa. “Siete una carcassa, non una superba nave romana. Dite: ma come siete arrivati fin qui? Forza, prima dovete riposare e mangiare a dovere; sembrate tutti abbattuti”.

                    35.                  “Lo siamo veramente!”. Sejananus riferisce che cosa è accaduto in mare. Nel frattempo scendono a terra l’equipaggio e gli schiavi. Questi ultimi, perché devono riprendersi. Dall’isola nessuno può fuggire tanto facilmente, perciò si lasciano del tutto liberi. Il capitano sa anche che, come ‘uomini di Gesù’ sono molto obbedienti. Prendono insieme Nicodemo e Giovanni e vanno nella locanda. Il comandante dell’isola non vede di buon occhio i giudei.

                    36.                  “Costoro, che cosa fanno qui?”. Con gente forestiera per la maggior parte ci sono seccature, come insegna l’esperienza. Sejananus lo tranquillizza. “Se non ci fosse stato lui”, indica al discepolo, “non ci avresti mai visto, mai ci avrebbe visto Roma, e mai più nessuno. L’abisso sarebbe stato la nostra tomba!”.

                    37.                  “Che dopo la tempesta si favoleggi un po’, lo comprendo. Chi non lo fa? Non ha l’aspetto divino. Oppure è magari un nuovo dio?”. Dovrebbe suonare beffardo, ma davanti allo splendore degli occhi del discepolo, retrocede spaventato. C’è qualcosa in lui, e – ebbene sì, a Roma emergono a volte nuovi dèi.

                    38.                  “Egli è uno speciale. Anche l’altro”, è inteso Nicodemo. “Che cosa devo fare con loro? Sono obbligato a Cornelio, egli mi ha preservato da una morte che, – voglio tacerne. Quello che lui ordina, lo eseguo anche. A me va bene, io posso rimanere per sempre sull’isola, Cornelio, infatti, lo aveva raggirato bene: ‘Esilialo – quello sarei io – per sempre, sull’isola di Patmos, così tu – Cesare – lo punisci senza ucciderlo. Egli non ha meritato la morte!’.

                    39.                  Tre volte furono sostituiti i miei legionari”, dice pensieroso il comandante, “io rimango qui fino alla fine della mia vita. A me non può succedere più nulla, ed io ringrazio tutti gli dèi, sia che esistano oppure non esistano per niente. Senza di me non si va via da qui, nessun isolano aiuta per una fuga. Inoltre, non lo possono fare. Le barche da pesca sono completamente inadatte per il mare aperto. Per me i giudei sono liberi; possono rimanere nel nostro edificio a torre. Ha l’aspetto di una prigione”.

                    40.                  Giovanni si siede accanto a lui, afferra la mano abituata alla spada, la stringe e dice: “Ti ringraziamo per la tua benevolenza. Sì, tu rimarrai su quest’isola e sperimenterai molto del Dio a te sconosciuto, Dio che io ti porterò”. – “Visibilmente?”, il comandante tenta uno scherzo.

                    41.                  Una vampata che fa letteralmente gelare il romano. “Attento: il mio Dio, con il Quale altri ed io per tre anni abbiamo attraversato il paese ed ha compiuto miracoli e altro, mi ha portato qui e salvato con Nicodemo. L’Altissimo ha previsto Patmos, e quello che sarà, sta nella Sua mano!”.

                    42.                  Nonostante la difesa del comportamento romano, è esistente un ‘moto’; perfino i legionari dell’isola sono curiosi di sapere che cosa risulterà. Venitrius racconta come un angelo lo portò sulla ‘via della Luce’, con il defunto capitano Forestus, la mano destra del tribuno, e com’è andato incontro al DIO che l’angelo aveva annunciato, e che perfino Cirenio ha adorato.

                    43.                  “Sono accaduti miracoli. In alcuni, che il Signore di nome GESU’ ha compiuto, io ero presente. Egli risuscitò perfino i morti: il figlio di una vedova, e un Suo amico”. – “Ma va”, ride il comandante, “questi morti non erano affatto morti; costoro avevano solo il sonno profondo (svenimento)”.

                    44.                  S’intromette Nicodemo: “Io ho visto, quando il Salvatore resuscitava entrambi i morti. Con il giovane pensavo che non fosse morto, sebbene fosse già irrigidito. L’altro, di nome Lazzaro, era già da quattro giorni nella tomba. Erano presenti centinaia di testimoni quando il nostro sommo sacerdote negò questo fatto, sarebbe stato un inganno, un gioco concertato”.

                    45.                  Il romano si passa la mano sui capelli. “Mai sentito! Nessuno dei nostri dèi potrebbe far questo. Venitrius, però, come romano non si presta a nessun inganno. Sì, è possibile che –”. nel dubbio guarda a Giovanni. Questi gli sfiora di nuovo delicatamente il pugno.

                    46.                  “Abbiamo tempo, sarai risvegliato. Qualcosa adesso mi preme: ho annotato quello che è accaduto nel tempo dell’insegnamento del Signore, e volevo metterlo giù per iscritto giustamente”. – “Perché non lo fai?”, domanda Venitrius. “Io studierei il tuo scritto; ciò che scrivi tu stesso, Giovanni, è veramente vero!”. Un’eccezionale testimonianza di un romano, perciò, di gran valore.

                    47.                  Il discepolo appoggia la fronte. “Quando i templari mi fecero catturare, ero per strada che andavo da Maria, la madre corporea di Gesù, presso la quale stavano i miei scritti. Era strano, infatti, che lei non fosse toccata. Altre donne erano esposte a parecchie tribolazioni. E così abbiamo nascosto da Maria ciò che era importante”.

                    48.                  Venitrius riflette sul come potrebbe recuperare gli scritti. “Se mi aiuta il Salvatore, Giovanni, riceverai i tuoi scritti. Cornelio mi attende a Gerusalemme, e con lui andrò da Maria. Sul Calvario ho potuto confortarla quando, dopo quella ripugnante Crocifissione, che io non feci in tempo a vedere, dovevo aprire delle indagini. Se fossi arrivato in tempo, avrei ucciso Caifa e tutta la sua covata!”. Venitrius è ancor sempre profondamente addolorato, perché un romano, Pilato, non aveva fatto di tutto e …

                    49.                  “Amico, non avresti ottenuto nulla. Io ti comprendo, il tuo cuore s’infiamma, se ci pensi. Anche in noi, i discepoli, e ancora in molte altre persone, brucia il cuore, ma accanto a tutte le afflizioni, anche il giubilo: nel sacrificio cruento del Salvatore, noi siamo inclusi, redenti dai nostri peccati, liberati da quella paura del mondo che l’uomo deve ascrivere a se stesso”. Il discepolo gli stende entrambe mani. “Raggiungerai la tua meta e presto ritornerai qui. Va’ in pace!”. Questo, suona come una Parola del Salvatore.

                    50.                  Ognuno è toccato; anche Nicodemo, che spesso guardò negli occhi del Salvatore e, dopo, non sapeva mai che cosa gli era successo, vede come lo sguardo profetico del discepolo scorre su tutto. Nessuno lo ha notato: gli schiavi rematori stanno ascoltando alla porta, sentono questa benedizione e s’inginocchiano – poveri ragazzi, bianchi, scuri, neri, pieni di gioia, liberati da ogni grave peso. Sì, sono redenti e, liberi nella loro anima. – –

                    51.                  La galea è pronta. Si issano le vele. Il vento soffia così come c’è bisogno, e alleggerisce i rematori. L’ultima sera Sejananus e Venitrius trovano il discepolo di Gesù seduto alla riva. I suoi occhi vagano sul mare e sorgono delle immagini, ancora velate. Lo incalzano, ed è lieto quando gli è rivolta la parola. La sabbia è soffice, l’aria così meravigliosamente mite, dopo che il gran caldo del giorno è sparito. Dall’acqua soffiano brezze leggere. Venitrius dice, colmo di gratitudine:

                    52.                  “Giovanni, tu mi hai benedetto, quindi noi ci rivedremo. Ne sono contento”. Un sospiro profondissimo. “Vorrei rimanere su Patmos, se Cornelio non avesse bisogno di me. Anche lui brama tranquillità e pace”. Giovanni sorride; egli vede l’immagine già più chiara, ma dice solamente: “Quello che ci capita, lo guida Iddio, il Quale è nostro Signore e Salvatore. Siate consolati e sperate in Lui, EGLI porta tutto a buon fine!”.

                    53.                  “Anche da me?”, domanda Sejananus. “Sai, della nave affidata a me vorrei farne volentieri un’isola, un’isola vagante, perché non va diversamente. Mi starebbe bene se avessi tutta gente di Gesù”. – “I tuoi sottoposti sono bravi, sono diventati bravi dopo che il sobillatore è dovuto morire. Compiango la sua anima che è andata senza luce. Per te è stata la salvezza di Dio. Ho bisogno di dirti di più?”. Il romano fa cenno col capo. Un giudizio è sceso così presto, e si è … “I pochi”, Giovanni interrompe il suo pensiero, “stanno dalla tua parte, anche se la tua nave è diventata una ‘Nave di Gesù’. Agisci saggiamente, la fede ti aiuterà”. –

                    54.                  Il Sole sale in alto. Molti isolani vengono al porto. Portano ceste piene di pesci essiccati che si stivano subito. “Chissà se attraccherò qui ancora una volta?”. Giovanni fa cenno a Sejananus, con sguardo chiaro, in modo che costui esclami: “Oh, sì sì, lo so, allora sicuramente senza tempesta!”.

                    55.                  Più tardi il romano si stupirà spesse volte, come la sua vita insieme alla nave avrà veleggiato intorno a molti scogli dell’esistenza. Quelli della sua gente, che rimangono romani, mai disturbano quando egli ordina: ‘Servizio di Dio e uno di buone maniere’. Gli schiavi, tutti cristiani, rimangono liberi. Solo quando si deve ancorare, sono incatenati leggermente. Essi lo lasciano fare volentieri; così non sono portati via dalla ‘nave della pace’, come Patmos è ‘l’isola della pace’.

 

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Cap. 3

Un’infamia, un buon giudizio e una terribile figuraccia

A Gerusalemme Maria è incalzata da Caifa per via degli scritti di Giovanni – La minaccia e poi l’aggressione mentre arriva Cornelio e Venitrius – Caifa è arrestato e poi liberato previa ammenda – La protezione di Maria – Cornelio raduna il popolo e i templari – Caifa è sbugiardato – Il Consiglio del Tempio si riunisce con Hannas che risolve l’accaduto ma medita sulla crocifissione

                      1.                    Ascolta!”. Cornelio trattiene Venitrius, il quale ieri sera è arrivato in veloce galoppata. Quanto si rallegra Cornelio, perché il piano è andato in adempimento. A Roma si sistemerà, affinché rimanga ciò che lui ha avviato. Oggi s’incamminano per andare da Maria, vanno a prendere gli importanti rotoli di papiro. Essi si trovano davanti ad un’angusta porta che conduce nella sua casa. Davanti alla casa stanno un paio di servitori del Tempio che scompaiono quando arrivano i romani. Lasciando ‘quello’ in casa a vedere come se la caverà. Dentro si sentono forti parole ingiuriose.

                      2.                    “Fino ad ora, madre di un amico dei romani, sei rimasta indisturbata. Ah, voleva essere il Messia, avrebbe resuscitato i morti, e non ha potuto impedire la Sua morte sulla croce! Ora non perdiamo più tempo! Tu hai gli scritti che dovevano servire come ‘Testimonianza del Messia’. Hahaha! Soprattutto quelli di Giovanni, che mi era il più odioso. Costui siede già saldamente su un banco di vogatori. Come amico dei romani remerà volentieri sulle galee. Dov’è la roba? Consegnala!”.

                      3.                    “A te io non la consegno!”. Maria si è alzata. Dopo lo spavento, quando ha visto arrivare il visitatore del Tempio, sente in sé forza e certezza: la salvezza si avvicina. COLUI, infatti, che lei ha potuto partorire e che la elevò nella Luce proveniente dal Suo Spirito, l’aiuterà. “Puoi uccidermi, puoi fare tutto, solo dopo potrai cercare. Ma non so se troverai il bene della Salvezza!”.

                      4.                    “Donna valorosa!”, mormora Cornelio. Nella destra tiene pronta la sua spada. “Ebbene, aspetta solamente, mio Caifa, oggi faremo seriamente i conti”, digrigna egli tra i denti. Sì, costui è il capo che si è permesso questo colpo. Con sei dei suoi migliori servitori ha potuto prendere Maria, senza che avesse dato nell’occhio. Non sospetta minimamente che gli spetta il cappio.

                      5.                    “Per l’ultima volta”, s’infuria, “dà qua e sarai salva!”. – “Lo devo credere?”, domanda Maria. “Le altre donne le hai portate nel Consiglio tutto segreto, dove eri presente soltanto tu, Hannas e altri due. Io so tutto! Fa quello che vuoi, portami via come punto culminante di tutta la tua cattiveria. Hai fatto uccidere anche Nicodemo”. Lei non sa ancora niente della sua salvezza. “Tu soltanto hai portato il nostro Dio sulla croce! Oh, tu, tu, che cosa farà un giorno di te l’Altissimo?”.

                      6.                    “Ancora un momento!”, dice il tribuno. “È da cogliere sul fatto!”. Ecco – un grido dalla bocca della donna, uno sbraitare e una maligna risata. I romani sono penetrati subito. Il templare, non più padrone di sé, spinge Maria a terra e vuole proprio precipitarsi su di lei.

                      7.                    “Fermo!”. Il templare salta su pieno di terrore. Venitrius lo strappa indietro duramente. I legionari, che odono il baccano, entrano in casa. Per primo Cornelio adagia Maria su una panca. “Calma, non piangere!”. – “Ti ha mandato a me il nostro Signore”, singhiozza Maria. “Oh guai!”. – Si mette le mani davanti agli occhi per trattenere le lacrime che vogliono continuare a scorrere.

                      8.                    Cornelio si rivolge a Caifa, il quale è trattenuto da due legionari: “Hai di nuovo trasgredito l’ordine dell’imperatore. Ora la nostra pazienza è finita. Hai molestato e offeso una libera cittadina, ebbene sappi: ancora siamo noi i padroni, noi proteggiamo anche il popolo! E tu volevi rubare? Un sommo sacerdote? Venivamo per far visita a Maria e abbiamo sentito che cosa hai detto. La tua plebaglia si è dileguata velocemente quando ci ha visto arrivare. Plebaglia che tu non puoi punire; in ogni caso li avrei cacciati via io.

                      9.                    Come sacerdote – quale idolo servi tu, dunque? – Aggredire una donna? Vergogna! Non trovare delle scuse, tu avresti soltanto.... Noi siamo due testimoni; questi, secondo Mosé, valgono anche presso di voi, non è vero? [Deut. 19, 15]! Non lasciatelo scappare, ho da dirgli ancora dell’altro”, ordina al primo della fila. “Non ci scapperà. Dove lo portiamo?”. – “Nella cella senza finestra presso la scalinata del tribunale!”.

                    10.                  Cornelio non può giudicare Caifa; l’agitazione tutt’intorno sta diventando – per i romani – quasi peggio della crocifissione del Signore, che indubbiamente ha come conseguenza questo fermento. Egli vuole assestargli una lezione, così che il templare se la ricordi. Si china ancora una volta su Maria e le accarezza le guance. A Venitrius brillano gli occhi.

                    11.                  “Sei stata coraggiosa come un uomo. Cirenio, che ti amava, ti chiamava ‘la figlia del principe’, una di ‘prim’ordine’. Giovanni è stato salvato, per sua protezione vive in arresto su un’isola. Nessuno gli potrà far nulla. Anche Nicodemo è stato salvato; appena in tempo si è messo sotto la mia protezione, quando gli sbirri di quest’odioso Caifa gli erano già alle calcagna. Oh, quanto ha mentito in pubblico!

                    12.                  Ti prego, dammi questi rotoli, li portiamo sull’isola. Là Giovanni potrà mettersi al lavoro. Vedi, Maria, il tuo – no – il nostro Salvatore lo ha disposto così. Io – come una volta ho incontrato il vostro Tommaso – così ho incontrato anche Giovanni quando lo si voleva deportare. Ho potuto salvare entrambi e – te, la più fedele di tutti quelli che appartengono a Gesù. Ti prego, fa tutto quello che dico”.

                    13.                  “Cornelio”, sussurra lei, “amo te e molti romani, come vi ama il Signore. Quello che ordini, lo farò”. – “Prego, non ti ordino. Ti sono ben un amico?”. – “Sì, ed io non ho dimenticato nulla di quanto è stato buono con me Cirenio, nel Tempio e poi in Egitto”. Lei va nella camera accanto, dove dorme, solleva un asse dal pavimento e prende dall’apertura una sacca di pelle, mascherata come un otre da vino. Con questa torna indietro.

                    14.                  “Ecco qui; saluta Giovanni, anche Nicodemo, e quanto sono felice che li hai salvati”. – “Lo ha fatto il Salvatore, io sono stato solo il Suo piccolo servitore”. – “Cornelio!” Maria gli si getta al petto corazzato e bacia il tribuno sulle due guance. Abbraccia anche Venitrius, il quale lascia fare commosso.

                    15.                  “Và a prendere un reparto a guardia della casa”, dice a lui il tribuno, “Potrà farsi sera, Maria, non lo so precisamente, ma prima di notte sarai fuori di qui”. I cittadini di Gerusalemme si stupiscono quando vedono Caifa da arrestato e si scansano intimoriti. I migliori si sussurrano: “Il tribuno è buono, egli ha protetto la madre di Gesù dal sommo Consiglio”.

                    16.                  “Prepara le tue cose”, esorta Cornelio. Maria si affretta, anche ai legionari, che custodiscono lei insieme alla casa, offre pane e vino e della buona carne. Giorni prima degli amici l’hanno provveduta con questo. Le guardie si siedono all’ombra davanti alla porta e gustano volentieri il buon cibo. “Da questa donna non entrerà nessuno, solo il tribuno e il suo comandante”.

*  *  *

                    17.                  Cornelio, alla presenza di Venitrius e dieci dei suoi migliori uomini, fa portare il templare dinanzi a sé, libero di proposito. Egli si siede al tavolo del giudice, stende un rotolo e scrive. Caifa guarda con indifferenza, con rughe altezzose sul volto, ma interiormente brucia e borbotta. Come una serpe gli striscia la paura nel cuore. Che cosa può scrivere ‘costui’? – Alla fine, dopo un’ora, il romano ha finito, porge il rotolo al centurione e ordina: “Leggi ciò che ho scritto!”.

                    18.                  Venitrius, come testimone oculare, non lo può fare. Così non si può dire poi che tutto è stato presentato diversamente. Il centurione scorre rapidamente le prime righe, guarda il templare e il tribuno. “Leggi!”, ordina ancora una volta. Ai romani sembra inquietante che possa succedere una cosa così. Essi sono venuti solo adesso qui con Cornelio, e non sanno nulla di una crocifissione e che cosa è accaduto da ciò. In questo modo essi sono in sé indifferenti; tanto più pensano non influenzati.

                    19.                  Dopo la lettura, sottoscrive Cornelio e Venitrius, anche il centurione, perché ha letto ad alta voce il dato di fatto alla presenza dell’arrestato. Che costui fosse rilasciato, il centurione non lo avrebbe mai pensato. Cornelio conosce bene il suo uomo; più tardi lo leverà da un imbarazzo politicamente. Egli si alza e dice molto duramente, la cara testa calda poteva di nuovo ‘bollire’. Questa volta si domina, perciò le sue parole producono l’effetto di colpi di spada.

                    20.                  “Nel nome della legge romana, condanno il sommo sacerdote Caifa di Giuda-Gerusalemme al pagamento di diecimila denari! Il denaro è da versare a me entro un mese. Per la tranquillità dei testimoni: il denaro non entrerà nella mia cassa!”. – Egli riferirà all’imperatore che vuole usare i soldi dell’ammenda per aiutare molta gente di Gesù. Cosa che più tardi l’imperatore anche concederà.

                    21.                  “Tu puoi andare, Caifa. Che non ti venga in mente di procurarti da qualche parte la somma. D’ora in poi sei sorvegliato! Và, non voglio più vedere tali vermi, mi fai ribrezzo!”. – Gli volta le spalle. Quando lascia la sala, tutti i romani fanno lo stesso. La più grande ignominia che mai sia capitata al templare.

*  *  *

                    22.                  Nel pomeriggio deve ingoiare una seconda pillola amara. Perfino il popolo si irrita contro di lui. Nuovamente Cornelio ha schierato due coorti, ha invitato la gente di Gerusalemme a venire pacificamente davanti al Tempio, ognuno starebbe sotto la sua protezione. La gente viene volentieri, lui è quasi l’unico romano del quale si ha fiducia e – si sentirà ben qualcosa di nuovo.

                    23.                  Tutti i templari devono mettersi insieme. Caifa in mezzo a loro. Completamente impotente deve obbedire all’ordine. Già! Roma lo può licenziare. Con l’impiego di tutta la sua forza d’animo si mette di proposito davanti alla schiera dei sacerdoti, fa come se volesse, come un giorno Aronne, benedire il popolo. Le sue mani cadono giù, quando il tribuno, armato e a cavallo, arriva con l’elite dei suoi soldati. Le coorti chiudono rapidamente il cerchio.

                    24.                  Domina la quiete, come prima della tempesta. I capi hanno provocato abbastanza spesso il romano. Certo – ci si vorrebbe liberare. Roma già da oltre cento anni brandisce lo scettro, e non c’è sollievo, perché ‘marcia in tutto il mondo’. Che cosa c’interessa dell’Iberia, cosa della Germania – e di tutti gli altri? Devono andarsene da qui!’. Qualcuno serra il pugno, ma rimane molto sorpreso quando Cornelio si leva alto sulla sella con espressione seriamente benevola.

                    25.                  “Popolo di Gerusalemme, oggi non parlo da romano, oggi voglio essere per una volta dei vostri, perché si tratta di faccende vostre, faccende che io devo chiarire”. – Santo cielo, quando mai ha parlato così un oppressore? Qualche occhio brilla, qualche pugno si apre, anche se ancora non si sa di che cosa si tratta. Cornelio continua a parlare, lo si sente fino all’ultimo estremo della moltitudine accalcata.

                    26.                  “Ho sempre parlato per voi! La Giudea, infatti, ha molti buoni uomini. Questi, esistono in ogni popolo. Si deve soltanto imparare a riconoscerli. C’è anche qualche mostruosità, uomini che disturbano la pace, costoro sono cattivi e pieni di malignità. Siffatti uomini sono da giudicare. Essi sono il marcio infamante della nostra natura umana.

                    27.                  Ho potuto portare qualcuno, mediante bontà o severità, su una strada migliore; alcuni rimangono cattivi per tutta la loro vita. Un tale tra voi si è sempre ben mimetizzato, il suo titolo era il suo scudo, dietro il quale sapeva nascondere la sua cattiveria. Molti di voi non hanno riconosciuto il Messia ed Egli vi ha sempre soccorso. Spesse volte ero io testimone, quando operava miracoli – quelli veri! Ma è stato duramente perseguitato; non ho bisogno di dire chi Gli ha preparato la morte!

                    28.                  Non interrompetemi gridando”, alza una mano, “che il procuratore avrebbe fatto questo! Egli ha riconosciuto la Sua innocenza, lo ha dichiarato pubblicamente – quattro volte! Voi, certamente sobillati, ne avete preteso la morte – la morte del vostro Dio! Voi per questo avete barattato il vostro ‘Mene tekel’. Questo non viene da Lui, e nemmeno da noi; lo dovete ascrivere a voi stessi!

                    29.                  Oggi scopro una grande ingiustizia. È successa questa mattina, qui nella vostra città. Sono andato con il mio comandante in una casa ed ho sentito non soltanto cattive parole. Abbiamo visto una cattiva azione. Uno tra voi ha aggredito una donna”. – Grida d’indignazioni interrompono il tribuno. Egli ordina di nuovo la calma. “Era una figlia di principi della casa di Davide. Che cosa pensate? Che cosa si deve fare con tali persone?”. – “In carcere, se non ha meritato perfino la lapidazione!”.

                    30.                  “Noi non uccidiamo così velocemente”, risuona dall’alto del cavallo. “Vorrei ci fosse armonia tra noi. Questo è difficile per la Giudea, cosa che io posso comprendere. Ma chi io intendo, non l’ho nemmeno fatto fustigare pubblicamente. Gli ho soltanto imposto un pagamento. È giusto questo?”. – Poiché non si sa chi intende il romano, non si osa dire niente. Uno esclama: “Questo è molto mite, ti ringrazio, tribuno”.

                    31.                  “Non ringraziare troppo presto, c’è ancora dell’altro: un misfatto che voi dovete conoscere. C’è un emerito con l’alto copricapo, che io chiamo davanti al tribunale, come si è condannato pubblicamente il Taumaturgo. Come testimone principale chiamo il superiore del Tempio. Caifa, vieni avanti!”. – Un terrore s’impadronisce del popolo. Il sommo sacerdote è temuto. Da millenni gli è stato inculcato: il primo sacerdote è il vero e proprio capo; così ci si spiega perché non gli si vuole venir vicino. Cornelio lo sa già da lungo tempo.

                    32.                  Caifa si volta indietro, ma già lo hanno fermato due legionari. Allora grida selvaggiamente: “Con te, tribuno, non voglio aver nulla a che fare, maledico te e il tuo popolo per l’eternità!”. – La maledizione è vietata; più d’uno che si sentì una volta maledire cadde nell’alto Consiglio del tribunale! La moltitudine è impietrita. Il tribuno parla tranquillo, come se volesse conversare. I romani conoscono la sua maniera, ora c’è davvero la quiete prima della tempesta.

                    33.                  “Se mi maledici, è una faccenda tua, ricade su di te, perché mi ha benedetto il SIGNORE, me e molti altri uomini che hanno imparato ad amarLo. Bada bene come te la cavi con la maledizione – davanti a DIO! Il Quale l’ha proibita, non è vero? [Matt. 5, 44]. Ora ho imparato a conoscere anche dei buoni sacerdoti, soprattutto Nicodemo. Con lui vorrei volentieri parlare davanti a tutto il popolo. Dov’è lui veramente?”.

                    34.                  Caifa diventa grigio cenere. Nicodemo – forse i romani lo hanno … Raccoglie tutte le forze, quando parla distintamente: “Egli è morto, ha ricevuto la ‘parola funebre’ e molta gente ne è testimone. Domanda a loro!” – “A chi, alla gente oppure a te? E dov’è sepolto? Lo devo sapere!”.

                    35.                  “Egli è sepolto a Gadara, dove abitava”. – “Indicami i testimoni che erano presenti”. – Per paura e senza una via di scampo, il templare diventa furibondo. “Indaga tu stesso, hai abbastanza potere per questo, per opprimerci! Così per te è facile presentare ingiusti testimoni”. È detto, e non si può revocare; parecchi legionari, infatti, si fanno avanti e denunciano:

                    36.                  “Poco tempo fa si è avvicinato a noi un sacerdote. Io”, dice l’oratore, “vidi che altri due lo seguivano, ed altri venivano dopo di loro. Il templare chiese la tua protezione, tribuno. Noi lo abbiamo portato da te. Quelli che lo seguivano, presero la fuga. Che cosa è stato in seguito di lui, non lo so; so solo che la tua giustizia lo avrà certamente aiutato”.

                    37.                  “Vedremo”, dice Cornelio, per irritare Caifa. Così gli domanda: “Posso far controllare le tue dichiarazioni e, se è necessario, invierò i controllori a Gadara; questi mi porteranno la notizia dell’esistenza della tomba di un uomo morto che si chiamava Nicodemo, ed era sacerdote qui nel Tempio.

                    38.                  Non è però necessario! Egli era con me, vivente, e vivente sotto pienissima protezione è stato portato via, dove la tua mano assassina”, accentuato aspramente, “non potrà arrivare! Tu hai mentito pubblicamente al popolo! Hai trascinato nel sudiciume, nel tuo, la cosa più sacra che fa un sacerdote: ricordarsi nell’‘epilogo’ di un caro defunto! Che cosa ne dici ora, popolo di Gerusalemme?”.

                    39.                  I sacerdoti che diedero a Nicodemo quel consiglio, si fanno audacemente avanti, al capo ora sfugge di mano il potere del Tempio. “Sì”, dichiarano i due, “noi abbiamo seguito Nicodemo, perché gli sbirri appostati avevano già l’incarico di ucciderlo – Gli consigliammo di mettersi sotto la tua protezione, tribuno”.

                    40.                  “Io vi elogio”, dice Cornelio amichevolmente. “Mi preme farvi sapere che Caifa questa mattina ha aggredito la madre di Gesù. Egli ha fatto trascinare anche Giovanni alle galee con l’inganno. Io l’ho salvato, con Nicodemo e anche altri. Riconoscete come vi sono ben disposto io e molti dei miei romani? Poiché i vostri capi sempre hanno istigato la gente, solo per questo motivo venivano alcune severità che avremmo volentieri evitato. Sì sì, come risuona nei boschi, così risuona anche fuori!

                    41.                  Caifa”, si rivolge di nuovo a costui, “e adesso? La tua tomba è vuota – ancora! A favore della Giudea sarebbe molto consigliabile annientarti. Non hai bisogno di vacillare”, schernisce il tribuno, quando si deve sorreggere il superiore, “io non ti ucciderò, nemmeno Roma. Il tuo stesso popolo saprà che cosa dovrà essere di te! Ecco, per me è schiuso! Devi pagare la tua ammenda, se non direttamente a me, allora a Marcello, che tra non molto verrà qua; la prenderà lui per me.

                    42.                  Ora potete andare; io spero che ognuno sappia di che cosa è debitore al suo popolo. In bontà d’animo vi metto in guardia, perché altrimenti …”. Un segnale, e la truppa si mette in marcia a tempo. Cornelio fa di tutto per mantenere il sostegno, di cui ha bisogno, alla già un po’ vacillante Roma. Ha preso i giudei dal lato migliore.

*  *  *

                    43.                  Caifa è portato nel Tempio. Quando è seduto sul suo seggio, per il quale ha sacrificato tutto, anche … il SIGNORE! Si alza di scatto e aggredisce i sacerdoti che hanno aiutato Nicodemo. “Se non apparteneste a noi, vi farei …”. Ingoia ciò che gli farebbe perdere l’ultimo rispetto dei suoi fratelli.

                    44.                  Un dignitoso rabbi si alza. Lui non è amico di Gesù, ma ha riconosciuto che il Nazareno superava in potere e sapere tutti gli uomini. Hannas, che a causa della sua età compariva raramente nel Consiglio, ora è presente. Gli rode molto, fino all’odio sfrenato, perché il romano ha portato la ‘faccenda’ davanti al popolo, cosa che …era da portare solo nel Tempio!

                    45.                  Che Caifa abbia aggredito la madre di Gesù, non gli interessa; ma che lo si abbia colto così di sorpresa, non lo perdonerà mai ad un romano. Al rabbi non è bendisposto nessuno che ebbe anche solo una volta guardato il Maestro. Ah – Egli è spacciato! Mai crederà che Gesù sia potuto risorgere e ascendere al Cielo. Fandonie! Nel frattempo, il rabbi comincia a pensare di salvare ciò che è ancora possibile salvare.

                    46.                  “Cari fratelli, sommo sacerdote, mi è difficile sistemare la faccenda. Che io mantenga fedeltà al nostro Tempio, al superiore, come a tutti quelli che appartengono a noi, non lo devo menzionare. Ad una tale ignominia si deve guardare nell’occhio, per cancellarla. Quello che Caifa ha fatto con quella madre, rimane indiscusso, ma non che ci ha proprio mentito in faccia che Nicodemo sia morto. Questo è stato veramente grave! In questo, comprendo il romano di portare davanti al popolo la faccenda, faccenda che è diventata una vergogna per tutti noi!

                    47.                  Non mi stupirei se solo poche persone venissero nel Tempio, e le cassette delle elemosine rimanessero vuote. Non considero soltanto questo, e sia il secondo punto; il primo punto è: come devono aver rispetto di noi e credere nel nostro insegnamento, se – se – – non pensate che io prenda in considerazione solo il popolo. Oh, no! Per me, per primo viene il Tempio”, egli dimentica di dire: per primo viene Dio! “Ed ora bisogna discutere come possiamo placare il popolo e, di nuovo, portarlo nelle briglie.

                    48.                  Non ha senso adesso andare avanti contro Roma. Se solo una volta è cresciuta l’erba su questa faccenda, allora, con prudenza, possiamo spargere la nostra semenza. Questa spunta. Di ciò potete esserne certi! Il tribuno ha preso la moltitudine molto saggiamente, era la bontà stessa, esteriormente; ma che con ciò non volesse aiutare noi, bensì Roma, mi è diventato subito chiaro.

                    49.                  Dappertutto fermenta. Abbiamo quindi tempo. Io propongo: qualcuno ci domanderà perché il sommo sacerdote ha fatto questo, e ci tributerà poco rispetto. Questo è comprensibile. Ebbene – da bocca ad orecchio noi annunceremo che Caifa è stato molto malato e voleva andare a prendere dei maligni scritti dell’odiato Nazareno presso la madre, la quale tradiva il popolo a Roma. In questo modo il primo punto è facilmente raggirato.

                    50.                  Non la faccenda con Nicodemo. Lasciamo andar via il tribuno. Ho sentito che Pilato sarà presto allontanato. Con un nuovo procuratore di solito vengono persone nuove, le quali sanno poco dell’accaduto. Facciamo annunciare in segreto che il tribuno ha portato via Nicodemo, dove – non lo sappiamo. Per giocare un brutto tiro a noi templari che lui odia – come noi, naturalmente, lui, e Roma – si sarebbe inventato tutto, e Nicodemo sarebbe morto. Noi lo dovevamo credere; per questo gli sarebbe stato tenuto l’epilogo.

                    51.                  Quindi guadagniamo due cose: Caifa viene di nuovo considerato e noi addossiamo tutta la colpa al romano. Possa egli vedere come la spunterà! Adesso è meglio se Caifa si mette da parte. Poiché facciamo trapelare che è stato malato, si crederà che non sarebbe abbastanza in salute per esercitare già di nuovo la sua funzione”.

                    52.                  Si rivolge al superiore: “Perché hai vacillato quando il tribuno ti ha offeso davanti alla folla, è presto spiegato. Ti doveva colpire, perché tu fossi diffamato pubblicamente! Allora anche il più forte diventa per una volta debole. È meglio che fingiamo come se la cosa non ci riguardasse per nulla. In sostanza questo è vero. Un giorno anche Roma andrà in rovina, e noi …”.

                    53.                  Il rabbi all’improvviso tace. Non lo guardano occhi severi? Quelli che egli aveva incontrato ed hanno lasciato una potente impressione? Lui, lo scriba, si era sbarazzato di questa impressione. Spesse volte però emergono quegli Occhi davanti a lui: ‘Gli Occhi di un Dio, al Quale non puoi sfuggire!’ È questa una Parola dall’esterno? È interiore, in lui?

                    54.                  Il rabbi non aveva augurato a ‘LUI’ la morte sulla croce; egli si era tenuto fuori, quando lo si consultò su quale morte si doveva pretendere da Pilato. Ma attaccato al “salomonico”, questo limitò la vista. Oggi batte alla sua anima: «Se foste ciechi, allora non avreste nessun peccato; ma ora voi dite: ‘Siamo veggenti’, allora il vostro peccato rimane!». [Giov. 9,41]. Ogni peccato e bestemmia è perdonato all’uomo – che si pente, ma la bestemmia contro lo SPIRITO non viene perdonata’ [Matt. 12, 31]. Egli astuto aveva chiesto al Signore quale Spirito Egli intendeva.

                    55.                  Il Salvatore disse brevemente: «Tu sei versato nella Scrittura e lo dovresti sapere: DIO è SPIRITO, l’Unico! Chi sa che Egli esiste, e Lo bestemmia, a lui rimane il peccato. E chi parla e agisce contro la migliore conoscenza, bestemmia quella parte dello Spirito che il Creatore ha dato ad ogni uomo!». – ed era andato via.

                    56.                  Come se il SIGNORE adesso stesse dinanzi a lui, così sente quella buona Voce che non ha ritrovato da nessuna parte. Troppo tardi! Rabbrividisce. “Riflettete su tutto ciò che vi ho consigliato”. – Egli abbandona la stanza e – cerca Maria, ma non la trova più. Dopo alcuni giorni conosce gente che appartiene al Salvatore. La incontra in segreto ed è come se gli fosse perdonata la bestemmia contro Dio e il proprio spirito. Fardelli si distaccano dall’anima...

                    57.                  Detto in anticipo: Caifa non vivrà più a lungo, diventa sempre più offuscato, il suo corpo deperisce. Malato, muore nel delirio e nella solitudine, una morte colma di amarezze.

 

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Cap. 4

Maria è protetta – Il cambio del procuratore – Buon comportamento

Cornelio invita Maria a Patmos e, nel frattempo, per proteggerla la fa portare a Capernaum – Pilato lascia l’incarico al nuovo Pontius – La casa di Maria ritorna ai proprietari – Sulla galea di Cornelio in viaggio – Da Patmos vedono arrivare la nave, poi l’incontro con la Madre Maria

                      1.                    Sei pronta, cara buona madre?”. A Maria vengono ancora una volta le lacrime. Fin dall’aggressione mattutina è ancor sempre fortemente oppressa. “Non piangere di nuovo!”. Consolante, Cornelio preme la madre al suo cuore. “Le mie lacrime sono il mio ringraziamento a Dio e anche a te”, dice con semplicità Maria.

                      2.                    “Sono pronta”, indica alcune cose impacchettate. Cornelio ordina a due legionari: “Venite, aiutatela, lei ha bisogno della nostra protezione”. Dispone ciò che deve essere caricato sul carro da mulo e in più ciò che Maria ha avvolto insieme. Quattro forti animali sono attaccati al carro, Maria ha ancora un buon posto sullo stesso.

                      3.                    Si fa sera. Alcuni sfaccendati stanno guardando ciò che avviene. “Sono venuti a prenderla!”. – “Costei è la madre del traditore che è stato messo in croce”. – Un altro dice: “Se fosse capitato a te? Ho visto come il Nazareno ha fatto veri miracoli, Egli ha guarito anche mia sorella. Perciò io credo in Lui.

                      4.                    Il romano la proteggerà sicuramente. Avete sentito oggi che cosa si è permesso di fare il superiore? Nicodemo, ah, un pezzo forte! Io non sono amico dei romani; ma quanto spesso ci ha aiutato il tribuno. Egli ci protegge perfino dalla nostra stessa gente!”. – L’uomo si gira e se ne va, grato che è venuto alla vera fede, fede che non si trova più nel Tempio di Salomone.

                      5.                    Nel frattempo tutto è caricato. Tre decuri a cavallo circondano il carro. Il tribuno accompagna la truppa fin oltre Gerusalemme, Venitrius accanto a lui. A Gibea fanno la prima sosta, la notte è avanzata. Ancora si riesce a trovare una casa dove dimora ‘gente di Gesù’. Con gioia accolgono Maria. Al decurio del primo gruppo è stato ordinato:

                      6.                    “Scubatus, porta tu la madre a Capernaum, cerca una casa vicino alla baia. Là rimanete finché vengo io. Prima devo aspettare il nuovo Pontius. Una decuria sorvegli la madre e la casa, l’altra sia al servizio esterno; tu sai cosa significa questo. Di volta in volta la terza ha poi riposo. Se incontrate dei superiori, allora appellatevi a me. Presta attenzione che la madre, strada facendo, non sia troppo affaticata”. – Il tribuno può fidarsi della gente scelta.

                      7.                    Egli domanda a Maria: “Vuoi essere presso Giovanni? Hai riferito che il ‘caro Signore’ sulla croce vi ha ancora detto: ‘Vedi, ecco tua madre; vedi, ecco tuo figlio!”. – “Ma dov’è?”. – “Su un’isola”. – Egli non la menziona. Maria non è ancora abbastanza sicura dagli sbirri: ‘davanti a quella genia’, nel romano, tutto ancora una volta freme.

                      8.                    “Un’isola? Io non so… ma voglio fare ciò che tu ritieni giusto. Vi si chiama nemici, è anche accaduto molto, cosa che doveva provocare il popolo. Molti di voi però hanno riconosciuto Gesù, il mio… il nostro Signore e Dio, anche tu fedele amico. Là scompare ciò che separa i popoli. Se tutti credessero che esiste quella pace di cui il Salvatore ha sempre parlato”.

                      9.                    Cornelio sospira, pensa alle differenze tra Roma e la Giudea, tra… Egli stringe le mani di Maria e dice col cuore: “Sia affidato a Colui che hai potuto portare nel tuo cuore, che però ha portato e porta noi, eternamente nel Suo grembo!”. – Parola di romano, in un tempo in cui ‘la Luce data di nuovo’ comincia solo lentamente a splendere tra gli uomini.

*  *  *

                    10.                  A Maria è provveduto fedelmente; dietro di lei si trovano sempre alcuni legionari, nessuno osa farle qualcosa. Perfino la gente di Hannas, che la doveva prendere, tornano indietro alla svelta. Il tribuno furibondo ride tra sé, quando lo viene a sapere. “Devo portarla sull’isola, almeno per un po’”.

                    11.                  Il cambio del procuratore avviene già dopo tre settimane. Marco e Marcello sono contenti di vedere il tribuno. A Pilato essi non fanno sentire che veramente è arrestato. Molto presto di mattino una piccola truppa a cavallo lascia la città; essa circonda il carro nel quale siede Pilato. È seriamente malato. Non c’è da stupirsi! Il ‘focolare dei disordini!’ come perfino a Roma si chiama la Giudea, gli ha dato troppo da fare. Gli ha dato tanto da fare che non poté più resistere ai giudei quando si esclamò quel raccapricciante ‘crocifiggiLo!’.

                    12.                  Egli ha consigliato al nuovo Pontius una ‘morbida severità’, “altrimenti ti andrà come a me; ti travolgeranno! La gente in sé sarebbe facile da guidare, i superiori sono gli avversari di Roma! Con loro non la spunti”. – Rivolto a Cornelio: “A te profetizzo, senza essere un profeta: i maligni templari – ci sono anche i buoni, come ovunque – ancora ti avvolgono una corda. Non voglio sapere quale altra ‘visione’ sarà data alla tua azione davanti al Tempio. Fa bene attenzione!”.

                    13.                  “Questa non mi tocca! La corda sta meglio a loro che ad un romano oppure a me. Ma a te, Pilato, auguro la Pace del nostro Signore”. – Se soltanto fosse il mio, pensa egli triste. Mai mi accoglierà a Sé, io – oh, – ho mancato completamente! È come se Cornelio vedesse i pesanti pensieri.

                    14.                  “Abbandonati a Lui”, dice egli tanto sinceramente che al deposto scorre una lacrima dagli occhi. “Lui perdona la tua colpa, tanto più che non tu volevi il giudizio. Egli è il Salvatore che guarisce le ferite che spesso noi stessi ci causiamo”. Uno sguardo indefinibile colpisce il consolatore. Pilato monta sul suo carro, rimane raccolto in sé per delle ore. Anche a lui però – altrettanto preannunciato – attende la completa redenzione prima della sua morte.

                    15.                  Cornelio discute con il nuovo Pontius e gli impartisce qualche buon consiglio, cosa che veramente, non sempre è tenuto in conto. Con un manipolo si va a Capernaum. Parecchie coorti rimangono a Gerusalemme e sostano nelle vicinanze, per aiutare il Pontius nel caso servisse un intervento militare.

                    16.                  Maria saluta il tribuno come una madre saluta suo figlio, mentre potrebbe essere lei la figlia. Ma è così ‘celestialmente’ materna, dice l’uomo. Anche nella città la si chiama ‘madre’. Naturalmente, la voce si diffonde, per chi già non la conosce che è la madre di Gesù, la madre dell’‘Uomo dei miracoli della Galilea’, come molti altolocati giudei Lo chiamavano sprezzante.

                    17.                  Ci si ricorda di ‘molte azioni che il Signore ha fatto’ [Giovanni 21, 25], si portano parecchi doni a Maria e, con l’occasione, ci si fa spiegare chi veramente è stato il Signore. “Nostro Dio, il Creatore del Cielo e della Terra!”. – I soldati riposano un po’ di tempo, ma poi Cornelio li deve di nuovo inviare ai posti; tiene in ogni modo sempre con sé soltanto due decuri.

                    18.                  “Che cosa facciamo, Maria?”, le chiede la sera. – “Vengono sempre dei soppiattoni e non tutti si fanno catturare. Non posso nemmeno usare le truppe per scopi privati. Qui e lì è possibile, solo che sono ancora in dovere. Anche a Roma ci sono eunuchi che vorrebbero danneggiarmi molto volentieri. Ma se sei portata via per un po’, allora il cercare te si calmerebbe. Se non puoi ambientarti, esistono sempre delle occasioni di portarti via dall’isola. Allora si troverà un luogo dove rimarrai indisturbata. Soprattutto: tu e Giovanni vi rivedrete una buona volta”.

                    19.                  “Vengo con te; a te, Cornelio, non deve accadere nulla. Che cosa faccio ora con la casa? Me l’hanno quasi regalata”. – “Restituiscila! Più tardi se ne troverà un’altra. Finché io vivo e mi è possibile, baderò a te. Dopodomani partiremo. Sei d’accordo?”. – Maria fa cenno col capo. È del tutto comprensibile che lei non è libera da preoccupazioni.

                    20.                  Tutto è in ordine. Coloro che lasciarono a Maria la casa, dicono subito: “Quando tornerai, allora la otterrai di nuovo. Essa rimane tua proprietà, anche se vi abiterà qualcuno”. I samaritani sono gente pronta ad aiutare; non per niente la parabola di Gesù del buon samaritano [Luca 10, 33; 17, 16]. –

*  *  *

                    21.                  La regione del nord è libera dai ribelli e gli uomini respirano liberamente. È vero che si deve tollerare ‘l’aquila romana’; ma più gravi sono le paure che portano con sé le orde selvagge. Si preferisce pagare il tributo, chiudere un occhio su certe cose, ma si è protetti. Perciò presto si arriva a Tiro. La galea con il nome del tribuno giunge solo dopo il loro arrivo.

                    22.                  “Ero di servizio”, riferisce Sejananus, “c’erano da portar via truppe importanti, anche se la nave appartiene a te”. – Cornelio sorride: “Ti ho sgridato? No, amico mio! Inoltre sono d’accordo, domani rimaniamo qui, soltanto dopodomani mattina si parte. In questo tempo i rematori si saranno riposati. E ancora – non cadermi a terra – ho una donna con me”.

                    23.                  “Una donna? Ehm, sei vedovo, ma ….” – “…da uomo vecchio”, interrompe Cornelio. – “Per nulla! Ti misuri ancora con i giovani, particolarmente nel dovere!”. – “Metti a te stesso l’alloro al tuo elmo! Detto in breve: tu sei un amico del Nazareno; io ho con me Sua madre”. – “La madre? Perché?”. – Cornelio riferisce come ha potuto preservarla dall’ignominia, ciò che induce Sejananus ad esclamare frammezzo: “Queste canaglie!”.

                    24.                  “Hai ragione! Il popolo ha molti uomini buoni e anche donne; ed ho imparato a conoscere superiori da un lato migliore. Purtroppo adesso sono i sommi, ai quali la Giudea è ora sottomessa. Il loro potere non è così facile da vincere. Ma un giorno succederà; soltanto, non voglio sapere quale conseguenza avrà – anche per noi”. A questo, il capitano fa cenno col capo. Roma è ancora al primo posto, ma la base, i responsabili, sono diventati troppo teneri. Presto o tardi – Cornelio interrompe la riflessione.

                    25.                  “Fa preparare la mia stanza sulla galea per Maria. Quale unica donna a bordo…”. – “Sarà fatto; e il suo nome è Maria? Suona come casa paterna e come focolare, dove si può trovare la quiete da tutte le odissee di questa vita”. – “Anche questo, Sejananus. Soltanto – l’alta Casa paterna è presso Dio, nel Quale possiamo credere. Quando quella volta venni a conoscere tutto, il grande angelo, che come uomo era venuto da noi, aprì la Casa paterna, riferì a me e a Cirenio qualcosa di meraviglioso, anche di un ‘Focolare’ che sarebbe l’Altare di Dio”.

                    26.                  “Hm, altamente considerevole”. – “Appunto; ecco, bisognerà arrampicarsi e non stancarsi per chi vuole raggiungere la meta”. – Essi sono soli nella taverna. “Quello che ti volevo chiedere”, comincia nuovamente il capitano, “io credo che GESU’ sia stato un Dio, oppure il Dio, dopo tutto quello che ho sentito di Lui fino adesso. La testimonianza più valida per me proviene da te, tribuno. In questo non mi muovo. Soltanto… se Egli è, oppure era, quel sommo Dio, come è potuto nascere, così, come un piccolo fanciullo? Questo non lo comprendo completamente”.

                    27.                  “Anch’io non lo capivo, quando lo annunciò l’angelo. Poi però, quando in Betlemme, dove Egli ‘nacque per questo mondo’, vidi il Fanciulletto, i Suoi meravigliosi Raggi e…”. Cornelio racconta cosa accadde e come Cirenio salvò il fanciullo e la famiglia. – “Vedi”, dice ancora, “non si può comprendere del tutto il santo Mistero, come uomo, io intendo. La nascita umana del Signore era solo un atto esteriore e non aveva nulla a che fare con la Divinità stessa, come spiegò l’angelo.

                    28.                  Solo a causa di una caduta, che un giorno sarebbe avvenuta, alla quale però pendeva anche l’umanità, Dio prese su di Sé questa via. Quanto il Salvatore sia stato DIO, l’ho sperimentato altrettanto spesso. Oh, Sejananus, qualche volta mi afferro il capo tra le mani e chiedo: perché dunque tu, con i tuoi molti errori?”.

                    29.                  “Nessun uomo è libero da errori”, dice il capitano, “ed io – hm – sarei completamente svanito, se Lo avessi potuto vedere”. – “Non saresti svanito! Egli ha accolto i più grandi peccatori, se soltanto ardeva una scintilla di pentimento nel cuore. Due volte deve essere stato severo: quando scacciò il male dal Tempio, rovesciò i banchi dei cambiavalute e la gente si arraffò il denaro e ci sarebbe stato molto chiasso. E Lui aveva ragione! Nelle nostre feste pagane, spesso non molto belle, mai è tenuto un mercato, da ciò, io intendo, non nel Tempio stesso [Matt. 21, 12].

                    30.                  La seconda volta rimase lontano da quelle città che Lo scacciarono con ingiurie. Quando Gli si chiese perché le avesse respinte, rispose che era venuto ‘dai perduti’ [Matt. 18, 11], qui dovette essere diventato santamente serio, tanto che la gente si nascose da Lui. Egli deve aver detto: ‘Non entro da loro, affinché non commettano una seconda volta questo peccato su di ME. Da questo li voglio preservare, e voglio attendere finché siano loro a venire da Me!’.”

                    31.                  “Questo è… questo non si può mai comprendere sulla Terra”. – Il marinaio medita dentro di sé. Alla fine guarda Cornelio: “Si è fatto tardi. Andiamo a dormire. Io mi rallegro di te e forse anche il nostro Dio”. Anche l’oste della taverna si strofina gli occhi quando porta gli ospiti alle camere che ha preparato per loro.

*  *  *

                    32.                  Il giorno successivo caricano la nave. Il capitano mette in ordine la sua stessa piccola cabina per Cornelio. Quando gli schiavi sentono che verrà insieme la ‘madre del loro Signore’, intonano un canto della loro patria lontana. Malinconicamente risuona sul paese, e le onde rimandano qualche suono. Tutti gli uomini sono già a bordo. In ultimo arriva Cornelio. Conduce attentamente Maria per mano. Dietro di loro Venitrius con i due decuri. Prima che si fa giorno, la nave deve già aver preso rotta.

                    33.                  Questa volta c’è un buon vento. La galea va avanti come una freccia. Nessun soggetto maligno dà fastidio. Gli addetti alla vela, che fanno il lavoro più duro, non si possono definire gentili, ma – quando Maria appare in coperta, ognuno vorrebbe prestare un qualche aiuto. Uno la tiene ferma, affinché non cada col movimento delle onde, un altro va a prendere un telo: “Splende il Sole”, dice impacciato “ma tu sei della terra ferma, allora il vento ti può far male”. E così parecchio ancora. Sejananus lo permette con un lieve sorriso, e Cornelio si rallegra molto di questo. “Brava gente”, dice a Venitrius, “non avrei pensato che i ragazzi avessero ‘lati teneri’.”.

                    34.                  “Con quel turbine tempestoso si sono anche provati”, sminuisce un po’ Venitrius. – “Certo, perché avevano bisogno l’uno dell’altro. Comunque…, per me è una gioia quando vedo certe azioni; e allora penso…”. Il tribuno fa una pausa. – “Che cosa?”, gli è chiesto. – “Non so se va bene. Ah, arriva Maria, lei potrà dire se il mio pensiero è giusto”.

                    35.                  Maria sente le ultime parole. “Che cosa ti preoccupa?”. Domanda lei benevolmente. – “La Dottrina di Gesù, che Dio ha dato agli uomini uno spirito e un’anima. Se entrambi sono Suo dono, allora entrambi sono buoni”. – “È esatto!”. – “Gli uomini che devono combattere in guerra e sul mare, diventano duri, cosa che è certamente comprensibile. La maggior parte… ma sì, non ne parliamo.

                    36.                  Che all’improvviso abbiano dei lati teneri, come ora per te, Maria, allora penso: lo spirito ha il suo diritto, oppure anche l’anima, il bene appunto, che il Creatore ha dato ai Suoi uomini. Il bene quindi non è morto, e all’improvviso germoglia verso l’alto, come un fiorellino dalla terra. Anche loro sono figli di Dio, nonostante la durezza del carattere”. – Cornelio guarda Maria con sguardo interrogativo.

                    37.                  Lei si china verso di lui. “Amico, questa è una Verità della Luce! Oh, se tutti gli uomini pensassero anche così, quanto volentieri essi apprezzerebbero il bene, quanto più facile sarebbe per molti! Da questo sarebbero toccati anche i duri, perché con parole dure, raramente si ottiene qualcosa”.

                    38.                  “Come con la mia testa calda”, balza in piedi Cornelio. “Ho pure detto a Simeone: se io avessi capelli grigi… allora… E a volte ancora freme fortemente”. – “Non fa nulla, se non demolisce gli argini del cuore. Questo a te non è mai successo! Se tutti fossero pronti a soccorrere come te… Abbiamo dei superiori che riconobbero in segreto Gesù, perché temevano Caifa e Hannas [Giov. 12, 42]. Tu, un romano, lo fai pubblicamente e senza paura”.

                    39.                  “Sono stato educato a questo, cara madre. Posso comprendere i superiori. Che scopo ha se incorrono in una scomunica, oppure nella morte? A prescindere da questo: come uno della guarnigione io posso facilmente dimostrare il coraggio. Lo avrei fatto se non ci fossi stato educato? Oppure, piuttosto, ancora: se non avessi trovato il Salvatore?! La Sua Forza è in me!”.

                    40.                  Un meraviglioso riconoscimento! Maria accarezza delicatamente la guancia del tribuno. “Tuttavia il tuo stesso essere deve anche farsi valere. Ti sei sempre sforzato di essere giusto”. – “Un uomo ingiusto è per me un abominio. Purtroppo in questo mondo, per quanto ho imparato a conoscere, ovunque esiste molta ingiustizia; e da questa proviene la sofferenza degli uomini”. – “Lo si può cambiare?”, chiede scettico Venitrius. – “Ancora no e per tanto tempo ancora no!”. Sospira Maria. “Gesù, il nostro Signore, ce l’aveva annunciato”. [Matt. 24,12]

*  *  *

                    41.                  Su Patmos si va alla riva. “Già di nuovo qualcosa!”. Il comandante dell’isola ha l’aspetto cupo. Solo poco tempo fa la galea di controllo, e il comandante ostentava il potere. “Gettate i giudei in mare”, aveva inveito. “Come mai sono qui? Questi sono spioni!”. – Quando il comandante dell’isola si richiamò al tribuno, la fronte divenne corrugata. “Io devo denunciare questo!”. Tutti avevano tirato un respiro di sollievo quando il controllo era di nuovo salpato.

                    42.                  “Non andranno molto lontano”, Giovanni lo aveva confidato al comandante. “Vanno a fondo?”. Nessun pio desiderio. “No! Ma la ‘lezioncina’ è sufficiente, e la sua denuncia non troverà il giusto orecchio”. – “Così nemmeno di te e del tuo amico”. – È inteso Nicodemo. Presto è stato riconosciuto che i due sono diversi da come si sente in giro sui giudei. Ora il comandante fissa il mare, sul quale la nave si sta già avvicinando.

                    43.                  Uno con un occhio molto acuto esclama: “Quella è la ‘Cornelia’, la vedo nella sua struttura!”. – “Se questo è vero, riceverai da me un salario extra”. Presto il comandante vede che è la ‘Cornelia’. Fa chiamare Giovanni e Nicodemo, i quali al primo avvistamento sono stati mandati nella torre. “Per la loro protezione”, dice lui. “È meglio se nessuno vi veda”.

                    44.                  Giovanni ‘sente’ venire una grande gioia. Con Nicodemo corre in fretta alla riva. “È lui!” –Nicodemo non può più vedere bene a causa della sua età. “Cornelio?”, chiede. “Se è così, allora sarà per noi una gioia. Un giorno ho conosciuto Cirenio, un uomo di straordinaria finezza, e Cornelio gli somiglia precisamente, intendo nell’animo. Per me è un buon amico. E quelli a casa”, spira un po’ di malinconia al pensiero della patria, “se riconoscessero come egli è, sarebbero molto alleggeriti. Tuttavia i romani migliori sono mandati via”.

                    45.                  “Purtroppo! Vedi, Nicodemo, il Signore aveva buoni amici, spesso più romani che presso il popolo. Ora lo comprendo: Lui, Gesù-Dio, non apparteneva a nessun popolo. Anche se è nato da noi per uno scopo sublime. Abramo, il patriarca, quando Melchisedec lo incontrò nella grotta e portò dal nascondiglio pane e vino, aveva già allora riconosciuto la vera Immagine: ‘Senza padre, senza madre [Matt. 12, 48] senza inizio di una creatura. Il Re di Salem!’ [Gen. 14, 18]. Questo si riferisce del tutto a Gesù, ed è ancora rivelato che EGLI era Melchisedec stesso [Ebrei 7, 1-3].

                    46.                  “Davvero?”. In seguito a ciò, a Nicodemo passa ancora un brivido nel cuore, se pensa a quando Gesù parlava benevolmente con lui, quando lo visitò di notte [Giov. Cap. 3]. Giovanni fa cenno col capo. Il suo occhio splende in grande lontananza, tale che nel mondo non esiste cosa simile. Nicodemo vede il raggio di luce e pensa: ‘È un veggente di Dio!’.

                    47.                  Due imbarcazioni costiere escono. Nel porto deve essere migliorato qualcosa, poiché ci sono delle galee da far passare. E dei pescatori festosi arrivano correndo. I giudei possono entrare nel porto per salutare gli amici. Ci si stupisce quando compare una donna in coperta. Ebbene, delle donne romane hanno già fatto viaggi sulla nave, ma mai verso un’isola d’esilio. Là esse non hanno nulla da fare. Meno con gli occhi ma più col cuore, Giovanni vede per primo ‘chi’ è lei.

                    48.                  “Maria! Maria!”. Lei sente il richiamo e fa cenno con un fazzoletto. “Ma chi è?”, chiede il comandante. – “La madre di Gesù, di Colui che ti ho parlato”. – “Ehm, ehm, che cosa vuole lei qui?”. – “Non lo so. Non dovrei stupirmi se anche lei è in arresto per misura di sicurezza”. – “Ti prego, tuttavia nessuna donna!”.

                    49.                  “Tu non conosci la parte superiore dei giudei che possiede il potere; e credimi: il Potere della Parola può essere molto più tagliente che quello della spada! [Ebrei 4, 12]. Chissà che cosa è successo”. – “Qui non posso far niente con una donna, deve abitare presso gli isolani”. – “Si troverà la soluzione”, dice Nicodemo, il quale si rallegra per Maria. “Lei ben difficilmente rimarrà per sempre, questo è nulla per tale delicata donna, come lo è lei”.

                    50.                  Nel frattempo la galea approda. Sono spinte avanti delle larghe tavole e Cornelio per primo mette piede a terra, con Maria, che lui sostiene con cura. “Figlio mio!”. – “Madre mia!”. Un doppio grido che penetra nell’anima degli uomini rudi. Quelle Parole che il Signore pronunciò ai due dalla croce. Perfino al comandante ‘acceca un sole’, egli nasconde per se stesso il piccolo bagno degli occhi.

                    51.                  Anche i rematori possono scendere a terra. Essi si gettano ai piedi di Maria con mani sollevate per riverenza. – “Alzatevi, voi cari”, dice lei dolcemente. “Pieghiamo le ginocchia solo davanti a Dio. A LUI eleviamo le mani. Soltanto LUI invochiamo in umiltà”. E così è comprensibile che i poveri, i quali non possiedono altro che il loro perizoma, alla vista di questa donna pura che agisce come un’ancella, devoti cadano in ginocchio. Uno che conosce l’ebraico osa dire:

                    52.                  “Stare in ginocchio dinanzi a te, è come stare d’innanzi a Dio, il Quale ti ha scelta per portarLo come Fanciullo. Tu sei…”. – “No, cari fratelli!”, Maria pone allo schiavo una mano sul capo chino. “Non esprimere ciò che pensi. Io sono una persona come te, a me non spetta nessuna lode e nessun onore. Questo tocca all’Altissimo, al nostro Dio da Eternità in Eternità! Anch’io m’inchino dinanzi a Lui. Amate e onorate Lui di tutto cuore, e fate del bene finché vivete”.

                    53.                  Queste parole fanno il giro dell’isola, e più tardi per Giovanni è cosa facile convertire la gente. Una donna si fa avanti: “Vuoi venire con me? Tuo figlio”, essa non conosce il legame e pensa soltanto: una giovane madre e un figlio così ‘vecchio?’. Giovanni sembra più vecchio di com’è, cosa che deriva dalla sua maturità celeste. La donna però non domanda altro.

                    54.                  “Come decide il tribuno”, ringrazia affettuosa Maria. – “Sì, va con lei”, dice il romano. “Riposati prima; poi ti mando a prendere”. È adirato, quando sente del controllo. Lui non ha paura di cadere a Roma; inoltre, ha solo bisogno di dimettersi dal servizio. “Ne discutiamo; per il momento sono lieto che siamo arrivati qua bene”. Con gioia saluta Giovanni e Nicodemo. Si celebrano alcune piccole feste, perché il ‘buono’ è ritornato.

 

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Cap. 5

Pirati, misericordioso operare – La scrittura e una predica

 

Un assalto all’isola da parte dei pirati è sventato dagli isolani, e i pirati presi prigionieri – I feriti restano, gli altri a Roma con Cornelio – Ritorno e conversione dei rimasti dopo una predica di Giovanni

                      1.                   Cornelio ha solo poco tempo per occuparsi di Giovanni. Egli salva le apparenze e nello stesso tempo dà seguito al controllo, in cui visita qualche capanna da pescatore e la baia, nella quale le navi possono ancorare. Quanto è bene che lo faccia, si dimostrerà già il terzo giorno.

                      2.                    La nebbia si alza, un tempo adatto per i pirati. Un forte vento dall’Oriente si è alzato. È sera, allora vengono correndo dei pescatori in impetuosa fuga, gridando sconvolti. “Pirati!”, esclamano. “I pirati sono sbarcati!”. Subito scatta un grande allarme. “Quanti ne avete potuto avvistare?”, chiede il tribuno.

                      3.                    “Due!”, dice il pescatore tremando. “Hanno incendiato delle case sulla costa ed hanno già ucciso della gente”. – “Costoro non sapevano che sei qui”, dice il comandante al tribuno. “Oppure all’opposto: hanno sondato che ho solo venti uomini con me. Avanti! Attacchiamo! Giovanni, Nicodemo e Maria, nella torre; questa può forse essere la nostra ultima salvezza!”.

                      4.                    Giovanni è afflitto. “Non sono abituato alla spada”. – “Aiutaci con la tua preghiera”, esclama il romano, mentre si precipita fuori alla testa dei suoi uomini. Essi si sono armati in un attimo, sempre pronti alla lotta. Anche il comandante ha soltanto venti legionari; lui però, Venitrius e il tribuno valgono ognuno come due uomini.

                      5.                    Presto vedono divampare i fuochi. L’orda, ottanta uomini, non sapeva che due decuri erano sull’isola. Adesso intervengono anche i pescatori; i romani danno a sufficienza la loro protezione dandoci dentro con le mazze. Dura a lungo lo scontro, prima che i pirati si arrendano. Alcuni sono morti, altri si tuffano in mare per salvarsi. Questi vengono di nuovo tirati a terra. Circa cinquanta sono catturati e, saldamente legati, portati via.

                      6.                    Dapprima sono rinchiusi nel castello al porto grande. ‘Oggi avrei di nuovo una ragione per andare in collera’, pensa Cornelio, ‘ma il mio Salvatore non ama questo’. Vengono Nicodemo con Giovanni, e Maria invita un paio di donne ad aiutare i feriti. Due combattenti sono caduti, tutti sono stati colpiti. Venitrius sanguina in viso, il tribuno al braccio e il comandante zoppica fortemente. Alcuni sono gravemente feriti.

                      7.                    Maria non lo ha mai fatto, ora lava e fascia le ferite. Si odono parecchi lamenti, qualcuno sorride nonostante i dolori. “Un giorno dissi a Simeone: ‘Se non avessi te!’, ora: ‘Cara madre, se tu non fossi con noi!’.”. – “E che cosa disse Simeone, Cornelio?”, chiede Maria. – “Se non si avesse DIO!”.

                      8.                    “Precisamente! Mai potevo soccorrere così, e ad un tratto lo posso. Non è questo l’aiuto del nostro Signore?”. I romani sono provveduti. Maria dice: “Anche se sono predoni, dobbiamo soccorrere i feriti”. – “Ma perché lo devo fare? Costoro sono capaci di aggredirci subito di nuovo”, si oppone il tribuno. – Giovanni dice:

                      9.                    “Io vengo giù con te; andiamo a prenderne uno. I più gravi per primi. Se vedono come li tratti, qualcuno si farà piccolo. Chi intende ragione, lascialo sull’isola. Gli altri sono da portare a Roma e…” sussurra, mentre conduce il tribuno da parte, “colui che ti vuole buttar giù, verrà eliminato, mentre tu riceverai l’elogio”.

                    10.                  “Io so che questo per te non vale molto, tuttavia anche questa è una buona conduzione del Signore”. Il tribuno abbraccia Giovanni. “Quanto sono contento che voi siete con me, tu, Maria e anche Nicodemo”. – “Come va col tuo braccio?”. – “Va bene”. Cornelio storce la bocca, nasconde che la ferita brucia terribilmente.

                    11.                  Giovanni mette le mani sul braccio. “Che cosa hai fatto? La ferita non brucia più, mi sembra come se tutto vada bene”. – “In un paio di giorni”, dice il discepolo di Gesù. “Ho pregato che il ‘Salvatore’ ti potesse guarire. Abbi ancora riguardo del braccio. Ci sono altri pirati in agguato. Costoro sono ora pieni di paura, perché l’attacco non è riuscito.

                    12.                  Va presto a Roma, una flotta sarebbe da preparare. A sud ovest di Creta si trova un’isola ancora sconosciuta, là si ritirano i rimanenti. Quello è il loro covo. Lo vedo in spirito e – ahimè amico, è così difficile consegnare degli uomini, e la vostra Roma non pratica per nulla la bontà con questi”. – “Sì, purtroppo!”, mormora il tribuno tra le altre cose.

                    13.                  “Alcuni qui si lasciano salvare per la tua clemenza, perché li fai curare, sentono quanto potrebbero vivere meglio piuttosto che con rapina, assassinio e fuoco. In generale però – è bene rendere innocui i briganti, cosa che dovrebbe avvenire meno con la morte ma più con un aiuto per l’anima e il corpo”.

                    14.                  “Io cercherò di salvarli; il minimo, a dir il vero, è la galea oppure la miniera di zolfo”. – “Tutte e due le cose sono molto amare, ma con ciò qualche cuore duro sarà migliorato”. – “Così sia! Ti ringrazio, Giovanni!”. – “Ringraziamo il nostro Signore”, risuona semplicemente.

                    15.                  “Il Signore ha proibito di dirsi grazie l’un con l’altro?”. – “No! A chi capita del bene, deve ringraziare il soccorritore con il piccolo ringraziamento; il grande ringraziamento è per Dio”. – “Allora ho fatto bene”, sorride Cornelio, “per te era il piccolo ringraziamento, al nostro Dio il grande”. – “Sai tu, che cosa sei?”. – “Ebbene ascolta una buona volta! Io sono un romano, ehm, per il mondo; spiritualmente – beh, lì s’inciampa, lì sono soltanto un …”.

                    16.                  “…figlio di Dio! E per il mondo, o tribuno, sei un UOMO! Tu non sei né romano, né giudeo, né altro. I figli di Dio percorrono giù la loro via nelle tenebre di questo mondo. Vedi, Cornelio, lo sono anch’io, siamo tutti noi che viviamo quanto il più possibile: fedeli, veri e coscienziosi!

                    17.                  Lo sono anche coloro che, legati ad altro per nascita, non conoscono ancora Dio, l’Unico. Chi vive rettamente è un figlio di Dio!”. Cornelio si gira precipitoso; Giovanni non deve vedere quanto è scosso. Questi sorride. ‘Io lo vedo, tribuno, con il cuore, questo non lo ha partorito Roma!’. –

                    18.                  Quando si apre la prigione, i pirati fissano i romani pieni di odio. Uno di loro grida: “Puoi ucciderci, siamo pronti!”. Cornelio, con intenzione apparentemente dura, dice: “Deciderà Roma che cosa dovrà essere di voi, non io! Chi di voi è gravemente ferito? Potete presentarvi, non vi accadrà nulla”. Uno di loro si trascina faticosamente a terra. Il tribuno gli toglie i ceppi. Due legionari lo portano sopra. Quando si vedono le sue ferite, dice il comandante a bassa voce, affinché il ferito non senta: “Per lui sarebbe meglio se chiudesse gli occhi – per sempre”.

                    19.                  Maria si china e versa, a gocce, l’acqua al poveretto. Egli beve avidamente e guarda nei puri, meravigliosi occhi. Allora è come se qualcosa si rivoltasse nella sua anima. Ancora è appena una scintilla che lo attraversa come un lampo: ‘Mai avrei fatto qualcosa a questa donna, mai!’. Maria deve consolarlo. “La tua gamba non si può salvare, ma la tua anima sì. Vuoi questo?”. Parole strane, d’incomprensibile concetto, e ciononostante un flusso tenero lo penetra. Egli guarda Maria e lei legge nel suo sguardo la mancanza di comprensione e un ‘sì’. Allora lei impone le sue mani sul capo del pirata.

                    20.                  Uno della truppa del comandante, che a Roma si fece mostrare qualcosa da un medico, amputa la gamba frantumata. Un’operazione con mezzi primitivi. Lo svenimento rende insensibile questo dolore. La forza della Luce, che il discepolo e Maria gli infondono, lo aiutano, dopo giorni, a superare il peggio.

                    21.                  Nel turno arrivano ancora un paio di casi gravi; di questi nessuno va via dall’isola; circa una dozzina rimane. Cornelio va a Roma con gli altri prigionieri, egli vuole ritornare il più presto possibile. Soltanto sulla nave scopre che ha con sé i rotoli, a causa dei quali era venuto su Patmos. “Presso di me sono custoditi bene, e veramente non c’è stato tempo di consegnarli a Giovanni”, dice a se stesso.

                    22.                  Tutto procede più veloce di quanto pensava. Una vittoria è ancora stabilita. Sei galee partono per ripulire il covo dei pirati. Cornelio ha un colloquio con l’imperatore. “Puoi chiedere molto”, dice costui clemente. “Anche se in un primo tempo mi sono meravigliato nel sentire che cosa andavi a fare tanto spesso a Patmos.

                    23.                  È stato bene prendere un paio di giudei sotto protezione, così questo popolo assai ostinato vede che siamo soccorritori e non oppressori”. Cornelio tace. “Il comandante è stato molto valoroso?”. – “Sì, lui e altri sono feriti”, conferma il tribuno. “Purtroppo sull’isola non c’è un medico, sebbene Patmos sia stata già attaccata più volte di sorpresa”.

                    24.                  “Ah sì? Ne ho parecchi a corte, uno lo cedo all’isola. D’ora in poi il comandante è libero; può anche ritornare a Roma, se vuole”. – “Egli vuole rimanere su Patmos, conosce tutto il mare circostante. Naturalmente il servizio come uomo libero gli darà più gioia”. – “Ti consegno il rotolo da portare con te. I pirati li faccio uccidere, non è peccato per questa gentaglia”.

                    25.                  “Fa di loro dei rematori”. – “È tuo desiderio?”. Domanda Cesare con sguardo indagatore. “Sì; ma lo ha manifestato il ‘veggente di Dio’.”. – “Che cosa significa?”. Il tribuno riferisce tutto quello che si è verificato. L’imperatore rimane non poco impressionato, sebbene la ‘Luce’ in lui non sia ancora nemmeno un’aurora. Cornelio è soddisfatto, può andare ‘con onore’, provvisto di qualche privilegio. Il controllore, che arriva più tardi, è respinto. Con cuore libero e grato, Cornelio ritorna con la sua nave. Dopo un buon viaggio è presto nuovamente su Patmos.

                    26.                  I pirati pensano: ‘Che cosa verrà da Cesare?’. Cornelio però non li ha menzionati. Stanno strettamente insieme, timorosi e anche cocciuti. Maria, Nicodemo e Giovanni li hanno curati e si rallegrano nel vedere come uno dopo l’altro – in verità ancora inconsciamente – si sono abbandonati alla Luce. Dopo l’arrivo, Cornelio trova poco tempo per occuparsi di loro. C’è da cercare un alloggio per il medico. Il comandante è così contento che finalmente avranno un aiuto, ma alcune lacrime gli scorrono sulla barba quando gli è consegnato il rotolo della libertà.

                    27.                  “Che cosa tu non fai, tribuno!”. Inutilmente si asciuga le lacrime. Oh, un uomo che piange? Dice Maria: “Non ti vergognare! Sei stato oppresso da molte cose, soltanto, non sapevamo da che cosa, e che tu… Ora è passato; e un uomo, al quale in un grande sconvolgimento scorrono le lacrime, ha ancora un animo. Questo ha valore dinanzi al nostro Dio! Egli ti benedice per questo”.

                    28.                  Il romano bacia Maria sulla fronte, ringrazia Cornelio senza parole. “Io stesso sono lieto”, dice il tribuno. “Vuoi rimanere su Patmos?”. Un indugio. Qui non esistono delle feste per gli dèi, nessun anfiteatro e nessun … “Rimango!”. – “Così ti posso ancora assicurare che in questo luogo tu sei il comandante. Ecco il privilegio. L’ho scritto io, ma guarda che cosa mi ha dato Cesare”. Quanto ci si stupisce di tanta libertà che Cornelio ha ricevuto.

                    29.                  Egli può operare per il tratto di costa, anche per la Giudea, al posto del suo imperatore. Il prossimo imperatore annullerà questo; solo che allora Cornelio non vivrà più, e molte cose cambieranno. Si tiene una piccola festa, durante la quale Nicodemo tiene una predica sul ‘vero’ Dio a tutta la gente che è intervenuta. Alla fine parla Giovanni; i pirati che non sono più incarcerati, ascoltano stupiti. Ecco ciò che dice il veggente di Dio:

                    30.                  “Cari amici degli uomini! Davanti al mondo io sono un prigioniero, davanti a DIO un uomo libero e – viceversa: dal mondo sono totalmente libero; esso non mi offre più nulla – il mondano della vita, intendo dire. Ma catturato in Dio, avvinto dalla Sua mano amorevole e assistito da LUI, così com’è venuto un aiuto a voi pirati presso di noi, anche mediante l’Amore di Dio. È questo che manca alla maggior parte degli uomini. Ci vuole ancora molto tempo finché la ‘Luce del santo Amore conciliante’ venga portata a tutti gli uomini; solo l’inizio è fatto. Io ve lo voglio rivelare.

                    31.                  Dio è venuto come un Uomo da noi in questo mondo, lì, dove sono nato anch’io. L’ho conosciuto come discepolo, ma più tardi molto precisamente, quando Egli dalla Magnificenza della Sua Volontà andava con la Sua Dottrina e con le Sue Opere. Io ero il Suo discepolo, il più giovane tra una schiera fedele che, per tre anni, sono andati con Lui attraverso il paese, da nord a sud, da est ad ovest, il paese che era stato promesso al patriarca Abramo [Gen. 13, 14].

                    32.                  Il Signore ha soccorso, ha confortato ed esortato ovunque; sono avvenuti miracoli che nessun uomo mai potrà compiere. Il tribuno lo può testimoniare”. – Cornelio va da Giovanni ed esclama distintamente: “Questo è vero; io L’ho riconosciuto e lo testimonio: ho visto e udito molto, ed ho seguito la Sua Dottrina. Egli era DIO, che io, un piccolo, povero uomo, ho potuto incontrare. Credete, cara gente, a tutto ciò che ha da annunciare il veggente di Dio!”.

                    33.                  È ancora così: quando un grande nel mondo testimonia, allora è riconosciuto. Giovanni è un estraneo per la gente; soltanto la sua benevolenza ha stabilito il contatto, così che ci si lascia aiutare volentieri. Non è andato molto oltre. Ora, tuttavia, in cui il grande romano che si rispetta… Essi non sanno che i tre non sono strettamente giudei di nascita. Maria è stata generata dai genitori Gioacchino e Anna come dal Cielo, e i due uomini non appartengono alla Giudea, ma soltanto al popolo d’Israele. E dall’‘Israele spirituale’ si deve dapprima ascoltare la Dottrina. Più tardi.

                    34.                  “Ti ringrazio, nobile romano”, dice Giovanni, “hai stimato pubblicamente per vera la mia testimonianza. Vedete, cara gente, intendo anche voi pirati, se volete riconoscere, certo non è facile, allora credete che DIO è venuto per portare il Suo Aiuto superiore. Per ora non vi si può ancora dire tutto”, – della croce di Cristo e per quale ragione è avvenuto il Golgota, – “ma ora chi vuole e vorrebbe servire Dio, l’Altissimo, obbedirGli e amarLo, lo voglio istruire, ed egli troverà la Pace del mio Dio.

                    35.                  Noi abbiamo, dal tempo antico del popolo, lo Scritto che rivela che questo Dio UNICO era sempre venuto, che uomini fedeli, come lo sono stati Enoc, Abramo, Mosé, i profeti e altri, Lo poterono vedere, Egli parlò con loro come parla un caro Amico con i suoi amici; di più: come un affettuosissimo Padre con i figli! Ed è questo che noi vogliamo diventare: figli di Dio.

                    36.                  Qualche adulto potrà pensare: figlio? Sì, secondo il corpo noi siamo adulti; se la nostra anima, se il sentimento lo sia altrettanto, se ne può dubitare. Non andiamo via da questo mondo quando la morte bussa alla nostra porta?! Che cosa rimane del corpo?!

                    37.                  Che cosa rimane indietro di lui, nel quale dimora la nostra anima? Lo spirito che DIO ha dato?! Se Egli è il Vivente, che era in eterno, lo è e lo rimarrà, allora anche il nostro spirito deve essere vivente. Oh, esso non è incorso in nessuna morte! Se non lo fa, cosa che sarebbe facilmente da comprendere, allora dopo una morte corporea e senza la nostra carne, lo spirito insieme all’anima deve continuare a vivere [Giobbe 19, 26]. Questo accade solo con DIO, il Creatore della vita, che non deve essere scambiata con l’esistenza sulla Terra.

                    38.                  Noi passiamo e peregriniamo, provenienti da Dio e ritorniamo a Lui. Questa è la cosa più meravigliosa dalla Sua pienezza, dalla quale possiamo cogliere Grazia su Grazia [Giov. 1,16]. Non costa nulla, i doni di Dio sono dati magnificamente liberi! L’unica cosa che ci sarebbe da aggiungere, è: ‘L’amore per Dio è che noi osserviamo i Suoi Comandamenti; e i Suoi Comandamenti non sono gravosi!’ [1 Giov. 5,3]

                    39.                  Noi non facciamo differenza tra questo e quello”, a questo punto qualcuno fa cenno col capo, “quei romani che hanno trovato il Signore, fanno tale e quale all’amico e al nemico. Il Signore, infatti, ha insegnato questo: ‘Se siete amorevoli solo verso i vostri fratelli, che cosa fate di speciale!’. [Matt. 5, 47].

                    40.                  Non era questo meraviglioso? ‘Egli stava su un monte, migliaia erano intorno a Lui. Ognuno sentiva la Sua Voce, ammonitrice, seria e grave. Parole per i figli di questo mondo; e l’Universo stava ad ascoltare’. Che cosa significa questo? Guardate di notte al firmamento, ‘il contrassegno del Creatore’, sul quale splendono tutti i Suoi Nomi! Noi non possiamo leggerli, ma spiritualmente essi splendono giù dalle innumerevoli assai meravigliose Creazioni.

                    41.                  Sul nostro mondo esistono gli esseri viventi – noi pensiamo solo a noi uomini – queste meravigliose opere, create da Dio, dovrebbero essere spazi vuoti? Dove rimarrebbe l’Onnipotenza del Dio Creatore se essa fosse limitata soltanto su un mondo, sul quale viviamo noi, senza conoscerlo (a quei tempi)? A parte i nostri cari romani qui da noi, voi dell’isola che vivete semplicemente e modestamente, comprendete queste Rivelazione più dei grandi di questo mondo”. – Cornelio pensa a Cesare. Egli poteva leggere la mancanza di comprensione nei suoi occhi, come sovrano, copriva il ‘lato debole’.

                    42.                  Giovanni sa che mai lascerà Patmos. A lui va come al capitano, per vero in un altro modo. “Chi si dichiara pronto”, continua a dire, “ad accogliere l’Amore di Dio, così che unisce la Sua Dottrina e la volontà di ciò che dobbiamo fare e non fare, ha superato l’inizio di questa via.

                    43.                  Un inizio è la parte più difficile. C’è da superare del vecchio: la fede negli dèi! Essi vengono bollati in maniera umana, cattiva o talvolta anche buona, con invidia oppure lottando l’uno contro l’altro. Nella fiacchezza dei pensieri e costruendo su questa, che cosa ‘si’ insegna la gente, è risultato che di tutti gli dèi non si sa più quale si deve servire meglio.

                    44.                  Che i romani siano caduti vittime di un’illusione, i nostri amici lo hanno smentito. Ma tutti i popoli che credono in molti dèi sono esposti all’illusione. Da tempi remoti sorse un giorno la conoscenza ed ‘era stupenda’; infatti, un Dio doveva aiutare! Ora, chi non è venuto a sapere altro, ma è di buon cuore, di animo caritatevole e gentile, costui è altrettanto sulla giusta via e trova ancora l’UNICO DIO, Creatore del Cielo e di tutti i mondi.

                    45.                  Così è avvenuto con voi, cari amici degli uomini. Sì, posso dirvi dalla Forza del Signore, al Quale io appartengo: non sono stato guidato da voi invano! Da dove il tribuno doveva sapere che qui esistono uomini pronti per la Luce? Chi ordinò a lui di portarmi qui? Non poteva essere un’altra isola? Oppure Roma?

                    46.                  L’Altissimo ha previsto la mia strada! Il Salvatore ha suggerito il pensiero a Cornelio, ed egli ha seguito la Voce. Questo testimonia quanto lui è fedelmente unito col Signore. Voi pescatori avevate desiderato che egli potesse rimanere presso di voi; voi non sempre siete andati d’accordo con i legionari. Questo si rimedia! Anche il nostro comandante si è convertito. Egli sarà un fedele custode di quest’isola. Ora voglio concludere con le Parole del nostro Dio: –

«Amate i vostri nemici; benedite coloro che vi maledicono;

fate del bene a coloro che vi odiano;

pregate per coloro che vi offendono e perseguitano,

affinché siate figli del vostro Padre nel Cielo;

Egli, infatti, fa sorgere il Suo Sole sui cattivi e sui buoni

e fa piovere sui giusti e sugli ingiusti»”.

[Matt. 5, 44-45]

                    47.                   L’alto flusso di Luce procura un buon silenzio. Per la gente di Gesù è sentito pieno di devozione, per tutti gli altri è sentito pieno di presentimento. È riconosciuto che un ‘buono’ si occupa di loro. Anche i pirati si guardano in silenzioso accordo: noi rimaniamo qui. Cornelio, che si trova ancora a fianco del discepolo, parla per primo:

                    48.                  “Giovanni ha ragione quando parla dell’illusione di molti dèi, alla quale anche noi siamo caduti vittime. Se esiste un Universo, una Creazione, allora esiste anche soltanto un DIO! Io non dico: gettate a mare i vostri dèi se non siete capaci di credere nell’unico Dio. Senza una fede l’uomo è una foglia staccata, spinta qua e là dal vento, finché alla fine appassisce al suolo e muore.

                    49.                  Si può ben credere alle Forze, perché Dio crea con molte Forze. Uomo, animale, natura e ogni cosa ha bisogno di differenti forze. Un piccolo fanciullo è facile da portare, con quelli più grandi si ha bisogno di forze maggiori. In ciò vedete che i vecchi dèi, presso di noi, sono da eliminare come foglie appassite. Il veggente di Dio v’insegnerà a trovare il vero Dio, come ho potuto trovarLo io e imparare a credere in Lui”.

                    50.                  All’improvviso ha un’ispirazione. Egli mostra la torre. “Quello è un baluardo contro il nemico. La fede nel Salvatore per noi è un baluardo contro tutto ciò che ci vuole assalire di sorpresa. Qui s’intende di più, l’interiore. C’è anche da pensare all’esteriore. Costerà parecchie fatiche mantenere la pace su quest’isola. Allora pensate: DIO è il baluardo più potente contro tutti i peccati, viltà e malignità di questo mondo! Incontriamoci nella torre come simbolo: noi siamo protetti in Dio, circondati dalla Sua Forza, e niente di esteriore potrà disturbare la solennità. Chi vuole questo, si presenti da me. E Giovanni saprà che cosa dovrà ancora avvenire”.

                    51.                  Inatteso – questo non si riteneva possibile – si avvicina un pirata. Egli zoppica, si riconoscono i suoi dolori. “La donna”, dice, “la donna pura mi ha vinto. Quando l’ho vista, voi la chiamate Marana (Maria), allora ho capito che esiste qualcosa di meglio che andare in cerca di rovinare. Io, se posso – mi presento per primo. Io voglio …”. – S’interrompe. Maria gli stringe le due mani, Cornelio è molto orgoglioso per pura commozione, Nicodemo si rallegra, e Giovanni…? Egli abbraccia il predone, il cui volto non mostra nessuna fredda rudezza. Lo si era notato perché aveva poco di male in sé. Giovanni alza la mano e tutti ascoltano.

                    52.                  “Tu sei stato raccolto dai pirati, e ti proponesti di ricambiare ciò che ti era capitato. Non pensavi che una vendetta non fosse da restituire a coloro che non avevano causato la tua sofferenza. Racconta come sei arrivato dai predatori dei mari. In ciò, ognuno potrà imparare a fare del bene e ad evitare il male”.

                    53.                  “Oh”, s’intromette Venitrius, “Io lo avevo osservato e pensato: come si trova costui in questa banda? Il suo sguardo era sempre come coperto”. – “Sì”, fa cenno costui col capo, “era troppo difficile di …”. – “Parla pure”, lo invita anche il comandante. “Ora sei sotto la mia protezione”. – “Anche sotto la mia”, dice Giovanni. Allora il giovane si fa animo.

                    54.                  “Ero un figlio di molti, il più giovane, eravamo forse diciotto. Colui che dovevo chiamare padre ci dava più botte che pane. La madre era sfinita, cosa che era comprensibile, e finora l’ho custodita in me – nei pensieri – in…”, – non sa più dire: ‘in amore’. E ciononostante in lui è esistente per questo un sentimento.

                    55.                  “I figli più grandi un giorno furono semplicemente cacciati via, due o tre poterono rimanere. Allora avevo circa cinque anni, mi portò al mare e gridò: ‘Dentro, portami un grosso pesce!’. Mi minacciò con due pugni. Soltanto più tardi compresi che lo facesse con intenzione. Con l’alta marea fui spinto fuori, lo vidi ancora una volta alla riva e – lo udii – ridere, ridere.

                    56.                  Che cosa erano le mie deboli forze contro la potenza delle onde? Allora venne verso di me un asse; mi aggrappai e con esso mi spinsi lontano sul mare. Per quanto tempo mi sostenni, non mi resi conto. Sentii ancora come se un paio di mani mi afferrassero. Come fanciullo mi andò bene in rapporto a ciò che dovetti subire da quest’uomo (il padre)”. Il giovane lo esprime con disprezzo. “Un po’ alla volta riconobbi presso chi mi trovavo.

                    57.                  Allora mi afferrò l’ostinazione: ‘Bene, con i pirati mi posso vendicare!’ Agli uomini ho fatto sempre la cosa peggiore, volentieri andavo attorno alle donne; nonostante tutto pensavo alla madre. Lei dovette piegarsi all’uomo maligno. Lui la batteva molto spesso. Divenni sempre più duro; davvero cacciato in mare con intenzione ‘perché così potessi annegare!’. Oh, se incontrassi quest’uomo (il padre), non so che cosa gli capiterebbe poi da parte mia!”. Odio immenso inonda questo giovane pirata del mare. La luce è come spenta.

                    58.                  Si è scossi. Un pirata conferma come si tirò fuori dell’acqua ‘il fagotto quasi morto’. Il comandante dice digrignando: “Costui lo appenderei al più vicino albero, così che potesse morire lentamente dopo molti giorni!”. Perfino il tribuno ancora una volta va in escandescenza: “Non so che cosa gli farei io! Un fanciullo – o Giovanni, perché esistono uomini così cattivi? Perché ha Dio …”.

                    59.                  “Fermati, fedele amico!”. Il discepolo di Gesù respinge i pugni del tribuno e li apre lentamente, così come i piccoli pugni di un fanciullo. “Vi comprendo bene; perfino Dio, siatene certi! EGLI ha già fatto i conti con lui, costui non vive più”. Quell’immagine che lui vede, è da tacere per amor della buona Dottrina, e perché lui – Giovanni – possa portare agli uomini un PADRE. Dapprima si devono consolidare, prima che imparino a comprendere ciò che per gli uomini è incomprensibile. Il giovane predone domanda:

                    60.                  “Egli non vive più? Oh, questo è bene! Avevo l’intenzione di andarlo a cercare e di – no, non sia più detto!”. Con ciò indica Giovanni, Nicodemo, Maria e i romani. È presente anche Sejananus. “Mi avete vinto; mi sembra come se posso essere completamente calmo, nell’interiore è …”. Egli non sa come lo deve chiamare, perché è colmo di gioia, la cosa più deliziosa che può capitare ad un uomo: ‘La pace di Dio che sorpassa ogni pensiero’ [Filip. 4,7].

                    61.                  D’ora in poi serve il discepolo di Gesù, finché questi vive, anche Nicodemo; e Maria, che presto lascerà Patmos, non la dimenticherà mai. “Possono tutti gli altri”, intende i pirati, “che un giorno mi hanno salvato, essere liberi? Non è vero”, egli si rivolge a loro, “che non volete più andar via dall’isola della pace? Oh, sì, rimanete qui! Deponete il vecchio mestiere! Diventate uomini, come lo sono i credenti!”. Egli ha serbato e percepito la parola ‘credenti’, come se questa fosse qualcosa di buono.

                    62.                  Arrivano tutti, quattordici uomini rudi, il cui intero contenuto di vita era assassinio e brigantaggio. Non credevano nemmeno negli dèi. Un presentimento, come un primo soffio di primavera, passa nelle loro anime tenebrose. Si chinano, sollevano le loro mani e anche la gente dell’isola accorre. «Lasciateci diventare una ‘comunità della torre’», esclama un vecchio pescatore, che nello stesso tempo è un pastore. A causa della sua età non può più andare in mare; ma bada a piccoli greggi, è l’ultima gioia della sua vita.

                    63.                  “Hai inventato la parola migliore”, elogia Nicodemo, e Cornelio esclama nuovamente: “Sì, la ‘comunità della torre’, questa deve essere Patmos! Io sono il protettore – per il mondo”, egli riflette. “Il Protettore è il Padre della Misericordia!”. – “O Salvatore”, trabocca Giovanni. “Come hai fatto tutto così bene! Tu ci guidi attraverso le tribolazioni di questo mondo, ma è la Tua Luce, il Tuo Amore, la Tua fedele Mano paterna che ci guida dalla nostra afflizione al porto della tua Pace, verso la Redenzione e – infine al ritorno nella Casa del Padre. Io Ti ringrazio!”.

                    64.                  Regna grande gioia. Chi non era presente, arriva, e la comunità della torre conta subito un paio di centinaia di persone. Il medico, uno schiavo di Atene, non è disposto ad aderire. “Questi sono fanatici”, egli pensa. Un po’ alla volta però sorge anche in lui la Luce. Quale uno degli ultimi prega: “Lasciatemi essere presente”. Una stretta di mano è sufficiente.

                    65.                  Solo la sera, che scende dolcemente, per oggi la comunità si scioglie, dopo che Giovanni ha comunicato ancora una ‘Parola di Dio’.

 

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Cap. 6

Differenti vie – Meravigliose parole di Dio – Uno speciale certificato di successione

Cornelio restituisce i rotoli a Giovanni, il quale, con Maria, ha una visione – Maria è riportata a Capernaum dai samaritani – Passano anni, Cornelio lascia il servizio militare, cede l’eredità, e finalmente fa rotta verso Patmos

                      1.                     Non ho esaminato i tuoi Scritti, e lo avrei fatto volentieri. Tu sei sempre stato con il Signore, vi si troveranno preziosità”. Cornelio è seduto di fronte a Giovanni. Solo Nicodemo e Maria sono presenti. Alla consegna di questo Scritto, che il romano considera estremamente importante, non vuole avere altri testimoni. Non si può mai sapere. – –

                      2.                    “Non ti posso ringraziare abbastanza”, dice Giovanni. “Il Ringraziamento di DIO però ti è assicurato e… la Sua benedizione per l’azione che hai dimostrato con ciò al mondo. Quando il Signore parlava della Sua morte, io ero ben l’unico, forse anche Tommaso, che presentendo sapeva: si avvererà assolutamente, perfino se …

                      3.                    Allora mi venne un pensiero – non lo potevo sapere, intendo umanamente, se si sarebbe potuto realizzare: mi proposi di scrivere un libro [Ap. Giov. 5,1]. Vedevo la Parola e, oltre a ciò: l’Evangelo! Non so ancora se diventerà …”. – “…qualcosa di meraviglioso”, lo interrompe Nicodemo, e Cornelio fa cenno col capo. Maria lo conferma con un ‘sì’.

                      4.                    Giovanni guarda negli occhi fedeli. “Or ora il Signore ha confermato attraverso di voi che ‘esso’ diventerà realtà. Cornelio, non essere afflitto per il fatto che non ci hai dato uno sguardo. Quando tornerai, una parte sarà terminata. A Roma sarai fermato, non imprigionato, non ti adirare! No, l’imperatore vorrebbe di nuovo avere tue notizie. Raccontagli del Signore, taci sul mio scritto.

                      5.                    Colui che siede sul vostro trono è spesso duro, tu stesso lo sai, ma di tanto in tanto la sua anima si muove. Ti accorgerai delle sue ore buone, quando vengono su di lui, allora predicagli ‘il Nuovo Evangelo’!”. – “Ma come lo devo fare, se non ne so niente?”. – Maria lo incoraggia:

                      6.                    “Tu sai più che, nella totalità, i nostri superiori. Hanna, la madre nostra del Tempio, mi aveva riferito del tuo sogno. Appena ti era possibile, venivi dal Signore, Lo ascoltavi, hai visto quello che Lui ha fatto. LUI stesso è l’eterno-vero Evangelo. Egli lo mette nel cuore a quelli che lo possono annunciare in maniera genuina. Tu parla di cosa hai udito e visto, allora questo è l’Evangelo. L’imperatore non ha bisogno di più”.

                      7.                    Cornelio emette un sospiro di sollievo. “Sapete, quando si tratta dell’Altissimo – il Salvatore è per me l’Unico-eterno DIO di santa sublimità, – allora temo di fare qualcosa di sbagliato”. Nicodemo pensa alla sua vicissitudine. “Io ho anche pensato: quanto sei piccolo tu, piccolo uomo, e ciononostante il Signore si è abbassato a me; con un Amore senza eguale Egli mi mostrò il mio sentiero.

                      8.                    Dinanzi a LUI ero io certo un nulla. Quando pensavo così, Egli m’imponeva le Sue Mani e diceva: ‘Guarda a Colui che ti fece essere, che ti diede spirito e anima e – che parla con te, come un padre con il figlio!’. Allora mi lasciava solo. Lo seguivo con lo sguardo a lungo, finché veniva l’aurora. Non solo quella della natura, no – sorse l’aurora interiore. Da allora Gli sono rimasto fedele, per quanto un uomo possa preservare l’alta fedeltà”.

                      9.                    “Tu hai difeso il Signore davanti al Consiglio del vostro Tempio”, conferma Giovanni, “tanto che ti si voleva annientare”. – “Era guidato, perché ti imbattessi nella pattuglia che io avevo inviato”. Cornelio estrae dalla sua toga, sotto la quale porta una solida borsa di cuoio, una quantità di piccoli rotoli, tutti scritti fittamente.

                    10.                  “Ecco, Giovanni, è tua proprietà, oppure – si può dire: proprietà di Dio? Se diventa un Vangelo, si potrebbe …”. – “Proprio vero, amico mio!”. Giovanni abbraccia il tribuno. “Deve diventare l’EVANGELO DI DIO, che splenderà più profondamente nella Verità:

                    11.                  chi era il Signore?!

                    12.                  Egli, a causa degli uomini, che mai comprenderanno la cosa più profonda, e questa durerà a lungo prima che si riconosca la piena Luce, si chiamava ‘Figlio di Dio’, e anche ‘Figlio dell’Uomo’. Quest’ultimo significa: ‘Figlio, l’espiazione, la riconciliazione per gli uomini; adesso lo so. Il Figlio di Dio – in persona, si è messo in cammino sulla via nell’involucro quale Uomo’, come Uomo!

                    13.                  Mai due personaggi! Questo significherebbe sostenere la fede negli dèi. Se il Signore proibì la fede negli dèi prima del Suo tempo come Gesù, cosa che deve significare ‘idoli’ [Esodo 20, 3; Isaia 2, 18 ed altri], allora Lui mai potrà testimoniare di Se stesso in un ‘pluralismo!’. Se Gesù fosse un oppure il Figlio di Dio, un secondo personaggio, allora con questo l’unicità di Dio, il Suo ‘IO SONO’, sarebbe annullato”. Lo sguardo del veggente va in una lontananza sconosciuta. “Si stravolgerebbe ancora di più. Meno per cattiva volontà, più per superficialità del pensiero, dal momento che si pensa di insegnare anche allo SPIRITO come ad una Persona vera e propria.

                    14.                  Il Signore ha sempre predicato del ‘Padre, come l’eterno Spirito’:

Dio è Spirito e coloro che Lo adorano,

lo devono adorare nello Spirito e nella Verità!’ [Giov. 4, 24].

Se Lui ha insegnato questo così chiaramente, come si può nominare Dio e Spirito come fossero due Persone? Una cosa è certa: ogni inganno, provocato coscientemente o incoscientemente, – DIO un giorno con questo metterà ordine! Quando i tempi della materia si adempiono, l’oscurità va alla fine; dove però l’oscurità ottiene pressoché la supremazia – su questo mondo, nulla può tuttavia strapparsi più rapidamente, come una corda troppo tesa! Questo accadrà allora con l’oscurità!”.

                    15.                  Gli occhi di Maria splendono, lei segue meglio di tutti una visione. Allora dice: “Il Salvatore ha vinto l’oscurità con la Sua croce ed ora – oh – ora vedo un’immagine”. Gli uomini tendono gli orecchi. Maria si dirizza un poco in alto.

                    16.                  “Un vestibolo (il Santuario) e un alto Seggio [Isaia 6,1], davanti, un altare, e su questo, molti segni, anche una croce”. Rabbrividisce, se pensa alla cosa orribile che successe. “Oh, essa è circondata da una corona di raggi, in cui risplende Pazienza e Amore!

                    17.                  Davanti alla croce si trova un Calice. Ahimè! ‘Non devo io bere il Calice?’. Dio non lo ha bevuto solo nel mondo, non ha eretto solo qui la croce come segno dell’Atto riconciliante della Redenzione. Poiché c’è un tempo, non misurabile, io sento soltanto, come delle Eternità si congiungono, diventano una sola cosa per il ‘TEMPO!’. È …”. Maria non può più spiegare, rimane riservato al veggente di Dio interpretare il significato della visione.

                    18.                  Egli parla del ‘Lustrum di Dio’, che il Santo come supremo sacrificio espiatorio ha previsto, quando tutti i figli giacevano ancora in Lui. E ancora, quando allora la prima figlia s’innalzò e, con ciò, il Sacrificio espiatorio possedette già la sua validità, anche se diventava l’ultima fase (Golgota) per la materia ancora veniente. Commossi si ascolta quest’immagine; adesso soltanto si comprende veramente il sacrificio di Gesù: Getsemani e Golgota.

                    19.                  Dagli occhi del romano scorrono alcune lacrime. “Anche per me”, gli passa attraverso il cuore, “è successo!”. La commozione aumenta – l’immagine, l’interpretazione mediante Giovanni, la grande visione nel ‘Mistero di Dio’ [Efes. 1,9] – dura a lungo, finché i quattro uomini riescono di nuovo a riprendersi.

                    20.                  La notte è avanzata. “Ora porto a casa Maria”. – Cornelio si alza per primo. “Il Signore mi riconduca indietro. Forse qui potrò trovare l’ultima pace”. Si comprende bene lui, il romano una volta fiero, che ha rimosso in sé tutto il mondano. – “È indifferente”, dice dolcemente Giovanni, “dove troviamo il nostro ultimo riposo terreno. Di noi, nulla rimane indietro nel mondo. Tu pensi quanto ti sarebbe delizioso se qualcuno tenesse le tue mani appena abbandoni questo mondo”.

                    21.                  Quando escono dalla porta, c’è accovacciato davanti un uomo. La luna illumina il suo volto. Voleva vegliare e si è addormentato. È il giovane predatore, si era trascinato fin qui. Adesso si sveglia spaventato. “Io volevo …”. – Egli non ha ancora superato del tutto la paura del tribuno. Non si può pensare di lui che voleva origliare, per…

                    22.                  Cornelio domanda: “Che cosa fai nella notte davanti alla nostra porta?”. – “Ho giurato”, dice sommesso, “di vegliare sul veggente di Dio. Non si sa come gli altri la pensano…”. Non si fida di certi pirati, sulla nave ne ha visto troppe. – “Questo è molto lodevole. Vedi, però, caro giovane amico, noi stiamo nella Mano di Dio e sotto la Sua protezione. Puoi vegliare più tardi, quando starai di nuovo in piedi. Vieni, ti porto indietro”. Con delicatezza solleva il ferito. – –

*  *  *

                    23.                  Pronti per la partenza. La galea dondola lievemente al vento e sventola il vessillo del tribuno. Sulla cima dell’albero maestro splende l’elmo dorato. Il bagaglio, anche le poche cose di Maria, sono già state ben ormeggiate la sera prima. Sono radunate molte persone. I legionari, agli ordini dal comandante Cronias, rendono al tribuno il saluto d’onore: le spade tintinnano agli scudi. Tra loro c’è qualcuno che si è lasciato convertire anche per il Signore.

                    24.                  Nicodemo e Giovanni dall’altra parte salutano ad alta voce. Cosa che però mai viene concessa – Maria guarda giù, dove gli schiavi sono seduti sulle dure panche in attesa della battuta, per abbassare i remi in mare come fosse un solo uomo. Lei fa cenno amorevolmente ai poveri uomini, i quali sono credenti nonostante la dura sorte, senza prospettiva della liberazione. Cornelio non li può liberare, se non vuole essere condannato. Chi provvederebbe allora per loro? Così essi hanno certamente qualcuno che li provvede per bene. Oggi si adoperano particolarmente per raggiungere presto e nel miglior modo Tiro con la ‘cara Signora’.

                    25.                  “Il Signore vi benedica!”. Giovanni solleva le mani. – “Grazie! Il viaggio sarà quindi felice”. Le assi sono ritirate, un ordine: sessanta remi si abbassano, la nave acquista velocità. Si arriva presto a Tiro. Cornelio si cerca della buona gente, noleggia anche dei robusti muli con una lettiga, v’inserisce ancora alcune pelli, affinché Maria possa viaggiare meglio. Il reparto è sottoposto al decurio Scubatus che sosta a Tiro.

                    26.                  “Porta la nostra cara signora a Capernaum ed aspetta finché non si è ordinato tutto per lei. Spero che non la si molesterà più. Tu ritorna qui; io devo andare a Roma”. – “Come si può fare del male ad una donna simile?”, domanda Scubatus. “Sai, tribuno, ovunque ci sono belle donne; ebbene, ne ho anche tenuto qualcuna tra le braccia. Questa Marana però…”. – “Si chiama Maria”, corregge Cornelio. – “Non importa il nome, ma il volto. Questo m’incanta il cuore”.

                    27.                  “Non farti venir la voglia”, minaccia seriamente Cornelio, “e che nessuno la ‘tocchi’! Lei è una donna pura e...”. – “Lo so, tribuno! Io la custodirò come mia figlia”. Scubatus lo può dire, è anziano di servizio, egli tiene ben disciplinato il suo reparto. “Per questo ho scelto te”, è elogiato, “e ricordati: questo è un incarico onorifico, davanti a… Dio, Dio che tu ancora non conosci”.

                    28.                  “Uno nuovo?”. – “No, esiste soltanto quest’Unico Dio! Tutti i nostri dèi sono solo fantasmi. Va bene, più tardi una buona volta, decurio, te lo spiegherò”. Costui increspa scettico la fronte, cosa che non si può neanche aversela a male. – –

                    29.                  Maria arriva sana e salva dai samaritani; è portata nella loro casa. I romani che,– a causa della nazionalità – si odiano, sono accolti amichevolmente. Essi hanno di nuovo portato la madre di Gesù. Inoltre i samaritani non sono così orgogliosi come i giudei. Maria è chiamata di casa in casa, ognuno la vuole avere una volta. La si ama, ma non la si venera. La venerazione tocca solo al Signore, di Cui si sa: Egli era – Egli è Dio stesso. – –

*  *  *

                    30.                  Anni passano nel paese. Caifa è sprofondato nella pazzia, Hannas è morto, i rimanenti del Consiglio del Tempio non ci tengono ad importunare Maria. LUI è pur morto, Lui deve essere dimenticato. Non tutti i templari la pensano così. La semenza che il SIGNORE ha sparso, accennata meravigliosamente nella parabola [Matt. 13, 37], prima o poi germoglierà; e chi vuole, raccoglierà grano invece che cardi.

                    31.                  La situazione nella Giudea s’inasprisce. Delle insurrezioni sono represse. Maria vorrebbe volentieri rivedere i luoghi: Betlemme, dove le accadde il miracolo più grande, e – il Golgota. Glielo si sconsiglia. Allora si domina. “Tutti questi luoghi sono viventi in me; non si ha bisogno dell’esteriore, quando si possiede l’interiore”. Una grande pace subentra in lei; e tutti coloro che ora diventano ‘cristiani’, di tanto in tanto si riuniscono. Qualche volta arrivano anche i discepoli, due o anche di più. Allora sono ore di festa che Dio dona loro. – –

                    32.                  Cornelio deve far visita spesso all’imperatore a Roma, il quale è malaticcio, ed ascolta meglio tutto ciò che sente di GESU’. In verità, ciò non lo tocca profondamente nel cuore, – tuttavia qualcosa rimane attaccato. Per questo il tribuno trova a Roma qualche orecchio aperto, e la ‘semenza’ cade su buon terreno. Talvolta però anche lui sospira:

                    33.                  “Signore, è poco ciò che Ti posso offrire! Vorrei volentieri che tutta Roma giungesse alla conoscenza e ci fosse pace in tutto il vasto mondo. Ora sono soltanto alcuni che posso portare come ringraziamento per il Tuo Amore. Perdona, perché i miei doni sono magri”. Allora gli sembra come se una Mano mite gli passi sulla fronte, e non è un’illusione – egli sente, ciò che si riflette nel suo interiore:

                    34.                  «Figlio Mio, sono soddisfatto di te. Il mondo non può crollare in una volta; Io lascio crescere la gramigna tra il Mio grano [Matt. 13, 23-30]. Quando viene l’ultimo taglio del raccolto, allora coloro che sono gramigna, saranno strappati, portando loro molti dolori. Questi dolori guariranno le anime loro!

                    35.                  Sul Golgota ho messo alle tenebre il suo grande ‘Alt’! Non pensare che non sia così, che la cattiveria non fosse morta. Giustissimo! Su questo mondo, il più basso di tutti – perciò Io sono venuto qua – il male prolifererà come la gramigna. Quello però che cresce, va incontro alla sua fine, così come un uomo che diventa vecchio e tende alla tomba. Il male è da estirpare con la radice, e questo accadrà alla fine di questo mondo!

                    36.                  Esso è la parte più bassa della materia, ed Io sono disceso nel più basso. Per il mondo, perfino nato in una stalla! Sono venuto dai poveri, dai peccatori; non ho portato nulla con Me che appartenesse al mondo, solo la veste che copre il corpo. Non avevo nessuna borsa né denaro, nessun bastone come sostegno. La Mia PAROLA era il bastone con il quale Io pascolavo i Miei greggi. Entrambi, Cornelio, i buoni e i cattivi [Giov. Cap. 10]. Quindi sii consolato, e vedi, Io ti benedico!».

                    37.                  Il romano è assai profondamente scosso. Adesso, è solo, non ha bisogno di vergognarsi. Oh, sì – mondanamente: che cosa? Un tribuno, e piange? Si riderebbe di lui e nei vicoli lo si segnerebbe con le dita. Brevemente sorge d’improvviso il pensiero: “Ah, per conto mio lo veda chi vuole, che cosa me ne importa! Ho la mia isola della pace, là posso sempre fuggire, per dire ‘addio’ al mondo!”. L’imperatore invece non lo lascia ancora andar via.

                    38.                  Dopo aver esaurito il torrente di lacrime, si siede al suo tavolo e mette in iscritto le parole. “Come si rallegrerebbero Giovanni, Nicodemo e gli altri. Se soltanto fossi già là!”. Ordina ancora la sua casa. Aiuta ad ottenere la liberazione degli schiavi meritevoli che devono dirigere il tutto, com’è d’uso nelle case dei ricchi di Roma. Compila i rotoli, in un momento giusto del suo imperatore li fa autenticare. Nomina un amministratore, il quale è diventato anche lui un cristiano, e gli ordina:

                    39.                  “Dopo la mia morte sarai il mio erede. Tu però accoglierai i cristiani, qualunque cosa accade! Chi qui cerca protezione e aiuto, dovrà aver rifugio. Non hai bisogno di prestare un giuramento mondano; esiste un ‘giuramento divino’ [Gen. 22, 16], e questo è santo. Chi giura in questo senso – come lo ha fatto DIO, non lo può, a dir il vero, nessun uomo, – si è unito con DIO. Chi lo mantiene, ha la benedizione di Dio fino alla fine della vita; chi infrange il giuramento, morirà nei suoi peccati!”. L’amministratore s’inchina profondamente e dice:

                    40.                  “Signore, io presto questo giuramento divino! Soltanto una cosa”, sussurra all’orecchio di Cornelio: “Se il prossimo imperatore che sale al potere, appende i suoi stessi romani? Se lui oppure anche il successivo ci perseguita? Che cosa dovrà essere?”. – “Allora sei libero dal giuramento, perfino dinanzi a Dio! Finché puoi, però, mantienilo!”. Sguardo si abbassa nello sguardo, e questo vale più che una qualsiasi parola.

                    41.                  Cornelio scrive per esteso il certificato di successione sul suo completo patrimonio e lo fa subito autenticare dal competente senatore. Come liberato da un grave peso, così si dilata il suo petto in un profondo sospiro: “Presto sarò libero!”. Ora ha il permesso di partire. Un ordine, che frattanto deve essere consegnato, gli impedisce il viaggio direttamente verso Patmos. C’è di nuovo fermento in Siria. Sono già state inviate delle truppe. Il tribuno deve ispezionare e inviare il rapporto all’imperatore, per iscritto. Perciò Cornelio non ha più bisogno di ritornare a Roma.

                    42.                  “A te, mio Cirenio, è andata pure così. Saresti rimasto volentieri con il Signore, avresti rinunciato alla tua posizione; ma Egli stesso te lo sconsigliò e disse che come Quirino avresti potuto fare molto del bene. Lo hai fatto! Io ti ho emulato e mi è sempre andata bene. Poi abbiamo trovato il Signore”. Cornelio riflette a lungo. Talvolta emette un sospiro quando vede che cosa ha fatto di sbagliato; ma poi si rallegra nuovamente per le molte belle cose, ma in particolare perché ha potuto amare GESU’.

                    43.                  La stessa sera gli è portato a casa l’ordine: ‘Partire subito!’. Molte galee, stipate di legionari e la sua stessa, sono pronte per la partenza. Nella notte si reca ancora al porto, dove brulica di uomini: militari, qua e là un civile, delegati dell’imperatore, i quali devono fargli la relazione di tutto. Cornelio ha fortuna, essi sono amici, i legati.

                    44.                  La ‘Cornelia’ va avanti, le altre in coda a forma di ventaglio. Questa volta il mare è libero dai pirati, l’ultima azione ha spazzato via un loro grande covo. Inoltre c’è un leggero movimento delle onde. In tutte le vele c’è una brezza, verso Oriente, dove le navi tracciano i loro solchi, cosa che rende più facile il remare. Si fa rotta per Sidone. Il comandante del luogo accetta con piacere i rinforzi. Così – ancora una volta – qui è ristabilita la pace. Roma pensa: per sempre! Oh, no! Ogni potenza mondiale resa troppo grande calpestando, si scava con ciò la sua stessa fossa, prima, adesso e più tardi. Chi vuole però saperlo…?

                    45.                  Cornelio sa attenuare qualche severità imposta. Finalmente – può lasciare la Siria. La sua relazione è sottoscritta dal capo dell’esercito. Con questo il tribuno chiede di essere dimesso dal servizio imperiale a causa della sua età. Per sua gioia extra gli sono confermate le dimissioni con tutti gli onori.

                    46.                  Questa volta ha molto bagaglio da stivare. Due decurie lo accompagnano, con quella di Scubatus, la quale ha perfino pregato per questo, essa può rimanere con Cornelio. Come ‘fedele romano’ egli può mantenere cinque decurie; ma a lui ne bastano due. Un manipolo gli dà il saluto d’onore quando la ‘Cornelia’ lascia la riva. Il tribuno, la mano sull’elmo, rimanda il saluto. Si trova in poppa, guarda a lungo la terra; poiché ora – ha cominciato una nuova fase della vita. Una nuova? Sì, certo, ma sarà l’ultima sulla Terra.

                    47.                  Il capitano si rivolge a Cornelio: “Che cosa sarà ora della nave?”. Malvolentieri egli vorrebbe navigare sotto un altro proprietario. – “La Cornelia rimane mia proprietà. Non so ancora se rimarrò del tutto su Patmos. È vero che sono libero dal servizio – ma mi sento in dovere verso Roma, per quanto da vecchio ne sono ancora capace”. – “Mi cade una pietra dalla spalla. Si potrebbe requisire la Cornelia; questo è già successo con altre navi. Da parte mia nessuno ha bisogno di curarsi di noi; per me sarebbe questo molto giusto”.

                    48.                  “Anche per me, Sejananus. Ah, il vento soffia bene”, Cornelio alza una mano per provarlo. “Fa alzare tutte le vele davanti, più tardi anche le altre. Così agli schiavi il lavoro sarà più facile, e noi procederemo velocemente. Patmos, la nostra isola della pace! Oh, io mi rallegro di questo!”. – “Anch’io, essa è solo isolata. I nostri legionari …”. Sejananus alza le spalle.

                    49.                  “Io ho provveduto. L’uomo ha bisogno di un diversivo, anche se si sceglie la vita spirituale. Questo è in relazione con l’esistenza nel mondo. Perfino il Signore partecipò ad un matrimonio [Giov. 2, 1]. Che cosa lì accadde, non lo so; Giovanni sicuramente lo avrà scritto”. – “Fu questo un divertimento mondano per Lui?”. – “Per chi?”. – “Per il Signore! Altrimenti non ci sarebbe andato”.

                    50.                  “Ora hai fatto insorgere una forte nebbia! Non lo crederò mai e poi mai! Chissà perché il Maestro ci è andato. Speriamo di venirlo ancora a sapere”. – “Nebbia – mi sembra come se una ci venisse incontro”. Sejananus guarda attentamente verso ponente. In lontananza un paio di strisce di nebbia si levano sul mare; dei venti le respingono di nuovo ad occidente. Cornelio ringrazia il suo ‘caro Signore’ per questo.

 

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Cap. 7

Il primo capitolo dell’Evangelo – Accenno: chi era Gesù?

La capacità di interiorizzarsi di Giovanni lo porta a comprendere come deve iniziare l’Evangelo – Il ricordo di un primo incontro con Gesù diciottenne, e Cornelio lo incalza per conoscere i primi versi – Nella torre il grande insegnamento di Giovanni a Nicodemo sulla Divinità, sui figli, sulla caduta e necessità della Redenzione sulla croce

                      1.                    Giovanni è seduto nella stanza della torre. Ha già selezionato i suoi rotoli per come sarebbero da proporli. Deve iniziare con un discorso del Signore, oppure con un’azione? Oh, l’inizio, esso deve essere giusto, “anche da noi, sul nostro sentiero della vita”, riflette il discepolo, “non sempre è facile”. Oltracciò per perseguire il cambiamento con cui può mostrarsi un nuovo inizio. – Ma qui, presso il Signore…?

                      2.                    Un ricordo: egli era sulla via per andare dalla madre, a quei tempi diciottenne. Tuttavia, ora lo ricorda così come se fosse avvenuto ieri. Camminava attraverso un prato, dove incontrò un uomo in un mantello bianco, fisicamente non troppo alto, ma così imperante, eminente; quella volta non aveva potuto afferrare completamente quest’impressione. Essa cadde in piena regola su di lui. Non soffocante, oh, no, per lui era come se si sentisse più sollevato.

                      3.                    Con l’avvicinarsi,… quegli occhi, quel volto,… quell’energia,… travolgente e gentile, si sentì come avvolto. E la Parola… una Parola soltanto, su cui lui – del tutto comprensibile – quasi si mise a ridere. «Figlio!», era stata questa la sola Parola, e lui, Giovanni, aveva ancora pensato: Figlio!? Al massimo tu sei di qualche anno più vecchio, potremmo essere fratelli! Egli voleva salutare fraternamente – l’uomo – con il solito: “la pace sia con te!”.

                      4.                    Questo sprofondò, fu come tolto via da senno e cuore, quando EGLI, Colui che ha imparato ad amare sopra ogni cosa, alzò nuovamente la Voce e disse di nuovo: «Figlio!». Che cosa successe – egli non lo seppe precisamente. Cadde a terra improvvisamente dinanzi a Lui, si aggrappò a Lui e Lui cominciò a parlare e a consolare. Giovanni pianse come un bambino.

                      5.                    «Adesso sei il primo che Io chiamo. Non ti meravigliare, tra qualche anno ti sceglierò pubblicamente. Allora tu sarai il quarto che chiamo al fianco Mio [Matt. 4, 21]. Questo significa qualcosa di grande, il cui senso imparerai a conoscere solo a poco a poco. Se ti ho chiamato ‘figlio’, allora sii certo che soltanto ‘un PADRE’ può parlare così! Tu hai pensato che potessimo essere fratelli. Per il mondo può andar bene; veramente, solo gli uomini e i figli della vita tra loro sono fratelli e sorelle; su di loro c’è solo la grande Misericordia del Cuore del Padre [Isaia 63, 15], con cui Egli custodisce saldamente ogni Vita. Anche te!».

                      6.                    “Non so chi tu sei”, aveva risposto Giovanni. «Io sono come te un viandante su questo mondo. Con la sola differenza: Io conosco tutte le vie! Per te verrà un tempo, dove penetrerai assai profondamente nella Sapienza. Allora per te si aprirà la Luce superiore [Apoc.]. Gli uomini la comprenderanno pochissimo; ma IO non do nulla che rimanga buio in eterno! L’uomo ama il velo di Iside, sotto il quale si vuole nascondere, come Adamo dietro un albero. Credi tu che DIO debba dapprima sciogliere il velo per vedere chi cerca di nascondersi sotto questo?!».

                      7.                    Questo fu un peso che oppresse Giovanni. La Sua risposta fu: “Io lo so, nessun uomo può nascondersi davanti a Dio. Tu però lo dici così, come se Tu fossi … no, anche Tu sei un uomo”. Lo aveva espresso titubante, adesso vede ancora chiaramente quegli Occhi, come guardavano giù, su di lui, venendo da una profonda Essenza. – egli sarebbe quasi crollato, se il Signore non lo avesse tenuto fermo. Una tempesta di sentimenti irruppe su di lui. “Tu – Tu sei ...”.

                      8.                    «Ci vogliono ancora alcuni anni, prima che operi in questo paese; allora saprai Chi Io sono! Ora va e taci su quanto hai saputo». Ad un tratto era sparito, come se la Terra si fosse aperta e Lo avesse inghiottito. Soprattutto, questo lo aveva scosso, e quell’unica parola ‘Figlio’.

                      9.                    Lo rivide con due uomini più anziani. Lui, Giovanni, suo fratello e il padre rattoppavano le reti. Il Signore li chiamò. Giacomo[4] stupito alzò gli occhi e chiese: “Ma che cosa vuole costui?”, e continuò a rattoppare. Giovanni gli diede una spinta: “Vieni anche tu, sperimenterai qualcosa che non ti è mai venuto in mente!”. – “Sì? Forse a te?”, lo aveva canzonato il più anziano. Ma egli disse solamente: “Lo conosco, e si deve seguirLo, – come se ci chiamasse DIO”.

                    10.                  Anche il padre aveva pensato: ‘Giovane leprotto, che cosa sai tu di Dio, quando Egli chiama i Suoi uomini?’. Zebedeo aveva pensato con ciò alla morte. Quando il Salvatore stava alla riva così serio e maestoso, anche Giacomo fu afferrato dal Magnete che attira tutto a sé. Egli saltò per primo a terra e disse: “Se hai bisogno di me, io ti seguo!”. Il Signore ne aveva benedetti quattro. Soltanto, Zebedeo disse triste: “Ora sono senza i miei figli, chi mi aiuterà?”. Non poteva farcela da solo con la pesca. E la famiglia, come l’avrebbe mantenuta?

                    11.                  Il Signore consolò il padre: «Tu non sarai solo, poiché lasci andare con Me i tuoi figli – riconoscerai che cosa deve significare, – ti manderò un vigoroso aiutante». E questo avvenne presto. Un vicino, al quale era morta la moglie, d’allora in poi aiutò il padre di Giovanni nella pesca. –

                    12.                  Ora Giovanni siede qui, e non sa ancora come deve cominciare. Il Vangelo non si può introdurre con uno sguardo retrospettivo. Il lato personale deve essere tolto, si dovrebbe subito dimostrare Chi è stato il Signore. Poiché non si rivelò ad un tratto nella Sua Divinità, ma talvolta agiva come se non fosse altro che un Uomo, oppure il Figlio di Dio, questo contrastava le magnificenze di tutta la Rivelazione su di LUI e sui figli di Dio.

                    13.                  ‘Figlio!’, la prima Parola. Più tardi: ‘Io vi dico una Parola’, anche se era un’intera predica. Non è Dio la Parola? Se Egli dà dieci Comandamenti, esprime mille frasi – quindi è sempre una Parola, vale a dire una Rivelazione, come l’Eterno è un Creatore. Con questo si dovrebbe iniziare, subito dopo – in modo tale che … Il cannello della penna è appuntito, lentamente l’intinge nel liquido scuro, come se dovesse ancora una volta riflettere e poi … Il papiro si riempie di righe. Cornelio gliene ha portato in abbondanza.

“IN PRINCIPIO ERA LA PAROLA!”

                    14.                  Così deve essere! Dio è nel Principio, ed Egli disse: ‘Sia fatto!’ da questa Parola del Signore-Creatore si formò il mondo, oh, – l’Universo. Lui ha bisogno solo di guardare nella volta notturna, allora vede questa Magnificenza del santo ‘Sia Fatto!’. Ebbene, per questo mondo il Figlio, come il Salvatore, un giorno, gli aveva rivolto la parola.

                    15.                  Dio, Parola e Principio, non sono da separare in nulla, una sublime Personalità. È dimostrato, e con ragione il Signore disse di Sé: ‘IO sono la Via, la Verità e la Vita!’. Spesso si definiva ‘Seminatore’. ‘Il Seminatore semina la PAROLA’ [Marco 4,14]. Non aveva nemmeno detto ‘semenza’, cosa che sarebbe stata più comprensibile. Inoltre questo: ‘Se uno osserverà la Mia Parola …’ [Giov. 8, 51].

                    16.                  È vero che Egli parlava anche di una pluralità delle Sue Parole, in ciò si trovava davvero il profondo senso delle molte Opere che Egli ha compiuto come Creatore. Ogni Parola chiamò fuori un’Opera. “Nonostante tutto, devo rimanere nel singolare”, dice Giovanni davanti a sé, e scrive e scrive. Nessun altro passo dell’intero Evangelo fornisce tale somma informazione sull’Essenza di Gesù.

                    17.                  Quando arriva a questo punto dei suoi scritti, che DIO era stato veramente tra loro, qui indugia a mettere la parola ‘Uomo’. ‘La Parola divenne vivente’, non risulta vera. Dio, Lui stesso la Parola, non deve diventare prima vivente, mai nell’Eternità! Ehm, ‘carne’, con la quale l’umano sarebbe da legare, la ‘Vitalità-Dio’ è da mettere nella giusta Luce. Sì – ora però, subito, la ‘Magnificenza piena di Grazia e Verità!’.

                    18.                  Esiste forse sulla povera Terra una magnificenza? Quella che si comprano i grandi – è meno di un’ombra che il giovane Sole sposta come se non fosse mai esistita. Questa non scende nemmeno insieme nella tomba. Solamente, presso Dio –? Oh, essa deve significare: ‘Noi abbiamo visto la Sua magnificenza’, e da questa ‘Sua pienezza abbiamo tutti preso Grazia su Grazia’, parte su parte, finché siamo diventati maturi per comprenderLo totalmente. –

                    19.                  Giovanni mette per iscritto il primo capitolo del suo Evangelo tutto d’un fiato. Quando cala il Sole, grato depone la sua penna. Con la benedizione di Dio, l’inizio è ben riuscito. Ma che prima deve spiegare tutto, lo riconosce solo il giorno dopo.

                    20.                  “Quanto è bene che t’incontro, Giovanni”. Cornelio, che è venuto presto in spiaggia, gli va incontro. Anche il discepolo gusta volentieri il mattino, prima che il Sole sorga dall’acqua. Qui è così meravigliosamente fresco. Lontano, in mare, i pescatori stanno ancora ritirando le loro reti. – “Altrettanto per me è una gioia di vedere te, l’amico, così presto”. Si siedono a riva, dove un’erba marina offre dei posti all’asciutto.

                    21.                  “Sei stato diligente ieri”, comincia Cornelio e, furtivo, guarda Giovanni. Si è cambiato? Oppure egli ha solo… Cornelio: “Posso sapere che cosa hai scritto? Sono venuto e sono stato lì a lungo, tu non mi hai notato, eri così sprofondato. E come devo dire? Spiegami se un uomo durante un lavoro possa cambiare fortemente, intendo nel viso”.

                    22.                  “Questo è assolutamente possibile, secondo ciò che si sta facendo. Con un pesante lavoro corporeo il viso è segnato, proprio per lo sforzo; e quando …”. – “Allora ho visto bene!”, interrompe il romano. “La tua testa era profondamente china, ma potevo ancora vedere il tuo viso. A me sembrava – non ridere di me, tu discepolo di Gesù! – come se tutto quello che scrivevi, fosse leggibile sul viso. Sembrava del tutto diverso dal solito e, come precisamente adesso.

                    23.                  ‘Il SIGNORE siede là!’, pensavo io; eri diventato straordinariamente simile a Lui”. – “Non dirlo, o Cornelio, non dirlo! Nessuno, nemmeno un angelo sublime ha con Dio – che è venuto a noi come Salvatore – una somiglianza. Noi siamo le Sue creature, i suoi figli”. – “Appunto! Ma ho imparato ciò che mi si è rivelato con Gesù: se Dio ci ha fatto, ah, aspetta, questo sta pur scritto nelle Scritture che voi possedete: ‘Dio creò l’uomo ad immagine Sua’. Deve perciò essere esistente una somiglianza”.

                    24.                  “Questo è sicuro; soltanto che, tra somiglianza e identità c’è una grande differenza. Nella forma e, in qualcosa che noi uomini non sappiamo ancora, il Signore ci ha fatto simili a Lui, anche come ad immagine Sua. Ma il volto di Gesù, tutto il Suo modo – no! Mai un uomo, un figlio-creatura potrà somigliare a LUI!

                    25.                  Tu non hai vissuto il disagio raccapricciante della croce”. – “Ben per Caifa che io ero lontano”, mormora il tribuno. Giovanni non ci bada. “Il Signore, il nostro Dio, come diventava sempre più riconoscibile, aveva due volti. Lo potevo vedere chiaramente; perché io ed alcuni altri non siamo stati cacciati via. E tu sai anche il perché?”. – “Come lo devo sapere, se non ero presente?”.

                    26.                  “Noi dovevamo essere testimoni, dato che il Signore smascherava tutti ed è morto come un Uomo. Dovevamo essere smarriti in Lui. Perciò Caifa aveva espressamente ordinato di ammetterci. Se lui avesse saputo ciò che ho vissuto presso la croce[5], mai avrebbe permesso che Maria, un paio delle donne migliori, nonché io potessimo rimanere. Mai!”. – “Da costui mi aspetto di tutto, questa bestia umana! Egli è tutto fuorché un vero sacerdote!”. Cornelio adirato porta rancore.

                    27.                  “Prima, non doveva essere così cattivo. Soltanto quando il Signore rivelò la vuotaggine dei nostri sacerdoti – non in tutti, c’erano di quelli buoni che seguivano volentieri il Signore, soltanto non lo potevano fare del tutto apertamente – soltanto allora egli è diventato così cattivo. La sua vuotaggine era stata scoperta, era stato levato l’intonaco; quale uomo sopporta questo volentieri?”. Cornelio lo interrompe:

                    28.                  “Cirenio, il più vicino a Cesare, nostro superiore, molti ufficiali e funzionari, anch’io, ci siamo dichiarati apertamente per il Signore”. – “Oh, c’è una piccola differenza, con cui il vostro amore, la vostra fedeltà, la vostra sincerità è sminuita al nulla: voi siete la potenza occupante, potevate agire come volevate. Nessuno vi poteva opporre resistenza, nessuno poteva emettere un giudizio su di voi.

                    29.                  Ma i giudei, perfino i galilei, erano subordinati alla legge del Tempio; e tu sai quale potere possedeva un Caifa e tutti quelli che erano asserviti a lui. In ultimo lo hai ancora sperimentato in Nicodemo. È vero che dopo la crocifissione al templare furono tolti ulteriori diritti. Caifa trovò lo stesso degli assassini che dovevano eliminare il nostro amico. Il popolo, da millenni subordinato alla guida che risultava dalla fede, non è in grado di liberarsi dal dispotismo del superiore”.

                    30.                  “Hmhm! Noi, Cirenio ed altri ancora che conoscono la conduzione del vostro popolo, abbiamo ammirato molto voi, discepoli di Gesù. Siete quasi tutti sorti dalla semplicità del popolo, e voi non avete temuto, avete percorso l’intero paese con il Signore e – ah, un momento, tu volevi raccontarmi com’era stato presso la croce, del ‘volto del Signore’. Questo è estremamente importante per me, il resto è secondario”.

                    31.                  “Oh, Cornelio, tu ti sei dato a LUI come pochi del popolo! Hai vissuto alla corte imperiale, hai celebrato le feste degli dèi, sei stato soldato, e altro ancora. Ora sei figlio di Dio”. Lo stesso Giovanni è sopraffatto. Cornelio imbarazzato abbassa gli occhi. ‘Figlio di Dio?’, egli sospira. “Se soltanto lo fossi”. Giovanni prende i pugni saldi nelle sue mani diventate esili. Una dolce pressione. È sufficiente per far cessare il sospiro.

                    32.                  “Quindi ascolta”, dice Giovanni. “Quando il Signore era presso Caifa, Hannas ed Erode, Egli aveva l’aspetto di ogni uomo che è stato condannato a morte. Il tormento aveva segnato il Suo volto. Io ero sempre vicino, affinché potessi un giorno testimoniare. Completamente diverso fu presso Pilato, solo gli altri non lo poterono notare. Gesù aveva due volti: – l’umano e il divino! Quest’ultimo doveva restare velato, perché il volto umano doveva stare completamente in primo piano.

                    33.                  Pilato lo sentiva, si sforzava di essere del tutto corretto, cosa che Roma non sempre è – perdona, Cornelio, a te lo posso dire, – significava flagellare il Signore. Io lo notai, dispiaceva a Pilato stesso; egli voleva strappare ai templari quell’assoluzione che per lui era valida già da qualche tempo. Quando, per bassezza, lo si minacciò di riferire tutto al suo imperatore, non poté fare altro. In quel momento il volto del Signore era come quello nostro, con tutto il tormento. E ciò nonostante – a me non sembrava così, come se il Signore avesse patito per Sé il tormento”.

                    34.                  “Lo credo! Egli ha agito così meravigliosamente, in una sapienza senza pari! Una volta Lo udii domandare ai templari: ‘Chi Mi può accusare di un peccato?’[Giov. 8, 46]. Io pensai: ‘Tu sei Dio, Tu non hai nessun peccato; ma l’uomo… Tu nemmeno una volta divenisti impaziente per l’ostinazione di questa gente, alla quale portasti il meglio di Te stesso’. Questo mi aveva meravigliato troppo. Se guardo a me, come quante volte mi adiravo e…”.

                    35.                  “Questo il Signore lo perdona a noi uomini. Ma sotto la croce – mi opprime amaramente se vedo davanti a me l’immagine, come LUI, che avrebbe dovuto soltanto soffiare, e tutta la Terra sarebbe stata un luogo di macerie, si prostrava sul legno della croce e – e …”. No! Questo con i chiodi Giovanni non lo porta ancora sulle sue labbra.

                    36.                  “E vidi un panno nero che avvolgeva il martirizzato. Non si sentiva nessun gemito. L’oscuro velo venne di nuovo tirato via e vidi lo splendore sul volto di Gesù. Per quale ragione io ero l’unico che poteva vedere questo…? Allo stesso tempo, però, vidi pure la sofferenza del nostro caro Signore, e che il martirio è valso per ‘noi’, per tutte le creature figli, particolarmente per coloro che erano così peccatori. Un romano, un vostro capitano[6] che venne alla riflessione, innanzi tutto attraverso la Parola del Signore: ‘Perdona loro, Padre, Tu Mia Misericordia, perché non sanno quello che fanno!’, esclamò: ‘In verità, questi è un Dio!’.

                    37.                  Quello che successe dopo, la confusione, il tremare della Terra, lo hai già sentito. Proprio allora il Suo volto risplendette nuovamente, esso non si può descrivere”. – “Lo condivido con te”, dice Cornelio sommesso. “Come potrebbero gli uomini descrivere il loro Creatore così come Egli è veramente?! Lo troverei inoltre presuntuoso! A me veniva talvolta in mente, quando mi potevo trovare vicino a Lui: Egli sembra come uno di noi; ed allora mi colpiva sempre un raggio proveniente dai Suoi cari occhi, così che mi dovevo abbassare e riconoscere: ‘Tu non sei un uomo!’.”.

                    38.                  “Per noi, Cornelio, e per tutti i poveri precipitati che si sottrassero dal Regno della Luce, Egli era un uomo, oppure, detto così: Egli si mostrava a noi come un Uomo. Questo perché, affinché il figlio caduto, la Sua prima figlia, non potesse dire: ‘Come Dio a Te è facile agire così e così. Diventa una buona volta per primo un uomo, come Tu li hai creati – cosa che non si accorda nel senso dell’oppositore, – poi vieni e parla con me!’.

                    39.                  Il mistero: Dio e Uomo in Uno durante il Suo Tempo-Gesù! Altrimenti è difficile, amico mio. Quando ieri scrivevo…”. – “Ti ho già pregato di mostrarmi i tuoi scritti”. – “Chiamiamo anche Nicodemo; per gli altri è ancora troppo difficile”. – “Prima facciamo la colazione del mattino”. A Giovanni sta bene, ieri ha mangiato poco, solo così… di passaggio.

                    40.                  Il tribuno ha ingaggiato un figlio del locandiere in Sidone, egli ha portato con sé anche molti utensili, perfino un triclinium per la locanda. Il giovane uomo si è messo all’opera con un fervore ardente, alcuni pescatori lo aiutano; e così è già possibile consumare ogni pasto presso il figlio del locandiere. Regolarmente è portato dalla terra ferma tutto ciò di cui gli isolani hanno bisogno.

                    41.                  Il Sole, che fa splendere d’argento l’acqua, ha svegliato Nicodemo. Ora siedono insieme, anche Sejananus, Cornelio e Scubatus. La sala da pranzo non è finita completamente. Anche i pirati ricevono il cibo, per ora come prigionieri; ma non sono imprigionati. Questo aiuta, affinché si sentano più liberi e si staccano dal cattivo mestiere.

                    42.                  Dopo la colazione i tre romani hanno molto da fare militarmente. Giovanni, Nicodemo e Cornelio sono soli. Si recano nella stanza della torre che è stata attrezzata per il discepolo. Egli prende i suoi scritti. Nicodemo e Cornelio sono molto avidi di cogliere tutto. Anche di comprendere?

                    43.                  In Principio era la Parola, e la Parola era (presso) Dio, e Dio era la Parola”. – Giovanni guarda il sacerdote e il romano. Un pensiero lo assale: come si può comprendere questo? Come interpretarlo. Ha formulato lui le frasi, oppure ci deve essere stato qualcosa che ha guidato la sua penna? Che Cornelio si stupisca è comprensibile, ma la domanda di Nicodemo: “Come s’intende questo?” fornisce la testimonianza che la magnificenza della Rivelazione ha una difficoltà: difficile che l’uomo la comprenda, oppure no – a seconda.

                    44.                  “Lo so”, dice il discepolo, “dovete essere stupiti; lo sono anch’io. Ciò nonostante è chiaro. ‘In’ Principio è l’Infinità-Dio di spazio e tempo. ‘Principio’ qui significa nessun inizio. Dio non ha né un inizio né una fine! Perfino le Sue opere che Egli s’inventa, sono un impulso dell’Infinità. La ‘Parola’ invece è Lui stesso. Già i Pensieri, concepiti dalla profondità della Sua magnificenza, sono le ‘Parole della Sua attività’!”.

                    45.                  “Nei rotoli di Mosè sta scritto: ‘In Principio Dio creò il Cielo e la Terra’. Non sarebbe meglio mettere, invece di ‘in’ un ‘al’?”. – “Non riesco a starci dietro nemmeno io”, confessa Cornelio, “ma penso che, così come lo scrive Giovanni, contiene un profondo senso, senso che soltanto noi incapaci non riusciamo a venirne a capo. Nonostante tutto, mi sento deliziato, come se ci fosse donata la cosa più magnifica. Si deve comprendere subito? Non ci si può rallegrare, anche se la stupida anima sta davanti alla porta chiusa?”.

                    46.                  “Proprio così succedeva a me”, confessa Giovanni. “Avevo bisogno di tempo per cogliere il filo, anch’io non ho riconosciuto tutto subito. E poi –? Hai ragione Cornelio: noi uomini nel mondo non attingiamo nella profondità delle Rivelazioni divine, e nelle Sue altezze giungiamo soltanto quando la nostra vita nel mondo è completata. Così allora è sufficiente che gioiamo della PAROLA che è DIO STESSO”. Egli alza il rotolo e continua a leggere.

                    47.                  “Io lo comprendo bene: tutte le cose sono state fatte attraverso la Stessa, e senza la Stessa nulla è stato fatto”, interrompe Nicodemo. “Lo conferma la visione di Mosè del ‘al principio creò’…”. – “Sì, in Principio erano i Pensieri e la Parola del Creatore, il Quale è venuto da noi come Salvatore. Dopo, Egli formò i Pensieri e la Parola in azione. Oh, in quali? Certamente queste azioni videro i Suoi figli che erano sorti puri nella Luce – la Sua opera più bella! E questo doveva davvero – per lo meno sulle prime, per quelli nati nella Luce – mostrare l’inizio, quindi doveva essere per loro un ‘in Principio’, come il creato essere vivente, figlio o altro, ha e deve avere per sé il principio.

                    48.                  Questa è la differenza che voi potete comprendere”. – “Interpretato così”, esclama Cornelio, “mi è diventato chiaro come il Sole. Ah, Giovanni, quanto magnificamente lo hai interpretato! Sì, se si ha questa chiave, allora non è più troppo difficile aprire la ‘porta’ nascosta dei misteri di Dio”. – “Tu sei un romano e lo hai riconosciuto bene”. Nicodemo non è invidioso, ma triste. Giovanni posa già la mano sul suo braccio.

                    49.                  “No no, amico mio! Tu hai dato lo spunto a scindere la differenza, essa quindi era esistente anche in te. Vedi, con una Rivelazione non è per nulla importante chi può portare e rivelare qualcosa, ma che ci venga data. E questi Doni vengono sempre solamente da Dio, non è vero?”. – “Sono consolato!”. Il sacerdote si asciuga gli occhi.

                    50.                  La Luce splende nelle tenebre, e le tenebre non l’hanno compresa, in verità riguarda il nostro popolo”, spiega Giovanni, “ma dapprima vale per gli sviati. Poiché essi avevano abbandonato la Luce di Dio, divennero tenebra, tenebra che DIO non ha creato. La caduta stessa era tenebra. Questa divenne materia, nella quale il male sperimentò la sua manifestazione.

                    51.                  A questo sono attaccati gli uomini, i quali lo potrebbero sapere o credere. Essi però temono la Luce di Dio, nella quale non esiste nessun nascondiglio. La tenebra non ha compreso l’enorme opera di Dio mediante la croce della Redenzione. Il nostro popolo sta al primo posto. Esso ha ricevuto la Rivelazione attraverso i secoli: il Messia viene!

                    52.                  Certo, nell’afflizione della prigionia poteva ben venire lo smarrimento: il Messia che ci libera da tutti gli altri e ci assegna il dominio su tutto questo mondo. Che cosa però è un popolo? Esso rimane sempre quello, come si è formato? No! Le generazioni vanno e vengono, scendono nella tomba. Che cosa serve allora qui il dominio del mondo?”.

                    53.                  Cornelio si gratta la fronte. Dominio del mondo! Qui c’è ancora Roma, il suo potere, esso si estende così lontano su mare e terra. Egli sa come questo potere mondiale è già minato. Oh, il suo fondamento è diventato marcio, con grandi sforzi si tengono salde le sue colonne, le quali mostrano così tante crepe. I popoli devono esistere; l’umanità, infatti, può esistere solamente nella vita in comune. Giovanni afferra il pensiero.

                    54.                  “Dio chiama la schiera dei figli ‘popolo Suo’, cosa che con i popoli di questo mondo non si lascia ridurre a nessun denominatore. La parte fedele di questo – due terzi – quando Dio rivelò dal Suo Testamento la via che EGLI avrebbe percorso come Redentore, si è preservata la Luce proveniente dal ‘Potere di Dio’, al quale si erano votati. Essi lo avevano capito. Non così la parte tenebrosa, la quale non voleva. Di riflesso l’umanità, la quale cerca sempre di nascondersi davanti alla Chiarezza-Santità del Creatore”.

                    55.                  “Posso interrompere?”, chiede Cornelio. “Sempre; nel discorso libero troviamo nel miglior modo possibile la nostra meta”. – “Sì, è così: esistono davvero molti uomini che, involontariamente, non vogliono comprendere, perché non lo possono. Là manca la facoltà di cogliere qualcosa che per loro è estraneo e oscuro. Dio come classifica questi?”. – “Ben domandato”, elogia Nicodemo, e Giovanni dice:

                    56.                  “L’uomo nella facoltà di comprensione è molto differente. Da dove vengono queste differenze? Le ha fatte la Divinità? Oppure sono sorte dalla via che ogni figlio nato libero può e anche deve percorrere? Se ora Dio non possedesse nessun’influenza sulla via, allora Egli non sarebbe l’Onnipotente, al Quale tutto Gli è subordinato.

                    57.                  La libertà della via non esclude assolutamente la guida di Dio, ma all’interno della guida esiste la libertà di movimento, con la quale si sceglie la via. La disposizione, come inizio creativo, non ha nessun’altra posto che nell’Essenza di Dio-Ur. In ciò è contenuta la meta. Questi fondamenti sono cose sovrane della Creazione che non possono mai essere formate o piegate da un figlio.

                    58.                  Soltanto – tra loro si mostra una direzione e un corso che è lasciato a noi. Noi possiamo camminare lentamente o velocemente, diritto o storto, fermarsi oppure – come spesso – anche guardare indietro, come la moglie di Lot. Ma guardate l’esempio: lei poté guardarsi indietro, ma non fu possibile un passo indietro. Quanto poco possiamo vivere ancora una volta dei giorni passati, così poco ci è possibile fare anche un solo passo indietro – visto spiritualmente. Nel potere e nell’azione del Creatore esiste solo il santo ‘avanti!’.

                    59.                  Dio non ha mai chiuso a chiave la facoltà di conoscenza, data ad uno di più, all’altro di meno. Allora sarebbe un Dio ingiusto! A nessuno potrebbe essere così domandato conto: ‘Che cosa hai fatto con il talento a te affidato?’ [Luca 19, 11-25]. Il nascosto sta già in anticipo della nostra vita, prima che veniamo su un posto del mondo. I rimasti fedeli quindi, anche nella materia, giungono meglio alla conoscenza, perché dalla disposizione hanno mantenuto la loro via di Luce. Negli altri esistono molte differenze, a seconda se hanno rifiutato Dio per cattiveria oppure per la piccolezza della loro costituzione attraverso la prima figlia, la principale seduttrice che essi hanno semplicemente seguito.

                    60.                  Questi ultimi – non tutti – sono coloro che hanno la cosiddetta ‘incapacità di conoscenza’. A costoro ciò non sarà mai messo in conto. Quello però che fanno di male per cosciente cattiveria, la devono pagare! Allora non esistono varianti, e Dio sa bene come deve classificare ognuno. Come uomini non possiamo comprendere le differenze, anche non ce n’è bisogno; tuttavia da ciò possiamo riconoscere il più essenziale, perfino dalla propria capacità, questa il Creatore ce la diede insieme sul sentiero della nostra vita, dall’inizio, quando nascemmo dalla sua Magnificenza”.

                    61.                  “Se mi esamino”, dice apertamente Cornelio, “c’è voluto molto tempo, prima che io venissi soltanto in certo qual modo alla comprensione. Se non ci fosse stato Simeone (del Tempio), uno dei primi angeli (Gabriele), ahimè chi sa in quale angolo oscuro starei ancora oggi”. Un respiro che sembra un profondo sospiro. – Nicodemo sorride lievemente.

                    62.                  “A me succede come a te. Ebbene, a quel tempo ero giovane e inesperto, e credevo di possedere ogni sapienza. Allora Simeone mi accese un lumicino. Senza di lui – chissà che cosa sarebbe stato di me!”. – “Io vi comprendo”, dice Giovanni. “Avevo diciotto anni quando il Signore mi parlò per la prima volta. Senza questo – posso io forse sapere se nella scelta, che valse anche per Giacomo, mio fratello, avrei riconosciuto il Signore e Lo avrei seguito – ?

                    63.                  A noi tre succede come alla moglie di Lot. Oggi guardiamo indietro; ma quale Grazia: non possiamo mai più retrocedere. Allora lasciamoci prendere dallo sguardo retrospettivo della pienezza della Grazia di Dio: noi siamo stati chiamati, e potevamo sentire, potevamo seguire. Può ben il vero e proprio di quest’accettazione venire altrettanto dall’alta Grazia – ma un pezzo di ciò può essere nostro.

                    64.                  Questo noi troviamo, cosa che io ho annotato qui”. Giovanni legge ad alta voce il capitolo. Con questo: ‘Guarda, questi è l’Agnello di Dio che porta i peccati del mondo’, sorgono di nuovo un paio di domande, come mai Giovanni, subito all’inizio dell’Epistola, ha specificato in totale chiarezza l’Essenza del Signore come ‘Dio stesso’, qui – anche se in immagine come Agnello – Lo denomina come una seconda Persona.

                    65.                  “Per niente difficile”, dice lo scrivano. “Significa che per gli uomini, come pure per l’oscurità che non voleva riconoscere l’Atto sacrificale di Dio, era da percorrere una via che poteva percorrere veramente solo il CREATORE: una via di mezzo, o meglio, una via da Intercessore che opera ‘conciliante’, in pratica tra la Sua Santità e la Sua Misericordia.

                    66.                  Comprendete: la Santità, l’Essenza fondamentale Ur del Creatore, non dimenticò la caduta e – soltanto a causa della caduta – a questa non poteva neanche passare oltre. Non che non Gli fosse rimasto altro da fare. No! Questo non riguardava la Sua santa Onnipotenza, con la Quale Egli conosceva indubbiamente altre vie per rivelare la Sua alta Meta. La piccola libertà dei figli era una perla nel prezioso gioiello della Sua eterna sublime sovrana Volontà!

                    67.                  Anch’io non ho riconosciuto subito perché il Signore si chiamava Figlio dell’Altissimo. Solo attraverso la profondità delle Sue Parole e delle Sue Opere mi divenne evidente: Egli, come Uomo, non è nemmeno un uomo! Se dunque fosse Figlio di Dio, allora il Santissimo e anche il più Inaccessibile apparterrebbero solo a DIO. Un figlio non è il suo stesso padre. Il Salvatore ci ha però assistito paternamente.

                    68.                  All’Onnipotente, che può tutto e fa tutto, al Quale nulla è nascosto, appartiene unicamente la santa, primaria primordiale Luce, nella quale non può giungere nessun figlio! Un figlio, e fosse l’unico che procedette dalla Divinità, non potrebbe tuttavia possedere la stessa Luce, la stessa Santità. Ancora in aggiunta, poiché noi tutti, quali figli di Dio, siamo figli e figlie Sue”.

                    69.                  “Questo mi sembra chiaro”, dice Cornelio. “Devo soltanto chiederti: il Salvatore ha insegnato che possiamo giungere a Dio. Questo è possibile, ed io mai dubito delle Parole di Gesù, allora dovremmo giungere nella Luce primaria primordiale, come lo hai indicato tu. E questo, per me, ancora una volta non è un concetto. Luce è Luce, questa certamente si vede!”.

                    70.                  “O Cornelio, tu rifletti su tutto”, elogia Nicodemo. “Se lo avessero fatto anche i templari! Qui hanno mancato”. – Giovanni fa cenno col capo: “Oh, sì, perché essi non volevano lasciare la loro tradizione auto costruita, la quale si è scostata da tutte le autentiche Scritture; poiché allora sarebbe morto completamente ‘lo splendore delle vesti!’. Dunque alla domanda: qui dalla Luce c’è da accendere molto presto un lumicino.

                    71.                  Tu hai riconosciuto Dio, il Quale sa tutto, può tutto e fa tutto, e non è mai da confrontare con qualcosa. Se ora è così, allora devono esistere differenze tra le creature e il Creatore. Che la Divinità dal più profondo della sua Essenza dia ai suoi figli solo quello che possono afferrare, è altrettanto comprensibile, come il fatto che deve conservare per Sé il Suo puro Divino. Il ‘deve’ non è mai come se Dio soggiacesse ad una costrizione. Se così fosse, allora un altro dovrebbe aver dato il ‘deve!’ che troneggia al di sopra della nostra Divinità. La Divinità non ha bisogno di porre a Se stessa nessun deve! Il Suo FARE, è il Suo libero ‘deve!’.

                    72.                  Quindi, il più profondo di tutta la santità della Divinità è il Proprio UR[7]. – Questa è dunque la Luce primaria primordiale! Soltanto – da questa Luce la Divinità è uscita per il popolo dei figli e precisamente prima, prima che li fece divenire. Tutto fu formato magnificamente e paternamente, affinché, appena sorgessero i primi figli, essi fossero ‘a Casa’ e non in qualche luogo estraneo, cosa che in quel tempo non esisteva (la materia).

                    73.                  Dio ha smorzato in parte la Personalità-UR. Questa Luce, infatti, che è Dio stesso, nessun figlio la può sopportare, perché è l’Impulso-UR dell’eterno divenire, perfino un eterno consumare. Visto così: Dio non dà via niente che non rimanga presso di Lui! Tutte le cose sono Sue per sempre, prima che ottengano una forma di vita. Soltanto per i figli si aggiunse qualcosa d’altro: essi dovevano esistere come capaci di vivere da se stessi! Il loro più interiore però, la ‘scintilla-spirito’, rimane egualmente in eterno appartenente a Dio, come la Sua Luce e la Sua Potenza di Creatore, perché data da queste.

                    74.                  Dall’immensa pienezza del Suo Spirito Egli prese soltanto una particella, e questa era abbastanza grande per dotarne tutti i figli, attraverso la quale ad ognuno venne data una ‘scintilla del raggio di Luce’. La cosa più meravigliosa in ogni operare: come dal Suo Spirito UR Egli separò la particella per i figli, così dalla Luce primaria primordiale il raggio di Sole, in, attraverso e con il quale si rivela ai Suoi figli, fin dal principio, poiché li chiamò per la propria esistenza di vita.

                    75.                  Noi mai potremmo vedere la Divinità; Egli però è uscito come Dio, oh, un sacrificio, noi mai lo comprenderemo, mentre possiamo far proprio il sacrificio della croce, per la nostra beatitudine. Entrambi i sacrifici offerti per i figli! Lui ci amava paternamente già quando dormivamo come pensieri, come embrioni, nella profondità della Sua Essenza. E la parte, che ci viene da ciò insieme alla Luce e alla benedizione paterna, basta in una lontananza della Creazione che ci rimane umanamente inafferrabile. Ma proprio in ciò poggia il punto culminante di tutte le benedizioni preparate per noi”.

                    76.                  Cornelio sospira e Nicodemo fa altrettanto. “Se soltanto si potesse comprendere! Così però un pochino entra nella piccola testa”. Egli si tocca leggermente la fronte. – “E nel cuore!”, aggiunge Nicodemo. “Anche se non si riconosce tutto fino all’ultimo puntino, è importante che si sappia della santa Essenza-Ur di Dio. Se ci s’inchina in devozione dinanzi al Signore, allora si viene anche elevati e s’impara a comprendere che cosa è necessario per il nostro progresso. Il Padre nostro ci da in ogni tempo la giusta misura”.

                    77.                  “Questo è stato un riconoscimento da parte di voi due!”. Giovanni abbraccia gli uomini. – “Ho ancora qualcosa da domandare”, comincia di nuovo Nicodemo, dopo che è subentrata una piccola pausa. “Tu hai affermato che Dio mai avrebbe dato ad uno di più, all’altro di meno e lo hai riferito al talento affidato.

                    78.                  Da una parabola risulta: un servitore ha molto, l’altro di meno, e dai nostri scritti sappiamo che esistono differenti angeli, cherubini e serafini. In alcuni versetti si dice anche semplicemente ‘angeli’, oppure ‘angeli del Signore’. Quindi, differenti!”.

                    79.                  “Visto in questo modo – sì; ma l’esempio non è difficile. Dio, dal Suo patrimonio fondamentale, dona ad ogni figlio una parte giusta, in valore mai di più né di meno. I cherubini e serafini che i profeti vedevano, come Simeone ne era uno, e Raphael che aveva accompagnato Tobia, erano sì i primi creati, e nella loro essenza i più grandi. Essi ricevettero compiti maggiori e, per questo, anche più forza. La benedizione, l’amore, la fedeltà, la grazia di Dio, invece, li riceveva ogni figlio in quella pienezza, vale a dire nella possibilità di pareggiare il dono a lui affidato con il lavoro e le forze.

                    80.                  Corrispondente al suo lavoro di Luce un arcangelo primordiale neanche riceveva di più in grazia, amore e benedizione, come i nati dopo dei figli spirituali di Luce. Non pensare”, Giovanni raccoglie il pensiero di Cornelio, “che allora, ai primi creati, Dio avesse dato molto, e poiché poi non possedeva più tanto della parte misurata ai figli, tutti i nati dopo sarebbero più piccoli e dotati con facoltà più piccole. No, amico! Questo dipende da molto di più. Dico soltanto una parola: ‘servitù!’.

                    81.                  Se potessimo aiutare servendoci l’uno con l’altro, uno come l’altro possederebbe gli stessi doni, la stessa forza? Per vero una magra immagine, ma un romano la comprenderà. I vostri ufficiali sanno più dei vostri legionari. Potete combatte senza questo massacrarsi? Voi non avete altro aiuto che l’un dall’altro”. – “Si fa nuovamente luce”, esclama Cornelio. “Oh, quanto grandioso e saggio è Dio, Egli ha fatto e organizzato tutto meravigliosamente! Oh, Giovanni –”. E il tribuno ammutolisce.

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Cap. 8

Belle conoscenze – Uno sciacallo romano

Prosegue la stesura dell’Evangelo, cap. 2 e 3 spiegati a Nicodemo e a Cornelio – In visione Giovanni vede l’arrivo di ‘problemi’ e ci si prepara a riceverli – Tre galee con a capo Maurius per arrestare Cornelio, il quale s’impegna per salvare tutti – Il piano del romano è sventato dalla veggenza di Giovanni

                      1.                    Sono passate alcune settimane. Giovanni ha potuto scrivere solo il secondo e terzo capitolo del suo Vangelo. È malato. Ciò che ha sofferto nel cuore con il Signore – il Suo arresto, che gli era stato pesante, solo che non ne parla mai – tutto questo lo ha consumato. Il medico si dà molto da fare. Il vecchio pastore gli porta un succo fatto di erbe, un suo segreto.

                      2.                    Il medico lo ha rifiutato. “Il vostro abracadabra, a cosa deve servire?”, dice irritato. Il vecchio non si lascia irritare. “Tu sarai ancora riconoscente”, gli dice tranquillo. “Adesso lo so grazie alla fede: DIO ha fatto crescere le erbe medicinali, ed io so di portare a te di più. Se lo vogliamo riconoscere, sapremo impiegare la benedizione”.

                      3.                    Proprio in quel momento Giovanni apre i suoi occhi. “Prendilo”, dice al medico, “mi aiuterà, sarà un aiuto anche per te, se fai come lo sa usare il pastore”. Presto il malato sta meglio, dopo alcuni giorni può lasciare il letto. Da quel momento in poi il medico va a prendersi qualche buon consiglio dal vecchio, il quale non esita a rivelargli il segreto di tutte le erbe medicinali.

                      4.                    Sono seduti uno accanto all’altro: Nicodemo, Cornelio, il medico, il vecchio, Sejananus, Cronias e Scubatus, il quale è giunto alla conoscenza. Quando il discepolo legge della purificazione del Tempio, il tribuno si frega le mani. “Se fossi stato presente, avrei sostenuto al meglio il Maestro, e oltre a ciò avrei fatto molto di più di quello che Lui, il Buono, ha mitigato”.

                      5.                    “E i venditori di colombi?”, chiede Nicodemo. – “Beh, lì il Signore ha agito proprio bene, per amor delle povere bestiole”. – “Altre volte non ha agito bene?”, indaga il pastore. “Ma cosa pensi! Naturalmente, il nostro Maestro opera sempre in modo giusto! Soltanto che i farisei sono rimasti troppo risparmiati”.

                      6.                    “Hai completamente ragione, Cornelio”, replica Nicodemo. “Cosa, infatti, accadde poi – fu così che presto andai dal Salvatore”. – “Questo induce alla cosa successiva che potevo scrivere”, irrompe Giovanni. “Ma, dicci che cosa successe allora”. – “Anch’io sono curioso, anche se si sentirà qualcosa di brutto”. – “Certo, solo del brutto”. Nicodemo riflette un po’.

                      7.                    “Caifa e Hannas strepitavano. ‘Distruggere i nostri affari! È un ribelle, un sovversivo di primo rango! È da mettere sotto alto tradimento! Solo lo stupido popolo si è rallegrato’. E Hannas: ‘Chi di voi scambia una parola con quell’assassino, sarà messo a morte!’. Da dove mi venne allora quella forza”, continua Nicodemo, “non lo so! – ‘Non è un ribelle, né un assassino. Non ha ancora operato molto; ma quello che si è sentito di Lui finora, è da definire buono’.

                      8.                    ‘Ah sì’, aveva strillato Caifa, ‘è stato qualcosa di buono scacciare con la verga della gente onesta? E la perdita che abbiamo subito? Oltre alla decima di Mosè abbiamo perso anche il danaro delle bancarelle, ulteriore dieci percento! E tu lo chiami, buono?’.

                      9.                    ‘Visto dal Suo punto di vista, sì’, io ammisi. ‘Egli parlava con ragione: ‘Questa deve essere una casa di preghiera, e voi ne avete fatto una spelonca di assassini!’. – ‘Questa non la lasciamo passare’, gridò un altro; ed io: ‘Zaccaria, uno dei nostri migliori sacerdoti che siano mai esistiti, devo indicare il punto dove lo si eliminò con un ‘dolce veleno?’. Dopo, si sostenne che era malato. Il Signore lo sapeva, altrimenti non l’avrebbe chiamato ‘spelonca di assassini’. Ciò nonostante, Zaccaria non è per niente l’unico che…’.

                    10.                  ‘Se non ti calmi, sarai tu il prossimo che …’, sfuggì malignamente ad Hannas. Mi alzai ed uscii. Non aveva senso dire ancora qualcosa. E – pensai – ‘va’ da Lui, sarà quello che sarà’. Ci fu da aspettare un momento. Poi mi venne l’occasione. Il Signore era a Betania. Avevo già girato l’intero giorno;  non potevo osare, a causa delle spie, di avvicinarmi apertamente. Attesi la notte, anche se il Signore era circondato dal popolo per tutto il giorno. Dove prendeva Lui queste Forze?

                    11.                  Io sapevo della ‘Nascita del Signore’ e presentivo che Lui soltanto fosse il Salvatore, il Messia; e così, veramente, non c’era da meravigliarsi delle Forze che possedeva. Tuttavia operava come un uomo, e gli uomini hanno bisogno di sonno. Così andai quatto quatto. Ad un tratto Lui stava sulla via dinanzi a me, e disse:

                    12.                  ‘Siediti vicino a Me, voglio parlare con te!’. – ‘Signore’, riuscii a dire, ‘Tu vuoi – io sono …’. ‘Sì, Io voglio, e tu sei un figlio di Dio! Il tuo discorso nel Tempio non Mi è nascosto, perciò ti ho seguito, come il Padre segue ogni figlio, quando ha bisogno del Suo aiuto. E tu ne hai bisogno?’. – ‘Molto’, avevo balbettato, e non sapevo come dovevo cominciare”.

                    13.                  Giovanni legge la parte del capitolo [3, 1-21]. Sulle domande ‘acqua e spirito’ egli spiega il Creatore, Sacerdote, Dio e Padre, per quanto gli uomini lo possano afferrare, e dice: “L’Acqua è il secondo Elemento-Dio-UR, è la parte-Sacerdote, nella quale per amor nostro si rivela lo Spirito di Dio. Come Sacerdote, Dio benedice noi figli e ci fa riconoscere la nostra via dal ‘Suo Spirito’. La nostra parte-spirito è nata da questo Spirito, noi abbiamo l’unione con il Signore dalla Pienezza della Sua Grazia”.

                    14.                  “Questo è nuovamente meraviglioso”, si fa sentire Cornelio. “Ma tu, Nicodemo, non avrei mai pensato che in quel tempo avresti agito in maniera così coraggiosa. Sono venuto a sapere molto sul modo di procedere nel Tempio, fin da quando il Signore andava su e giù per il paese. Prima della nascita del Signore, e poco dopo, era diverso. Zaccaria e l’Athaja operavano bene. C’erano naturalmente anche dei cattivi. Questi una volta Cirenio li ha tirati fuori per benino”.

                    15.                  “Io caddi nella loro rete”, confessa Nicodemo. “Ero giovane, ma Simeone-Gabriel mi aiutò. Da quel tempo imparai a conoscere le differenze ed aspettavo il Messia di cui imparai a credere che Egli non sarebbe mai venuto per fare di Giuda una potenza mondiale, come si sognava tanto volentieri. Questa era veramente il punto d’ebollizione di Caifa e seguaci, perché il Signore non era un ‘Messia del mondo’. Il popolo rifletteva poco su questo; così si lasciava anche facilmente istigare.

                    16.                  Non Lo si poteva mai avvicinare. Con ragione diceva: ‘Io solo sono il vostro Maestro, voi tutti siete fratelli’ [Matt. 23,8]. MAESTRO! Egli, il Creatore del Cielo e dell’Universo! Se si pensa a questo: con LUI si parlava come con un amico, nonostante il cuore tremasse…” – “Così succedeva anche a me”, confessa Cornelio, “a me, al romano, che non ha tremato in nessuna battaglia, il mio coraggio toccava il fondo, come una vecchia nave che fa acqua”.

                    17.                  “Anche a noi discepoli”, conferma Giovanni. “Oh, noi sapevamo per primi e meglio di tutti chi Egli era, e ci chiedevamo com’era possibile che Dio parlasse con noi in modo così consolante, quando avevamo paura, quando ci volevamo gettare dinanzi a Lui. Egli però lo aveva severamente proibito, a causa della moltitudine. Rare volte era solo. Di notte rimaneva spesso per conto Suo. Ancora oggi, quando si pensa: essere andato per tre anni attraverso il paese con Dio, Egli ci frequentava come un amico con gli amici, a volte doveva parlare anche molto gravemente, quando eravamo addirittura troppo stolti. Una volta disse:

                    18.                  ‘Io ho ancora molto da dirvi; ma adesso non lo potete sopportare’ [16, 12]. La Resurrezione, e il fatto che Egli venne da noi quattro volte, l’Ascensione e, poi, ‘il Suo Spirito di Grazie’ che ci era stato dato (Pentecoste), fece riconoscere pienamente la Verità. Con tutto ciò rimane ancora parecchio celato; nel mondo è riconoscibile solo ciò che è giovevole al nostro percorso di vita. Chi vuole questo – è molto! Può essere la metà della nostra scala del Cielo”.

                    19.                  Cornelio sospira profondamente: “Voglio essere grato se posso venir su di almeno quattro gradini. Gesù venne da voi quattro volte dopo la Sua Resurrezione; Simeone aveva spiegato la quadruplice Essenza, senza che in me rimanesse attaccato molto. Così un po’ alla volta si potrebbero salire quattro gradini – Il mio caro Salvatore sa che cosa sono io…”. Egli tace. Autentica umiltà gli fa dire questo.

                    20.                  “Tribuno”, elogia Scubatus, “non ti sei arrampicato in alto non solo di quattro pioli, tu hai salvato molta gente dalla morte. In Siria si doveva agire rigorosamente ed hai sempre ripiegato dove ti era possibile; hai anche salvato la madre di Gesù, e quante altre cose che io non so. Se fossi io il Signore Iddio, ti eleverei, come ha detto Giovanni: fino a metà di questa scala, di cui naturalmente io non comprendo niente e certamente non sono nemmeno al primo legno”.

                    21.                  “Certo, Scubatus, tu stai sul primo gradino”, dice Giovanni. “Chi riconosce, ha da sé l’unione con il Signore: da parte di LUI, ben inteso, esiste continuamente l’unione tra Padre e figlio, tra Creatore e creatura. Una volta cominciata, può presto subito proseguire. Non abbiamo bisogno di lodarci l’un con l’altro, tuttavia lo possiamo percepire se avanziamo oppure no! E così sono al fianco tuo: come Signore Iddio anch’io eleverei Cornelio dal suo quarto gradino in alto. Su quale gradino, non c’è bisogno di saperlo, meno ancora, ognuno per se stesso. Poiché:

Chi crede che stia, costui badi affinché non cada!’,

disse il Signore.

                    22.                  Egli disse questo in parabole, nelle quali LUI per lo più parlava. Il Suo linguaggio proveniva dal Cielo; chi lo poteva comprendere? La moltitudine però si lasciava toccare dalla parabola. E perfino noi discepoli l’amavamo. Quando poi, questo o quello, ci faceva domande, potevamo così dare una risposta migliore”.

                    23.                  “Basta parlare da parte mia! Vogliamo sentire di più dell’epistola, questo sarà più gradito a Dio”. L’energico romano si sente confuso. Che cos’è egli, infatti, dinanzi a LUI? – “Hai ragione, tribuno”, dice Cronias, “non siamo più giovani, dove si poteva imparare ancora molto nel tempo. Alla nostra età la diligenza deve sostituire il tempo.

                    24.                  “Ben detto”, elogia Nicodemo. “Con l’età si può possedere una grande panoramica e imparare dal vissuto”. Giovanni legge agli amici il resto di quanto ha messo giù per iscritto. Anche lì sorgono ancora domande, e la prima è: come mai Giovanni sa tutte queste cose del Battista [Cap. 3, 23-36] oppure, se il Signore sarebbe stato proprio là allo stesso tempo, dove lui battezzava.

                    25.                  “Di quando in quando; il Salvatore amava il battista, quantunque allora non si sapeva che sarebbe stato decapitato. Era un ‘anticipo del raggio di Luce’ per l’inferno, perché anche Gesù si consegnò agli assassini. Se Lucifero aveva esultato per il fatto di gettare il ‘precursore di quell’ultima grande purificazione’, che lo riguardava, nelle fauci della morte, allora egli dovette riconoscere che proprio quest’atto gli toglieva il resto delle sue forze. Il povero tenebroso dovette vedere che neanche la ‘morte del Signore’ gli sarebbe servita. Perciò Dio permise, cosa non considerata nella povera maniera umana, che il battista fosse sottoposto al giudizio di Dio. Lo testimonia la sua parola: ‘Questa mia gioia è ora resa piena!’[Giov. 3-29]”.

                    26.                  “Dimmi un po’, Giovanni”, domanda Sejananus, “come poteva parlare della gioia resa piena? Sapeva che cosa gli sarebbe accaduto?”. – “Non lo sapeva! Aveva solo un presentimento. Dio non lasciò camminare nel buio il ‘Suo grande testimone’ senza avvertimento. Quindi il Battista lo percepiva, anche per questa ragione ancora la sua parola: ‘Egli, Gesù, deve crescere’, ciò significava che il tempo che Dio si provvedeva doveva afferrare tutto il paese, più tardi tutto il mondo, ‘ma io devo diminuire’. Il Battista vedeva ora la sua via come terminata, gioiva del suo ritorno a casa nel Regno. Perciò la gioia resa piena”.

                    27.                  “Se soltanto fossi fino a questo punto”, dice Cornelio. “Sai, Giovanni, naturalmente gioisco anch’io del mio ritorno a casa, nel Regno; soltanto, come mi andrà?! Tu devi considerare che Dio dapprima dovrà fare una volta i conti con me. Prima di conoscere Simeone ero soldato con anima e corpo. In battaglia non ho mai ucciso nessuno con intenzione, neppure uccidevo dei feriti, eccetto che nella legittima difesa. Che cosa significa oggi per me la legittima difesa? È certo solo una cattiva parola del mondo. Oppure no?”.

                    28.                  “Sì, è una cattiva parola. La difensiva sorge dalla volontà di vivere. Ci si domanda, come la si fa? Ad un malvagio che vuole uccidere un altro, spesso per voglia di uccidere, si può già mettere fine ai crimini. Chi nella legittima difesa uccide l’omicida senza intenzione, costui non ha nessuna colpa dinanzi a Dio”.

                    29.                  “Nelle scuole di combattimento di Roma si dice: ‘Uccidi per vivere, per vincere le guerre!’. Cirenio, mio precettore, zio e padre, diceva: ‘vedi, ragazzo, ogni uomo vuole vivere. Ovvio, in combattimento non si sa mai precisamente come si abbatte un nemico. Escluderlo dalla battaglia, basta e avanza; ora te lo voglio insegnare’. Da dove Cirenio aveva conosciuto questo modo di difesa – non lo so, non ne ha mai parlato. Veramente, sono stato sempre contento che ho potuto sperimentarlo”.

                    30.                  “Perciò non preoccuparti di nessuna resa dei conti. Per prima cosa conta come sei stato educato. Questo sta meno nel giovane che a poco a poco impara prima a pensare. Non ha detto Simeone una volta a te e a Cirenio, quanto meravigliosamente il Signore vi guidava, mai però dentro una battaglia, dove imperversava la rovina?”. – “Sì! Dalla nascita del Signore la mia spada è arrugginita. Per questo non posso ringraziare abbastanza. Basta questo, però, per giungere alla ‘gioia perfetta’?”.

                    31.                  “Se cresce la nostra gioia, cresce anche la beatitudine. Questa è la perfetta gioia che si può sopportare solo nella Luce. La gioia della Luce è il dolce peso che dopo ci libera da tutto il mondo”. – “Allora sono consolato, Nicodemo; infatti, ciò che anche tu sai dire, è per una cara parola”.

                    32.                  Si discute della vita del Battista e della sua morte violenta. “Erode era uno spirito cattivo”, esclama Cornelio, “che era mal visto perfino a Roma”. – “Certo”, dice Giovanni, “ma ti faccio nuovamente notare ciò che non devi confondere. Non esistono spiriti cattivi! SPIRITO significa DIO! Perché: ‘Dio è Spirito, e coloro che Lo adorano, devono adorarLo in Spirito e in Verità!’[Giov. 4, 24].

                    33.                  Se Dio è lo Spirito dal quale procede tutto il bene, allora lo Spirito non può avere in sé nulla di cattivo. Presso di noi fu confuso, dalle lingue antiche si metteva semplicemente ‘Spirito’ per tutto ciò che non apparteneva a questo mondo – così esse dicevano. Noi ce lo vogliamo ricordare: lo Spirito è buono!”. – “Hm, confuso”, aggiunge Cornelio, “si dovrebbe ben dire: egli è un essere cattivo, oppure, un’anima cattiva”.

                    34.                  “La dinastia di Erode era cattiva per natura, venuta dal mondo inferiore. Tutti i membri sono poveri esseri un giorno caduti con altri; come potevano avere in sé qualcosa di buono? La loro piccola scintilla dello spirito, che non va perduta per nessuno, fu sostituita dalle tenebre. Per costoro, soltanto nell’aldilà sarà possibile che la loro piccola scintilla dello spirito ottenga il predominio che gli spetta. Questo durerà per lo più a lungo. Per amor di loro, in modo del tutto speciale, il Signore è andato al Golgota”. Giovanni è assalito di nuovo da un leggero brivido; egli vede anche qualcosa di buio che si avvicina a Patmos.

                    35.                  “Preparatevi”, dice all’improvviso, “tenete stretta nello spirito la gioia di Dio. Arriva qualcuno a grandi passi; preghiamo il nostro caro Signore che vada di nuovo via a piccoli passi”. “Un attacco di sorpresa?”. Cornelio fa una faccia scura. “C’è bisogno dell’allarme?”. – “No, nessun attacco armato”. – “Altri sono spesso più brutti. Posso decidere io? Tu e Nicodemo rimanete nella torre; ma i pirati? Che cosa faccio con loro?”.

                    36.                  “Il giovane gravemente ferito affidalo a me. Poiché fu salvato ancora fanciullo, si può dire dall’amore: un naufrago. Nessuno si occuperà di lui. Porta gli altri dai pescatori, non si sospetterà che erano pirati. Quelli aiutano volentieri, e sarà bene se diventano servitori dei pescatori. A loro, in ogni caso, la pesca è completamente familiare”.

                    37.                  “Ah, Signore”, ringrazia il tribuno. “Hai buone intenzioni, perché con noi c’è il Tuo veggente. Conservaci la pace della nostra isola”. Passano tre giorni tranquilli. Cornelio ha inaugurato la comunità della torre. Ognuno accoglie uno dei lavoranti. Quello che aveva perduto la sua gamba, se lo porta il pastore. “Vado verso nord con il mio gregge, non daremo nell’occhio”. I pirati sono contenti quando sentono tutto questo. Poiché a Roma…? No, oh no, piuttosto ci si butta in mare per affogarsi

                    38.                  Il terzo mattino, guardie appostate avvistano tre galee. “Allora, un forte contingente di truppe. Caro Signore”, supplica il tribuno, “Tu sei il più potente contingente di truppa, confido in Te!”. Rivolto alle guardie: “Ognuno faccia come se non sapessimo chi sta arrivando. Giacché sono nostre galee, ‘questi ospiti’ posso salutarli tranquillamente”. Egli manda fuori tre grosse barche per circondare il contingente. Il comandante in capo è sollevato, il porto gli è sconosciuto; ciò nonostante le sue parole tuonanti risuonano fino alla spiaggia.

                    39.                  La ‘Cornelia’ è stata nascosta in una piccola insenatura. Dalla riva si vedono i tormentati schiavi dei remi. “Figli degli uomini”, si lamenta in sé Cornelio, e attende il possente che non può ordinargli nulla. Tuttavia chi sa che cosa è successo a Roma? Lo dovrà sapere presto.

                    40.                  Siccome, secondo il grado Cornelio è superiore, non saluta per primo, per mettere subito un freno. Il comandante domanda in maniera grezza e senza saluto: “Sei tu il tribuno Cornelio?”. – “Lo sono! Che cosa ti porta qui con tre galee? Non sai che Patmos è un’isola di esilio? Inoltre è il posto di sortita contro i pirati? Da qui c’è anche da sorvegliare la terra ferma”.

                    41.                  “Ti ha affidato l’imperatore questo posto?”. – “Mi meraviglia la tua domanda”, dice Cornelio, “tu lo dovresti certo sapere, altrimenti non saresti qui! È così?”. – “Lo devi sapere tu”, dice l’altro e si gonfia potentemente. “Al senato è venuto all’orecchio che su Patmos le cose non vanno per il verso giusto. Io devo mettere ordine!”. –“In che cosa? Da noi non c’è nulla da mettere in ordine”. Egli mostra il suo privilegio, cosa che non è da passarci sopra in nessun caso.

                    42.                  “Non ha nulla a che fare con te”, il possente diventa un pochino più piccolo. “Soltanto, tu trattieni dei prigionieri che appartengono a Roma. Li devo interrogare e vedere com’è fatta la gente dell’isola. Si deve sapere se costoro ci potrebbero attaccare alle spalle!”. – “Dei pescatori che non possiedono né spada né scudo?”. Schernisce Cornelio apertamente. “Tu pensi forse che non ci sarei arrivato da solo ad esaminare se l’isola sia sicura per noi?”. – “Ehm, naturalmente, io penso che lo avrai fatto”, è ammesso di mala voglia. “Tu sei stimato; soltanto perché sei uscito dal servizio imperiale si vuol sapere se sei ancora in grado, dal momento che …”.

                    43.                  “Basta così!”. Cornelio, che si è armato di proposito, impugna la spada con la sua mano destra. Quanto basta per dimostrare che il tribuno può ancora combattere. L’altro alza la mano. “Tribuno, non ti voglio certo offendere, eseguo soltanto gli ordini”. – “Te lo consiglio; lascia stare tutto il resto! E una cosa ancora: la tua truppa non deve procedere in ordine sparso, puoi ispezionare l’isola solo sotto la mia direzione”. Cornelio sente bene che non lui dice tutto questo da sé. È come un’energia che lo circonda, viene su di lui una forza, dal veggente oppure dal Signore? Da LUI certamente! Silenzioso ringrazia nel cuore.

                    44.                  “Eseguiamo l’incarico!”. – “Tu mi hai chiesto se io fossi Cornelio, io però non conosco il tuo nome. Sei tu dunque un ‘nessuno’?”. Una magnifica parata del tribuno. Dominandosi a fatica, il romano risponde: “Sono comandante di coorte, il mio nome è Maurius”. – “E sei diventato un controllore? Come ci sei riuscito?”. – “Ti riguarda qualcosa?”, è rimbeccato Cornelio.

                    45.                  “Certamente! Tu stai sotto di me, il mio ordine deve essere eseguito!”. – “Devo accertare se nascondi dei prigionieri e se …”. – “Non dire altro, altrimenti puoi fare in tempo a vedere qualcosa!”. Durante questo diverbio il comandante dell’isola Cronias si è schierato con la sua guardia e Scubatus insieme ai decuri. Con le facce risolute, gli uomini sono anche armati, Maurius se ne accorge solamente adesso.

                    46.                  Egli domanda irritato: “Che significa questo?”. – “Giorni fa ho appreso la notizia che delle galee facevano rotta verso Patmos, perciò mi sono preparato ad un assalto di sorpresa dei pirati”. In verità non è vero, ma col borioso non si può fare diversamente. “Giorni fa?”, domanda dubbioso. “Nessuna nave ci ha superato. Vuoi bluffare”. – “Non dirlo ancora una volta! Interroga la mia gente, ognuno te lo confermerà”. Tutti in coro: “Sapevamo che sarebbero venute delle galee, soltanto, a chi appartenevano non lo potevamo sapere”.

                    47.                  “Questo non va per il verso giusto. Ve lo ha rivelato un Dio?”. – “Hai colto nel segno!”. Detto così, molto seriamente, Maurius non sa che cosa deve pensare. Lui non crede negli dèi e sorvola la serietà. Per mostrarsi forte, ordina: “Cominciamo subito col controllo!”.

                    48.                  “Davanti a me, certamente; solo sembra come se la tua gente abbia bisogno di una pausa”. Sì, la tempesta, che ha colpito gravemente la nave, ha scalfito le loro forze. Rivolgendosi ai legionari, Cornelio amichevolmente dice: “Prima volete riposare un po’?”. A Maurius manca la parola. Da quando si chiede se i legionari vogliono riposare? Il senatore aveva dunque ragione: Cornelio è diventato vecchio. Egli istruirà un altro.

                    49.                  “Adunata!”. La voce di Cornelio penetra le ossa degli uomini. Conduce la truppa verso alcuni edifici abbandonati. Poiché questi non sono stati usati, egli li ha fatti intanto ristrutturare in modo superficiale, ma vanno bene per ricovero. “Avete delle provviste?”, si rivolge a Maurius. “Non per molto”. – “Faccio portare del cibo ai tuoi uomini; tu, se vuoi, sii mio ospite”.

                    50.                  Costui vorrebbe volentieri rifiutare, ma, dove poter mangiare? Roma è lontana. “Grazie”, dice con un po’ di calore, “accetto la tua amicizia!”. – “Amicizia anche?”. Questo è di nuovo l’autentico tribuno. Maurius fa finta di non averlo sentito. Cornelio sa sfruttare bene i piccoli attriti di costui.

                    51.                  Maurius molto presto è pronto per la marcia. Giovanni, però, con il quale Cornelio ha parlato a tarda sera, può ancora una volta soccorrere come veggente. “Radunati dietro i fabbricati, prima che l’oscurità si muova dalle acque. Il resto lo vedrai da te”. – “Ah, posso facilmente immaginarmi cosa succederà. Ti ringrazio, Giovanni”.

                    52.                  Prima che Maurius ordini, si sente la voce del tribuno: “Pronti e rilassati!”. Il romano freme, si domina e fa come se questo fosse stato predisposto così. “Ah, tribuno, visto che anche tu sei già pronto, eseguo il mio incarico”. – “Io temo soltanto che tu esageri”, dice Cornelio. – “Questo, però, lo deciderà poi l’imperatore, insieme al senato”. Così marciano nell’entroterra. Per strappare a sé l’autorità del comando, Maurius diventa di nuovo sgarbato: “Dove sono i prigionieri?”. Cerca di intimidire Cornelio. – “Sta a te scovarne qualcuno”.

                    53.                  Raggiungono il primo agglomerato. Il giorno prima Scubatus aveva istruito i pescatori. Essi dovevano stare calmi e informare gli altri pescatori. Vedono Cornelio e fanno un sospiro di sollievo. Da cima a fondo s’ispezionano le casette e le capanne degli attrezzi. I pescatori e i servitori sono investiti con ingiurie: “Dov’è la gentaglia?”. –Un pescatore dice: “Qui non c’è nessuno; anche il tribuno ha tenuto dei prigionieri nel carcere sotterraneo, che hai certamente visto. Se però vuoi avere dei pesci, noi li vendiamo volentieri”. – “Vendere? Noi quel che ci serve lo prendiamo”. – “Fermo!”. Cornelio è veramente irritato. “Da quando i romani si mettono al fianco dei pirati?”. Che dovrà denunciare questo, per il momento lo nasconde.

                    54.                  “Guarda, Maurius, ci sono ancora le casette e le capanne bruciate dall’ultimo attacco. E tu non dovresti sapere che ho consegnato i predoni, vale a dire tutti i cattivi?”, aggiunge un poco astutamente. “E non dovresti sapere che ho portato io l’informazione, dove avevano trovato il loro nascondiglio ed è stata annientata una grossa banda? E…”, ci dà dentro di proposito, “l’ho fatto da uomo vecchio, del quale tu credi che non possa più combattere!

                    55.                  I pescatori sono sotto la mia protezione; quello che ti serve, sarà pagato. I miei pescatori in ogni caso sono uomini molto bravi, i quali da una pesca buona portano anche qualche cesto gratuitamente”. Il pescatore che prima ha parlato coraggiosamente, di nascosto fa cenno col capo.

                    56.                  Per due giorni vanno da baia in baia. A nord s’imbattono nel gregge. Il pirata con la sua unica gamba è seduto sul carretto che è trainato dai due grandi cani pastori. Anche qui il romano vuole già semplicemente rubare; sono grassi agnelli e anche capre, cosa che a lui fa venire la voglia.

                    57.                  “Giù le mani!”, minaccia Cornelio. “Il gregge è l’unica ricchezza della nostra isola, e anche noi ne abbiamo bisogno!”. Non rimane altro che andar via a mani vuote. Il possente non ha ottenuto nulla. Tanto maggiore fa sentire la sua superiorità al ritorno, quando dopo sono seduti nella taverna, senza riguardo per gli ascoltatori.

                    58.                  “Tribuno, tu sarai destituito e forse …”. – “…essere un esiliato su Patmos? Non potrebbe capitarmi di meglio!”. Cornelio di sera ha fatto scrivere da Giovanni che cosa è successo ogni giorno. Il capitano e Cronias hanno firmato. Con ciò Sejananus viaggia a vele spiegate già da questa notte verso Roma, con due giorni di vantaggio; poiché un Maurius continua ad ispezionare ed ha superato notevolmente il termine del soggiorno. Ora si accorge che non ha ancora visitato la torre. Vuole informarsi presso l’oste della taverna, ma il giovane siriano non cade nella rete del romano.

                    59.                  “Io non so nulla”, egli dice. “È cosa del tribuno. Chiedi a lui. Non credo che la torre sia pericolosa”. – “Stupido! Non la torre è pericolosa, ma ciò che vi è dentro!”. A spron battuto il romano ci va’. “Troppo piccola”, egli biasima. “Attraverso i piccoli fori dall’alto si può appena vedere fino al porto, e ancor meno fino al mare. Anche questo dovrà essere riferito”. Sale la ripida scala che poco prima è stata restaurata, la quale porta alla stanza della torre, apre premendo con forza la porta, credendo di essere solo e non ci sarebbe nulla da trovare. Il tribuno è troppo intelligente perché egli a lui, a Maurius, serva ‘in tavola’ un ritrovamento. Ah – tuttavia …

                    60.                  Tre uomini sono seduti al grande tavolo un po’ grezzo. Poiché si fa sera, è abbastanza buio nella stanza, l’occhio vi si deve prima abituare. Il romano quasi si spaventa quando riconosce il tribuno. Gli altri due sono a lui estranei; un momento, però – costoro potrebbero essere addirittura traditori. Adesso – adesso lo ha incastrato!

                    61.                  “Chi sono questi uomini?”. – Cornelio è la calma stessa. “Tu non sei un ufficiale e qui non hai ancora dato buoni risultati. Siediti, è bene che tu sia venuto, tanto più che io sapevo che la tua ultima sera ti preparerà ancora una sconfitta”.

                    62.                  “Ah, ho avuto riguardo di te, ho detto che saresti ancora ben visto a Roma. Il senatore Pretias …”. – “ …conosciuto dal lato sbagliato”, – “…ti ha accusato presso l’imperatore e il senato, perché sei uscito dal servizio e aiuti i banditi, in Siria hai molto spesso ostacolato le disposizioni così necessarie e …” – “ancora di più?”, domanda Cornelio con calma. Poi però duramente:

                    63.                  “Non ho bisogno di dirti proprio nulla, tienilo a mente! Hai trovato qualcosa che va contro il sistema politico?”. – “Qui ci sono due banditi”, vuol trionfare Maurius. “Sbagliato! Esamina anche questo rotolo”. Cornelio di due ne prende in mano uno. “Un autorevole sacerdote di Gerusalemme, da ‘noi’ protetto, ciò significa che è dalla nostra parte – su base libera, cosa che tu non conosci per nulla. L’imperatore gli ha concesso asilo qui. Controlla!”.

                    64.                  Ancora niente da fare. “E con l’altro come la mettiamo?”. – “Lui è un Galileo e …”. – “Ah, aspetta! Là deve esserci stato un rivoltoso, che con una falsa mitologia ha sobillato i suoi giudei, per la qual ragione Pilato lo ha fatto crocifiggere. Se costui”, tocca leggermente Giovanni, “è uno della Galilea, allora deve conoscere questa faccenda”.

                    65.                  “Esatto, io conosco questa faccenda!”. Qui c’è un tono che fa rabbrividire il romano. Lo scuote. Resta però lì, come uno sbigottimento striscia accanto. Tanto più da stolto agisce. “Adesso ti prendo nella morsa, ciò che il tribuno si è lasciato sfuggire”. Uno sguardo astioso segue a queste parole. – “Sei libero di farlo; solo però fa attenzione che la tua anima non ne subisca un danno!”. – “Così questi giudei vogliono metter sotto gli altri; me no! Tu sei un seguace del ribelle, – come si chiama?”.

                    66.                  “Non lo sai e vuoi giudicare?”. Cornelio si deve dominare per mettere le briglie alla sua ira. In più la tristezza. Ecco che arriva qua una vera testa di legno e vuol fare del Maestro, il caro Signore, il loro Dio per un…sì, perfino Caifa Lo aveva accusato presso l’imperatore. “Il suo nome non ha nessun’importanza”, ostenta di nuovo Maurius, “soltanto quello che è successo. Ed io”, a questo punto, inaspettato, tira fuori della tunica un rotolo, “ho l’ordine di scoprire i seguaci del Galileo e consegnarli al tribunale di Roma”.

                    67.                  “Fa vedere!”, ordina il tribuno. – Un nuovo sguardo malizioso. “Anche i romani che aderiscono al ribelle, sottostanno alla giustizia, senza riguardo alla persona”. – “Pensa un po’!”. Così calmo, come lo dice Cornelio, non lo è assolutamente. Lui conosce troppo bene Roma, per non sapere che… Egli conosce l’obiettivo di Pretias. Ma come già spesso, da quando crede nel Maestro, lo circonda una buona forza.

                    68.                  “Il tuo rotolo è sottoscritto solo da Pretias; dov’è il signum del senato?, dove il sigillo dell’imperatore?”. – “Questi saranno apposti quando farò rapporto”. – “Presso Pretias?”. Un tremito che potrebbe svelare la paura. Nicodemo ha acceso un lume. Con il chiarore si diffonde il profumo dell’olio, ed attraverso le piccole finestre scorre dentro la fresca aria del mare.

                    69.                  “Con il senato ha trattato Pretias; io non ero presente, dovevo partire subito”. – “È da comprendere, perché a Pretias bruciava il terreno sotto i piedi. Adesso però”, Cornelio restituisce il papiro, “vedremo se davvero è in ordine”. Maurius comincia di nuovo con aria d’importanza: “Per il momento è cosa secondaria, dapprima devo interrogare lui”. – Indica Giovanni. “Comincia”, dice il veggente di Dio.

                    70.                  “Chi ti ha portato qui?”. – “Una scorta romana”. – “Il tribuno?”. – “No! Egli mi ha incontrato sulla via verso la prigionia. A causa di una tempesta, come l’hai sperimentata tu, la galea non è arrivata a Roma”. – “Sei un seguace del Crocifisso? Se sì, allora presto ti passerà l’animo leggero che cerchi di ostentare!”.

                    71.                  Allora Giovanni si alza. Maurius afferra istintivamente l’arma. Cornelio lo previene, serra il pugno del romano. “Tu falso volpone! Guarda, quante forze ancora ho io da uomo vecchio. Ho servito fin dalla giovinezza, due volte più di te! Impara prima a dominarti, come conviene ad un romano vero! Ora puoi continuare”. Allenta la sua presa. Maurius reprime il dolore, gli sembra come se la sua mano fosse rotta. ‘Oh, questa gliela farò pagare!’, pensa. Giovanni nel frattempo fa la sua confessione di fede.

                    72.                  “Mi professo per il mio Dio che è venuto come ‘Maestro’ e ci libera dal male di questo mondo. Io non sarei libero? Dal povero ‘diritto’, che spesso vuol dire ‘ingiustizia’, è certo vero; ma la vita, di cui tu non hai nessun presentimento, non può mai essere uccisa! Puoi uccidere il mio corpo; la mia anima, il mio spirito, la vita reale, tuttavia no! Questa l’ha data a noi il mio Signore, il Galileo, come tu, sprezzante, Lo chiami.

                    73.                  La tua fogliolina invece si è già da tempo voltata. C’erano romani d’alto rango, prima di tutto Quirino Cirenio, al quale tu non puoi porgere l’acqua, i quali hanno riconosciuto il Santo-Divino del Signore, questi Lo amavano e credevano nella Sua Dottrina, che non è una Dottrina nuova, ma nuovamente portata, perché gli uomini l’avevano guastata.

                    74.                  Tu hai saputo da Pretias che Cornelio ha ordinato erede il suo amministratore. Oh, a Roma con la ricchezza si può ottenere molto: potere e influenza. Con la ricchezza del tribuno potresti giungere al potere. Il senatore doveva avere la metà, per il fatto d’aver tramato il piano con te: far cadere Cornelio, con cui il suo patrimonio sarebbe toccato all’imperatore, volevate prima vendere tutti i suoi beni immobili. Solo il danaro contante sarebbe stato devoluto al vostro imperatore.

                    75.                  Avevi certamente l’incarico di controllare qui; ma non tutti i senatori conoscevano la menzogna di Pretias. Hai ricevuto un ordine verbale che contraddice il tuo falso rotolo. Che cosa ti ha detto Aurelius? Lo puoi ripetere qui? Non davanti a noi uomini, no – davanti all’onnipotente Iddio, al Santo, al Quale è subordinata anche la tua vita! Egli ti ha ancora salvato, a causa della tua gente. La Mano liberatrice però era per la tua anima.

                    76.                  Hai taciuto la tempesta, ma si vedeva nei legionari che cosa avete avuto alle spalle. Stava pronto soltanto una cosa: vi minacciava il naufragio. E nuovamente ritornerai a casa solo a fatica, questo soltanto a causa della tua gente, perché tu hai gettato via l’onore di un uomo, e mentendo e ingannando metti trappole per consegnare degli innocenti ai tribunali del mondo!

                    77.                  Questo succede da quando esiste il mondo, e succederà in avvenire, finché una buona volta sarà cancellato. Ma chi presta la sua mano al cattivo mestiere, come lo hai fatto tu, Maurius, raccoglierà il salario delle cattive azioni! Quello che non accade in questo mondo, viene dopo in quella vita che tu neghi, questa poi è iniziata per i negatori soltanto con il Giudizio di Dio”.

                    78.                  Il veggente vorrebbe ora dire volentieri qualcosa di consolante, che cosa significa l’eterno Giudizio e che oltre ogni resa dei conti tuttavia impera la bontà di Dio. Qui sarebbe sbagliato; qui la povera anima deve dapprima giungere nel fuoco della sua purificazione. Questo è amaro, questo fa male. È come se Maurius si rimpicciolisse. Da dove mai costui conosce i segreti accordi tra lui e Pretias? Questi accordi sono stati presi pochi giorni prima della partenza per Patmos.

                    79.                  Si erano consigliati per giorni e notti; in questo tempo nessuna nave lasciava il porto. Costui è uno stregone, un seguace del Ribelle, Egli avrebbe perfino fatto qualche miracolo. Lui, Maurius, non s’inganna, anche se – segretamente ammesso – è giusto ciò che ‘costui’ sta rivelando.

                    80.                  Cornelio è fuori di sé. Mai avrebbe pensato che gli toccasse l’onore in questo cattivo modo. Costa, al ‘noto artificio del Cielo’, questa volta attraverso Giovanni, preservare il tribuno da un’azione che potrebbe molto rimpiangere. Stende la mano verso la sua spada.

                    81.                  “Tribuno, pensa a Cirenio, al Signore, quale cosa sacra Egli ti ha insegnato! Un Maurius non può danneggiarti, egli è così miserabilmente piccolo; mostragli la tua grandezza. Oltre a ciò non è certo che Pretias non si pieghi. Aurelius non tollera quest’ingiustizia. E che cosa succederà poi? Il tuo onore non può essere interrato. Aspetta!”. Oh, sì, Sejananus è già avanti, il maligno non può più far nulla. Bene che egli, Cornelio, abbia inviato lui da Aurelius, il quale in caso di bisogno, lo porterà anche dall’imperatore.

                    82.                  “A te non profetizzo nulla di buono”, dice Giovanni al romano, il quale sta seduto quasi da far pietà sulla sedia. Oh, egli era venuto qua a vele spiegate piene di aspettative della propria avidità di lucro, ed ora costui fa … – “Tu penserai ancora a me, perché sono un veggente del mio Dio. Quello che Egli mi mostra, si compie anche; perché presso di Lui c’è Verità e Giustizia, cose che a te sono completamente sconosciute, e come uomo dovresti certo amare la giustizia e la verità.

                    83.                  Io prego il mio caro Signore che tu non vada in rovina completamente – no”, Giovanni previene quando il romano chiede brusco: “Come puoi sapere se incappiamo in una tempesta?”. – “Ti ho dimostrato che il mio Dio mi rivela molte cose. Nessuno sapeva che cosa hai tramato in segreto, e non è mancato molto che l’uragano avrebbe distrutto la tua nave. Io ho scoperto tutto! Posso rivelare in anticipo che cosa succederà con te. Giungerai a Roma, gli uomini non devono subire alcun danno. Bada però al mio consiglio:

                    84.                  Trattieniti dal fare qualcosa. Devi far rapporto a Pretias che il vostro piano è andato a monte. DIO è intervenuto per preservare uno dei Suoi cari figli dalla sciagura della vostra cattiveria”. Indica il tribuno. “Egli, insieme alla sua casa, è dedito fedelmente all’imperatore, ha amato la sua patria, si è sempre sforzato di essere un uomo giusto. E lo è anche diventato.

                    85.                  E di più – ha riconosciuto il vero Dio, osserva i Comandamenti che DIO ha dato. Solo, non dire, Maurius, che egli così avrebbe rinnegato i vostri dèi. Già da tempo tu non credi più in loro. Con ciò hai fatto bene – anche se inconsciamente; gli dèi, infatti, sono soltanto dei pensieri onirici degli uomini. DIO, invece, che tutto ha creato e anche mantiene, è l’UNICO! Tutto ciò che ha creato, è proceduto dalla Sua Vita. Anche tu, Maurius!

                    86.                  Non cercare presso Aurelius di scaricare la tua colpa su Pretias, come hai pensato: ‘Se va storto, che paghi Pretias’.”. Di nuovo il romano si fa piccolo piccolo. Egli non lo ammetterebbe, perciò furibondo, grida: “Tu fantastichi molto; non credo a nulla di ciò che vuoi farmi credere! Io andrò a Roma, allora …”. – “…correrai alla rovina, se non segui il mio consiglio. Possa venirti il perdono dalla croce di Dio”.

                    87.                  Giovanni si siede di nuovo; è stranamente silenzioso nella piccola stanza della torre. Il romano se ne va in fretta, e soltanto dopo un po’, silenzioso, esce anche Cornelio, stringendo muto le mani di Giovanni e di Nicodemo.

 

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Cap. 9

Previsione per il mondo – Insegnamento dello spirito e fine della materia

La visione di Giovanni sul viaggio e il ritorno ‘giudicato’ di Maurius a Roma – A sera Giovanni insegna a tutti con parole dall’alto

                        1.                  Giorni sono passati e si trae un lungo respiro. ‘È andato via!’. Perfino il tribuno si è ritirato; egli deve attendere che cosa succede a Roma. Carica su Giovanni la sua inquietudine quando s’incontrano sulla spiaggia, dove il Sole sorge rosso oro dal letto d’acqua. Per un po’ siede qui in silenzio, e Giovanni non lo disturba. Lui sa attendere, perché – vede…

                      2.                    “Puoi tu dire che cosa succederà?”, domanda lui all’improvviso, e fisso guarda l’orizzonte nel quale ondeggiano ancora nebbie bianche. “Lo posso, sì”, dice lui, “tuttavia ti devo riprendere: dovresti avere più fiducia! Devi certo sapere che il nostro caro Signore ti ha abbondantemente benedetto”. – “È questo che mi opprime, Giovanni”. Un profondo sospiro, dal quale scaturisce il tormento dell’anima. “Quanto amore, quanta luce ed aiuto, tutto non meritato; e quando si deve dare buoni risultati – finito!”.

                      3.                    “Non è finito ancora per molto”. Un sorriso s’imprime sul volto del discepolo. “Tu vuoi sapere come vanno le cose a Pretias? E Maurius? Vedo il suo viaggio”. – “Tienimi costui a distanza rispettosa! Mi son dato arie di un uomo forte, ora devo prima ritrovare me stesso. Come però? Puoi dirmi questo?”. – “Certo! Vuoi sentire una lode oppure un biasimo?”. Cornelio alza lo sguardo stupito.

                      4.                    “Questo suona come se lo avesse detto il Signore. Dal Suo biasimo c’è da imparare. Troppa lode può uccidere molto”. – “Una parola vera! Oh, oggi il Maestro non ti loda, ma non esprime nemmeno un biasimo. Hai lottato duramente con te stesso per giorni interi, ed hai guardato di sbieco la tua angoscia. Con ciò sei di nuovo sulla retta via, ed i pochi giorni, nei quali pescavi nel torbido, il Maestro li ha coperti amorevolmente”.

                      5.                    “Allora Gli devo essere molto grato. È sempre stata la sua immensa amorevolezza che – come devo dire? – sorgeva dalla fonte della Serietà, cosa che mi ha incatenato così saldamente a Lui. Io, romano libero, sono Suo prigioniero”. – “Oh, Cornelio, meravigliosamente riconosciuto! Siamo stati tutti catturati dalla Sua maestosità, dalla Sua intera Essenza, non liberi nella libertà del Suo Amore! Questo è il Divino, Divino che noi possiamo comprendere, senza esaurire la Sua profondità. Perché dunque? Non è sufficiente sapere: siamo Sua proprietà?”.

                      6.                    “Così penso io, soltanto, non posso dirlo. Semplicemente una differenza tra te e me”. – “Quale?”. – “Ebbene, ascolta un po’! Tu sei un discepolo, io sono soltanto …”. – “Fermati, se non vuoi affliggere il Maestro!”. Un serio avvertimento che attraversa l’anima di Cornelio. Alza lo sguardo in modo interrogativo. “Noi siamo Suoi figli e figlie, indipendentemente da quale compito abbia ognuno. Questo non ci differisce in nulla, perché tutto significa ‘servire insieme’.

                      7.                    Tu hai molti schiavi ed ognuno deve fare cose differenti. Non aiuta così alla comodità e benessere della tua casa, quando il più basso la tiene pulita, come quello che ti porta il cibo, ti versa il vino?”. – “Una volta non riflettevo così su queste cose, non ero abituato a nient’altro. Solo mediante Simeone, l’angelo superiore – che non dimenticherò mai – in me si risvegliò qualcosa, finché stette completamente dinanzi a me: hai vissuto così, tu devi vivere diversamente! E la Dottrina del Maestro fece risplendere tutto”.

                      8.                    “Vedi”, sorride Giovanni, “tu puoi non solo pensare, lo puoi dire esattamente. Mi sarei meravigliato se questo non sarebbe stato possibile al tribuno”. – “Da quando sai tu qualcosa? Una volta un saggio greco mi confidò che quando s’interiorizzava – come lo faceva, non me lo disse – allora vedeva intorno ad ogni uomo un‘aura’, come lui la chiamava. Io ancora oggi non ho nessun concetto. In ogni caso – egli avrebbe letto i pensieri, soprattutto poteva anche vedere il destino di colui al quale sapeva svelare la sua aura. Si esprimeva pressappoco così. Lo puoi anche tu?”.

                      9.                    “Non così, come il greco. A quest’uomo ben riusciva riconoscere qualcosa; soltanto chi rimaneva chiuso in sé, qui non poteva vedere nulla, né il passato, né il futuro, né i pensieri. È completamente diverso quando DIO ci fa contemplare ciò che EGLI concede solo a pochi per il bene degli uomini, e questo, non perché i pochi sarebbero i prescelti. Per Dio non esistono delle eccezioni, altrimenti dovrebbe amare gli uni di più, gli altri di meno.

                    10.                  Dal sentimento – per il bene del prossimo – si può già riconoscere qualcosa in costoro; in questo, infatti, il greco ha ragione: ogni uomo ha un’aura, raramente cosciente, la quale si può sentire e percepire. Tu stesso lo hai rivelato spesso: stando vicino ad un uomo, ti sentivi attirato oppure respinto, hai quindi percepito la sua aura o irradiazione, anche se non trovavi nessuna parola, e non potevi vedere nulla.

                    11.                  Ma se Dio ci dà una ‘visione’, allora non abbiamo bisogno di cose esteriori. Così è più facile poter riconoscere con e mediante la visione l’irradiazione del prossimo”. – “È sbagliato impararlo?”. – “Oh no, se a ciò non si unisce un malvagio agire. Il tuo greco ha compiuto delle opere buone. Purtroppo avviene raramente, spesso c’è dietro soltanto orgoglio ed egoismo. I ciarlatani si fanno pagare per questo. In quel caso sorge dal pozzo oscuro dell’anima; da questo ci si deve guardar molto.

                    12.                  Vuoi sentire ciò che ho visto io? È stata la notte dell’altro ieri”. – “Volentieri, mi potrebbe calmare”. – “Solo il Signore ti può calmare, e sii consolato: ci sarà una lunga pace sull’isola. Di ciò che accadrà più avanti, non ce ne dobbiamo ancora preoccupare. Quindi, ascoltami adesso.

                    13.                  Da ponente veniva qua una cortina di nuvole, due giorni dopo la partenza di colui che voleva disturbare la tua pace”. – “Non la tua?”, lo interrompe Cornelio. – “No, perfino se incappassi io stesso in una tale oscura cortina di nuvole – inteso la macchinazione, non quella della natura. Quello che ti opprime, è buono. Facendo scrivere di lasciare l’eredità dei tuoi averi ai nazareni, non ti sei sbagliato nello scegliere l’amministratore; anche lui si è lasciato prendere dal Maestro. Ecco, ora hai nuovamente pace del tuo cuore.

                    14.                  Maurius rideva, il vento dapprima lo spingeva letteralmente verso ponente. ‘Qui si vede’, si stizziva, ‘lo strano tipo’, era inteso io, ‘mi ha vaneggiato qualcosa, cui purtroppo ho creduto. Ah, io agisco! Aspetta, mio tribuno, verrò ancora, a te, ai tuoi ladri insieme all’isola!’.

                    15.                  Non aveva ancora finito di parlare, ecco che il vento cominciò a girare. Le galee oscillavano e due quasi si cozzarono a causa delle alte onde. Ieri la cortina di nuvole ha coperto completamente il mare, verso ponente, dietro Creta. Il vento diventò un mulino. I suoi rematori – questo però la sua anima dovrà un giorno ripagarlo amaramente – li fece frustare, essi erano senza forza e non riuscivano più a remare. Molti remi erano spezzati; e poiché stupidamente fece issare tutte le vele, sebbene il suo capitano dicesse il contrario, esse furono stracciate. Per tutta la notte la Triga andò in giro come in un grande cerchio, le navi, danneggiate peggio che la Cornelia che mi ha portato qui a Patmos.

                    16.                  Incomprensibilmente si lasciò andare del tutto, e non mancò molto che l’equipaggio lo avesse gettato in mare. Oggi navigano con metà forza a remi”. – “Non glielo voglio augurare”, non è facile vincere l’umano, se uno era troppo malvagio. “Mi dispiace per gli schiavi. Io ho tenuto i miei; se li avessi lasciati liberi, sarei stato disprezzato e, al massimo, sarebbero capitati in una casa malvagia”.

                    17.                  “Hai fatto bene. Non lo dimenticheranno mai e tutta la tua gente crede nel Signore”. – “Di questo sono lieto. Ora andiamo a fare colazione, ascolterei volentieri quel che succede a Roma”. – “Fin dove è utile, devi conoscere la visione. Dio non dà tutto in una volta; una visione può gravare su un’anima”. – “Me lo posso immaginare”, mormora il tribuno,“sono molto grato che io non possieda nessuna visione”.

                    18.                  Nella taverna si trovano già Cronias, Nicodemo, Scubatus e alcuni legionari alla grande tavola. Solerte, il siriano porta il cibo, in più un vino leggero come piace a Cornelio, il quale è seduto al triclinio con i suoi amici. Vicino alla torre scorre una limpida sorgente. Da questa si attinge volentieri l’acqua per mescolarla al vino. Una volta Cornelio non lo avrebbe fatto, sorride di sé. “Che cosa c’è?”, domanda Nicodemo.

                    19.                  “In Cana, Gesù ha fatto dall’acqua un forte vino, e Lui sapeva: il vino è buono, il vino può essere dannoso. Ah – in Sua presenza e davanti al Suo vino nessuno si ammalò. Una volta, Simeone m’insegnò quanto si sarebbe potuto sopportare un vino leggero o un vino forte. Con questo consiglio mi sono sempre trovato bene”. – “Non ho fatto conoscenza con Simeone”, dice Giovanni, “intendo a Gerusalemme; altrimenti lo conosco bene, soltanto, non posso descriverlo. La conoscenza proviene dal Cielo”. Nicodemo fa cenno col capo:

                    20.                  “Lo comprendo. Da Simeone ho imparato molto, anche che si è proceduti dal Regno della Luce, per quanto si mantenga la fedeltà al Cielo. E là i figli di Dio sono a Casa, essi si conoscono; soltanto durante un cammino temporale nella materia, non si sa, come e con chi si era stati una volta insieme. Quando un giorno si ritorna a Casa, allora ci s’incontra di nuovo. Anche tu, quale discepolo di Gesù, provieni dall’Alto e conoscerai molto bene Simeone-Gabriel”. – “Anche tu, e Cornelio”, è un ascolto interiore nella voce del cuore, “Simeone chiamava il tribuno, il suo ‘piccolo fratello del Cielo’.”.

                    21.                  “A quel tempo, ah, ero beato ed oppresso. Io, ‘uomo d’armi’, e poi un fratello del Cielo, là non esistono armi”. – “Certo, anche là esistono, soltanto che sono usate in modo del tutto diverso che su questa Terra. Qui, per raggiungere il potere con assassinio e guerre; là, per guadagnare le anime con il potere. Quale differenza! Non si può quasi descrivere con parole umane”.

                    22.                  “È sicuramente da sentire solo nello spirito”, dice Cronias. “Questo si sente come una beatitudine”. – “Di questo purtroppo non comprendo molto”, Scubatus è addolorato, “ma se ci si lascia guidare volentieri, si arriva lo stesso un giorno nel Regno”. – “Certamente”, consola Nicodemo, “ogni uomo che si affida alla fedele Conduzione di Dio. Lui si è definito, a ragione, il ‘Buon Pastore’. Il vecchio pastore sull’isola pascola i suoi agnelli, da cui si può anche imparare”.

*  *  *

                    23.                  Cornelio ispeziona il porto con Cronias; c’è sempre qualcosa da riparare, come le due galee che usano la guarnigione. Sulla terraferma sono impiegati degli schiavi per il lavoro, essi sono contenti e non vorrebbero essere in nessun altro luogo. Compiono al meglio il lavoro. Un legionario, che riconosce la Dottrina di Gesù, è il loro superiore; il tribuno può fare affidamento su di lui.

                    24.                  Un giorno Cornelio imbarcò a fatica un paio di cavalli, i quali non esistevano ancora su Patmos. In un primo tempo i pescatori li temevano, ma presto la loro paura scomparve. I capi cavalcano lungo la costa. Sulla terra ferma, da dove si possono raggiungere insenature nascoste, si deve continuamente controllare. Giovanni si è abituato ad un cavallo, e lui li conosce; non c’è, infatti, nessun alto romano che non avesse un cavallo. Soltanto Nicodemo, che come sacerdote dipende da un asino, non può fare altro che accarezzarli.

                    25.                  Il controllo procede bene, ed è già il primo pomeriggio quando Cornelio si presenta nella torre. Davanti a Giovanni c’è un papiro non scritto. “Vuoi scrivere? Allora ritorno più tardi”, si scusa. Per lui è sempre importante non disturbare il discepolo nel suo lavoro della Luce.

                    26.                  “Rimani; ciò che devo scrivere mi è certamente dato, tuttavia l’uomo, quale figlio di Dio, deve riflettere che cosa deve passare ad altri, altrimenti sarebbe soltanto una creatura. Se fosse così, saremmo anche liberi da ogni peccato; Colui che ci lega, infatti, non ci lascerebbe fare niente da noi stessi. Saremmo meno che animali, i quali, nonostante la legge della natura, vivono nella loro piccola libertà.

                    27.                  Tu ti sei chiamato ‘prigioniero del Signore’. Proprio questo permette di essere un figlio libero che deve pensare da se stesso, perché dai pensieri sorgono prima le parole, poi i fatti. Così otteniamo la coscienza superiore che ci lega liberamente al Creatore. Ne parleremo ancora una volta. Allora, se vuoi, adesso parliamo di Roma”.

                    28.                  “Ad un tratto non me ne importa più, Giovanni. Sarebbe più importante ciò che vuoi scrivere”. – “Questo potrà seguire. Per te è bene se cade l’ultima pressione dalla tua anima”. – “Hai ragione; volevo essere più forte di quello che sono, volevo dimostrare che non mi preoccupa più il lato umano. Ah, così un piccolo verme ha davvero rosicchiato”. – “Ora lo eliminiamo”. Si siedono ad una delle finestre, dal mare viene una buona brezza. Giovanni dice:

                    29.                  “Te lo riferisco così come se fosse adesso. Le galee approdano. Il capo portuale è sconvolto quando ispeziona i relitti. ‘Non ho mai visto ancora una cosa simile’, impreca contro il capitano. ‘Nessuna tempesta ha mai ridotto così le nostre navi. Non si possono più usare! Che danno, e proprio adesso che ci serve ogni nave! Dove sono le vele? I remi qualche volta si spezzano, lo so anch’io; ma gli alberi e le vele? Rispondi, se non vuoi che ti costi la testa!’.

                    30.                  L’equipaggio indica Maurius. Il portuale si rivolge a lui. ‘Hai tu a che fare con la faccenda?’. – ‘No’, mente sfacciatamente, ‘io ero controllore su Patmos. ‘Ma questo è il colmo’, interrompe uno. ‘Il capitano non voleva issar le vele, sebbene non si potesse più remare. Maurius ha battuto gli schiavi’. Questo è proibito, dato che si deve ricorrere a loro. Il capo portuale aggrotta la fronte in rughe diritte. Ci vorrà ben una settimana, prima che gli altri si possano di nuovo mettere in azione. E tuttavia dieci galee devono andare verso l’Iberia; ora mancano proprio queste tre.

                    31.                  Si mette davanti a Maurius. ‘Hai preso tu il comando che spetta al tribuno della nave?’. – ‘Dovevo giungere a Roma urgentemente e… uscire dalla tempesta …’. – ‘Basta, di questo devo far rapporto!’. Maurius diventa alquanto piccolo, con ciò si è già giocato il gradino di slancio, come voleva lui. ‘Puoi andare!’. Volta le spalle a Maurius, porge la mano al capitano e dice: ‘Perdonami, non lo potevo sapere. Perché ti sei fatto superare? Il comando stava nelle tue mani’.

                    32.                  ‘Maurius mi ha presentato il rotolo, in seguito al quale avrebbe dovuto assumere lui il comando della Triga, se …’. – ‘Ma non esiste! Ebbene, vi siete comportati da prodi’. Egli provvede all’equipaggio e ai rematori, ognuno è tanto prezioso per Roma, non si può rinunciare a nessun uomo, quindi di nuovo non si aiutano per umanità; in tutti i casi – così rimangono in vita”.

                    33.                  “Si dovrebbe augurar loro di non sopravvivere, allora la loro pena sarebbe finita”. Cornelio è tormentato. “Bene, amico mio, ma tali aguzzini vivranno un giorno nell’aldilà incomparabilmente in maniera più dura dei poveri schiavi. Nel frattempo il capo portuale ha già impiegato un esercito di altri che appartengono al servizio del porto.

                    34.                  La missione per l’Iberia si protrae di una settimana. Il popolo sulla costa, dove le truppe devono approdare, riceve dai pirati un avvertimento; dappertutto, infatti, ci sono spie, ed essi fuggono velocemente nell’entroterra, incendiano ancora le loro casette, devastano ciò che possono ancora devastare. Questo ritarda un po’ l’avanzata. – Ma noi vogliamo seguire Maurius.

                    35.                  Egli si annuncia mogio mogio ad Aurelius. Costui lo accoglie così, come se portasse un buon messaggio. Solo che, Sejananus ha già fatto rapporto al senato, è stato anche dall’imperatore. Questi è di luna buona, cosa che non succede sempre, ha dettato al suo primo scrivano cose d’ogni genere. Al nostro Sejananus lasciamo la gioia di comunicarti cose più precise”.

                    36.                  “Aspetto volentieri. Come si è cavato d’impaccio Maurius? Lo vorrei sapere. È già a Roma?”. – “No, è un’anteprima ciò che ho riferito. Ed avviene così: Aurelius chiama i senatori dove Maurius deve riferire. Nel frattempo è arrivato anche il rapporto del capo portuale. Maurius diventa bianco, anche Pretias, entrambi volevano spartirsi la tua ricchezza. Aurelius è così indignato che non concede nessuna grazia e, presso l’imperatore, pretende perfino di emettere sui due il verdetto di morte.

                    37.                  In seguito a ciò che Sejananus ha riferito di te e di me, l’umore dell’imperatore è ancora mitigato. ‘Oggi non voglio far morire nessuno. Di là delle colonne d’Ercole (Gibilterra) si trova un’isola che non è abitata, come mi è stato una volta riferito. Là i due saranno abbandonati, si dovrà lasciar loro qualche attrezzo, allora potranno stentare la loro vita come vogliono’.”. “Non è più duro della morte?”. Giovanni tristemente lo ammette. Perché… lui vede.

                    38.                  “Moriranno, c’è poca acqua, e la solitudine è il loro più grande tormento. Con questo, possono venire al discernimento. Quindi in tal senso il verdetto è giusto, ma non da parte dell’uomo. È faccenda di DIO, cosa che LUI sa impiegare!”. – “Certo; Dio sa anche invertire le cose, se…”. – “Noi abbiamo un Dio meraviglioso; Egli impiega, Egli inverte, Egli può fare tutto diverso. Oh, Egli ‘fa’ secondo la Sua Volontà abituata al bene!

                    39.                  Se stiamo all’ombra della Sua Grazia, allora abbiamo sulle vie del nostro cammino ciò di cui abbiamo bisogno, ciò che serve alla nostra anima”. – “E per lo spirito?”, domanda il tribuno. “Il Maestro ha detto spesso che lo spirito starebbe sopra tutto e – ancora una parola, non mi ricordo più precisamente, dove Egli ha indicato Dio come SPIRITO”.

                    40.                  “Su questo ho riflettuto poco fa. Fu quando una samaritana poté parlare con Lui al pozzo di Giacobbe e chiese dove si dovesse adorare Iddio [Giov. cap.4]. Allora Gesù diede una risposta che tutti gli uomini si dovrebbero scrivere nel cuore, e molti errori scomparirebbero, ora, e più tardi ancora molto di più. Egli disse: ‘Dio è Spirito, e coloro che Lo adorano, devono adorarLo nello Spirito e nella Verità!’.

                    41.                  Noi abbiamo una scintilla di spirito proveniente da Lui, non lo possiamo afferrare pienamente, perché lo SPIRITO non è mai esauribile, né nel riconoscimento né nella Sua Essenza, – allora la nostra parte di spirito non ha bisogno di nessun avanzamento, di nessuna salita. Esso è dato da DIO, e la parte puramente personale di Dio è buona! Noi però dobbiamo dare la precedenza allo spirito in noi.

                    42.                  L’anima – perfino se proviene dalla Luce – deve portare una parte dell’oscurità nelle nostre vie di assistenza, altrimenti il nostro cammino sarebbe del tutto inutile. L’anima ha bisogno di procedere, di salire, di ritornare nella Casa del Padre”.

                    43.                  “Ho ancora qualcosa sul cuore”, dice Cornelio supplichevole. “A Maurius hai parlato dei giudizi del mondo che rimarrebbero finché questo mondo un giorno sarà cancellato. Ho riflettuto spesso su questo e non sono giunto a nessun risultato. Gli uomini si moltiplicano, nuovi paesi sorgono. Dove c’è da prevedere una fine?”. – “Questo ce lo riserviamo per la sera, quando saranno presenti anche gli altri. Adesso vorrei scrivere”. Con cautela, senza parola e senza saluto, il tribuno esce, va verso la spiaggia, dove si siede volentieri. Come se le onde gli portassero altrettanto la Rivelazione di Dio, per lui è così solenne, completamente meraviglioso. Fino a sera si raccoglie in se stesso.

                    44.                  Sopravviene una mite serata, all’infuori di un leggero moto ondoso, tutt’intorno c’è un solenne silenzio di Dio, e le stelle si riflettono nell’acqua. La comunità della torre si è radunata al completo. Nicodemo tiene un libero servizio di Dio, senza rituale. Parla di quella Parola ‘Dio è Spirito’, e la può spiegare così che ognuno ne ha una benedizione. Cornelio riflette, oggi si sarebbero radunati solo i più maturi, ma per lui è giusto. “Anch’io prima non ero maturo”, pensa alla più bella conoscenza di se stesso, “e tuttavia un Simeone si è affaticato per me e – il Signore!”. Ora parla il veggente di Dio.

                    45.                  “Cari Amici, non sempre è facile attenersi alla buona ragione. A volte si nota la differenza solo quando si sbaglia. Quando si rientra in sé, ci si propone seriamente di non ripetere tali errori, allora troviamo l’avanzamento passo per passo, questo, così detto, perché c’è anche un indietreggiamento se non si pensa al miglioramento. Qui, detto esclusivamente per riguardo alla nostra anima.

                    46.                  Il nostro fedele custode mondano, il tribuno, si è dato del tutto al Signore, e così sorgono in lui grandi domande, domande che l’uomo generico allontana volentieri da sé. A Maurius, che voleva fare il grande qui da noi, io avevo scoperto la sua ingiustizia, dico ancora che l’ingiustizia rimane nell’umanità, perché essa non vuole essere assolutamente diversa, finché la materia un giorno sarà cancellata. Quando sarà questo? Che cosa significano giudizio universale che in un lontano futuro adombrerà quest’umanità?

                    47.                  Non vi dovete preoccupare, anche se il male di questo mondo non cesserà completamente in voi. In Maurius lo avete sperimentato e, più spesso, attraverso i pirati. Alcuni di loro sono oggi tra noi, sono cambiati e si sentono come rinati. Oh, quando un uomo si dà a Dio, allora egli è – come dice il Maestro – rinato con acqua e spirito nell’anima; e purezza e conoscenza sono i sostegni della sua via.

                    48.                  Giudizio universale! Non è giudicato il pianeta, perché è senza peccato, è un’opera della Creazione proveniente dalla Mano di Dio. Egli ha rivelato su di esso, per vero come il più basso nello spazio, proprio ora le Sue magnificenze. Veramente non soltanto su di esso; ovunque, infatti, nell’intero spazio della Creazione agisce il Suo Amore e la Sua Misericordia. La Terra è una parte speciale del ‘semenzaio di Dio’; qui s’incontrano i sommi luminari e le compagnie più basse.

                    49.                  Su questa Terra e nella sua cerchia un giorno fu fissata la tenebra della caduta. Perché proprio qui? In sé, questo non ha importanza. Doveva esserci una parte di spazio, dove i precipitati dovevano subire la loro purificazione. Proprio questa parte di spazio si trova sotto il fuoco incrociato della Sua Serietà e della Sua Misericordia. Senza il serio intervento di Dio – come potrebbe giungere una povera anima da sé al discernimento? Come sarebbe possibile la Redenzione senza la Misericordia –?!

                    50.                  Oh, nell’uomo è giudicato il mondano! Gli oscuri potevano tentare; soltanto così, infatti, essi perdono la forza. Per questo ci vuole certamente ancora molto tempo. Il genere umano deve portare la sua parte nel giudizio universale. Attraverso la croce di Gesù, l’oscurità è stata totalmente aperta con un urto, e gli oscuri, di cui ne esistono come la sabbia nel mare, vengono riscattati. Quanto più si avvicina la fine della materia, tanto più grande diventa l’oscuro flusso che si espande particolarmente nel mondo.

                    51.                  Il Signore lo ha annunciato, ma, non senza quella grande consolazione:

Il Cielo e la Terra passeranno, ma le Mie Parole non passeranno!’ [Matt. 24,35]

Le Sue Parole sono la certezza data a noi, nella quale siamo al sicuro. Certo, talvolta sembra come se Dio non possa aiutare. Oh, EGLI lo può sempre! Quella Parola si è marchiata a fuoco in noi:

Vi lascio la pace, vi do la Mia pace. Io non do a voi come dà il mondo. Il vostro cuore non si spaventi e non abbia paura’. [Giov. 14,27]

                    52.                  Come scompare ora la materia? Ecco che un giorno si dirà”, Giovanni vede per il momento già delle immagini che avrà più tardi nell’ultimo tempo su Patmos, “questo mondo va improvvisamente a picco. Dove? Non esiste nessun sotto e nessun sopra, nessuna lontananza, nessuna vicinanza, attraverso la quale non spiri l’ATMA[8] di Dio! La caduta, insieme all’oscurità, scompare. Ben inteso: la caduta, non i caduti! Chi è caduto, verrà un giorno risollevato.

                    53.                  Qui non c’è nessuno di voi che non ha già visto morire un uomo. La morte viene incontro a un uomo quasi sempre lentamente, cosa che è una grande Grazia – per chi ne approfitta. Allora l’uomo ha ancora tempo di fare i conti con se stesso. La morte può anche venire all’improvviso, cosa che accadrà specialmente in quel tempo lontano, dove non si sa, come si deve vivere materialmente – come si vorrebbe vivere. Là domina la voglia del mondano.

                    54.                  Come gli uomini possono morire lentamente, così lentamente si dissolve la materia del mondo dopo la ‘croce del Golgota’; come nei suoi ultimi giorni, il cui tempo non abbiamo bisogno di conoscere, la morte coglierà di sorpresa gli uomini, dal momento che in un giorno possono morire, strappati via, innumerevoli uomini, attraverso la potenza del materiale, quindi la materia viene allora disciolta più velocemente, dapprima gli estesi margini, finché si restringe la spirale, ed in ultimo colpisce il nucleo dell’oscurità: il vicino margine di questo mondo ed esso stesso.

                    55.                  Alcuni nati nella Luce noteranno anche che la sventura non viene mai data da DIO. L’umanità stessa si scava la fossa dell’avversità. Dio, infatti, è buono! Quella parte della libertà dei figli, la quale serve allo sviluppo di un figlio, quella influisce nel potere del mondo. Dio lo tollera, soltanto – non senza la Sua superiore vigilanza! Se questo non fosse il caso – già adesso questo mondo e molto altro non esisterebbe più, cosa che si può scorgere nel firmamento per noi sconfinato: Sole, Luna e la pluralità delle Costellazioni.

                    56.                  Con ciò molte anime sarebbero perdute in eterno, mai troverebbero l’uscita dal loro esilio. Che cosa sarebbe successo allora? Dio avrebbe potuto gioire della Sua Magnificenza? Non dovrebbe guardare sempre la ‘parte esterna?’. E dove rimarrebbe l’Onnipotenza del Suo Amore? Non farebbe Egli tutto, per riportare a Casa quelli che si sono perduti da se stessi?

                    57.                  Amici, l’Eterno non ha bisogno di fare prima questo. Lo ha già fatto, dalle Eternità, e come chiave di volta attraverso la croce del Golgota! Egli ha aperto la porta e non verrà mai più chiusa, finché l’ultimo figlio più povero non abbia intrapreso la via del ritorno. E, come schiera su schiera trova la via per il ritorno in Patria, così si sbriciola una cosa dopo l’altra della materia.

                    58.                  La materia serve solo come luogo di transito per i precipitati; per questi in particolare sta la croce sul Golgota, per questi Dio è apparso come un Uomo. Che cosa sarebbero i perduti, infatti, se non fosse avvenuto per loro l’Atto sacrificante del Signore?! Qui sono rinchiusi tutti i viandanti che vanno nella materia nel servizio del sacrificio, su questo mondo e altrove. Ovunque agiscono le fedeli mani paterne di Dio!

                    59.                  E ancora, il paragone, come la materia passerà: se un uomo è morto, dura in ogni caso ancora a lungo finché si dissolve il suo corpo. L’involucro di carne muore solo un po’ alla volta, finché in ultimo passa anche lo scheletro. Così, lentamente – per amor dell’alta Grazia – muore la materia, la sua morte di resurrezione!

                    60.                  Pure noi ne siamo legati, noi abbiamo bisogno spiritualmente di una morte di resurrezione. Con il distacco di ciò che ci ha legato attraverso la via peregrina, andiamo incontro alla Patria di Dio. In uno potrà svolgersi lentamente, nell’altro velocemente – ognuno è guidato da Dio, dal Suo Amore e dalla Sua Misericordia.

                    61.                  Catturati nell’Amore di Dio, posti sulla via dello sviluppo, sotto la guida di Dio e con vera serietà dobbiamo dire:

Padre, la Tua Volontà sia fatta in ogni tempo!’,

così siamo giunti su questo piolo della nostra scala del Cielo. Là non c’è nulla che possa spaventare il nostro cuore. Certo, dobbiamo vivere ancora in modo terreno, nell’impulso di conservazione, ma allora il nostro spirito ha assunto il potere. Si ha la brama di ritornare nella Casa paterna.

                    62.                  Chi si vuol liberare di Dio – nessuno lo può sapere, – dovrà riconoscere un giorno: l’Amore paterno lo ha fermato, non ha fatto, per così dire, nulla per la parte di tempo della vita materiale, ha lasciato andare l’uomo nello smarrimento scelto da se stesso, perché ogni strada sbagliata ha un limite. Là non c’è un avanti, là c’è soltanto il fermarsi, cui può seguire una conversione, e deve seguire.

                    63.                  Nessuno può fermarsi per sempre, né in maniera materiale, tanto meno in maniera trascendentale, cosa che si riferisce unicamente alla parte animica. Si comincia di nuovo a camminare, spesso a lungo in modo incosciente. Come un piccolo fanciullo cammina a piccoli passi attraverso le viuzze e non sa dove sta andando, proprio così succede ad ogni anima, ad ogni essere senza luce! Ogni conversione ha però per conseguenza il ritorno a Casa.

                    64.                  Non diversamente sarà un giorno con la materia. Se lo Spirito creativo di Dio non avesse pulsato attraverso la materia, sin dal principio, quando Egli la creò per la caduta, – non avrebbe potuto sussistere per un secondo di eternità! La forza di conservazione, una parte essenziale della Potenza creativa, farà sorgere da ogni sostanza grossolana un’opera nuova. Dove, come, quando – nessun figlio lo afferrerà. Quando però il nuovo mattino della Creazione sarà giunto, allora gusteremo l’immensa bontà di Dio, la quale ci concederà una parte nelle meraviglie delle Sue Magnificenze.

                    65.                  Con tutto ciò che ho potuto dire, è chiarita la questione dell’uomo: ‘Perché ha Dio …?’. Il Suo santo ‘perché’ raramente gli uomini lo riconosceranno pienamente. Chi si piega totalmente alla Volontà di Dio e riconosce – in tutte le cose – la Sua conduzione, sostituisce la parola interrogativa ‘Perché’ con quell’altra:

Signore, quello che Tu fai, è ben fatto!’.

*  *  *

                    66.                  Il mattino successivo s’incontrano Giovanni e Cornelio sulla spiaggia, dove guardano verso la luce che splende lentamente sull’acqua. Lì stanno seduti a lungo senza parlare. Il veggente attende, egli nota che il romano ha qualcosa nel cuore. E questi comincia anche, dopo che il Sole si è completamente alzato.

                    67.                  “Il tuo discorso di ieri mi ha profondamente toccato, anche ciò che ha detto Nicodemo. Quanto è bene che ho potuto salvarti. E Maria, la cara donna. Per giunta aspetto presto la notizia, ho inviato uno a Capernaum”. – “Tu sei veramente il nostro migliore amico”. – “Ah sì? Non è il Salvatore il nostro migliore Amico?”. – Un cordiale sorriso di Giovanni: “Tu sai che cosa intendevo dire. Ti ho chiamato il fedele custode mondano, e qui tu sei appunto il nostro migliore amico, diciamo – un fedele. Così abbiamo scansato bene il pericolo”.

                    68.                  “Sarebbe molto strano se il veggente di Dio non lo vedesse giustamente e lo interpretasse adeguatamente. Quello che ti volevo chiedere è che qualcosa non l’ho capita: il legame di libertà. Tu eri catturato e legato e non eri libero. Certo, di fronte al Creatore si sarebbe –”. Cornelio si blocca, egli non sa, se e come lo deve chiamare.

                    69.                  “Lo senti in te”, dice Giovanni, “ti mancano le parole per sciogliere il nodo. Quando ero legato, non ero un uomo libero; ma il mio spirito andava per vie libere, andava con Gesù al Getsemani e – al Golgota. Nessuno poteva ostacolare queste vie del mio spirito, perché le guardie non ne avevano nessun presentimento. Vedi, così ero saldamente legato sulle vie di Gesù, non potevo pensare nient’altro, perché ero un prigioniero – il Suo, così come lo sei tu.

                    70.                  Ero io costretto a pensare così? Non avrei potuto pensare anche al mio futuro, futuro che umanamente stava davanti a me nel buio? Non potevo preoccuparmi di come avrei potuto fuggire? Esistevano anche dei momenti incustoditi. Guarda, io non dovevo percorrere nell’interiore le vie di Gesù, l’ho fatto totalmente libero. L’Amore però, col quale il Signore ci sommerge, questa era la catena, e questo è sempre un legame di libertà.

                    71.                  Se non stessimo sotto la Potenza creativa di Dio, se non ci guidasse, sapendo: LUI solo ci può conservare! Oh, saremmo meno che un lieve vento che sfiora le nostre guance e poi passa. Non si sa da dove viene, né dove va, se sfiora qualcun altro oppure si disperde del tutto.

                    72.                  Ma la Potenza del Creatore non ha nessun ‘rigido obbligo’, per quanto si tratta dei figli di Dio. Il cammino degli astri insieme alla natura, che possiamo osservare materialmente, sono subordinati ad una necessità, perché senza di questa, nulla sussiste. Possiamo sondare la necessità della Creazione? Oh, no, non ne abbiamo neanche bisogno. Per noi basta sapere: il Creatore guida tutte le cose, LUI le ha fatte!

                    73.                  Certamente anche per noi vale un ‘obbligo’ proveniente dalla legge della Vita, con cui Dio borda meravigliosamente le nostre vie. Quest’obbligo è la bordatura dell’intera vita, riconoscibile totalmente solo nella Luce, come oggi quel primo vago bagliore all’orizzonte, con questa differenza: il Sole sorgeva, lo vedevamo muoversi. L’orlo della vita rimane per noi sempre un orizzonte, perché passiamo da un’esistenza nell’altra, infinitamente mutabile, sempre di nuovo in nuovo e, sorgendo meravigliosamente; e questo colma tutti i giorni della Creazione.

                    74.                  Lo scorrere di un giorno non si può né fermare né affrettare, però all’interno dello stesso noi siamo liberi, finché non lo condiziona il piccolo obbligo della vita: lavorare, mangiare, bere, dormire e ancora parecchio altro di più. In ciò ci si sente non costretti e, ciò nonostante, lo si deve fare. Così pressappoco, soltanto in maniera più creativa, è l’alto obbligo della vita che ci lega al Creatore, procedente dalla vitalità che Egli ci dona continuamente. Nel Regno, Cornelio, un giorno ringrazieremo Dio, per il fatto che ci ha legato così saldamente a Sé. Non vorrei mai più essere lasciato da Lui”.

                    75.                  “Nemmeno io”, dice a bassa voce il romano, “se – se Dio vuole tenermi volentieri presso di Sé”. – “Non far che questa sia una domanda, al massimo una preghiera, consolidata con la consapevolezza: è così! Dio ci tiene volentieri presso di Sé, e precisamente non soltanto dall’altra parte, quando abbiamo terminato la nostra piccola via attraverso la materia. No – Egli ci tiene sempre saldi! Un giorno nel Regno, ora nel transito di un cammino terreno, e poi nuovamente nella Luce, nella Casa del Padre”.

                    76.                  Cornelio medita tra sé: “Di nuovo un cibo pesante”, e sospira assorto, “non l’ho del tutto digerito. Così, nel piccolo, però, l’ho afferrato. Ti ringrazio e sono lieto che io possa sapere anche questo. Sai, Giovanni, non ti libererai più di me. Con me avrai molto da fare. Devo e voglio sapere ancora tanto. Ah, ecco, c’è subito una ‘necessità’. Devo procedere nella conoscenza, vorrei per una volta portare volentieri il mio lumicino all’Altare maggiore, affinché Dio la possa contemplare”.

                    77.                  “Posso darti un consiglio?”. – “Sempre, Giovanni!”. – “È ciò di cui perfino io stesso ho bisogno ed allora stiamo mano nella mano. Come desiderio il pensiero è buono; ma è meglio se depositiamo il nostro lumicino, il nostro dono riportato, al bordo di tutte le Sue Magnificenze. Se Dio stesso lo viene a prendere, la nostra beatitudine raggiungerà il grado più alto pensabile, di volta in volta nel tempo, in cui accade questo e quello.

                    78.                  Parecchi figli vorrebbero recarsi davanti all’Altare maggiore. Là Dio coglie la loro nostalgia e, con ciò, copre l’errore: andar da sé, invece che aspettare! Noi aspettiamo. Finché ci guida a Sé, spiritualmente senza fermarsi. Tanto più volentieri Egli leva in alto il nostro piccolo dono e lo pone sul Focolare della Creazione. Poi la nostra gioia celeste sarà sublimemente perfetta per il Giorno dell’Amore”.

                    79.                  Quello che Giovanni dice adesso, è nuovo perfino per lui stesso; la sua anima rabbrividisce. Cornelio sta lì di nuovo seduto a lungo assorto. Lui rabbrividisce ancora di più, del tutto deliziato, in maniera inesprimibile. Ad un tratto abbraccia il suo amico del Cielo, come spesso chiama fra sé il discepolo.

 

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Cap. 10

Altri buoni insegnamenti – L’odissea del viaggio e ancora Parole del Signore

Giovanni prosegue sull’Evangelo e spiega alcuni passaggi riguardo ai morti spirituali – Per spiegarsi meglio ottiene dall’alto di far vedere ai due amici, attraverso la vista spirituale, delle immagini di anime aventi il proprio spirito morto – Ritorno della Cornelia e racconto del lungo viaggio a Roma con il ritorno vissuto come un’odissea – Una lettera di Maria a Giovanni che spiega la situazione dei credenti a Capernaum – Una consolazione a Giovanni da Gesù

                      1.                    Un paio di settimane sono passate e la Cornelia non si vede. In un primo momento il tribuno non si preoccupa, ritardi avvengono spesse volte. Troppo pochi rematori, tempo sfavorevole, e parecchie altre cose, ritardano facilmente la partenza delle galee. Per questo non ha disturbato Giovanni, per un mese intero.

                      2.                    In questo tempo il veggente ha scritto molto, talvolta spesso pensieroso: ‘La notizia è incompleta, cosa che si rileva dal camminare col Signore’. Così una scena alla piscina di Betzata e soprattutto quel discorso che rimase così incompreso[9]. Alla presenza di Cornelio ne parla con Nicodemo. È nella quinta settimana dopo il trovarsi insieme nella torre.

                      3.                    “Difficilmente comprensibile”, dice il sacerdote, dopo che Giovanni ha letto questo passo. “Purtroppo non sempre potevo essere presso il Signore; voi sapete, a Caifa e Hannas veniva rivelato quando mi trovavo presso il Maestro. Allora c’era un baccano. Il Signore però parlava sempre della Vita, di quella eterna, ed io riconobbi che non esiste nessuna morte, soltanto un morire, un andar via dal mondo, senza corpo della materia. Se adesso venisse l’ora, in cui i giacenti nelle tombe risorgessero poi alla Vita eterna, la Parola ‘eterna’ non s’accorda. ‘Eterno’ significa non solo futuro, è ciò che esiste!”.

                      4.                    “Ho riflettuto anche su questo”, dice Giovanni. “Si prendono le Parole di Gesù troppo terrenamente. Le Sue Parole invece hanno un grande senso. ‘Giacere nelle tombe’ sono i piccoli di questo mondo – quelli che pensano solo alla materia e quindi sono ‘morti di cuore’. Là lo spirito dell’uomo si trova quasi del tutto da parte, aiuta soltanto affinché l’anima non vada completamente perduta, perché essa non si lascia toccare. Perciò giace come in una tomba, e questo per lo più fin molto addentro nella vita dell’aldilà.

                      5.                    Esse vegetano come un verme, ed ecco che passa molto tempo, prima che si lasciano risvegliare, finché viene la ‘loro ora’. Che questo vale per ogni smarrito, il Signore lo dice qui molto concretamente: ‘Venite!’ Soltanto allora questi risorgono spiritualmente; soltanto pochi già in questo mondo. Per di più viene allora il tempo della vita, prima che tali anime diventino uomini, qui e altrove, questo è uguale. Il tempo infinitamente lungo per loro si può chiamare simbolicamente ‘eterno’.

                      6.                    Ora, come ‘verranno fuori anche coloro che hanno fatto del bene per la resurrezione della Vita?’. A noi il Signore lo aveva spiegato, finché giunse la conoscenza. Quelli che fanno del bene, vale per coloro che hanno un animo pronto a soccorrere, cosa che non deve necessariamente dipendere dalla fede. Ci sono dei popoli che non sanno ancora nulla di un Creatore, di conseguenza non possono neanche credere in Lui.

                      7.                    Deve Egli condannarli? Questi uomini devono, per questo, giacere a lungo in una tomba? No! Per costoro vale unicamente la tomba esteriore. Il Signore disse anche: ‘In un’ora!’ in quella loro, in cui spirito e anima si separano dal corpo. Questi risorgono poi subito, entrano nella Luce, vengono accolti subito, perfino se hanno molto da recuperare nella scuola dello spirito.

                      8.                    Ora, ancora quell’altra cosa che si lascia collegare difficilmente con la bontà di Dio. Questa è che i ‘morti nel loro cuore’ risorgeranno per il giudizio. Cornelio, afflitto, pensa di nuovo: ‘Sì, sì, ci sono anch’io; infatti, prima che riconoscessi il Signore, io ho …’. – Non dimenticare, amico mio: chi si pente, a chi si è cambiato con tutto il cuore, con tutto il sentimento, allora il Redentore parla ed ha già parlato nel tempo antico:

Anche se il vostro peccato è rosso sangue,

deve comunque diventare bianco come neve;

se è come lo scarlatto, deve diventar come lana’. [Isaia 1, 18]

                      9.                    Il giudizio significa la resa dei conti per ciò che uno ha caricato su di sé. Ma se il conto è stato liquidato, cosa che per le ‘anime morte’ è possibile soltanto dopo il risveglio, allora segue l’insegnamento, al quale può essere collegata la conversione.

                    10.                  Poi il giudizio significa il rialzare, il raddrizzare ciò che era storto, ‘la faccia’ viene voltata come riconoscimento, qui, infatti, quella libertà vale per amor dell’anima, se essa ha l’ardente desiderio per ‘il segreto tocco’ di Dio, di deporre la sua vita morta molto percepita”.

                    11.                  “Posso interrompere?”, domanda Cornelio. – “Naturalmente”. – “Spiegami, com’è da percepire una vita morta. Morto è morto! Certamente non esiste nessuna morte nella quale non esiste più niente. Questo sarebbe contrario ad ogni insegnamento del nostro Signore. Una volta Egli parlò con me dell’‘eterno Essere’, questo è il Creatore stesso e – LUI, il caro Signore, perché Lui stesso era il Padre Creatore, è e rimane.

                    12.                  Ogni uomo, se credente oppure no, proveniente dalla Luce o dalle tenebre, porta in sé la vitalità. Allora ero contento e Lo ringraziai, perché lo potevo riconoscere. Ora se si è ottenuto da Dio la scintilla della Vita, allora la morte in sé è certo eliminata. Dove tuttavia egli pone l’anima nella fossa scavata da se stesso e la si deve indicare con ‘morte’, la percezione è qui comunque possibile? Questo nuovamente non lo comprendo”.

                    13.                  “È uno di quei punti che ci da molto da fare. Ti voglio una volta guidare”. In questo Giovanni si sente profondamente beato, perché Qualcuno lo guida, un Invisibile. È la vista dello spirito. Anche il sacerdote è portato via in spirito. Si apre l’aldilà. Essi vedono una schiera che si agita come nel sonno, fa differenti cose come si fa nel sogno. E così come in un sogno, viene percepita l’esistenza: le anime sono legate al loro posto. Soltanto, nelle piccole vicinanze c’è un avanti e indietro, dal momento che sono viventi e, ciononostante, morte. Alcune vedono anche la loro tomba corporale nella materia, come il loro corpo si decompone. Questo lo sentono nella loro anima. Inutilmente esse s’incolleriscono. Ecco però…

                    14.                  Di tanto in tanto cadono dei raggi nella loro valle tenebrosa, come quando un raggio del Sole mattutino colpisce gli uomini nel sonno. Alcune, da questo, si svegliano, altre continuano semplicemente a dormire. Chi si lascia risvegliare – fino al risveglio giungono molti raggi di Grazia – ha già la sua guida accanto a sé, guida che l’anima non vede subito. Tuttavia viene portata via lentamente, su una pianura, perché il ‘salire’ è per lei gravoso. Lentamente raggiunge poi le colline, finché l’anima impara a salire. Si toglie la sua sensazione di sonno e riconosce che cosa le accade…

                    15.                  I tre nella torre si guardano stupiti. Gli occhi di Giovanni splendono, Nicodemo pensieroso fa cenno col capo e Cornelio dice una parola: “Capito!”. Una visione può spiegare molto con più facilità. “Sia ringraziato il caro Signore”, aggiunge ancora. Ora non vuole più venire con il suo fardello, fardello che lo ha già assalito. ‘Forse la galea arriva domani’, consola se stesso. Questo però non gli dà nessuna pace. Che cosa è accaduto con Sejananus, con i rematori, i quali sono quasi tutti credenti? Che sono naufragati in una tempesta, non lo crede, nemmeno nei pirati, i quali con l’ultima azione di rastrellamento sono diminuiti. Ma Roma. – Chissà se Maurius non … nonostante la previsione di Giovanni. – – –

                    16.                  La sera successiva aggrava Giovanni: “Non posso più darmi pace”, comincia. “Perfino con la più grande avversità la Cornelia è da tempo in ritardo”. – “Non condivido la tua preoccupazione, perché non è necessaria. Non porto via nulla al fedele, lui stesso ti dovrà riferire tutto. Egli ha avuto una grossa preoccupazione, quando gli giunse un ordine particolare dell’imperatore. Perfino per Aurelius questo non era giusto, e cercò di persuadere lo stesso imperatore. Costui questa volta rimase ostinato e, disse impetuoso: ‘Quello che ho ordinato, non deve essere cambiato! Guai al senato se agisce al contrario!’. Egli però non lo aveva pensato così in malo modo.

                    17.                  Ieri ho visto la Cornelia a vele spiegate e a pieni remi verso oriente dietro Creta; domani o dopo domani la nave entrerà nel porto. Contento?”. Invece di dare qualsiasi risposta, il romano si getta ancora una volta al collo di Giovanni. Corre alla finestra come se potesse già vedere adesso la nave, e ritorna al tavolo, dove Giovanni è rimasto tranquillamente seduto.

                    18.                  “Sia ringraziato Iddio! Anche te, discepolo di Gesù. Con la visione mi hai liberato da un grande fardello. Forse non sai precisamente ciò che è possibile da noi, a Roma. La Cornelia è una buona nave, l’imperatore la può requisire. È già successo con altre navi, e non soltanto adesso. Il mio capitano e i miei uomini mi avrebbero fatto molta pena se si fosse issato sulla Cornelia un'altra bandiera. Comprendi?”.

                    19.                  “Assolutamente! Certo, non sono ancora stato a Roma, ma ho sentito molto. Alla presenza del nostro Maestro, i romani Gli hanno riferito questo e quello, per – come te – alleggerirsi il cuore. Questo avveniva quando non c’era nessuno che stava ad origliare. Vedi, la tua preoccupazione sarebbe giustificata senza regia celeste. Qui Dio è intervenuto in sommo grado personalmente. Certo, non esiste nulla in cui non operino le Sue mani, spesso di nascosto, poiché il nascosto serve per la salvezza delle anime degli uomini. Aspetta, ora puoi stare completamente tranquillo”. – “Lo sono già! Soltanto, di nuovo con il ‘sommo grado personalmente’, ah, Giovanni, questa è troppa Grazia che il Signore mi concede”.

                    20.                  “Non a te solo, pensa alla gente sulla nave”. – “Sì, questa appartiene a tutti, a loro va la stessa Grazia; ed è questo che mi rallegra molto”. Cornelio si precipita fuori, il suo cuore trabocca. Nella solitudine sulla spiaggia i suoi occhi si bagnano di lacrime, lì la sua gratitudine sale in alto a Dio.

                    21.                  Due giorni più tardi, verso mezzogiorno, vengono degli informatori dal tribuno. “Una nave in vista!”. Anche la guarnigione di Patmos e i pescatori sono preoccupati sul ritorno della Cornelia. Uno con occhi molto acuti riconosce la galea nella particolare buona fattura, nella bandiera e nell’elmo in cima all’albero maestro.

                    22.                  “È lei!”. Cornelio riconosce la sua nave che si avvicina. Gli schiavi fanno grandi sforzi, si saprà perché fanno questo. Chi può, accorre. Due pescatori si affrettano al loro vicino luogo e vanno a prendere una grande nassa piena dei pesci migliori, pesci che hanno pescato tra la notte e il mattino.

                    23.                  Tutti sono salutati nel migliore dei modi, a parecchi schiavi sono strette le mani, Cornelio saluta perfino ogni singolo. “Avete l’aria stanca”, dice all’intero equipaggio, “presto sarà provveduto per voi”. A Scubatus impartisce l’ordine: “Gli uomini alla taverna, i rematori alle baracche dietro la torre. Falli rifocillare”. Scubatus saluta militarmente; per lui è un onore servire il tribuno, non importa per che cosa.

                    24.                  “Prima vogliamo fortificarci”, dispone Cornelio. Il capitano, Giovanni, Nicodemo e i graduati si siedono al triclinium. L’oste ha iniziato delle persone, e così non ci vuole molto che il pranzo viene servito. “Avrai molto da riferire”, Cornelio si china verso Sejananus, “prenditi il tempo, se non oggi, certo domani. Attendo volentieri”.

                    25.                  “Sono subito a tua disposizione. Cronias, Scubatus e il tuo decurio devono anche ascoltare, non si sa, se hanno una volta bisogno della notizia”. – “Certo, Giovanni e Nicodemo in ogni caso”. Si va incontro alla sera, quando si radunano nella torre. Due legionari stanno di guardia giù davanti alla porta. È proprio usanza militare sorvegliare gli ufficiali, anche se qui non ci sono mascalzoni. Più che mai quando dei superiori si consigliano in segreto.

                    26.                  L’oste manda pane fresco e vino. Il tribuno domina la sua impazienza. Quante cose ascolterà? “Parla franco e liberamente”, esorta egli Sejananus con particolare benevolenza. “Non puoi immaginarti quali pietre mi son cadute dal cuore, quando ho visto la nave in buono stato. Giovanni ha sentito rotolare le mie pietre..”, il romano sorride. Si approva contenti. Egli dice: “Erano pietre pesanti, ora sono rotolate via”. Sejananus fa cenno col capo un paio di volte e racconta la sua odissea.

                    27.                  “Prima andai da Aurelius, egli ascoltò tranquillo e disse solamente: ‘Da Maurius non c’era da aspettarsi altro. Ma che dietro a costui ci fosse anche un Pretias, questo è… a dir il vero, egli è pieno di debiti, ha perfino perso, in una scommessa, la sua casa. Quando arriverà Maurius?’. Non presto, lo informai, egli gioca grosso. ‘Ha finito di giocare’, esclamò Aurelius. Poi andò subito dall’imperatore.

                    28.                  Questi fu molto indignato, da come mi riferì Aurelius. ‘Roma deve molto a Cirenio, suo nipote, il tribuno, cammina del tutto nelle sue orme!’, disse l’imperatore. ‘Ci sono pochi fedeli, ed io li devo sostenere’. Poi ordinò di tenere alquanto a bada Maurius”.

                    29.                  “Giovanni lo ha visto, e come sarebbero approdate le galee, quasi completamente distrutte e come i due mascalzoni arrivarono su un’isola”. Sejananus guarda il discepolo. Questi è un autentico veggente, deve egli pensare. “Allora è superfluo dire questo. Hai visto di più?”. – “Questo sì, ma non l’ho riferito; devi avere la tua gioia nel riferire ciò che è accaduto”, dice Giovanni. “Sì, lo voglio fare”. Sejananus beve prima una coppa di vino.

                    30.                  “L’imperatore mi accolse nel migliore dei modi, ma il suo ordine – vi stupirete! Mi consegnò per Cornelio un rotolo. Quello che c’è scritto, lo discusse con Aurelius e con me: un ringraziamento speciale e Patmos deve essere tua per tutto il tempo della tua vita. In ogni caso non esiste nessun genere di pericolo per la nostra isola della pace, perfino se dovesse venire un altro Maurius.

                    31.                  Il capo portuale aveva concesso alla Cornelia di partire il giorno successivo, allora arrivò un ordine – purtroppo un ordine falso – un terzo mandante lo aveva falsificato. Mi portarono via metà dei miei schiavi rematori e dieci uomini. Ero come colpito a morte! Era impossibile che io potessi viaggiare così. Il capo portuale sentì odor di bruciato e già dopo alcune ore scoprì la faccenda, si fece annunciare immediatamente ad Aurelius, il quale a sua volta andò dall’imperatore.

                    32.                  E lo strazio della mia gente! Per fortuna erano ancora all’interno del porto. Li ottenni di nuovo subito. Quanto gioirono tutti. Ognuno fece del suo meglio, cosa che sulle prime fu molto difficile. Oramai dovevo aspettare fino a che fosse giunto Maurius. Per me andava bene, ci si poté riposare ed io visitai i miei amici. Pretias era già dietro le sbarre. Dopo che Maurius arrivò, ricevetti un nuovo ordine, ordine che mi avrebbe quasi fatto cadere a terra. Dovevo portare io i delinquenti sull’isola.

                    33.                  Non ero ancora mai stato al di fuori delle colonne d’Ercole, perciò non avevo nessun’idea di dove avrei dovuto dirigermi. Mi misero a fianco l’uomo che un giorno scoprì l’isola nel mar grande, mare di cui finora non si è ancora vista la fine. Ora però, i delinquenti? Proprio io dovevo sorvegliarli? La Cornelia non ha un luogo sicuro dove si potevano tenere questi due agli arresti. Mi fu consegnato un rotolo con l’ordine di leggerlo solamente quando la nave sarebbe stata in viaggio.

                    34.                  Suvvia, morire bene, pensai. Maurius e Pretias furono consegnati duramente incatenati, affinché non diventassero pericolosi. – Essi mi avevano perfino insudiciato. – Fissai le loro catene nella stiva ai ganci di ferro, dove si assicura anche la merce. Di per sé mi facevano pena; non aver libere né mani, né piedi, potevano appena solo mangiare. Feci portar loro un po’ di paglia per giaciglio. Anche se delinquenti – sono uomini.

                    35.                  L’imperatore scrisse – lo potete leggere voi stessi, – che aveva fiducia solamente in me nel portare questi due in esilio. Non sarebbe stato veramente certo che Pretias non avesse avuto uomini che stavano nascosti, i quali avrebbero potuto mettere i due al sicuro da qualche parte. Sarebbe stato certo estremamente necessario levarsi di dosso tali elementi. Aveva ragione, il nostro reggente supremo!

                    36.                  Dietro le porte delle colonne d’Ercole, il mare si mostrava lontano come un arco, e per di più noi stavamo navigano a vela, già da quattro giorni. Il mio accompagnatore era ben pratico, ma dovevamo dapprima cercare a lungo. C’era una serie di piccole isole, tutte lontane una dall’altra. Alcune sembravano gradevoli, vi crescevano palme e davano l’impressione come se fossero abitate. Noi però navigammo oltre.

                    37.                  Alla fine trovammo quella giusta. Dapprima scese a terra il mio accompagnatore io ed uno dei miei uomini migliori, e l’attraversammo, per quanto sarebbe stato possibile, in poco tempo. Non trovammo da nessuna parte tracce di uomini o animali. C’era sabbia e terreno roso dal tempo, alcune palme storpiate facevano supporre che c’era poca buona acqua. Aveva un aspetto desolante. Là periranno, pensai”.

                    38.                  “Giovanni lo ha riferito”, interviene Cornelio. Quasi colpito, Sejananus guarda il discepolo. “Lo so”, dice con atteggiamento tranquillo, “non ho bisogno di stupirmi: tu sei un veggente di Dio, uno autentico. Ma che la visione giungesse fin nel più piccolo particolare terreno, oh, questo non lo avrei mai pensato! E così preciso!

                    39.                  Trovammo soltanto una pozza d’acqua, poco profonda e apparentemente non molto pura. Era un’isola completamente disabitata. Entrambi mi facevano molta pena, ma per noi potevano diventar pericolosi in ogni momento, e per il trono, quantunque anche questo …”. Sejananus si schiarisce la gola. Anche così si sa che cosa voleva dire.

                    40.                  “Impiegai l’intero equipaggio, armato, e portammo gli esiliati con le catene a terra. Slegarli fu per loro molto doloroso. Per le ferite e il lungo viaggio erano rimasti immobili e vacillanti. Ne approfittammo e ci affrettammo a ritornare sulla nave, portammo con noi anche le catene. Prima che i due potessero rendersene conto, eravamo già partiti”.

                    41.                  “Questo è duro”, dice Nicodemo, “purtroppo non ci si può proteggere diversamente da tali maligni”. – “Una morte, come la voleva Aurelius, sarebbe stata per loro piena di grazia”, aggiunge Cornelio. “Tutti avete ragione”, interviene Giovanni. “Il corpo passa, sia lentamente o velocemente, sia per un imperatore o per un mendicante. Maurius aveva trattato male gli schiavi, altrettanto Pretias.

                    42.                  Visto dall’alto è bene, dal momento che possono espiare la loro colpa sulla Terra. Dura però soltanto alcune lune, poi muoiono. La loro pena è loro messa in conto, così che le loro anime nell’aldilà sperimenteranno un alleggerimento. Questo, per la loro eternità, è infinitamente meglio che soffrire meno a causa delle loro molte cattiverie. Dio calcola sempre giustamente!”.

                    43.                  “Se non avessi inviato Sejananus, allora sarebbe…” – “…successo il contrario!”. Suona duro ciò che dice il veggente. Egli indica Cornelio: “A te sarebbe toccato ciò che i due devono giustamente subire. Non resterebbe nulla dell’isola della pace. Non voglio parlare di me stesso; ma DIO mi ha guidato qui. Io devo completare una seconda Opera[10].

                    44.                  Non aggravare la tua anima. È conduzione di DIO, anche se per noi uomini spesse volte è difficilmente comprensibile. Noi siamo nella Sua mano e, così, possa agire la Sua volontà in ogni tempo”. Tutti riconoscono questo volentieri. “Perché il viaggio di ritorno è durato così a lungo?”, domanda Cornelio. “Sei già stato tu al di fuori delle colonne d’Ercole?”. – “Con una flotta, ancora sotto il Quirino[11]. Inoltre: la Cornelia era la sua nave capofila, perciò essa è straordinariamente solida e ben costruita. Prima della sua fine egli aveva consegnato a me, sigillato da Roma, il diritto di proprietà sulla galea, ed io la dovevo chiamare con il mio nome”.

                    45.                  “Allora pressappoco sai quanto è difficile navigare”, dice Sejananus. “Da due giorni la serie di isole era alle nostre spalle, allora venne fuori un vento spiacevole e mare agitato, vento che s’infranse soltanto davanti all’Iberia (Spagna). Una nave ci venne incontro che riportò l’accompagnatore di nuovo a Roma. Mi diressi verso Creta; non eravamo più completamente integri. Acqua, vino e cibo erano diventati scarsi.

                    46.                  A Tiro caricai della merce, la stiva è colma. Per Giovanni ho certamente una gioia. Era il terzo giorno, il mattino successivo volevo ritornare, bramavo ardentemente di vedere la nostra isola. Andavo giusto attraverso il porto, ecco che il capo portuale mi rivolse la parola. ‘Un tizio cerca una nave che va a Patmos’. Chi voleva venire? Non mi piaceva, non si sa mai. –

                    47.                  ‘Nessuno, un messaggio per qualcuno – anzi, aspetta, – mi pare si chiamasse Joses o qualcosa di simile. Guarda, il messo sta ancora cercando!’. Gli facemmo cenno di avvicinarsi. Si accertò se il suo messaggio non capitasse in mani sbagliate, poi mi consegnò uno scritto sigillato. ‘Da una donna di Capernaum’. Capii subito tutto. Si chiama Maria? ‘Tu conosci la donna?’, si meravigliò l’uomo.

                    48.                  Se è lei, dissi io – è stata in visita a Patmos. Il beneficiario si chiama Giovanni, il Galileo Giovanni, se ti può rassicurare. ‘Anche tu credi nel – nel …’. Un prudente sguardo colpì il portuale, il quale già andava via, – ‘nel Salvatore Gesù?’, completò egli la domanda. I suoi occhi s’illuminarono.

                    49.                  ‘Dì a Giovanni, io sono Tommaso, sono stato da Maria. Purtroppo non sta bene. È diventata molto delicata; solo la gente di Capernaum e di altre parti la servono con gioia. È così’, sospirò Tommaso profondamente, ‘il suo cuore ha sofferto per tutto ciò che è accaduto al Signore. Ha nostalgia di Casa e – anch’io. Noi discepoli, però, prima dobbiamo ancora operare’.

                    50.                  Dove sono gli altri apostoli? Domandai. ‘Ci siamo separati, ma c’incontriamo spesso, ovunque è possibile. Un tizio ci aveva perseguitato ed ha fatto lapidare uno di noi, ma avrebbe avuto una visione e si sarebbe totalmente convertito. Non ci fidiamo ancora di lui, tanto più che è un giudeo-romano’. Che cosa significa questo? Io indagavo. ‘È uno scriba giudeo, un uomo molto intelligente. In un qualche modo è riuscito ad ottenere la cittadinanza romana, cosa che gli torna ben utile’, disse Tommaso. ‘Egli si chiamava Saul, ora in romano si chiama Paolo.

                    51.                  È capace – lo ammetto – non teme nessuno e fonderebbe già delle comunità. Se soltanto ci si potesse fidare totalmente di lui! Con il nostro Pietro ha delle controversie; non c’è da intravedere chi dei due avrà la meglio. Io mi tengo fuori, dico soltanto ciò che ho visto, ciò che ha fatto il mio Signore e Dio’.

                    52.                  In ciò fai bene, dissi io. Giovanni vede che cosa succede con Paolo. ‘Sarebbe bene’, disse Tommaso. Io accolsi subito nel cuore questo discepolo; per vero aveva l’aspetto semplice, ma il suo viso, gli occhi mi dicevano quanto di buono c’era in lui. Pregai il capo portuale di voler aiutare Tommaso – non gli rivelai il nome – per quanto sarebbe stato possibile. Costui disse:

                    53.                  ‘Si è introdotto di nascosto, e tu sai che questo è proibito. Lo volevo prendere, tutte le volte è sempre fuggito. Divenni furibondo. Ora, se tu garantisci per lui, rimanga indisturbato’. Tommaso poteva andare. Gli diedi del denaro ed egli ringraziò per questo”. Sejananus si rivolge a Giovanni:

                    54.                  “Ecco, qui c’è il fitto scritto, speriamo che ci sia soltanto del buono, oltre a quello che ho sentito da Tommaso: Maria ammalata e l’inquietante Paolo”. Giovanni è d’animo depresso, e si condivide con lui la preoccupazione. “Maria è troppo delicata”, dice Cornelio, “se si potesse curarla bene. Non è meglio che la vada a prendere per portarla a Patmos?”. Giovanni riflette un po’ e poi scuote la testa.

                    55.                  “Non si sentirà mai a casa, lei è legata alla terra nella quale il Signore, che lei poté partorire per il mondo, operò miracoli così grandi, insegnò, soffrì e rivelò le Sue magnificenze. Per lei è, per così dire, sacra, per amor del Maestro. In Capernaum il Signore ha fatto particolarmente molto.

                    56.                  Lo Spirito conosce l’eterno stare in compagnia; qui, brevi tempi mondani sono di nessun significato. – Ora, prima vorrei leggere, si è anche fatto tardi”. Sejananus è molto stanco, altrettanto Nicodemo, egli va nella sua camera accanto, camera che Cornelio ha fatto preparare per lui mediante una parete. Qui può riposare, mentre Giovanni, spesso, alla luce di una piccola lampada, scrive ancora.

                    57.                  Sono molte parti, e Giovanni nota quanta fatica ha fatto Maria per mettere tutto su papiro. Lei non era maldestra nello scrivere, aveva imparato molto nella scuola del Tempio. Ora si vede che la mano ha tremato, in parte per la debolezza, in parte perché il resoconto le aggravava il cuore.

                    58.                  Lei comunica che l’odio contro Gesù non è per nulla diminuito. Hannas è morto, Caifa ottenebrato, ma altri sono dietro di loro come cani. Al contrario, tutti gli amati sono fedeli e bravi, si aiutano in ogni modo, nascondono anche i discepoli e, sembra, che per questo dovranno piuttosto andare all’estero.

                    59.                  A Gerusalemme, la roccaforte della persecuzione, ci si è inventato un segno, affinché nessun traditore potesse infiltrarsi nel piccolo gregge. Quando ci s’incontra, si chiede ‘pesca’. Questa è adesso la parola d’ordine. La si è adottata anche altrove e si è affermata.

                    60.                  Lei stessa si sente abbastanza bene, scrive per la tranquillità; soltanto Tommaso aveva divulgato come starebbero le cose con Maria e… Giovanni, vede, mentre legge, qualche immagine. Sì, lei è diventata debole, volentieri avrebbe ancora una volta visitato il ‘figlio affidato a lei’ dal Signore, ed anche alcuni altri. Il suo cuore è sempre presso tutti i fedeli.

                    61.                  Una volta ha visto Paolo, lui è stato caro per lei. La sua apparenza è poco imponente, solo gli occhi hanno un forte splendore. Si deve proprio attendere se e come si dimostrerà. Di recente, per un paio di giorni, ha parlato pubblicamente al Merom. Lei è stata là con degli amici. La sua parola è potente e ben ammonente. Si potrebbe certo aver fiducia in lui.

                    62.                  La lapidazione di Stefano e la persecuzione di altri, eseguita da lui, a parecchi amici impediscono di fidarsi di lui. Giovanni sa bene come il Signore ha trasformato più di un cuore ostinato mediante la Sua ‘severa bontà’. Veramente per nulla così pieno di grandezza, come ha agito con Paolo. Lei stessa spera che lui possa ancora diventare un grande testimone.

                    63.                  Conclude con molte domande, come sta lui, Giovanni, Nicodemo, Cornelio, il romano migliore di tutti. Non tralascia nessuno, e i pirati sono sicuramente tutti ‘amici di Gesù’, scrive letteralmente. Augura con un caro saluto che tutti possano rimanere sull’isola e a nessuno possa accadere del male.

                    64.                  Ha menzionato tutti affettuosamente, le righe diffondono maternità, ma anche timore. Quest’ultimo giustificato. Già – pensa Giovanni, che cosa avrebbe potuto ottenere Maurius? La mania di persecuzione provoca ampie ripercussioni. – – Che cosa succederebbe poi? Non potrebbe ‘l’Opera del Maestro’ per questo andare a fondo?

                    65.                  “No!”, dice una Voce, ed è come una Mano che si posa sul capo del discepolo. “Tu sai, figlio Mio, Io sono venuto nel mondo come Uomo soltanto a causa degli uomini. Io sono ciò che dice il Mio Tommaso: ‘SIGNORE e DIO nell’Eternità!’ Ho tirato fuori la Mia Dottrina celeste dalla Mia Potenza e dalla Mia Magnificenza di Creatore, liberata per la Rivelazione. Chi la riconosce, non può spaventarlo l’oscurità, sebbene accadano parecchie cose in cui potreste ben pensare: perché, o Dio, perché – ?!

                    66.                  Non chiedere mai il ‘Perché’. Ascolta attentamente e sii il Mio veggente per gli ultimi tempi! Colui che voi chiamate Paolo, l’ho incontrato Io stesso e Mi ha riconosciuto; egli testimonierà per la Verità fino alla sua morte! Quando tu eri in prigione con Pietro, non avete taciuto. La Mia mano vi ha guidato fuori; molto popolo, infatti, stava dietro a voi. Pietro poté fuggire, il suo tempo non è ancora giunto (la morte da martire); a te ho assegnato dell’altro.

                    67.                  Ho permesso che ti si perseguitasse e, di nuovo, preso per esiliarti. Non è per caso che Cornelio ti abbia salvato. Qui devi vedere ancora l’ultima cosa per gli uomini, cosa che sarà riconoscibile soltanto molto più tardi, condizionato nel decorso della materia. Io dissi:

Cielo e Terra passeranno, ma le Mie Parole non passeranno!’.

[Matt. 24, 35]

                    68.                  Il Cielo che vedete, significa per voi il Regno. Questo è il caso condizionato, perché è il lavoro delle Mie mani. Ciò che l’uomo s’immagina, è per lui sublime, come s’inarca il firmamento. Questo è il Cielo che passa; la Terra – mai il Mio Regno-Terra, quel terzo santo elemento – è ciò a cui l’uomo sa aggrapparsi; ed è perituro, svanisce come il corpo dell’uomo!

                    69.                  Sii consolato, Mio veggente, e istruisci coloro che ti sono affidati:

le mani di Dio operano ovunque,

la Parola di Dio rimane in eterno!”.

                    70.                  Il mattino già albeggia. Giovanni si corica in silenzio, la sua anima è silenziosa, silenziosi sono il ringraziamento e il suo impegno.

 

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Cap. 11

Sapiente discorso di Nicodemo e suo ritorno a casa benedetto – Parola di Dio a Giovanni

Giovanni sulla tomba di Nicodemo insegna agli isolani, poi, per sua consolazione, gli appare Gesù, che lo istruisce – Dopo, le tre lettere di Giovanni

                      1.                    È stata scritta una lettera a Maria e, chi può, ha aggiunto un saluto. Perfino Sejananus che non scrive volentieri, ha firmato con ‘addio’. Scubatus parte con la prossima nave per andare a Tiro, poi cavalca verso Capernaum per andare a prendere notizie su come sta Maria e gli amici di Gesù.

                      2.                    Nel frattempo sono passate settimane, Giovanni è giunto alla 10° parte del suo Vangelo. Egli si trattiene a lungo presso ‘il buon pastore’. Si parla di questo meraviglioso Insegnamento. Che il Signore fosse la ‘Porta’, lo deve dapprima spiegare ai romani. Soltanto Cornelio capisce subito come questo è da interpretare.

                      3.                    In questo tempo Nicodemo è diventato debole. Giovanni vede e tace. Ogni uomo va per la sua ultima via – e così anche lui. Spunta una chiara serata, nonostante la Luna piena si vedono brillare le stelle, il mare è liscio come l’olio. La comunità della torre si raccoglie. Com’è bello che il vecchio pastore è presente. Lui ha guidato fin qui il suo gregge.

                      4.                    Sejananus ha inviato a Maria “l’addio”. Qui detto in anticipo – dopo il ricevimento della lettera lei è volentieri pronta ad intraprendere il suo percorso finale della vita. Ora Nicodemo esprime quello che egli stesso solo presagisce: il suo discorso d’addio. Sceglie il tema degli ultimi giorni, ‘l’alto cantico del buon Pastore’. Giovanni si stupisce come il sacerdote lo sappia interpretare. Oh, le ali dall’eternità hanno già toccato la sua anima, la Luce fluisce in lui, così che lo Spirito sta nel terreno antistante.

                      5.                    “Amici miei! Io penso al tempo quando ero un individuo venale, e quasi guidai nell’errore la comunità a me affidata in giovane età. Anche nelle nostre comunità nascenti, accanto alla grande verità e cordialità fraterna, spunta il falso fervore, come zizzania tra il buon grano. E non si può prevedere se al tempo giusto si possa eliminare questa zizzania.

                      6.                    Oh, sì, la Parola del Signore: ‘Il nemico ha seminato la zizzania tra il Mio grano. Lasciate che l’una e l’altro crescano insieme! Durante il raccolto, voi che servite il vostro prossimo, lasciate giacere la zizzania sul campo. Là sarà bruciata’ [Matt. 13, 25 – 30].

                      7.                    La zizzania rappresenta simbolicamente quelli che seminano la discordia, girando e voltando le parole di Gesù a piacere, per splendere molto, come una volta io nella mia comunità. Volevo essere meglio dei miei superiori e quasi avrei precluso la mia via, se non ci fosse stato un Simeone, lui in preparazione per la conoscenza, e poi la conoscenza superiore attraverso il Signore.

                      8.                    Non è molto semplice separare la verità dall’apparenza. L’apparenza ci acceca. Se noi stessi la suscitiamo in noi, se essa ci seduce come fiamma estranea, alla fin fine si rimane lo stesso. Noi possiamo perfino essere il nostro stesso individuo venale. Ci si deve esaminare, non si deve essere soddisfatti di se stessi; in ciò l’uomo si culla volentieri nel suo sonno.

                      9.                    Quanto chiaramente il nostro Maestro ha rivelato questo nella parabola del buon Pastore, della ‘Porta’ che EGLI è, del pericolo che il mondo porta tanto spesso nella nostra vita! Siamo pronti ad estirpare la nostra zizzania, anche se fa male? Possiamo provocare l’incendio che la consuma? Il male, non i cattivi! Questi ultimi sono, in verità, la zizzania; ma il Salvatore non ha mai inteso che le anime che si smarriscono gravemente, siano da bruciare.

                    10.                  Lo vedo quasi come un’immagine, come un giorno gli arroganti, i quali si mettono le corone sulle teste, non estirperanno quel male, e ne hanno essi stessi tanto che, se lo vedessero, dovrebbero fuggire da se stessi, invece sono poveri uomini, tali che, sono inconsapevolmente caduti in errore; molti però percorrono la via della Luce, Luce che non si addice agli arroganti, perché essi dovrebbero ammettere quanto sbagliate sono la loro stessa via e i loro insegnamenti.

                    11.                  Il Signore lo intendeva così: il falso e il mondano è estirpato, l’anima è salvata! Lo ha dimostrato nel modo più stupendo: «Ho ancora altre pecorelle che non sono di quest’ovile; ed Io devo condurle qui. Esse udranno la Mia voce e vi sarà un solo gregge e un solo Pastore».

                    12.                  Un ovile soltanto, ma due differenti gruppi di pecore. L’ovile e le Sue pecore sono il Regno e i figli fedeli che la nostra materia non può rovinare, anche se una volta cadessero nell’errore, come io caddi nel mio. In umiltà, solo perché me lo disse il Maestro, io potevo appartenere all’ovile sin dal principio, quando il Creatore, nel Regno, diede la vita anche a me, come a tutti i figli, nella Sua Luce!

                    13.                  Le ‘altre pecorelle’ sono i caduti che devono essere chiamati, cosa che accadde con la croce sul Golgota. Questa è e rimane l’ultima chiamata del Pastore ai dispersi, ciò non significa che Dio da allora ha sempre taciuto. Oh, no! Ma ciò che, adesso e fino alla fine della materia rivelerà – Egli stesso e tramite i figli della Sua Luce – è la Sua ‘Parola dalla croce’, così detto: la Salvezza proveniente dalla croce fluisce attraverso ogni Rivelazione sin dal principio, quando stava sull’Altare di Dio. Chi si mette sotto i suoi raggi, non mancherà la via!

                    14.                  Per quale ragione il Signore si è chiamato la ‘Porta’ per l’ovile? Nei confronti del mondo Egli è la protezione per i fedeli, particolarmente per la verità della Sua Rivelazione, quando si creò i figli della Luce. Se Lui non fosse apparso come PADRE – non esisterebbe mai un figlio, perché un figlio non può esistere senza padre. Essi sono la Sua nobile creazione proprio da quel principio, come Lui disse: ‘Essi (gli uomini buoni) d’ora in poi non possono morire!’.

                    15.                  Significa che non diventeranno mai cattivi. ‘Essi sono simili agli angeli e ai figli di Dio, essendo figli della Resurrezione’. Se sono simili agli angeli, allora anche gli angeli devono essere figli, altrimenti non esisterebbe la somiglianza [Luca 20,36]. «Rallegratevi», sta scritto, «perché i vostri nomi sono stati scritti nel Cielo» [Luca 10,20], quindi non c’è bisogno che vengano prima iscritti, bensì sono!, quando il Creatore li ha fatti nascere da Sé.

                    16.                  Nessuno può distruggere la Salvezza che la Divinità ha innalzato fuori di Se stessa, né la Sua Rivelazione, che non è da separare dall’opera. Questa è la Porta aperta, oppure una difesa, secondo chi si vuole avvicinare ad essa. Chi è dal Cielo va e viene, la sua via va attraverso la materia, per aiutare nel servizio del consacrificio. Quando la sua via è completata, la Porta è aperta, non soltanto di ritorno nella Casa del Padre, ma nelle magnificenze della Rivelazione suprema, la quale può esistere solo nel Regno della Luce.

                    17.                  Chi ha percorso la sua ‘via della zizzania’, troverà – per lo meno in un primo tempo – la Porta chiusa. Tale anima non può nemmeno sopportare una Rivelazione. Ma se una volta viene su di lei la nostalgia, come nella parabola del ‘figlio perduto’ [Luca cap. 15], per questa si apre poi anche la Porta, come disse il Pastore, che Egli chiamerà le altre pecorelle ed esse udranno la Sua voce, appena si volteranno un po’. La ‘svolta totale’ avviene unicamente attraverso la Grazia!

                    18.                  Con la Salvezza del Golgota la Porta di Dio viene aperta ad ogni anima poverissima. Noi sappiamo: ‘Allora il figlio era ancora lontano’, egli si era solo voltato, e solo un incerto desiderio lo aveva raggiunto, ‘allora il PADRE s’incamminò e andò incontro al figlio!’. Meravigliosamente toccante, il fatto che si possa riconoscere: ad ogni figlio smarrito è dedicata la parabola del figlio perduto.

                    19.                  Il Padre s’incammina sempre, e un giorno ci sarà un solo gregge. I perduti saranno ricondotti a Casa mediante la Redenzione della croce. Che però ci sarà solamente un Pastore, lo sappiamo nella fede in un Dio Creatore, che ha creato ogni cosa, conserva anche tutto, al Quale nulla va perduto.

                    20.                  Quegli individui venali non hanno compreso la cosa meravigliosa, gli altolocati non vollero comprendere nulla, allora la loro povera superiorità sarebbe stata uguale ad un pezzo di vaso rotto. Perciò chiamavano il Maestro un ‘diavolo’, cosa che essi fecero tanto spesso.

                    21.                  Una volta mi rivolsi contro di loro duramente e chiesi che cosa offrissero al popolo gli schernitori, al di fuori di discorsi vuoti. Essi aprivano le loro mani per ricevere, mai per dare. Mi si attaccò con la stessa durezza, con la sola differenza: io volevo indicar loro una buona via, essi invece per condannarmi. Certo, un esito modesto per il Salvatore. – Due dei fratelli però, non dalla prima fila, mi ascoltarono riflessivi e, più tardi, vennero nella mia casa con la preghiera di condurli dal Nazareno. Due pecorelle degli altri. Certo non le mie parole li avevano chiamati, fu la Parola del Signore!

                    22.                  Lasciateci essere gioiosi e lieti. Mediante la Grazia di Dio, mediante il Suo Amore, noi apparteniamo all’ovile sin da quel principio della Vita, vita che noi uomini non possiamo misurare. Quando un giorno passeremo di nuovo attraverso la Porta del Cielo, comprenderemo certamente che cosa è tutta la nostra vita, da quando Dio ci diede l’impulso dal Suo ATMA, educati nella Luce, formati per la via del viandante e, come possiamo di nuovo tornare a Casa, non appena sarà venuto il tempo per ognuno.

                    23.                  Proprio questa deve essere la nostra gioia. Questo è per noi ‘il Giorno che il SIGNORE prepara’ [Salmo 118,24], il giorno della nostra resurrezione, in cui abbandoniamo la materia [Giobbe 19, 26] e, senza il nostro corpo, entriamo nella gioia del nostro Signore. AmiamoLo, deponiamo ai Suoi piedi la venerazione e l’adorazione e, siamo preparati, quando chiama l’angelo della Vita. La morte, infatti, è il di nuovo-inizio della nostra eterna Vita! Io, amici, sono pronto”.

                    24.                  Fino alla fine si può sentire la voce che diventa sempre più debole, a nessuno va persa la sua profondità. Cornelio e Giovanni adagiano il loro amico sul giaciglio e vegliano nella notte. Il pastore, quando il medico tenta di somministrargli una medicina, ha leggermente scrollato il capo. Quando il Sole si leva raggiante, gli occhi del sacerdote si chiudono. Con un sorriso beato si addormenta.

                    25.                  In un posto isolato ci sono delle grotte. Là si prepara un sepolcro, dove i pescatori portano i loro morti. Il medico ha visitato Nicodemo. “Egli non vive più”, dice, e questo lo scuote. A causa della stagione calda si deve portare la salma già la sera nella camera. Molti isolani fanno lutto. Non si è ancora chiuso l’ingresso della grotta, quando Giovanni dice:

                    26.                  “Amici miei!, diceva il sacerdote, e noi vogliamo essere l’un l’altro, amici. Anche il Salvatore si definiva ‘l’Amico’, e molto spesso ha menzionato l’Amore che ne procede. Nicodemo è stato un buon amico; le sue ultime parole, pronunciate dallo spirito, hanno suggellato il legame d’amicizia. Nessuno di noi lo dimenticherà, e nessuno dimenticherà il nostro fedele amico.

                    27.                  Voi siete venuti fin qui per essere in lutto. A causa del mondo e per l’addio può valere il lutto. Chi però crede in Gesù, per questi non vale il lutto. Perché quando i figli e le figlie di Dio lasciano la Terra, essi entrano di nuovo nella Vita eterna. L’animo terreno può rattristarsi, ma lo spirito si rallegra. Ogni ritorno a Casa è, per noi che camminiamo ancora, il sublime sigillo dato da DIO, in modo che al nostro tempo possiamo abbandonare il mondo ed esso sprofonda dietro di noi insieme alla sofferenza, miseria e disagio.

                    28.                  «Lasciate i morti seppellire i morti» [Matt. 8,22], disse il Signore ad un discepolo, il cui padre era portato alla tomba. Il figlio, dunque, non doveva accompagnare il padre fino al suo luogo di riposo, come lo facciamo noi? Oh, il Maestro non ha mai biasimato il ‘portare nella tomba’. Allora ci fu un gran lamento per quel fratello; il discepolo nel cuore era in discordia col Signore, ma non osò chiedere: ‘Perché mi hai tolto il sostegno paterno?’.

                    29.                  Solo da poco tempo eravamo andati con Lui, non conoscevamo ancora la Sua superiore Essenza, non sapevamo che era DIO, il Padre. Presentivamo soltanto: Egli è il Messia! Egli pretese da noi di seguirLo subito senza riguardo per il mondo, a dir il vero in un amore incomparabilmente caldo.

                    30.                  Se alla famiglia minacciava un rovescio di fortuna, allora non c’era nessuno tra noi che non si sarebbe lamentato. Così anche il discepolo. Il lamento di sua madre, che il figlio la lasciasse sola nel dolore, lo indusse ad esprimere la preghiera di accompagnare il padre sulla via del sepolcro.

                    31.                  I genitori avevano rinnegato il loro figlio, perché seguiva ‘un falso fanatico’. Essi non volevano saper nulla della Dottrina di Gesù, le loro anime erano, per così dire, morte. E solo per questa ragione la Parola del Signore. Risultò vero che i partecipanti al lutto erano i morti e che dovevano portare anche da soli i loro morti nella tomba. Per il discepolo quella cara Parola: ‘Tu seguiMi!’.

                    32.                  Chi sa che l’eterna vita, di cui parlava Nicodemo, non ha nessun’interruzione, non ha mai una fine, non è morto. Il nostro amico è entrato vivente nella Gioia del Padre. Noi viventi portiamo quindi un vivente nella tomba. Il corpo fisico con questo non ne ha nulla a che fare. Come esso nacque da un piccolo germoglio, così ricade come un germoglio nella materia peritura.

                    33.                  Deponete il vostro lutto, anche se Nicodemo ci mancherà. Egli era sempre pronto ad aiutare, ognuno poteva imparare da lui. Tu piangi”, dice al giovane pirata che sta alla pietra. “Nicodemo era per te come un padre; tu non avevi nessuno oltre il genitore, cosa che è dolorosa per tali figli. Piangi, caro giovane, ti alleggerisce. Se vuoi, allora vieni da me, e Cornelio da ora in poi sarà per te volentieri un padre”.

                    34.                  Il tribuno si mette commosso accanto al pirata. Giovanni nasconde il suo dolore con la gioia che lui – anche se potrà durare a lungo – con gli ultimi passi terreni andrà attraverso le Porte del Cielo. Su ciò dice ancora:

                    35.                  “Come uomini mai riconosceremo completamente ciò che il Padre ci elargisce; è davvero faccenda della Luce ricondurci nell’Eternità. Là riconosceremo il santo Mistero, e poi nulla più sarà difficile e misterioso.

                    36.                  Quello che dico, lo dovete comprendere bene: voi, cari romani, cari pescatori, voi, che vi siete dedicati alla rapina”, Giovanni intende i pirati, “fin dalla nascita non avete riconosciuto quell’Unico Dio, non vi è stato insegnato. Quest’imparare diversamente ed in più, era per tutti assolutamente non facile, se qui uno procedeva un po’ più velocemente, l’altro proprio a stenti, non vale davanti al nostro Salvatore.

                    37.                  A chi non è offerta la verità, non la può possedere. Voi”, il discepolo alza la mano, come lo faceva spesso il Salvatore, “avete intrapreso la via buona. Ho io qualcosa più di voi? Subito rispondete di sì; ma vedete, io dico ‘no!’.

                    38.                  Conoscendo già da fanciullo la fede in un Dio, doveva essermi facile imparare il meraviglioso rivelato dal Maestro. Molto doveva essere piegato, molto estirpato. Del nuovo si aggiungeva! Io pure dovevo immergermi in questo nuovo, imparare a comprendere, come anche voi cari amici. Mai si può pesare il Celeste su questo mondo fino all’ultimo grammo.

                    39.                  Dio mai peserà fin nel più sottile, non misura il nostro fare e il nostro lasciare secondo un logo. Se lo facesse – chi potrebbe esistere dinanzi a Lui? Egli ci ha benedetto quando siamo usciti dalla Luce, la Sua benedizione rimane presso di noi dalla culla fino alla tomba, e presso chi si arrampica verso l’alto – animicamente attraverso la crescente conoscenza e fisicamente, quando se ne và.

                    40.                  Ora chiudiamo la tomba e, come segno di vita, poiché per il nostro amico è il giorno della resurrezione, noi piantiamo un alberello della vita”. Il pastore porta, come si è messo d’accordo con lui, un singolare albero sempre verde. È ancora piccolo, si lascia facilmente trapiantare, e Giovanni lo cita per l’ultima parte del discorso com’esempio.

                    41.                  “Esistono pochi di questi alberi sempre verdi, questo non perde nulla. Chi è venuto dal Cielo, somiglia ad un tale albero, anche se qui e là perde un poco. Noi possiamo incappare nell’errore, ma non vi rimaniamo per sempre. La nostra vita dinanzi al mondo è lo scudo di Dio, col quale Egli protegge il nostro spirito. Lasciateci nella fede di essere nella servitù un alberello sempre verde.

                    42.                  Ogni figlio, nato nella Luce, doveva crescere, cosa che condiziona la creatura. Dopo la maturazione tali figli possono percorrere la via del consacrificio. Anche qui il segno: com’è venuto dal ventre della madre, così il nostro spirito e la nostra anima viene dalla Luce! Se siamo cresciuti, allora la vita c’insegna le vie e diventiamo saldi, come qui anche l’alberello metterà radici.

                    43.                  Se viene l’ora in cui siamo diventati maturi mediante la bontà di Dio, allora segue il rimpatrio nella casa del Padre. Allora siamo diventati, per così dire, nuovamente giovani, dobbiamo dapprima di nuovo imparare ad inserirci nella Vita senza confini, nel tempo della Luce sempre eterna.

                    44.                  Anche noi siamo qui facilmente da piantare, mettiamo nuove radici per diventare forti spiritualmente. Non a caso io ho scelto per questo luogo questo albero. Proprio così Nicodemo è stato trasferito nel Regno ed io, sono certo: in un solo giorno, da quando il suo spirito e la sua anima ci hanno lasciato, egli è già diventato saldo. Consideratelo come segno. L’alberello prospererà, le radici penetreranno profondamente nella terra, come noi nella Terra-Regno della santa Essenza di Dio!

                    45.                  Sia ringraziato il Padre, Egli è venuto a prendersi il figlio”. E Giovanni prega: “Signore, accetta il ringraziamento nel Tuo Amore, perché hai fatto addormentare l’amico così dolcemente. Tu lo hai chiamato, egli Ti conosceva, Ti ha seguito, ha difeso la Tua Verità, la Tua Dottrina, la Tua Magnificenza. Egli Ti amava, come Ti amiamo noi per amor della Tua Grazia, con la quale Tu ci hai benedetto.

                    46.                  Aiutaci a perfezionare le nostre vie, dacci la Tua forza, per non vacillare; fortificaci con le Tue Parole di Vita, come hai satollato noi, discepoli, con l’ultima Cena d’Amore. Lasciaci sempre stare tra le Tue mani!”.

                    47.                  Dietro la linea di rocce si sente il lieve movimento del mare, tuttavia una quiete solenne scende giù dalla volta del Cielo, quiete che rimane a lungo per tutti gli uomini, ai quali la morte è diventata adesso il santo simbolo della Vita. Titubanti si allontanano, quando il Sole invia il suo raggio rosso oro come un ultimo saluto. Ognuno va a casa da solo, ognuno deve ricordare il giorno, ricordare che cosa è stato sentito, il discorso d’addio del sacerdote, quello che ha detto il veggente, e la pace, pace che è venuta su tutti percettibilmente.

                    48.                  Giovanni sale sulla torre, deve mettere ordine in se stesso. Dapprima lo opprime la sua solitudine. È ancora un uomo, esposto ai sentimenti che il su e giù della vita porta con sé. Nicodemo non aveva mai disturbato, egli aveva un modo raffinato, e ciononostante era sempre presente quando Giovanni voleva consigliarsi con lui, oppure aveva bisogno di un aiuto. Così pure viceversa. Egli, il discepolo e l’uomo anziano, avevano armonizzato nel migliore dei modi.

                    49.                  Di notte all’improvviso si sveglia, nel sogno ha visto l’amico e gli aveva fatto cenno. Sebbene Giovanni lo avesse riconosciuto com’era in vita, Nicodemo aveva un aspetto del tutto diverso. Era un’immagine duplice tra vecchio e giovane, e così contento – così – anzi, agiva del tutto leggero. Allora anche per Giovanni al risveglio è come se avesse volato nell’aria come un uccello.

                    50.                  “O Signore, sono consolato, perché il figlio Tuo è così felice. Guarda con clemenza, se nonostante ciò, sospiro. Tutta questa brava gente si sforza molto, ma con Nicodemo e Cornelio sono strettamente affini spiritualmente. Questo per il fatto che Ti riconobbero e, quanto spesso, furono al tuo fianco. Mi manca l’amico”.

                    51.                  “Non ti posso Io sostituir l’amico?”, suona chiaramente nel suo orecchio. Che domanda! Giovanni cade sulle sue ginocchia. “È la cosa più umana nell’uomo”, sente quella Voce che si è impressa nel suo essere dal primo incontro, “che due sentimenti s’intreccino l’un con l’altro come due mani. Ti senti solo, e nello stesso tempo, consolato. La consolazione proviene dall’amore amichevole; e questo è particolarmente benedetto.

                    52.                  Non essere triste a causa dell’ammonizione di vedere in ME l’unico migliore amico. Un vero padre è colui che, oltre all’amore e la severità, è diventato per il figlio, un amico. Questo Lo sono Io per ogni figlio! Anche per i distaccati! Costoro più di tutti hanno bisogno di Me come amico paterno. Sarebbe bene amare solo i figli ‘cari’? Che cosa sarebbe della Mia Divinità se agissi come certi padri terreni?

                    53.                  Conosci la parabola della pecorella smarrita e dei denari [Matt. 12,11; Luca 15,8]. Questi sono coloro che si temprano dalla Luce nella speranza illusoria di cavarsela senza la guida della Mia volontà. Perciò, quando hanno fatto il primo passo nel buio, Io ho posto per ogni povero passo una pietra miliare di Luce che, se si lasciano chiamare, costoro devono vedere le stazioni luminose per loro rese piccole, e non una volta mancano la via del ritorno.

                    54.                  Rese piccole! Grandi raggi abbaglierebbero. Esse sono le piccole candele nella lontananza, che per sempre non si possono mai abbracciare con lo sguardo. Potrà sembrare come un tempo incommensurabile, prima che un precipitato si lasci sollevare e guardi con desiderio ardente il silenzioso raggio di Luce. – Io ti dico: per Me è un soffio del tempo, perché Io, detto così per te, porto in Me tutte le Eternità, esistendo per Me stesso soltanto una Eternità. Perché Io sono D i o!

                    55.                  Tu consideri la pluralità delle Mie Opere e se ognuna non possiede la propria Eternità. Precisamente, se la consideri dal punto di vista della creatura. Sempre generata in un’Opera e da essa presa fuori, prima che sia sostituita dalla successiva, nessun figlio nota come Io inizio un’opera singola, e come la compio.

                    56.                  In questo modo ogni parte di Opera ha il suo tempo-eternità. Ma poiché tutte sono prelevate alla Mia fonte della mezzanotte ed Io, quale Creatore stesso, sono la Fonte della salvezza, è da comprendere che tutto è per Me sempre un’Opera, una Rivelazione di tutto ciò che Io creo. Eternamente, per cui non ho mai bisogno di dire: questo l’ho fatto nel passato, l’altro lo faccio nel presente, in futuro creerò dell’altro, in qualche luogo di un tempo.

                    57.                  Per Me, Mio veggente, vale sempre ‘è’! Nel momento in cui faccio sorgere una parte dell’intera opera, essa è già esistente nella realtà creativa; poiché ciò che c’era qui per i figli, è e diventa, era in Me come UR già totalmente definito nell’immensa anteprima della Mia Creatività! Non esiste cosa, sia piccola come il moscerino, sia immensa come il sole più grande, che non abbia la sua definita formazione in ME, non importa se, quando e come Io porto questa alla formazione oppure la riassorbo di nuovo nella fonte della mezzanotte!

                    58.                  Questo ti soverchia, ti senti davanti a Me come perduto. Tu non lo sei, figlio Mio – e nessuno, al quale è data la stessa Parola! Molto di ciò che hai sentito, che hai visto e ciò che ancora ti dovrà essere mostrato, lo dovrai mettere per iscritto, ossia sigillare, cosa che nel futuro tempo terreno sarà da rivelare agli uomini di questo mondo, quando verrà la maturità sulle loro anime, sebbene perfino a quel tempo pochi mondani lo afferreranno pienamente.

                    59.                  Che cosa significa per Me questo piccolo mondo? Tu pensi, perché Io sono venuto su di esso come Uomo, dovrebbe avere la preferenza. Questa ce l’ha certamente, soltanto diversa da come i posteri penseranno. Là qualcuno si appenderà intorno al collo la propria lode, come una vanitosa donna, la collana di perle false: ‘io, – noi solamente siamo scelti’, come lo dice e fa il popolo al Giordano. Proprio in questo c’è da riconoscere l’esempio, com’è impossibile che Io, quale Creatore di un popolo del Cielo, il cui numero non si può contare umanamente, avessi elevato un singolo popolo terreno come ‘l’unico’, tanto meno l’intero mondo, con tutto ciò che gli appartiene!

                    60.                  In un certo senso il mondo è scelto, perché è il punto centrale dei perduti. Perciò Io sono entrato in esso come Redentore, per questo sono venuto dal piccolo popolo che tanto spesso si è distolto da Me con il suo odioso servizio idolatro. Mai prescelto, soltanto scelto per il Mio santo-alto Scopo dell’eterna Redenzione! Nessun uomo è favorito davanti a quelli a lui sconosciuti che si trovano nel Mio Regno!

                    61.                  L’uomo è venuto da se stesso nel mondo? Ha trovato lui da solo la via? Ha fatto qualcosa di particolare da avere il privilegio, privilegio che non esiste proprio? Oppure ho guidato IO ogni figlio che Mi ha pregato di aiutare insieme coloro che sono perduti! Io, infatti, ho ben detto: ‘Ora và’, senza disporre la sua via, senza prevedere un luogo, insieme al tempo, dove poi possa percorrere e completare senza danno questa via materiale?!

                    62.                  Fai bene a rispondere negativamente. Io veramente dissi: ‘Nella Casa del Padre ci sono molte dimore’; quindi devono esistere molti luoghi, luoghi che sono da Me tutti benedetti. Non esiste differenza, perché la Mia benedizione non è mai diversa. Se si mostra diversa su un figlio fedele da uno smarrito, non centra nulla, perché la Mia benedizione è una sola, come Io sono un Creatore-Padre e molto di più. In tutto, però, sempre, l’UNO!

                    63.                  Chi crede che soltanto lui si fosse meritato la misura del Cielo, cosa di cui approfitta volentieri, a costui vale la Parola:

Chi crede di stare (in piedi),

badi che non cada’. [1 Cor. 10,12]

Lo riconoscerà e anche predicherà quel figlio, del quale voi discepoli credete che non sia puro[12]. Egli non era puro, i genitori non avevano educato la sua anima. Ma poiché ho guidato Io anche lui dal Regno fin qui e in questo tempo, così è caduto da lui l’errore e Mi ha riconosciuto.

                    64.                  Così vedi che Io conduco ogni figlio al suo posto e al tempo che è utile per lui e per la Mia Opera. Ovunque i Miei figli si trovano, se in questo mondo, oppure altrove – dappertutto IO li impiego per il conservizio o per la Redenzione. I conserventi vengono riscattati dal bene da riportare, essi sono gli ‘aggravati’, come li chiamavo Io. I precipitati sono i ‘travagliati’, i quali a causa della caduta si sono resi aspra la loro via. E questi saranno completamente riscattati, perché ne hanno bisogno. C’è differenza, Mio veggente?”.

                    65.                  “Io non ne vedo una”, osa dire Giovanni alzando lo sguardo, sebbene non veda nessuno. Sente solo che un Invisibile sta presso di lui. Sente la Voce come quella del Maestro, quando parlava ai discepoli. Beatitudine! LUI è qui, la sua anima giubila, il suo spirito ringrazia e confessa: “Tu, Signore, hai fatto tutto bene, Tu pensi ai piccoli e ai grandi, Tu benedici i Tuoi poveri lontani come anche i fedeli; perché tutti sono Tuoi!

                    66.                  Quello che Sadana creò come da se stessa, avvenne da quella Forza che lei aveva ricevuto da TE. Lei, con questa, poteva eternamente fare del bene, a causa dello sviluppo creativo poteva cadere. Tu l’avevi legata alla Tua longanimità, quando lei se ne strappò. Oh, Tu la tieni stretta! Anche me, Dio mio, Padre mio e Redentore!”.

                    67.                  “Ben riconosciuto! Tu sei catturato e, lo stesso, libero, un esempio per coloro che vengono dall’alto e dal basso. Sull’isola ti puoi muovere liberamente, tutt’intorno, il confine è il mare, oltre il quale tu non andrai più durante la tua esistenza terrena. Così pure Sadana. All’interno della materia lei era libera; tuttavia fino al suo ritorno anche la Mia Volontà era un mare, oltre il quale non poteva giungere. La Mia CROCE è diventata per lei il ponte sul quale potrà un giorno far ritorno a casa.

                    68.                  Che cosa significano i confini da Me posti? Non sono essi la Meraviglia delle Meraviglie che Io concedo a tutti? I fedeli li guardano come l’essere-custoditi-in Me, perché essi sanno: fuori di Me e la Mia Eternità non c’è nulla e nessuna consistenza, nessuna vita, nessuna beatitudine. I caduti se ne urtano, senza percepirlo nel più profondo, perché i Miei confini sono bontà, grazia, longanimità, mansuetudine [Apoc. 21,16] e non costruiti in modo duro, ma solido. Tu comprendi la differenza. Ad una solidità (fortezza), che sono Io stesso, ognuno si può aggrappare, i grandi e i piccoli, i lontani e i vicini. Chi la riconosce anche da sé, ha la vera libertà dalla magnifica libera Volontà della Mia potenza di Creatore!”.

                    69.                  “Padre, Tu, mio Maestro, Tu mi dai tanto in Grazia, io non posso afferrare tutto. Ma poiché mi lasci domandare nel Tuo Amore, allora penso ai fratelli. Che cosa sarà di loro? Io mi preoccupo. Perché veramente… Tu mi hai custodito in un confine mondanamente stretto; proprio questa è la custodia che io posso sperimentare con clemenza. Non potresti portare sull’isola anche gli altri, affinché nel mondo non accadesse loro nessun male? Temo che saranno duramente perseguitati, uccisi e …”.

                    70.                  “Giovanni, non posso Io fare secondo la Mia Sapienza, come ho previsto le loro vie? Devo orientarMi secondo la tua preghiera?”. – “Mai, o Signore! Tu fai tutte le cose secondo il compiacimento del Tuo Amore per i figli. Io sono soltanto preoccupato, e questo – non può essere questo anche una gioia per Te? Tu ci hai inculcato l’amore, per Te, per il nostro prossimo”.

                    71.                  “Certo, e così lo considero anch’Io. Tuttavia la domanda: chi dovrà portare il Mio Vangelo ai popoli, se tutti quelli che Io ho istruito, vivono sull’isola?”. – “Oh!”. Una lunga esclamazione e – Giovanni scorge Dio stare dinanzi di sé. Con un grido si piega in giù, abbraccia le ginocchia e si lascia tirar su, finché il suo capo poggia al fianco di Dio. Non ha bisogno di esprimere cosa muove il suo cuore. Chi meglio del Santo può leggere nel nascosto…?

                    72.                  “Tu non sei preferito, perché vivi su Patmos, mentre gli altri devono combattere delle battaglie, come un tempo Michael con Lucifero [Apoc. 12,7]. Essi vinceranno, anche se il loro corpo cadrà vittima, come Io ottenni la Mia vittoria nella mano destra per le Mie Opere già prima della caduta di Sadana. Soltanto per l’ultimo mezzo tempo [Apoc. 8,1] che ho concesso alla materia, ho portato la vittoria della Mia Magnificenza di Dio alla croce del Golgota per la Rivelazione, in cui ho dato in sacrificio il corpo esteriore.

                    73.                  Ogni figlio della Luce sulla Terra e altrove, sacrifica il suo corpo per mezzo della morte, anche se è stata dolce come nel caso di Nicodemo. Se così, oppure diverso – tutto sta nel sacrificio della Creazione della Mia santa Essenza-UR! La morte materiale sta invece solo al secondo posto. La via dello SPIRITO, la dedizione di un figlio, ha la precedenza su ogni via da percorrere, ed è iscritto nella Creazione [Apoc. 20,12], nel Libro della Vita. Quindi non ti preoccupare per i tuoi fratelli. – Che cos’altro hai ancora nel cuore?”.

                    74.                  “Signore, perché mi domandi? Tu sai ogni cosa, Tu conosci l’angolo nascosto della mia anima. Penso a Maria e ai molti amici che sono disprezzati in patria, anche se la vera Patria è eternamente il Tuo Cielo. Che cosa sarà di Maria?”. – “Per la madre Mia corporea, lascia a Me la preoccupazione di come la porterò via da qui. Per tua consolazione sia detto: fino all’ultimo respiro lei sarà ben custodita, come anche molti dei tuoi fratelli.

                    75.                  Diversamente stanno le cose con il popolo del Giordano. Tu sai, quanta poca gente si è voltata indietro per vedere Me. Oh, sì, quando avevano un vantaggio che toccava al corpo [Matt. 14, 21], volevano essere guariti, e quando pensavano di ricevere il massimo potere mondano, allora sapevano dove Mi si poteva trovare! Altrimenti…? Quando i migliori fino al tempo del giudizio erano andati, perfino già sotto Mosé, che cosa hanno fatto? Hanno per caso servito ME, oppure sempre anche gli idoli? E non è stata la propria avidità l’idolo peggiore?

                    76.                  Per questo – e per una salvezza che rimarrà incomprensibile per il popolo – IO ho messo l’ascia alla radice del suo tronco, perché somiglia al marcio albero del fico [Matt. 3,10]. Porta esso, mai buoni frutti? Attendo con pazienza, soltanto – Io vedo che cosa sarà qui! Non Mi domandare in proposito, Giovanni; poiché su quest’albero marcio, come in tutti gli alberi dei popoli, crescono insieme frutti che si lasciano illuminare dalla Luce. E questi Me li raccolgo, sii certo di questo!”.

                    77.                  “Signore, io non domando mai del Tuo sguardo d’insieme, ma sento: questo marcio Tu un giorno lo estirperai; il ‘come’ sta nella Tua Mano di Creatore. Questi marci Tu li educherai al tempo giusto, ed anche se è soltanto dopo la loro morte. Quanto è meraviglioso e pieno di Grazia: a Te nulla va perduto! E se Ti preservi i buoni…”. – “Anche gli altri, Mio veggente!”. – “Sì, sì, intendevo soltanto nella vita sul mondo, così il popolo può emettere anche rami buoni”.

                    78.                  “Sii benedetto, come Io benedico ogni figlio che sta alla Mia destra e alla Mia sinistra. La benedizione si mostra veramente differente, ma il suo contenuto, Mio Giovanni, è sempre lo stesso. Nella Bontà per la destra, nella Misericordia per la sinistra. Che cosa pesa di più, la Bontà o la Misericordia?”.

                    79.                  “Non lo so”, dice Giovanni a bassa voce, per non disturbare la Santità dell’ora. “Poiché Tu parlavi di una benedizione, non hai due diversi pesi. Tutto in Te è l’eterno Bene; oh, sì, la BONTA!’. In essa operano le Tue Magnificenze, anche la Misericordia per quelli che sono alla sinistra, ai quali Tu, come lo sento adesso, hai rivolto il lato del Tuo Cuore. A coloro che stanno alla destra nel Tuo alto e santo Diritto e in quello loro, il posto è assegnato a causa della loro fedeltà”.

                    80.                  “Questa è stata una conoscenza celeste e, di tal specie, ne avrai ancora molte. Il tuo scritto (Vangelo) mai si perderà; poiché chi ha occhi per vedere, e orecchi per udire, non lo girerà né lo volterà. E nessuno che è salito dal misero abisso lo potrà cancellare dal mondo! Ti ho inviato l’angelo che ti assiste; dov’è necessario sentirai la Mia Voce come proprio adesso, anche se non Mi vedrai sempre accanto.

                    81.                  Tu pensi ancora che il ‘veder sempre’ sarebbe delizia sublime. Vedi, questa è preservata per il Regno; tutto il sublime si rivela soltanto nella Mia Luce. Ma quello che è dato durante una via di percorso, è tanto in Grazia che un figlio, ritornato a Casa, nello sguardo retrospettivo s’inginocchia grato davanti a Me e Mi loda e glorifica per questo”.

                    82.                  L’apparizione di Dio è d’un tratto come sfumata via, così che Giovanni, timoroso, s’immagina che non fosse stato per nulla vero, oppure che egli stesso non è più sulla Terra. Presto però lo inonda la beatitudine e si mette in fretta al tavolo, e scrive e scrive, prima, tutto ciò che ha udito, e poi ancora tre lettere. La prima è per le comunità nascenti, troverà certamente qualcuno che ne farà parecchie copie. La seconda è indirizzata a quella cara donna che assiste Maria e la casa in Capernaum.

                    83.                  La terza è indirizzata ad un romano di nome Gajus, il quale molto presto è venuto alla conoscenza. Costui ama il Signore ed aiuta molte anime fedeli. Quando ha terminato questo, egli ha scritto alla luce della lampada, il mattino sorge chiaro nella torre. Che strano, non è per nulla stanco, e lieto va’ fuori sulla spiaggia.

 

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Cap. 12

Il battesimo – Un giovane pirata diventa un secondo Stefano – Pirati e pescatori diventano cristiani

Insegnamenti sul battesimo di Gesù, poi il giorno del battesimo arriva buona parte della comunità dell’isola.

                      1.                    All’orizzonte appena si scorge ancora un delicato bagliore, quando il tribuno si avvicina alla riva. Giovanni ha riflettuto: glielo dico? Quanto sarebbe afflitto di non aver udito con lui la Parola del Signore! Posso però tacere? Intorno a lui c’è un sussurro: ‘Aspetta ciò che fa la Mia Grazia’. Quindi, deve attendere.

                      2.                    “Mattiniero”, saluta Cornelio. – “Pure tu”, dice Giovanni. Il romano si siede accanto a lui. Egli è avido di sentire molto ed è un buon segno per chi non è soddisfatto di sé. “Se soltanto il Signore è soddisfatto di te”, Giovanni lo dice come se avesse visto il ‘dissidio dell’anima’.

                      3.                    “Davanti a te nulla è nascosto, come non lo è dinanzi a Dio”. – “Con una grande differenza! Quello che vedo io, me lo dà Dio, mentre LUI, il Santo, vede tutto e non ha bisogno di chiedere prima. Egli lo ha fatto spesso con noi discepoli. Stolti come eravamo, parlavamo come se Lui dovesse prima ascoltare. Dopo, il Suo amabile sorriso insieme al buon Insegnamento. O Cornelio, vorrei tanto volentieri che Egli fosse sempre con noi come nei Suoi anni d’Insegnamento!”. Stolto!, ieri sera non è stato Lui, da me, come sulla via verso Emmaus – –?

                      4.                    “Sarebbe anche mio desiderio”, Cornelio interrompe i pensieri di Giovanni. “Tuttavia chi sa, se adesso sarebbe per il meglio. Come dovremmo dar prova di noi se si pende, per così dire, sempre alla Sua veste? Se ci facciamo dire ogni parolina come fanciulletti, per ripeterla? Tu mi comprendi, vero?”.

                      5.                    “Precisamente! In verità io non intendevo così, di seguirLo come un giorno attraverso la Galilea. Noi, quali Suoi figli, non finiamo mai di imparare, perché Egli è eternamente inesauribile. Certo è, per quanto ci è dato, di penetrare nella Magnificenza della Divinità. Questo si può unicamente e solo col Suo aiuto”.

                      6.                    “Egli ci ha fatto conoscere molto”, risponde il tribuno, “non posso nemmeno afferrare la pienezza, sono ancora povero nella mia anima, perché le preziosità traboccano, ed esse vanno a me perdute”. – “No, a te non va perduto nulla! Se da tale umiltà d’amore qualcosa trabocca, allora Dio la conserva per il tuo ritorno a casa – e di quello di tutti. Allora abbiamo noi la pienezza, e lo spirito aiuta la nostra anima a cogliere queste preziosità e conservarle per tutti i tempi”.

                      7.                    “Hai scritto?”. – “Tre lettere, per Capernaum, dove viene sempre un fratello che può scrivere la prima. La seconda lettera è per Giovanna, la prescelta, che può servire Maria. Costei, dopo la morte di suo marito, Chusas, è andata a Capernaum. La sua meta suprema era di servire sinceramente il Signore [Luca 8,3].

                      8.                    Conosci tu il romano Gajus? Egli ha conosciuto il nostro Maestro, poco prima del Golgota. Dopo è stato spesso da me ed era afflitto perché non era stato presente. Lui mai avrebbe permesso che il Signore fosse crocifisso. Prima che mi si prendesse prigioniero per la seconda volta, potevo spiegarglielo, certo, con immensa tristezza, perché il Signore si è dato per il mondo, perfino per Caifa e Hannas, i veri assassini di Gesù: ‘il santo Mistero della Redenzione’ Gajus lo aveva afferrato e da allora in poi è molto attivo. Gli ho scritto che ci vedremo presto – ma quando, non lo so nemmeno io”.

                      9.                    “Ah”, esclama Cornelio, “l’ho incontrato due volte, un vero romano, come oggi non ce ne sono più molti. Tra quattro giorni partirà la galea per le provviste. Io mando il fidato Scubatus. Questi ha, per così dire, un sesto senso. Egli provvederà alle lettere e troverà certamente Gajus. Se non è proprio impegnato, intendo per servizio, allora lo inviterò a farmi visita su Patmos. Poiché è piuttosto anziano, una volta può scansare un servizio. Allora vi rivedrete” [Giov. 3 lett.].

                    10.                  “Quindi non ho scritto invano il fatto che ci rivedremmo presto”. – “E allora ascolta una buona volta”, s’infervora Cornelio, “finora presso di te mai niente è stato invano! Sei certamente il più giovane dei fratelli, ma il migliore tra loro. Oh, tutti fanno del loro meglio, non hai bisogno di mostrarti contrario”, il tribuno afferra la mano che Giovanni alza. “Istruiti da DIO – non dovrebbe venir fuori da voi qualcosa di buono? Tuttavia – il Signore ti ha portato qui e – va bene – insieme a me, tu sei il Suo veggente prescelto per l’ultimo tempo terreno che, secondo la creazione, è iniziato”.

                    11.                  “Guarda, guarda”, elogia il discepolo,“non lamentarti più che la tua anima non serberebbe così pienamente la Rivelazione di Dio, e parli dello straripamento della Sua Magnificenza. Lo hai riconosciuto bene e mi rallegro molto di questo. Ed ora trattengo io le tue mani, le quali vogliono negarlo. Non è una reciproca elevazione che avremmo da assicurarci. Soltanto, domina la gioia, perché noi dal Signore sappiamo la Verità della Creazione”.

                    12.                  “Andiamo insieme alla taverna?”. Il Sole è sorto e il vasto mare si è tuffato nel suo splendore. Giovanni getta uno sguardo alla sua torre. Alla porta sta accovacciato il giovane; si alza a fatica, la ferita guarisce troppo lentamente, ma è d’animo lieto, viene vicino e dice con modestia:

                    13.                  “Se nella torre non ci sei tu, ci sono io; non si può mai sapere se una volta non …” – “Bravo”, lo elogia il tribuno. “Che cosa sarebbe, Giovanni, se tu lo prendessi con te?”. Il giovane li guarda felice. Giovanni fa cenno col capo. “Ci avevo pensato; infatti, così solo – Ebbene, tu non disturberai”, si rivolge al giovane. “Dimmi, come ti chiami veramente?”.

                    14.                  “Noi, figli di pirati, mai abbiamo sentito un nome. I pirati mi chiamavano Phyrax, cosa che non udivo volentieri”. – “Vorresti servire il Salvatore?”. – “Sì!”. – “Bene, allora ti battezzerò e il tribuno ti assegnerà un nome molto bello”. – “Oh!”. Di nuovo un’evidente gioia che tocca profondamente i due uomini. “Quando?”. Domanda il giovane, sebbene non sappia proprio che cosa significhi il battesimo.

                    15.                  Dopo la colazione del mattino Giovanni lo porta con sé, gli mostra il lavoro che deve fare e lo avvisa: “Quando scrivo, non mi devi disturbare, anche se Cornelio è con me. Sarai certamente chiamato, devi essere quanto più possibile intorno a me. Origliare è proibito”.

                    16.                  “Non lo faccio mai, non lo fanno nemmeno i pirati. Essi mi hanno insegnato anche qualcosa di buono nonostante…” – “il brigantaggio. Non lo comprenderai se ti dico: voi siete stati guidati qui, perché qualche anima era da salvare. Ora sei informato. Chiedi però se non ti sarà chiaro qualcosa; puoi sempre venire da me”. – “E quando sarò battezzato?”. Impazienza d’amore infantile.

                    17.                  “Il prossimo giorno di festa. Qui regolo io i giorni, secondo quella visione della Creazione che ebbe Mosé [Gen. 1]. Calende si chiama il primo giorno del mese, nel modo romano. Altri popoli calcolano diversamente. Ma noi calcoliamo secondo il ‘calcolo di Dio’! Una rivoluzione della Luna ha ventotto giorni, questi, poi, divisi in quattro, danno le quattro settimane. Una settimana, secondo la Sapienza di Dio, ha sette giorni, di cui il settimo è il giorno di riposo. Nei giorni di riposo si può fare ciò che è necessario per la vita; ma trafficare e molto altro di più che procura soltanto guadagno, Dio lo considera punibile. Il prossimo giorno di riposo sarai battezzato”. – “Come lo farai?”.

                    18.                  “Lasciati sorprendere. Non fa male”, sorride Giovanni. “Il Maestro ha battezzato anche noi discepoli”. Ma come – ? Com’è da conformarsi alla Sua Volontà? “Ti diventa gravoso salire e scendere la ripida scala?”. Chiede lui amorevolmente. “Un pochino”, il giovane s’infonde coraggio, salendo si aiuta con le mani.

                    19.                  “Il pastore ti porterà qualcosa per guarire. Anche questo non fa male, soltanto non aver paura”. Giovanni gli sfiora affettuosamente i capelli, una carezza sconosciuta al giovane. “Va a prenderci il pranzo, uno lo deve portare”. Di nascosto Giovanni sta a guardare come il ragazzo scivola giù gradino per gradino. “Poveretto, forza, presto andrà meglio con te”.

                    20.                  Più tardi viene su Cornelio respirando pesantemente. “Per fortuna che non devo portare un’armatura; mi sento bene nella tunica. A parte questo. Una domanda seria che riguarda il Maestro; non sono completamente sicuro se …”. – “Chiedi pure, perché ciò che preme, si può e si deve togliere dal cuore. E se riguarda il nostro buon Signore, sono già sicuro in partenza che Egli aiuterà”.

                    21.                  “Perché il Signore si è fatto battezzare e, così – così – esteriormente? LUI era Dio, non ha mai avuto bisogno, come diceva il battista: ‘Fa penitenza!’. Il nostro Signore, anche come Salvatore del mondo, è l’Essere sublimemente perfetto; non la minima ombra della materia o qualsiasi altra imperfezione era attaccata in Lui [Giov. 8,46].

                    22.                  “La tua domanda è ben ponderata e, credimi, Cornelio, ho dovuto impiegare molto tempo prima che potessi svelare il mistero, perché su questo, il Signore parlava solo in accenni. Siediti”, il tribuno va avanti e indietro, tanto è agitato dalla sua domanda. Ora si siede. “Sono sempre colmo di gratitudine per il fatto di essere istruito da te”, afferra le mani del discepolo, “da te, infatti, sono istruito come da Dio stesso”.

                    23.                  Giovanni alza gli occhi splendenti. “Come te, anch’io ricevo l’insegnamento; poiché quello che fluisce dentro di me, è ripetutamente meraviglioso [Apoc. 15,3], come Dio si rivelava già nei tempi antichi. Le apparizioni si chiamavano per lo più ‘angeli del Signore’, perché il Sublime si mostrava in vesti velate – a motivo degli uomini. In epoca posteriore non si è riconosciuto questo e non nuoce se si legge: angeli del Signore. Spesso erano anche tali; ma dove accadeva qualcosa del tutto magnifico, come la lotta di Giacobbe presso il Peniel [Gen. 32,27-31], allora Dio stesso si rivelava. Giacobbe lo aveva riconosciuto e… tacque.

                    24.                  Il battesimo di Gesù era meravigliosamente velato, cosa che fece la Sua alta Sapienza. Con questo Egli sostenne il Battista. L’uomo vuol vedere; soltanto molto pochi si lasciano convertire solo con parole. Era assolutamente necessario rialzare il popolo che stava sprofondando di nuovo moralmente, cosa che avveniva con l’autentica fede e col servizio d’amore. A ciò è collegato che il Santo nel ‘Alto anno dell’Atto’ ha accostato la servitù nel terreno antistante – nel Cielo e nella materia.

                    25.                  Il battesimo, pensato come simbolo, può rimanere conservato. Se colui che battezza riconosce che un rituale esteriore è una cosa secondaria, nello spirito tuttavia è una preghiera di benedizione rivolta al Signore per il battezzando, allora anche il rituale è benedetto. Se rimane con l’apparenza esteriore il battezzatore perde molto, ma non il battezzando.

                    26.                  Giovanni aveva perciò collegato ogni battesimo all’esclamazione: ‘Venite, ritornate al nostro Dio!’. Questo era giustificato, per questa ragione lo si chiamò poi ‘colui che grida nel deserto’. Il ‘deserto mondo’, è quello dei poveri smarriti. Il Signore permise il battesimo soltanto a causa degli uomini, per attirarli, per indurli al ritorno. Quasi tutto quello che Egli ha detto e fatto, erano chiamate, si può dire: era un invitare, l’invitare ad uscire dal mondo, dal vicolo dello smarrimento e della mancanza di fede”.

                    27.                  “Quando Lui talvolta parlava con me, io lo sentivo profondamente nel mio petto: Egli mi chiamava dentro nel Suo Cuore. Ed io ero beato! Il Maestro stesso non ha mai battezzato; oppure…?”. – “No, e i primi tempi ne eravamo meravigliati. Chi meglio e molto più elevato poteva battezzare se non il Signore?! Lo strano è che Lui non ci ha mai liberato da questa questione ed io so perché: dovevamo ricercare noi stessi, e noi siamo giunti ad un risultato, come ti ho spiegato: soltanto il simbolo, soltanto l’impulso era dato. Quanto poco DIO doveva farSi battezzare, tanto poco ha bisogno di battezzare esteriormente. Il Suo battesimo fu il lavaggio dei piedi [Giov. 13,14].

                    28.                  A Nicodemo Egli disse: ‘Conseguire la rinascita con acqua e spirito’, ciò che è il battesimo del Suo santo Spirito. A quel tempo il nostro amico era ancora inesperto, noi tutti credevamo quindi che la rinascita dovesse avvenire attraverso un ventre materno, una seconda venuta in questo mondo. Il Signore lo negò. E noi sappiamo: ‘Rinascere nello spirito – lasciare a lui il dominio in noi, per questo curiamo in noi il bene, l’amore e la misericordia. Per questo mondo lo si può qualificare così: autentica umanità!”. Cornelio lo conferma volentieri.

                    29.                  “Questo me lo ha insegnato prima Cirenio, poi in modo superiore il buon Simeone, in modo sublime il nostro Signore, per quanto io lo possa afferrare e realizzare”. – Giovanni tranquillizza: “Nessun uomo diventa completamente libero dai suoi errori fino alla fine della sua morte terrena. Dio vede qual è la nostra natura [Salmo 103,14]. Dove però non domina nessuna cattiva volontà, ma solo uno sbaglio puramente umano, oh – come non dovrebbe Egli lasciare agire la Sua bontà?!”.

                    30.                  “Ci si deve far battezzare due volte, quando di nuovo si è caduto in basso?”. – “Una seconda domanda: Gesù Si è fatto battezzare due volte?”. – “Ti prego, Giovanni, questo sta veramente lontano da un qualsiasi pensiero! Egli non lo ha fatto accadere per Sé, Egli si diede alla gente come esempio. Chi si lascia trasformare mediante il Suo Insegnamento, non ha bisogno assolutamente di nessun battesimo”.

                    31.                  “Come sei venuto allora alla tua domanda?”. – “Dall’Oriente veniva gente fino a Roma. Essi insegnavano nelle scuole che l’uomo sarebbe dovuto sempre ritornare sulla Terra, finché diventasse un essere puro”. – “Che cosa ritieni tu di questo?”. – Cornelio riflette un po’. “Non riesco a definirlo precisamente, qualcosa di buono c’è anche in quest’insegnamento. Io stesso penso che non sia necessario venire più volte nel mondo. Il Signore parlava delle ‘dimore nella Casa del Padre’. Se queste esistono, allora esse sono anche abitate! Se questo è il caso, allora il venire, rimanere, andare attraverso il nostro tempo di vita di Luce può guidare noi altrettanto attraverso i luoghi”.

                    32.                  “Sissignore! Talvolta gli angeli che servivano il Salvatore ci hanno anche insegnato proprio su questo punto. Gli uomini nel lontano Oriente, vivendo con etica, possedevano il loro antico insegnamento non più in modo puro. Alterne generazioni possono cancellare molto. Anche la fede dell’unico Dio di un Abramo è adesso particolarmente molto confusa, tale e quale nella fede idolatra romana-greca-egizia. Oppure no?”. Cornelio pensa che di questo a lui non gliene importa più già da molto tempo.

                    33.                  “Le primissime generazioni nella regione dei monti più alti già conoscevano la nascita della Luce da una stella all’altra. Ogni via in tale stazione è da paragonare quasi alla nascita dell’uomo, sebbene sia completamente diversa presso coloro che servono dalla Luce alla materia. Su ogni stazione di Luce le cose esteriori sono spirituali, anche il venire, rimanere, andare, come hai ben riconosciuto. Queste sono meravigliose Rivelazioni, tanto della Magnificenza del Signore, quanto della benedizione ai figli pellegrini.

                    34.                  Ogni primo passaggio attraverso una stazione di Luce si chiamava ‘nascita’ e, nelle successive stazioni, ‘rinascita’. Più tardi fu considerata materialmente[13]. Chiarezza e fede nel trascendentale andarono perdute. Si concentrò tutto sul mondo.

                    35.                  Altissimi spiriti figli della Luce si fanno inviare anche spesso nella materia per uno scopo particolare, di cui il punto principale è la nostra Terra. È sbagliato chiamarla rinascita. Tali angeli superiori non vengono mai qui per conto loro. La loro missione di Luce procede unicamente dalla mano dell’Altissimo e non ha niente a che fare con concetti mondani. Chi pensa e crede questo, sbaglia strada.

                    36.                  Tutto lo spirituale accade una volta, come Dio si è sacrificato una volta [Ebr. 10,14]. Questo non esclude che – in modo particolare per noi uomini nel mondo – quello che è già stato sia da ripetere, come quella Parola che abbiamo compreso solo più tardi: «Vi do un nuovo Comandamento», cosa che un giorno, da come posso riconoscere in anticipo, s’indicherà con ‘Nuovo Testamento’.

                    37.                  Con ciò si dimentica l’eterno, ciò che è proprio di DIO. Se Egli è l’UNO, che mai si ripete, mai cambia la Sua legge fondamentale, allora non avrà nemmeno bisogno di abrogare il Suo Testamento, scritto in un tempo che è difficile da comprendere, neanche di sostituirlo con uno nuovo, perché il vecchio avesse forse errori e quindi non sarebbe più valido. –

La Parola e l’Opera del Creatore sono eternamente valide!

                    38.                  Io, un figlio di poveri pescatori, ho imparato a leggere e anche a scrivere, ed esaminai qualche rotolo presso il rabbi che aveva cura del nostro villaggio. Allora nel rotolo di Mosé c’era già il Comandamento [Deut. 6,5; 3.19,18] di amare Dio sopra ogni cosa ed il prossimo come se stessi. Se Mosé ricevette questa Parola, allora il Comandamento del Signore non era nulla di nuovo – visto da LUI. Per noi, che siamo smemorati e rigettiamo da noi cose difficili, era stato dato nuovamente, meglio sarebbe dire: un’altra volta. Chissà se un giorno questo si riconoscerà –?

                    39.                  Ora la cosa più importante non è come lo si descrive, ma che si agisca di conseguenza. Oh, l’ultima umanità sprofonderà nel suo delirio; non soltanto i figli di questo mondo, come Dio chiama i precipitati, anche i figli di quelli che si credono credenti, molti saranno falsi nonostante la fede; essi, infatti, ardiscono di imprimere al Santo la loro povera immagine del mondo. Egli non deve essere come è, ma come loro se Lo immaginano”.

                    40.                  “Non si può aiutare l’umanità?”, domanda Cornelio. “Noi abbiamo vissuto cose così deliziose con il Signore, allora si ha pur il desiderio che ognuno potesse riceverle e conservarle. Chi non lo desidera, a costui va perduta la benedizione proveniente dalla Dottrina di Gesù. Si può utilizzare questo, come ‘amore per il prossimo’?”.

                    41.                  “Certamente! Un desiderio, pensato nella compassione per gli altri, è sempre benedetto. C’è solo da riflettere: il tempo di Dio ha un altro carattere che la percezione del tempo nel mondo. Mille anni della nostra umanità sono meno di un soffio dalla Sua bocca! Così ogni pio desiderio si adempirà. Quando, amico mio, è da lasciare a LUI. Anche il come!

                    42.                  Noi vogliamo sempre il bene; se questo è valido per ognuno al quale è dedicato il nostro pensiero del cuore, non sempre lo possiamo sapere. Se manca qualcosa nel desiderio, allora Dio vi aggiunge volentieri il Suo; se c’è un troppo, cosa che qualche volta è pure possibile, lo toglie. Egli è un Dio meraviglioso; Egli opera in ogni tempo nella Sapienza della Sua bontà”.

                    43.                  “Se non so come devo desiderare giustamente, allora preferisco non azzardarmi per niente”. – “Non preoccuparti. Per quanto riguarda di amare Dio sopra ogni cosa, non possiamo sbagliare, se ci si sforza seriamente. In vista dell’adempimento del Comandamento dell’amore per il prossimo, il nostro caro Signore provvede, affinché la benedizione ottenga misura e meta. Non è sufficiente?”.

                    44.                  Proprio adesso il giovane mette la testa alla porta: “Si fa sera ed io allora volevo …”. – “Di nuovo andare a prendere il cibo?”, Giovanni sorride. “Andiamo noi alla taverna”, dice Cornelio, “e a te il cibo lo mando su”.

                    45.                  Giovanni gli ha riferito come il giovane ha dovuto usare le mani per salir la scala. “Quanti giorni mancano ancora fino al battesimo?”. Egli lo attende quasi infantilmente, sebbene abbia diciassette anni. “Calma, calma”, dice il romano allegramente, “speriamo che lo puoi sopportare”. “Oh, se lo fa il discepolo di Gesù, non potrà succedermi nulla!”.

                    46.                  “Anche questa è una confessione!”. Giovanni tira a sé il giovane. “Dopo domani per te sarà il gran giorno. Noi inviteremo tutti, anche qualcun altro si farà battezzare”. – “Ehm, domani vado a cavallo dai nostri pescatori, allora inviterò tutti. Questa diventerà una festa!”. Mentre Cornelio va con Giovanni, il giovane domanda se anche lui, Cornelio, deve ancora farsi battezzare. Egli lo controbatte un po’, il suo sentimento romano non si può rimuovere completamente, e nemmeno deve essere rimosso. Risponde negativamente.

                    47.                  “Tu sei battezzato attraverso la PAROLA di Gesù, come pochi che Lo seguivano. Ciò che fece Pietro, fu per te un segno esteriore [Atti 10]. Il mondo pende ancora alla giacca di qualcuno. Per amore per il Signore hai sacrificato tutti i tuoi averi, diversamente dal giovane che se ne andò rattristato, quando il Salvatore lo pretese da lui. Tu lo hai fatto con totale libera volontà [Matt. 19,21]”.

                    48.                  “Perché il Signore lo aveva preteso da lui? Egli sapeva che il giovane non avrebbe donato la sua ricchezza”. – “Certamente, il Signore lo sapeva; ma vide anche che costui l’avrebbe perduta, per trovare così un giorno il Signore, come succederà”. – “Da dove sai questo?”. – “Me lo disse il Signore. Anch’io posi la stessa domanda come te adesso”.

                    49.                  “Come stanno le cose con i pescatori?”. – “Essi non hanno vissuto tanto da vedere il nostro Signore; attraverso il battesimo saranno allora uniti con Lui. Alcuni domandavano se potevano appartenerGli, perché non Lo avevano conosciuto. Il nostro giorno di festa sarà benedetto”. – “Non è benedetto ogni giorno?”. – “Certo, Cornelio, già per il fatto che DIO dà i giorni. Anche se ha soltanto una benedizione, una benedizione completa, così Egli mostra per noi di quando in quando come una differenza. Noi sentiamo questo e ci stimola”. –

*  *  *

                    50.                  Ora il giorno è venuto. Il discepolo ha preparato da solo la funzione del battesimo nella notte rischiarata dalla Luna. Alla sorgente, dietro la torre, si trova un contenitore colmo d’acqua fino all’orlo. Così come fece il Battista al Giordano, Giovanni non lo vuol fare. La pura sorgente deve essere conservata pura, si ha bisogno dell’acqua. Per gli animali c’è uno scarico, così che non devono andare direttamente alla sorgente. È impossibile che ora Giovanni faccia scendere la gente nell’acqua. Mette una brocca su un piccolo tavolo e accanto posa uno dei suoi rotoli.

                    51.                  Molto presto, prima che sorga il Sole, va sulla spiaggia e incontra, come il solito, il tribuno, anche Sejananus, Cronias, Scubatus e Venitrius. Quest’ultimo è arrivato giorni fa con una grande gioia di essere qui. S’interroga Giovanni su che cosa succederebbe se anche loro dovessero far parte del battesimo. Il discepolo ha lasciato decidere loro e aggiunge che Cornelio e Venitrius non ne avrebbero bisogno. Per la rassicurazione di tutti, non dice che il Signore battezzava con la Sua Parola, egli vuol lasciare agli altri la piena gioia di ‘appartenere ora completamente al Salvatore’.

                    52.                  Molti sono accorsi, uomini, donne e bambini. Il medico attende ciò che accadrà, e il vecchio pastore si mette un po’ in disparte. Egli ha pensieri particolari, questi non si sbagliano: ‘Ciò che dice il veggente di Dio, è Parola di Dio. Se credo in Lui, anch’io sono Sua proprietà. Non c’è bisogno d’altro’.

                    53.                  Sono radunate più di cento persone ai due lati della sorgente. Davanti, presso il tavolo, stanno i romani. Cornelio ha messo il giovane accanto a sé, al quale ieri il pastore ha spalmato dell’unguento sulla ferita. Prima bruciava, ma presto è subentrato un fresco lenimento. Ora sta lì, i suoi occhi brillano come quelli di un fanciullo. Gli altri fanciulli si trattengono presso i loro genitori.

                    54.                  Giovanni recita la preghiera del ‘Padre nostro’. Evidenzia lo scopo del battesimo, fa sapere che l’esteriore coopera alla benedizione e con ciò si appartiene al Salvatore. Spiega che l’uomo si deve liberare del mondo, spiega anche che si deve pensare a tutto ciò che serve per la vita. Un uomo deve provvedere per i suoi, la madre per i figli.

                    55.                  Poi parla di quella Parola che la maggior parte degli ascoltatori non comprendeva [Matt. 6, 25-34]. “Se qui il Signore parla degli uccelli che non seminano e non raccolgono e Dio sosterrebbe tutti quanti, allora non era inteso che l’uomo debba lasciar riposare le mani; poiché Dio ha detto anche questo: ‘nel sudore della tua fronte devi mangiare il tuo pane’, ciò che significa: lavoro [Gen. 3, 19].

                    56.                  Che cosa mangerò? Che cosa berrò? Era biasimato. Guardate questa sorgente – nessuno l’ha mai fatta, essa proviene dall’interno della Terra, come la benedizione di Dio scaturisce da Lui stesso. Quindi cercate il Regno di Dio e la Sua Giustizia, tutto il resto vi sarà dato. Non preoccupatevi per il mattino successivo; poiché il giorno di domani provvederà per il suo. È sufficiente che ogni giorno abbia la sua fatica.

                    57.                  Io sono figlio di pescatore e so quanta fatica ci vuole a gettar le reti. Potete voi creare e moltiplicare i pesci? No! Il Dio Creatore li ha creati, affinché abbiate il vostro nutrimento. Egli provvede così per voi, allora potete pensare a Lui con gratitudine, amarLo e tendere al Suo Regno e al Suo senso del giusto. Se fate questo, allora siete legati a Lui e nessun mondo può di nuovo strappare la vostra anima da Lui! Chi lo vuole, venga qua e prenda in consegna anche il segno esteriore”.

                    58.                  Dapprima prende il giovane, il quale trema in tutto il corpo. Cornelio ha chiesto prima come lo dovrebbe chiamare. A lui sta dinanzi agli occhi quel testimone che Saul fece lapidare. Giovanni lo ha confermato volentieri. Ebbene – la maggior parte delle persone porta poche vesti e quindi non nuoce se l’acqua le bagna.

                    59.                  Giovanni attinge l’acqua dalla tinozza, pone le mani sul giovane capo e dice: “Dio ti benedica! Ti prometto solennemente al Salvatore. Osserva i Comandamenti, cammina per la buona strada, sii sempre caritatevole, supera tutto ciò che vuole separarti dall’Amore di Dio. Io ti battezzo nel Nome del nostro Salvatore GESU’ che è nostro Dio e Padre!”. Giovanni versa l’acqua sul capo del giovane e ad un tratto questi diventa tranquillo, sente dentro di sé come una forza e si tiene fermo alla veste del discepolo. Cornelio invece dice in maniera percettibile:

                    60.                  “Ora sei diventato un figlio di Dio, figlio che vuole appartenere a Dio da se stesso. D’ora in poi ti chiamerai: Stefano”. Ecco che il giovane s’inginocchia, non ha mai saputo come si fa, l’impulso viene semplicemente su di lui. Un ragazzo di dieci anni si strappa da suo padre e grida: “Oh, ti prego, anch’io voglio essere battezzato, voglio appartenere al Salvatore!”. Qual immensa gioia attraversa il cuore del veggente e non c’è quasi nessuno che non ne rimanga scosso.

                    61.                  Tutti pregano, perfino Cornelio: “Battezzami; perché così come lo fai tu, mi lega al Mio Salvatore, che è l’Iddio e Padre mio!”. Per ultimo si avvicina il medico. Se perfino un tribuno romano si fa battezzare, perché non anche lui che è diventato libero sull’isola soltanto a causa sua? Il pastore va via furtivamente e pensa: ‘Io pascolo i miei agnelli, come il Signore mi ha dato l’esempio. A me è stato così, come se sentissi l’acqua’. Il vegliardo ha proprio ragione, poiché non l’esteriore come tale procura il legame con il Signore, solamente la fede e – il far del bene.

                    62.                  Tre pirati stanno a distanza e sono tristi, perché non hanno accompagnato gli altri. Chissà se il veggente di Dio per loro… se lui … uno s’infonde coraggio, va da lui e prega: “Uomo di Dio, due ed io – tu certamente li hai visti – noi non sospettavamo che cosa sarebbe stato; adesso vorremmo …”. – “…avere il battesimo? Lo pensate dunque sinceramente, oppure volete soltanto non essere esclusi?”. Eh sì, vede molto in profondità, il veggente di Dio. Un battezzato dice: “Ora sono venuti troppo tardi, la porta è chiusa”.

                    63.                  “Non può Dio aprire di nuovo le porte?”, chiede Giovanni. “Voi dovete imparare molto, e finché s’impara, si percorre una buona via. E si deve imparare: ‘Ciò che si ottiene dall’Amore stesso di Dio, lo si deve concedere anche agli altri’. Non vuoi tu augurare la Grazia anche ai compagni che – certamente su vie sbagliate – con te ne hanno passate di cotte e di crude?”.

                    64.                  “Non la intendevo così”, confessa il battezzato. “Io voglio pregare: trasmetti loro la Grazia di Dio”. Un buon passo di un’anima che è salita dalle tenebre e si è lasciata convertire. – “Io penso”, si fa sentire Cornelio, “che la Bontà di Dio dura in eterno, non esiste solo quest’unico giorno di festa, come il Signore lo ha creato per noi”.

                    65.                  “Non deve essere oggi”, dice uno dei tre. “Se siamo venuti troppo tardi, decidi tu un altro giorno in cui possiamo ricevere il battesimo”. Ora non c’è soltanto il desiderio ‘di essere anche presente’. – “V’insegno ciò che dovete prima riconoscere. Se accettate anche il carico che Dio può congiungere con la Sua salvezza, allora il prossimo giorno festivo dovrà essere il giorno del battesimo. I pescatori della baia di Sidon non erano presenti; li visiterò e ci sarà certamente qualcuno che vorrà ottenere la salvezza insieme a voi”.

                    66.                  Si presenta Venitrius: “Io ti accompagno, è meglio che tu non sia senza protezione”. Si ferma. “Oh, la protezione di Dio è sempre con te; ma Simeone mi ha insegnato di non sperare solo nei miracoli, c’è da impiegare anche del bene umano. Così come il battesimo è veramente un procedimento del cuore, pura faccenda di DIO, ed ha comunque benedetto l’esteriore, così la protezione di Grazia del Signore rimane presso di noi. Per il mondo ci si può proteggere ragionevolmente”.

                    67.                  “Bravo”, esclama Sejananus. “Questo è come sul mare: non posso lasciare il remo a se stesso, devo muovere le mani, regolarmi secondo il vento e le onde, se voglio giungere alla meta prefissata. Certamente il Governo di Dio sta sempre su di noi, come di notte l’esercito delle stelle illumina il mare e può indicare la direzione”.

                    68.                  “Diventa sempre più magnifico!”. Cornelio abbraccia per sbaglio il giovane Stefano, invece del suo capitano, poi ride allegro e dice imbarazzato: “Vengo anch’io. Dopo domani andiamo a cavallo; domani parte la galea delle provviste, allora ci sarà molto da fare. Hai già dato le tue lettere a Scubatus?”, si rivolge a Giovanni. “C’è tempo fino a domattina”, risponde questi.

                    69.                  Nel frattempo nella taverna è stato preparato un grande banchetto, i pesci sono preparati nel migliore dei modi ed è stato cotto molto pane. Meno male che c’è ancora abbastanza grano, è tempo che si riempiono di nuovo le cassapanche e gli otri. Diventa un giorno lieto, i fanciulli giubilano, anche se non hanno compreso il più profondo, come anche qualche adulto. Ma ognuno pensa con gratitudine: ‘Sono diventato un cristiano’.

                    70.                  Eccetto i pescatori, che vogliono andare in mare di notte, si fa tardi. Il mattino seguente Sejananus è partito con un buon vento. Il giorno dopo sono partiti a cavallo Cornelio, Giovanni e Venitrius. Si trovano cuori pronti. Il pastore ha riferito che cosa è successo col battesimo. Il giorno di festa successivo ci sono nuovamente quasi cento persone. Ora, coloro che non hanno trovato il contatto con la Luce, sono molto pochi sull’isola. Giovanni, tuttavia, è pieno di consolazione: ‘In loro ci si deve confermare’.

 

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Cap. 13

Istigazione contro i cristiani –  Giovanni insegna sul perché dei martiri – Gajus è inviato su Patmos

 

Giovanni predica oltre che sul martirio, anche sull’essenzialità di Gesù nel sepolcro, sulla necessità del seme della morte, sulle S. Scritture e su certe espressioni di Gesù, quali tracce del suo Evangelo quasi alla conclusione, perfino il nome ‘Bibbia’ già rivelato – Chi si ferma alla Bibbia non avanza più spiritualmente

                      1.                    Un paio di settimane sono passate. Il discepolo convoca spesso la comunità della torre; si presentano anche alcuni membri esterni, i quali rimangono certamente con il loro cosiddetto paganesimo, ma riconoscono parecchio di bene proveniente dalla Dottrina di Gesù. Cornelio provvede nel mondano per l’ordine migliore, per quello spirituale provvede il veggente di Dio. Taluni si fanno battezzare, anche l’oste della taverna. Tra gli abitanti dell’isola regna la pace più meravigliosa.

                      2.                    Nel mondo, in questo caso c’è da intendere Roma, terrore e morte sono scatenati. Ciò nonostante, Scubatus ha provveduto per bene alle tre lettere. Ha incontrato Maria insieme alla ‘cara donna’, come Giovanni ha iniziato nella sua seconda lettera; da lei, quando il romano si trattiene a Capernaum, proprio allora arriva anche Tommaso. Lui può promettere di copiare la lettera per le comunità, altri esperti in scrittura aiuterebbero volentieri a diffonderla su vasta scala.

                      3.                    Il decurio è contento, specialmente perché ha trovato Gajus, e questi poi, è contento di sentire qualcosa di Cornelio. “Sai, a Roma le cose vanno abbastanza sotto sopra, non darà nell’occhio se sparisco per un po’ di tempo; inoltre, non sono molto legato al servizio. A Roma ci ‘si’ occupa d’altro, cosa che Cornelio dovrebbe sapere; lui si può indirizzare conforme a questo”. – “Pesante vero?”, chiede Scubatus. “Dipende come si prende, bene non è in nessun caso”.

                      4.                    “Allora niente come su Patmos!”. Alla domanda come sarebbe là, si dice in breve: “Vieni e vedrai!”. Quando giungono a Tiro nel porto, la ‘Cornelia’ è pronta. Il capitano Sejananus, che è stato dal capo portuale, li incontra, quando lui, come questi, vuole andare al porto di scalo. Egli è subito interrogato.

                      5.                    “Come mai adesso sei a Tiro? Ecco, questi è Gajus. Vi conoscete?”. – “Non ancora”, dice Sejananus. Quando Gajus sente che Sejananus è il capitano della nave, lo interroga: “Stai partendo?”. – “Appena voi potete. Mi hanno ripreso perché da una settimana occupo un attracco. Dopo che arrivai con la galea delle provviste, Cornelio non dava pace, dovevo subito ripartire. E Giovanni mi disse: ‘Dirigiti a Tiro, troverai Scubatus e l’ospite’.”.

                      6.                    “Chi è Giovanni? E come poteva, costui, sapere che noi… che io …”. – “Lasciati di nuovo dire: vieni e vedrai!”. A ciò il capitano fa di sì col capo con espressione seria. “Vi capisca chi vuole!”. Egli deve prima vedere o sentire ciò che si fa. “Ci avresti aspettato? Anche più a lungo?”. Sejananus sorride:

                      7.                    “Sarei andato in giro qui e là e dopo alcuni giorni sarei rientrato, il capo portuale sarebbe stato impotente. Giovanni aveva ragione, come sempre”. Gajus alza le sopraciglia. Deve essere un tipo strano, pensa. Oppure potrebbe… – Si ricorda dei discepoli di Gesù. Come sarebbe giunto costui su Patmos? Intanto però è felice di lasciarsi alle spalle ‘l’impiastro bollente di Roma’.

                      8.                    Sejananus nel porto avvisa della partenza, dopo che gli amici, non visti, sono saliti a bordo. Non si deve sapere perché è rimasto ancorato così a lungo. “Finalmente mi libero di te! Be’ – Nettuno sia con te!”. – “Con te l’Iddio sconosciuto!”, è replicato. “Chi?”. – “Non dovresti tu sapere che è sacrificato al Dio sconosciuto? Noi soltanto non sapevamo chi Egli fosse”. – “Ed ora lo sai?”.

                      9.                    Nell’occhio sale fiammante il sospetto. Il capitano sta in guardia. Fa finta di niente: “Si rimane attaccati al vecchio, il romano è fedele agli dèi”. Con ciò il portuale è servito; costui ride forte: “Ah, la fedeltà negli dèi non è troppo grande in me. Ora, stammi bene”. Una stretta di mano. Con l’andar via, Sejananus dice piano a se stesso: “Io non sono più fedele agli dèi scomparsi, li ho completamente cancellati”.

                    10.                  A Patmos la guardia del porto ha avvistato la Cornelia. È annunciato l’arrivo. Il tribuno, Cronias, Giovanni e il centurione che è rimasto sull’isola, stanno lì e attendono. Ci vogliono tre ore, prima che la galea possa ancorare. Gli uomini ai remi hanno fatto grandi sforzi, sostenuti dalle vele. C’è grande gioia. Gajus per primo saluta in modo schiettamente militare, poi si abbracciano, facendo la qual cosa l’arrivato dimentica di prendere gli altri ‘di mira’, come lui voleva.

                    11.                  Vanno alla taverna. Sejananus riferisce del viaggio. “Siamo stipati fino all’orlo di grano e molto altro. Oltre a ciò, quattro cavalli. È costata molta fatica. Devono scendere subito”. – “Ci penso io”, dice il centurione. “L’ho già fatto spesso”. Tutti sono d’accordo. “E tu, Scubatus, sei riuscito a far tutto?”. – “Oh sì, eseguito al meglio!”. Poi segue il rapporto.

                    12.                  “Come ti è andata, Gajus?”. – “Abbastanza bene. Tu, aspetta un po’!”. Guarda più vicino a Giovanni ed esclama: “Ora so perché Scubatus ha detto due volte: ‘vieni e vedrai!’. Giovanni, quasi non ti avrei riconosciuto! Sei diventato così – così maturo, non so, come devo dire. Sono contento di trovarti qui! Ti ho cercato molto. A chiunque chiedevo di te, tutti ti cercavano e nessuno sapeva dov’eri. Veramente – in Capernaum non ci sono stato, là avrei ottenuto tue notizie”.

                    13.                  “Io sapevo che saresti venuto, – e rimani”. Giovanni sorride silenziosamente dentro di sé. “Rimanere? No! Devo di nuovo presentarmi”. – “Questo te lo sconsiglio”, s’intromette Cornelio. “Mi sembra che sulla terra ferma minacci grande miseria e preoccupazione. Allora è facile che un uomo sparisca, e tutt’al più si penserà: ‘Ancora uno di meno, non fa niente’. Parlaci di Roma”.

                    14.                  “Aspettiamo fino a sera”. – “Sì, andiamo ad aiutare finché tutto è scaricato. Anche i rematori devono essere rifocillati”. – ‘Autentico tribuno’, mormora tra la barba Gajus. Quando arrivano allo scalo, il centurione ha già portato a terra i cavalli che sbuffano molto impauriti.

                    15.                  Sejananus dice a Giovanni: “Nella prima notte a terra ho fatto un sogno, un uomo parlò: ‘Compra tutto quello che puoi. Ora Patmos è da proteggere’. Io non compresi che cosa avrebbe significato, ma mi sentii spinto a comprare e caricare. La galea delle provviste stava anche profondamente nell’acqua, quando sono ritornato sull’isola. E adesso la Cornelia”.

                    16.                  “Io potei visitarti in sogno, e vi ho detto ciò che succederà prossimamente”. – “Questo suona difficile”. Cornelio guarda fuori sul mare. Qualche volta ha nostalgia, meno per Roma, tutt’al più a causa della sua gente, come piuttosto per i luoghi che gli sono diventati indimenticabili a causa del Salvatore. Ciò nonostante non vorrebbe andare via da qui.

                    17.                  Si sta seduti insieme nella torre. Stefano serve gli amici. Sejananus ha portato con sé un buon vino. Non si beve però. Gajus riferisce in generale che ovunque fermenta molto, particolarmente nella Giudea. “Le misure diventano sempre più rigide”, egli accusa, “con ciò cresce veramente l’odio. Non c’è nessun Cirenio! Questi sapeva come si doveva prendere la gente, se romani, giudei, siriani o di Sidone e chiunque altro. Roma genera pace insanguinata, e questa sarà per lei pericolosa”.

                    18.                  “Il Quirino[14] lo disse in anticipo, veramente solo a me. Egli non poteva parlare apertamente. Oggi ancora molto di meno”, Gajus si riscalda. “Soltanto uno sguardo, meno di tutto una parola, e la nostra giustizia porta una veste lacerata!”. – “Spiegati; da noi non esistono né sguardi ambigui né tradimento. Qui sei al sicuro”.

                    19.                  “Ho notato come se Patmos – non tutta – fosse un Cielo tra tutti gli inferni nel mondo. Rimanete saldi, se faccio rapporto su Roma. Nella Giudea la cattiveria contro Gesù e i fedeli non è dimenticata. Al contrario. Ognuno è perseguitato. Non ci si osa avvicinare i romani, ma si tradiscono i loro nomi.

                    20.                  Ovunque, soprattutto a Roma, predominano fame, sporcizia e miseria, sotto di cui la gente soffre. Si cerca una via d’uscita. Non si osa alzare il pugno, cosa che, veramente, sarebbe giustificato. Ogni tanto si dà in donazione grano e olio, che prima lo si è ‘rubato’. Viene proprio a proposito che a Roma si diffonde la fede nel Salvatore. E che cosa si fa là? Si sobilla massa contro massa.

                    21.                  Per allontanare i sospetti dal supremo, affinché non vacilli il trono, ultimamente si diffondono frottole orrende contro i nostri cristiani, per portare gli animi al punto di ebollizione. Così aveva l’apparenza, sono stato là recentemente, avevo un messaggio da portare. Mi meraviglia che non sia stato trattenuto. Certo, ora lo so: è stata la conduzione del nostro Signore!

                    22.                  Per l’anfiteatro sono stati messi in serbo dei cristiani e sembra che succeda qualcosa di raccapricciante. Ho avuto un colloquio con Aurelius, il primo senatore della nostra città. Egli ritiene l’istigazione pericolosa e ingiusta. Egli dice: ‘Se continua così, il sangue dei cristiani distruggerà Roma. L’impero sprofonda in mare come una nave in avaria. Non si ritroverà mai più!’. Sebbene lui stesso non fosse cristiano, ne ha nascosto e portati via molti.

                    23.                  Quando riferii che io stesso ho conosciuto Gesù, sollevò le sopracciglia, alzò la sua mano ammonitrice e… presumo che mi abbia aiutato a lasciare Roma”. Si è scossi e preoccupati. Cornelio può pure di nuovo ‘ribollire’, serra i pugni, i denti digrignano e un gemito viene dalla sua bocca: “O Signore, dov’è il Tuo aiuto?”. Un grido di soccorso dalla profondità dell’anima sua. Sì, tutti la pensano così, soltanto Giovanni siede assorto, sul suo volto sta un’amara serietà. Cornelio lo guarda, non comprende, e chiede precipitoso:

                    24.                  “Tu taci? Che cosa può fare il tuo amore?”. – “Il mio, niente!”. Non c’è qui un profeta proveniente dai tempi antichi, risuscitato per il nuovo?, – da DIO? Ahimè, non per il tempo, per gli uomini, i quali negano lo scopo della vita. Essi, dotati di discernimento e intelletto, potrebbero sapere ciò che fanno. Essi però non vogliono! Questa è la loro rovina, prima, adesso e fino alla fine di questo mondo.

                    25.                  “Quanto poco il mattino sappiamo ciò che porta la sera, e la sera non sa ciò che risulta il giorno successivo, tanto meno sappiamo noi che cosa ‘fa DIO nel Suo Amore!’. Oh, smettetela con le vostre parole, nel sostenere che non sarebbe amore se i credenti devono soffrire così amaramente! Ascoltate che cosa ha detto il Signore com’esempio:

Or dunque, poiché il chicco di grano nel terreno

cade e muore, allora rimane solo; dove però esso muore,

lì porta molti frutti!’. [Giov. 12, 24]

                    26.                  Non è presunzione indicare come grano i credenti e quelli che sono giusti e buoni. Gli altri invece, i quali vivono solo in modo mondano, sono ingiusti e cattivi, costoro sono le granaglie per il bestiame, del valore di un terzo del grano, come un terzo cadde dal Cielo [Ap. 6, 6; 8, 7-12].

                    27.                  Voi pensate: se il granello muore e germoglia, questo non fa male. Non vi sbagliate! Dove c’è vita, c’è dolore; ciò che è morto, non ha nessuna vita! Ciò che rimane soffocato nel sangue e si pigia nella terra, questo germoglia per la benedizione e per la rovina! Chi uccide, morirà di morte; l’aldilà, infatti, sarà il giudice! Là si dirà poi: ‘Paga il doppio di ciò che hai fatto’ [Ap. 18,6]. Perché il doppio!?

                    28.                  La prima cifra è per coloro che si è rovinato, la seconda cifra è per loro stessi. Purificarsi dall’infamia è peggio che la morte fisica più pesante (martirio). Chi però sacrifica volentieri la sua vita per amore di Gesù, ha certamente dei dolori, se viene ucciso senza senso, ma nell’istante della morte l’anima s’innalzerà, portata dallo spirito che DIO gli ha dato!

                    29.                  Chi ha gettato anche soltanto uno nella rovina, non può morire pacificamente sul più morbido piumino. La coscienza è il luogo di supplizio della loro anima e i tormenti sono la loro morte che porta l’anima nell’abisso dell’aldilà. Ciò che muore nell’anima, è l’incapacità di liberare se stessa. Se la cattiveria è pagata il doppio, allora la bontà di Dio è il loro aiuto; e lei, uguale ad un granello morto, cresce poi ancora nel campo del Cielo.

                    30.                  Certamente il Creatore ha solo un campo, come Lui, quale l’UNO, ha un solo Cielo. Ma com’è da spartire un grande campo, affinché su di esso si semini molto e possa crescere e prosperare molto, così di gran lunga magnificamente ha spartito il Creatore sapientemente il Suo unico campo del Cielo – per il Giorno dell’Amore, che Egli ha chiamato per noi il sesto dalla Sua prima Settimana-Anno-Atto.

                    31.                  Quello che succede nel Suo sublime Giorno di Festa che seguirà, non lo possiamo sapere. Ogni giorno ha la sua benedizione, la sua beatitudine! Un uomo giusto ha cura del più piccolo come del buono, perché servono entrambi. Così il Signore! I fedeli stanno alla Sua destra, gli altri alla sinistra; ma senza la parte sinistra non esisterebbe una parte destra.

                    32.                  Con ciò voglio dire e vi consolo: lasciate andare per la loro strada i tenebrosi; non chiedete: Signore, perché? I fratelli soffrono, le sorelle muoiono, io – apparentemente salvato – soffro attraverso la Rivelazione che mi spetta di scrivere”. Gli occhi sono pieni di tristezza che soffrono con il Cielo, una tristezza che sa consolare. I pochi uomini che sono radunati intorno a lui la sentono. Ciò non di meno Giovanni continua a parlare:

                    33.                  “Si cacceranno i cristiani come animali selvaggi per un lungo tempo; più tardi il cristiano, che è nessuno, consegnerà i poveri ad una morte da martire. Lo spirito però innalzerà le loro anime sul campo di frumento del Cielo. I persecutori e gli assassini cadranno nella tomba dell’aldilà del ‘doppio pagamento’. Un giusto pareggio pieno di sapiente bontà e onnipotenza!

                    34.                  Anche in noi la sofferenza non passa completamente. Se noi non ci provassimo, come potremmo mai giungere alla Luce? Quest’isola della pace però non sarà travolta! Ascoltate: da quest’isola la Luce della Dottrina del nostro Signore sarà portata per la seconda volta nel mondo, quando la Verità di Dio sembrerà quasi scomparsa. Dapprima eravamo soltanto in dodici, uniti intorno al Signore, e già adesso i fedeli non si possono quasi più contare.

                    35.                  Quanti moriranno nella follia della persecuzione, allora per ogni morente ne sorgeranno altri sette! La Dottrina di Dio mai tramonterà, come mai tramonterà il Suo Amore e la Sua Misericordia! Quanto si rattopperà e strapperà nella Verità, tanti rattoppi oscuri di smarrimento e confusione umana si metterà sulla veste di Luce di Dio. – Il mantello del Signore rimane ciò che è, perché gli uomini mai possono cambiare qualcosa nel Creatore!

                    36.                  Osservate l’esempio colmo di dolore: Gesù sulla croce! Gli si presero le Sue vesti. Si tolse qualcosa al Salvatore? Si poteva renderLo più piccolo di come Egli era? Si è cancellata la Sua Dottrina? No! Non si è ottenuto nulla, si è solo aggiunto all’amarezza della caduta della figlia, un’ultima amarezza – per il mondo, gli uomini, la materia.

                    37.                  Difendete la vostra pace contro ogni attacco da parte delle tenebre portate qui dagli uomini. I vecchi si girano appena, ma la gioventù cresce, forte e lieta nella fede”. Ma ecco, un’immagine: Giovanni lotta con se stesso per fermare il torrente di lacrime! C’è ancora tempo, prima che accada. Allora però…

                    38.                  “Lasciateci fare la nostra parte, Dio fa la Sua per i grandi e i piccoli, per i lontani e per i vicini. – Ora andiamo a dormire”. – “Io ho una domanda”, dice implorando Gajus. “Giovanni, nella lettera che tu hai indirizzato a me, per la quale ti rimango sempre grato, hai annotato: ‘quando io vengo’, quindi ho supposto che tu saresti venuto da me. Nella lettera non c’era scritto che ti trovavi su Patmos. Ebbene, non tu sei venuto da me, bensì io sono venuto da te. Come devo intendere questo?”.

                    39.                  “Non lo hai capito subito”, osserva amichevolmente Giovanni. “Hai avuto un sogno, nel quale hai visto il Signore e me”. – “Sì, ho pensato fosse stata una reminiscenza”. – Ebbene, esistono sogni che riflettono il passato, oppure tali che chiariscono qua e là il futuro, altri dove s’incontrano due anime umane. Questo è successo con Gajus. Che in quest’occasione l’elevato lo poteva cercare e anche trovare, il veggente se lo tiene del tutto per sé. Egli però commenta il sogno e dice:

                    40.                  “Era facile incontrarti in sogno, caro Gajus, perché sei saldo nell’Insegnamento di Gesù, come voi tutti”, indica intorno. “Anche se non si sa, l’anima, guidata dallo spirito, può avere un’immagine di Luce. Se non penetra nella consapevolezza del giorno, in modo che l’uomo non sa nulla di questo, oh, creda volentieri: non riceverà di meno dalla Luce; e il Signore è vicino, se come Salvatore oppure come Padre, oppure altro. Rimane solo l’incontro con Dio!

                    41.                  Dio è sempre onnipresente, anche se non si può comprendere come sia possibile che Egli sia qui con noi, presso molti uomini e nei Suoi Cieli, – nello stesso tempo. Come uomini, mai potremo afferrare l’essenzialità dell’Altissimo e, – tuttavia sentirLo nella profondità del nostro spirito; qui, infatti, si riflette il Suo Volto, e le Sue Parole sono la Sorgente della nostra Vita!

                    42.                  Il rimanente vi toccherà domani mattina dopo la prima colazione. Dio vuole donarci molto, e noi siamo pronti ad accogliere i Suoi doni”. Con buoni auguri per la notte ci si separa. Giovanni vede dalla piccola finestra come si muovono le stelle, e la sua anima si muove con loro, lassù, nella volta celeste di Dio. –

*  *  *

                    43.                  Ora gli amici sono di nuovo uno accanto all’altro, e Giovanni insegna: “Abbiamo parlato della vera Vita. Se la rispettiamo, quella del prossimo e della creatura, allora siamo portatori di vita davanti al Signore. Quando Egli risvegliò Lazzaro, disse a Martha quella meravigliosa Parola, perché lei credeva nella Resurrezione che seguiva all’ultimo Giorno. Questo derivava dal fatto che non si rivedeva nessun uomo che era deceduto; quelli che erano in lutto si consolavano ad un tempo lontano. Egli però, il SIGNORE della Vita, aveva subito pronta una consolazione:

Io sono la Resurrezione e la Vita, chi crede in ME,

vivrà, anche se morisse;

e chi vive e crede in Me, giammai morrà!’. [Giov. 11, 25-26]

                    44.                  Può valere per un futuro lontano questa certezza di salvezza? DIO ci ha dato la Vita ed Egli è la Vita stessa; come può allora esistere una morte che ci toglie la consapevolezza? Non è questo un miracolo, chiamar fuori un uomo che giaceva da quattro giorni nella tomba e poi è vissuto ancora a lungo? Il miracolo era: insufflare di nuovo lo spirito e l’anima nel caduco corpo, i quali sono i portatori della Vita, se sulla Terra oppure nel Cielo, oppure in qualsiasi luogo!

                    45.                  Esso per noi discepoli fu un atto anticipato, per dire che anche il Signore sarebbe risorto da una tomba del corpo, con quella sublime differenza: LUI non aveva bisogno di nessuno che rotolasse via la pietra dalla tomba, nessuna chiamata: ‘Vieni fuori!’; Egli procedeva dall’Onnipotenza della Sua Essenza di Dio. Se Lui stesso si chiamò la Resurrezione e la Vita, era da comprendere soltanto dopo che si portò nella tomba, per vero, il Suo corpo, ma poi, appena per noi uomini, la Sua tomba fu chiusa, non giacque più nulla nella camera vuota della roccia.

                    46.                  Questo fu il mistero di Dio! Le grandi cose per noi, Dio le ha già fatte nel tempo antico. Egli ordinò ad Abramo di sacrificare suo figlio; ma poiché nessun PADRE esiste che lo potesse, per raggiungere qualcosa, così meno di tutti il Signore, che è L’Eterno-Padre [Isaia 9, 5]! Egli disse ad Isa-i [Isaia 43, 11]:

Io, Io sono il Signore e fuori di Me non c’è nessun Salvatore!’.

                    47.                  A Filippo Egli aveva confermato la Parola, quando questi domandò: ‘Signore, mostraci il Padre’. A ciò seguì la risposta che il nostro molto Amato è proprio Lui stesso il Padre:

Da tanto tempo sono con voi, e Tu non Mi conosci?

Chi vede Me, vede il Padre!’.

                    48.                  Con ciò Egli ha di nuovo annunciato quello che fu rivelato in tempi antichi; il Padre è il Salvatore da sempre [Isaia 63,16]. Questa salvezza non toccava soltanto al popolo d’Israele. Quando Egli usava la Parola ‘tu’, intendeva dire tutto il Suo popolo di figli.

                    49.                  Certamente intendeva questo: se si rivelava come l’unico-vero Dio, allora siamo consolati; a noi è stata data anche la salvezza di Grazia. Egli, infatti, in quel tempo antico, su fino a noi – e rimarrà fino alla fine della materia – ha emesso il grande richiamo:

IO sono il Signore, tuo Iddio, dal paese d’Egitto;

tu non devi conoscere altro Dio al di fuori di Me

e nessun SALVATORE che unicamente ME!’. [Osea 13,4]

                    50.                  Se si riferisce ‘dal paese d’Egitto’ unicamente ad Israele, allora è sbagliato. Egitto significa semplicemente oscurità, materia o mondo. Chi si attacca al perituro del mondo e l’ama, costui vive nell’oscurità della prigionia. Quindi la Parola, come tutte le Parole di Dio espresse nel mondo, vale per tutti gli uomini. Chi le osserva e le segue, questi ha la benedizione della Luce per l’Eternità!

                    51.                  Caifa, il quale sacrificò l’UNO per tutto il popolo, deve aver sussurrato: ‘non soltanto per il popolo …’ [Giov. 11, 50-52]. Mi fu riferito da un sacerdote che stava all’ingresso, là, dove non c’era più la cortina. Oh, sì, se egli lo abbia detto oppure no, è tuttavia precisamente così.

                    52.                  Dio è la Luce veritiera che è venuta come Salvatore e Redentore nel mondo per tutti noi. E guardate: dalla Sua pienezza tutti noi abbiamo preso Grazia su Grazia [Giov. 1, 9-16]. Se ognuno lo riconosce, se lo tiene alto e caro oppure no, è cosa di ogni singolo. DIO non fa differenze, se le fanno gli uomini stessi. Il Signore ha inarcato in alto l’arco del Suo Patto e della Grazia; chi vuole, può vederlo [Gen. 9, 13]. Se ci stiamo sotto noi – ditemi: perché non anche gli altri? Io so bene come pensate voi amici, e la mia anima giubila forte a Dio, perché possiamo stare insieme dinanzi a Lui. E non soltanto noi, ma l’intera schiera dei figli di Dio!

                    53.                  Non esiste nessun popolo che avesse una preferenza davanti ad altri, nessun uomo sta più in alto del suo prossimo. Chi mondanamente sta più in alto, dinanzi a Dio ha valore se agisce secondo il Suo Amore. Quindi egli è eletto, come un poverissimo sotto di lui, a portar la Luce nelle tenebre. Mai eletto per se stesso, mai stando in precedenza davanti all’intero popolo dei figli di Dio! Con riferimento all’acqua di Noé venne giù la Parola di Dio:

Con eterna Grazia Mi voglio impietosire di te,

dice il Signore, tuo Redentore’. [Isaia 54, 8]

                    54.                  Se valesse soltanto per un uomo, per un popolo, come sarebbe allora da intendere questo ‘eterna’? Egli non tiene ben custodito eternamente tutte le Opere? Dov’è una cosa che fosse sorta al di fuori di Dio? I caduti nello smarrimento dicono: l’erba cresce dalla terra, il grano sul campo, il frutto sull’albero, l’uomo e l’animale si moltiplicano da se stessi.

                    55.                  Che cosa può valere tale discorso? Quello che sorge, proviene soltanto dalla VITA, il vivente Iddio si genera da Se stesso! Quell’eternità che colma la Sorgente primordiale del Creatore è la quintessenza della Vita di Dio, l’uscita come l’entrata della Vita degli esseri e delle creature, come anche di tutte le altre cose.

                    56.                  Noi rimaniamo a giacere nella Grazia di Dio perdurante in eterno, cosa che per noi è la Vita. Non ciò che gli uomini chiamano grazia è identico alla Grazia di Dio. Essa può, provenendo da un cuore buono, essere un lontano riflesso; e se lo è, allora la si può chiamare una particella dell’alta Grazia. Diversamente l’umano è molto più lontano di quanto lo è il mattino dalla sera. Entrambi non si raggiungono!

                    57.                  Tuttavia come il mattino principia un giorno e la sera lo conclude, così l’Eterno prende il bene che serve dentro al Suo Giorno, nella Sua attività, come Egli disse:

Operate finché è giorno; viene la notte,

allora nessuno potrà operare!’. [Giov. 9, 4]

                    58.                  Dio è Spirito, il Suo operato trascendente, eterno e per ogni dove! Egli si riferiva a Se stesso; valeva come stimolo per tutti quelli che ascoltavano la Sua esortazione. Noi vogliamo agire di conseguenza. Voi pensate: noi pochi non possiamo far niente nel mondo. Riflettete! Dio aiuta! Perciò i nostri pensieri, le nostre preghiere per i figli di questo mondo, e sono da includere i nostri fratelli e le nostre sorelle, i poveri e gli ammalati, gli abbandonati e i bisognosi, passano attraverso la Grazia di Dio e diventa visibile nello spazio e nel tempo”.

                    59.                  Stanno seduti assorti in sé silenziosamente. Hanno sentito molto, nessuna piccola parola è andata perduta, lo spirito ha colto tutto, l’anima si sente libera. Essi guardano il discepolo, come se avesse parlato Lui. Egli già scuote il capo, nota ciò che gli amici pensano e, come sempre, dice affabilmente:

                    60.                  “Ciò che noi portiamo dallo spirito, è detto unicamente da DIO. EGLI dà la conoscenza, EGLI ci fa conoscere le Sue vie, EGLI colma il cuore dalla Sua sorgente, finché trabocca per la benedizione, anche per quello – ben inteso – che può parlare. Perché dinanzi al Signore non vale chi può parlare, ma che cosa è dato! Anche parole del tutto piccole, azioni piccole, provenienti da un cuore colmo, sono grandi e meravigliose. Nel più piccolo il Signore testimonia del più grande, in questo si rivela tutto il piccolo – anche noi; poiché noi siamo piccoli dinanzi a Dio!”.

                    61.                  Ora ognuno attende alla sua opera giornaliera; ma ciò che è stato detto è come un incendio che illumina e rende beati. Solo a tarda sera si ritorna alla torre. Nel frattempo, Giovanni ha scritto molto. Gli preme molto, il suo Vangelo deve essere terminato; qualche cosa di terreno succederà, finché per lui verrà l’ultima Rivelazione.

                    62.                  L’ultima? Medita Giovanni. Sì, l’ultima per il mondo, non l’ultima proveniente dalla Luce. La Rivelazione di Dio non ha fine, come LUI, l’Eterno-Santo, l’Onnipotente, è senza fine. Allora, nonostante le immagini che l’opprimono, e non le vede con precisione, non ancora, diventa lieto e colmo di gratitudine, può solo balbettare ciò che ha da dire al suo Signore. –

                    63.                  L’oste stesso ha portato la cena. Alla domanda di Cornelio se gli schiavi hanno avuto il loro pasto, s’inchina: “Come sempre, tribuno; io non dimentico il tuo ordine”. – “Non dimenticate di far del bene e di confidare” [Ebr. 13, 16], dice Giovanni. “L’una cosa e l’altra è giusta e buona, di Cornelio e dell’oste. Due paia di mani per un’opera”.

                    64.                  “O Giovanni”, esclama Gajus, “devo riflettere ancora molto. Ho riconosciuto il Signore quasi troppo tardi, e solo attraverso di te L’ho trovato del tutto. Ah, ‘del tutto’ è sbagliato. Difficilmente esisterà qualcuno che riconosce Dio del tutto, che si dona completamente a Lui. Ci saranno delle differenze, perché uno giunge di più, l’altro di meno, alla chiarezza. In ciò non sono pratico”. – “Non tutti”, consola Cronias, il quale si considera piccolo perché lui ha trovato Dio solo attraverso il sentito dire. Il tribuno lo tranquillizza:

                    65.                  “Noi siamo tutti piccoli, ma possiamo amare Dio con tutto il cuore, con tutta l’anima, con tutto il sentimento, con tutte le forze [Marco 12, 30]. Me lo confidò Pietro che io incontrai una volta al mare. Egli rattoppava le sue reti. Io venivo da Gerusalemme e lì avevo sentito che il Signore sarebbe andato verso nord. Il mio amore Lo cercava. Naturalmente per noi il ‘tutto’ non è veramente tutto, ed io penso che il Signore non lo pretenda dagli uomini. Pietro mi spiegò che di quel ‘tutte le forze’, il Signore sapeva bene quel che intendeva, per quanto bene ci possa riuscire”.

                    66.                  Giovanni dice lieto: “Dove il profondo rispetto prospera incontro a Lui nell’amore, Egli pianta i cuori nel Suo Paradiso. Non l’Eden, che venne chiuso, – esso è il luogo della gioia nella Luce santa, la Gerusalemme superiore. La Città, qui chiamata del patriarca, e non più quella che il Signore scacciò dalle sue mura. Di lei rimane soltanto il nome, e mai più diventerà ciò che Abramo fece di Je-Ru, quel piccolo luogo, al quale diede poi il ‘Salem’, come gli disse Melchisedec: ‘Io’ il sommo Sacerdote di Salem!”.

                    67.                  “Tu sai tanto!”, Sejananus elogia il discepolo, “tu sei come un libro che si può leggere sempre e non si finisce mai”. – “Quello che il Signore ha fatto e ha detto, è il SUO LIBRO, e questo, nessuno finisce di leggere. Se si pensa di essere già giunti alla fine, allora è per noi la prima nuova pagina che è stata scritta dalla mano santissima di DIO!

                    68.                  Più tardi, quando il Vangelo sarà portato agli uomini, si dirà: ‘tutto è rivelato!’. Si chiuderà il Libro che poi si chiamerà la ‘Bibbia’ e non si vorrà ricevere più nulla di nuovo. Chi parla pensando così, per costui Dio chiude davvero il Suo Libro. Chi chiude occhio e orecchio, chiude con ciò anche l’anima. Egli non trae profitto con quella libbra che ognuno ha ricevuto. Quale meraviglia quindi se rimangono fermi e non procedono? Chi rimane indietro così, retrocede!

                    69.                  Chi è ostacolato dall’altro nel procedere, a costui rimane rivelata la bontà di Dio. Ci sono spesso delle anime, simile ad un bimbo, dal quale non si pretende nulla di difficile. Chi si ferma anche per pigrizia, precisamente così: ‘A me basta ben il vecchio; quello che sapevo finora, mi è del tutto sufficiente’, costui va all’indietro come un animale che cerca quiete. Per l’uomo questa è una quiete morta, come un albero che a poco a poco si sradica e poi cade.

                    70.                  Dove cade? Io ho parlato del grano e dell’altro granello, appunto di quell’uomo che fa del male deliberatamente e nell’aldilà deve pagare amaramente il debito, ma ho reso evidente che poi anche ogni povero granellino è da piantare dal sublime Agricoltore sul Campo del Cielo. Per similitudine li ho chiamati alberi morti. Anche loro sono figli di Dio. In loro rimane vivente lo spirito, anche se agisce solo di nascosto fino al tempo del miglioramento. Dallo spirito della Vita, l’albero caduto può ancora emettere germogli.

                    71.                  Soltanto che non si può recuperare il tempo che tale figlio ha perduto. Se Dio copre misericordioso l’ammanco, allora noi ringraziamo al posto loro ed Egli lo accetta amorevolmente; la Sua bontà, infatti, non finisce mai. Oh, se per GRAZIA si diventa beati, soltanto per la forza di Dio si diventa capaci di amarLo, di servirLo mediante il servizio al prossimo, e di credere in Lui. Chi fa questo, mai diventerà arrogante.

                    72.                  Se la differenza tra Dio e noi è preservata, allora un giorno ritorneremo a Casa, nella Casa del Padre che il Salvatore ci ha promesso. – Di nuovo adesso è tardi, come ieri sera; domani è un altro giorno, allora possono giungere nuove preoccupazioni o nuove gioie”. Ognuno stringe la mano di Giovanni. Stefano ha preparato il giaciglio e per ultimo se ne va Cornelio, con un “ti ringrazio” pronunciato a bassa voce.

 

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Cap. 14

Tommaso presso Giovanni – Ritorno a Casa della Madre Maria   Molti insegnamenti sulla Parola del Signore

 

Dopo anni su Patmos arriva Tommaso, il quale racconta la morte di Maria, le persecuzioni dei cristiani e diversi insegnamenti agli isolani e, insieme a Giovanni, organizza un giorno di festa con giochi per i giovani dell’isola

                      1.                    Le lune s’incalzano in anni. Su Patmos non esiste guerra, invidia, assassinio, esiste solo il profondo lato umano che si trova ovunque in prima fila. Molto raramente arriva anche una nave forestiera, per lo più soltanto se ha bisogno di un aiuto. E questo è sempre concesso volentieri.

                      2.                    Cornelio è invecchiato, ma in lui si vede ancora il ‘romano’. Per il resto sono tutti a posto. Sejananus parte regolarmente per andare a prendere le provviste, sull’isola sono stati fatti pure molti miglioramenti. Si cerca di essere sempre più indipendenti.

                      3.                    All’improvviso giunge Tommaso e riferisce di Maria. “Era una giornata meravigliosa”, racconta già il primo giorno, “quando con Pietro, Giacomo (che Erode fece assassinare poco dopo) e Taddeo, visitammo Capernaum. Come se ci avesse guidato là una ‘chiamata’. Tutti gli altri erano sparpagliati e, da come ho sentito, Paolo sarebbe in viaggio verso Roma (1° viaggio).

                      4.                    Quando giungemmo da Maria, lei giaceva tranquilla nel suo letto, alle cure di care donne. Il suo sguardo era chiaro, il volto puro come quello di un fanciullo, e lei ci riconobbe. Ci affidò molti saluti, non aveva dimenticato nessuno. Per primo nominò Giovanni e ognuno degli apostoli, non per ultimi i ‘suoi cari romani’, come bisbigliava, e per primo chiamò Cornelio.

                      5.                    Prendemmo la nostra cena come il Signore aveva raccomandato come Suo lascito. Il Sole scendeva all’orizzonte e mi sembrò come se non fosse mai stato così rosso oro. L’intero firmamento, fino in oriente, rifletteva del chiarore. Là guardava Maria. Una donna la sosteneva e, nell’ultimo raggio del Sole, chiuse i suoi occhi come un fanciullo che si è addormentato.

                      6.                    Vi potete immaginare come abbiamo pianto, ma – spiritualmente eravamo lieti. Lei, la pura, l’amabile, era tornata a Casa, liberata da ogni sofferenza del mondo. Le abbiamo dato un nuovo sepolcro, come un giorno al molto amato Signore; e – non posso sapere se anche lei, la nostra Maria, sia presto scomparsa dalla tomba. Oh, non così come il Signore, che è il nostro Dio e Creatore. Anche Maria, infatti, per quanto noi l’adoravamo, è stato un essere umano, certamente uno dei più puri che mai siano passati su questa Terra e ancora passeranno, fino alla fine di questo mondo.

                      7.                    Pietro parlò nel suo sepolcro e Giacomo pianse in silenzio. Anche a me vennero le lacrime. Taddeo si girò un paio di volte per nascondere la sua tristezza, mentre quelli di Capernaum piangevano ad alta voce, e non soltanto le donne e i bambini.

                      8.                    Ebbene”, conclude Tommaso il rapporto, “lei ci ha lasciato e noi la seguiamo. Come –? In Giudea le cose sono sempre più terribili. Non è raro che un romano, che non sa nulla del Salvatore, protegga l’uno o l’altro. Da come ho sentito ultimamente, Roma ha deliberato la legge dell’istigazione: ‘I cristiani sono da scovare e da uccidere!’. Oh, quest’ingiustizia! Siate contenti che dimorate su Patmos. Credo che qui non potrà accadervi nulla”.

                      9.                    Tutti hanno ascoltato in silenzio. “Ringraziamo il nostro Signore” dice Giovanni, “che ha preso a Sé Maria. Non era il Sole naturale che l’aveva accompagnata per condurla oltre quel confine, come il Sole oltrepassa ogni giorno i confini, nel venire e nell’andare. Era luce dalla Luce proceduta da DIO che la prese dalla Terra. Noi, amici, vogliamo sperare e pregare che il nostro ritorno a Casa sia altrettanto benedetto dalla Luce”.

                    10.                  “Se …”. Cornelio si blocca. Perché non può esistere la pace? Perché gli uomini devono rovinarsi, perseguitarsi, commettere del male e fare ciò che è contrario alla Dottrina del loro Signore? Perché? Non soltanto Giovanni, anche Tommaso vede la collera che si agita nel romano. Si riflette su quanto sangue è stato versato, le grida di tormento della gente straziata, e questo, per amore di GESU’, il Quale era la Bontà stessa!

                    11.                  “Rimani con noi”, dice Cornelio a Tommaso. “Qui non può accaderti nulla. Vorrei che tutti i cristiani venissero qua”. – “Un buon desiderio, amico mio”. Tommaso fa cenno col capo. “Dimmi, però, chi dovrà poi portare oltre il messaggio? Il Signore ha ordinato: ‘Andate in tutto il mondo’. Egli non lo avrebbe certamente detto se il Vangelo fosse potuto essere diffuso dalla piccola isola. Ma a prescindere da questo. –

                    12.                  Se i cristiani venissero a salvarsi qui – i vostri legionari inonderebbero quest’isola. Nessuno di noi sarebbe risparmiato! Il Signore lo ha saggiamente organizzato, cosa che noi non comprendiamo mai del tutto, e invochiamo invano i ‘perché’.

                    13.                  Sembra che debba essere estirpato tutto ciò che fu dato da Dio meravigliosamente: la Sua Luce, il Suo Amore, Bontà, Verità e la Sua Parola. Noi però sappiamo:

Nulla – nulla è vano presso Dio!

                    14.                  Tu sai, Cornelio, come mi hai trovato. Credimi, pensavo così come te: ‘Perché, o Signore? Dove sei Tu, dunque, dove la Tua Onnipotenza e ciò che ci hai detto?’. Ero disperato, tanto che non potevo più pensare. Nessun Signore, nessun Salvatore? Quando poi venne Filippo, ero ancor sempre pieno di dubbi.

                    15.                  Di niente mi ha rimproverato il Signore, quando io stavo dinanzi a Lui. Soltanto la Sua buona Parola: ‘…e credi!’. Così succede ad ognuno che soffre a causa della persecuzione. Non pensate”, Tommaso si rivolge a tutti quelli che sono radunati nella torre, “che io faccia adesso dei paragoni. È bene che siate liberi dalla follia della persecuzione. Possa mai estendersi fin qui il braccio del carnefice! L’esortazione però vale anche per voi: ‘…e credete!’.

                    16.                  Dove mai possiamo seguirla noi? Là, dove siamo in pericolo. Isole della pace devono esistere, altrimenti l’Opera di Dio sarebbe perduta – per noi, mai per Lui! Voi avete portato la vostra parte, Giovanni due volte in prigione; e quanto spesso Cornelio è stato ‘la mano del Signore’! Che cosa sarebbe stato di noi? Così Dio provvede, così Egli appiana, così c’è qui il Suo aiuto, perfino quando non lo notiamo.

                    17.                  Noi non vogliamo chiedere più nessun ‘perché’.”. Ora Tommaso può vedere: “Finché esiste il mondo, ci saranno lotte tra Luce e tenebre. Seguiamo la Luce, allora l’esteriore della vita potrà scomparire, – il nostro spirito, anima, cuore e sentimento sono proprietà del Signore. Ed EGLI è LUCE!”.

                    18.                  Giovanni ringrazia. “Fratello, ci hai portato un grande conforto, vogliamo mettere nelle mani di Dio la preghiera: possa Egli proteggere le nostre anime e, dopo la morte, innalzarle nella Sua magnificenza di Luce. Perseverare nella preghiera [Romani 12, 12], questo pretende il Signore da noi. Anche Paolo lo ha scritto, così mi è stato riferito, la lettera era indirizzata alla comunità romana. Egli è molto cambiato; è uno zelante e intrepido”.

                    19.                  Giovanni fa ombra al suo volto, gli viene un’immagine e la espone anche. “Paolo può ancora operare come un romano, egli ha il privilegio romano. Purtroppo lo soffoca anche la mano dell’oscurità, come tutti i nostri poveri fratelli e sorelle. Soltanto”, come talvolta si alza e opera come veggente di Dio, “lo ripeto: nulla è vano presso Dio! E il molto sangue che scorre per amor di Dio, prima, adesso e fino all’ultimo tempo – è il bagno della purificazione per quell’oscurità che dimora nel cuore degli uomini e che è il prodotto dell’inferno.

                    20.                  Allora nessuno può addossare la sua colpa su altri, presentarsi davanti all’Altissimo per citare il prossimo. Oh, guardate: il querelante è rigettato [Ap. 12, 10], non il querelato! La santità di Dio pesa entrambi, poi il querelante cadrà con la querela ai piedi di Colui che è il Giudice di tutti!

                    21.                  Alcuni che credevano così gioiosi si smarriscono. Questo però solo per il loro povero tempo peregrino, non in eterno. Dove, infatti, il male ruba una fede, lì lo spirito preserverà l’anima dalla Potenza del Signore, anche nella caduta. Dio è giusto! Egli non carica su di noi nessuna colpa se viene dalla corruzione umana. Soltanto dove si lascia cadere se stessi, non si ama Dio, non si presta nessun servizio al prossimo, il proprio peso del peccato grava su di noi; e questo – questo è calcolato in piena misura.

                    22.                  Chi è sacrificato nella morte, nella morte sarà innalzato. Non pensate però, voi cari, noi che adesso ancora viviamo pacificamente sull’isola, un giorno non saremo innalzati. Tu, Cornelio, hai domandato interiormente, dove sarebbero i vostri sacrifici a Dio? Tu andresti subito a Roma, e diresti al tuo imperatore: ‘Io sono un cristiano, ora uccidimi!’. Che cosa si guadagnerebbe con questo per la causa del nostro Signore?

                    23.                  Qui, amico mio, mediante il diritto della Luce e mediante il magro diritto del mondo, hai fondato il luogo della pace, dal quale fluisce più di una benedizione, non vista, ma tanto magnifica e potente nei suoi raggi per i credenti del Signore. Proprio tali raggi operano smisuratamente molto, sebbene noi non li vediamo. DIO però li vede certamente: da Lui procede la benedizione, perché senza di Lui non ne esiste nessuna.

                    24.                  Noi siamo un ‘punto interiore’ per il nostro tempo su questo mondo, gli altri sono il ‘punto esteriore’. Entrambi operano, affinché il Vangelo non perisca mai! Quanto poco DIO svanisce, tanto poco svanisce la Sua Rivelazione e la Sua Parola. Tale e quale non svanisce ciò che noi, figli Suoi, possiamo operare – interiormente, esteriormente, riconosciuto e non riconosciuto.

                    25.                  Tu, caro Tommaso, torna indietro con la prossima nave. Consola ognuno che incontri; ognuno sta nella mano di Dio. Tu non hai paura. Io mi ricordo ancora, hai esortato noi altri ‘a morire col Signore’ [Giov. 11, 16]. Era prima del Suo ultimo tempo, quando Egli ci rivelò che cosa sarebbe accaduto sulla via che ci portava da Lazzaro, e noi Lo pregammo ‘di non andare là’ (a Gerusalemme). Tu hai indicato la via di non abbandonare il nostro Signore.

                    26.                  Saresti andato insieme al Golgota, tu non fosti allontanato. Io, Maria e tre donne potevamo solo seguire da lontano, gli altri divennero vacillanti a causa del pericolo e si dispersero. Ce lo ha messo in conto il Salvatore? No! Egli ci ha consolato! Altrettanto vogliamo fare noi, ognuno là, dove il Signore lo mette.

                    27.                  Se tutti gli uomini sapessero perché vivono per un po’ di tempo al di fuori della Luce – ma non lo si può pretendere dagli smarriti, là Dio ha coperto tanto, cosa che i caduti non sanno, per la loro salvezza, – il mondo non avrebbe quest’aspetto così desolato. Amici, vedo le immagini, anche se non ancora chiaramente del tutto, immagini che ho ancora da scrivere; mi trema il cuore, se deve adempiersi ciò, che cosa – quando …”.

                    28.                  Il veggente tace, nessuno interrompe il silenzio. Ognuno è preso da un brivido. “Non si deve ancora parlarne”, continua Giovanni, “ogni tempo ha il suo fardello, nessuno impedisce il male scelto liberamente. Lo fa il Signore! Quando poi la miseria è troppo grande, quando l’abisso del male diventa sempre più profondo, il caro Signore con la Sua santa Misericordia e con mani soavi passa su tutto il male; e un giorno, quando la materia avrà compiuto il suo servizio, la pienezza della Sua Luce verrà sull’intero popolo dei figli.

                    29.                  Questa è la nostra massima consolazione, sebbene la sperimentiamo solo nella Luce. Nelle supreme stazioni stellari di Dio pare altrimenti. Là ci sono i nostri amici, dall’empireo, e i ritornati a casa, i quali hanno chiuso i loro occhi sotto la mano di Dio. Costoro ci aiutano a sopportare i pesi.

                    30.                  Essi aiutano inosservati. Poi l’uomo dice: ‘Ho avuto fortuna’; ‘il destino mi è stato clemente’; se il destino va in su, lo si chiama un ‘miracolo’. Come opera meravigliosamente la conduzione paterna di Dio, – sì, chi la vuole riconoscere? Ci si vergogna dello spirituale Divino, e quanto più avanti giunge la nostra umanità nei prossimi difficili tempi, tanto meno ci si affida alla guida di Dio e ci si distoglie dal buon sentiero della vita.

                    31.                  Noi conosciamo la decadenza. Perfino al tempo pieno di grazia di Abramo esisteva falsità e inganno. Sodoma e Gomorra andarono in rovina. Ciò nonostante Abramo aveva governato tanto bene, pieno di fede ebbe cura della sua gente. Poi, al tempo dei re d’Israele? I buoni si possono contare, qui non servono le due mani per tacere anche dei re dei pagani, dei quali però alcuni governarono bene.

                    32.                  “Ora”, il Sole scivola sul volto del veggente, “non vogliamo pescare nel torbido, dobbiamo conservare pura la chiarezza, per rifugiarci in ogni tempo in Dio nel ringraziamento e nella preghiera. Domani vogliamo preparare ai ragazzi il loro giorno. Vedi, Tommaso, essi devono aiutare diligentemente, e questo non li danneggia. Di tanto in tanto noi, Cornelio, Nicodemo ed io abbiamo introdotto un giorno libero con giochi e buon cibo”.

                    33.                  “Questo mi rallegra molto”, esclama Tommaso. “Non ridete di me – conosco dei giochi che vorrei insegnare ai vostri ragazzi”. – “Ottimo”, dice con voce tonante nuovamente Cornelio. “Peccato per le gambe vecchie, altrimenti parteciperei anch’io ai giochi”. – “Ah, anche stare a guardare ci possiamo rallegrare”, dice Cronias.

                    34.                  “Posso giocare anch’io?”. Stefano ha portato uno spuntino ed ha sentito l’ultimo discorso. Ora può camminare, ma non può saltare, Tommaso gli sfiora la mano sul capo. “Farò in modo che non sarai l’ultimo”. Come si accende l’occhio scuro. Egli, secondo l’età, non è un ragazzo; cresciuto da solo senza infanzia, ora vorrebbe giocare anche lui e rallegrasi.

                    35.                  A Cornelio viene in mente come Cirenio rallegrava i ragazzi del Tempio e Myriam; anche lui vuol fare così. Di nascosto parla con l’oste e questi sorride di compiacenza: “Sarà provveduto!”. – “Non dovrà essere a tuo danno”. – “Che cosa pensi, tribuno? Non voglio mica guadagnarci; questo dovrà essere il mio piccolo tributo”.

                    36.                  Nel tardo pomeriggio Scubatus parte alla grande, per comunicare che il giorno seguente ogni ragazzo deve venire alla torre. La maggior parte dei genitori si rallegra e la sera prepara la sua prole; è molto necessario lavarli. Due pescatori borbottano, essi hanno bisogno dei loro ragazzi, di notte dovrebbero andare in mare. Dal decurio non riescono ad ottenere nulla. “Volete forse irritare il tribuno? Questo, certo non lo farete! Quanto ha fatto per voi qui in questi anni, assolutamente per il vostro meglio. Quindi…?”. Non attende nessuna risposta e continua a cavalcare. Vicino, incontra i loro quattro ragazzi. “Attenetevi alle vostre madri”, li incoraggia, “allora potrete certamente venire anche voi”.

                    37.                  Nelle case dei pescatori dapprima va un pochino qui e là, il pensiero a Cornelio vince. Cosa che succede più raramente: i ragazzi sono particolarmente ubbidienti, si lasciano fare il ‘lavaggio’ e vanno presto a letto. Cornelio non sente nulla dei borbottamenti. Scubatus tace la faccenda. Non ne vale la pena, egli pensa.

                    38.                  Su Patmos, oltre ad una stagione di pioggia oppure una tempesta dal mare, c’è di solito bel tempo. Oggi è particolarmente bello. Il mattino molto presto l’oste mette una lunga tavola con cose che anche a quel tempo rallegrano i piccoli ghiottoni. Egli copre tutto, non si deve vedere subito.

                    39.                  Si arriva nell’ampio campo delimitato, dove Tommaso traccia differenti cerchi e altro ancora. Si gioca per due ore. I ragazzi devono saltare ed esercitarsi, le ragazze imparano un girotondo. Giubilo su giubilo. Gli adulti sono felici di assistere. Il giudice è Cornelio. Nel lancio del giavellotto Stefano è il migliore. Egli è raggiante, in molti giochi deve star da parte. Quanto riconoscente è la gioventù per questo giorno, e Giovanni insegna, come conclusione della loro gioia, ancora del Signore, ‘dell’Amico dell’infanzia’.

                    40.                  Il giorno dopo, al termine del lavoro giornaliero, si viene di nuovo nella torre. Non raramente vengono anche dei pescatori che abitano vicino, c’è accanto anche sempre il medico. Dapprima si parla del più e del meno, dove Sejananus fa notare di stupirsi molto, perché Roma ha quasi dimenticato l’isola.

                    41.                  “Non dipingere il lupo alla parete”, disputa Cronias. “Vogliamo essere grati che mediante la bontà di Dio e la presenza del nostro Giovanni ci rimane la pace”. Si dà ragione a Cronias. “Oh, io non so”, dice il capitano, “quando è pacifico per molto tempo, una volta viene la tempesta. È come sul mare. Si naviga, tutto chiaro e bello; ad un tratto si alzano le onde, e i venti trascinano qua e là”.

                    42.                  “Esatto”, dice Giovanni, che finora ha taciuto. “Meglio è se si rimane sempre armati, allora il male non potrà trionfare, perfino quando leva malignamente i suoi pugni. Roma non ha dimenticato Patmos, in primo piano c’è soltanto qualche battaglia persa, maggiormente però grande sperpero. Dove è veramente necessario l’aiuto, non è accordato.

                    43.                  Poi la sobillazione contro la nostra gioia di fede è diventato un gioco infernale. Poiché il regime già si sgretola, è mascherato con sanguinose feste di gioia. Anche i giudei cadono nei più grandi errori. Con l’eliminazione dei cristiani attuata con l’aiuto delle truppe d’occupazione, si crede di salvare il popolo. Ciò nonostante la corda intorno alla Giudea viene stretta sempre di più; non durerà più molti anni che il paese sprofonderà nel fuoco, lacrime e sangue”.

                    44.                  “Questo sarebbe triste”, dice Cornelio che, per amore di Gesù, impara ad amare tutto il bello, cosa che aveva conservato Israele per migliaia di anni. Egli racconta come un giorno ebbe modo di assistere al servizio nel Tempio e conobbe Simeone. “Sì, se lui fosse con noi, credo …”. – “DIO è sempre con noi, dobbiamo solo abbandonarci alla Sua guida”, ammonisce seriamente il veggente.

                    45.                  “Noi sappiamo che gli uomini cadono sempre più in basso, e …”. – “Posso interrompere”, domanda il tribuno. Giovanni fa cenno col capo. “Una volta ho letto presso un rabbino un antico scritto. Perfino il rabbi non sapeva se il messaggio di quell’uomo, che si chiamava Giobbe, fosse da ritenere autentico. In ogni caso ci stava scritto:

Puoi venire fin qui e non oltre;

qui è il limite delle tue orgogliose onde!’.  [Giobbe 38, 11]

                    46.                  Il rabbi disse: ‘Quand’anche questo Giobbe fosse soltanto storia e non fosse vissuto realmente, ciò che c’è scritto in questo rotolo è un ammonimento al mondo intero’. Forse era un fanatico, poiché disse ancora: ‘Questo è il giudizio del Signore! EGLI andrà in collera e giudicherà, non lascerà operare nessuna Grazia, cosa che viene rivelato nella seconda parte della frase. Chi comanda su tempesta e onde? Soltanto il Signore, l’Iddio Zebaoth!’.

                    47.                  Ero impressionato e credo ancora che Dio è il giudice su tutto il male, sui peccatori e su coloro che commettono ingiustizia. Altrimenti, come dovrebbe essere appianata l’ingiustizia? Solo questo non mi convinse quando ancora continuò: ‘Occhio per occhio, dente per dente’. Se m’immagino quanto il Salvatore era buono, le Sue parole, il Suo aiuto, la Sua alta essenza, la parola d’asprezza mi appare riprovevole. Non riesco a metterla d’accordo”.

                    48.                  “Il Signore”, dice Tommaso, “ci spiegò quando Mosé parlava di queste cose – più tardi sarebbe stato scritto in modo duro, non più dalla Legge del Sinai, – perché a quel tempo il popolo era spesso fuori di sé a causa del lungo cammino. Mosè doveva essere severo, affinché Israele non si guastasse del tutto. Più tardi ci si è serviti della parola di Mosé per esercitare vendetta. Soltanto che – Dio disse:

La vendetta e la retribuzione sono Mie!’. [Deut. 32, 35]

                    49.                  Che cosa è la Sua vendetta? Come vuole Egli retribuire? Chi guarda nel sublime piano della Sapienza di Dio? Noi, piccoli uomini, sicuramente no! Ma ciò che il Salvatore ci fa conoscere, è sufficiente per riconoscere la Verità, fin dove ci è possibile sulla Terra.

                    50.                  La salutare legge punitiva nel senso degli uomini non è da portare alla pari col Salvatore. Tuttavia anche Lui era sdegnato, quando gli altolocati non volevano comprendere le Sue Parole. Là si mostrava la Legge divina! È certamente qualcos’altro da ciò che l’uomo fa nella sua follia”. – “Punisce quindi Iddio, oppure è il corso nella nostra vita che infligge la punizione?”.

                    51.                  “Entrambi, Cornelio. Tu pensi che in Dio non esistano cose di due specie. Oh, certo! Soltanto che la punizione di Dio è sempre la disciplina e l’educazione più amorevole, l’‘attirare’ al Suo Cuore paterno. Questo lo può causare in parte il decorso della vita. Ogni ingiustizia ha, prima o poi, la sua conseguenza. In essa dimora la punitiva Legge divina. Più giusto è esprimere il grido ammonitore: ‘cambia vita’!

                    52.                  Che in tutto il fare e lasciare ne derivi una conseguenza, lo sa ogni piccolo fanciullo; Chi è puro, e quindi senza peccato, lo sente in maniera più intensa. L’adulto tace con l’intenzione di soffocare un ammonimento. Questo però serve solo provvisoriamente; il pensiero, la parola e l’azione, infatti, hanno sempre la loro conseguenza, buona e non buona – secondo il caso.

                    53.                  I rabbini, in genere, sono uomini fedeli, solo che si legano alla parola, come la maggior parte dei farisei. Il senso che Dio rivela, è scoperto raramente, ci si accontenta della Scrittura, come si suol dire. Non c’è da stupirsi che il tuo rabbi si sia bloccato nell’esteriore. Ebbene – tanto ho detto, Dio è il Giudice; ma EGLI una cosa non fa: mai non lascerebbe operare nessuna Grazia. In questo si sbaglia tutto il nostro fariseismo, ed in ciò si sbaglieranno molti dogmi fino alla fine di questo mondo.

                    54.                  S’insegna la bontà di Dio e, nello stesso tempo, il ‘senza Grazia’! Come si può conciliare questo, non ci si pensa. Come l’uomo è dotato della sua parte materiale animica, vale per lui la Grazia e la Misericordia, per gli altri vale la dannazione, l’eterno giudizio, l’impietosa pena. Quale follia!!

                    55.                  Fermo! Poiché io avevo parlato della parte materiale di cui è dotata l’anima, tali uomini non potevano farci niente? Predisposizioni sarebbero innate, sarebbe stata portata insieme dall’aldilà nel mondo. Questo è giusto per una piccola parte. Non sarebbe triste se Dio, il Padre della piena bontà, il Quale ci ha tirato fuori della sorgente del Suo Amore, ci avesse lasciato andare con un ammanco sul sentiero che un giorno sorse dalla caduta, senza darci la possibilità di superare appunto la predisposizione? – ?

                    56.                  Si può superare molto, se si vuole; la forza dello spirito, infatti, dataci dapprima, prima ancora che avvenisse la caduta, è più forte dell’ammanco proveniente dalla caduta! Questo non sia un elogio speciale, perché non dobbiamo lodarci a vicenda, ma tutti voi, amici, avete ricevuto la dimostrazione di come un uomo possa modificarsi del tutto, assolutamente nella direzione del ‘bene’.

                    57.                  In voi romani era innata la dottrina degli dèi insieme al senso oscuro per potere e guerra. Avete superato tutto, vi siete lasciati guidare dal Salvatore, mediante la Sua Parola, mediante la Sua bontà. Vi ha giudicato, vi ha condannato, perché eravate ‘tali romani’? No! Egli vi ha fatto passare certamente attraverso alcune tempeste della vita, ma in segreto vi ha portato nella Sua mano – anche me – tutti noi che potevamo seguire il Salvatore.” A ciò, Tommaso, molto seriamente, fa cenno col capo.

                    58.                  “Non intendevo solamente Cornelio”, prosegue Giovanni. “Con voi sarebbe durato a lungo prima di aver potuto riconoscere la Sua Luce. Che cos’è il tempo del mondo presso Dio? Naturalmente è bene se s’impara a conoscere presto la Verità. Se non ci si oppone alla stessa, ci s’introduce nella profondità di Dio, fin dove la possiamo afferrare e comprendere”. – “Perché non del tutto?”, chiede Cronias. “Che cosa pensi tu di questo, fratello Tommaso?”. Giovanni vorrebbe che anche lui dicesse qualcosa, lui gli è sempre stato particolarmente caro.

                    59.                  E Tommaso insegna: “Ciò cui si aspira, si vuol possedere completamente. Con ‘completamente’ è menzionato il Signore. Amare Lui completamente, diffondere la Sua Dottrina nella piena Verità, deve essere il contenuto della conoscenza che di nuovo attinge il suo nutrimento dalla Verità di Dio. Il vero ‘completamente’ possiede puramente Dio, nemmeno i figli della Luce, che hanno attraversato la materia. Poiché noi non lo possiamo avere, anche non occorre, allora il Padre-Dio guarda a noi clemente. Dinanzi a Lui non ci sono mancanze, se qualcosa si può afferrare soltanto in parte. Sia mostrato un esempio:

                    60.                  Si può sempre guardare nel Sole quando illumina il mondo nel pieno splendore? Già dopo poco tempo l’occhio comincia a dolere e a lacrimare; le palpebre si lasciano cadere. Il Sole rimane, continua tranquillamente a splendere, e sulle vie ci serve come luce migliore. Nel primo raggio dell’aurora, oppure quando il Sole cala – sì, allora lo si guarda volentieri, non abbaglia e si è felici. Noi vediamo quindi soltanto una piccola parte della sua luce; ma il Sole non è da meno, esso rimane intero.

                    61.                  Così è con la Rivelazione di Dio. Essa rimane sempre come Lui la dà. Noi non possiamo sostenerne completamente la pienezza, perché siamo di natura umana. Abbiamo ora meno della Verità? No! Abbiamo la nostra piena parte nei doni del nostro caro Signore. Ciò che possiamo vedere e riconoscere, è una parte del Suo ‘completamente’!

                    62.                  Questo vale anche per l’unione tra Dio e noi. Da parte Sua c’è sempre il legame intero; io lo chiamo il contatto originario. Non esiste figlio che non sia pienissimamente legato al Creatore. Quello che LUI si è creato, non Gli andrà mai perduto! L’uomo ha anche un’immagine di questa Magnificenza. Chi completa un’opera, nella quale non c’è più niente da creare, anche se la regala o la vende, ‘l’immagine’ del lavoro rimane salda in lui.

                    63.                  Questo accade presso Dio su via suprema. Perché Lui portava le Sue Opere in Sé e quivi le formava, custodite assai amorevolmente nel Cuore, poi levò fuori della Sua onnipotente sorgente l’Opera completa, pose sulla via dello sviluppo i figli della Vita, le altre Opere che noi chiamiamo ‘Creazione’ le custodiva nell’onnipotente Mano, perciò tutte le cose rimangono Sue, in eterno e immutabilmente.

                    64.                  Questo è il culmine della nostra beatitudine! Gli stolti credono che sarebbero totalmente liberi senza Dio, potrebbero fare e lasciare quello che vogliono, oppure coloro che non rinnegano Dio, vorrebbero veder diminuito il Suo Potere: Egli sarebbe legato alle Opere. Questo è detto per andare tortuosamente dietro Dio; come se Egli dovesse prima voltarsi per vedere ciò che succede. Questa è la coscienza che si copre troppo volentieri. Ci si crea una norma, la cui meschinità si mette di fronte ad ognuno, appena si deve abbandonare questo mondo. Nell’aldilà non si può nascondere nulla, nemmeno nei campi più oscuri, dove le anime sperimentano la loro purificazione.

                    65.                  Noi possiamo essere lieti. Quello che il Signore ci ha dato, se lo conserviamo, per quanto bene ci possa riuscire, ci sarà sempre di sostegno e appoggio. Già sulla Terra, quando gli oscurantisti travolgono tutto il bene, e un giorno, quando potremo ritornare a Casa per la Gioia del nostro Signore, per la liberazione dal potere della materia e da tutto ciò che ci separa dall’Amore di Dio. In ciò, cari amici, esiste anche per noi un ‘completamente’. Gesù ha insegnato:

Devi amare Dio, il tuo Signore, con tutto il cuore,

con tutta l’anima, con tutto il sentimento e con tutte le forze tue.

Questo è il più nobile Comandamento’. [Marco 12, 30]

                    66.                  In quattro modi indica che cosa c’è da fare come massima: Egli lo ha chiamato, il ‘più nobile Comandamento’. Non lo avrebbe mai raccomandato se non fosse da adempiere. Perché possibile, è da impiegare la forza dello spirito, e noi stiamo nel magnifico-alto Raggio di Dio. Se al mattino apriamo il nostro cuore, raccomandiamo la nostra anima a Dio durante il giorno, la sera non ci corichiamo senza ringraziarLo nel sentimento per la Sua benedizione, allora durante la notte ci assistono forze che ci liberano dal mondo, perché possiamo camminare continuamente nei Suoi Comandamenti di Luce – con la Sua Grazia, con la Sua Misericordia”.

                    67.                  Questo è stato un buon discorso. Giovanni è raggiante, Cornelio ringrazia, gli altri chinano silenziosi il loro capo e tengono fermamente ciò che è venuto dalla Dottrina di Gesù. Si parla ancora dell’uno o dell’altro punto. Ognuno torna a casa benedetto. Un pescatore dice al vicino: “Tommaso è un uomo buono; lui ha certamente amato molto il Salvatore, perché ci ha potuto dare tanto”. – “Non soltanto ha amato”, risponde quello, “egli Lo ama continuamente, come lo fa Giovanni, e come noi – be’ sì, come noi dobbiamo ancora imparare a farlo del tutto”.

*  *  *

                    68.                  Il giorno dopo Tommaso parte. Sejananus va a prendere un nuovo carico. La separazione è cordiale – e con dolore. Giovanni sa che non rivedrà più Tommaso. Egli è consolato da un’immagine: Tommaso e Filippo saranno portati via dai territori romani per diffondere altrove la Dottrina di Dio. Quindi in vecchiaia chiuderanno pacificamente i loro occhi. La loro opera sarà benedetta – per un denaro di salario giornaliero.

                    69.                  Si sta a lungo a guardare e ci si saluta con un cenno, finché la galea è scomparsa lontano. Cornelio va per un po’ su e giù con Giovanni; si meditano i giorni di Grazia, finché il romano domanda: “Come andranno le cose a Tommaso e agli altri? Mi sono così affezionato e temo che capiti qualcosa di brutto a lui e agli altri. Qualche volta è proprio difficile credere fermamente nella conduzione di Dio, l’uno può rimanere libero, senza impedimenti, l’altro precipitare nella disgrazia e deve lasciare la sua vita tra i tormenti”.

                    70.                  “Certo; noi non prevediamo perché questo succede in modo facile, un altro in modo difficile. Per Tommaso sta tranquillo”. Egli riferisce che cosa ha visto alla partenza. “Ecco, ci siamo di nuovo”, dice Cornelio. “Perché lui, perché non gli altri? Naturalmente so che le vie di Dio sono più alte della nostra piccola considerazione umana. Tuttavia – il ‘perché’, c’è”.

                    71.                  “Non chiedere troppo, tieniti fermamente alla Dottrina di Gesù, allora vedrai che l’operare di Dio è pienamente saggio per la benedizione di ogni figlio”. – “Ehm, annotato! Qualcosa torna a favore di Tommaso, perché lui voleva morire con il Salvatore e…” – “…perché egli era il più severo avversario di Giuda, nel senso di lealtà. Spesso lo sgridava affettuosamente. Il denaro però, e l’avidità, è stata la rovina nella quale Giuda è caduto. Lui voleva apparire grande accanto a Gesù; ma chi aspira a questo, diventa sempre più piccolo, così e in altro modo, prima o dopo, com’è utile all’anima guidata da DIO”.

                    72.                  “Di nuovo, a questa sera”. Cornelio fa cenno col capo e se ne va, medita su tutto e il suo cuore è una chiara fiamma.

 

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Cap. 15

Nuovo allarme su Patmos – Un duumviro – Il senatore Aurelius presso Cornelio

Un altro guaio sull’isola della pace da parte di Claretus, un duumviro arrogante inviato lì per sequestrare cristiani per l’anfiteatro di Roma – Durante il controllo di competenza arriva Aurelius con truppe di rinforzo, e Claretus è arrestato – Giovanni insegna sul vero Cielo e Vita, e consiglia Aurelius di confinare il duumviro a Creta – In visione il racconto del viaggio e la conversione di Claretus dopo un’imboscata dei pirati sul mare

                      1.                    Sono passati due anni. Cornelio ha potuto operare ancora del bene, anche se i suoi capelli sono diventati completamente bianchi. Un giorno arriva una nave e, quando riparte senza disturbo, si scopre che due legionari e un centurione sono rimasti indietro. Solo dopo giorni escono dal nascondiglio.

                      2.                    “Roma non è più la nostra vecchia Roma”, dice il centurione. “Non abbiamo nessun’idea su come la pensi tu, tribuno; noi siamo cristiani”. Cornelio non dice subito ‘sì’, e nemmeno rivela che tutta l’isola è ‘cristiana’. Si può sapere se sono sbirri? Egli lo ha visto troppo spesso e avverte gli amici. Soltanto – sono fuggitivi e seri cristiani.

                      3.                    In un primo momento il tribuno ordina che dovranno tornare indietro con la prossima nave, e a Roma potrebbero riferire che cosa hanno trovato su Patmos. Allora il centurione dice: “Non ci manderesti in rovina, se tu avessi sentito la Parola di Gesù. Uno dei Suoi discepoli ci ha riferito molto del Signore, e ci ha subito battezzato. Vuoi tu che ci mandano nell’anfiteatro, come mangime per le bestie feroci – ?”.

                      4.                    Ora Cornelio si dichiara cristiano. Come sono alleggeriti i tre; essi conoscono tutti gli amici. Ancora una volta, però, Patmos deve sperimentare ‘Roma’. Non si è mai abbassata la sorveglianza della costa, anzi, la si è perfino rafforzata, avendo incaricato anche dei pescatori. Improvvisamente l’allarme: arrivano quattro galee. Giovanni, subito consultato, ha già accennato, giorni prima, come ci si deve comportare, dà il consiglio: “Mantenete la calma! Se vi si domanda se siete cristiani, allora ponete la stessa domanda e dite: ‘Se voi siete cristiani, allora potete venire sulla nostra isola senza paura, da noi non ci sono giudei’.

                      5.                    In questo modo, intanto, sono sbarcati; più di tutto, essi cercano se qui dimorano malfattori. Tu, Cornelio, non farti riconoscere subito, più tardi si accorgeranno in ogni caso chi tu sei – attraverso una gioia. Per il resto, state tranquilli: su Patmos veglia un potente angelo”. Si sono tranquillizzati, a tutti i pescatori è stato subito portato il messaggio, Scubatus va veloce a galoppo. L’isola è ‘all’erta’.

                      6.                    Le navi approdano. Cornelio è qui, appoggiato saldamente alla sua spada, l’elmo d’aquila sul capo, con indosso una leggera armatura. Un duumviro, che comanda il grosso, lo esamina da capo a piedi e dice senza saluto: “Come mai porti delle armi alla foggia romana? Ho l’incarico – qui, il rotolo imperiale, se sai leggere”, pone l’accento con scherno, “puoi controllare rigorosamente”.

                      7.                    Cornelio fa uno strano movimento verso la sua arma. Facendo questo, pensa ad un giorno quando il principe della Luce fece scintillare la sua arma. – “Lasciala stare!”. Il duumviro fa cenno di no! – Cornelio sorride: “Fatto male! Come duumviro dovresti aver notato chi sono io. Poiché non mi hai salutato, non sta bene presentarmi! Oppure?”. Ora lo sguardo è severo, cosa che mette in sospetto il superbo.

                      8.                    “Sei un romano?”. – “Sì! Ecco qui, se tu sai leggere!”. Cornelio tira fuori il papiro da sotto la sua armatura: “È superato”, viene egli deriso. “Chi sei dunque? In ogni caso è tanto che manchi da Roma, altrimenti ti conoscerei. Sei forse esiliato? Qui dovrebbero dimorare esiliati e malfattori”.

                      9.                    “Puoi cercarli”, schernisce il tribuno di rimando. “Porta però con te delle chiare fiaccole, affinché ne trovi qualcuno!”. Si fruga l’isola da parte a parte; i pescatori rimangono indisturbati. La guarnigione è invece tormentata. Presso Cronias il duumviro perde il conto. Cornelio non dice nulla, soltanto il suo sguardo, simile all’aquila, dà da fare al controllore.

                    10.                  Giovanni è andato di proposito in un villaggio di pescatori. Il quarto giorno egli sta qui all’improvviso e – sul mare si vede una nuova nave. “Sei tu un giudeo?”. Il duumviro afferra Giovanni alla veste. “No, galileo!”. – “Guarda, un cristiano camuffato? Che mi divori un lupo se non è cristiana tutta l’isola. Ah, che grande pesca! Come si rallegrerà il nostro Cesare!”.

                    11.                  “Tu pensi?”. Giovanni si leva da sé la mano del romano. Costui guarda sbalordito. A lui succede come una volta a Venitrius, che ora ha l’ordine segreto di salvare i cristiani, cosa che gli riesce spesso sotto la Grazia di Dio. Il duumviro si allontana strofinandosi le mani con un panno, come per dire: ‘Mi hai sporcato’. “Ah sì”, dice insidioso. “Un galileo? Questi sono certo i settari che uccidono i bambini e fanno molte cose brutte! Il vostro capo fu messo alla forca. Per vero, sei magro per una cara bestia”, schernisce irritato, “ma le tue urla, quando ti spezzeranno le ossa, faranno impazzire tutta Roma!”.

                    12.                  “E le tue ossa?”. Domanda Giovanni. “Sul campo di battaglia possono diventare un pasto per gli animali selvaggi! Non è detto che tu muoia pacificamente”. Gli occhi del veggente s’imprimono come un ferro rovente nell’anima oscura. La ‘cosa’ ancora è scossa di dosso. Dopo un lungo su e giù la nuova nave nel frattempo è arrivata. I suoi legionari marciano in colonne ben ordinate. Alla loro testa sta …

                    13.                  “Aurelius!”, esclama Sejananus, che si è avvicinato. – “Capitano”, esclama di rimando Aurelius, “che piacerti vederti sano! E lì – ah, il tribuno Cornelio! Questa è una gioia vedervi star bene!”. Che sia invecchiato, non lo si nota, non ora, in cui si mostra come fiero romano. E questo è bene.

                    14.                  Aurelius? Da dove viene costui? Come prima cosa è il migliore dei senatori e, molto rispettato a corte. “Che cosa ti porta qui?”. – “Te lo dico alla presenza del tribuno”. Giovanni saluta Aurelius così come se si conoscessero da lungo tempo. Questi ha subito un ‘sentimento’ per quest’uomo serio. Al duumviro sussurra all’orecchio: “Purtroppo ti hanno messo su un cavallo sbagliato”. Costui non ammette che Cornelio, per via della parentela al trono, lo debba comandare. Soltanto, non deve inimicarsi Aurelius; allora facilmente si potrà cambiare qualcosa, e si cade – dove …

                    15.                  Ci vuole soltanto un cenno, e i legionari si ritirano. Il tribuno va verso la taverna, senza porsi la questione se il duumviro lo segue. Costui segue di soppiatto. Quando anche Giovanni segue il gruppo, borbotta: “Tu non sei romano, perciò non hai nulla da fare con noi!”.

                    16.                  Cornelio fa cenno a Giovanni: “Tu rimani, perché vedi tutto”. – “Vedere?”, domanda Aurelius che, nonostante il rapporto con Sejananus, non sa che il discepolo di Gesù ha un grande dono di veggenza. “Vieni, prima mangiamo”. Nella taverna, all’oste ordina di chiudere. Aurelius, Sejananus, Cronias, Giovanni e il duumviro entrano. Quest’ultimo diventa a poco a poco antipatico. S’indurisce. Nessuno deve accorgersi in che stato d’animo è adesso.

                    17.                  Aurelius non esita di svelare la ‘faccenda’. Egli è venuto a sapere troppo tardi che su Patmos doveva essere fatta nuovamente irruzione, come lui la chiama. Il viaggio si era ritardato solo di un paio di giorni. “Patmos”, egli comincia, “è un caposaldo ed è stata affidata al tribuno ‘per tutti i tempi’ nella propria autorità. Quindi non è un rifugio per malfattori, come tu, duumviro, hai diffuso. Certo, attraverso l’intrigo sei stato indotto a presentarti male.

                    18.                  Non hai domandato se la tua azione esiste di diritto. Già si dice: ‘Claretus è spacciato!’. Posso ancora proteggerti, se fai quello che ti consiglio”. Il cambiamento tra rosso e pallido non si può impedire. Giovanni ha evocato soltanto un campo di battaglia. Potrebbe essere l’anfiteatro, se…

                    19.                  Aurelius continua nel suo giudizio: “Dovevi informarti, ma la tua ambizione ti ha spinto fin qui. Non volevi essere presto promosso? Non ti bastava ciò che sei diventato da una piccola posizione e …”. Sì, egli proviene da una povera casata e non si può controllare in quale modo è ‘diventato’ qualcosa. Si alza adirato. “Spetta a te rinfacciarmi che …”.

                    20.                  “Non ti rinfaccio nulla!”, lo interrompe Aurelius, “ti mostro soltanto quanto sconsideratamente hai agito. Avresti esultato se Cornelio fosse stato decapitato – ed hai saputo solo qui, chi egli è. Inoltre gli innocenti …”. – “Sono tutti cristiani, votati alla morte”, dice eccitato Claretus. “Davvero? Come lo sai? Hai trovato un cristiano?”.

                    21.                  “Ad eseguire un riconoscimento c’è da rinunciare, si vede a prima vista cosa sono gli isolani”. –“Ora basta! Tu cercavi soltanto esiliati e malfattori; non voltare le carte in tavola! Non girare il coltello! Presta attenzione: ti devo togliere il comando sulle galee; qui – il sigillo! Ciò nonostante voglio tenerti in gran considerazione se – a Roma non intraprenderai nulla. Non solo perché potrebbe diventare molto pericoloso per gli uomini fedeli, ma perché è la più grande ingiustizia.

                    22.                  Non pensare che io abbia paura dinanzi a te. Oh, no! È un ordine! Ti consiglio, scendi a Creta, affinché tu non cada in una fossa”. – “Questo è perfino guidato per la sua salvezza”. Giovanni lo dice con particolare accentazione. Aurelius e Claretus tendono gli orecchi, è la voce che sale come da un profondo pozzo, una sorgente, alla quale ci si ristora. Solo il cattivo si irrita, mentre Aurelius domanda come la pensa Giovanni.

                    23.                  “Lo saprai, e su di te verrà la benedizione, perché in mezzo alla rovina di questo mondo…”, Giovanni non dice ‘Roma’, “sei rimasto un uomo di giusti sentimenti. Esiste soltanto un Dio che voi romani, di tanto in tanto, onorate come lo ‘Sconosciuto’. Lui ti vuol preservare. Claretus, se leva da sé la sua cattiveria, lo guiderà volentieri con le Sue mani redentrici. Non ridere troppo presto”, lo avverte il veggente con amara serietà.

                    24.                   “Gli scrivo quest’avvertimento sull’armatura e… sulla sua spada!”, dice Cornelio, così che la risata si spegne all’istante. – “Vaneggiate!”. – Tutti però lo guardano con occhi severi. Qui c’è qualcosa da cui Claretus non può difendersi. Viene dalla ‘Galilea’, colui che egli vorrebbe gettare all’orco. Oh, se non sta aperto a lui…

                    25.                  “Basta”, dice Aurelius. “Tu non puoi sfuggire, e sarebbe anche la tua fine. L’equipaggio della nave è già informato. La faccenda con Creta mi è venuta in mente all’improvviso, per proteggerti. Chissà”, egli guarda Giovanni con il pensiero: lui mi ha suggerito Creta. Il discepolo fa cenno col capo e dice:

                    26.                  “Nel viaggio di ritorno avrai delle difficoltà, ma giungerai nel patrio porto”. – “Si può sapere in anticipo che cosa avverrà?”. Aurelius si ricorda ciò che anni fa gli riferì Sejananus ‘dell’unico Dio’, del Salvatore, cosa che mai gli è svanito del tutto. Ora si consolida una sensazione gioiosa, sensazione che al momento non riesce ad interpretare.

                    27.                  “Come può sapere ciò che succederà?”. Claretus intende Giovanni, per procurarsi ancora un prestigio. “Gli dèi mai informano ciò che porta il giorno dopo. Si può presentire questo e quello, per esempio in battaglia, se si arriva alla vittoria. Ma non ha nulla a che fare con gli dèi oppure con l’unico Dio”, suona beffardo, “niente da fare. L’uomo soltanto causa questo”.

                    28.                  “Ah”, beffeggia adesso il capitano, “quando sul mare si ammassano le onde, puoi tu far qualcosa contro? In anticipo, intendo io, come dovrà mostrarsi una via d’uscita?”. – “Mi stupisco del tuo discorso, Sejananus”, cerca ancora di deviare il duumviro. “Non si può certo comandare al tempo. Chi però va in mare, può riconoscere nel vento, nel movimento delle nuvole, se presto minacciano tempeste. Uno prudente fa subito rotta verso il porto più vicino”. – “Se ce n’è uno nelle vicinanze!”, dice Cronias, “sono stato abbastanza spesso sul mare”.

                    29.                  “Hm”, ammette Claretus, “tuttavia vorrei sapere se si può conoscere un’avversità in anticipo”. Di nuovo guarda a Giovanni. – “Chi ha il dono, duumviro, può saperlo, per lo meno all’incirca, per mostrare pericoli in arrivo”. – “Solo questi?”, provoca costui stupidamente. – “Tu hai sentito che ho annunciato certamente delle difficoltà, ma nello stesso tempo il buon ritorno a casa di Aurelius. Così ora sai che si può vedere luce e ombre”.

                    30.                  “Ah, per me l’aggravio, all’altro – – facilmente intuibile! Vuoi farti salvare da Aurelius!”. – “Non essere sciocco! Tu non hai nessun’idea, da dove ti dovrebbe anche venire?, che nessun uomo può voltare né determinare il corso degli avvenimento. Tu t’immagini che Cesare ne abbia il potere. Così sembra! Domanda: può Cesare salvarsi da una caduta? Già da tempo lo avete sperimentato nella vostra storia, quanto rapidamente un trono s’imbatte nel vacillamento fino al completo crollo. Ogni potenza mondiale si spezza come un esile bastone, sul quale non ci si può appoggiare”.

                    31.                  Giovanni ammorbidisce la sua voce. “Impara a riconoscere che tutto l’umano passa. Spesso, dello splendore, della ricchezza, del potere preteso, avanzano solo frammenti, meno che poveri resti. Aspirati per niente! Chi giunge poi alla nuova tendenza, di fare ancora un qualcosa di buono dal resto della vita, troverà sempre del bene – per l’anima, se lo vuoi comprendere”.

                    32.                  Claretus tace. Il discorso in lui non passa ‘senza lasciar traccia’. Può egli trovare un passaggio, dal momento che mai ha seguito una luce? Per propria colpa? Cornelio vuol venire a lui in aiuto, egli inoltre vuol spingere Giovanni del tutto nel terreno antistante; no, il Signore, il molto amato Iddio! Egli solo salva. E dice:

                    33.                  “Claretus, a me un giorno è successo come a te. In parecchie faccende ero inesperto, quando mi fu assegnato il difficile posto in Palestina. Certo, mio zio, Quirino Cirenio, che tu conosci dai nostri rotoli, mi ha istruito. Anche lui però, uomo buono e tanto intelligente, dovette imparare il meglio solo attraverso un avvenimento. Anche se te lo descrivessi, capirei se non ci credi, se ti metti a ridere di ciò.

                    34.                  Noi veramente, lui ed io, non abbiamo riso; soltanto, non abbiamo capito subito, come ‘questo’ fosse stato possibile: una Stella che stava alta nel Cielo”. Cornelio ripensa a Betlemme. Se adesso la Stella starebbe nel Cielo, se … Giovanni lo guarda e il tribuno lo sente come una dolce mano.

                    35.                  “Abbiamo imparato a conoscere questa Stella, ad amarla sopra di tutto, proveniente dal pre raggio (Simeone-Gabriel), il quale ha preparato la via. Non per la Stella (il Salvatore). Questa percorreva l’alta orbita per propria pienezza di potere; no – per noi stava lì il pre raggio, poiché ci diede il miglior insegnamento. Tu ancora non comprendi, ancora t’immagini che non s’addice ad un romano darsi per vinto.

                    36.                  Oh, nessuno è diventato piccolo! Attraverso la fede nella Stella siamo stati innalzati. Quella volta c’era un duumviro che somigliava a te; il pre raggio gli insegnò la buona via. E l’ha percorsa, Claretus! Da tempo egli ha trovato, nella fede all’unica Stella, un campo d’azione. Desidererei molto che tu trovassi questa via”.

                    37.                  “Cornelio”, dice Giovanni, “hai rimosso molte pietre. Attendiamo fiduciosi, finché l’anima si apre per vedere la Stella di Betlemme che ti ha riccamente benedetto”. Cornelio sospira. Non lo ha mai abbandonato la visione di quando era stato dinanzi al Fanciulletto[15]. Segue immagine ad immagine, anche come il Salvatore lo chiamò a Sé, apertamente e in segreto, e quanti miracoli egli ha visto. –

                    38.                  Su Patmos si diffonde la pace. Gli amici sono radunati nella torre. Claretus rimane seduto nella taverna. “Va bene così”, dice Giovanni, “egli è ancora a lungo non maturo, per essere rivoltato”. – “Io”, comincia Aurelius e già si blocca. Davanti al ‘discepolo di Gesù’ si sente piccolo e inutile. Questo lo alleggerisce:

                    39.                  “Né piccolo né inutile, amico Aurelius. Tu ancora spingi l’Altissimo qua e là, non hai né un ‘sì’ e né un ‘no’. Ah, nessun errore! Non tutto si può riconoscere in una volta. Oggi stesso però tu troverai il Signore che è il Salvatore di tutti noi”. – “Come puoi sapere ciò che penso, o anche soltanto sento?”.

                    40.                  “Tu hai cercato di apprendere, origliando, qualche pensiero al tuo Cesare”. – “Questo è qualcosa di diverso. Egli rivela spesso in modo sconveniente ciò che mi vuol tacere”. – “Ebbene, c’è una differenza se si tratta dello spirito o della materia. Quest’ultima ciò che è inerente all’ordine dell’universo. Diversamente avviene con lo spirito. Là la ‘visione’ è possibile solo se si riconosce Dio e si deve avere il dono per un qualche alto scopo.

                    41.                  Non chiedere perché dei singoli la possiedono, cosa che è più di quanto il mondo comprende. Tu non lo puoi ancora. A Roma conoscerai uno che ti aiuterà a progredire. Ricordati il nome ‘Paolo’. Egli è un giudeo, ma anche un romano; la relazione con lui non è pericolosa, almeno per ora. Più tardi si presenterà diversamente. Allora però sarai già ritornato a Casa”.

                    42.                  “Ritornato a Casa? Io a Roma sono nato, là sono a casa”. – “Secondo il mondo! Questo mondo non è quel portatore di Vita. Chi nacque dallo Spirito, anche se lo stesso come uomo – come noi”, Giovanni indica tutti, “deve vivere per un po’ di tempo qui; più giusto: può vivere! Tutto il bene proviene dal santo-alto ‘Potere’!

                    43.                  Hai tu ogni tanto riflettuto da dove si viene, dove si va’, solo per il breve tempo su questo mondo, e poi totalmente cancellato –? Per che cosa allora si vive? Dovrebbe chiederselo ognuno che è ragionevole, perfino se non crede in un Creatore”. – “Io vorrei imparare a conoscerLo volentieri”, dice Aurelius assorto. “In verità non so come mi potrei comportare se Dio stesse una volta dinanzi a me”.

                    44.                  “Questo non si può mai stabilire prima. A me successe così, quando in gioventù conobbi il nostro Salvatore, poco più vecchio di me stesso, così come ogni altro uomo, e tuttavia tanto diverso! Chi qui non Lo vide, non ha bisogno di essere preoccupato che avesse perso così il più magnifico, oppure non l’avesse mai avuto.

                    45.                  Naturalmente è una benedizione, così come Abramo vide l’Altissimo, oppure Mosé e i grandi del nostro popolo. Ancora esistono popoli che vivono molto pacificamente e, presso di loro, Dio entra ed esce. Soltanto – la visione suprema la tiene in serbo per la Patria, per ognuno, con la qual cosa ti voglio assicurare che Roma non è la tua vera e propria casa. Questo vale soltanto per la fugacità umana.

                    46.                  Il tuo ponderare ti dice che la vita, secondo la creazione, deve avere un altro inizio e un’altra fine di quello che risulta dal misero tempo del mondo. Oh, noi siamo proceduti dal Creatore. Anche se là per noi c’è un inizio – noi vivevamo in Lui come pensieri, per delle Eternità, cosa che mai potremo sondare.

                    47.                  Questa è la durata della nostra vita, dello spirito e dell’anima, come un Pensiero-Dio, quale noi eravamo. Dopo il passaggio nel mondo, la vita sarà sempre presente. Noi non scendiamo nell’inconscio buio, come un giorno – per noi detto – siamo stati generati nella buia Santità di Dio. ‘Buio’ presso Dio non è buio! Nella notte senza stelle, in ambienti senza finestre, siamo ciechi; ma nel maestoso buio di Dio tutto è Luce e meraviglioso. Noi non lo possiamo sondare del tutto, ma la Santità di Dio, come il Suo Amore, Bontà, Grazia e Misericordia, è con noi in ogni tempo, se la riconosciamo oppure no, se la lasciamo agire in noi oppure ci lasciamo spingere dalla materia, le cui parti sostanziali sono buie.

                    48.                  Tu lo hai compreso, Aurelius, perché un giorno sei stato presso Dio, tu il tuo spirito, la tua anima, il tuo sentimento. E nascesti proprio qui in questo tempo e come romano, come accadde con Cirenio, Cornelio e molti buoni romani. Essi poterono vivere il tempo del Salvatore Dio, anche se non tutti Lo videro personalmente.

                    49.                  Ora, Aurelius, sei impegnato. Non hai mai riflettuto su questo, quando hai aiutato qualcuno e lì hai di nuovo messo ad un maligno la sua corda. Il duumviro ti sarà ancora grato, perché tu spezzi la catena che si sta forgiando intorno a lui. Per lui è bene: la paura guarirà la sua anima.

                    50.                  Per il più povero tra i tuoi schiavi tu sei un giusto padrone, non hai fatto come molti romani che non si sentono toccati dal dolore degli oppressi. Questo, naturalmente, essi lo dovranno pagare, non importa come e dove. Credi nel Signore, nel nostro Salvatore, Dio e Padre, il Creatore dell’Infinità!

                    51.                  Abbandona il pensiero che a Roma tu saresti poi uno dei tanti che si perseguitano, per gettarli davanti agli animali feroci. Oh, i poveri istigatori! Quanto amara sarà la loro vita nell’aldilà, prima che possano meritarsi ancora la Grazia di Dio! Non è dunque Grazia quando si può vivere, quando si viene liberati da un’afflizione, quando si può camminare dalla culla alla tomba ed ognuno si lascia cadere nel grembo della Divinità?… in un modo o nell’altro… ?

                    52.                  Aspetta, è il SIGNORE che guida il tuo fare e lasciare. Il tribuno lo ha sperimentato, quando a lui come giovane uomo si consegnò il ‘vespaio Giudea’. Ha sofferto, finché poi gli è andato incontro l’aperta e chiara Luce come angelo (Gabriel quale Simeone) e, dopo – il Signore!”. Cornelio interrompe.

                    53.                  “Immeritato, Giovanni! Cirenio ha potuto proteggere il Signore come fanciulletto ed ha vissuto delle cose meravigliose con Lui. Inoltre il Salvatore si mostrava sempre come un ‘caro Uomo’. Chi però Lo guardava negli occhi, chi guardava le Sue mani, il cui operare miracoli mi ha spesso impressionato, sapeva precisamente: Egli si mostra solo come un Uomo; poiché la maggior parte non poteva sopportare la Sua maestà. Come Lo si è attorniato, schernito e spiato, e nessuno Lo poteva sfiorare! Solo sul Golgota – qui io sono ancora oggi infuriato, perché i farisei han potuto rompere su di Lui il loro bastone del potere”.

                    54.                  “Anche da Roma passò la notizia”, interrompe Aurelius. “Egli mi fece pena. Fu chiamato ‘Galileo’. Tuttavia Lo si mise a tacere. Che fosse Dio personalmente, non lo potevo credere. Sejananus certamente mi accese un lumicino, e quello che ho sentito oggi”, Giovanni aveva già parlato con lui sulla spiaggia, “mi fa riconoscere: deve essere verità! Come Taumaturgo sarebbe stato un ciarlatano, si disse, e la Sua Dottrina andrebbe contro tutto il mondo”.

                    55.                  “Contro tutto il mondo! Non si può fare un ponte tra spirito e materia. Lo Spirito, DIO, e quello che è dato da Lui, al quale appartengono tutti i figli della Vita, hanno consistenza eterna. Non doveva dunque il Signore portare il Suo bene di Salvezza e smascherare i mondani?!

                    56.                  Questi sprecano il loro tempo di Grazia, ed è amaramente difficile recuperare il perduto. Come però Dio è eterno, così è eterna la Sua Grazia! Solo che nessuno dovrebbe gloriarsi di questo: quando Egli perdona, perdona tutti! La giustizia appianante rimane sempre esistente, e ognuno che mise Dio da parte, deve sempre fare i conti con Lui”.

“Ma chi non conosce Dio?”. – “Aurelius, Egli disse ai farisei:

Se foste ciechi, allora non avreste nessun peccato’. [Giov. 8-41]

Se voi non sapeste chi Io sono – nessuna punizione cadrebbe su di voi; ma poiché voi lo sapete, allora il peccato vi rimane’. – ‘Tutti i peccati sono manifesti dinanzi a Lui’. [Sir.17-17]

                    57.                  Su questo, tuttavia, la consolazione:

I tuoi peccati passano come il ghiaccio al Sole’. [Sir. 3-17]

Rinunciare ai peccati, questo è servizio divino!’ [Sir. 35-5]

                    58.                  Soltanto in vecchiaia hai sentito del vero Dio, ed Egli ha steso la Sua mano a te in evidente Grazia. La Grazia ‘nascosta’ opera sempre in tutti gli esseri viventi su questo mondo e altrove, perché senza questa, non esiste vita. È ancora importante se tu metti da parte la tua veste romana. Non la toga”, sorride Giovanni, quando Aurelius l’afferra. “Oh, no – intendo l’essere romano. E puoi, tuttavia, rimanere un romano, uno che sa da tempo antico come deve trattare un uomo”.

                    59.                  “Non è del tutto facile”, confessa apertamente Aurelius. “Dovrei rimanere a lungo con te, per imparare cosa c’è ancora da imparare”. – “Non ti manca molto; poiché chi pensa e agisce in modo giusto, è più vicino a Dio, perfino se non Lo conosce, come quelli che ‘stanno agli angli delle piazze’ [Matt. 6-5], i quali alzano le loro mani davanti alla gente e calcolano con tutto ciò il guadagno che cade nella loro cassa”.

                    60.                  “Posso io ancora chiedere qualcosa?”. – “Avanti”, invita Cornelio, “oggi può di nuovo diventar domani, tanto a lungo splende su di noi la Grazia di Dio”. – “Tribuno!” esclama Cronias, “lo hai espresso di nuovo meravigliosamente, e tutte le volte che vediamo la stella mattutina”. – “Altrettanto espresso al meglio. Sì, la stella della sera e la stella mattutina sono i luminari sublimi di Dio, attraverso i quali Egli anche Si rivela. Aurelius, che cosa ti opprime dunque?”.

                    61.                  “È la differenza tra tenebra e oscurità. Non riesco a tenerle separate”. – “Se pensi secondo natura, allora hai ragione, se si chiamano notti buie oppure oscure. Visto però dallo spirito è del tutto differente. Un po’ difficile per te, perché ti manca ancora la preveggenza. Tu però la raggiungerai facilmente e ti diventerà chiaro ciò che è ancora oscuro.

                    62.                  Le notti di creazione di Dio sono il contenuto delle Sue Magnificenze, della Sua Onnipotenza, della Sua intera Essenza. E da queste Egli tirò fuori l’Opera Sua, tirò fuori il popolo dei figli. Ma poiché in e presso di Lui stesso tutto è Luce, nel riflesso noi abbiamo anche i giorni luminosi, la stupenda luce del Sole, lo scintillio dorato delle stelle.

                    63.                  Adamo si nascose dietro un fitto cespuglio e pensò: ‘Dio non vede nell’oscurità’. Sbagliato! Volersi nascondere, fare del male, tutto ciò che infrange la santità di Dio, – vedi, questo è oscuro. Qui per la salvezza di tali persone è rovesciato: la Luce di Dio non cade dentro; ognuno deve uscire dalla sua tenebra, come Adamo dal cespuglio.

                    64.                  No!”, Giovanni respinge il pensiero, se Dio non possa mandar luce nella tenebra, “La Mano dell’Onnipotenza si stende, Egli esclama ad Adamo: ‘Vieni fuori!’. Questa per gli smarriti è quella Grazia immeritata che – è da recuperare per la loro benedizione. Se ancora su questo mondo, se nell’aldilà, per l’Altissimo non esiste tempo, ma ben per ognuno che deve percorrere la via. Compreso bene, non è vero?”.

                    65.                  “Pressappoco; ma con l’aiuto di Dio riconoscerò la salvezza”. Questa è aperta confessione. Ora splende già la luce mattutina nella torre. “Che cosa facciamo adesso col solitario?”, chiede il tribuno. È inteso il duumviro. “E per quanto tempo vuoi e puoi rimanere, Aurelius?”.

                    66.                  “Preferirei il più a lungo possibile, purtroppo non si può”. – “Rimani qui una settimana. Claretus tenterà di corrompere un pescatore, il quale lo denuncerà a Cornelio. Che la fuga non riesca, gli darà da pensare. Egli, infatti, intuisce precisamente che a lui minaccia la morte, per lo meno l’esilio. Spera segretamente con timore, se tu non lo aiuti lo stesso. Dagli seriamente una mano…”. – “Lo farò! Egli è una testa di rapa senza uguali; dovrebbe accorgersi che da solo corre nella più sicura rovina”. – “Il suo orgoglio è la barriera che difficilmente supererà. Ti dico una parola, Aurelius: Creta! Usa grande prudenza, sta attento!”.

                    67.                  “Non puoi dire quello che succederà?”. – “Sì, ma credi saldamente nella conduzione di Dio”. Si cerca di dormire ancora un poco, ma presto ci s’incontra sulla spiaggia, quando il Sole sale dalle onde. La settimana passa con molti discorsi ed è ricca di molte benedizioni.

                    68.                  Talvolta il duumviro sta ad ascoltare seccato. Che la fuga non gli sia riuscita, è colpa del ‘galileo’. Quale romano incallito egli lo nega. Arriva il giorno della partenza. Aurelius stringe a lungo la mano del veggente e scruta nei suoi occhi: che cosa sarà? Questi accenna in Alto con la mano destra, dove s’inarca il cielo lucente e si rispecchia nelle acque quiete.

                    69.                  “Non dimenticherò mai ciò che mi hai insegnato”. Al romano sembra come se debba uscire dal paese della pace. Cornelio è abbracciato e a tutti è data la mano da colui che parte. I pescatori portano del pesce ben essiccato. Il duumviro sta in disparte, Giovanni va da lui e dice:

                    70.                  “Ti auguro dalla Grazia di Dio che tu non ti rovini. Sottomettiti ad Aurelius, lui ti potrà aiutare se tu …”. – Claretus presume ciò che c’e ancora da dire. Ma si volta, saluta soltanto il tribuno e va sulla nave capofila, con la quale è venuto Aurelius. Le altre galee seguono in formazione compatta. In questo modo s’impiegano meglio, se c’è bisogno dell’aiuto reciproco. E non passa molto tempo che questo sarà necessario.

                    71.                  Alla sera vengono nella torre il tribuno, Sejananus, Cronias e Scubatus. Qui sono sempre indisturbati, Il giovane Stefano veglia, e provvede per un buon vino. Si parla dei giorni passati; la gioia per il senatore prevale. Soltanto, a Cornelio dà da fare la cattiva aggressione del duumviro. Egli ancora non lo fa notare. Tuttavia il medico lo ha guardato scrutando parecchie volte al giorno ed ha  pensato: egli è malato. “Come sarà il ritorno a casa di Aurelius?”, si domanda.

                    72.                  “Dovete sapere”, comincia Giovanni. “Aurelius lo scriverà più tardi; allora vedrete che è giusto”. – “Ti prego”, esclama il capitano, “non abbiamo bisogno di nessuno scritto per credere ciò che vedi!”. – “Va bene”, fa cenno Giovanni amichevolmente, “ma meglio è se ascoltate la relazione. Fino a poco prima di Creta il viaggio di ritorno si svolge bene, ma hanno osato di nuovo farsi avanti i pirati ed hanno preso d’assalto le vostre navi prima che si vedesse Creta. La guardia costiera quindi non lo nota, e non può andare in aiuto.

                    73.                  Soltanto – qui predomina l’altro Aiuto. Essi per vero si devono difendere duramente, alcuni sono gettati in mare, una nave incendiata, ma i predatori sono vinti. Uno dei più valorosi è Claretus. Lui stesso ha arrembato due navi pirata.

                    74.                  Da ambo le parti si lamentano vittime. I predatori sono trascinati dietro insieme alle navi. Io lo descrivo come se fosse già accaduto; ma si svolge soltanto dopo giorni di buon viaggio. Ed ora la cosa più importante che ci sta a cuore: il duumviro è da salvare? Come uomo, soprattutto la sua anima –?

                    75.                  Quando sbarcano, i ladri del mare sono incarcerati, lì si trovano quattro sbirri con rotoli imperiali sigillati: ‘Il duumviro è da portare a Roma con ignominia!’, continuo a dirlo così come se accadesse ora: egli sta lì cinereo, ma orgoglioso, e non osa chiedere ad Aurelius di parlare per lui. Non ce n’è bisogno. Questi prende il rotolo imperiale e dice al comandante che guida il reparto:

                    76.                  ‘Da Patmos, Claretus è sotto la mia protezione. E che: lui ha vinto la battaglia. Per primo ha scoperto e ha anche riconosciuto le canaglie, è stato bravo al fianco mio, mi ha preservato da una caduta, ha collaborato a spegnere l’incendio e fatto molto. Io informo. Finché non giunge un altro ordine dell’imperatore, il duumviro rimane – non diminuito – sull’isola. Voi rimanete qui per sua protezione come guardie. Ci sono stati all’opera degli invidiosi di Claretus. Io salperò domani; il mio scritto e ciò che ho da riferire verbalmente, volterà tutta la faccenda’.

                    77.                  ‘Prendi tu sulle tue spalle’, chiede il comandante, ‘il fatto che non abbiamo eseguito l’ordine?’. –‘Voi siete liberi!’. Stupito sta il duumviro lì vicino, non cede d’uno sguardo dal suo salvatore. C’è ancora soltanto la preoccupazione, se il tribuno farà rapporto, come lui – Claretus – lo ha trattato. Detestabile! Quando lo stesso giorno ancora siede insieme ad Aurelius, gli domanda se il senatore riferirà di Patmos oppure – se lo farà Cornelio.

                    78.                  Aurelius gli parla in coscienza, ma riferirebbe soltanto che il controllo si è svolto secondo l’ordine. E Cornelio –? ‘Lui è diventato da tempo un vero cristiano, egli tacerebbe verso chiunque la violazione’.”. Cornelio appassionato fa cenno col capo. “No, cosa che neanche io faccio! Perché? Allora verranno tutt’al più altri qui, per ‘controllare il controllore’!”.

                    79.                  Dice Cronias: “Può essere così”. – Giovanni rivela ancora: “Claretus domanda ancora su di me. Aurelius gli accende un lume, finché questi prega seriamente: ‘Aiutami mediante questo Dio che i cristiani chiamano GESU’, il Salvatore e Guaritore e nel Quale, mi sono accorto, hai imparato a credere.

                    80.                  Io rimango qui, finché potrai cambiare tu la mia faccenda. Se ti riesce, allora – voglio credere in Gesù’. – ‘Soltanto allora?’, si domanda. Ci vuole un po’ di tempo prima che Claretus torni in sé. L’accaduto, la sua paura, non ultimo ciò che ha vissuto presso di noi, lo volta al bene. Egli confesserà: ‘Non soltanto allora, vorrei venire subito alla fede’. Come si rallegrerà Aurelius, ed ora lui stesso può promettere dalla certezza che s’impadronisce di lui, di aiutare il duumviro. Questo, miei cari amici”, conclude Giovanni la sua visione, “succederà precisamente.

                    81.                  Ora è un grande tempo di sconvolgimenti. Da quando Dio è venuto sulla Terra come Salvatore, l’ultimo chiavistello dell’oscurità è stato rotto, l’ultima porta è stata aperta, affinché quelle anime che vivono ancora nel loro carcere costruito da loro stesse, fossero da prendere e portar fuori. Non pensate che solo con Gesù sarebbe venuto questo tempo o un tempo di sconvolgimenti. Oh, no! È l’ultimo che Dio promosse dalla Sua santa Misericordia.

                    82.                  Dio introdusse i tempi degli sconvolgimenti dopo la caduta, così si legge: ‘Egli, il SALVATORE dal tempo antico’ [Isaia 43, 11; 63, 16]. Anche Davide Lo chiama il ‘Re dal tempo antico’ [Salmo 74, 12]. La cacciata del caduto, attraverso la fiaccola della serietà, fu il primo tempo di sconvolgimento, ed era data così, che sulla libera via il precipitato avrebbe potuto voltarsi. Dopo di questo vennero parecchi.

                    83.                  Su un mondo [Mallona][16] ci furono molti tempi di sconvolgimenti fino alla dissolvimento della stupenda stella. Sulla nostra Terra i tempi di sconvolgimenti ci furono con l’incarnazione di alti spiriti figli della Luce. Uno fu donato qui con Adamo. Tra questo periodo e quello del Signore ci furono molti periodi, quando i principi si manifestarono, come avvenne mediante Giobbe, dove la Pazienza lottò per l’anima di Satana.

                    84.                  L’ultimo sconvolgimento è venuto con il nostro Signore e non ne esiste più un altro. Quello che è da chiamare come ‘ultimo tempo’, è l’epilogo della Redenzione. Questo è, per tutti i figli e le povere anime, un ‘lungo tempo’, presso il Padre-Creatore però solo ‘metà di un tempo’ [Ap. 8, 1; 12, 14]; ma non la metà della Grazia! Oh, no! Quindi la bontà di Dio si rivela interamente!

                    85.                  Allora la pienezza della Luce fluisce su tutta l’Opera, in questo caso esiste ‘l’eterno Cielo’ di Dio, che per noi è il ‘nuovo’ [Ap. 21, 1], cosa che significa: noi nella conoscenza siamo diventati nuovi e maturi per il Cielo, vediamo ciò che Dio ha creato, nella Sua grande affettuosa Misericordia, all’intero popolo di figli per la salvezza, per la benedizione e per la pace.

                    86.                  In questo, cari amici, lasciateci credere senza vacillare, a questo ci atteniamo saldi. Sempre sia con voi e con tutti noi

La Grazia e la pace di Colui che è, che era e che viene!’.”. [Ap. 1, 4]

 

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Cap. 16

Le profezie si adempiono – Dio Pastore e Medico – L’ultima ora di Cornelio – L’Alta Luce – Nessuno ha un Amore più grande

 

                      1.                    È passato  metà dell’anno. Aurelius ha inviato due messaggi. Quello che Giovanni aveva anticipato è avvenuto parola per parola. Il senatore ha dato seguito alla grazia di Claretus, mettendo molto in evidenza la ‘vittoria sui pirati’. Lo stesso ha dovuto sopportare pazientemente un trionfo, ma per il resto si tiene quanto più possibile indietro dal servizio, va spesso da Aurelius, presso il quale s’incontrano di nascosto alcuni cristiani.

                      2.                    Su Patmos ci si rallegra molto, soprattutto perché ‘di nuovo è entrata lentamente una pecorella nel giusto ovile’, dice Giovanni. Ora però ci si preoccupa molto per Cornelio, il medico si dà molto da fare. “Manca il vecchio pastore; peccato, avrei imparato ancora molto da lui. Prima lo deridevo per invidia, perché lui poteva aiutare dove io fallivo totalmente”.

                      3.                    “Deve dapprima albeggiare la conoscenza”, lo consola Giovanni. “Tu eri nelle vostre scuole, il nostro pastore in quella del nostro DIO, e questa si chiama ‘natura’! Qui s’impara incomparabilmente di più che nelle più alte scuole di questo mondo. Per te, nonostante la fede, tutto è troppo ancora materia. Tuttavia, in ogni cosa che vedi e – in ciò che noi uomini non possiamo per nulla vedere, è esistente lo Spirito del Dio Creatore, l’Essenziale, senza il quale nessuna sostanza esteriore esisterebbe.

                      4.                    Tu non lo sospetti, cosa che non danneggia, ma intanto ci rifletti, e questo è bene – per te e per la carica che Dio ha messo nelle tue mani. Guarda l’esempio: Dio è il Pastore [Giov. Cap. 10] ed è medico [esodo 15, 26]. Egli è entrambi, il dono, affidato ad alcuni uomini, può aiutare con la Sua Grazia.

                      5.                    Hai pensato che il pastore avrebbe potuto aiutare se vivesse ancora. Lui è tornato a Casa sotto la benedizione di Dio, e il nostro amico Cornelio”, Giovanni deve inghiottire il male del mondo a causa dell’amore, “va a Casa oggi, sotto la benedizione di Dio”. – “Già oggi?”. Il medico poggia la sua fronte in entrambe le mani. “Me ne sono accorto; gli posso procurare soltanto poco lenimento. È enormemente coraggioso, nonostante il dolore; io lo noto. Qui la domanda: Cornelio ha fatto sempre del bene, è diventato un cristiano, ha amato il Signore, ha protetto te e altri, ha seguito il Maestro, perché – sì, perché deve ora soffrire?”.

                      6.                    “Non è semplice penetrare nella Verità: ‘Come può un Dio della bontà …’. Ci si dimentica che, non per ultimo, nella sofferenza c’è da ricevere la più grande benedizione. In genere – le eccezioni esistono ovunque – persone ricche e altolocate nel mondo non sono inclini ad affermarsi nella fede – attraverso il sacrificio.

                      7.                    Non la fede dei giudei, non soltanto la magnificenza del Signore, che Egli ci ha insegnato, no, in ogni genere di fede sta la dottrina del sacrificio; se per lo più intesa per i rappresentanti di una dottrina, di un clero, allora viene con l’appello di ricordarsi dei poveri. Quest’ultimo è l’ostacolo per la maggior parte dei ricchi, i quali danno soltanto se c’è da portare a casa un guadagno o anche soltanto per l’onore dinanzi alla massa.

                      8.                    Vengo al nocciolo della tua domanda, come questo sarebbe da collegare con i dolori di Cornelio. Chi deve sopportare tale sofferenza e disagio, soprattutto l’autentico credente, li porta meno di tutto per sé. È Grazia di Dio, se con ciò sono da pareggiare dei peccati commessi da se stessi. In prevalenza, sono pareggiati pesi estranei, perché la vita non comincia solo nel mondo, dove noi dalla sollecitudine possiamo a priori aiutare una povera anima.

                      9.                    Questo è il ‘servizio del consacrificio’. Di questi ce ne sono molti. Il ‘Servizio del sacrificio principale’ che esiste solo una volta, dall’inizio della caduta fino all’ultima anima che è da riportare a Casa, se n’è incaricato l’Altissimo stesso, e in ciò non esiste altro portatore di sacrificio che unicamente Lui! Soltanto – per chi fa Egli dunque questo?

                    10.                  Per il figlio precipitato, per i caduti insieme a lui, per tutti quelli che sono caduti nel male, per ogni guaio nella materia! Così ha scritto Isa-i [Isaia] circa settecento anni fa, prima che il nostro Dio venisse come Salvatore sulla Terra:

Nondimeno, Egli portò le nostre malattie e caricò

 i nostri dolori su di Sé’.

E: … ‘è stato trafitto a causa dei nostri peccati’. [Isaia 53, 4-5]

                    11.                  Dio non ha bisogno di portare per Sé nessun sacrificio; altrimenti non sarebbe Dio! Egli, per tutti, ha portato sofferenza e dolore, per riscattare i peccatori attraverso l’alta somma di riscatto: il GOLGOTA! Soltanto come ho insegnato io: non solo accadde il servizio del sacrificio, no! – Questo era dell’alto sacrificio di Dio quell’ultima parte, che nel LUSTRUM ha incluso tutto in Sé. Il profeta disse giustamente ‘portò’! La forma usata del passato di Dio, include il Suo presente insieme al futuro. E questo, per noi!

                    12.                  Quindi un figlio di Dio sul suo sentiero può prendere su di sé qualcosa per altre anime. Nella sua sofferenza Cornelio pensa chi gli era spesso contro e che doveva anche sopportare in pazienza, perfino il cattivo Caifa. Costui non del tutto, oltracciò il Salvatore è per lui troppo amato, ed egli mormora: ‘O Signore, perdonare puoi soltanto Tu, anche le mie mancanze’.

                    13.                  Ora andiamo da lui. Predisponiti! Sperimenterai molto, la pesantezza del mondo, il Santo del Cielo”. In cerca d’aiuto, il medico afferra la mano del veggente. “Che cosa dovrà essere di noi?”. Giovanni si volta verso di lui. “Dio ci ha messo Cornelio come fedele amico per questo mondo; il miglior Amico è il nostro SIGNORE! Egli non toglie da noi la sua Grazia!”.

                    14.                  Entrano in silenzio nella casetta. Sono presenti Sejananus, Cronias, Scubatus e una donna dell’isola, la quale assiste amorevolmente l’ammalato. Gli uomini stanno lì impacciati; vorrebbero aiutare, ma come? Ognuno sente che va verso la fine. Si fa posto a Giovanni, il quale si mette a sedere presso il giaciglio. Cornelio spalanca gli occhi, in questi lottano l’un con l’altro, gioia e dolore.

                    15.                  “Quando starò dinanzi al sommo Giudice, quando vedrà tutti i miei peccati …”. Giovanni stringe le mani diventate deboli e sorride amorevolmente. “Vuoi tu sentire la verità?”. – “Sempre!”, esce faticosamente dalla bocca del malato. Cerca di tirarsi su. “Rimani coricato, e pensa di essere in ginocchio dinanzi ai piedi del Giudice. Prima ti porto una consolazione; e se ti senti liberato, allora il tuo ritorno a Casa sarà pieno di Luce e Grazia. Tu sai che devi lasciare il mondo?”. Un piccolo sospiro.

                    16.                  “Sì, Giovanni. Sono contento, allora LO rivedrò, cosa che è la gioia dell’anima mia. Ma quanta ingiustizia ho commesso? E mi tormenta: che cosa sarà di voi? Oh, certo, il SIGNORE è il nostro Pastore [Salmo 23]. Penso tuttavia a Roma…”. – “Non pensarci”, è alleggerito, “hai trovato la buona fede, ti sei dato al Signore con tutto il cuore, allora nulla è sbagliato. Consolato, puoi attendere l’ora quando Lui verrà per portarti a Casa”.

                    17.                  “Portare a Casa me – ? O Giovanni, questo certamente mai lo avrei meritato!”. – “Dio fa i Suoi miracoli come vuole, anche se noi li vediamo così raramente, non li riconosciamo, spesso soltanto dopo. Egli ha porte aperte, finestre aperte – ha sempre aperta una Mano paterna! Questa ti si tende incontro, afferrala e tieniti stretto a questa”.

                    18.                  “Quale consolazione!”. Cornelio si aggrappa al veggente, come fosse il Salvatore stesso, presso il quale poté trattenersi di frequente, e frequentemente lo benedisse. Ancora passa un’ondata di dolore attraverso il corpo, ma nessun lamento esce dalle sue labbra. Giovanni gl’impone entrambe le mani. Allora è all’improvviso come una scossa, il corpo rannicchiato si mette diritto, lo sguardo diventa chiaro. Cornelio non sente più nessun dolore; soltanto la sensazione della malattia, saldo rimane il sapere per l’ultimo tempo terreno.

                    19.                  “Questa è stata la mano del Maestro che mi ha aiutato”, sussurra il tribuno. L’ultimo pezzo della sua anima cade nella Luce del Cielo. Là la porta si apre e si chiude. Non si sente e nemmeno si vede, ma ci sono dei passi che vanno verso il giaciglio. Giovanni piega le sue ginocchia, lo fanno anche gli altri, ed ora – vedono una Luce, come una forma. Su tutti passano dei brividi. “È Lui”, giubila il discepolo di Gesù silenziosamente nel cuore, e “Egli viene da me che certamente …”, addolorato, Cornelio si copre il viso. “Sono indegno, indegno!”, si lotta dal più profondo petto.

                    20.                  La donna del pescatore è indietreggiata fino alla porta, lei vede ancora soltanto la Luce, il medico vede la figura come leggermente sfocata. Non sono queste lacrime che scorrono dai suoi occhi? E ai romani non va diversamente; essi, proprio non si accorgono che stanno piangendo. Ora, la voce, morbida, così cara, santa, meravigliosamente sublime. Nessun vento, per quanto soave, può accarezzare un uomo, come lo può la voce di Dio.

                    21.                  “Se tu sei indegno di vederMi, lascialo decidere a Me, al tuo Salvatore, al tuo Dio! Tu Mi hai chiuso amorevolmente nel tuo cuore come pochi del popolo al quale Io sono venuto per tutti i popoli, Mi hai adorato e Mi hai servito, dando ai molti poveri e fedeli il tuo aiuto, che veramente era il Mio Aiuto. Dal giorno che sei giunto alla conoscenza, ti sei sforzato di adempiere il beatificante della Mia Dottrina.

                    22.                  Ad un uomo nel mondo mai riuscirà completamente. Ma che cosa domando poi IO?! Io guardo com’è costituito il cuore e la volontà. Se non trovo nessun errore, secondo la Mia benevolenza, allora cancello la ‘parte difettosa’. Ora non pensare a Caifa, con il quale ti vuoi aggravare dinanzi a Me. Costui dovrà portare da sé i suoi peccati, e gli sarà amaramente difficile, come altri anche, avvicinarsi fino all’ultima resa dei conti, che si chiama GRAZIA.

                    23.                  Tu hai portato parecchio peso volontariamente; soltanto, non pensare che il tuo letto d’infermo sia una punizione da parte Mia. No, figlio Mio, nessun uomo è punito così! Vedi, Cornelio, alcuni si sono preparati da sé il loro povero giaciglio. Io non punisco, Io guido soltanto, affinché l’anima sia purificata attraverso il dolore. Ricorda: IO so che cosa è giovevole ad ogni figlio.

                    24.                  Vuoi tu che Io ti debba liberare? E che ti elevi a Me nel Mio Regno, del quale Io parlai a Pilato, ‘esso non è di questo mondo’?”. – “Signore, io non so, come mi va. Tu sei venuto da me che prima ero un pagano! Mi hai solo toccato attraverso il Tuo grande angelo (Gabriel-Simeone) e tante volte ho inciampato, quando …”.

                    25.                  “…quando l’ingiustizia di certi malvagi t’irritava, sebbene con la calma si poteva aiutare di più. La forza, per questo, figlio Mio, deve dapprima essere data da Me, ed Io te l’ho data, tu lo sai bene. Chi usa la forza con gratitudine, allora questo per Me vale come ‘fatto da se stesso’. Tu ne sei stato capace, per lo meno nell’ultimo terzo del tuo tempo terreno. Io lo guardo poi come un ‘tutto’. Ti può bastare questo?”.

                    26.                  “Maestro, fa di me quello che vuoi Tu. Lasciami la sofferenza, finché l’anima si doni totalmente a Te. Liberami, portami nel Regno, tutto come vuoi TU e com’è previsto nel Tuo Piano di Salvezza per me. Nelle Tue mani metto la mia vita, nella morte, che sta al mio giaciglio”. Una testimonianza meravigliosa. Tutti sono scossi, si osa appena respirare; infatti, adesso essi vedono il Signore, per il Quale ognuno ha un ardente desiderio: – poterLo contemplare una volta solamente – –.

                    27.                  “È l’angelo della Vita”, dice amorevolmente Dio, “Io non conosco nessuna morte! Ciò che alla fine della vita è descritto come morte, è il cambiamento; qui l’uomo entra nella Vita vera e propria, nella Vita spirituale, Vita che era prima e rimarrà in eterno. Non hai bisogno di vederlo, ma egli è lì, il tuo angelo guida, che ti porta a Casa nel Regno del Padre. Sei pronto ad andare con lui?”.

                    28.                  “Sì, Signore, solo devo ancora confessare la mia colpa, allora mi sarà più facile affidarmi a lui. A TE, Signore Gesù, mi raccomando. Avvolgimi nel perdono, nella Tua Grazia”. A questo punto piange perfino Giovanni. Oh, l’amico, il fedele, e portato a Casa in quel modo così meraviglioso dal Signore, e tutti quanti hanno la Grazia di vedere Lui ancora una volta in questo mondo.

                    29.                  Egli si tiene saldo al mantello di Dio. Lo colpisce lo sguardo che il Signore spesso lascia cadere su di lui. Tutti quanti sono beati. Nel frattempo il Signore si china. È un bacio che tocca la fronte del morente? Un’alzata d’occhi, infinitamente beato e un lungo respiro che corre alla sponda dell’aldilà.

                    30.                  Colui che lottava con coraggio nello Spirito e nella Verità – giace lì pacificamente. Ancora un po’ e il tribuno è già un libero figlio di Dio, al quale dà l’impronta la gioia del Cielo. Il Signore si gira, e il Suo volto splende di bontà, così che nessuno degli uomini rudi, né la donna, il veggente meno di tutti, riescono a reprimere un singhiozzo. Essi si schierano intorno a Lui, inginocchiati, qualcuno afferra furtivamente l’estremità del santo mantello. Con soave sorriso il Salvatore guarda, e dice:

                    31.                  “Siete stati fedeli, come il figlio”, la Sua Mano indica il pacifico dormiente, “anche tu, figlia Mia”, la donna non ha osato venir troppo vicino, “quindi vi voglio dare questa sera ancora una Parola di Grazia. Fate prima ciò che richiede il mondano, e portate l’esteriorità del figlio nel luogo della pace, ciò che è anche una testimonianza del Regno Mio.

                    32.                  Potete essere tristi; Cornelio era per voi un fedele amico, uno come ce ne sono pochi, solo non così raro, per non venire attraverso questi il Mio aiuto ai figli della materia. Quando calerà il Sole, quando la notte apparirà col suo esercito di stelle, allora ritornerò, per quest’isola ancora una volta. Dirò allora, perché metto in rilievo questo”.

                    33.                  Non si vede come il Signore sia andato. Questo deriva dal fatto che l’uomo mai potrà afferrare completamente la sublimità dello spirituale. Non è una mancanza; il Sublime rimane riservato al Regno della Luce. L’irradiazione che da ciò viene data alla materia, è una misura pienissima della grande misericordia di cuore.

                    34.                  La donna del pescatore deve essere calmata. Lei è agitata come sotto l’effetto della febbre. Balbetta: “Come vengo a questo che io …”. Sejananus la stringe al suo largo petto. “Quello che tu pensi, vale anche per noi uomini. Giovanni sta soltanto più avanti, egli è anche il veggente di Dio. Grazie a lui è stato possibile vedere e sperimentare il Signore, per noi, questa è stata la prima volta. Non riesco a comprendere, non entra nella mia testa…”. – “…ma è entrato nel tuo cuore – per tutti”. Giovanni indica ogni singolo presente.

                    35.                  “È giusto, nessuno ha la precedenza, nemmeno io. Non ha nulla a che fare con ciò che io ho da compiere. E tu, cara Horpha, hai servito così fedelmente, sei stata presso il nostro buon amico giorno e notte – sì sì, una donna può questo meglio di un uomo, così in generale, e quindi ti sei meritata il posto presso il Signore.

                    36.                  Ora vogliamo fare l’ultimo servizio, preparare il luogo per l’amico, dove il perituro deve trovar la quiete. Qui non si ha bisogno di dire: ‘lasciate che siano i morti a seppellire i morti’, perché non facciamo lutto per la morte, ma possediamo il santo modo di vivere di Dio, la Sua Parola, la Sua bontà, la certezza che l’Eternità ci attende con la sua Vita”.

                    37.                  Cronias porta l’armatura del tribuno. La s’indossa a lui e vi si pongono le armi e anche le sue onorificenze. Non fatto per il povero onore di questo mondo, ma per l’onore dell’amicizia. Anche il veggente lo considera così. Scubatus nel frattempo è andato via a cavallo, ha mandato qui alcuni pescatori, i quali nel ‘luogo della pace’ preparano per Cornelio l’ultima cameretta. Procede con la cavalcata. Un’ora prima del tramonto si vuol portar l’amico al sepolcro.

                    38.                  Tutti gli isolani sono sbigottiti, perché qualcuno non possiede completamente salda la fede nel Salvatore, per affidare fiducioso a LUI il resto. Essi esternano anche la domanda del medico: “Che cosa sarà di noi?”. Scubatus tranquillizza quanto meglio può: “Aspettate questa sera; verrete a sapere che il nostro Dio non va via da noi. Egli sa aiutarci in ogni tempo”.

                    39.                  Seguono con lo sguardo il cavaliere. “Hm, sì”, dice un uomo più anziano. “Dal battesimo attraverso il discepolo di Gesù, in me molto si è cambiato; e se non si dovesse fare i conti con molto male – come abbiamo sperimentato poco tempo fa con il duumviro, direi volentieri di tutto cuore: il Salvatore non ci lascia soli. Egli ci ha promesso la Grazia, e ciò che Lui promette, anche lo mantiene!”.

                    40.                  Si va singolarmente e a gruppi verso il luogo del sepolcro, dove giace già Nicodemo. Si attende con pazienza, finché arriva il corteo funebre, come dice la bocca del popolo. Davanti va Giovanni, egli ha un rotolo nella mano. Sei legionari dietro di lui portano su una bara il tribuno. Egli giace nei sudari, ma non è ancora coperto. Ognuno lo deve vedere ancora una volta, deve toccare la bara come ultimo saluto, soltanto allora è coperto, per il mondo, ma scoperto per il Regno dell’Eternità.

                    41.                  Questa è la Parola del veggente proveniente dalla Scrittura. Prima, passano i molti uomini silenziosi davanti alla bara, le donne piangono, non pochi uomini si schiariscono la gola, vorrebbero reprimere le loro lacrime e qualche goccia cade su una barba grigia oppure su una mano. Con la bara si porta il tribuno nella sua cameretta. Essa rimane ancora aperta come un segno: l’amico sentirà tutto, anche le parole d’addio di Giovanni. Che egli non pianga, gli costa fatica. L’addio –? Oh, no, ci rivedremo, appena Dio chiama ognuno in Patria. Ed egli dice:

Io vi lascio la Pace, vi do la Mia Pace.

Io non vi do come dà il mondo.

Il vostro cuore non si spaventi e non tema”.

L’apostolo tiene nella mano il rotolo scritto. “È l’ultimo”, egli dice, “che ho scritto ieri di tutto il magnifico della Vita del Salvatore, quello che io stesso ho sentito e ho visto in tutto il Suo operare [Giov. Cap. 14].

                    42.                  Voi siete stati in angoscia, cari amici, perché il fedele custode ci ha lasciato. Ma la Pace che il SIGNORE sa dare, rimane con noi, mai cederà da noi, come noi non vogliamo cedere dalla Dottrina di Dio. Conserviamo la Sua Parola in noi [Giov. 15,7] allora siamo in Lui, al sicuro sotto la Sua protezione, come Lui ha assicurato.

                    43.                  Io lo comprendo bene, e il Salvatore lo guarda clemente quando vi scoraggiate, perché i figli di questo mondo causano molto male. Noi l’abbiamo visto; soltanto – non abbiamo anche sperimentato l’aiuto del nostro Signore? Non è venuta subito la Mano dall’alto, attraverso buoni amici, amici che Lui ha inviato. Ci ha colpito finora un male? Non era tutto una conduzione piena di Grazia ogni prova che doveva fortificare la nostra fede, il nostro amore e la speranza…? Voi fate cenno col capo, cari amici isolani, e fate bene.

                    44.                  Oh, il Signore ha donato la Sua pace, ci ha avvolto in essa come in un mantello. Quando Egli disse: ‘Io non vi do come dà il mondo’, allora possiamo riconoscere: nessuna ricchezza, nessun povero onore, nessuna gloria, che quanto è effimera e cade dagli uomini, come in autunno cadono dagli alberi le foglie. Di questo non possediamo nulla. Per questo abbiamo però ottenuto in cambio la pace della Luce, e questa è eterna, quando il mondo e il suo movimento sarà da tempo passato, disperso, soffiato via, come il vento disperde il secco fogliame.

                    45.                  Ecco qui”, Giovanni indica il dormiente nella cameretta. “Abbiamo il santo simbolo: il corpo del mondo, la materia peritura, non si può più muovere, non può più far nulla; ma lo spirito insieme all’anima sono già risorti non appena il nostro amico ha chiuso gli occhi. Se così non fosse – come avrebbe potuto il SIGNORE dell’eterna Vita venire a prendere un morto…?

                    46.                  Nel Regno della Luce non esiste nessuna morte, presso il Creatore di ogni pienezza di Vita non esiste nessuna scomparsa. Qui non esiste neanche un sonno, nel quale lo spirito non sapesse nulla di sé. Già un Giobbe, nel tempo antico, prima che Dio venisse sulla Terra come Salvatore, ha riconosciuto:

Io so che il Mio Redentore vive!’ e:

Dopo che questa mia vita sarà smembrata,

io vedrò DIO senza la mia carne!’. [Giobbe cap.21]

                    47.                  Noi l’abbiamo visto: quando Cornelio, infatti, ha chiuso gli occhi sotto la mano di Dio, aveva all’improvviso un altro aspetto. Tutti hanno potuto riconoscere che il volto diventato umanamente vecchio, ora appariva giovane, così bello, come non lo è per nulla un uomo sulla Terra. Questo è il segno dell’eterna vitalità ed è spesso impresso perfino ad uomini cattivi, anche se non così puro, come puro era da vedere Nicodemo. Anche lui aveva un aspetto giovane e gentile. Egli entrò nella ‘Casa del Padre’ completamente trasformato.

                    48.                  Questa è la nostra grande consolazione: non abbiamo bisogno di temere nessuna morte, non abbiamo bisogno di rattristarci al di fuori del lutto del nostro cuore. Le nostre lacrime sono il legame d’amore per il ritornato a Casa. La separazione per il mondo è solo un soffio, è come un vento serale che ci guida nel grembo di notti piene di benedizioni

                    49.                  Queste sono le notti di DIO, riempite di benedizione e delizia superiore. Non vogliamo più portare il nostro lutto all’amico nella sua ultima dimora terrena, anche se Dio l’ha benedetta. Pensate alla pace che il Signore ha promesso e concessa, pensate che Egli rimane sempre con noi, come la Sua Parola è in noi e noi in LUI!

                    50.                  Afferrate il commiato del mondo, serbate il nostro caro amico nel vostro animo, ed io sono certo: l’incarico che il SIGNORE diede a lui nelle mani, di proteggere voi e molti come anche me, mediante la forza del Signore, non è ancora terminato. Dall’aldilà egli sarà il più presto possibile di quando in quando con noi, anche se non lo vediamo e, non ce ne accorgiamo; ma in ciò che accadrà ancora per noi in questo mondo, sperimenteremo l’aiuto del nostro sublime Signore”.

                    51.                  Giovanni entra per primo nella tomba, sfiora la bara e le mani dell’addormentato e dice a bassa voce: “Io ti saluto!”. Uno dopo l’altro fa come lui, ognuno mormora in silenzio: ‘Io ti saluto!’. A Scubatus è dolorosamente difficile chiudere i sudari, anche ai pescatori che chiudono la tomba. Il giovane Stefano si lascia portar via dal luogo soltanto a fatica. “Lui è sempre stato buono con me”, piange a dirotto, “voglio vegliare presso di lui!”.

                    52.                  Sejananus si prende cura di lui. “Vieni! Solo il corpo giace nella tomba, non hai bisogno di vegliare. Cornelio sarebbe triste se non ci segui. Non hai sentito che il Salvatore vuole ancora venire da noi?”. Alla fine il giovane va con lui. Il Sole, come di solito rosso oro, è calato all’orizzonte del mare, e nonostante ciò si pensa che raramente abbia brillato in maniera così meravigliosa come oggi. Del tutto intelligibile: un ultimo raggio scivola sulle acque, colpisce l’isola della pace come un saluto dalla lontana Eternità. –

                    53.                  Ora si trovano nella recinzione che è stata eretta presso la torre, perché la torre non offre spazio a tutti, quando Giovanni tiene un raccoglimento. Sotto la maestosa cattedrale celeste di Dio, dove splende l’esercito di stelle, regna una quiete come in genere il mondo non conosce. Si sente solo la risacca del mare come una ninna nanna, soave e buona. E quando si sono radunati, dalla vicina collina, sulla quale sta quasi sempre la guardia costiera, viene giù la LUCE, nella forma, come era apparsa presso il giaciglio di Cornelio.

                    54.                  Giovanni la vede così, come quando il Salvatore andava per le contrade, e nonostante ciò c’è qualcosa di diverso. È da chiamare, più Santo? Oppure – aveva Dio, nella Sua Essenza di Salvatore, soltanto coperto il Santo, affinché gli uomini potessero in fiducia venire a Lui? Oppure – è Giovanni cresciuto spiritualmente, così che vede Dio, come si mostra ai Suoi spirituali figli della Luce? Già sta Egli in mezzo a loro.

Nessuno ha un amore più grande di colui

che lascia la sua vita per i suoi amici!”. [Giov. 15, 13]

Meraviglioso, santo, così dolce e, lo stesso, così forte, come una profonda campana suona la voce di Dio e tocca gli uomini fino a limpide lacrime. Oh, Cornelio, l’amico, il fedele, fino all’ultimo si è sacrificato per tutti, e anche un ‘lasciar la vita’, fu una dedizione fino all’ultimo. Ora, ancora commossi dal cammino fatto fino alla tomba, la Parola di Dio penetra nel loro animo. Non c’è nessuno, nemmeno il più rude pescatore, la cui anima non tremi rabbrividendo. E Dio dice:

                    55.                  “Figlioli Miei! Siete ancora oppressi, perché il sostegno che il fedele amico era per voi, è andato via; e così sareste del tutto senza protezione. Comprensibile, se pensate umanamente. Non avete riconosciuto che sull’intero mondo e il suo cattivo operare si trova un PADRE, il quale tiene ogni destino nelle Sue Mani?

                    56.                  Il Mio apostolo”, Dio indica Giovanni che Gli sta vicino, “non vi ha insegnato che IO so aiutare in tutte le cose? Sia che Io stesso porti il Mio aiuto, sia che lo guidi attraverso i fedeli: Io sono di tutti l’Amico più fedele, perché ho dato la Mia Vita terrena per redimere ognuno, per preparare ad ognuno il suo ritorno a Casa, quando batte per lui l’ultima ora sulla Terra.

                    57.                  Perciò ho scelto la Parola che Giovanni ha messo giù per iscritto ieri con quelle da lui scelte, e sono entrambe le Mie Parole della croce. La croce del Golgota vi garantisce la pace, qui come un simbolo per il mondo intero, affinché, nonostante tenebra e durezza d’animo, nella quale l’umanità è ancora catturata e vi rimarrà ancora a lungo, esista nondimeno luce e pace, il punto di partenza per il Mio Amore, per la Mia Parola, per la Mia benedizione e per la pace.

                    58.                  Non pensate di essere favoriti più di altri, i quali soffrono per amor della Mia Parola. Il difficile e il facile, gioia o sofferenza sono cose che IO tesso in un TUTTO, da cui sorgono le vie di tutti i figli Miei. Lo avete sentito quando stavate al giaciglio del vostro amico quando ho detto: ‘Io non punisco, Io guido soltanto, affinché l’anima sia purificata attraverso il dolore’.

                    59.                  Oh, qualcuno domanderà: se ai cattivi non accade nessuna punizione, dove rimane la Giustizia divina? Non devono ricevere i buoni il loro salario che promette la beatitudine? E i cattivi attraverso la punizione quella ricompensa che li esilia nell’oscurità?! Se lo considerate secondo la vostra corta facoltà intellettiva, allora avete ragione, appunto perché la Giustizia sa soppesare il buono e il cattivo.

                    60.                  Nonostante la fede, voi siete ancora presi da questo mondo, ciò che Io non metto sulla bilancia del Mio Ordine. Con la via dello sviluppo che fu preparata per ogni figlio, nella Luce per l’alta Gioia e per la Libertà nel recinto della Mia Creazione, dopo la caduta attraverso la materia per l’espiazione di ciò che ognuno ha caricato se stesso, ho preparato la compensazione, affinché ogni azione, anzi, anche ogni parola, sia essa cattiva o buona, abbia in se stessa la punizione e la benedizione, soltanto con questa differenza:

                    61.                  La benedizione che un figlio viandante può guadagnarsi attraverso fatica, attraverso dedizione a Me e alla Mia Opera, viene oltre ogni dare e avere soltanto e unicamente dal Mio ‘Bene’, dalla Mia alta Essenzialità! Io ho aggiunto insieme questo dal principio: dapprima da Me – tutto! – Poi dallo spirito del figlio, e di nuovo in ultimo dato da Me, perché solo così il figlio può dedicarsi a Me.

                    62.                  Diverso è con la punizione, la quale proviene dal cattivo operare. Non esiste uomo nel tempo materiale che non sente almeno una volta il moto che gli rivela il bene. Questo, introdotto da Me saggiamente, ha la forza di scuotersi, per uscire dal male di un’oscurità dell’anima, cosa che accade mediante la Mia mano. Questa è poi la conduzione, perché IO non ho bisogno di punire. La punizione sta nel-far-da-se stesso. [Giov. 12, 47]

                    63.                  Da quando il Mio Giovanni vi ha battezzato, vi siete sforzati di strappare lottando un cambiamento alla vostra vita ed avete fatto anche del progresso. Quello che manca ancora, lo copre volentieri la Misericordia; voi l’otterrete, anche se non del tutto nel mondo, e questo non è di danno.

                    64.                  Nella Casa del Padre vostro esiste abbastanza tempo e via, per recuperare il mancante. Chi si sforza sulla via del mondo, per purificare meglio che può la sua anima, il suo sentimento, e lotta per giungere in Alto, dove troneggia la fede, l’amore, la verità e il bene, a questi non manca più molto da recuperare. E questo – per la Mia gioia paterna – vi deve essere rivelato.

                    65.                  Qui collaborano quegli amici sui quali Io mando il Mio aiuto. Se così, allora per la gioia di colui che ha aperto completamente il suo cuore a Me, come lo ha fatto Cornelio. Per questo egli era quell’amico fedele che ha pensato fino all’ultima ora terrena soltanto a voi e non a sé, eccetto in quell’unico punto, se e come Mi potesse incontrare. Ora, egli già sa e il suo spirito Mi ha visto. Pieno di gioia, ben disposto alla salvezza, egli prima ripercorre la via verso quel luogo di Luce, da dove un giorno è proceduto e dove ritrova molti che con lui hanno percorso la via, per essere presso di ME, quando Io calcherò il mondo per la rimozione di tutte le tenebre.

                    66.                  Il sublime è la servitù di adoperarsi per gli altri. Pari ad essa è quel ringraziamento che è rivolto ai serventi. Io sono il Servente supremo; non per nulla, infatti, ho scelto la Parola: ‘chi lascia la sua vita per i suoi amici’. Qui è inteso per tutti i figli che hanno inciampato o sono perfino caduti sul loro sentiero.

                    67.                  Parole di ringraziamento possono rallegrarMi, se provengono dal cuore colmo e se uno non può ringraziare con opere per le povere condizioni della vita. Opere di ringraziamento sono la scala del Cielo, sulla quale un figlio giunge molto facilmente nella Luce.

                    68.                  Chi tuttavia è in grado di ringraziare con un’opera e non lo fa, scende dei gradini nella tenebra del suo essere, invece la parola di ringraziamento di un povero è portata dagli angeli fino al Mio trono. Guardate la figlia Horpha, la quale ha assistito Cornelio. Lei è povera nel mondo e non può portare nessun’offerta; ma il suo agire stava sotto il Mio raggio. Lei ha pensato che non sarebbe stata degna di vedere Me, di stare completamente vicino a Me. Questo pensiero è stato la sua opera di ringraziamento.

                    69.                  Adesso rallegratevi con colui che è tornato a Casa, il suo spirito è pieno di giubilo. Rallegratevi innanzi tutto perché sono venuto Io, e ognuno lo tenga stretto fino alla sua fine terrena: ‘DIO è stato da me, EGLI mi ha benedetto, EGLI mi ha redento!’. Mantenetelo stretto nella fede, nell’amore, nella speranza fino al tempo del ritorno a Casa di ognuno, allora avrete Me, il Padre, sempre con voi, anche se non Mi vedete, se non sentite più le Parole così come appunto adesso. In voi, figli Miei, Io parlo in ogni tempo!

                    70.                  Siate benedetti! Tenete strette le Mie Parole, tenete stretta la Mia pace; e se talvolta ancora vi minacciano tempeste, allora sappiate: IO sono il vostro sommo Amico, Io vi aiuto in ogni tempo!”. Dio passa attraverso il gran numero di persone, ad ognuno impone le Sue mani, tutti si lasciano cadere come steli maturi, steli che la falce sfiora, per trovare come raccolto nel granaio del Cielo un luogo per l’Eternità.

                    71.                  La notte è avanzata; molte stelle splendono come non sempre si vede. Il Posto, dove stava Dio, è colmato dalla Luce più chiara. Dura a lungo, finché gli uomini si disperdono, finché ognuno, profondamente immerso nei suoi pensieri, s’avvia verso casa.

 

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Cap. 17

Stefano, nuovo capitano – Un’aggressione e meravigliosa salvezza – Anche un buon insegnamento

La conduzione di un’aggressione dei romani in cerca di cristiani da portare a Roma, quale monito per riconoscere come Dio vuole si viva, sempre, non sugli altari, ma nella vivente fede anche di fronte ai pericoli della vita – Il ritorno di Sejananus e Claretus con cinque galee è provvidenziale

                      1.                    Gli anni passano in tranquillità. Nell’ampio circondario di Giovanni non c’è più nessun isolano che non è diventato completamente credente. I vecchi romani stanno fedelmente al fianco del discepolo di Gesù, anche dalla terra ferma sono arrivati dei legionari che si sono introdotti di nascosto sulla nave, quando Sejananus, come ha sempre fatto, va a prendere a Tiro quelle cose che su Patmos mancano oppure si producono a fatica. Il vecchio lupo di mare però è ora diventato vecchio, e da tanto tempo sta pensando chi sarebbe da istruire come pilota di galea.

                      2.                    Un giorno il suo sguardo cade su Stefano, il quale è diventato un uomo forte, utilizzabile per tutto ciò che viene richiesto da lui. Gli domanda: “Dimmi, Stefano, che cosa dovevi fare quando eri con i pirati? Per quanto ne so io, per alcuni anni sei stato con i predatori”. La paura assale il giovane uomo. ‘Questo non può essere che io adesso – dopo tanto tempo …’. Sejananus si accorge subito che cosa opprime l’altro.

                      3.                    “Oh, Stefano, da quando non hai fiducia? Non in Giovanni, non in me, soprattutto non nel nostro caro Signore?”. – “Perdona”, frettoloso implora questi, “temevo che dovessi andar via, e che dovessi …”. – “Ah”, interrompe il capitano, “ecco che arriva Giovanni, lui ci aiuterà a mettere la faccenda nel giusto equilibrio”. Giovanni corre a grandi passi, come se avesse percepito che c’è bisogno del suo aiuto, aiuto che consiste di solito in un miglior consiglio, non raramente mette anche in movimento le sue mani.

                      4.                    Lui ha terminato il suo Vangelo, ha scritto anche alcune lettere a diverse comunità, dove opera Paolo e altri apostoli. Ha confortato, rialzato, perché molti cadono nel Moloch dei grandi smarriti del mondo; l’orrore tiene strette le anime. La maggior parte di queste lettere sono andate perdute. Per paura, sono state distrutte, il che è comprensibile. Egli osserva affettuosamente i due uomini. “Che cosa c’è da considerare?”, domanda.

                      5.                    “Vieni di nuovo al momento giusto. Richiama all’ordine il nostro Stefano. Siccome ho domandato dei pirati, ha pensato che io lo volessi vendere ancora adesso come schiavo”. – “Io immagino che cosa vuoi, Sejananus, e la ritengo una cosa buona. Ebbene, ora rendi la cosa facile al nostro giovane. Venite con me nella mia torre”.

                      6.                    Stefano lo fa con gioia. Con le sue forti spalle porta su il veggente per la ripida scala, ma corre via ancora una volta e va a prendere dalla taverna un vino leggero, amato da Giovanni. “Bene, ragazzo mio”, Giovanni riempie le coppe. “Parla!”, egli si rivolge a Sejananus.

                      7.                    “Hmm, è così: a poco a poco comincia a pesarmi dover stare al timone di una nave attraverso tutti i pericoli. Anche nell’acquisto di tutte le cose di cui abbiamo bisogno, mi manca una mano ferma. I nostri rematori sono tutti bravi e, finora, ho potuto prendere con me l’uno o l’altro senza preoccupazione. L’ultima volta a terra, non l’ho ancora riferito, me ne sono scappati due. Perché, chi lo sa? Di sicuro non sono andati molto lontano, li ha raggiunti certo una cattiva sorte. Adesso però questo è secondario.

                      8.                    I miei occhi non vedono più tanto bene, la mano non è più abbastanza forte per tenere fermo il timone davanti al vento. Ho bisogno di qualcuno di cui posso fidarmi, che è da istruire per la ‘Cornelia’ – essa è ancor sempre la nostra nave migliore. La mia scelta è caduta su Stefano, perché lui …”. – “Su di me?”, lo interrompe questi. Incredulo guarda a Giovanni e al capitano, il suo sogno segreto – oh, deve diventare realtà? E lui aveva pensato….

                      9.                    “Ho pensato spesso”, dice Giovanni, “che cosa sarebbe se tu non potessi più navigare. Stefano è abbastanza intelligente da occupare il tuo posto. Di lui possiamo aver fiducia, non è vero?”, fa cenno col capo a Sejananus. “Io certamente ho fiducia”, dice questi subito. “Prima però dobbiamo chiedere se anche lui lo vuole”. Naturalmente il capitano ha già da tempo esaminato se Stefano sarebbe idoneo. Nelle riparazioni delle navi lo ha spesso chiamato e con la conduzione di galee Stefano ha esperienza. Dovrebbe soltanto guadagnarsi il rispetto dell’equipaggio, cosa che sarebbe possibile se durante un viaggio avesse superato un grande pericolo.

                    10.                  “Chiedermelo prima?”. Stefano salta dalla sua sedia. “Io – ah, oh!”. Balbetta, ma poi riferisce tutto ciò che ha imparato presso i pirati; egli – il fanciullo – non è stato per nulla risparmiato. Conosce il mare in lungo e in largo, i pirati solcavano ovunque il mare, perfino oltre le Colonne d’Ercole (Gibilterra). Quello che dice, è ben fondato. Il capitano si stupisce, è molto se è ancora vivo. Con buone intenzioni non lo si è mai portato in mare, per liberarlo dalla sua infanzia, ahimè così difficile.

                    11.                  “Ho fatto un bel colpo”, sorride di compiacenza Sejananus, “e se tu, Giovanni, sei d’accordo, prendo con me subito il ‘nuovo capitano’. Dopo domani è previsto il prossimo viaggio. Soltanto – chi avrà cura di te?”. – “Non preoccuparti”, lo rassicura Giovanni, “ho qualcuno tra le mani; è la figlia della nostra Horpha che ha assistito maternamente Cornelio. Già da lungo tempo mi ha pregato se non potesse servirmi. Di sicuro una ragazza può fare alcune cose proprio meglio di un ragazzo.

                    12.                  Per le vie ci sono giovani che vorrebbero solo aiutare molto volentieri. D’accordo! Stefano, preparati bene al tuo primo viaggio. Ah – il nostro capitano tiene una severa disciplina sull’acqua. Così deve essere. Egli lo fa con buone intenzioni, anche se talvolta deve rimproverare. In che cosa però ti devi preparare?”. Stefano riflette su cosa intende il discepolo. Prima pensa alla nave, al lavoro, che cosa c’è da imparare. Ma poi – .

                    13.                  “Devo mettere il mio servizio nelle mani di GESU’, la cosa più importante, con la quale devo occupare la mia preparazione”. Il lupo di mare tossisce. Ah – questa è stata una risposta proprio secondo il suo cuore. Spesso in alto mare si è affidato a Dio, quando il suo potere serviva poco, per sfuggire ai pericoli. E Giovanni? Egli impone le mani sul giovane capo. Suona quasi come la buona voce di Dio: “Il Signore ti benedica! Ti sei scelto il meglio! Domani rimani completamente solo con te stesso; parla nel cuore con il Signore, diGli tutto ciò che hai ancora da dire. Fa i conti con te stesso, apri l’anima a Dio, allora EGLI sarà sempre la tua mano destra”.

                    14.                  Già alla prima parola Stefano si piega in giù, prende nelle sue mani l’orlo del mantello dell’apostolo; e a lui è così come quella volta, quando nel recintato Dio parlò a loro meravigliosamente. Lui, Stefano, aveva di nascosto stretto il mantello del Signore nella bocca, mentre il suo cuore era profondamente emozionato.

                    15.                  Scompare fino la notte successiva. Giovanni vede in spirito il suo nascondiglio. Sopra il sepolcro di Cornelio c’è una piccola fenditura. Là egli prega, parla anche con il tribuno, come se questi sedesse accanto a lui. “Tu ci hai sempre servito, e Dio parlava della Sua servitù; con il Suo aiuto io voglio fare come hai fatto tu. Voglio servire, voglio seguire il tuo esempio. Impegnarmi per la nostra isola, deve essere il mio desiderio supremo. Con ciò spero di servire il nostro sommo Dio, per la Sua gioia, per la nostra salvezza”.

                    16.                  Vengono su di lui svariati pensieri e, lo sente: Dio glieli ispira. Oltre a parecchie beatitudini, cosa richiederà la nuova funzione? Pratica, e quello che sarebbe ancora da migliorare. Ciò che il capitano ha fatto finora, di questo gli altri non hanno nessun’idea. Sejananus sarà il suo maestro migliore.

                    17.                  Sono partiti da un paio di settimane. Giovanni questa volta lo percepisce, più che ‘vedere’: una tempesta minaccia Patmos. Le aggressioni che ci sono state finora, si possono chiamare ‘bonarie’, rispetto a ciò che verrà. Egli convoca a sé il comandante dell’isola Cronias insieme al centurione e Scubatus. Si siedono di fronte nella torre. Giù vigila un poderoso ragazzo, istruito da Giovanni.

                    18.                  “Che cosa succede?”, chiede il comandante. “Il tuo volto è serio Giovanni e a me sembra come se ci dovrà capitare qualcosa. Nonostante tutto io pensavo che Roma avesse cancellato Patmos. Solo che Aurelius è morto, uno dei nostri migliori amici nella Roma selvaggiamente sconvolta, mi fa pensare. E di Claretus non abbiamo più sentito nulla”.

                    19.                  Dice Giovanni con tono grave: “L’altra notte in sogno ho visto scintillare delle spade. Svegliandomi sapevo che presto le avremmo viste. Ora non c’è Sejananus con noi; a lui non minaccia niente, soltanto che ha portato con sé parecchi legionari, e con ciò la nostra guarnigione è messa male.

                    20.                  Certo – non si manda in rovina l’isola! Soltanto che costa sangue, gli oscuri vogliono vincere. Per di più non si sospetta che una vittoria terrena porta sempre con sé soltanto delle perdite. Ogni lotta, infatti, attira altre lotte. Noi siamo in custodia di Dio, ma anche la ragione può agire. Spiritualmente ero molto contrario che il nostro capitano vi comprasse delle armi, e tu, Cronias, hai istruito i pescatori ad usarle nella maniera ‘romana’. Per ora non è stato proprio invano che voi due abbiate agito così.

                    21.                  Può essere, Cronias, che ci si deve difendere. Armati già oggi, e inizia tutti coloro che possono portare le armi. Vedo una notte, forse già domani, in cui si vuole assalirci di sorpresa. Eccetto le guardie, fa dormire tutti di giorno. I pescatori non devono andare in mare. Scubatus, va a galoppo, dà l’allarme, senza metter paura alle loro donne e ai bambini. Nessuno dei pescatori restanti deve andare a pesca nelle vicine baie verso nord e verso sud, coloro che abitano distanti devono perciò provvedere per tutta l’isola e pescare rispettivamente due volte”.

                    22.                  Scubatus inveisce: “Attaccare di notte è il modo di fare dei pirati e non è degno dei fieri romani, gentaglia!”. Giovanni lo quieta. “Chi c’è al potere, non vale niente. Da Augusto, certamente anche lui un conquistatore, non c’è stato più nessun Cesare che abbia agito come lui. A Roma puoi contare i veri romani. Ho perduto di vista Claretus. Ecco – proprio adesso mi sembra come se qualcuno dica: ‘Lui vi verrà in aiuto’. Il ‘come’ non lo so, ma una cosa è certa: qualunque cosa accadrà – DIO è con noi. Che cosa vuoi fare tu, Cronias?”.

                    23.                  “Armarci subito. In tutto il resto seguirà il tuo consiglio. Finora – per me è sempre stato meraviglioso – Giovanni, tu ci hai sempre consigliato bene. Certo, questo proviene dalla tua visione che il Salvatore dà; tu sei anche pratico del mondo e penso che in te si sposi lo spirituale con l’essere tuo stesso”.

                    24.                  Giovanni lo conferma. “Vedi, i Doni dello Spirito, il celestiale, sta al di sopra di tutte le cose della nostra umanità. Poiché abbiamo ricevuto il nostro spirito da DIO, ci è possibile pensare e pianificare come da noi stessi, da cui risulta una certa previsione. Spesso è la ‘sensazione’, come tu stesso hai avuto, che ci avvertiva o anche tranquillizzava di qualcosa, secondo ciò che il futuro nascondeva in sé. E le sensazioni sono il linguaggio dello Spirito.

                    25.                  Dio non vuole che rimaniamo poco perspicaci nella vita, altrimenti non avrebbe avuto bisogno di darci uno spirito. Quello che va oltre la nostra facoltà umana, che noi chiamiamo ‘visione superiore’, il celestiale, proviene da Lui oppure mediante i messaggeri che Egli ci mette a fianco. – Per ora basta, è urgente, Scubatus deve partire subito”.

                    26.                  “Lui potrebbe cavalcare verso nord, io verso sud”, consiglia intelligentemente il centurione, “allora faremmo presto ad avere i pescatori radunati”. – “Sì, Hermius”, dice il comandante. “Prima ero sdegnato, quando i dodici legionari si erano introdotti di nascosto sulla Cornelia ed io li avevo maltrattati. ‘Canaglie’, io dissi, ‘non sapete voi che non dovete abbandonare la vostra truppa?’.

                    27.                  Tu, Giovanni, avevi sconsigliato di mandarli indietro ed io dovevo dapprima sentire perché erano venuti sull’isola. Hm, essi non volevano più uccidere uomini che si opprimeva senza colpa. Per loro un buon segno. Essi hanno anche già accettato molto della buona fede. Ora però se devo dire di prendere lo stesso le armi in mano, e prima fantasticavo sull’isola della pace, che cosa diranno?”. Cronias sembra assai dubitante.

                    28.                  “Parlerò io stesso con loro”. – “Allora io sono elegantemente fuori, sebbene non si deve temere nessuna fatica”. – “Avrai ancora abbastanza fatica”. I romani corrono via. Presto sono mobilitati più di cento combattenti. Ai dodici legionari Giovanni ha spiegato che ci si deve difendere oppure si deve lasciar che siano attaccati uomini, donne e bambini con il ‘povero diritto del più forte’. Essi chiedono subito a Cronias di metterli nei posti peggiori. “In verità”, dice uno con riflessione, “se si sapesse con quale difficoltà si deve fare i conti – magari lo sa bene il veggente di Dio?”.

                    29.                  “Probabile”, risponde Cronias, “solo che lui non vuole stancarci prima. Se si sapesse l’avversario superiore di forze, allora questo paralizzerebbe la nostra gioia d’impiego. “Questa non mancherà”, esclama uno dalla schiera, e i legionari dell’isola si accordano ad alta voce. “Fateli arrivare questi briganti, non importa chi sono!”. – “E se sono romani?”. Domanda di proposito Cronias.

                    30.                  “Anche in questo caso sono soltanto dei briganti! Da noi non hanno nulla da fare! Io”, continua l’oratore, “ero presente quando si ‘controllava’. E non era altro che brigantaggio. Ah, ogni volta li abbiamo rispediti a casa! Io sono diventato certamente abbastanza vecchio, gli anni sono circa una sessantina, non so precisamente; ma qui”, indica i suoi muscoli, “qui c’è ancora dentro qualcosa!”.

                    31.                  Si recano alla riva su un fronte esteso. C’è da aspettarsi un attacco al porto principale. Le strette insenature dei pescatori, infatti, non sono adatte per delle galee da combattimento. Sulla collina presso il recinto, da dove è apparso Dio in modo meraviglioso, è seduto Giovanni tutto solo. I suoi occhi da veggente scrutano il mare. La notte non porta nessun disturbo. Nel frattempo sono già arrivati molti pescatori, perfino alcuni che Cronias non ha istruito.

                    32.                  Tutti sono animati a difendere la loro patria, succeda quel che vuole. L’oste della taverna ha raddoppiato il lavoro ed alcune donne lo aiutano. Da lontano si portano molte ceste di pesci, tutti preparati così che l’oste li deve soltanto cucinare o arrostire. Il mondano, purtroppo necessario, è ordinato. Di giorno la truppa dorme, eccetto le guardie, le quali si danno il cambio ogni ora. Anche Giovanni riposa di giorno. La seconda sera, già molto presto, egli siede di nuovo sulla collina, quando un ragazzo svelto gli siede accanto. Questi è molto fiero alla maniera infantile, perché anche lui può ‘combattere’. Come si sente importante.

                    33.                  “Per questo sei ancora troppo giovane”. Giovanni lo accarezza. “Devi correre veloce da Cronias e riferire che cosa è importante per lui. Torna subito indietro; è possibile che tu debba correre alcune volte. Questo è molto più utile che stare con lui e gli saresti d’impedimento”. – “Sono fiero che ti posso aiutare”.

                    34.                  “Non fiero! Il nostro Salvatore poteva fare tutto, ha guarito molti ammalati e agli stolti ha dato la Sua Luce, questa era in Lui. Pensi tu forse che Lui sarebbe mai fiero? Ed è l’Eterno-Dio! Se vogliamo misurarci in Lui, allora siamo più piccoli della più piccola creatura, un pulviscolo dell’Infinità”. Il ragazzino comprensivo fa cenno col capo.

                    35.                  Mezzanotte. Giovanni vede, ben più come veggente che come uomo, lontano sul mare il luccicare di un fuoco. Dalla riva non si vede nulla, Cronias fa assegnamento anche sul discepolo. Ciò nonostante controlla la sua schiera. “Adesso!” dice Giovanni, “corri e annuncia: ‘Quattro o cinque galee vengono verso di noi, in un’ora saranno qui!”. Come una freccia, il ragazzo corre via, arriva e riferisce al comandante ciò che gli ha incaricato di dire Giovanni, parola per parola. E già corre indietro.

                    36.                  “Ahimè! Il veggente non lo poteva sapere già prima?”. – “Oppure deve essere per voi una prova!”. Cronias si volta. Lo ha sentito chiaramente e – qui non c’è nessuno che lo possa sussurrare. Ed è come se qualcuno lo fortificasse. Sì, solo nel pericolo la fede diventa salda. Scubatus per il fianco sinistro, Hermius per il fianco destro dà l’ordine: “Tra un’ora!”. Entrambi partono al galoppo sui cavalli sbuffanti.

                    37.                  Presto vedono le fiaccole che, all’improvviso, si spengono come nel medesimo istante. Dopo lungo tempo si vede avvicinarsi cinque galee, non si sente nessun colpo di remo. Si frustano gli schiavi che, vicini all’assalto, hanno spinto i loro remi con fragore nell’acqua. Si mette male, pensa Cronias. Ora – vuole confidare saldamente in Dio e “voglia aiutarci il Salvatore”, è la sua breve preghiera.

                    38.                  In quel momento sta arrivando di nuovo il ragazzo. “Giovanni ti manda a dire che da lontano arrivano nuove navi. Senza luci. E …”. – “Per Ercole!”. Sfugge a sproposito al comandante. “No, no, non lo volevo dire, ma sono …”. – “Prima lasciami dire tutto”, lo interrompe il giovane. “Sarebbero soccorritori, devi ingannare per quanto possibile i nemici. E – e – Dio ci assiste, lo ha detto Giovani molto seriamente”.

                    39.                  “Per questo messaggio hai diritto di desiderare qualcosa”. – “Devo diventare pescatore, ma vorrei essere più volentieri marinaio, sulla Cornelia”. – “Me lo ricorderò”. Di nuovo il ragazzo corre da Giovanni sulla collina. “Sono veramente amici?”, domanda egli a bassa voce. “Aspetta”, esorta Giovanni. “Puoi correre ancora una volta?”. – “Quando tu comandi”. – “Non è un comando; soltanto DIO comanda, più giusto dire: Egli ci raccomanda qualcosa. Ci fa conoscere la Sua Volontà. E se operiamo di conseguenza, allora adempiamo la Sua santa Legge, i Suoi Comandamenti”.

                    40.                  I nemici si sono messi in formazione. La galea più piccola precede, essa deve cercare il guado per il porto, nel frattempo le navi lontane corrono come con ali tempestose. Gli attaccanti non si accorgono ancora. “Corri, ragazzo mio”, esclama Giovanni precipitoso, “e annuncia: ‘Otto galee sotto la guida della nostra Cornelia colpiscono i nostri nemici alle spalle’.”.

                    41.                  Nemici…? Povere anime sono, sospira Giovanni. Le mani alzate in alto, s’inginocchia. “Signore, non permettere un bagno di sangue, avvolgici nella Tua Pace!”. Quando Cronias sente il nuovo messaggio, manda due pescatori dai gruppi, per disporre lietamente l’animo dei suoi. Come si solleva a questo punto il coraggio. È del tutto naturale: quando hanno visto le cinque galee, stracariche di uomini, qualcuno si è certo domandato: ‘Ci si potrà opporre a forze maggiori?’.

                    42.                  Cronias ripiega in fretta la sua gente dalla sponda del porto in un arco abbastanza profondo. Le sue linee diventano con questo ben sottili, tuttavia il primo attacco urta contro uno spazio vuoto. Per il momento questo è favorevole. Le ondulazioni del terreno aiutano ad impedire una visuale troppo prematura. ‘Giovanni me lo ha suggerito su incarico del nostro Signore!’. È colmo di profonda gratitudine. Sulla riva non avrebbero potuto difendersi dalla superiorità delle forze. Egli si trova su un punto elevato, nascosto dalla boscaglia. Hermius e Scubatus hanno portato via i loro cavalli, ora non possono servire e li tradirebbero troppo presto. Entrambi si ritrovano presso il comandante.

                    43.                  Il vento è cambiato. Da una coltre di nubi irrompe la Luna. Il comandante dei nemici, anch’egli è un duumviro, impreca bestemmiando. Il fatto che su Patmos nessuno noti qualcosa, pensa lui, lo fa esultare. “Non risparmiate nessuno”, ordina, “né uomini, né donne, né bambini! Chi si dichiara cristiano, deve essere risparmiato, così che ne abbiamo alcuni per l’anfiteatro. A Roma si è fatta magnificamente tabula rasa con loro! Hahaha!”.

                    44.                  La galea che precede urta la riva. Si salta di coperta in coperta della nave. Ecco che dietro di loro risuonano sull’acqua parecchie fanfare. Spaventati, ci si volta. Di fronte, otto navi impediscono ogni fuga ed uscita. È riconosciuta la Cornelia, la ‘nave leggendaria’, come si chiama ovunque; e già il coraggio sprofonda in mare. Ciò nonostante l’attacco è sferrato. Grosse ondate con armature pesanti irrompono in campo. Appena però sono avanzate e incontrano i primi isolani, i quali si difendono con impeto, si sente dalla riva un forte gridare.

                    45.                  Claretus, Sejananus, Stefano e molti legionari penetrano nelle file. Le guardie sulle cinque galee, le quali vogliono fuggire senza riguardo per i loro compagni, sono bloccate. Non è mancato molto e sarebbero affondate. A terra si svolge una breve battaglia. Quando l’assalto di sorpresa risulta perduto, su entrambi le parti ci sono molti feriti, purtroppo anche due morti, il duumviro nemico si precipita sulla propria spada. –

                    46.                  Si fa giorno. Il veggente di Dio scende dalla collina. Prima ha ringraziato, ha lodato Iddio che Patmos e tutte le care persone non sono perdute. Tra la mischia e il baccano s’incontrano Giovanni, Cronias, Sejananus, Claretus insieme a Stefano. Quest’ultimo ha imparato dal capitano un colpo di spada. Ci vuole quasi tutto il giorno finché il terreno sia ripulito. I legionari dell’isola e i pescatori giubilano grandemente, ma con cuore pieno di gratitudine. Nell’interrogatorio che conduce Claretus, infatti, si rivela come quest’assalto di sorpresa è avvenuto.

                    47.                  A Roma si cercano vittime per gli animali feroci; i capi e il popolo vogliono vedere sempre di più lo spettacolo cruento. Allora un uomo, che una volta è stato su Patmos, si è ricordato di ‘colui che si chiama discepolo di Gesù’, e degli isolani, i quali sarebbero tutti cristiani. Subito sono state inviate delle navi per incassare Patmos.

                    48.                  Alla sera gli amici intimi si radunano nella torre. Dopo una lunga discussione Cronias dice all’improvviso: “Io sì, lo comprendo, e veramente anche non lo comprendo, perché ho fatto semplicemente tutto ciò che ordinava Giovanni. Per di più anche lui stesso non era precisamente informato. E come poi è successo che siete arrivati voi con tanti soccorritori, quando pensavo: ora è finita. Militarmente non avrei resistito alla superiorità delle forze, nonostante – nonostante la fiducia nel Signore”. – “Lasciate prima parlare Giovanni, poi si spiegherà tutto al meglio”, consiglia Stefano.

                    49.                  “Io in anticipo non lo sapevo precisamente; doveva essere una prova di fede”. – “Così ho sentito io”, esclama Cronias. “Prima ero disperato”. – “Vedi”, dice Giovanni amorevolmente, “così anche tu hai sentito la Parola del Signore. Ma se io ho parlato di una prova di fede, allora sappiate che non DIO ci prova, perché Egli sa tutto e tutto passa dalle sue Mani di Creatore abituate alla salvezza. Noi stessi eravamo disperati, cosa che è assolutamente comprensibile.

                    50.                  Quando si vive a lungo nella pace, si pensa volentieri di essersela meritata. Tale fede ha una falla, spesso una grande falla. Si vive così alla giornata e ci si considera perfino per ‘buono’. È una benedizione, se l’anima è scossa. Lo si deve ascrivere a se stessi. Che passi attraverso le Mani di Dio, è unicamente Grazia Sua. Si deve solo ringraziare come si rivela la Grazia magnificamente. Io, per il vostro bene, non lo dovevo vedere totalmente”.

                    51.                  “Ma com’è successo poi che ti ho semplicemente creduto?”, chiede il capitano. “Hai confidato meno in me e più nel Signore. Voi amici lo avete sperimentato abbastanza spesso, quanto meravigliosa è la conduzione del Salvatore, come Lui provvede come Padre per noi figli, quando il mondano solleva il suo maligno capo. Tuttavia – di tanto in tanto è bene se si dimostra la fede senza visione”. (2° Cor. 5,7]

                    52.                  “Io ho …”, vuole confessare Cronias. – “Lo so”, dice sereno Giovanni, “nel timore per la nostra isola della pace ti è sfuggito il nome dell’idolo Ercole. Forse Iddio ha sorriso ed ha ordinato al tuo angelo: ‘Questo lo cancelliamo subito!’. Tu sospiri. Vedi, quando si è in angustia e necessità, dal vecchio fondo dell’anima salgono parecchie cose. Perfino una preghiera detta rapidamente. Tuttavia proprio questa, Dio guarda benevolmente.

                    53.                  Egli sa di che natura siamo fatti. Non siamo tuttavia esonerati quando stiamo di fronte al nostro prossimo, perché ognuno in caso di bisogno si deve sacrificare per l’altro. Questo servizio è il più importante nella vita, il meglio della nostra fede, il punto cruciale del nostro amore, tutto ciò che è da sacrificare all’Altissimo. Chi fa questo, non sbaglia mai; e una parola andata senza meta si disperde.

                    54.                  Pensieri e parole si lasciano dominare più difficilmente; si rifletta piuttosto sull’azione. Azioni spontanee buone, provengono dallo spirito, azioni spontanee cattive provengono dalla parte materiale dell’anima, prese alle tenebre.

                    55.                  “Noi però”, Giovanni mostra intorno, “possiamo credere che stiamo saldi nella Grazia di Dio.

                    56.                  Non è facile vincere se stessi. Se lo si è fatto, allora non si può più cadere, a questo punto il nostro spirito si trova nella Luce di Dio e nella Sua benevolenza”. Claretus domanda come avviene che su Patmos si adempia qualcosa di così meraviglioso, mentre ovunque nella terraferma regnano miserie e morte e non si sente nulla dell’aiuto della Grazia di Dio, e se Dio si limiterebbe solo ad un piccolo spazio. – “Non preoccuparti. Tu non sei l’unico, e non lo sarai fino alla fine di questo mondo che pone tali domande”. Gli è risposto.

                    57.                  “Chi non ha nessun’idea che la vita dell’uomo non comincia soltanto su questo mondo, può porre tali domande. Chi però è giunto alla fede e mette il ‘perché’ ai piedi di Dio, deve prima imparare ancora molto, non ha una solida base di fede, anche quando crede di possederla. Dai Suoi tempi Dio dà punti d’appoggio nei quali è da riconoscere di che cosa si tratta”.

                    58.                  Sejananus domanda il perché la Via del Salvatore non è diffusa. “Ora, caro amico! Il seme giace nel suolo che si chiama TERRA, e germoglia, affinché molti uomini giungano alla conoscenza, e in un tempo ancora lontano moriranno per la loro fede, come accade ora tutt’intorno. Di quello che il Salvatore ha fatto e insegnato – nulla andrà perduto! Verrà il tempo in cui la semenza diventerà grande, e tutto sarà rivelato, di allora, di adesso, dell’eterna grande Magnificenza di Dio!

                    59.                  Bisogna riflettere che l’opera di Dio non riguarda solo il mondo. L’Infinito con le incalcolabili grandi costellazioni luminose, stelle e mondi, sanno della Parola, della Via di Dio e di tutta la Sua Potenza creatrice. In confronto, la Terra è un piccolo punto. Così noi pochi siamo anche un punto su questo mondo. Vedete però, noi siamo un punto, un granello di semenza che DIO sparge. A LUI sia rimesso ciò che fa della semenza, e di noi come portatori della semenza.

                    60.                  Osservatevi con tutto quello che c’è nel vostro corpo, ciò che regola e mantiene la vita. Guardate poi il minuscolo moscerino e pensate: in questa minuscola piccolezza esiste tutto ciò che abbiamo in noi: cuore e polmoni, intestino, occhi, orecchi e senso della vita. Mai osservabile ad occhio nudo. Non è questa un’enorme meraviglia del nostro Dio? Oh, qui noi siamo pochi in questo tempo che hanno riconosciuto il Signore e, presi da amore, credono in Lui, uguale a tali piccoli animaletti. Il miracolo rimane, esiste, si moltiplica attraverso la forza della Vita. Il supremo Portatore della Vita è il Signore, il Creatore dell’Infinità!

                    61.                  Sulle stazioni di Luce non esiste nessuno che non sia legato con Dio e Lo serva attraverso l’adempimento della sua Volontà abituata al bene. Anche noi vogliamo fare così in buona volontà, gioia, amore e nell’autentico servizio. Dio, il Signore, il Creatore fa il Suo! Noi riconosceremo questo nella piena dimensione solo quando saremo andati via dal mondo. Allora ci sarà abbastanza tempo e via, per recuperare ciò che non è stato possibile riconoscere nel mondo.

                    62.                  Questo però non deve portare alla tiepidezza, pensando: ‘Per ciò ho abbastanza tempo più tardi, e non ho bisogno di tormentarmi adesso sulla Terra per ricevere ciò che regala l’Eternità. Pensato molto male! Chi, in questo modo, cerca di alleggerirsi il servizio per Dio al prossimo, troverà nell’aldilà una spiga vuota, paglia materiale. E difficile, amaramente difficile sarà per lui la via dell’Eternità.

                    63.                  Voglio parlare di quella scena, quando il Salvatore chiamò Lazzaro dalla sua tomba. Incomprensibile, anche per noi discepoli, era quella Parola nel luogo della morte:

Io sono la Resurrezione e la Vita.

Chi crede in me, vivrà, anche se muore; e chi vive e crede in Me,

non morirà mai più!’. [Giov. 11, 25-26]

Lazzaro era morto, e aveva sempre servito il Signore. Come si doveva dunque vivere, quantunque si muore? È votato alla morte…?

                    64.                  Oh, non si trattava del corpo. Dio tratta dello spirito, dell’anima, che ha generato dalla Sua eterna Volontà. Egli indicò questo com’esempio. Non interrogò nessuno dalla schiera dei discepoli, nessun uomo saggio, ma solo una donna, Marta, se lei avrebbe compreso ben la Sua Parola e se ci credesse. Memore di ciò che il Signore insegnò nella casa del fratello, lei si professò apertamente per la fede, certamente con il dubbio umano che il corpo, già putrefatto, non potesse ritornare per il mondo.

                    65.                  Nella legge dell’onnipotenza della vita questo era perfino giusto; tuttavia si trattava dell’insegnamento dello Spirito. Perciò prima la domanda a Marta, se Egli, il Signore, non le disse che lei deve vedere le magnificenze se crede anche all’incomprensibile. Incomprensibile lo era per noi tutti. La donna testimoniava la fede! Contro la legge, di non aprire mai una tomba, a causa della salute, lei lo lasciò tuttavia fare e, per amor della fede, Dio avvolse di nuovo lo spirito insieme all’anima con la carne della Terra.

                    66.                  Questo miracolo Egli lo fece solo una volta. Noi eravamo sbalorditi di ciò, come della potenza di fede della donna, e del morto, il quale era deceduto e nuovamente vivente. Il contenuto più profondo di questa magnificenza è la PAROLA di Dio, e rimarrà eternamente esistente. Se nella nostra povera umanità è dimenticato questo e quello, se noi non lo comprendiamo oppure più tardi altri ne formano qualcosa d’altro, presso Dio rimane tuttavia tutto così, come e che cosa Egli pensa, dice e fa!

                    67.                  Certamente riflesso in piccolo, così è Patmos anche l’unico miracolo. Il mondo ci vuol rovinare, come era morto Lazzaro. Ma poiché il suo spirito rimaneva vivente, egli poté, tramite la magnificenza di Dio, risorgere dalla tomba; così la nostra isola della pace è da conservare vivente: un segno per l’epoca attuale, come per tempi ancora lontani, in cui Dio rivelerà anche questo miracolo!

                    68.                  Sejananus, non esprimere il pensiero che Patmos è fatto a causa mia. Se mi trovo in un piccolo punto centrale, allora è per Grazia, perché Dio dà la Rivelazione che…”. Giovanni tace. Non c’è nessuno degli uomini che non è rimasto toccato: qui c’è qualcosa. Che cosa…? Quando…? Dove…? Chi lo può sapere? “Le immagini! Oh!”. Il veggente si passa la mano sulla fronte. Svanisce. Gli rimane ancora un tempo, prima che possa scrivere il più difficile.

                    69.                  “Perdonate, era… – Ora si è fatto di nuovo tardi, voi siete stanchi della fatica del giorno. Il Padre nostro però ci darà un buon sonno. Domani mi direte come vi siete trovati, Sejananus e Claretus. Domani trattenete ancora i nemici, anche le loro navi, ci saranno varie cosa da chiarire”.

                    70.                  Ci si augura l’un l’altro la buona notte. “Oggi servo io”, dice Stefano, “lasciami preparare il tuo giaciglio”. Giovanni fa cenno col capo, egli è lieto di questo servizio.

 

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Cap. 18

Non parole, bensì fatti – Un difficile rompicapo con una condizione – Migliore conoscenza di se stessi

Gli attaccanti legionari sono radunati per decidere il da farsi – La riunione nella torre per tutta la notte e la decisione di lasciarli liberi affinché tornino a Roma malmessi – Il racconto di Sejananus sulla conduzione degli avvenimenti per il ritorno d’aiuto a Patmos – I legionari accettano e partono

                      1.                    Il giorno dopo centinaia di legionari quasi sommergono il porto e la zona circostante. Per i nemici provvede Giovanni attraverso l’oste. Non devono patire la fame, non sono nemmeno tormentati, cosa che ad alcuni dà molto da pensare. Non le parole, ma i fatti toccano il loro cuore.

                      2.                    Quando Giovanni, verso mezzogiorno, viene di nuovo per vedere se tutto va bene, uno lo tira in disparte. “Tu”, egli mormora, “perché fai questo con noi? Noi dovevamo sterminarvi, lo avremmo fatto volentieri. Ora – ora tutto sembra diverso. Perché ti adoperi per noi? E chi sei tu dunque? Un romano certamente no!”.

                      3.                    “No!”, gli è risposto. Anche gli altri prestano attenzione. “Non ti servirebbe a nulla se tu sapessi chi io sono. Oppure”, dice Giovanni straordinariamente sereno, “io sono un uomo come te”. L’interrogante s’irrita. “Non mi piacciono certi scherzi”. – “Nemmeno a me!”. Detto seriamente, cosa che non sminuisce la benevolenza.

                      4.                    “Tu sei duro, non conosci nessuna compassione, né per gli uomini, né per gli animali, i quali come te sentono i dolori. Che cosa sarebbe stato di voi se noi avessimo voluto agire così come te e i tuoi complici? Non ti appoggiare al fatto che state sotto Roma. Precisamente! Patmos è un territorio romano e il paese è governato da romani. Anche tu lo sai: i romani non devono mai combattere in battaglia contro i romani. Oppure…?”.

                      5.                     “Noi non sapevamo che su Patmos vivessero dei romani. Si assicurava che qui dimorassero dei cristiani. Che aspetto hanno dunque i cristiani?”. –“Tu li hai visti morire orrendamente nell’anfiteatro, e osi domandare chi o che cosa sono i cristiani?”. – “Perché non hanno opposto resistenza, perché non hanno combattuto?”.

                      6.                    “Con che cosa?”. Gli sguardi del veggente fiammeggiano. “Affronti una tigre a mani nude?”. Colui che domanda striscia in se stesso, ma rivolta il discorso. “Perché fai del bene e noi rimaniamo risparmiati?”. – “Tu non lo puoi capire, perché sei senza compassione. Oppure qualcosa si muove in te?”, punzecchia Giovanni nell’anima grezza. “Ti do un difficile rompicapo. Non lo risolverai mai se rimani così come sei stato finora. Fa attenzione: Patmos è l’isola del mio Dio!”.

                      7.                    “Nettuno, Mercurio, oppure chi?”. Risata fragorosa. “Il mio Dio per te non ha nessun nome!”. La voce supera la risata. Ci si guarda l’un l’altro sconcertati e non ci si accorge che Claretus si è aggiunto. Dura un po’, finché parla di nuovo l’interrogante: “Presso di noi ci sono molti dèi, soltanto come guerrieri – spada, scudo e un qualsiasi dio non sta bene insieme – al massimo Marte”.

                      8.                    “Finalmente una verità che tu non ami! Noi sull’isola di Dio ci siamo difesi, con armi, come le portate voi. Ovunque sia necessario, ci si può difendere con le armi. Non vi siete dunque meravigliati per il fatto che vi abbiamo aspettato? Ancora siete in angoscia di ciò che sarà di voi; allora pensieri migliori non hanno posto nel cervello. Io vi consiglio: nessuno tenti di fuggire!”.

                      9.                    Giovanni se ne va! “Oh”, mormora uno, “il potente del comando è stato ad ascoltare, allora possiamo congratularci! Ma chi è quell’uomo che ci ha aiutato e ha parlato con una voce da tuono?”. Nessuno giunge ad un risultato. Su una cosa si è d’accordo: si deve attendere e si nutre la speranza di passarla liscia se – quest’uomo bizzarro li protegge.

                    10.                  Qualcosa agisce del tutto mondanamente ed è comunque protezione di Dio. Nel consiglio che presiede Claretus con Giovanni, Sejananus, Cronias, Hermius, Scubatus e gli ufficiali che sono venuti con lui, si dice duramente: “Ribelli, romani contro romani, vengono sempre puniti. Patmos è un territorio romano, non doveva essere assalita così di sorpresa. I bassi motivi a causa dei cristiani sono da escludere”. I romani acconsentono. Giovanni scuote lievemente il suo capo.

                    11.                  “Voi avete ben ragione, cari amici. Ciononostante potete seguire il mio consiglio. Se punite duramente i ribelli – qualcuno certo vi sfuggirà, che cosa faranno costoro? Se li lasciate liberi, sotto la condizione che io porrò, allora nessuno mai s’affilerà la lingua contro di voi”. – “E tu che cosa pensi?”, domanda un ufficiale. Claretus e gli isolani comprendono: Giovanni li consiglierà al meglio.

                    12.                  “Lasciateli andare con le loro navi danneggiate, ma aiutateli affinché non subiscano naufragio. A Roma possono sostenere che sono capitati in una tempesta. Oh, non era dunque la tempesta del mio Dio? Come mai”, si rivolge agli ufficiali, “che sapevamo dell’assalto all’isola, e che il duumviro Claretus per di più ci è venuto in aiuto?

                    13.                  Essi però si guarderanno bene dal rivelare la loro sconfitta. Se parlano di una tempesta, si penserà semplicemente al mare. E in un prossimo cambio di governo la cosa andrà nel dimenticatoio. Allora anche voi sarete liberati, perché vi siete allontanati dal vostro posto”.

                    14.                  Ci si mette d’accordo di seguire il consiglio. Alcuni domandano com’è possibile che Giovanni sappia le cose in anticipo; ‘egli sarebbe un uomo semplice, non un romano e …’. – “Chi si fa guidare, secondo l’interiore”, dice ‘l’uomo semplice’ e sorride, “riconoscerà che esistono cose più grandi che il piccolo comportamento umano”. Alzando le spalle ci si divide. L’uomo dell’isola però rimane saldo. Qualcuno dei romani giunge alla conoscenza un po’ alla volta, specialmente poi, quando tutto si è svolto come il veggente di Dio aveva detto.

                    15.                  Ora si fa sera. Eccezion fatta della truppa, su Patmos regna di nuovo la pace. Guidati: solo gli amici vengono nella torre. Essi sono alleggeriti; adesso ognuno può parlare apertamente. Non si sa mai, come uno pensa degli altri. Giovanni lo conferma e, dopo un po’, egli prega di riferire.

                    16.                  “Tu non sai veramente niente?”, domanda Cronias. “Mi stupirebbe molto, se …” – “…se non rifletti che io, nonostante la visione piena di grazie, sono rimasto un uomo come lo siete voi. Ho visto l’immagine generale; ma come si è svolta, deve essere, per così dire, vostra gioia”. Giovanni segna Sejananus e Claretus. “Noi”, esclama Scubatus, “vorremmo anche sentire con piacere, come Dio vi ha messo insieme. Che in ciò abbiano operato le Sue Mani onnipotenti, per me è un dato di fatto, il Signore opera il tutto”. Un buono sguardo ricompensa la fede.

                    17.                  “È andata così”, comincia Sejananus, “ero a buon punto col commercio; avevo da fare ancora per un giorno. In una strada incontrai all’improvviso Claretus. Quanto fummo contenti”, cosa che Claretus conferma subito, “e andammo, con Stefano, da un oste, del quale io sapevo che serve un buon vino”. – “Come mai che eri a Tiro?”. Chiede Cronias al duumviro.

                    18.                  “Ahimè”, dice costui, “non ero per nulla d’accordo di venire via da Creta. Ricevetti un distaccamento più grande e dovevo, se veniva l’ordine, recarmi nella regione del Giordano. Ciò che doveva avvenire là, mi era sconosciuto. In ogni caso aspettavamo già da un paio di settimane in ozio e ci esercitavamo soltanto – per cui mi ero veramente annoiato. Quando però vidi Sejananus, mi rise il cuore in corpo. Solamente”, Claretus diventa serio così come lo divennero a Tiro, quando…

                    19.                  “L’oste ci bisbigliò: ‘Ieri sono arrivate cinque galee nel porto accanto, sono state caricate in gran fretta e questa mattina presto sono salpate in mare’. Per dove? Chiese Sejananus, al quale si vedeva l’inquietudine negli occhi. ‘Per Patmos’ udimmo. ‘Ma ci sono soltanto delle piccole comunità di pescatori; che cosa ci vogliono fare lì?’.

                    20.                  Non ci facemmo accorgere di nulla e andammo via tranquilli. Ma al successivo angolo ci mettemmo a correre, Sejananus alla Cornelia …” – “che in un‘ora era pronta”, dice il capitano, “ed io alla truppa vicina, che era in ogni caso prevista per le galee, nel caso venisse un altro ordine.

                    21.                  Ebbene, io feci come il nostro Giovanni, presi in aiuto il mondo e ordinai: ‘Allarme, subito sulle navi!’. La Cornelia era già preceduta ed io spronai i nostri schiavi, promisi loro del cibo supplementare se prendevamo contatto con la Cornelia. Strada facendo dissi ai miei ufficiali che davanti a noi ci sarebbero cinque galee con rotta completamente falsa e attacco di sorpresa, e noi avremmo dovuto raggiungerle. Fu già strano che nessuno chiese come mai io sapessi questo all’improvviso.

                    22.                  Giovanni, questa era la meravigliosa conduzione di Dio! Perché altrimenti – come sarebbe stato possibile raggiungere le navi che avevano un giorno di vantaggio, anche se, a disposizione, avevo galee più grandi? Oltracciò il nostro incontro, la ‘mobilitazione a vuoto’ che tanto m’infastidiva, inoltre la Galilea, dov’era il SALVATORE, e là sangue, distruzione, incendio e morte?”. Claretus fa un profondo respiro, ancora adesso come liberato.

                    23.                  “Sì”, conferma Sejananus, “è stato un grande miracolo”. – “Per noi!”. Giovanni fa cenno col capo verso gli uomini. “Ma per Dio non esistono miracoli grandi o piccoli, perché tutto ciò che Egli fa dalla Sua Volontà e fluisce direttamente dalla Sua potenza di Creatore, è grande e meraviglioso. Ciò che a noi uomini sembra piccolo, oh, vedete, il Sole è un tutto, una cosa grande; i suoi raggi e le scintille sono le particelle. Ma proprio tutto questo è il Sole, appartenente al tutto. Comunque lo si voglia considerare, così si riconoscono anche le cose.

                    24.                  Nella percezione umana avete ragione: il Signore ha fatto cose grandi per noi. Per questo Gli sia portato ogni ringraziamento. Lo faremo appena gli altri saranno partiti”. – “Fino allora io rimango; purtroppo devo di nuovo andar via con la truppa”, dice Claretus. “Credetelo: preferirei rimaner qui per sempre”. – “Aspetta un momento”, lo si consola. “Il Salvatore ti guiderà, così che ancora ti meraviglierai. Anche grandemente, Claretus!”.

                    25.                  “È magnifico vivere nel tempo dei miracoli!”. Cronias stende entrambe le braccia. “È sempre bene per noi uomini?… prescindendo dal fatto che non dappertutto accade la magnificenza. A Roma e altrove…”. – “Non devi prendertela”, interrompe il veggente. “Noi parlavamo appunto del piccolo e del grande. Dove avviene l’apparente piccolo, là per gli uomini è pensato diversamente; essi sarebbero molto aggravati animicamente dai miracoli visibili.

                    26.                  Il tempo dalla stalla di Betlemme fino alla croce sul Golgota è stato colmo di salvezza, spargendo in maniera evidente ancora vasti raggi, se di nascosto mai minori, finché l’oscurità sarà diventata pronta per la Luce. Quando…? Cari amici io non lo so, solamente, durerà a lungo. Presso Dio, i nostri tempi, corti o lunghi, sono indifferenti. David lo aveva riconosciuto e cantò: ‘Mille anni sono dinanzi a Te come il giorno che è passato’[salmi 90,4]. Non possiamo mai percepire dopo ciò che è stato ieri, si può solo sapere ciò che accadde.

                    27.                  Tale e quale è con i miracoli. Essi, per così dire, vanno scemando. Solo, giornalmente vediamo il Sole che ci elargisce luce e calore, oppure la pioggia che bagna le campagne. Noi vediamo di notte le stelle seguire le loro orbite e – poiché abituati – non riflettiamo più quali magnificenze esse ci mostrano. Oltre a ciò la natura, quanto dona dalla potenza del Creatore, giorno per giorno, la benignità di Dio non cessa mai! Non sono forse questi grandi miracoli?

                    28.                  Ahimè, verrà il tempo in cui quasi nessuno riconoscerà questo miracolo! Così visto: allora la materia è spazzata via, perché gli uomini hanno cuori vuoti e non esiste decima per Dio, né nel numero della quantità, ancora di meno secondo la fede. Questo sarà il raccolto di Dio e nessuno stelo rimarrà sul campo della Creazione. Il Signore Iddio raccoglie anche il granellino più misero e lo porta a Casa, come Egli, quale Salvatore, parlò nella parabola della pecorella smarrita e del grosso [Matt. 18,12; Luca 15, 8].

                    29.                  “Io ero una tale pecorella”, confessa Stefano. “Che cosa sarebbe stato di me, se il SIGNORE non mi avesse portato qui?”. – “Lo eravamo tutti noi”, ammette Cronias. “Cornelio ha riferito molto su come il Salvatore raccoglieva intorno a Sé tutti gli uomini. Per Lui non esistevano romani, pagani o giudei, per LUI esistevano soltanto anime che erano da salvare dalle tenebre della materia. E questo – oh, quando Lo abbiamo potuto vedere, il cuore mi batteva in su fino al collo; era come se mi si dovesse spezzare”.

                    30.                  “Di questo si può riferire, tuttavia per afferrare la Grazia non esiste nessuna parola”. Giovanni fa cenno a tutti col capo amorevolmente. “Credetelo, cari fratelli: le immagini che devo esprimere o scrivere, spesso non so con quali parole sono esse da formare. Non si possono mai tradurre totalmente nel mondano, non perché sia impossibile, ma perché il linguaggio della materia è troppo misero.

                    31.                  Già dire chiaro qualcosa da uomo a uomo di ciò che si percepisce, rimane un frammento perfino nella migliore capacità, da confrontare con lo spirituale di Luce. Ciononostante Dio ci ha dato tanto, ci possiamo esprimere, aiutarci reciprocamente, cosa che è il concetto di base dell’amore. Solo chi serve porta in sé la scintilla proveniente dalla Luce, dal Cosmo, dall’Amore. Tale e quale è con tutto il resto.

                    32.                  Il Creatore ha riservato per Sé soltanto la Sua sovranità. Questo doveva essere. Come doveva altrimenti guidare le opere della Creazione? Ma che cosa fece risaltare da ciò, per renderlo manifesto, come ebbi a scrivere subito all’inizio del mio Vangelo:

Dalla Sua pienezza noi tutti abbiamo ricevuto

Grazia su Grazia!’. [Giov. 1, 16]

Egli ha consegnato questo ai figli Suoi, lo ha donato come segno, per il fatto che noi apparteniamo a LUI e che Lui è il Padre nostro!”.

                    33.                  Nessuno di loro nota che – ancora sin dal giorno – si sono totalmente allontanati dall’oppressione. Nessun pensiero va al mondo. È sempre così: quando sono nella torre presso il veggente, allora è come se l’edificio fosse altamente elevato, vicino al Cielo, lontano dal corpo materiale. Giovanni ha di nuovo sviscerato finemente il pensiero.

                    34.                  “I mondani chiamano torri i bastioni dove si proteggono dai nemici. Essi vengono costruiti appositamente ed è anche difficile espugnarli (a quel tempo). Appena dopo il tempo di Noé, se una stirpe voleva farsi un nome, costruiva una solida città e una torre [Gen. 11, 1-5]. Questo si sarebbe potuto fare se non fosse venuta su di loro l’arroganza di edificare ‘fin su al Cielo’, cosa che significa: costringere il Creatore – già allora – a scendere giù da Se stesso. Egli doveva essere come loro, e loro come LUI!

                    35.                  Gesù fece notare che, chi vuole costruire una torre, deve fare un calcolo approssimativo del costo [Luca 14, 28]. Questo non fu compreso e, comunque, era chiaro come il Sole dinanzi a noi che ascoltavamo la parabola, che non intendeva un edificio del mondo, ma che non si abbia l’ardire di troppa superiorità d’animo, come lo fecero gli uomini di Babele.

                    36.                  Non dobbiamo tirare giù nel mondo l’Altissimo. Se Dio viene da noi, visibilmente oppure invisibilmente e noi sentiamo quando è con noi, allora cogliamo con gratitudine ciò e quanto Egli dona. Lui stesso è la Torre nella quale possiamo proteggere i doni della Luce e della Vita, quando il nemico, l’oscurità, ci vuol derubare un gioiello di Dio.

                    37.                  È certo un segno esteriore, ciò nonostante è stato anche preparato da Dio per noi da tanto tempo, perché ci potessimo radunare in una torre, liberi dal mondano, vicino alla Luce. La nostra torre, l’interiore e l’esteriore [Ez. 10, 3 e 5], non deve mai arrivare al Cielo; ma – se noi apriamo la porta, sopra, sotto, dentro e fuori, oh… la magnificenza di Dio entra in noi!”.

                    38.                  Tutti sono di nuovo sopraffatti. C’è ancora tanto da cogliere dalla Vita del Salvatore, e nessuno pensa alla notte avanzata. Alla fine dice Scubatus: “Giovanni! La faccenda con la torre mi è entrata nel cuore. Il nostro vecchio pastore, che sapeva tanto …”. – “Dal quale io avrei potuto imparare ancora parecchio”, interrompe il medico, il quale è sempre presente. – “…ha dato a noi cristiani un nome giusto: ‘la comunità della torre!’. Egli sapeva molto di più di quel che usciva dalle sue labbra”.

                    39.                  Giovanni sorride nel pensare al vecchio uomo. Egli era sapiente della natura, con molto spirituale in questo. “Non si fece battezzare, ma lui di questo non ne aveva bisogno. Che esiste solo un Creatore, lo riconobbe dalla natura, e così la sua fede fu il vero e proprio battesimo. Vedete, chi di ciò non ha nessuna idea, ma è buono nell’indole e agisce verso chiunque secondo il principio del bene, il suo spirito è legato alla Luce, la sua anima si fa formare dall’indole buona del suo spirito. Un tale uomo non ha bisogno di nessun segno esteriore. Chi però sa che cosa Dio ci rivela, può e deve anche agire di conseguenza”.

                    40.                  Si discute su l’una e l’altra cosa, specialmente dalla Dottrina di Gesù. Si avvicina il mattino. Lontano, fuori sul mare, riconoscibile dalla torre, l’orizzonte già si colora di rosa; ma presto si levano nuvole grigie. Il capitano si alza. “È tempo di recarci a dormire ancora un’oretta, sebbene io non sia per niente stanco. Avrei ancora una speciale domanda, ma ora produrrebbe solo un più lungo discorso, un insegnamento che possiamo ottenere dal nostro Giovanni. Che cosa ne dite?”.

                    41.                  “Conservala per questa sera. Mettiamo in seguito la premessa necessaria e vedremo come ci si comporta”. Dopo un breve sonno e la prima colazione si recano dal gruppo dei prigionieri. I legionari e i pescatori li hanno sorvegliati. Due che volevano fuggire sono fatti avanzare. Sono stati incatenati. Claretus scioglie le catene.

                    42.                  “Come vi è venuto in mente? Con che cosa volevate andare via?”. – “Con una barca”, dice un arrogante. “Ebbene”, dice Hermius, “guarda il cielo; non sareste andati molto lontano”. – “Piuttosto saremmo annegati che…”. – “Aspettate per sapere cosa sarà di voi. – Sapete che cosa vi aspetta se il senato vi giudica?”. Si sa certamente, e ci si piega.

                    43.                  “Dovete ritornare a Roma, già a causa delle navi. Che cosa pensate di riferire?”. Silenzio. “Che cosa dici tu, supremo?”. Claretus si rivolge a Giovanni, come se questi avesse da comandare da una posizione superiore. È opportuno a causa della gente. Giovanni finge come se debba riflettere su tutto. Lo si guarda con fare interrogativo. Che ‘egli sarebbe uno completamente diverso’ lo sente perfino il più indurito.

                    44.                  “Sì”, dice grave Giovanni, e un grande amore colma il suo cuore, “non rimane altro: voi dovete ritornare!”. All’improvviso sceglie un uomo più anziano. “Ti scelgo come guida al posto del duumviro, che purtroppo si è giudicato da sé. No! Non contraddire!”, quando l’uomo vuole sottrarsi, “tu sei capace, sei già stato più volte presso il senato e ti sei fatto valere”.

                    45.                  “Da dove sai tu questo?”. – “Non ti preoccupare; io so più di quanto tu sospetti. Voi siete stati in territorio romano ed avete sperimentato una ‘tempesta’, che in breve vi ha sconfitto”. – “Hm, sì qui c’è stata una tempesta”, ammette quello mogio mogio. “Come devo farcela, non lo so. Saremo puniti in ogni caso, già a causa delle navi rovinate. Se – se – supremo, puoi aiutarci tu? Tu, in verità, non somigli a nessun romano, – tuttavia, in te c’è qualcosa di superiore, io l’ho subito riconosciuto. Che cosa, – non lo domando”.

                    46.                  “Molto bene per chi non lo domanda. Vi pongo un ultimatum: se non volete essere giudicati, allora fate ciò che vi ordino io. Se lo promettete senza sapere di cosa si tratta, allora sarete liberi – anche a Roma. Sia detto in anticipo: sarete sorvegliati, se manterrete la vostra promessa giurata. Se l’infrangerete, allora siatene certi: tutti cadrete sotto il giudizio!”.

                    47.                  Nonostante tutto Giovanni pensa unicamente al ‘suo caro Signore’, LUI ha le vie migliori per aiutare ogni anima a rialzarsi. L’uomo prima scelto dà la sua parola, e a Giovanni è mostrato che costui la manterrà. Allora gli altri, con una stretta di mano a Giovanni e Claretus, giurano di fare ciò che a loro è raccomandato. Il veggente dice:

                    48.                  “Ho parlato della ‘tempesta’ che è venuta su di voi sull’isola. Potete quindi sostenere che una tempesta ha fatto naufragare la vostra impresa. Nessuno domanderà dove sarebbe stata la tempesta. Poiché si tratta di galee – si vede che sono danneggiate, – si penserà unicamente al mare. Saranno perfino contenti che le navi siano state riportate a casa.

                    49.                  In questo modo non racconterete nessuna bugia. Ci sono anche tempeste sulla Terra, dove è già stato devastato tanto. Inoltre le galee saranno messe a posto in modo che stasera possiate issar le vele. Fino allora il mare sarà calmo; potrete navigare senza pericolo. Fate però ancora una volta attenzione: sarete sorvegliati, ogni singolo sarà sorvegliato!”.

                    50.                  “Siamo troppo contenti, tu ci hai salvato. La ‘tempesta’,” sorride l’uomo, “ce l’hai messa in bocca nel migliore dei modi. Si rivolge alla schiera, “Chi pensa e agisce come me?”. Non c’è nessuno che, alleggerito, non dica: “Ce la siamo cavata a buon prezzo”. Giovanni discute i particolari con Claretus. Si opera con fervore, il Sole ancora non è calato che le galee sono guidate fuori del porto. Si saluta perfino.

                    51.                  “Che tu abbia scelto l’uomo giusto”, dice il capitano, “per me non è una meraviglia e, veramente, nemmeno di aver accomodato il tutto per loro. Ma chissà se nessuno parlerà?” – “Io non credo”, dice Cronias, “sono contenti come una pasqua di sfuggire al marasma che li minaccia inevitabilmente se riferissero come, dove e che cosa è stata la ‘tempesta’.”.

                    52.                  “Hai ragione”. Giovanni fa cenno col capo a Cronias. “Sejananus aveva proprio pensato bene in sé, se sarebbe stato giusto circoscrivere la faccenda. Avremmo dovuto o potuto aiutare se non fosse stato possibile nessuna circoscrizione? Tu sai meglio di tutti che cosa spetta ad ognuno, se quest’assalto di sorpresa sarebbe denunciato. A questo si aggiunge ancora: non era stato diramato nessun ordine dal senato, e l’imperatore non sapeva niente; invece ancora una volta un ‘altro’ che cercava di arrampicarsi in alto con ‘l’azione su Patmos’. Questa gente però non lo sapeva, lo sapeva soltanto il duumviro. Per questo si è tolto la vita.

                    53.                  Dio ci ha dato un discernimento, questo guarda meno all’esteriore, se e come è da giudicare. Esso può esaminare, dov’è possibile una via d’uscita per la salvezza di un uomo, per la salvezza di un’anima. Solo questa via d’uscita, per amor dell’aiuto, Dio la guarda con clemenza, ed io ho scelto questa: – poter scegliere, amici miei.

                    54.                  Stava nella Mano di Dio salvarci un’altra volta, con la qual cosa è connessa la salvezza di questa schiera. Non sempre è facile ‘operare in direzione della Luce’. Dio lo riconosce, per di più se non si provvede per se stessi, per lo meno non prima. L’altro deve sempre stare in prima fila, a lui tocca il primo aiuto; allora anche il proprio aiuto può essere congiunto insieme.

                    55.                  Una via d’uscita, necessaria per gli altri, è estremamente da esaminare. Troppo facilmente si è inclini ad usare scappatoie, soprattutto per se stessi. Qualche volta è meglio se è tralasciato, un uomo deve essere spinto più rigorosamente a causa dell’anima. Questo di certo lo sa unicamente il Signore e – magari colui al quale lo fa conoscere”. – “Come sempre, a te”, interviene rispettoso il giovane Stefano.

                    56.                  Giovanni gli accarezza i capelli. “Giusto, ragazzo mio. Se si dà il predominio alla ragione, ognuno può rendersi conto su che cosa è meglio eseguire. Adesso – ieri, no, già stamattina si è fatto tardi e il giorno non è nemmeno stato facile. Così per oggi fateci riposare; domani ci occuperemo di ciò che sta a cuore a Sejananus”. Tutti sono d’accordo. Il veloce viaggio sul mare, l’emozione, il combattimento – l’uomo ha bisogno del suo riposo, riposo che il Signore sa benedire.

 

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Cap. 19

L’ambizione non rende nulla – Pensieri dalla croce

Nello spazio di confine della Volontà di Dio – Immagine del ruscello, Eufrate e mare

Un’alta riunione spirituale nella torre, quale ringraziamento per lo scampato pericolo e risoluzione della battaglia – Cronias, Sejananus, Hermius, il medico, Claretus, Stefano, Horpha, Scubatus, ascoltano Giovanni e poi vengono anch’essi rapiti in una visione celestiale fino ad incontrare Nicodemo e Cornelio, quali alti spiriti

                      1.                    Lo splendore serale del Sole dorato illumina il mare che si vede dalla finestra della torre. Allora Giovanni è compenetrato dalla Luce. Vengono gli amici, stanno già salendo per la scala. Stefano ha procurato il vino, l’oste ha portato il cibo. Entrano Sejananus, Claretus, Scubatus, Hermius, un paio di pescatori con le donne e Horpha tra loro.

                      2.                    Giovanni ha preparato la tavola. “È una gioia e ringraziamo il nostro Dio che siamo di nuovo l’uno accanto all’altro senza afflizione. EGLI ci ha preservato da grande danno. Prima ringraziamo Lui”. Ed esprime una preghiera proveniente dal cuore. Tutti prendono parte a ciò che il discepolo di Gesù dice dall’ardore interiore del suo spirito. Non c’è nessuno che non avesse comunanza di profondissimo sentimento.

                      3.                    Claretus è il primo a rompere il silenzio, silenzio che per un po’ sta sull’adunanza. Quanto avvenuto precedentemente lo ha spesso angustiato, particolarmente adesso, in cui uno, uguale a lui di grado, è venuto con la cattiva intenzione di rovinare degli uomini buoni. Nei suoi occhi arde una preghiera: ‘Perdonami ancora oggi, quello che io allora …’ e poi lo esprime:

                      4.                    “Anch’io venni qua per rovinarvi. Quando si è mondanamente qualcosa, si vorrebbe sempre di più. L’ambizione fa ciò che è male. Oltre a ciò che mi opprime, sono tuttavia colmo di gratitudine che tu, Giovanni, mi hai salvato, hai salvato la mia anima, nello stesso tempo te stesso insieme alla cara isola della pace. Non posso ringraziare abbastanza il Salvatore. Forse …”

                      5.                    “…era la conduzione paterna di Dio”, interrompe Giovanni. “Sì, certamente, volevi far del male; ma perché eri subordinato ad altri, altrimenti la tua vita non era niente male, perciò il Signore oltre al tuo male ti ha sottratto al tuo abuso, animico e anche mondano. Lascia stare l’oppressione. Comprendo che l’ultima aggressione doveva colpirti: un’immagine di ciò che tu volevi allora. C’è però una differenza.

                      6.                    Tu non eri assolutamente libero dal pensiero: agisco io nel modo giusto? Volevi mostrarti grande solo davanti alla tua gente, perché ti avevano deriso per alcuni buoni sentimenti. Comprensibile che tu cercassi di rimediare a tali ‘danni’. Proprio questi ‘danni’ Dio ha guardato con benevolenza, per amor della tua anima – e anche di te stesso come uomo. Tu sai come sarebbe andata, se …”. Claretus fa cenno col capo.

                      7.                    “I tuoi danni, quei buoni sentimenti, l’attuale duumviro non ne ha mai posseduto. Credimi – se l’aggressione fosse riuscita, lui non avrebbe risparmiato nessuno. Sui campi di battaglia pieni di morti egli aveva rumorosamente trionfato. Nelle battaglie, che veramente non sarebbero necessarie nel mondo, tu ti sei provato; per il resto non hai tormentato nemmeno una volta un animale, e ancor meno un uomo.

                      8.                    Quando venisti da noi, eri confuso. Sai tu come questo avvenne?”. Il duumviro risponde negativamente; è un piccolo mistero umano. “Eri maturo, senza saperlo. Una sensazione ti diceva: ‘con me deve andare diversamente’. Il ‘come’ ti era oscuro così com’è la notte senza Luna e stelle. L’altra sensazione era il tuo prestigio. Il tuo conflitto era da risolvere attraverso il ‘Potere costringente dell’Amore di Dio’. Naturalmente, questo non lo sapevi. Quale uomo sospetta che non lui può liberarsi da se stesso, ma unicamente DIO lo può fare?!

                      9.                    Ora perciò puoi seppellire l’immagine. Io lo sapevo, ma era un bene non liberartene ancora. Attraverso il pericolo che ci minacciava, è stato veramente spazzato in te il resto dell’umano. Ora – lo puoi credere – ti è stato pienamente perdonato; e fiducioso, puoi rivolgerti tu stesso al Salvatore, nella supplica, nella preghiera e nel ringraziamento”.

                    10.                  “O Giovanni!”. A Claretus scende veramente una lacrima dagli occhi. “Come mi hai liberato! Sì, alzo soltanto la mano: DIO avrebbe perdonato, mi avrebbe redento! Ma – grazie a te, Suo discepolo. Oltre al ringraziamento a Dio, non dimenticherò mai quello che tu hai fatto a me”.

                    11.                  “Lo può dire ognuno di noi”, conferma Cronias. “Noi tutti siamo stati strappati, attraverso Giovanni, alle fauci del mondo, perché lui è strettamente legato al Salvatore. Tutti questi anni, da quando egli venne sull’isola, quanto spesso ho ringraziato perché la mia vita ha preso una grande svolta, un ritorno all’asse, come si suol dire. Non è forse così?”. Chiede agli altri con uno sguardo.

                    12.                  Ognuno parla del suo tempo di conversione. Sono testimonianze dell’aiuto di Dio. “Ora vogliamo venire al tema!”, dice Giovanni, “è altrettanto della massima importanza ciò che Sejananus deve domandare. Ebbene – qual era la domanda?”. Oh, ancor sempre questa grande benevolenza che irradia il volto del discepolo. Non considerato troppo alto: un riflesso dell’incommensurabile superiore benevolenza del Signore! Ogni volta si è toccati da questa, ci si sente come avvolti, spinti via dal mondo con tutte le sue bassezze. – Sejananus parla contenuto:

                    13.                  “So io dunque se questa domanda può valere dinanzi Dio?”. – “Certamente che vale! Non può un figlio domandare tutto a suo padre? Un vero padre non respingerà da sé il figlio, nemmeno quando il piccolo domandante non comprende una completa risposta e quindi verrà a sapere ciò che corrisponde all’intelletto del figlio. Ora però è così: la tua riflessione riguarda tutti noi, altrettanto la risposta di Dio”.

                    14.                  “Allora voglio levarmela dal cuore. Il Salvatore – nostro Dio! Le Sue Parole a Pilato sono una testimonianza della Sua divinità. Come Uomo, Egli prese su di Sé il martirio; ed ora presso i cristiani si dice: ‘Al posto nostro!’. Forse questo per me è troppo alto, perché non lo comprendo del tutto. Si sa che cosa si è fatto precedentemente di peccaminoso e di male. Per tutto questo, Dio potrebbe punirci; sarebbe ben il Suo alto diritto.

                    15.                  Se poi in verità una morte simile – una croce – oh, Giovanni, è la più grande crudeltà che si possa inventata! Perché il ‘per noi!’. Dio è certo Onnipotente. Non avrebbe allora potuto portare la Redenzione per altre vie? Rabbrividisco, se ci penso: per me, la croce, con tutta l’ignominia e tutti i dolori! Non riesco a liberarmi!”. Il capitano copre il suo volto con le due mani. Giovanni, delicatamente, le ritrae di nuovo.

                    16.                  “Amico, guardami! Tu ti sei donato alla santa Volontà liberatrice di Dio, e ti dico: io lo sento così come te. Forse ancora un po’ di più. Io, anzi, stavo sotto la croce, vedevo le ferite, vedevo il sangue, come scorreva giù dal corpo, vedevo la sofferenza negli occhi di Gesù e – vedevo: questo dolore giammai toccava al Suo corpo. Esso voleva anche essere sentito assolutamente cosciente – in effetti, per noi!

                    17.                  Le pene delle nostre anime stavano negli occhi di Gesù. Con il nostro cattivo operare feriamo noi stessi. L’uomo lo ammette raramente; egli crede che se fa qualcosa di male oppure perfino uccide qualcuno, con ciò avrebbe solo colpito l’altro. Oh, sì, anche questo, proprio così come il Signore ha sofferto sulla croce. Soltanto – come presso di Lui la sofferenza attraverso la cattiveria valse solo al corpo, così vale per gli altri. Per noi il dolore si è impresso nel santo Volto.

                    18.                  Questo vale anche per gli uomini tra loro, certamente in misura minima. Ciò che si fa di male all’altro, riguarda certamente il corpo di questi; per se stessi riguarda la propria anima. Proprio queste ferite il Signore ha preso su di Sé. Attraverso la croce, il simbolo supremo del Suo Amore, Dio guarisce al ‘posto nostro’ l’intera caduta!

                    19.                  Che Lui prese su di Sé il peggiore del male, mai lo sonderemo del tutto in questo mondo, cosa che è inclusa nel Piano di Salvezza. Se noi riconoscessimo pienamente il sacrificio di Dio – per noi esisterebbero sempre soltanto due cose: (1) il credente dovrebbe essere sepolto sotto questo peso, magari in eterno senza soluzione; (2) i negatori si preparerebbero la morte della caduta, cosa che la Divinità ha interrotto mediante il Suo Lustrum.

                    20.                  Questo accadde in principio, quando la Divinità, senza predestinazione vide ciò che avrebbe portato con sé una via libera delle creature figli. Qui Dio creò figli di due specie: figli senza libera volontà, dove certamente non poteva accadere nessuna caduta, ma nemmeno nessuna beatitudine; e figli con libera facoltà di trasformazione, con l’alta meta dell’eterna felicità, con ciò la possibilità di deviare una volta dalla via.

                    21.                  Dio si scelse la seconda specie. Sotto la Sua sovranità Egli diede ad ogni figlio la facoltà di cambiamento nel senso di una libera volontà, nello spazio di confine della Sua Volontà! Questi sono misteri che si riveleranno totalmente dopo la via del mondo.

                    22.                  In questo senso Dio aveva previsto il Suo sacrificio, se un figlio si fosse allontanato da Lui. Questo successe! La croce del Golgota non è il punto di partenza, è la chiave di volta di quel sacrificio, sacrificio che la Divinità ha portato per il Suo popolo! Ora comprendete che ‘al posto nostro’ c’è un segreto primordiale operare: la dedizione per gli altri! [Giov. 15, 13]

                    23.                  Perfino noi uomini, ancora così lontani dalle conoscenze celesti, siamo capaci di portare l’un per l’altro un peso. Hermius lo portò perfino da ragazzo”. – “Come?”. – “Lo hai forse dimenticato? Non ti ricordi più del fratello minore, sempre pronto a leggerezze? Quando minacciavano pesanti punizioni, tu dicevi: sono stato io. E il piccolo era libero. Più tardi se n’è pentito. Quando egli, giovane, morì in battaglia, ti fece sapere: ‘Ho agito in modo vergognoso’ e che ti voleva molto bene”.

                    24.                  “Oh, sai anche queste cose?”. – “Un dono di Dio! Si può guardare talvolta nell’aura di un uomo: del passato. Del futuro è più raramente manifesto, per la protezione dell’uomo. Così ho visto poco fa l’immagine e mi sono rallegrato, perché è adatta. Veramente su altre altezze, incommensurabilmente alte, è tuttavia un’immagine riflessa: come Hermius si è sacrificato per il fratello piccolo e prese su di sé la punizione, così il Santo per il figlio caduto e il suo seguito, cui appartiene anche la nostra insufficienza e tutti i nostri peccati”.

                    25.                  “Questo è stato beatificante!”. Sejananus stringe le mani a Giovanni. Quanto bene sono accomodati questi pesi dell’anima. Si parla per un po’ su quest’elevatezza, finché Giovanni guarda ognuno singolarmente; facendo questo, sorride leggermente.

                    26.                  “Quando io ho minacciato i cattivi che sarebbero stati sorvegliati, voi non lo avete compreso del tutto. Non guasta se allo spirituale mancano ancora alcuni pioli. Anche presso di me. Non c’è da stupirsi. La mia minaccia, che è stata percepita in questo modo, è stato un buon ammonimento. Di ciò non si sbarazzeranno. Naturalmente, Dio realizza le mie parole e un angelo li può sorvegliare. In sé il duro sorvegliante è la loro coscienza. Malvolentieri si ricorderanno di ciò che è accaduto da noi. Questo li aiuterà a tener la bocca chiusa”.

                    27.                  “Forse li sorveglia Cornelio, lui ha il miglior contatto con i suoi romani”. – “Non hai sbagliato, Hermius, può essere. Su tutto c’è il Signore! Ma EGLI fa volentieri vigilare dei figli, sui figli, e precisamente, i grandi sui piccoli. Cornelio già prima della nascita nel mondo era un guardiano. Oh, un’immagine!”. Gli occhi di Giovanni vagano, come già spesso, in grandi, ignote lontananze.

                    28.                  “Vedo un alto seggio, intorno ad esso molte luci in personaggi, quattro nel santo Quadrato [Ap. 21, 16; 5, 6]. Posso distinguerne una chiaramente, è – è – Cornelio. Una voce dice: «Egli è uno dei primi gruppi, ha eseguito fedelmente il suo incarico nel mondo. Per lui è ancora incomprensibile, ma ha da oltrepassare alcuni gradini, come d’altronde tutti i figli ritornati a Casa. Questo non è un ammanco, sebbene ci sia qualcosa da recuperare di ciò che è andato perduto nella materia. DIO raccoglie questo! Il figlio appartiene al quarto gruppo, agli angeli del comando.

                    29.                  Non indagate però, finché vi trovate sulla Terra, che cosa ognuno probabilmente era una volta. Non può forse uno essere venuto anche dal lato oscuro, ha poi riconosciuto la Luce, è ritornato secondo quella parabola: ‘Voglio incamminarmi e andare dal padre mio?’. Chi è ritornato a Casa e serve alla Rivelazione, allora si può ben una volta sollevare il velo [Luca 15, 18].

                    30.                  Tu sei un veggente del nostro Dio, e a te è rivelato che cosa si deve intendere con chiave di volta dell’Atto di Redenzione del Signore, un punto di partenza per quell’ultimo mezzo tempo [Ap. 12, 14], nel quale viene purificato l’ultimo della caduta. Se vuoi chiedere qualcosa, allora chiedi a me». Essa è una figura imponente che si trova dinanzi a me. Io sono così piccolo dinanzi a lei, un nulla davanti a tutta la magnificenza che mi circonda.

                    31.                  Posso sapere chi era il nostro Nicodemo? Egli era per noi un buon amico ed amava il nostro Signore. «È vero! Egli ha portato nel mondo il suo amore dal Regno della Luce; perfino nella sua giovinezza non perse l’amore; lo ha solo impiegato in modo sbagliato, ciò che è da ascrivere alla sua giovinezza. Ora guarda!»”.

                    32.                  Oh, quale meraviglia! Il rapimento di Giovanni dalla Terra si vede chiaramente in lui. “Volo via, qualcuno mi tenga stretto; perché altrimenti… – Ah, ora ho di nuovo il terreno sotto di me, ma non è come la Terra, è una Stella. Mi vengono incontro amabili figure. Tutte portano delle vesti chiare, sulle loro fronti splende come una corona. Quanto è meraviglioso!

                    33.                  Una di queste figure mi porge la mano e domanda: «Mi conosci?». Come potrei conoscere tali esseri di Luce? Ma ecco – Tu sei Nicodemo? Lo spirito di Luce fa cenno col capo. «Un giorno avevo il permesso di curare la Stella», dice, «ed ora lo posso fare di nuovo. Talvolta c’è ancora da recuperare, cosa che ho provveduto sulla Terra. Questa è una benedizione senza pari. Solo quando lo si può sperimentare viene su di noi la conoscenza. Allora si può solo ringraziare». Posso sapere come ti chiami adesso?

                    34.                  «Il mio nome è Diadjar[17]. Soltanto – un nome è in verità un segno, ma non sta mai al primo posto. Un nome solo ha il primo posto: DIO! Solo ciò che si trova sotto la Sua volta di Grazia, vale nell’Eternità!».– Non chiedo se io una volta ero qualcosa, (dice Giovanni). – «Fai bene, noi aspettiamo finché tutto si rivela. Ora continua ad istruire i tuoi amici, il Signore te li ha affidati».– Anche me Egli ha affidato a Sé, e grazie, molte grazie per tutte le benedizioni.

                    35.                  «Fai bene anche in questo. Per te verrà un tempo tranquillo, di cui hai molto bisogno, per vedere l’ultima grande immagine della materia». – E poi? – «Aspetta la salvezza del Signore»”. Il celestiale è come cancellato. Come da un sogno, Giovanni si risveglia dalla visione, e ci vuole un po’ prima che si raccapezzi.

                    36.                  Ognuno si sente come rapito, come vicino al Cielo. Sul volto del veggente passa beatitudine della Luce. Per di più ognuno riconosce che non è assolutamente semplice essere, da uomo, fuori del proprio corpo. Quanto più profondo l’avvenimento s’imprime nelle anime, tanto più sale in alto il ringraziamento, e tanto più si offrono a Dio. Il veggente non sa precisamente se ha parlato ad alta voce. Alla sua domanda Claretus risponde rispettoso:

                    37.                  “Abbiamo sentito tutto, Giovanni. Ci hai portato con te lassù, dove io ancora non appartengo. Hai intrecciato un legame meraviglioso intorno a noi e l’hai annodato con Dio. Una volta vi ho guardato”, la sua mano descrive un arco tondo. “Ognuno aveva chiuso strettamente i suoi occhi. Anch’io! Soltanto, nello stesso tempo mi sono sentito così strano, allora volevo accertarmi se ero ancora in vita”. Il giovane Stefano lo conferma per sé.

                    38.                  “È un mistero, e lo vogliamo serbare per noi; ma che Cornelio – davanti al seggio di Dio – oh, come si deve sentir bene, se ora lassù così in alto – e Nicodemo – tutta una Stella è ai suoi piedi! Io non riesco ad afferrarlo del tutto”. Sejananus lo ha più mormorato che parlato.

                    39.                  “Mai sarà possibile descrivere la visione con le nostre povere parole. Immaginatevi il Sole ancora così meraviglioso, esso è una scintilla rispetto a quella luce che procedeva dal seggio della Divinità, lo circondava e splendeva in una vastità del Creato, i cui confini un occhio mai vedrà. Iddio unicamente lo può! Egli non ha confini, Egli è l’Infinito e l’Infinità! Dalla Sua immensità di onnipotenza si diede al centro della Sua magnificenza. In questo luogo si è creato il Suo popolo di figli. Amici, e noi ne facciamo parte! Chi potrà afferrarlo giustamente – ?!

                    40.                  Solamente – noi siamo Sua proprietà, proprietà che EGLI la sa custodire. Egli guida ogni figlio alla Sua maniera, noi possiamo fiduciosi lasciarci guidare. Poiché vedete: lo sconvolgente – è che pensavo di non ritornare un’altra volta nel mondo. Ero vicino a LUI ed ero come avvolto in una sconfinata lontananza, ero – non più io. Così forse è successo ai nostri due amici, quando poterono lasciare il mondo, quando poterono riconoscere il luogo da dove erano proceduti”. Scubatus, intanto ha fatto molto bene, ha nuovamente riempito le coppe, ha messo il pane al posto giusto e invita:

                    41.                  “Non pensate che io sia rimasto indifferente. Poiché sulla Terra abbiamo da compiere il nostro dovere, dobbiamo pensare al corpo. Giovanni si è assunto l’incarico di istruirci. Io devo imparare ancora molto, sono soltanto – hm, un piccolo ruscello che si può attraversare con un passo breve. Giovanni mi sembra come l’Eufrate. In verità io non l’ho mai visto, ma ho sentito dire che è molto largo. Grandi navi vanno su e giù sulle sue acque”. Una buon’immagine. Si mangia e si beve e Giovanni insegna da quest’immagine.

                    42.                  “Mi vuoi onorare, Scubatus, perché mi paragoni all’Eufrate, invece tu ti paragoni ad un ruscello. Il tuo esempio può valere per amor dell’umiltà, non per riguardo a noi due. Il mare, la sorgente primordiale di ogni vita, è il Creatore dell’Infinità. Se lo vediamo già come esempio, allora fluisce ancor sempre da Dio l’acqua della vita nello spazio e nel tempo.

                    43.                  Dall’Eden, dalla sua sorgente, procedevano i quattro fiumi. Simbolicamente il Pison è il nostro Creatore, esso è chiamato per primo. Il Gihon è il sacerdote, l’Hiddekel è il collegamento tra Creatore e creatura, e noi chiamiamo Lui, nostro Dio. Il quarto fiume, l’Eufrate, simbolizza il Padre, che l’Amore, quale Salvatore, Lo ha portato vicino alla materia [Gen. 2].

                    44.                  Spiritualmente, dai fiumi vennero poi i torrenti, e qui significano i principi angelici e i gruppi che seguono loro da vicino. A questi seguivano poi le schiere dei figli, i ruscelletti. Finché noi uomini dobbiamo percorrere la nostra via, vogliamo considerarci tutti come un ruscello, anche se uno riconosce di più oppure sa dire di più. Tutto proviene unicamente e solo da quel ‘Mare creativo’, dalla Sorgente primordiale di ogni essere e di ogni vita.

                    45.                  Dio ha emanato dalla Sua Essenza primordiale segreta ogni vita, fino al più piccolo rivoletto della materia, chiamato fuori della caduta. Egli però accoglie di nuovo tutto in Sé, senza mai annullare la vita cosciente dei Suoi figli. Forse – lo verremo a sapere solo un giorno nella Luce – il Creatore ha velato il segreto così meravigliosamente ed ora l’ha un poco rivelato.

                    46.                  Noi inspiriamo l’aria nei nostri polmoni, si trasforma in noi; il buono giunge nel sangue, il resto viene espirato. Tale e quale il Creatore di nuovo accoglie in Sé tutto il Suo ‘bene’. Presso di Lui esiste soltanto il bene, la bontà, il sigillo del valore del Suo lavoro, come si disse: ‘E guarda, ecco – ciò che Egli creò – era molto buono’ [Gen. 1, 31]. Così, inverso, vanno i ruscelli nei torrenti, questi nei fiumi, questi nel mare della primordiale enorme potenza del Creatore.

                    47.                  Le grandi navi sull’Eufrate significano ancora: chi si affida al suo Creatore e viene a Lui, al Padre, può venire a Lui con tutti i pesi, grandi o piccoli. La Sua acqua di salvezza porta tutte le navi, i nostri pesi, certamente anche, e sicuramente tanto più volentieri, la nostra buona volontà, l’amore, il nostro servizio, per quanto bene noi possiamo farlo con la più schietta forza di volontà.

                    48.                  Scubatus pensa che abbia in ogni caso ragione con la sua immagine, lui, il piccolo ruscello. Ci sono ruscelli larghi che si guadano oppure si possono attraversare soltanto su una passerella. Così noi nel mondo siamo ruscelli, stretti o larghi, questi ultimi sono quelli che possono insegnare qualcosa. Ruscello però rimane ruscello, figlio rimane figlio nel senso della Rivelazione di Dio: che cos’è LUI, che cosa siamo noi. Soddisfatto?”.

                    49.                  “Non posso essere contrario, tu interpreti troppo precisamente. Dio come mare fin giù da noi, al rivoletto sulla Terra, e qui viceversa, il rivoletto trova la sua via nel mare, quand’anche riportato da un fiume, poi da un grande fiume. Ah, Giovanni, se non avessimo te!”. Su questo, ognuno esprime volentieri il suo ‘sì’.

                    50.                  “Allora?”, domanda Giovanni, “non vorreste piuttosto dire: se non avessimo DIO?”. All’improvviso dice Horpha: “Nonostante ciò, Scubatus ha ragione. Dio ti ha dato a noi, affinché imparassimo a conoscere LUI. È Grazia Sua il fatto che tu sei con noi. Ci hai liberato da molto. E così ci hai portato tu la salvezza, la Luce di Grazia dalla mano di Grazia del tuo – del nostro Dio”.

                    51.                  “Guarda guarda, Horpha!”. Sejananus si frega le mani. “È proprio così. Lascia che noi ti onoriamo Giovanni, con ciò s’intende che tutto l’onore spetta unicamente a Dio. Quando ero sulle estese acque, mi venne già allora il pensiero: l’uomo è solo la goccia. Quando più tardi ricevetti la Parola di Dio, da allora Dio era il mare – in via di paragone, intendo dire”.

                    52.                  “Voi avevate tutti un impulso di Luce in voi”, dice Giovanni, “questo era solo coperto, in parte con la nascita nel mondo. Esso tuttavia era lì, una parte della vostra esistenza prima del mondo. Lo preserverà sempre lo spirito in noi, perfino se un giorno non giunge all’apertura. Dio conduce vie meravigliose; oltracciò è la luce uscita con impeto da voi anche se il primo impulso lo ha dato il Signore. Alcuni li ho potuti toccare io con la Sua forza.

                    53.                  Ora scelgo una parabola, come le sceglieva di solito Gesù. Ed erano sempre così adeguate alla realtà che la Sua Parola poteva essere comprensibile. Io ho visto un’immagine di Giosuè. Voi in parte conoscete la storia d’Israele, come Mosé un giorno lo portò fuori dell’Egitto, lo ricondusse nel paese del patriarca Abramo, lui stesso però aveva terminato la sua via prima dell’ingresso nel paese. Mediante la sua fedeltà, il suo amore e molta fatica, giorno per giorno, adempiuto per quarant’anni, poté tenere ‘il grande ingresso’, nella casa del Padre Celeste.

                    54.                  Giosué guidò Israele in Canaan. Quando ebbe terminato la via di cooperazione, io vidi, com’era insoddisfatto di sé. ‘Tanto poco’ poteva mettere nelle mani di Dio. Egli vide soltanto un granellino o due, una povera spiga. Questa divenne presto un intero covone che lui teneva nelle mani per la sua massima meraviglia[18].

                    55.                  Dio tiene pronto per ogni figlio nella Sua mano destra, cosa che significa per ‘Suo diritto’ un granello di frumento. Questo rimane sempre Sua alta proprietà. Nella mano sinistra, vicino al Suo cuore, sta un secondo granello, assegnato al figlio. Lo si può incurante gettare via da sé, lo si può lasciar marcire in sé, lo si può anche piantare nel terreno. Il terreno qui è la conoscenza: far del bene ed evitare il male, fin dove l’uomo riesce.

                    56.                  Non dobbiamo domandare che cosa possiamo consegnare al Padre come bene da riportare a Casa. Chi moltiplica per alcuni il suo unico granello con la migliore volontà, da ciò il Creatore fa facilmente una spiga, così che godiamo piena benedizione. I Suoi grandi figli hanno quell’obbligo d’amore di riportare a Casa molto per i piccoli, non proprio per sé solamente.

                    57.                  Il granello che Dio tiene nella Sua mano destra è quella benedizione mediante la quale ognuno può diventare anche un portatore di semenza. Il Creatore semina sul campo della Creazione; i campi, che sono da interpretare come sfere, li ha affidati ai Suoi cari grandi, i giardinetti appartengono a noi, là dal nostro operare un granellino può diventare perfino un’intera spiga.

                    58.                  Questo significa nuovamente: non fate nessuna differenza tra gli uomini, per quanto uno sappia dare qualcosa di più. Noi siamo tutti figli di Dio; e non c’è bisogno di più. Poiché mi volete onorare per autentico amore, soprattutto nella venerazione davanti alla Parola del Signore, Parola che io posso portare, allora sia in questo senso. Ogni lavoro, infatti, è ben degno del suo salario. Chi però si calcola prima il suo salario, se lo è piuttosto giocato, ritorna nella Luce molto, molto povero, ed ha forse perfino perduto il suo granello. Allora deve giungere alla conoscenza: ‘Mi sono smarrito!’.”.

                    59.                  Il duumviro si alza, cosa che si fa raramente durante le conversazioni, egli parla leggermente tremolando, la sua anima è completamente agitata. “Giovanni, ciò che oggi hai insegnato, è un pezzo di vero bene celeste. Confesso apertamente: se in passato mi avessero voluto dire qualcosa con tali esempi, non avrei ascoltato per niente. L’avrei chiamato idea cervellotica.

                    60.                  Ora le immagini mi mostrano la Verità più profonda, ed io comprendo perché il Salvatore avvolse in esse i Suoi Insegnamenti. I superiori Lo avrebbero potuto comprendere; essi non vollero. Il popolo però Lo comprese, da ciò ha raccolto la benedizione di Dio.

                    61.                  Tu mi hai dato da leggere il ‘Sermone del monte’ [Matt. 5-7]. Prima avevo scrollato la testa, mi sembrava perfino troppo semplice. Leggendole per la seconda volta, mi sono accorto: non la Parola, il SENSO è da osservare, questo mi era nascosto, finché un po’ alla volta ho imparato a riconoscere il senso più profondo. Per concludere, avrei ancora una domanda”.

                    62.                  La notte è già inoltrata, alcune stelle guardano nella finestra. Nella stanza c’è quiete. – “Domanda”, fa cenno col capo Giovanni. – “Ebbene”, comincia Claretus, “il mio ritorno mi pare un miracolo, e quello che ho saputo, soprattutto quello che ha fatto il Salvatore – miracoli su miracoli! La nostra vita sarà soprattutto un miracolo. Ma se un po’ alla volta il Signore sarà dimenticato? Se più avanti gli uomini non crederanno più ai miracoli? Essi diventerebbero amaramente poveri, se il maestoso operare del nostro Signore si esaurisse. Questo mi opprime”.

                    63.                  “Opprime anche me!”. Giovanni guarda fuori nel buio firmamento. Il futuro è altrettanto buio, nascondendo il mondo che si … Oh, io, piccolo credente! Quanta Luce mi ha donato il Salvatore! Le stelle, incommensurabilmente lontane, ci splendono, anch’esse sono la Parola del Signore! La bontà mai si esaurisce, mai la misericordia con la quale Dio lega il Suo popolo dei figli – nel Cielo, sulla Terra, ovunque. Egli tira Claretus alla finestra, dicendo:

                    64.                  “Guarda, Dio per noi ha acceso le stelle. Come queste brillano eternamente, così sono eterne le meraviglie che Dio ci dona. Potrà succedere che l’umanità in genere si distacchi dalla Luce e dalla Verità, non crederà nei miracoli, in quelli che Dio compie veramente. In luogo di questo ci si aggrapperà ad altro, forse a qualcosa di pratico, se Dio clemente lo lascia accadere. In genere dominerà un buio. Amico mio, non questo”, il veggente indica all’alta volta celeste, “no, l’oscurità dell’anima, la stoltezza, il ‘senza Dio’ è la via che porta alla rovina.

                    65.                  Tu pensi che l’uomo diventi poverissimo se l’alto operare miracoloso del Signore si disperde. Esatto! Con la sola differenza: l’Operare di Dio non si esaurisce mai! Egli non riposa e non si ferma, altrimenti tutta l’Opera Sua, le Creazioni, scomparirebbero. La Sua forza e potenza sono gli impulsi di ogni vita. Ognuna delle Sue Opere è in sé la VITA!

                    66.                  Chi mette da parte Dio, Gli volta le spalle, per costoro cessa l’azione dei miracoli. Così inteso: essi non aprono le loro mani, chiudono a chiave il loro cuore; così la benedizione di ogni magnificenza per loro va perduta. Non per Dio! Lui non conosce nessuna perdita, tutto ritorna nelle Sue Mani. E chi sa – ? la può conservare per i poveri, perché loro, certamente dopo una faticosa via dell’anima, giungono un giorno veramente nella Casa del Padre, come trovatelli, dove non potrebbero vivere senza beatitudine.

                    67.                  Noi non vogliamo, non dobbiamo calcolare se la loro beatitudine è minore di quella dei viandanti, i quali sono i figli del ritorno a Casa. Solo il Padre vede la differenza, che la Misericordia copre, per il successivo giorno della Creazione, giorno che si chiama il ‘Sabato del Cielo’ oppure così come scrisse Mosé: ‘E Dio riposò in questo giorno da tutte le opere che Egli fece’ [Gen. 2, 2-3]”.

                    68.                  Dice Cronias, prima che ci si separi: “Questa era anche una parte del giorno del Sabato, così abbiamo raccolto molta benedizione. Ci sarebbe però una domanda: che cosa succede nel giorno del Sabato? Mi appare chiaro ciò che Giovanni ci ha annunciato: Dio non riposa e non Si ferma mai, altrimenti la Creazione svanirebbe. Ma che cosa accade allora se Dio in questo settimo giorno, di cui non si ha nessuna idea, comunque, riposa? Qui non riesco a seguire, non riesco ad accomodarlo. Ci puoi tu insegnare ancora qualcosa?”. Il capitano guarda implorando il loro maestro, come lui chiama spesse volte Giovanni.

                    69.                  “Questo ce lo riserviamo per una prossima serata. Forse risulterà una discussione più lunga e la notte volge al declino”. – “Hm, esagerato”, contende Cronias con se stesso. “Perdonami!”. – “Non c’è niente da perdonare. Si devono sfamare gli affamati, dar da bere agli assetati; con il cibo spirituale c’è a volte da osservare una misura. Dapprima riflettete su tutto ciò che avete sentito oggi; il resto può venire successivamente – attraverso la bontà del nostro caro Signore”.

                    70.                  Ci si augura l’un l’altro la buona notte.

 

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Cap. 20

Violento uragano, pesanti fardelli, la materia pretende il tributo

Qualcosa sul vero riposo – Differenti rivelazioni sugl’insegnamenti di Gesù

La Cornelia alla deriva è data per dispersa, poi ritrovata dall’altra parte dell’isola.

                      1.                   Agli uomini scorre il sudore, e l’acqua. Infuriano violenti uragani. Lungo la costa, in tutte le parti, s’infrangono ondate impetuose sulla terraferma, devastando molto. Barche per la pesca si sono fracassate, e perfino le potenti catene, con le quali è ancorata la Cornelia, non resistono alla tempesta. Il terzo giorno la galea con alcuni uomini viene trascinata alla deriva.

                      2.                    “Giovanni, non puoi soccorrere? Io penso – tu sai …”. Sejananus arriva nella torre ansante. Giovanni sta alla finestra, l’aria fredda riempie la stanza, lentamente si volta. “Per noi è una dura prova; io non lo so, da qualche parte l’infuriare della tempesta dovrà raggiungere uno scopo. Chissà che cosa vi è collegato. Dio non ci lascerà andare in rovina”.

                      3.                    “Due pescatori sono periti, e la Cornelia – con sei uomini è alla deriva. Abbiamo bisogno della nostra nave. Qui non possiamo costruirne una nuova e non sappiamo se Roma ce ne fornirà un’altra!”. Sejananus guarda fuori fisso, terra e acqua, tutto è in confusione. “Aspettiamo, caro amico”, dice tranquillo Giovanni, sebbene il suo cuore batta violentemente; non per paura, ma per la preoccupazione per gli uomini che sono esposti alla rovina.

                      4.                    Nessuno lo sa: Stefano è corso con due ex pirati lungo la costa meridionale. “La Cornelia deve essere da qualche parte. Se la sua prua si è arrestata nella terraferma, la possiamo trovare”. Quasi un giorno intero si sono opposti a questa tempesta, tra le altre cose vasti banchi di nebbia impediscono la visuale. Uno degli uomini cade, sono troppo stanchi. Stefano lo aiuta ad alzarsi. “Vieni, dobbiamo andare avanti, io non mi arrendo! Si tratta di noi tutti!”. Vanno avanti faticosamente, passo per passo.

                      5.                    Là, là – dietro un muro di pioggia nebbiosa si vede una grande ombra. “La nave, guardate, la nave!”. Dice affannosamente Stefano giubilando. “La nostra nave!”. Come se ricevessero nuova forza, corrono ora a briglie sciolte verso l’ombra. La prua della galea è sospesa tra due strisce di terra molto strette. I legionari a bordo avevano attraccato delle catene che erano ancora disponibili ai due lati e cercavano di ormeggiarla da qualche parte alla terraferma. Non c’erano ancora riusciti, quando i tre aiutanti si avvicinano velocemente.

                      6.                    I nove uomini lavorano per tutta la notte, spesso disperandosi, sebbene qui la tempesta non sia così violenta come in mare aperto e nel luogo del loro porto. “Essa si calma”, dice uno, “dobbiamo aspettare un po’. Se l’ancoraggio tiene, possiamo tornare indietro e venire a prendere più tardi la galea”.

                      7.                    Sono stremati, sono già due giorni che non hanno mangiato niente, bevono solo acqua piovana, quando finalmente tentano di tornare indietro. Procedono lentamente, devono superare molti detriti e crepacci aperti. È sera inoltrata, quando al capitano e a Cronias annunciano che la Cornelia è al riparo.

                      8.                    “Ci siamo preoccupati molto per voi, anche per Stefano. Giovanni era triste; solo non sappiamo precisamente perché. Di nuovo aveva previsto che ‘qualcosa’ sarebbe capitato. Abbiamo avuto un colloquio così magnifico e ci tenevo molto”, dice Cronias, “di avere un chiarimento su una domanda. E che cosa ha detto Giovanni? ‘Ce la riserviamo per una prossima serata’. A volte non è facile comprendere l’operato di Dio”. – “Egli opera sempre bene”, sussurra Stefano. Ciò nonostante gli si chiudono gli occhi.

                      9.                    “Venite nella taverna”, Cronias invita gli uomini, mentre altri mettono alcune pelli su Stefano. “Dovete mangiare, non subito molto”, egli ammonisce, “affinché non subiate alcun danno”. Ordina all’oste che cosa deve portare. Nel frattempo Sejananus corre da Giovanni. “Salvata”, esclama già in alto alla scala. “Ho visto arrivare nove uomini; chi c’era ancora?”. – “Il nostro ragazzo!”. Il vecchio capitano è fuori di sé dalla gioia. “E due ex pirati”.

                    10.                  “La tempesta si è calmata. Ho ringraziato il nostro caro signore, EGLI ha soccorso. A quanto ho sentito, non è stato possibile salvare due pescatori, sebbene altri abbiano tentato. Noi assisteremo le famiglie”. Una profonda riflessione e poi: “La materia pretende di nuovo il tributo. Questo però è il più delizioso di tutti i doni che Dio ci dà. Quel buon sapere: “A Lui nessun figlio va perduto e la morte ci redime tutti quanti”.

                    11.                  ‘Hm’, pensa Sejananus. ‘È così; tuttavia come uomo ci si attacca alla vita. Chi la deve perdere così come i nostri bravi pescatori …’. Il corso dei pensieri è interrotto. “Vado, si deve consolare la povera gente e vedere di cosa hanno bisogno”. – “Non andare da solo, soffiano ancora raffiche di vento su di noi”. – “Porto con me Scubatus, per tua tranquillità”. Un piccolo sorriso.

                    12.                  Ci vogliono settimane piene di fatica, prima che ci sia nuovamente ordine. È stato molto difficile rimorchiare la danneggiata Cornelia fino al porto. Finalmente – si fa un respiro di sollievo – ci si può radunare. Il giorno prima Giovanni ha convocato la comunità della torre e tutti sono venuti. Ognuno è tornato di nuovo a casa, confortato e fortificato.

                    13.                  Gli amici sono insieme. Giovanni dice a Stefano: “Sei stato coraggioso ed hai confidato in Dio. Che cosa hai pensato veramente sulla via?”. – “Non lo so più precisamente”, risponde Stefano, “soltanto questo: caro Salvatore Gesù, aiutaci! Gli sforzi spesso cancellano il pensiero. Voglio sempre ringraziare interiormente per l’aiuto di Dio!”.

                    14.                  “Noi tutti”, dice Claretus. “Ora di nuovo la cosa più bella: l’Insegnamento di Gesù! Dopo la fatica si possa oggi aprire per noi il Cielo di Dio”. – “Di questo mi rallegro”, conferma Cronias. “Se tu vuoi, caro Giovanni, vorrei ricevere volentieri il chiarimento su quel ‘riposare e, lo stesso, operare in eterno’.”. Tutti lo desiderano. Ci si era interrogati, se e come questo sarebbe potuto essere chiarito.

                    15.                  “Ci sono molte cose incomprensibili”, comincia Giovanni. Amorevoli sono volto e linguaggio. “Ci si attacca di più alla parola e si dimentica il senso che sarebbe da approfondire. Ebbene, con le sante proprie faccende di DIO il nostro sapere e il nostro intelletto potrà mancare, ma non il nostro spirito. Si può giungere fino alla porta chiusa della Sua officina, e siatene certi – che ne escono fuori comunque tanti raggi, per colmarci di conoscenza. Questo è sufficiente per percorrere la via che conduce alla fine colma di Luce.

                    16.                  Ora consideriamo la Parola tramandata da Mosé. Quando noi pensiamo al riposo, deponiamo il lavoro. S’intende che l’uomo, perché perituro, ha bisogno giornalmente di una pausa, appunto un far-nulla. Riflettete cosa qui riposa. Certamente le mani, e anche i piedi. La vita ricevuta da DIO, con tutto ciò non è interrotta, né i pensieri, né il cuore, né i nostri polmoni, nulla di ciò che mantiene il nostro corpo.

                    17.                  Riposa là veramente l’uomo, anche se non lo sente in pienezza? Il polso continua, non si ferma. Anzi, si esamina se un lavoro è riuscito bene, si pensa al prossimo, cosa ci sarebbe da fare. Quindi riposa soltanto l’esteriore; l’interiore procede imperterrito e senza sosta. Qualcuno che è volentieri attivo, nel riposo rifletterà come dovrà cominciare il giorno successivo, riflette il procedere e la meta”.

                    18.                  “Posso interrompere?”, chiede il centurione Hermius. – “Certo!”. – “Volevo dire: mi si è acceso un lumicino, anche se non lo comprendo del tutto. Il paragone con noi – sì, questo sembra chiaro e lo hai di nuovo spiegato bene, Giovanni. La vita è una faccenda continua; e così forse – soltanto proprio non capito – sarà con il Creatore.

                    19.                  Anche se Lui non muove le Sue mani e i Suoi piedi, quando riposa dai giorni del Suo lavoro, potrei dubitarne dopo tutto ciò che finora ho potuto riconoscere di Lui. Soltanto il ‘come’ mi è incomprensibile”. – “Non solo a te”, dice Stefano, “ma certo è buono e vero che noi in questo riguardo stiamo davanti all’officina di Dio; dal Suo riposo, infatti, scaturisce per noi figli nuova beatitudine”. Questo è certamente giusto.

                    20.                  Dice Horpha che siede in cerchio con alcune famiglie. “Non ho mai osato farmi avanti fino a questa porta; nemmeno la si troverà”. – “Pensavo precisamente così”, interviene Claretus. “Noi possiamo investigare molto, ma non su DIO in tutta la Sua magnificenza, nella Sua segreta Essenza, dalla quale per tutti viene ciò che serve ad ognuno per il meglio”.

                    21.                  “Il Signore ha una grande Gioia di voi”, elogia Giovanni. “Voi avete completamente superato ciò che una volta era la vostra esistenza, la vostra vita, la vostra opinione. I vostri cuori sono diventati un campo nel quale DIO ha sparso la Sua semenza. Ora essa è germogliata, mostra già molti buoni frutti. Hm, nessuna lode, amici miei, è proprio ciò che il Signore vi fa sapere.

                    22.                  Non c’è bisogno di entrare nell’officina di Dio. Se riconosciamo ciò che Egli crea, allora è come se potessimo vedere da una lontananza quella porta. Ma l’altra, di cui il Salvatore ha detto: ‘Io sono la Porta; se uno passa attraverso di Me, sarà beato, uscirà ed entrerà e troverà pastura’ [Giov. 10, 9], ci sta aperta. Questo lo spiegherò più tardi. Prima ritorniamo al ‘riposo ed eterno operare’.

                    23.                  Nel piccolo noi sappiamo che il Creatore è l’Impulso-Azione, cosa che significa il Suo operare. ‘Egli riposa’ – abbraccia con lo sguardo i giorni passati della Creazione del Suo Anno-Atto-UR. In questo riposo Egli adagia sul letto il Suo popolo di figli. Noi mai lo potremo afferrare totalmente; è possibile solo una sensazione, dal momento che ogni spirito figlio ha bisogno di riposo, simile a quello dell’uomo dopo una giornata di lavoro compiuto.

                    24.                  Coloro che nella caduta della primogenita erano rimasti fedeli, hanno sacrificato il loro ‘sempre-essere-presso-Dio’. Essi collaborano affinché la povera figlia insieme al seguito trovi la sua via di Casa. Oh, ‘essi si piegano, finché stanno nel campo’, per portare a Casa ogni piccola spiga, ogni granellino, per la gioia del Padre[19].

                    25.                  Questo è quel faticoso lavoro che non si riconosce pienamente da sé. Esempio: il lavoro delle settimane passate ha richiesto molto impegno delle vostre forze fisiche. Ciò nonostante il pensiero di ‘aiutare’ eclissava ogni pesante fatica, quindi non l’avete sentita precisamente. Dopo, era assolutamente necessario il riposo.

                    26.                  Bene, ma è incommensurabilmente superiore, quando la notte della Creazione concluse il sesto Giorno di lavoro, quando il Sabato venne sulle ali dell’aurora. Il riposo di Dio non è un deporre il Suo lavoro. I fedeli raccolgono il loro salario, le ferite dei precipitati vengono guarite. La magnificenza della Volontà del Padre risplende sui fardelli della materia.

                    27.                  Voi pensate ancora alla fatica. La potete sentire ancora? No! Sapete soltanto com’è stata”. – “Oh, sì”, dice Sejananus, “durante tutte le difficili settimane ho sospirato spesso, mi faceva male la schiena e mi cascavano le braccia. Oggi – non sento niente di tutto questo!”.

                    28.                  “Il giorno del Sabato colmo di bene, oltre al riposo, porta ulteriore servire”, insegna Giovanni, “la Volontà creativa di Dio, infatti, viaggia attraverso il campo dell’azione (Anno-Atto-UR). Il Suo riposo è lo sguardo retrospettivo sul passato, e incommensurabile sarà il Suo giubilo nell’introspezione delle opere di milioni di anni. La pienezza dei pensieri forma il successivo, ininterrottamente, attraverso i quattro flussi della Sua santa Eternità-UR!

                    29.                  Per la nostra gioia festosa Dio ha velato questo futuro. Al mattino della Misericordia Egli solleva la coperta che nascondeva il Suo ‘operare anticipatamente’. Un’immagine: il giorno prima del battesimo, Stefano aveva riflettuto che cosa sarebbe stato il giorno dopo. Egli aveva creduto in qualcosa di bello. Soltanto, in che cosa? Nella notte lo rese beato un sogno, al risveglio non seppe più molto di questo; esisteva soltanto la sensazione di felicità. Così andrà a noi. La notte tra i due giorni, quello dell’Amore e della Misericordia, ci benedirà spiritualmente. Al mattino però attenderemo beati ciò che ci prepara il Padre nel Suo e nel nostro giorno di Sabato. Questo sia ora sufficiente e vogliamo imparare a non stendere la mano anticipatamente. Come DIO guida, è sempre ben fatto”.

                    30.                  Un pescatore leva timido la sua mano. “Parla!”, lo invita Sejananus. Questi balbetta, finché Giovanni prende le sue mani: “Hai tu paura dinanzi a me?”. – “No, soltanto che i nostri romani sono spiritualmente così progrediti, per non parlare di te, nostro insegnante, mentre …” – “…tu non stai più in basso di noi”, lo tranquillizza Cronias.

                    31.                  “Davanti a Dio non esiste nessuna differenza, quando ci si sforza di cogliere al meglio possibile i Suoi Insegnamenti, di amarLo e – per quanto possiamo sulla Terra – aiutare i bisognosi. Tu volevi salvare i tuoi compagni, cosa che è superiore ad ogni qualsiasi sapere e conoscenza. Non è vero, Giovanni?”. – “Sì, è giusto! E ora parla, Pharet, noi ascoltiamo volentieri”.

                    32.                  “Tu eri triste, io l’ho sentito. Una volta ci hai raccontato come il Signore aveva calmato il mare. Mi è venuto in mente che tu avresti volentieri calmato la tempesta. Penso che lo avresti potuto; poiché uno che era così vicino al Salvatore e Lo conosceva certamente meglio di tutti, a costui sarebbe possibile fare anche questo nel Nome di GESU’. Perché non è successo? – Chi sa dunque questo?”.

                    33.                  “Doveva certamente essere così”, dice Scubatus. “Giovanni, proprio non doveva interferire nella mano operativa di Dio. Noi mai sonderemo, perché l’operare di Dio è differente. Tra noi c’è il Suo discepolo, il quale può soccorrere in tempeste umane e forze della natura; e poi di nuovo così, come se la bontà di Dio fosse amputata”. Con angoscia si guarda a Giovanni, il cui volto rivela una grande tristezza.

                    34.                  “Avete ragione. Non tutto vi posso annunciare adesso; soltanto questo: ho visto delle pesanti immagini, e la tempesta era come uno specchio di ciò che un giorno si riverserà nel mondo. Gli ultimi uomini provocheranno da se stessi le loro sofferenze. Allora potrà essere l’ultima Grazia di Dio, quando questo dolore salirà fino al Cielo [Ap. 14, 20]”. Il tempo per questo non è ancora venuto, l’amabilità del discepolo prorompe di nuovo: “Ora voglio prima parlare di quella Porta che per noi sta sempre aperta.

                    35.                  ‘IO sono la porta!’. Una parola di Grazia. I superiori del Tempio avevano deriso il nostro Signore. ‘Sei Tu di legno?’, domandò un brutto. ‘Nessuna risposta potrà essere un giorno per te una benedizione, se …’. Gesù si rivolgeva al popolo. Oh, si può certo domandare che cosa deve significare questa Parola. Come sempre essa era una meravigliosa immagine. LUI, che come DIO si è sacrificato per noi, è la porta del sacrificio, attraverso la quale ognuno può giungere di ritorno nella Casa del Padre.

                    36.                  Finché uno non riconosce il sacrificio, esclusi quegli innocenti che proprio non conoscono Dio, la porta di Luce rimane chiusa per loro. Questo ha inteso il Signore. Il popolo non istruito si accalcava intorno a Lui; noi dovevamo creare per Lui un passaggio, Egli voleva proseguire. Quanto volentieri però si lasciava trattenere da tutti quei poveri; amorevolmente li benediva.

                    37.                  Credetelo, amici, ben invisibile, il Salvatore è però con noi. Noi Lo potevamo sperimentare. Lui viene da tutti quelli che Lo accolgono, anche da coloro che hanno bisogno di Lui. Egli è sempre per ognuno la porta; il Suo Amore, bontà, grazia e misericordia sono il nostro ‘Hephatha’!

                    38.                  Per i maligni superiori, per i beffeggiatori, la porta è sbarrata. Se per sempre, non si sa. Egli disse: ‘Se qualcuno entra attraverso ME’, chi lo fa, ‘sarà beato ed entrerà ed uscirà e troverà pastura’. Entrare e uscire significa quella libertà che sta nella volontà di Dio. Poiché chi è beato, mai andrà più via da Lui. Voi lo avete compreso bene. Chi però ha ancora una domanda, allora ne abbiamo ancora il tempo”.

                    39.                  “Ci sarebbero abbastanza domande”, si presenta Claretus. “A me manca ancora tanto. Ci hai insegnato a credere anche l’incompreso, finché ce lo chiarirà lo spirito. Ebbene, questa: ‘Fatevi amici con l’ingiusta mammona’ [Luca 16, 9]. Una volta tu lo hai menzionato. Forse sono l’unico che non schiaccia questa noce”. – Dice Cronias: “Presso il nostro Salvatore esistono molte noci che noi uomini non possiamo schiacciare da soli. Non vedo l’ora che si risolva questo mistero. Il Signore, certo, mai ha amato mammona”.

                    40.                  “Talvolta era strano”, comincia Giovanni. “Specialmente all’inizio, quando Lo abbiamo seguito, i misteri si accumulavano dinanzi a noi. Una volta Santo, quasi inavvicinabile, poi di nuovo totalmente come un Uomo, nell’Insegnamento e nell’operare. Solo più tardi ci siamo resi conto che cosa doveva significare quest’accenno. Egli per di più aggiunse: ‘…affinché quando voi stentate la vita, essi vi accolgano nell’eterno rifugio’.

                    41.                  Vedete, quando un ricco pensa ai poveri, allora questi possono, se muoiono nella fede, aprire il rifugio di Luce. Se per vero un ricco pensa ai poveri, ma non a Dio, sapendolo o no, per costui i poveri stendono le loro mani pregando e supplicando: ‘Padre, aiutalo e benedicilo, egli ci ha aiutato nel mondo!’. È questo ‘l’accogliere nell’eterno rifugio’.

                    42.                  Questo rimarrà a lungo incompreso. L’uomo non attinge volentieri né in alto né in basso, per lui è dritto il suo piccolo sentiero tortuoso, sul quale va comodamente avanti, senza chiedere: che cosa sarà un giorno? Se apre il suo cuore, allora Dio dà la risposta: come Egli disse:

Voi scrutate le Scritture, perché pensate

di avere per mezzo di esse la Vita eterna;

e queste sono quelle che rendono testimonianza di ME’. [Giov. 5, 39].

                    43.                  In ciò si pensa ai rotoli che giacciono nel Tempio. Oh, ci verrebbe da questi la Vita eterna che il Signore intende? Non dai rotoli, i quali coronano soltanto la lettera, ma dallo spirito, che è e dona la Vita!

                    44.                  Ciò nonostante anche questa Scrittura testimonia di Dio. Chi lascia agire la voce dello spirito, comprenderà la parola –‘mammona’. Voi romani avete spesso aiutato col vostro potere, e Cornelio ha lasciato i suoi averi ai poveri e ai perseguitati. Egli possiede certamente il suo rifugio eterno e accoglie chi il Padre conduce a lui”.

                    45.                  Hermius sospira molto profondamente e Stefano fa come lui. “Chi può raggiungere questo? Io, mai!”. – “Pensi tu, Hermius?”, chiede Giovanni. “Noi non abbiamo ancora bisogno di saperlo; ma una cosa è certa: chi può credere, chi fa del bene, nell’ultimo caso perfino coloro che non hanno mai sentito qualcosa del Salvatore, costui entra ‘nell’eterno rifugio’, anche se uno dovrà camminare molto nell’aldilà.

                    46.                  Se apriamo gli occhi sulla nostra stessa insufficienza, e se possiamo vincerla, questo aiuta ad arrampicarci sulla nostra scala del Cielo. Certamente i gradini bassi potranno essere magri, verrà comunque su di noi la gioia: di nuovo è bruciata una scoria – mediante la bontà di Dio e il Suo sacrificio offerto per noi!

                    47.                  Quindi, non abbassiamo la testa, cari amici, abbandonatevi al Padre vostro. Io, come voi, dobbiamo tendere in avanti, superare tutto, finché ci si sottomette alla Volontà di Dio. Se noi, come Cornelio, abbiamo o no subito un proprio rifugio celeste, mai diminuirà la beatitudine che ci attende”. (rifugio: custodia, protezione, tabernacolo).

                    48.                  Oggi con loro ci sono i due legionari che un giorno s’introdussero furtivamente sull’isola e da allora cercavano la vicinanza di Giovanni. Volentieri egli li aveva lasciati fare, ma si erano tenuti ancora indietro. Entrambi, soggetti ancora tanto rudi, e poi, improvvisamente: – era un vecchio che essi volevano pugnalare! Costui, stava lì ritto, alzò le mani e li guardò. Null’altro!

                    49.                  Il suo sguardo li colpì in mezzo al loro animo tenebroso. Le loro armi caddero e il vecchio disse: ‘Voi troverete un’altra via!’. Da allora in poi non poterono più combattere. Furono guardati già con disprezzo e dovettero fuggire, alcuni con loro. Perché altrimenti – sarebbe venuta su di loro la corte marziale.

                    50.                  Uno guarda Giovanni implorando. Parla Giovanni: “Che cosa hai nel cuore?”. – “Non so se lo posso esprimere nel modo giusto. Ho sentito molto di te, ciò che hai predicato, per me è stato tutto nuovo. Talvolta mi veniva caldo intorno al cuore quando sentivo la tua voce. Tu e i miei superiori”, intende Cronias e gli alti, “vi siete dati ad un Dio a me prima sconosciuto.

                    51.                  Ma io – oh, guai! Mai giungerò al vostro Dio! Al massimo, che Lui mi condanni! Allora sarebbe ben finita per me; ma come? Non ho ancora mai avuto paura, in nessuna notte, in nessuna battaglia e, coi pericoli convivevo. Ora mi assale spesso una paura: che cosa sarà un giorno di me, quando – se esiste questo aldilà e – e una resa dei conti”.

                    52.                  “Sector, questa paura è l’inizio di una nuova vita. Ognuno ha bisogno della paura per risvegliarsi. Non abbiamo bisogno di aver timore dinanzi a Dio, dinanzi al Padre; la paura consuma la forza dell’anima. La paura è l’anticamera del profondo rispetto! Tu eri meravigliato perché mi sono rivolto raramente a te e ai tuoi compagni; questo perché: voi dovevate cambiarvi da voi stessi a causa della vostra precedente cattiveria. Ogni uomo ha bisogno della sua stessa ‘conversione’!

                    53.                  Ora vi siete cambiati e gli altri attendono nella casetta. Tu quindi puoi portar loro il lumicino, esso non è più troppo piccolo. Il Signore ha steso le sue Mani e ha soffiato sulla vostra piccola fiammella, affinché non si spegnesse. Dì ai tuoi compagni: ‘Venite e seguite il Salvatore, anche noi siamo figli di Dio!’. Egli vi ha atteso certamente da tanto tempo, soltanto non in modo che stesse in disparte e pensasse: ‘Essi devono venire!’.

                    54.                  Naturalmente anche questo. Come potremmo trovarLo se non avessimo la nostalgia: ‘voglio incamminarmi e andare dal Padre mio!’ [Luca 15,18-20]. Vi sia spiegato. Il figlio, significa tutti quelli che, come voi e molti altri, hanno fatto del male con intenzione, anche se, in parte, spinti su una cattiva strada da circostanze della vita. Ogni uomo possiede però la voce della coscienza. Voi la conoscevate, ma l’avete sempre repressa.

                    55.                  In quel vecchio voi incontraste Dio! Non avete più dimenticato le sue parole, quell’incomprensibile promessa: ‘Quando il figlio era ancora lontano, il PADRE s’incamminò e gli andò incontro’. Non potete ancora comprendere di ciò la grande profondità, ma questo sì: l’aiuto di Dio vi ha portato qui, al ‘luogo del Signore’.

                    56.                  Ora conoscete il Suo Insegnamento, lo avete ascoltato di nascosto, quando parlavo alla comunità. Vi siete tenuti nascosti, io lo sapevo, e Dio mi ha parlato: ‘Le pecorelle hanno già trovato l’ovile, soltanto, non conoscono ancora la porta’. Ora per voi la porta è aperta e siete proprietà di Dio”.

                    57.                  “Noi …? Oh, Giovanni, impossibile!”. Cretios, l’altro legionario, lo esclama a voce alta. “Tu sei uguale a Cesare. Io l’ultimo legionario”. – “Prendiamo per aiuto la tua immagine, allora DIO sarebbe Cesare, tutti noi le Sue truppe”. – “Ci sono però superiori e inferiori”, replica Sector. “Una volta ho sentito che anni addietro governava un certo Cirenio; un ufficiale anziano potrebbe ricordarsi di lui. Penso dunque che tu presso Dio sia qualcuno, uno dei superiori”.

                    58.                  “Nel piccolo hai ragione”, risponde Sejananus, “intendo non di questo mondo, soltanto del Regno, che conosceremo – dopo il mondo”. – Horpha osa dire: “Sarà certamente così; ma per quanto conosco il nostro caro maestro, lo negherà. Egli non ama ciò che è messo in rilievo”.

                    59.                  Giovanni posa una mano sul suo braccio. “Voi vi siete escogitati il bene, Horpha il meglio. Voi sapete, esistono dei principi angelici che sono venuti alla vita per primi dalla pienezza della potenza di Dio, dalla Sua magnificenza di Creatore. Se chiedete a loro cosa essi sono, allora risponderanno: ‘Figli del Padre!’. Così rimanga anche tra noi; su ognuno, infatti, agiscono le mani paterne di Dio.

                    60.                  Sector, irrequieto, leva in alto le due mani: “Tu hai spiegato l’Essenza di Dio e come Egli sia da riconoscere, simile a noi uomini. Se Lui ha altrettanto due mani, come può guidare l’intera Creazione, ed in più ogni piccolo figlio d’uomo? Questo non lo capirò mai!”. – “Imparerai a comprenderlo”, dice Giovanni. “Lo scritto più antico a noi noto sull’Essenza di Dio contemplabile dice: ‘Egli creò l’uomo a SUA Immagine; lo creò ad Immagine di Dio’ [Gen. 1, 27], ‘li creò maschio e femmina. Quindi anche il Creatore ha due mani, con le quali crea, mantiene, porta e guida, del tutto secondo il Suo compiacimento creativo. Ascolta però:

                    61.                  Per creare un Sole, Egli fa passare dalle Sue mani una grande forza; per una creatura figlio, prende la Sua benedizione paterna, per legarlo a Sé mediante la Sua creatività – nella Misericordia. Ora pensate ancora ad un filo d’erba, ad un minuscolo insetto. Là il potere è misurato in modo delicato, allora soffia dal Suo ATMA soltanto il più fine soffio, per formare anche queste piccole opere, e per mantenerle, appunto per portarle al loro stesso perfezionamento.

                    62.                  Durante l’ultima tempesta passata avete dovuto operare con le forze più vigorose; ma nell’uso quotidiano impiegate le mani in modo del tutto differente. Se volete prendere un frutto dall’albero oppure anche cogliere un fiorellino, allora ritenete la forza vigorosa, altrimenti distruggereste più che guadagnare. Metaforicamente è così: per ogni cosa, sia grande che piccola, Dio ha due mani, come anche noi. Le Sue mani operano sempre in modo diverso. Compreso, caro Sector?”.

                    63.                  “Fino a questo punto, sì”, conferma costui, “tuttavia il vero, il puro Divino, non si afferrerà mai completamente. Sono – come si può dire – comunque miracoli che rimangono incomprensibili a noi uomini. Già l’erba, che tu hai menzionato, lo è. La si può tagliare quanto si vuole, crescerà sempre di nuovo e chissà quante volte. Basta soltanto guardare di notte le stelle sulla volta celeste! Nessuno vede dove in qualche modo sono legate. Forse sono soltanto piccole scintille luminose, e allora si potrebbe comprendere che svolazzano come un coleottero, il quale anche non cade giù ed ha ali così piccole che si vedono appena. Ma con le stelle, com’è questa faccenda?”.

                    64.                  “Tu pensavi”, sorride il veggente di Dio, “se esse altrettanto avessero le ali e perciò potessero volteggiare liberamente nello spazio. Ali, come il diligente insetto, non le ha nessun sole, nessun mondo. Ciononostante si potrebbe pensare a questo. Nei Salmi del re Davide queste vengono spesso menzionate. Evoco un passo: ‘Se prendessi le ali dell’aurora e rimanessi sul mare più remoto’, con la meravigliosa aggiunta: ‘…anche là mi guiderebbero le Tue mani e mi sosterrebbe la Tua destra’ [Salmo 139, 9-10].

                    65.                  Le ali dell’aurora – sono il tendere avanti verso l’inizio di una nuova vita, di una nuova conoscenza. Se lasciamo agire la stessa, se la seguiamo, allora il nostro spirito, dato da DIO, vola sulle altezze, poi siamo liberi dal ‘mare più remoto’, cosa che simbolicamente vuol dire che ci siamo liberati dal nostro io mondano, l’io che ci separa dalla Luce e dall’Amore di Dio.

                    66.                  Lontani da LUI noi siamo come un BRUCO, il quale può soltanto strisciare; con LUI si può vincere il mondo. Così, Sector, possiamo considerare anche le stelle, quelle formazioni di luce. Il nostro mondo – voi non lo sapete – è sospeso come una stella nel firmamento; e tutte queste ‘ali’ sono la Potenza del Creatore, il Quale mantiene e sostiene la Sua opera meravigliosa.

                    67.                  Con ‘ali dell’aurora’ sono menzionate la ‘Mano’ e la ‘Destra’ di Dio, cosa che conferma che le Sue mani sono sostegno e benedizione della nostra vita. Si deve riconoscere la realtà dello spirituale, in questa riconosciamo lo Spirito di Dio che sempre ci perviene dalle opere Sue. I simboli, Hermius, poiché tu così pensi, non sono cose astratte; essi ci danno la possibilità di riconoscere il puramente Divino.

                    68.                  Ora andiamo a riposare, di nuovo passa la notte. Nei prossimi giorni avremo molto da fare con dei naufraghi. Costoro lasciateli di nuovo andare non appena la loro nave sarà in ordine. Vengono da lontano e sono stranieri, ma è brava gente”.

                    69.                  “Bene, quando si sa questo”, dice Claretus, “si agisce spesso troppo facilmente in maniera sbagliata”. – “Certo; ma voi lo sentite già come bisogna agire, amorevolmente, ma anche con severità, comunque senza durezza”. – “Hm”, mormora Cronias, “imparato da te”. – “Dalla Dottrina di DIO!”.

                    70.                  Dopo pochi giorni si ripescano i naufraghi, in parte ancora sulla nave mezza spezzata, in parte, aggrappati a delle tavole, prossimi alla morte. Non si conosce la loro lingua, sebbene Sejananus e Claretus, i quali hanno viaggiato molto, conoscano parecchi popoli e la loro lingua, almeno fino al punto da potersi intendere. A questo punto deve aiutare il linguaggio dei segni, e questo funziona abbastanza bene.

                    71.                  Il tempo vola, colmo di molta buona opera umana, opera che è benedetta; perché dove si soccorre il prossimo, qui opera

La mano di Dio e la destra Sua’.

 

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Cap. 21

Il Signore appare al Suo Giovanni – L’ultima grande predica del veggente di Dio

Giovanni colloquia con il Suo Gesù, che consolazione! Domande e risposte elevate sul futuro tempo, su Ninive e Giona – Morte del capitano Sejananus – Un viaggio a Tiro riporta dieci giovani cristiani

                      1.                    Da lungo tempo Giovanni è malaticcio. Opprime meno il peso del corpo, di più opprime l’animo. Le immagini che deve mettere giù per iscritto passano nel suo interiore come oscuri fantasmi. Un silenzioso sospiro: “Signore, o Signore, la povera umanità dovrà un giorno far venire su di sé tutto questo? Non puoi Tu, quale il più caro Salvatore…”– “…immergere la sofferenza nella misericordia?”.

                      2.                    Non soltanto la voce di Dio, Lui stesso sta nella stanza della torre, al giaciglio del Suo discepolo. “Signore!”. L’uomo balza in piedi, cade sulle ginocchia, leva le due mani e nasconde il suo capo al petto di Dio. Soltanto quest’unica parola; ma quale brama, quale fervore c’è in quest’unico grido.

                      3.                    “Siediti”, dice Dio benevolo, come Lui, quale Salvatore, parlava sempre ai poveri e ai figli, “e ascolta”. Tremando, Giovanni si siede su una sedia, di fronte a Dio. “Per l’amore e la misericordia tu hai certamente ragione di alzare, implorando, entrambe le mani, pensi al tormento che un giorno infurierà nel mondo. Pensi anche a tutti i peccati, alla cattiveria, a ciò che si fa verso di Me, verso il Mio Spirito, verso la Mia fatica quasi sprecata per il popolo degli uomini?! Oppure pensi che sia punizione del Mio Amore, dove non ci sarebbe nulla da punire, per educare i figli smarriti?!”.

                      4.                    “Io non lo so, eccetto una cosa: Tu fai bene in ogni tempo secondo la Tua Sapienza, anche se l’uomo non la riconosce”. – “Nemmeno tu, uno dei Miei discepoli nel mondo?”. Domandato così seriamente, opprime Giovanni e, ciononostante, lo rende così beato: ‘Il Signore parla con me!’.

                      5.                    “Tu mi hai colmato con il Tuo Spirito di Grazia, ed io so bene quanto è meraviglioso il Tuo operare. In più la Tua fatica! Nessuno la pesa! Da ciò viene quasi solo una particella sull’oscurità delle anime, degli uomini smarriti, per i quali valeva il non-riconoscere. Tu annunci il terrore come un giorno ai profeti, perfino ancora di più, e vedo, come l’umanità si rovini sempre di più. O Signore, leva via il più brutto, la Tua misericordia amorevole possa impietosirsi per gli smarriti e perduti. Poiché vedi, o Signore, la materia è l’oscuro carcere delle anime; come potranno imparare a vedere coloro che in essa sono prigionieri?”.

                      6.                    “Chi le ha catturate? Chi imporrà ai posteri di essere ancora peggiori che a Sodoma e a Ninive?”. Giovanni si aggrappa singhiozzando alla santa veste. “Non hai bisogno di dirMi nulla”, consola Dio, la Sua mano accarezza dolcemente il capo chino, finché il torrente di lacrime del discepolo si esaurisce.

                      7.                    “A te è estremamente difficile vedere, ma il tuo spirito è grande, la tua anima forte; ed anche se ti abbatte il peso dell’immagine – fino all’ultimo tu sarai il Mio fedele veggente. Prendi su di te il peso della visione e ricorda: IO ho portato il peso della croce per la materia, per i passati, per i presenti e per i venienti. Il futuro in sé non è brutto; ciò che significa tempo, infatti, è una parte della Mia magnificenza. Soltanto ciò che la caduta fa in essa, è quel ‘non buono della materia’. Dipende dall’uomo, se si piega al non-bene, oppure ‘al Mio bene della vita’.

                      8.                    Ho menzionato Ninive. Tu sai che cose c’era lì?”. – “Non precisamente, Padre, spiegamelo, Ti prego. Si parlava della disobbedienza di Giona, ma io non lo potevo credere”. – “Hai fatto bene in riguardo a questo, perché hai alzato le mani per farMi cambiare di sentimento. Con la differenza: tu vorresti che il giudizio un giorno non cadesse giù, mentre Giona mormorò, perché non accadde.

                      9.                    Sempre Io inviai Giona nella città sfrenata, per predicare il giudizio, per avvertire e – per invocare. Quella gente ascoltò la Mia voce e si distolse dalla sua cattiveria. Questa è la Mia bontà, bontà che aiuta e guarisce in tutti i tempi, perfino quando c’è un mezzo ritorno. Giona ogni volta fu deriso, quando egli ritornava, quando i Niniviti diventavano tiepidi. E alla fine Io ebbi pietà del profeta e della città [Giona 4, 11].

                    10.                  Così avrò pietà un giorno anche per quegli ultimi uomini malvagi, proprio perché il giudizio avverrà. Il Mio fuoco di Creatore! Non dire: il fuoco brucia e duole. Più di ogni altro proveniente dalla Mia Sapienza il Mio fuoco guarisce! Incompreso, Io lo so meglio dell’uomo, come anche di te.

                    11.                  Vuoi ancora levar le mani implorando: ‘O Signore, lascia passare il giudizio come allora su Ninive?!’. Vuoi porre un argine al fervore del Mio fuoco quale balsamo? IO non causo ferite, questo sia detto! Non IO porto il giudizio! Non gli angeli inviati riversano le loro coppe dell’ira, se con, se senza la Mia Volontà – considerato dal senso del giudizio: l’uomo giudica se stesso!

                    12.                  La materia è la più grande ferita della Creazione. Certo, l’autrice è tornata indietro, il Golgota l’ha costretta. Soltanto che l’intera caduta non è ancora a lungo purificata, cosa che è da purificare solo attraverso dolore e sofferenza. Questo IO faccio, da quando la povera figlia cadde dal Cielo; e da allora agisce il Mio giudizio: rialzando, raddrizzando, indirizzando verso Casa.

                    13.                  Quindi non verrà prima, esso scorre come il rocchetto del tessitore. Quanto più si va vicino alla fine della materia, tanto più si condensa l’avversità, qui poi non più soltanto a causa della caduta della prima figlia. Se fosse così, oh, guarda – su questo mondo reso povero sventolerebbe presto il vessillo della pace e i figli ritornerebbero incolumi nella Casa del Padre, uno come l’altro.

                    14.                  No! L’uomo vuol sempre di più formare la sua vita da se stesso, senza domandarsi se il Creatore la possa conservare. L’immagine fallace e retrospettiva di Sadana! Lei voleva padroneggiare la sua vita senza di Me. Alza le tue mani; di ogni buona preghiera Io faccio una goccia della Mia benedizione, di cui l’ultima umanità ha estremamente bisogno.

                    15.                  Sei sconvolto, perché sono venuto da te come ‘Salvatore’. Io vengo spesso da ogni figlio, e mai calcoleresti quanto volte IO lo faccio e – quanto pochi si accorgono della Mia venuta. Ciononostante non è fatto invano! IO sono presso di voi tutti i giorni [Matt. 28, 20], cosa che tu devi ancora insegnare. Allora per te si cambierà molto. Taci che sono stato presso di te, ma devi evidenziare la Mia benedizione. Allora sii pronto! E sii consolato! Io sono con te, le Mie mani ti sostengono!”.

                    16.                  Strano, rare volte Giovanni è solo, ognuno lo vuol servire. Se lui lo desidera per scrivere in pace ciò che la Luce gli rivela, allora si aspetta finché chiama. Oggi non ha detto nulla e, tuttavia, nessuno è venuto ad interrompere l’ora suprema con il Signore. Il discepolo verifica sempre con nuovo stupore, come Dio guida tutto fin nei minimi particolari.

                    17.                  “Sì”, dice fra sé, “nessuno conosce il sublime del Tuo governo. In questo giace il dono di ogni benedizione, donato ai figli Tuoi. Chi può misurare il suo valore?”. Giovanni s’immerge nella preghiera. Nonostante alcuni fardelli, il suo spirito giubila all’Altissimo; egli è simile ad un altare sul quale depone il ringraziamento e la preghiera – davanti al Volto santo, Volto che egli crede di conoscere, e comunque, quando potrà lasciare il mondo, rabbrividendo, vedrà CHI è Colui che ‘nel Santuario troneggia sul supremo maestoso trono’ [Isaia 6, 1], vicino e magnificamente amorevole, un PADRE di tutti i figli.

                    18.                  Un’ora buona è passata da quando il Signore ha parlato con lui. Si alza, per vedere Sejananus, il quale di recente è diventato stranamente silenzioso. Ognuno se ne accorge: i suoi giorni sono contati. Ha dato ancora qualche buon consiglio a Stefano e all’equipaggio della Cornelia, spesso stringe muto la mano di Giovanni, negli occhi quella domanda che sorge in ogni uomo, quando si sente vicino alla morte: ‘Dove si va? Che cosa sarà di me?’.

                    19.                  Così, muto, nel linguaggio della Luce, Giovanni guarda il suo amico negli occhi, ed è un conforto, un meraviglioso segreto che colma il cuore di colui che se ne va! Pensando questo, Stefano viene fuori precipitoso; “Giovanni, vieni, presto, Sejananus si è messo sul suo letto ed ha chiesto di te!”. Il veggente di Dio fa cenno col capo in silenzio. Stefano è già corso via, questa volta non badando di aiutare qualcuno a scendere la scala.

                    20.                  Gli amici sono radunati presso il capitano. Il medico sussurra: “Presto passerà, non ha bisogno di soffrire”. Giovanni lo vede, quando si siede al giaciglio e prende le mani fredde. Sejananus ha spesso sentito la morte accanto a sé nei suoi viaggi, l’ha guardata con coraggio, allora nel senso del mondo. Da quando è giunto alla conoscenza, cosa che deve al discepolo più vicino a Dio, nel bisogno e nella tempesta si è affidato al Signore e – spiritualmente ha guardato a Lui, non nell’occhio della morte, come si dice. Anche adesso il suo sguardo si leva in alto, come se il Cielo si fosse già aperto per lui e, con gioia nella voce, dice:

                    21.                  “Il Salvatore chiama! Voglio chiedere perdono al Mio Signore Iddio per tutto ciò che ho fatto contro di Lui. Vorrei vedere volentieri Maria, Cornelio, Nicodemo e anche altri. Saluterò tutti da parte vostra”. Si guarda intorno, in ultimo dice a Giovanni. “Non dimenticherò nessuno di voi. Chissà se potrò aiutare un pochino a proteggere la nostra isola della pace…? Addio, add…”.

                    22.                  Ed è di nuovo come se qualcuno venisse al giaciglio e andasse via, invisibile e, lo stesso percettibile, come un alito proveniente dall’Eternità di Dio. Le palpebre si sono chiuse da sé. A lungo stanno lì senza parola, ognuno pensa: di nuovo se n’è andato un fedele che nei pericoli sapeva sempre aiutare. Si può avere quel lutto che proviene dall’amore, e la comunità della torre è in lutto, quando il giorno successivo si porta al sepolcro il ‘morto’ che ora è eternamente ‘vivente’. Si depone la sua bara nella camera accanto a Cornelio.

                    23.                  Giovanni parla delle morte e della vita, la morte del corpo sarebbe il ‘nuovo inizio della nostra vita’, proceduta dal Creatore, ancorata al ritmo della Sua Volontà, la quale conosce cambiamenti, ma nessuna mancanza. Dopo di che Giovanni va al mare, là rimane seduto, finché l’aria fresca della notte passa su Patmos.

                    24.                  Stefano, Cronias, Scubatus, Hermius, Claretus e molti pescatori insieme alle donne lo seguono, attendendo finché il discepolo si alza. “Mettiamo nelle Mani del Padre il nostro dolore”, dice lui, “EGLI sa consolare. Più tardi vi annuncerò ciò che la voce di Dio mi ha incaricato di dire. Dobbiamo parlare di alcune cose, perché presto il nostro Stefano dovrà andare a Tiro. Non ti sarà molto facile occupare questo posto. Tuttavia hai imparato molto sotto il nostro vecchio capitano. Te la senti di stare al timone da solo?”.

                    25.                  “Il Salvatore mi aiuterà, come ha aiutato Sejananus”. – “Oh, la migliore delle risposte che potevi dare, caro ragazzo”. Si fanno avanti due pescatori e uno dice: “I nostri figli maggiori possono pescare i pesci senza di noi, noi serviamo Stefano e …” – “…anch’io!”. Il duumviro si rivolge a quest’ultimo. “Sono andato spesso per mare e sono pronto, dove è necessario aiuto”.

                    26.                  Giovanni ringrazia gli uomini, egli è contento che il ‘suo ragazzo’, come qualche volta chiama ancora Stefano, abbia l’aiuto migliore. Si ritorna allo stazionamento. Così passano alcuni giorni prima che la Cornelia cominci il suo prossimo viaggio. A Tiro è caricato di tutto, ma la nave non contiene soltanto merce.

                    27.                  A bordo ci sono dieci giovani cristiani, tra loro quattro ragazze. Uno dei pescatori, che tornava indietro tardi attraverso un vicolo scuro, li ha trovati pigiati strettamente sotto un muro ad arco. Egli ha subito visto che c’era qualcosa che non andava, è andato lì ed ha chiesto perché si nascondessero. La giovane schiera, molto impaurita, vuole fuggire, ma il pescatore dice: “Io commercio in pesci, e il pesce è un segno segreto (dei cristiani di allora). Chissà, forse lo conoscete?”.

                    28.                  “Tu sei – tu sei un cristiano?”, dice piano una voce. “Sì!”, confessa l’uomo di Patmos. “Oh, aiutaci!”, supplica una ragazza. “Da giorni veniamo perseguitati”. Il pescatore fa cenno: “Venite!”. La notte è buia, arriva con la sua schiera nel porto, senza che gli inseguitori se ne accorgano. Dorme anche il mastro portuale. Stefano e Claretus sono già a bordo. Che gioia, di nuovo sono stati salvati dei poveri uomini.

                    29.                  “Domani il mastro portuale ci darà il ‘via libera’.”. – “Ma se vengono gl’inseguitori?”, domanda un giovane angosciato. Claretus lo tranquillizza. “Io sono cristiano e duumviro romano. Se sono romani, allora vale il mio ordine; altri non hanno niente da cercare presso di noi. Ora è meglio che andate sotto coperta, là troverete un giaciglio”.

                    30.                  “Il Salvatore ci ha guidato meravigliosamente”, si sussurrano l’un l’altro, quando trovano un giaciglio, certamente ruvido, ma sicuro. La Cornelia arriva a Patmos con il carico. I giovani si mostrano volonterosi, sono dei buoni aiutanti, a questi si aggiungono ancora altri cristiani, romani e anche greci. Da ogni viaggio ne sono raccolti e salvati alcuni. –

                    31.                  Il tempo scorre. È un giorno di commemorazione, quando il Signore, dopo la Sua resurrezione, liberò i discepoli dalla loro paura. Giovanni ha registrato fedelmente tutti questi giorni speciali e, in essi, ha sempre insegnato una parola particolare. La comunità della torre è radunata. In parte ci si siede sulla morbida erba, in parte si rimane in piedi, perché anche il veggente sta in piedi. E lui comincia a parlare:

                    32.                  “Miei cari, alcuni buoni amici se ne sono andati, esteriormente, ma abbiamo conservato il loro ricordo. Noi sappiamo dove essi sono. E noi…? Noi li seguiamo gioiosi; la strada, infatti, conduce a Casa. I giovani e voi altri, tutti, che il SIGNORE ha salvato, siete meravigliosamente consolidati nella fede dell’unico Dio che noi amiamo e adoriamo.

                    33.                  Io vedo: l’isola della pace Patmos rimarrà ancora a lungo risparmiata. Quello che avverrà più tardi, sia lasciato al futuro. Alcuni di voi che hanno appreso molto del Salvatore, domandano perché il Signore è passato solo per alcuni anni visibilmente su questa Terra, così che in proporzione pochi uomini hanno potuto vederLo. A ragione voi domandate! Sì, dopo la crocifissione del Signore, anche dopo la Sua resurrezione, anzi, anche dopo l’Ascensione, noi, i discepoli, domandavamo completamente la stessa cosa.

                    34.                  Dal Suo Spirito di Grazia abbiamo ricevuto tuttavia la consolazione:

Io sono con voi tutti i giorni, fino alla fine del mondo’,

il che significa: sia che Lo vediamo con i nostri occhi fisici oppure no, non diminuisce la promessa di salvezza come lascito della sua santa onnipresenza. Essa è data a noi uomini per la nostra salvezza, anche se non si comprende del tutto perché si deve vedere assai raramente lo ‘Spirito della Verità e della Santità’.

                    35.                  La Sua Vita da Salvatore fu il tempo di svolta per la materia. Dapprima il suo dominatore [della materia] spinse molto in alto l’esteriorità, in similitudine: l’uomo cresce, diventa forte, fino al culmine della vita. Poi viene la svolta, in cui di nuovo diminuiscono forza e capacità. Questa svolta, quella dell’uomo, quella della Creazione materiale, è un immenso Atto di Grazia, Atto che sarà riconosciuto totalmente solo nell’aldilà. Ma questo si vede in ciò: esteriormente si torna indietro, spiritualmente la via conduce là, nel luogo di cui il Salvatore disse:

Nella Casa del Padre Mio ci sono molte dimore,

altrimenti ve l’avrei detto, perché vado a prepararvi il posto!’.

[Giov. 14-2]

                    36.                  Oh, il posto era esistente, già prima che l’eterno inizio della vita per il popolo dei figli fosse pensato. Là siamo a Casa, là conduce la meta, là noi LO vedremo eternamente, poiché è la nostra Luce e la nostra Vita. Proprio per questo Egli è con noi tutti i giorni, il Suoi occhi vegliano su di noi, su tutto ciò che ha creato. Non esiste nulla che non fosse proceduto dalla Sua Volontà abituata al bene!

                    37.                  Quella visione, nella quale l’occhio esteriore non ha parte, è il vero e proprio vedere che si può avere. Dipende da noi se giungiamo alla vista interiore. Questa proviene dalla fede, dal sapere incondizionato: DIO guarda a noi, non siamo lontani da Lui. Solo – se Gli stiamo lontani noi? Ebbene, da parte nostra siamo anche legati con Lui. Noi Lo amiamo, ci diamo al Suo Insegnamento, attraverso di Lui siamo consolati; e questo, cara comunità della torre, è la vera visione dello spirito.

                    38.                  Non necessitiamo di nessuna percezione esteriore; il nostro spirito, cuore, anima e sentimento hanno il collegamento più saldo, con cui Egli è sempre con noi, giorno per giorno, così come per tutti quelli che verranno che amano Dio e osservano i Suoi santi Comandamenti. Perciò io ho detto, i posteri li lasciamo al futuro. Perché il governo di Dio non cessa mai! In questo sta la causa prima della Sua santa onnipresenza.

                    39.                  Ultimamente sono emerse ancora alcune domande, domande che oggi noi tratteremo. Hermius pensava: ‘Se Dio è con noi tutti i giorni, e il nostro amico non ha dubitato di questo, come mai parlava allora di un ritorno?’. Si ritorna, se prima si è andati via. Umanamente! Poiché si pensa così, per questo il Signore ha parlato di un ritorno. Doveva essere conforto e certezza per noi e per tutti quelli che credono che Egli provvede per noi in ogni tempo e ci concede sempre il Suo aiuto.

                    40.                  Esiste tuttavia un Suo ritorno, e precisamente per quelli che non credono in Lui; non intendo quelli che non hanno ancora mai sentito qualcosa di Dio. Costoro stanno nel patto di Grazia, prima che esistesse una lontananza. Ma per gli iniziati: il Creatore di tutte le cose viventi esiste e poi lo stesso non Lo riconoscono per qualche ragione, e quelli che fanno intenzionalmente del male e portano così la loro stessa vita fino al limite della distruzione, per costoro Dio ritorna! Con l’improvvisa, amara conoscenza: troppo tardi per la mia anima! Non da parte di DIO; più in là, infatti, Egli potrà ben ancora fare altro. Questo rimane riservato eternamente a LUI!

                    41.                  Se abbiamo ricevuto questa parte di Grazia, allora c’è da augurarsi che sia data proprio anche agli smarriti. Un’incommensurabile benedizione! La salvezza della fede data a noi non è anche un’incommensurabile benedizione? Se entrambe le parti sono differenti, allora sta puramente nella santa giustizia di Dio, nella mano destra del Suo creare. Questo è radicato nella Parola per lo più incompresa:

Quello che fate al vostro prossimo, lo fate a Me!’.

                    42.                  Possiamo dare qualcosa al Creatore che non abbiamo già ricevuto prima da Lui? [Rom. 11, 35] Ciò nondimeno la Parola del Signore perdura a giusto titolo. Se facciamo del bene al prossimo, nella parola e nell’opera, allora offriamo una gioia all’Altissimo. Egli l’accoglie, Egli ne fa un tesoro regale della Sua nobile Casa. Questo è inteso con ciò. Nel fare-del-male Dio revoca per noi – mai per Sé – la parte dei valori della Creazione.

                    43.                  Noi siamo partecipi delle Sue opere, della Sua instancabile Grazia, nel far del bene e nel far del male. Questo corrisponde alla parabola delle libbre [Luca 19, 16 – 20]. Se moltiplichiamo la libbra, allora moltiplichiamo per noi il valore della Creazione. Se non lo facciamo, poi viene a mancare la parte proveniente dalle magnificenze del Regno. Che cosa succede allora? Noi non siamo presso Dio! Cuore, anima e sentimento, sono senza Luce. Lo spirito rimane libero!

                    44.                  Scubatus pensa che Dio avesse legato l’‘essere con noi tutti i giorni’ soltanto alla schiera dei discepoli, non alla comunità, quindi non si potrebbe vedere Iddio. Fratello, noi consideriamo la tua domanda posta più per paura. Tu vuoi essere legato strettamente con Dio. Oh, guarda, tu non hai bisogno di voler prima; tu sei, come tutti noi, presso il nostro Dio di Eternità in Eternità!! Il Signore ha ben affidato a noi discepoli questa parola d’addio, ma nel ‘voi’ sono inclusi tutti coloro che percorrono ancora la loro via di viandanti nella materia. Egli non ha detto: ‘presso di voi discepoli’; voi come tutti, è un numerale senza cifra.

                    45.                  Voi sospirate, ringraziate per questa benedizione. Sì, ringraziare, non lo deve mai dimenticare nessuno di noi, come un giorno cantò Davide:

Ringraziate il signore, perché Egli è buono

e la Sua bontà dura in eterno!’. [Salmo 106, 1]

                    46.                  Sejananus chiedeva qualcosa, quando Cornelio era ancora con noi. Non è facile da spiegare, ci vuole un ultrasenso, per sgusciar fuori il senso da una parola, come il seme da un frutto. Egli pensava a quella differenza di Padre e Figlio. A volte il Salvatore parlava di Sé come del ‘Figlio del Padre’, altre volte di ‘IO’! Inequivocabilmente nell’unicità di un Dio-Persona.

                    47.                  Noi conosciamo la verità. Più tardi da ciò si formeranno faticosi dogmi, non verificando che cosa il Signore abbia detto, perché, quando e a chi ha parlato del Figlio oppure dell’IO. Si deve conoscere la differenza per dare il predominio allo Spirito”. Giovanni vede un’immagine di fede. La applica alla spiegazione, sebbene giunga al significato soltanto per i tempi futuri.

                    48.                  “Il Comandamento di base di Dio, nel quale tutti gli altri Comandamenti possiedono il loro riflesso, la loro ripercussione, è comunicato attraverso Mosé:

I O sono il Signore, tuo   D I O ,

non devi avere altri déi accanto a Me!’.

Con déi era inteso il servizio degli idoli, non soltanto la deviazione dall’unico Dio, bensì tutto il fare e lasciare, cosa che porta alla perdizione dell’uomo, contro la giusta vita.

                    49.                  I profeti d’Israele, toccati dallo Spirito di Dio, annunciarono la Dottrina dell’unico D i o ! Essi non hanno mai parlato di un ‘Noi’, che sarebbe da interpretare come due o più persone. Oggi ci vorrebbe troppo tempo per indicare tutti i passi; ma li ho messi per iscritto. Più tardi”, Giovanni va oltre la propria visione, perché la comunità diventatagli cara deve un giorno continuare ad istruirsi senza di lui, “imparerete a conoscerli tutti.

                    50.                  Ne faccio notare solo due da Isaia, nei quali sono radicati quegli altri che illuminano l’‘Unico Dio’:

IO sono il Signore, e fuori di Me non c’è nessun Salvatore!’

‘Io sono il Primo e l’Ultimo.

E fuori di  ME  non c’è nessun Dio!’. [Is.43, 11; 44, 6]

Se nel Comandamento di base di Dio si parla di IO e ME, non possono esistere più persone nella Divinità, di cui magari una dice, cosa deve avvenire, un’altra dovrebbe subentrare al posto di questa.

                    51.                  Sebbene fosse inteso un ‘ramoscello’ e un ‘germoglio’ [Isaia 11, 1], allora voleva dire che Dio invierà uno Spirito dalla Sua Settuplicità per l’intera materia (la caratteristica dell’Amore), cosa che il profeta annuncia molto chiaramente, vale a dire su quale germoglio poggerà

lo Spirito del Signore, lo Spirito della sapienza e dell’intelletto,

lo Spirito del consiglio e della forza,

lo Spirito della conoscenza e del timore del Signore!’.

                    52.                  Con ciò sono indicate le sette caratteristiche di Dio meravigliosamente nell’UNO, e non esiste nessuna scissione, nessuna personificazione secondaria, come già alcuni intendevano che anche il Salvatore sarebbe stato soltanto un profeta [Matt. 16, 14]; e molta gente più tardi Gli vorrà strappare la veste della Sua santità, per non vederLo come DIO. Quale povertà, quale errore!

                    53.                  Noi riconosciamo che il Signore è nostro Dio e Padre. Egli, a causa della moltitudine, la quale non poteva comprendere il Divino in Lui, parlava di Sé come ‘Figlio’, poi ci spiegava, quando noi undici discepoli eravamo con Lui: ‘Fate attenzione! Io sono il Figlio, la Riconciliazione, la Pacificazione per i misfatti che sono stati provocati dalla caduta. Se venissi nel mondo nella Mia totale Divinità – oh, Io vi dico: potrebbero essere date soltanto due cose! Attraverso le Mie condizioni, ogni mondo, ogni vita sarebbe stata subito dissolta nell’attimo in cui Io avessi messo il Mio piede su questo mondo terreno – a causa della caduta! Che senso avrebbe avuto?

                    54.                  Oppure: se avessi lasciato agire la libertà di vita in virtù della Mia potenza, sarebbero stati certamente tutti redenti, ma senza la propria forza della fede sarebbero diventati tutti degli ‘esemplari della Mia potenza di Creatore’. Non poteva rimanere nessuna particolarità, nessun io personale, e nessun eco della Mia paternità. Il Mio enorme lavoro preparatorio, di formarMi un caro popolo di figli, di conceder loro la Mia immagine, doveva sprofondare in un nulla. Sarebbe stato così, se Mi fossi presentato come ‘Divinità’, senza il manto della clemenza.

                    55.                  Solo nascosto in Me, tuttavia riconoscibile per chi vuole giungere alla conoscenza, Io porto la ‘pienezza’ in tutta la Mia magnificenza [Col. 2, 9], coperta appunto soltanto con la veste dell’umanità. Così ho percorso questa via per la figlia caduta, per elevare con ciò a Me il Mio popolo di figli in eterno, dapprima quelli che percorrono il sentiero del sacrificio, soprattutto gli altri che hanno bisogno di essere elevati, tutti insieme, fino alla fine dell’intera materia!’.

                    56.                  La Parola del Signore, basata sulla testimonianza dei profeti, lascia riconoscere che Egli era realmente Dio stesso. Alla presenza dei farisei parlava di Sé come ‘Figlio’; mai per Sua protezione, di cui EGLI non aveva bisogno. Il loro scherno sarebbe diventato quel duro vallo di sbarramento, oltre il quale sarebbero venuti solo dopo un’eternità e da alta salvezza di Grazia, prima che possano vedere, da una grande distanza, il nostro Padre-Creatore. Per risparmiare a loro l’incommensurabile grave fardello, Egli fu per loro soltanto ‘il Figlio’. A loro non rimane risparmiato il risarcimento, a nessuno che operò male.

                    57.                  A Sejananus e a Cornelio io lo avevo accennato. Cornelio lo sapeva anche senza di questo, lui aveva visto così spesso il Signore, lui che stava profondamente nella fede del ‘Dio come Salvatore’. Strano, c’erano molti romani che riconobbero il Signore e Lo incontrarono come tributo pieno di riverenza. Ricordatevi sempre: esiste un solo Dio e nessun altro accanto a LUI! Il Salvatore lo aveva rivelato nella Parola: ‘Nessuno può servire due padroni!’ Noi ci pieghiamo dinanzi a Dio, il Creatore dell’intero Universo. A Lui sia data lode, onore e gloria e il ringraziamento in venerazione, in amore e in adorazione!”.

                    58.                  Tutti s’inchinano, sprofondati nella preghiera. In alto levano i cuori e sentono che l’ATMA di Dio alita su di loro e rimane salda. In quel tempo, quasi completamente sconosciuta, essa è la comunità più fedele che dà all’umanità un saldo sostegno spirituale – anche sconosciuto. DIO però causa l’essenza!! Potere, Potestà, Potenza e Forza scorrono inarrestabilmente attraverso il Cosmo nelle Magnificenze del Suo operato colmo di benedizioni. Non c’è nulla che non venga dalle mani dell’Onnipotenza di Dio, che non rifluisca in queste mani, eoni di volte eoni.

                    59.                  Ci si lascia in silenzio, eppure felicissimi. Nessuno sa che è l’ultima predica del profeta, del

veggente di Dio, l’ultima predica di Giovanni.

 

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Cap. 22

Epilogo

Nella sua vecchiaia, Giovanni completa l’Apocalisse, d’un fiato, poi il ritorno al Padre.

                      1.                    Dopo quest’ultima grande predica, su Patmos non c’è stato nessun cambiamento in male. Si continua ancora a salvare cristiani, e anche altri perseguitati; cresce, infatti, il male nel mondo. Parecchi vecchi fedeli ritornano a Casa, ma anche i nuovi arrivati si confermano.

                      2.                    Da allora in poi Giovanni si è indebolito nel fisico, spiritualmente però è rimasto forte fino alla fine della

Rivelazione.

                      3.                    Quando giace mortalmente pallido ‘in volto’, allora viene vegliato, nessuno lo disturba. Non si sa, solo si sospetta che al suo capezzale ci sia sempre un angelo che fa venire su di lui forza di Luce del Cielo – proveniente dalla santa mano del Diritto e della Grazia di Dio per i lontani e i poveri figli.

                      4.                    Tra tutte le immagini, per Giovanni rimane sempre un periodo di riposo, periodo che egli ha bisogno per il suo lato ancora umano. Allora ci si raduna intorno a lui, e lui dà loro la consolazione di Dio e aiuta con la parola e l’azione. Solo le immagini gravi, l’opprimente, le tiene del tutto per sé fino alla fine della sua vita. Quello che invece frammezzo è luminoso e amorevole, i suoi scritti inviati a Filadelfia e altri, lo riferisce anche alla sua cara comunità della torre.

                      5.                    Stefano, che è diventato capitano della Cornelia ha, segretamente, ancora consegnato le sue sette lettere, e può essere considerato un miracolo che, in tutta la confusione che l’umanità si è creata anche da se stessa, queste lettere giungano nelle mani giuste, alle comunità indicate, e siano rimaste conservate.

                      6.                    Già da qualche tempo è stata costruita una piccola casa per Giovanni, affinché non avesse più bisogno di salire nella torre. Gli ultimi due capitoli li ha scritti tutto d’un fiato. È come una ‘fiamma’ la forza dello SPIRITO che lo guida dai suoi figli. Egli chiama tutti così, sia grandi sia piccoli, vecchi o giovani. Visita tutti i villaggi dei pescatori, e non c’è nemmeno uno della comunità che non seguisse con le lacrime agli occhi, perfino singhiozzando non poco, la sua via d’amore, quando passa di casa in casa.

                      7.                    “È la Tua bontà, buon Dio-Padre, mio Salvatore, che posso vedere tutti ancora una volta. Tu li avevi affidati a me, TU però volevi benedire le Tue pecorelle! Proteggile, lascia agire le Tue mani su questo luogo, finché i fedeli trovano il loro ritorno a Casa. Allora il mondo possa prendersi ciò che vuole; tanto, si prende ciò che gli appartiene. E qui – o Signore, io lo so bene, anche solo finché arriva la fine della materia proveniente dalle Tue mani di Grazia.

                      8.                    Tu hai mostrato a me le pesanti immagini! O Signore, abbi pietà! Lascia ora anche a me nella Tua pace trovare il ritorno a Casa, e includi tutti quanti nella Tua grande, affettuosa Misericordia, nell’Amore della Redenzione. Signore, rendici liberi!”.

                      9.                    Giovanni si ferma su una collina. Ad una certa distanza i suoi fedeli vedono come il volto del veggente si cambia sempre di più, volto che splende nel senso vero e proprio della parola. Oh, sente l’amata, fidata voce di Gesù, voce che lo rende inconcepibilmente beato. Egli mai trovò in compenso una qualche parola. E sente:

Torna a Casa, la tua opera del giorno è compiuta”.

                    10.                  Non di più, ed è stata comunque l’inconcepibile grandezza e potenza di tutto il Cielo. Essa colma le opere della Creazione. Giovanni si ferma ancora per alcuni istanti, come ascoltando lievemente, e poi, colmo di gratitudine:

Sì, mio Signore Gesù, vengo a Casa!”.

                    11.                  Ad un tratto la comunità è tutta radunata; è come se ognuno avesse sentito la chiamata: “Vieni, oggi egli torna a Casa!”. Sui molti uomini scende un solenne silenzio. Davanti alla casetta di Giovanni sta pronta la sua seggiola. Giorni prima ha consegnato tutti i suoi scritti al comandante Cronias, il quale, nonostante l’età, è ancora abbastanza vigoroso. È un’opera prodigiosa di Dio che il Vangelo, e l’ultima Rivelazione, non siano andati perduti.

                    12.                  Ora solleva, come benedicendo, le sue mani. Per tutti ha un caro sguardo d’addio colmo di gratitudine. Quello che ha messo alla fine della Rivelazione [Apocalisse], l’ultima Parola della Bibbia, è anche la sua ultima parola alla comunità della torre:

 

La Grazia del nostro

SIGNORE GESU’ CRISTO

Sia con tutti voi!!

 

Cornelia   Patmos

 

La Cornelia                                                                              L’isola di Patmos in Grecia

 

[breve descrizione della nave]

 

Indice esteso

 

Cap.1         La via verso la prigionia, Cornelio presso Pilato e Caifa

Giovanni è liberato da Cornelio e inviato a Tiro – Pilato è sollevato dall’incarico – Caifa è ammonito per l’ignobile crocifissione – Nicodemo si rifugia da Cornelio che lo fa inviare a Tiro.

 

Cap.2         La salvezza, due miracoli e come si arriva a Patmos

Il drappello con Venitrius e Giovanni verso Sidone – L’incontro con il comandante Sejananus – Nicodemo raggiunge Sidone – Il viaggio con la tempesta e la morte di un oppositore a Dio – La guida della nave da parte delle forze della natura verso Patmos – Il ringraziamento – Venitrius si lascia guidare e benedire da Giovanni – Speranza in un prossimo ritorno a Patmos.

 

Cap.3         Un’infamia, un buon giudizio e una terribile figuraccia

A Gerusalemme Maria è incalzata da Caifa per via degli scritti di Giovanni – La minaccia e poi l’aggressione mentre arrivano Cornelio e Venitrius – Caifa è arrestato e poi liberato previa ammenda – La protezione di Maria – Cornelio raduna il popolo e i templari – Caifa è sbugiardato – Il Consiglio del Tempio si riunisce con Hannas che risolve l’accaduto ma medita sulla crocifissione.

 

Cap.4         Maria è protetta – Il cambio del procuratore – Buon comportamento

Cornelio invita Maria a Patmos e, nel frattempo, per proteggerla la fa portare a Capernaum – Pilato lascia l’incarico al nuovo Pontius – La casa di Maria ritorna ai proprietari – Sulla Galea di Cornelio in viaggio – Da Patmos vedono arrivare la nave, poi l’incontro con la Madre Maria.

 

Cap. 5        Pirati, misericordioso operare – La scrittura e una predica

Un assalto all’isola da parte dei pirati è sventato dagli isolani, e i pirati presi prigionieri – I feriti restano, gli altri a Roma con Cornelio – Ritorno e conversione dei rimasti dopo una predica di Giovanni.

 

Cap. 6        Differenti vie – Meravigliose parole di Dio – Uno speciale certificato di successione

Cornelio restituisce i rotoli a Giovanni, il quale, con Maria, ha una visione – Maria è riportata a Capernaum dai samaritani – Passano anni, Cornelio lascia il servizio militare, cede l’eredità, e finalmente fa rotta verso Patmos.

         

Cap. 7        Il primo capitolo dell’Evangelo – Accenno: chi era Gesù?

La capacità di interiorizzarsi di Giovanni lo porta a comprendere come deve iniziare l’Evangelo – Il ricordo di un primo incontro con Gesù diciottenne, e Cornelio lo incalza per conoscere i primi versi – Nella torre il grande insegnamento di Giovanni a Nicodemo sulla Divinità, sui figli, sulla caduta e necessità della Redenzione sulla croce.

 

Cap. 8        Belle conoscenze – Uno sciacallo romano

Prosegue la stesura dell’Evangelo, cap. 2 e 3 spiegati a Nicodemo e a Cornelio – In visione Giovanni vede l’arrivo di ‘problemi’ e ci si prepara a riceverli – Tre galee con a capo Maurius per arrestare Cornelio, il quale s’impegna per salvare tutti – Il piano del romano è sventato dalla veggenza di Giovanni.

 

Cap. 9        Previsione per il mondo – Insegnamento dello spirito e fine della materia

La visione di Giovanni sul viaggio e il ritorno ‘giudicato’ di Maurius a Roma – A sera Giovanni insegna a tutti con parole dall’alto.

 

Cap. 10      Altri buoni insegnamenti – L’odissea del viaggio e ancora parole del Signore

Giovanni prosegue sull’Evangelo e spiega alcuni passaggi riguardo ai morti spirituali – Per spiegarsi meglio ottiene dall’alto di far vedere ai due amici, attraverso la vista spirituale, delle immagini di anime aventi il proprio spirito morto – Ritorno della Cornelia e racconto del lungo viaggio a Roma con il ritorno vissuto come un odissea – Una lettera di Maria a Giovanni che spiega la situazione dei credenti a Capernaum – Una consolazione a Giovanni da Gesù.

 

Cap. 11      Sapiente discorso di Nicodemo e suo ritorno a casa benedetto – Parola di Dio a Giovanni

          Giovanni sulla tomba di Nicodemo insegna agli isolani, poi, per sua consolazione, gli appare Gesù, che lo istruisce – Dopo, le tre lettere di Giovanni.

 

Cap. 12      Il battesimo – Un giovane pirata diventa un secondo Stefano, pirati e pescatori diventano cristiani

Insegnamenti sul battesimo di Gesù, poi il giorno del battesimo arriva buona parte della comunità dell’isola.

 

Cap. 13      Istigazione contro i cristiani – Giovanni insegna sul perché dei martiri – Gajus è inviato su Patmos

Giovanni predica oltre che sul martirio, anche sull’essenzialità di Gesù nel sepolcro, sulla necessità del seme della morte, sulle S. Scritture e su certe espressioni di Gesù, quali tracce del suo Evangelo quasi alla conclusione, perfino il nome ‘Bibbia’ già rivelato – Chi si ferma alla Bibbia non avanza più spiritualmente.

 

Cap. 14      Tommaso presso Giovanni – Ritorno a Casa della madre Maria – Molti insegnamenti sulla parola del Signore

Dopo anni, su Patmos arriva Tommaso, il quale racconta la morte di Maria, le persecuzioni dei cristiani e diversi insegnamenti agli isolani e, insieme a Giovanni, organizza un giorno di festa con giochi per i giovani dell’isola.

 

Cap. 15      Nuovo allarme su Patmos – Un duumviro – Il senatore Aurelius presso Cornelio

Un altro guaio sull’isola della pace da parte di Claretus, un duumviro arrogante inviato lì per sequestrare cristiani per l’anfiteatro di Roma – Durante il controllo di competenza arriva Aurelius con truppe di rinforzo, e Claretus è arrestato – Giovanni insegna sul vero Cielo e Vita, e consiglia Aurelius di confinare il duumviro a Creta – In visione il racconto del viaggio e la conversione di Claretus dopo un’imboscata dei pirati sul mare.

 

Cap. 16      Le profezie si adempiono. Dio, Pastore e Medico – L’ultima ora di Cornelio – L’alta Luce – Nessuno ha un Amore più grande

 

Cap. 17      Stefano, nuovo capitano – Un’aggressione e meravigliosa salvezza – Anche un buon insegnamento

La conduzione di un’aggressione dei romani in cerca di cristiani da portare a Roma, quale monito per riconoscere come Dio vuole si viva, sempre, non sugli altari, ma nella vivente fede anche di fronte ai pericoli della vita – Il ritorno di Sejananus e Claretus con cinque galee è provvidenziale

 

Cap. 18      Non parole, bensì fatti – Un difficile rompicapo con una condizione – Migliore conoscenza di se stessi

Gli attaccanti legionari sono radunati per decidere il da farsi – La riunione nella torre per tutta la notte e la decisione di lasciarli liberi affinché tornino a Roma malmessi. – Il racconto di Sejananus sulla conduzione degli avvenimenti per il ritorno d’aiuto a Patmos – I legionari accettano e partono.

 

Cap. 19      L’ambizione non rende nulla – Pensieri dalla croce – Nello spazio di confine della Volontà di Dio – Immagine del ruscello, Eufrate e mare

Un’alta riunione spirituale nella torre, quale ringraziamento per lo scampato pericolo e risoluzione della battaglia – Cronias, Sejananus, Hermius, il medico, Claretus, Stefano, Horpha, Scubatus, ascoltano Giovanni e poi vengono anch’essi rapiti in una visione celestiale fino ad incontrare Nicodemo e Cornelio, quali alti spiriti.

 

Cap. 20      Violento uragano, pesanti fardelli, la materia pretende il tributo – Qualcosa sul vero riposo – Differenti rivelazioni sugli insegnamenti di Gesù

La Cornelia alla deriva è data per dispersa, poi ritrovata dall’altra parte dell’isola.

 

Cap. 21      Il Signore appare al Suo Giovanni – L’ultima grande predica del veggente di Dio

Giovanni colloquia con il suo Gesù, che consolazione! Domande e risposte elevate sul futuro tempo, su Ninive e Giona – Morte del capitano Sejananus – Un viaggio a Tiro riporta dieci giovani cristiani

 

Cap. 22      Epilogo

Nella sua vecchiaia, Giovanni completa l’Apocalisse, d’un fiato, poi il ritorno al Padre.

 

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[1] Quirino Cirenio, zio di Cornelio. Vedasi “L’infanzia di Gesù”, di Jakob Lorber

[2] “Lontano dalla Terra” è il nomignolo dato a Simone-Gabriel, nell’opera omonima di Anita Wolf del 1959

[3] Daniele 5,25 – Mene, tekel e parsin: contato, pesato e diviso

[4] Giacomo è il fratello di Giovanni, da non confondere con Giacomo, fratello acquisito di Gesù.

[5] Vedi “Le quattro pietre miliari della vita di Gesù” di Anita Wolf

[6] Sappiamo dalle rivelazioni di Seltmann che il capitano romano, al quale fu ordinato di eseguire la crocifissione, si convertì e sposò la Maddalena.

[7] UR, la fusione del Creatore e della Creazione: la vocale e la consonante. In questo Nome sella Divinità fondamentale si fondono tutte le cose, le svelano e le cristallizzano.

[8] Soffio vitale, o anima.

[9] Giov. 5 – 28,29.

[10] L’Apocalisse.

[11] Cirenio, zio di Cornelio.

[12] Si riferisce all’apostolo Paolo (N.d.T.)

[13] Fu poi considerata come “Incarnazione”.

[14] S’intende Cirenio

[15] Vedi: “L’infanzia di Gesù” di J. Lorber cap..19,19

[16] Il pianeta esploso, i cui resti sono la fascia degli asteroidi che orbitano nell’orbita tra Marte e Giove. Vedi il libro di Leopold Engel dal titolo “Mallona, il pianeta esploso” distribuito dalla “Casa editrice Gesù La Nuova Rivelazione”.

[18] Vedi PHALA-EL PHALA, 4° parte

[19] Ved. ‘Sancto Sanctorum’.