– Rivelazione –

(Dettato ad Anita Wolf nel 1973)

“La tecnica aumenta, l’umanità sprofonda, perfino molto rapidamente. Chi fermerà la scivolata?”Qui, nell’ eterna Luce, come lo rivela il titolo, deve essere illuminato il tempo attuale, in cui ci sono di certo tutta una serie di uomini, altolocati, casuali, poveri e ricchi, di tutte le più differenti classi sociali, orientati appunto sull’eternità di ciò che viene offerto loro. Inoltre è indicato che in mezzo al materialismo troppo spinto, vive comunque il nostro Signore Iddio, ed Egli tiene ancora le Sue mani su tutto ciò che dell’umanità precipita, poiché oggigiorno esiste pur sempre una ‘Rivelazione’, non importa in quale modo ciò avvenga.

 

 

L’ETERNA LUCE

 

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«L’Alfa e l’Omega sei Tu, mio Creatore senza pari.

Non hai né sosta né calma.

Chi, o Signore, vuol fuggire da Te?

Tu sei il Silenzio e il Sacerdote dell’anima

di colui che Ti è gradito affinché nulla più gli manchi.

Sei nominato così tante volte, o Dio, con la bocca,

sei così sconosciuto fin da sempre, fino a ora.

Chi Ti chiama ‘Padre’, Ti ha del tutto afferrato

e chi conosce il Tuo Cuore,Tu lo hai raffinato».

 

(Else Mertens, Bad Honnef (Germania))

 

Titolo originale: “Das ewige Licht”

 

Edito dal circolo degli amici di Anita Wolf - C/o Jurgen Herrmann

Hohenfriedberger Strasse, 52 - 70499 Stuttgart

Email:  bestellung@anita-wolf.de.

Sito:           http://www.anita-wolf.de

 

Traduzione: Ingrid Wunderlich

Questa edizione in lingua italiana è stata curata dal gruppo:

‘Amici della nuova Luce” – www.legamedelcielo.it

Contatti: info@anitawolf.it

 

 

PREFAZIONE

Amici miei!

Questa piccola opera qui presentata, a prima vista sembra una storia comune come se ne trovano a migliaia sul mercato librario, le quali riguardano quasi sempre il puro umano-mondano, anche se a volte possono mostrare qualche buona breve indicazione all’eternità, al vero essere dell’uomo. Qui, nell’eterna Luce, come lo rivela il titolo, dev’essere illuminato il tempo attuale del dettato, in cui ci sono certamente tutta una serie di uomini altolocati e minori, poveri e ricchi, da tutte le più differenti classi sociali orientati appunto sull’eternità di ciò che viene loro offerto.

 Ma come avviene ovunque, così qui viene esplicato che non tutti i cuori si arrendono. D’altra parte, persino i criminali, soprattutto se sono giovani smarriti, si lasciano condurre e prendono il loro cattivo sentiero nonostante le Parole paterne, nonostante l’aiuto dalla Luce. Inoltre, qui è indicato che in mezzo al materialismo troppo spinto, vive comunque il nostro Signore Iddio, ed Egli tiene ancora le Sue mani su tutto ciò che dell’umanità precipita, poiché oggigiorno esiste pur sempre una ‘Rivelazione’, indipendentemente in quale modo ciò avvenga.

Per presentare come dato di fatto proprio qualcosa dalla ‘Luce più alta’ nel buio di un’umanità mondana, è da notare come i personaggi sono, per così dire, ‘inventati’, cioè i nomi, ad esempio, non devono necessariamente essere veritieri, i luoghi non hanno nessuna importanza, e nonostante ciò non sono così immaginari, cosicché il tutto non si lasci descrivere come assurdo.

Questa piccola Opera deve servire soprattutto affinché il caro lettore, la gentile lettrice, noti dove si vuole arrivare, con un ulteriore possibilità di sapere che il nostro DIO, il Signore e Creatore di tutte le cose viventi, opera eternamente, quindi una volta, allora, oggi, e che la Sua Rivelazione è rimasta realtà.

Mi auguro che questo libro possa portare a tutti i lettori, gioia e anche benedizione.

A.W. - Weiz, Maggio 1973

 

 

                Personaggi

Alfons Beocana                                  proprietario di tre fabbriche

Bertram                                               capo tribù nero

Canncia                                               capo ufficio di Beocana

Carol                                                   un nero, guardiano degli animali

Chatarina                                            una ragazzina

Cottassa                                              oste del rione

Ernestino Fallango                              il capo pilota

Filippo                                                 un piccolo nero

Irina Kingtown                                   segretaria del capo

Lanny Mescaru                                   mamma di Vilpart

1’apprendista                                      un giovane aiutante in fabbrica

Josepha                                               governante di casa Beocana

Juanita                                                 moglie di Alfons

Juliane visconte De la Cruzziano        moglie del visconte

Manzzu                                               un capo in un hotel

Marita Beocana                                   figlia sedicenne di Alfons e Juanita

Mary Dabbati                                      segretaria

Mescaru                                              funzionario del tribunale

Mestosani                                            capo della magistratura

Moritz                                                 il grande dei tre compari

Orsano                                                ingegnere capo

Kathi                                                   una suora

Roberto Beocana                                figlio diciottenne di Alfons e Juanita

Richard                                               un nero

Sanny                                                  moglie di Mescaru

Stants Haverman                                un criminale

Vilpart                                                 il figlio di Mescaru e Sanny

Pedro visconte De la Cruzziano,        ministro della giustizia

Willmut Adalon von Wanger             medico e missionario

un direttore d’hotel

un valletto

un secondo pilota

una cuoca

 

 

 

Cap. 1

Un incontro casuale – Un aiuto inatteso

«Signore, rimani con noi;

si fa sera e il giorno è finito».

[Luca 24,29]

1. “Dimmi, Roberto: perché mi trascini su per il monte sotto questo Sole cocente? Che cosa vuoi lassù?”. – L’interpellato, un giovane uomo, guarda su al cielo di color piombo, indica indietro alla città in basso, alla baia del mare che riflette il colore del cielo, e risponde:

2. “O Vilpart, tu sai che contemplo volentieri il panorama”, mentre indica la vicina altura dove delle querce con grossi rami donano frescura. “Io…”. Roberto Beocana non finisce il pensiero. Dall’ultima notte si è impossessato di lui qualcosa di indefinibile, allorquando è sfuggito a malapena a due manigoldi lungo la strada, che gli avevano sparato ma senza colpirlo. Non lo ha ancora raccontato all’amico, glielo ha impedito quel qualcosa di indefinibile.

3. Certe volte Vilpart gli è estraneo, non gli si confida mai completamente. Roberto non aveva nemmeno sospettato che l’amico amasse solo la sua ricchezza. Il padre di Vilpart, il sig. Mescaru, è un funzionario del tribunale, molto coscienzioso, la madre buona. Non ha fratelli. Il padre di Roberto ha tre fabbriche ed esige da suo figlio come successore lo stesso tempo fisso di lavoro, come lui stesso lo presta. La madre è un po’ superficiale.

4. Roberto ha pure una sorella, che ama intimamente. Qualche volta la casa paterna gli sembra vuota, del tutto deserta, senza una reale autentica posizione di vita. Non sa ancora che nella sua anima, profondamente nascosta, arde una nostalgia che vorrebbe tendere a degli ideali. Il tran tran quotidiano, come lui chiama il decorso dei giorni severamente regolati, a volte gli è molto avverso. Ma lavora volentieri e fa qualcosa che suo padre non fa: è sempre gentile verso l’operaio più basso, talvolta dà la mano a qualcuno e vi mette qualcosa, dove lui sa che diversi bambini stanno seduti a una povera tavola.

5. Sua madre riderebbe di questa mania, il padre lo guarderebbe solo non approvando e gli accorcerebbe il mensile. Le persone nella fabbrica lo sanno e tacciono. Per il giovane padrone passerebbero attraverso il fuoco.

6. Questo passa nella testa di Roberto allorquando cerca delle parole e non ne trova. Infine dice che lui stesso sarebbe stanco della salita: “Quando si deve star seduti nell’ufficio, giorno dopo giorno, allora questo vivifica, ed è proprio bello essere toccati dal Sole”.

- “Ah, sei matto!”. All’esclamazione segue una risata di disprezzo.

- Roberto non vi bada, altrimenti adesso avrebbe notato ciò che spesso percepisce di certo da Vilpart, ma che ha sempre nascosto con la frase: ‘È mio amico!’

7. Il sentiero diventa stretto e il suolo bianco abbaglia quasi. Finalmente sono arrivati in alto e si affrettano verso un muro eroso dalle intemperie, al quale si adagiano due strisce larghe di un’erba verde-scura. È strano come qui la bella erba possa resistere. Dipende forse dalle querce che si sono radicate saldamente e ostinatamente nelle rocce? Qui non c’è stato ancora nessun visitatore che se ne restasse stupito.

8. “Questo fa bene!”. Roberto si siede in una bassa breccia nel muro.

- “Ebbene”, dice Vilpart, “ma che ne hai del panorama? Per te è più facile; hai appunto un aereo privato, e allora potevamo ammirare senza fatica la nostra città”.

- Roberto tace. Gli occhi guardano lontano. Quanto è triste, nemmeno l’unico amico può comprendere in lui la sua fame per l’indefinibile, per qualcosa di superiore. L’aereo! Naturalmente, …senza fatica? Ma allora il paesaggio, la magnifica natura, correrebbero via, più turbinanti che in una corsa in macchina. Ma …qui? Un luogo di riposo, dove l’occhio può afferrare ogni particolare, dove si vedono fra le mura persino dei piccoli garofani di un rosa-rosso.

9. Roberto non nota gli sguardi oscuri di Vilpart che si posano di nascosto sul suo ricco amico. Lui odia ogni lavoro, e suo padre non lo sostiene finanziariamente. Ah, il vecchio raccoglie tutto ciò che può far risparmiare. Che per lui, Vilpart, una volta accadrà che il fedele padre darà a lui, al figlio, due buone cose sulla sua via della vita: il lavoro e la fedeltà, e più tardi, un giorno, anche una vita facile quando il ragazzo stesso avrà moglie e figli, questo non gli entra nella sua testa.

10. Lui preferirebbe il molto denaro, gettare da sé la ristrettezza della casa paterna, e vorrebbe solo divertirsi. Roberto è stupido. Lo potrebbe fare per entrambi; deve solo sbattere davanti ai piedi del vecchio la sua miseria di lavoro, essendo loro stessi, Roberto e la sorella, ricchi da parte della loro nonna, di cui i due nipoti hanno ereditato la ricchezza di lei. Certamente ne potranno disporre solo dal ventunesimo anno di vita; il vecchio, così, ce li ha ancora in pugno.

11. Roberto diventerà maggiorenne l’anno prossimo, sua sorella ha solo sedici anni. Vilpart ha cercato di abbindolare la piccola. Allora il loro matrimonio diventerebbe ricco. – Ma ora il suo sguardo cade di lato. Non lontano, sotto un albero, è seduto un uomo che legge in un libro e sembra non badare all’ambiente. Dà un colpo a Roberto. “Tu, là è seduto uno!”

12. Gli occhi di Roberto passano su questo silenzioso lettore, ed ecco, di nuovo questo indefinibile che gli stringe il petto. ‘Sciocchezze. Che cos’ha a che fare lui con quell’uomo?’

- “La veste nera disturba la tua riflessione?”, lo prende in giro Vilpart che cerca di allontanare l’amico dal muro.

13. “Non mi disturba!”, risponde lui più duramente di quanto parlerebbe altrimenti con uno schernitore. “Non sono mai venuto a contatto con questa gente. Da noi non si parla di… – hm, come lo devo chiamare – …di religione, oppure, …di fede? E non saprei proprio di che cosa dovrei parlare con un simile prete. Non mi piace la ‘veste nera’! Tanto, loro ci sono solo per i poveri uomini, per questi sono un certo sostegno, per così dire un sostegno interiore. Perciò rispetto i sacerdoti, anche se non c’è nulla che ci unisce”.

14. “Ora dì solo, ancora, ‘Dio’, e vai un sanatorio!”.

- Lo dice troppo forte, il sacerdote lo ha sentito; ma in silenzio, coperto con un sorriso, legge come catturato nel suo libro.

- Roberto s’inquieta. In genere possiede un animo molto calmo, molto di rado si lascia agitare. Ma ora…

15. “Se sei mio amico, allora smettila con le tue sciocchezze! Che non esiste nessun Dio, …lo so”, ma lo dice contro la sua opinione. “Le prediche di Dio, come ho menzionato e lo considero anche giusto, sono per gente povera; in tal modo essi hanno un… hm, …un risarcimento. E perciò non tollero che si dica qualcosa di male delle guide della Chiesa”. Pure questa osservazione giunge fino al sacerdote.

16. “Allora parla con lui, stolto!”, sibila iracondo Vilpart. Lui, per motivi comprensibili, odia tutto ciò che è migliore. Non sospetta il suo aggirarsi nella notte, né su quale via pericolosa si muove. – “Lasciati convertire, dà in eredità il tuo patrimonio alla Chiesa, vivi così come me, e poi…”.

- “Vilpart, non ti ho mai detto quante cose faccio per te. Oggi voglio dirtelo: senza di me e, …non te l’ho mai detto davanti, ma ora mi hai provocato e cioè in un modo che non avrei mai pensato del mio unico amico”.

17. Vilpart percepisce di essere andato troppo oltre. Il suo errore nella notte lo rende così iracondo, che ha semplicemente perduto il controllo di sé: “Scusa!”, cerca di prendere la mano di Roberto, ma lui gliela sottrae. “Ah, parole stupide, dette senza riflettere. Mi puoi perdonare? … Allora rimani pure da solo. Domani ti passa. Anch’io mi sono arrabbiato per via della risalita, del caldo, del nero. Perché non se ne va? Sembra come se ci aspettasse”.

18. “Tu puoi andare, Vilpart! Ma cambia il tuo comportamento, se vogliamo rimanere amici. Per favore: lasciami solo!”. Roberto si alza e guarda il paesaggio che si alza dietro la sua città paterna in soavi onde fino all’orizzonte, a media altezza. La sua patria è bella, così bella…, e buoni i genitori e la sorella, persino molto sottomessi. Lo amano e lo rispettano, nonostante la sua giovane età.

19. E nonostante ciò, …tanto solitario, così solitario è il suo cuore. Proprio ora gli passa nella mente che, nonostante l’amore materno, la gentilezza un po’ severa del padre, la sua casa è in qualche modo nuda. Se Marita, che da un paio di anni si trova in un collegio, viene a casa durante le ferie, allora la casa dei suoi genitori diventa un nido caldo, accogliente.

20. Si rimprovera ingrato. Il padre ha buone intenzioni, quanto bene lo ha educato in una certa limitatezza, nonostante la ricchezza. Lui gli ha insegnato non soltanto a non gettare il denaro, e ad essere un uomo ordinato. Ha detto sovente: ‘Ricordati, Roberto, il denaro non è mai rimasto del tutto fedele a nessuno. Tu sei nella condizione di salvarti da miseria e bisogno, da un irrefrenabile precipizio attraverso un onesto lavoro, attraverso buone capacità’. – Ha ragione il padre!

 21. Soltanto, non riusciva ad avvicinarsi a lui nel modo giusto, nemmeno a sua madre. Certo, talvolta gli accarezzava i capelli, le sue guance abbronzate, e già questo richiamava la sua gratitudine. Il suo animo era troppo tenero. Questo gli ha fatto perdere sovente la chiara visione nei confronti di Vilpart, altrimenti lo avrebbe capito da tempo, la sua bramosia fin dall’infanzia, un pendaglio per via della sua ricchezza.

22. Roberto fa un sospiro di sollievo mentre si perdono lontani i passi dell’amico. Guarda il silenzioso lettore; vorrebbe andare volentieri dallo sconosciuto, come se da costui la sua anima a lui ancora sconosciuta, trovasse un sostegno, …un incoraggiamento. In lui si ergono due voci. Una lo rimprovera quale un sognatore, l’altra perfora e spinge: ‘Sei un uomo ingrato! Ebbene, – per te non vale la ricchezza, non ti seduce, ma è un buon fondamento. Soltanto, non copre il vuoto del tuo cuore. La freddezza percepita della tua casa paterna, ciò di cui hai inutilmente nostalgia, – e non sai nemmeno che cosa’.

23. Gli occhi del sacerdote si fissano su di lui e viene lentamente verso Roberto, indica con la destra la città, paese e mare e dice con voce che suona estranea: “È questa la sua patria?”. Ah, quanto fa bene il suono morbido della bassa voce; è meglio della carezza di sua madre, e allora si sgrida già di nuovo quale figlio ingrato.

24. “Sì”, dà la risposta. E’ bello il paese con i suoi campi fertili, i boschi, i giardini con le larghe colline e l’orizzonte con le bizzarre punte e, …si entusiasma il fantasticone: “…è la mia patria! L’amo, e penso che è così bello come da nessun’altra parte come qui. Ho già visto dei paesi stranieri; e comunque, …tornando a casa ho sempre sospirato, c’era tutto così confidenziale, c’era tutto, …come lo devo dire, come, …spiegare?”

25. Il sacerdote sfiora il braccio di Roberto. “Non mi dire altro. La mia professione mi porta molto lontano ed ho trovato del bello ovunque. Anche la mia patria, in alto, nel nord, è per me lo stesso come per lei il paese del Sole. Da noi nulla è così prosperoso, abbastanza rude; soltanto, ha anche i suoi fascini. L’asprezza del nostro clima rende gli uomini saldi, …in molte cose, caro giovane amico… – La posso chiamare così?”. Gli occhi stessi, calmi, con il profondo scuro blu, sono già una fermezza che abbracciano uno come con un forte braccio.

26. “Oltre al mio amico che è andato via proprio ora…”, Roberto indica la figura diventata piccola sulla via in discesa, “…non ho mai avuto un contatto immediato più forte come adesso con lei, mentre siamo del tutto estranei. Ma lei parla bene la nostra lingua. Come mai?”

27. “Un paio di domande in una volta”, ride allegro il sacerdote. “Venga, ho trovato là dietro una panca”.

- “Oh, la conosco”, ride anche Roberto. “Da quando è già da noi?”

- “Sono arrivato ieri, sono in vacanza, sono stato per cinque anni nella lontana foresta come missionario e come medico”.

- “Lei è medico?”. Uno sguardo d’ammirazione sfiora l’uomo alto, snello.

28. “Caro giovane amico, lontano dalla cosiddetta civiltà si deve conoscere molto, altrimenti si è consegnati. Imparo facilmente le lingue straniere, cosa che facilita la mia posizione”.

- “La ammiro”, lo interrompe Roberto vivace. Lo dice caramente! Ma tale ammirazione si basa quasi sempre su due cose: su invidia, oppure sul rimpianto di qualcosa che non si è raggiunto.

29. Nel frattempo sono arrivati alla panca da dove si ha da due lati una buona visuale. Lo straniero lo indica. “In ogni uomo ci sono due lati; dipende ora di trovare un posto dove si vedono ambedue le parti, dove entrambe si uniscono in sé. Ora lei non mi comprenderà, per questo è ancora troppo giovane. Ma si rallegri che lo sia ancora!

30. Il mio campo d’azione esige di osservare tutto senza dare nell’occhio. Lo si impara nella foresta, dove sono in agguato pericoli, non soltanto di animali che sono quasi sempre innocui, che più gli...”.

- Mi scusi se interrompo di nuovo. Non si possono chiamare ‘innocue’ le bestie?” – “Oh, sì!”. Lo sguardo dello straniero obbliga ciò che significa la parola.

31. “Sono già stato quattro volte nelle regioni più diverse. E’ rarissimo che un animale che sta per attaccare, non si tradisca prima. Persino i serpenti dagli alberi non possono evitare un certo battito, quando colpiscono dall’alto in basso. Gli abitanti della foresta, non istruiti, possono strisciare senza fare rumore, oggigiorno sparano ancora con frecce avvelenate, uccidono persino a tradimento con i loro coltelli. Allora non c’è difesa, allora si è finiti. Proprio così essi uccidono i grandi animali selvatici. Perciò questi ultimi sono da descrivere più innocui nei confronti degli uomini cattivi.

32. Non creda adesso che così sarebbe solo nella foresta. Molto di più, e proprio perché ci si chiama civilizzati, l’uomo bianco è ‘la bestia del mondo’! Le voglio raccontare che cosa ho visto questa notte”. Il medico lo fa intenzionalmente. “Sono arrivato ieri ed abito nella piccola casa presso la spiaggia, privatamente. La missione della foresta mi ha trovato questo posto per via di una convalescenza.

33. Sono certamente abituato al calore della foresta vergine, alla sera c’era un caldo mal sopportabile. Sono andato alla spiaggia. A causa della regione a me sconosciuta, più tardi sono capitato nella città. Ed ecco che davanti a me correva un giovane uomo ansimando. Ho compreso: ‘Lo stanno braccando!’. Già giravano dall’angolo due uomini camuffati, uno grande, magari come il suo amico; e un uomo più piccolo, tarchiato.

34. Ho fatto un salto nella linea da sparo. Un improvviso comparire di un testimone ferma per un paio di attimi i criminali. Questi momenti bastano sempre, per esperienza…”, dice il sacerdote, “…di concedere al minacciato un vantaggio, per sfuggire agli inseguitori. Gli spari per fortuna hanno mancato la loro meta”.

35. Alzando lo sguardo, prende il braccio di Roberto. “Che le succede? E’ diventato pallidissimo!”. Come medico reagisce subito, ma anche un sacerdote può aiutare, poiché, più ad essere una debolezza corporea, è un’oppressione animica che porta un giovane fino allo svenimento, lo vede al primo sguardo. Esamina il polso e gli occhi e prende dalla sua tasca una medicina. Alcune gocce in un bicchiere che ha riempito alla vicina fontanella, e già ritorna il colore nelle gote bianche.

36. Lui aiuta Roberto ad alzarsi di nuovo. “Come si sente ora?”. – “Grazie; io, …io sono...”.

- “Mi racconti che cosa Le è successo. Perché ora si è accasciato? Ma è così tenero? Tali cose succedono oggigiorno ovunque e si possono leggere tante cose orribili ogni giorno in ogni giornale. Parli pure, si può confidare con me”.

37. Come uno che annega, Roberto cerca le mani del medico e vi si aggrappa formalmente. “Ho avuto subito fiducia quando l’ho visto leggere sotto l’albero. Com’è possibile…? Ora Le voglio confidare ciò che non ho detto nemmeno a mio padre, per non parlare di mia madre. E il mio amico, poi...”.

- “E’ meglio che lo escluda; non è un uomo buono”.

- “Come fa a saperlo?”

38. Un delicato sorriso. “Chi ha visto molte cose basse, ha qualche sguardo in più per riconoscere gli uomini al primo sguardo. Quando voi due siete venuti sulla collina, ho pensato: ‘Uno chiaro, e uno oscuro!’. Non comprende l’espressione, ma spero che avvenga ancora. Mi racconti qualcosa dalla sua cerchia di vita, anche del suo amico, e soprattutto che cosa l’ha sconvolto così”.

39. Roberto parla dei suoi genitori, della diligenza del padre e di come lui, Roberto, è sempre stato tenuto a lavorare. Sì, riferisce persino della propria ricchezza, dalla nonna. Poi del suo amico, e che si sarebbe già allontanato da lui più volte, richiamato da una sensazione, che non riusciva a nominare e, …della notte passata.

40. “Ero io l’inseguito”, dice vacillando.

- “Il terzo uomo, …era quindi lei?”.

- “Si, ho solo pensato: ‘È finita, mi viene sbarrata la via di fuga!’. Quando sono fuggito mi è venuto in mente che il terzo non era abbastanza veloce, e che era stato un caso che non mi avesse colpito una pallottola.

41. Che fosse lei il terzo, mi ha sconvolto ancora di più. Lei avrebbe potuto essere colpito e sarebbe stato ucciso. Lei mi ha salvato! Lo dirò a mio padre, Le sarà grato”.

- “Con il denaro?”. Lo esprime inaspettatamente.

- “Oh, sì, con il denaro mio padre fa molto quando si conviene. E vedere salvato il proprio figlio, ne verrebbe fuori molto”. Ma a quest’uomo? …No, no, con questo non si deve offendere.

42. Il medico stringe il giovane semplicemente al petto: “La vorrei chiamare Roberto, ed ho percepito il suo dubbio. Oh, per gente ricca è normale di pareggiare con il denaro ciò che non si può pagare. Aspetti ancora, che prima imparo a conoscere i genitori. Sono qui per sei settimane, quindi abbastanza tempo per incontrarci di tanto in tanto. Verrò qui per quanto mi è possibile, alla sera, non molto tardi. Mi può far visita anche nel quartiere, non c’è nulla che lo impedisca.

43. Le consiglio urgentemente: ‘Si allontani da quell’amico!’. La sua bocca e i suoi occhi mentono! L’ho visto chiaramente. Finga di avere molto lavoro, e questo è comunque vero. Lo faccia lentamente, affinché non si stupisca subito. Alla sera non vada mai da solo, non importa dove, almeno per il prossimo tempo. Anch’io terrò un occhio su di lei e, …su questo strano amico”.

44. “Com’è possibile per lei di capire questo? Sarebbe come un… un …”.

- “…un miracolo!”.

- “Miracolo?”, Roberto ride. “Mi perdoni, questo non esiste. Come medico non crederà nei miracoli”.

- “Ah, come medico! E come sacerdote?”.

- “Allora mi chiede troppo”, dice Roberto più veemente di quanto intende. Ecco, c’è di nuovo questo indefinibile, contro cui si oppone inutilmente.

45. “Qui. Prenda ancora una volta!”, il medico gli porge il bicchiere. “Non è ancora del tutto a posto; intorno al naso”, un sorriso di piacere, “ha l’aspetto come il formaggio”.

- Roberto ride inevitabilmente, solo che, il ‘formaggio’ non gli piace. Nonostante ciò si sente meglio. Incuriosito, chiede della medicina.

46. “Un altro miracolo. Me l’ha data un uomo-medicina della mia tribù di neri”.

- “Non la voglio assolutamente offendere”, Roberto imbriglia la sua ira, “questa gente nera con l’abracadabra è proprio irresponsabile. Un medico che ha fatto il suo dottorato in Europa, …persino se inoltre è pure sacerdote, …è impossibile che non riconosca un tale abracadabra”.

47. “Nemmeno io lo riconosco. L’abracadabra del quale in genere non si sa nulla e lo si riconosce solo nella buia foresta, lo usa un capo, per procurarsi il rispetto. Lo ottiene proprio come un pagliaccio nel circo che compra la ‘folla istruita’, oppure come un oscuro cantante, un commediante, un gol del calcio che spinge le masse al furente entusiasmo. La differenza…?

48. Non mi dica che questo non ha nessun confronto. E’ persino il migliore. Naturalmente, nella foresta ci sono cose che come medico non si può lasciar valere. Ma ci sono molte erbe medicinali, e persino cose, con le quali – ordinatamente impiegate – si possono fare le migliori medicine. Finora la colta scienza medica ha ancora rifiutato molto. Ho imparato a conoscere molto e quindi ho preparato, con l’istruzione di un nero che mi ha fatto conoscere il suo segreto, già cose che ho potuto usare ovunque.

49. La maggior parte di questi è ancora un mio segreto, per queste non posso conquistare i medici. Ma una volta si riuscirà, ci credo. Il mio amico nero mi ha sostenuto in questo. Non lo crederà: lui può sovente guardare nel futuro. Ed anche se certe cose erano come velate, poco chiare oppure non si sono avverate, c’era comunque molto che posso confermare pienamente. Più avanti, caro amico, avrà un esempio”.

50. “Peccato per me. Lei è qualcuno come non ho ancora conosciuto nessuno. Ora si smaschera come un mago e un uomo di medicina-nera. Non lo avrei pensato di lei! La sua medicina era quindi un veleno nero?”.

- “Non è nera”, dice il medico molto serio. “Ebbene sì, è un veleno. … Fermo, non scappi!”. Lui attira Roberto sulla panca.

51. “Ma lei non sa che certi veleni sono adeguati per casi particolari? Il veleno non diluito della flora conduce inevitabilmente alla morte, persino là, quando lo si diluisce, ma non si conosce la quantità, con quanto e con che cosa lo si deve mescolare. Se lo si conosce precisamente, allora sì, può aiutare al meglio.

52. Ho aiutato qualche nero che era stato aggredito da un animale selvaggio, da un boa. E l’ho insegnato ad un capo tribù affinché potesse aiutare, finché sono stato da lui. Lui l’ha chiamato con un suono gutturale ‘un miracolo bianco’, perché sono un bianco. Lui mi ha mostrato il primo passo, ed io a lui il successivo, fino all’ultimo, per ora.

53. In lei sta profondamente nel petto ‘il mostro notturno’. L’ho notato che era lei il fuggiasco. Lo comprenderà solo più avanti, quando conoscerà i collegamenti. Prima o poi Le sarebbe scoppiata una malattia dei nervi, che è solo difficile da guarire. La mia ‘medicina nera’ l’ha salvato da questa.

54. Un miracolo, lo si chiama un ‘enigma del mondo’: io sapevo che oggi avrei incontrato l’inseguito, …e l’altro”.

- “Adesso che Le ho detto tutto, lo può affermare”.

- “Non mi offende la sua opinione; lei non è nemmeno l’unico che reagisce così. Lei è alla ricerca e ‘non trova’, perché non ha ricevuto nessuna base di partenza per un bene di fede”.

55. “Lo vorrei quasi chiamare un miracolo”, ironizza Roberto. “Le è stato facile come conoscitore di uomini, ciò che lei è, a combinare il collegamento, magari anche sondare l’interiore di un uomo. Ma che cos’è l’interiore? Anche questo lo può sezionare?”

56. “Non male come l’ha detto”. E’ di nuovo il delicato sorriso che gioca intorno alla bocca del medico. “Un medico non deve soltanto usare il coltello da chirurgo, deve – quando è possibile – prendere la forbice dell’anima. Per liberare l’interiore dell’uomo da incerti pesi, cosa che il paziente non sospetta quasi mai, quante più ferite ha nella sua anima, che meno nel suo corpo”.

57. “Anima?”. A Roberto fugge una risata, dalla spinta, che teme così tanto, che un giorno potrebbe stare davanti a lui e lanciare la sua vita dalle vie preparate. “Ah, vorrei che lei fosse un tale uomo, come ho cercato da così tanto tempo e non l’ho trovato, e...”.

- “...suo padre? Sua madre? Non sono quelli che le stanno vicino?”

58. “Naturalmente”, ammette Roberto. “Ma mio padre è troppo occupato; di rado ha tempo, magari nemmeno la capacità di dare a me ciò di cui ho bisogno. Mia madre mi ama perché sono il suo unico. Altrimenti anche lei è molto impegnata da tutto il fare esteriore, …che lei considera importante e che io… Ah, lasciamo queste cose, …tanto non serve a nulla. Sono solo”.

59. “Secondo il cuore. Non è vero?”. Lo indica con delicatezza.

- Roberto si spaventa, si vuol difendere contro questa influenza. Il suo essere è diviso. Certamente, …a ciò ha contribuito la notte, che non sa quasi più come si deve comportare. “Sono uno stolto, un ragazzo stupido”. All’improvviso corre via e presto è scomparso dallo sguardo del missionario.

*

60. È difficile avvicinarsi ad un cuore che – non rovinato – è sconvolto dal mondano. Lui congiunge le sue mani, guarda lontano, nell’alto Cielo blu, le labbra formano una preghiera: ‘Signore, lui è andato, colui che Tu mi hai amorevolmente mandato. Dammi la Tua benedizione, Santo, poiché ogni anima è un ricco bene del Cielo, che non puoi mai perdere’.

61. Un morbido vento accarezza l’uomo che è unito con Dio, che all’estero ha imparato a conoscere troppo spesso la Guida del Padre. E c’è una Parola vicina: “Esteriormente se n’è andato, i pensieri del suo cuore sono rimasti attaccati a te. L’esteriore, caro figlio, Io non lo misuro così aspramente, quando un’anima si smarrisce, meno per errori che molto di più da quell’ignoranza, di cui l’uomo non si può difendere sempre. Questo ragazzo è un buon campo; aspetta solo e vedrai che cosa la Mia benedizione farà su di lui!”

62. Il sacerdote china il suo capo. Oh, questa meravigliosa Bontà, questa Grazia, questa… Non trova nessun suono ed ha così spesso ricevuto la Parola dell’Eterno. Il suo spirito vola su in alto, là dove l’eterna Patria di Dio lo chiama. Gli basta il conforto e, …vede come un’immagine ciò che avverrà presto e, …vede l’Aiuto del suo alto Signore.

63. La piccola accusa è comunque giustificata: “Signore Iddio, se tutti gli uomini fossero pacifici, se non si atteggiassero arbitrariamente, …ognuno potrebbe sentire la Tua voce, sentire ogni Tua guida, ognuno conoscerebbe la sua via e il suo agire starebbe sotto la Tua mano. Ed è comunque così, anche se l’umanità, nell’insieme, non sospetta né vuole la Tua Grazia. Sì, per ognuno suona una volta l’ora in cui deve venire alla conoscenza. Ti prego, lasciami essere il Tuo servo anche nel mio tempo di riposo”.

64. La collina è avvolta dall’Atma di Dio, nessun rumore giunge dalla città; è come un muro invisibile che circonda l’orante. Lui si alza e discende. Il campanellino della sera suona, e lui è pronto.

 

 

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Cap. 2

Il sequestro è progettato – Lo straniero lo manda in fumo

1. La luna si è nascosta. Si vedono solo poche stelle che scintillano tra le masse delle nuvole. Lontano nel bosco sta una capanna. Non vi conduce nessun sentiero. Chi vuole arrivare a questa, deve crearsi da sé un passaggio. Uomini oscuri scelgono tali luoghi. Proprio là si incontrano due uomini. Una minuscola finestra con grate dà solo tanta luce per riconoscere l’interno della stanza della capanna. Gli arrivati lo sanno bene, non viene accesa nessuna luce, la porta viene chiusa. Discutono il loro ‘caso’ che li ha condotti qui.

2. “Chi mai ci è venuto tra i piedi! Peccato che la mia pallottola non lo ha colpito. Si trattava proprio di un attimo…”. Un’imprecazione segue l’altra. “Quell’uomo è capitato all’improvviso nel mezzo. Penso che non sospettava che cosa…”

3. “Forse”, brontola uno, un uomo tarchiato. “Ha sentito il grido, l’idiota! Ah, è ora che ce la diamo a gambe. Mi hai promesso la metà. Vale questa anche per la seconda volta?”

- “ E come”, dice il più grande dei due. “Il ragazzo d’oro mi andrà nella trappola; non sono inutilmente il suo amico. Hihihi!”. Ride con disprezzo.

4. “Non così forte”, avverte il piccolo, “anche un bosco può avere orecchie”.

- “Qui non si è incontrato nessuno da anni. Ma hai ragione. Ascolta!”. Il più alto sviluppa il suo piano. A volte il più basso corregge ciò che il più alto accetta brontolando. Esercitano tutto fin nei minimi particolari.

5. “Voglio chiamarmi Moritz, se questo non riesce”, brontola di nuovo il grande. “Devo trovare lo straniero, mi è troppo sospetto”. Pensa a quell’uomo che ha conosciuto ieri.

- “Ah, è andato troppo veloce, ho visto soltanto che è stato alto e snello”, brontola anche il piccolo.

6. “Non fa niente, lo trovo, fidati!”. Il grande sente ancora adesso l’acuto sguardo. ‘Magari un poliziotto sotto copertura? Non ne aveva proprio l’aspetto, piuttosto, come un insegnante che nuotava nella sua lana di cotone. Tuttavia, …gli occhi erano un allarme. Ah, che cosa? Comincio a dare i numeri! La veste nera, che…’

7. “Andiamocene!”, ammonisce lui. “Domani notte alle due, io fermo il nostro uccello”.

- “Dove?”

- “Nel l’hotel ‘Conchiglia del mare’. In ogni caso al ritorno lo porto fino al ponte”.

- “E se va in macchina?”

- “Pah, la macchina è sparita”.

- Il piccolo ghigna: “Ben pensato!”. E striscia via.

- Anche il grande, ghigna. “Questo riesce! E il piccolo si stupirà quando…”

*

8. La mattina è orribile, quando striscia non visto nella sua stanza. Ha appena il tempo di rinfrescarsi. Il modo migliore oggi per scansarsela dal lavoro, è darsi ammalato. Il suo capo s’arrabbierà di nuovo, ma come amico del padre, a lui il figlio, perdona certe cose.

9. Si reca nel bosco e dorme per riposarsi. Poi, puntualmente, come se venisse dal lavoro, va a casa. Chi sospetta il procedere oscuro del figlio di un padre ben visto? Lui non striscerà mai verso la croce. Il signor papà …possa darsi da fare quanto vuole. Ride cinicamente fra sé e sé. “Veramente non male, così la buona reputazione del padre resta su di lui”.

10. Questo lo pensa l’amico di Roberto, che è capitato sulla via sbagliata. Possa ammutolire la sua coscienza, lui sta al di là di ogni bene. Chiama per telefono Roberto, per incontrarsi con lui. E lui, Roberto, memore dell’ammonimento di quello straniero che gli è un enigma, indugia, poiché in lui sorge continuamente l’indecifrabile, opprimendolo, mentre lo vorrebbe respingere del tutto da sé, ma senza liberarsene.

11. “Non so se mi riesce”, dice. “Oggi ho ancora molto da fare”.

- “Anche alla sera?”, chiede Vilpart come dispiaciuto. “Povero! Si va a casa quando lo sbirro è passato. Il tuo vecch....” Gli va di traverso, con quest’espressione non deve mettere a rischio il piano. “...il tuo vecchio lavoro può anche aspettare una volta. Tuo padre non è mica così severo con il suo unico”.

12. Roberto si accorge il perché a Vilpart è andato di traverso. La rabbia lo vuole sopraffare. Ma lui è suo amico. Nonostante ciò, dice: “Mio padre non è severo; io stesso mi sono prefisso il lavoro. Lo voglio sgravare presto. E ci vuole che io possa padroneggiare l’azienda, che non è così semplice. Inoltre, mia sorella ha avuto il miglior voto nell’economia, e più avanti vorrà assolutamente lavorare da noi. Ne sono contento, e anche i genitori”.

13. A Roberto, questo non sarebbe mai scappato, se avesse capito l’amico. Che costui è poco diligente, lo sa, altrimenti… Non pensa realmente che sia capace di fare del male. Nel mezzo del discorso vede come in visione gli occhi del medico, come se lo volessero avvertire. Si passa la mano sulla fronte. Quanto è insensato! All’improvviso accetta: “Verso le nove di sera sono al mercato. Facciamo un giro oppure andiamo in un locale…”

14. Vilpart seduce: “Nella ‘Conchiglia del mare’ danno oggi un’attrazione: un gruppo di ballerini dall’oriente. Se non hai tempo, ci procuro io un tavolo”.

- “Va bene; dì al capo Manzzu che è per me”. Roberto appende rapidamente, sente arrivare il padre. “Ancora così diligente? Sei bravo! Mi sono molto rallegrato della nostra piccola, anche tua madre. A sedici anni, e ce l’ha già fatta! Fra un anno sarà a casa”. Inconsciamente va incontro al figlio.

15. “Nell’hotel ‘Conchiglia del mare’ c’è uno spettacolo speciale. Vai stasera, hai troppo poco svago. E scegliti una graziosa ragazza. Ecco un extra!”. Il fabbricante spinge nella mano di Roberto una grande banconota.

- “Non è proprio necessario, ce la faccio col mio denaro. Ho persino risparmiato, che tu non sai”, ringrazia Roberto.

16. “Ragazzo!”. Cosa che non succede quasi mai, …l’anziano signore abbraccia il figlio. “In un giorno, due amici! Questo mi mostra che i miei due figli sono degni successori, e un giorno io non sarò ingannato per la mia fatica. Continua così! Ma ora l’ufficio sta chiudendo. Con chi vuoi andare?”

17. “Vilpart mi ha chiamato”.

- Il padre con diffidenza tira su le sopraciglia. “Hai solo questo amico, mi dispiace. Non mi piace, Roberto, e se puoi, staccati da lui”.

- “Me lo ha consigliato ieri sera anche qualcun altro”, sfugge al figlio. Non avrebbe parlato della cattiva notte e dello straniero.

18. “Chi era?”, Roberto riferisce del medico, che contemporaneamente era un sacerdote. Non tradisce nulla del veleno, e niente della notte.

- “Lo voglio conoscere”, desidera il padre, “sarebbe certamente interessante”. Ma non pensa al sacerdote, bensì al medico. Nessuno sa ancora che di tanto in tanto sente qualcosa nel cuore. Non fa decisamente male, ma è una tensione, e tira, e forse…

19. “Se lo dovessi incontrare e ci riesci, allora digli che mi sarebbe il benvenuto”. Strano che Roberto ne è contento. Non riesce a dimenticare quest’uomo, quello sguardo serio, buono, l’avvertimento, che cerca di gettare al vento e non ci riesce.

*

20. Nell’hotel ‘Conchiglia del mare’ è tutto elegante. Quello che offrono dal lontano oriente, rimane nella cornice della società, molto affascinante, comunque etico. Solo un paio di libertini vedono nelle ragazze abbronzate assolutamente nobili, della selvaggina che vorrebbero volentieri cacciare. Ma come…? Anche Vilpart impreca nascosto, quando nel corridoio vuole afferrare una ragazza, ma viene rigettato indietro da una mano dura. Il direttore dell’hotel ha provveduto al meglio per pulizia e protezione.

21. Di cattivo umore ritorna al tavolo, dove Roberto è seduto con due ballerine. Gli sono state portate. Gli ospiti da lontano non devono soltanto servire, e Roberto è conosciuto, da lui le ragazze sono così protette come dagli uomini che le hanno da sorvegliare in segreto.

22. “Ah”, lo prende in giro Vilpart, “quello che è vietato, qui viene offerto?”. Vorrebbe pescare una ragazza. Degli occhi scuri avvertono, la piccola si tiene stretta a Roberto. Presso di lui c’è la purezza, mentre Vilpart si lecca avidamente le labbra. Ma si avvicina l’ultimo ballo e poi le ragazze andranno a dormire. E’ già passata la mezzanotte. Roberto avverte di andare. Una volta ha creduto come se all’ingresso stesse quello straniero che non può dimenticare. Sciocchezza, i sacerdoti non vanno a divertirsi.

23. Vilpart interrompe la riflessione. “Paga prima un altro buon rosso, per divertirci arriveranno anche altre ragazze”.

- “Tu”, dice Roberto irato. Si è già seccato di essere venuto con l’amico allo spettacolo. Da solo si sarebbe rallegrato di più con la bellezza, con l’arte, con la purezza di quell’ultima danza del tempio che il gruppo degli scuri ha offerto.

24. “Tu, non io!”, sottolinea un’altra volta. “Quante volte ti ho già detto che non amo le poltronerie. Per me nessuna ragazza è una selvaggina, come hai detto qualche volta in modo cinico. Ed io voglio...”

- “Ascolta: le brune in sé sono già della selvaggina, cose senza cultura. Chissà da quale angolo sono strisciate fuori. Allora non si deve...”

25. “Se ora non la smetti”, dice Roberto iracondo, “allora mi hai visto per l’ultima volta!”

- “Può essere”, scappa a Vilpart, passa oltre il suo errore e sorride: “Dovresti conoscermi che non l’intendo così. Tu hai sangue freddo, io caldo, quindi non devi soppesare troppo le mie parole. Allora: mi offri un rosso?”, cerca frettolosamente di distrarre. Deve trattenere Roberto fino all’ora da lui stabilita.

26. Roberto respinge, ma Vilpart fa un cenno al cameriere e ordina. Per non dare nell’occhio, rimane seduto. Ma gli sorge continuamente il pensiero: quell’uomo, che è sacerdote e medico, che lo ha avvertito come fosse suo padre. Ambedue gli uomini hanno un’età dove le esperienze hanno formato la conoscenza della vita. Lui, Roberto, è ancora giovane, ovunque vuol credere nel bene, anche se ha imparato a conoscere qualche delusione, non per ultimo proprio nell’amico, l’unico, come lo scusa per se stesso.

27. Vilpart ha bevuto intenzionalmente piano e nessuno ha visto quando nell’altro bicchiere di vino ha lasciato cadere qualcosa. Non è veleno, rende solo debole nel pensare; e proprio così deve avere Roberto. Da ostaggio gli procurerà un ricco riscatto. Se poi lo si lascia vivere? Meglio di no, perché una volta potrebbe riordarsi chi era il rapitore. Il piccolo ha scelto la buca dove nessuno troverà lo scomparso, nemmeno le ossa, quando si sbiancheranno. E il piccolo? Ah, veramente, dovrebbe… Aspettiamo come continua.

28. La lancetta indica le due. Come ultrastanco, Vilpart si alza. “Ora si è fatto comunque molto tardi, ti accompagnerò, Roberto, hai bevuto troppo”.

- “Io? No!”, Esce faticosamente dalla bocca di Roberto. Non si è mai ubriacato, lui sa che oggi si è contenuto. Nonostante ciò, cade su di lui una pesantezza, che lo rende vacillante come se fosse ubriaco. “Portami alla mia macchina. Fermo! chiamo in villa, preferisco che mi venga a prendere il nostro uomo”.

29. “Non vorrai svegliare l’uomo anziano dal suo sonno?”, si scandalizza l’amico. “Ce la faccio bene con la macchina e ti porto a casa. Vieni, Roberto, lasciati guidare!”. Volenteroso e come sotto una costrizione, esce con lui. La servitù dell’hotel non vede i due, soprattutto perché ci sono molti ospiti alla cassa e pensano alla partenza.

30. La frescura della notte dovrebbe veramente rinfrescare, ma su Roberto si posa come una rugiada di farina sulle ossa. Si accorge ancora, che la sua macchina non si trova nel parcheggio e Vilpart lo spinge in un vicolo secondario. Il suo cervello somiglia ad un sacco vuoto, e così non nota che cosa sta succedendo.

31. Vipart si guarda alle spalle, deve sostenere Roberto, quindi l’attenzione è divisa. Nella luce fioca vede il ponte, ed ecco, il piccolo sta appoggiato. Più avanti sta una vettura scura. Tutto è pronto. Proprio adesso Roberto cade. Vilpart fa cenno per farsi aiutare, ha sperato che la sua vittima arrivasse fino alla vettura. La figura si stacca dal parapetto. Vilpart non vede che non è il compagno e che ai due estremi del ponte stanno più persone. Deve trascinare Roberto.

32. Quattro mani afferrano il criminale e davanti a lui sta lo straniero. Due dei dieci poliziotti, allarmati da costui, sollevano lo svenuto e lo adagiano nella loro macchina da pattuglia. Non è stato assolutamente facile convincere la polizia su cosa doveva succedere in quella notte. Il nome di Roberto ha dato l’imput, ad essere comunque pronti. Prima avevano brontolato e chiamato il sacerdote un ciarlatano. Lui è rimasto fermo e non ha mollato. Allora, se era vero, loro, i salvatori sarebbero stati riccamente ricompensati dal proprietario della fabbrica. Per questo, costui è noto in tutta la città.

33. Uno degli ufficiali dice allo straniero: “Lei ha avuto ragione! Le chiediamo perdono, perché noi...”

- “Già fatto”, il sacerdote fa un gentile cenno con la mano. “La diffidenza è l’avvertitrice, …che l’uomo riceve per la sua protezione. A volte è certamente sbagliato, non è vero?”.

- Approvando, l’ufficiale annuisce. Quattro dei suo uomini tengono Vilpart e lo portano ad un altra macchina. Lui si difende con violenza, infuria e grida:

34. “Ma che cosa volete da me? Se Beocana non sopporta il vino, non dovrebbe ubriacarsi! La sua macchina sarà stata rubata, non l’ho trovata e lo volevo portare a casa”.

- “Tu, bugiardo!”, lo rimprovera l’ufficiale. “Il tuo ‘piccolo’ ha già cantato; lo abbiamo…, grazie all’attenzione di uno straniero. Non hai bisogno di mentire, e noi lo scopriremo che cosa hai fatto con il giovane Beocana. Ci sarà la tua mano nel gioco, nevvero? Avanti, Sali! Nella nostra sezione potrai cantare anche tu! Scopriremo presto il tuo oltraggio, di questo puoi esserne certo!”

35. Vilpart fa un sospiro di sollievo, quindi il piccolo non ha tradito nulla. Non pensa all’onta che accumula sui suoi genitori; lui studia come si possa liberare, se necessario, con la violenza. Colmo d’odio guarda il sacerdote. Si libera con forza dal poliziotto, si precipita su di lui e …giace torto al suolo. Persino i custodi dell’ordine sono stupiti come lo straniero ha reagito fulmineamente. Non hanno visto ‘la presa’. ‘Lo si deve imparare a conoscere’, si augurano gli uomini. Nondimeno, …molti anni in luoghi selvaggi, allora si impara appunto qualcosa di più.

36. Vilpart viene portato via legato. Il medico fa portare Roberto nella sua abitazione. Alla presenza di un secondo ufficiale lo visita: “Ecco; ha bevuto qualcosa e questo lo ha anestetizzato. Ma ho provveduto: il bicchiere dal quale Roberto ha bevuto, sarà esaminato. Non è pericoloso”, tranquillizza l’ufficiale che si stupisce senza ritegno. Prepara una medicina, che deve far bere a colui che è a metà svenuto. Dopo, Roberto si addormenta tranquillamente.

37. “Dobbiamo andare dal signor Beocana”, ordina l’ufficiale. “Venga anche lei”, invita cordialmente lo straniero.

- “Ma non adesso, subito, e fa bene a non assaltare i genitori con la terribile faccenda. Non voglio neanche abbandonare il mio malato. Quando si risveglia, allora è meglio che si senta protetto. Il ‘sonnifero’ del criminale non ha cancellato il sentimento di essere minacciato, naturalmente senza piena conoscenza. Dato che l’ho già avvertito ieri – le ho già riferito l’ultima faccenda della vita notturna – in lui è rimasto fisso il pensiero che il suo amico non avrebbe potuto essere per lui una buona compagnia.

38. “Sa”, dice il sacerdote, sorvegliando continuamente Roberto, “i pensieri che, per così dire, si inietta a qualcuno, rimangono fissati, anche se l’iniettato cerca di ignorarli. Roberto doveva sentire il pericolo sulla via verso il ponte; solo, che non si poteva difendere. Questo irromperà non appena si risveglia dal sonno. Uno dei signori dovrebbe rimanere con lui; al mattino ci incontreremo dai genitori di Roberto. Verso le sei, allora il fabbricante si alza, e lei potrebbe informarlo che suo figlio dorme ancora per via della bevuta, gli dica così, che il padre non si agiterà. Messaggi di questo genere si devono somministrare in porzioni, se da una disgrazia non ne deve sorgere una seconda. Il padre potrebbe subire un colpo al cuore”.

39. “Giusto”, ammette l’ufficiale. “Si cade quasi sempre ‘con la porta nella casa’.

- “Allora possiamo interrogare Roberto?”

- “Certamente. Si deve soltanto conoscere il collegamento iniziale”.

- La polizia lascia la piccola casa gialla. L’ufficiale rimane incuriosito ed impressionato dal medico, che è sacerdote e molto di più; un conoscitore di uomini, uno che possiede ancora l’arte perduta di guardare oltre spazio e tempo, per aiutare sulla via da tempo sconosciuta.

 

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Cap. 3

In casa dell’industriale si comincia a conoscere il medico-prete

1. “Ma dov’è rimasto?”. Il fabbricante va su e giù nella stanza. La colazione è pronta. Roberto non ha mai fatto tardi. E’ ora di andare in fabbrica. Ecco, …il telefono. Lui solleva la cornetta, ascolta stupito, poi arrabbiato. “Che cosa? Ubriaco? Non esiste! Che è successo?”

2. “Potete stare del tutto tranquilli”, annuncia il poliziotto. “Tra un’ora suo figlio sarà a casa. E’ giovane, allora anche il più solido, che il vino… Come ho sentito, è uscito verso le due dalla ‘Conchiglia del mare’, lo ha portato un amico. Poi un medico lo ha portato con sé e da costui è custodito al meglio, come noi stessi ci siamo assicurati”.

3. “Quale medico?”.

- L’agente si blocca. Ha dimenticato di chiedere come si chiamava lo straniero. “E’ uno straniero, porterà lui a casa suo figlio, non appena sarà di nuovo in piedi. Non si preoccupi”, ride allegro l’agente, “è tutto nel miglior ordine. Io stesso verrò poi da lei, verso le sette”.

4. “Sto tipetto me lo comprerò! Che mascalzonata!”. Ripone la cornetta, sveglia sua moglie e brontola ad alta voce.

- La madre ride. “Vecchio, sii ragionevole. Roberto è sempre stato diligente, e proprio tu lo hai ingrassato coi soldi, così che anche lui una volta si è divertisse. Ora lo ha fatto e non sai altro che rimproverare? Ma lascia andare, non è così male, e non renderlo così difficile al nostro ragazzo. Come lo conosco io, si vergognerà molto. È  un peccato se una volta un sangue giovane va oltre le righe? Certo, ci si vuole rallegrare dei figli. Ma anche tu una volta sei stato giovane”.

5. “E va bene! Soltanto, si tratta meno di questo. Possa portare a casa la sua sbornia. Mi preoccupo. Ecco che cos’è”.

- “Pertanto? La polizia lo sa in buone mani. Tu sai che cosa pensano di noi le istituzioni”.

6. “Non è nemmeno questo!”. Di nascosto preme una mano sul cuore. Là qualcosa muove abbastanza. “E’ uscito con Vilpart; non mi fido di quello, per la strada”.

- La madre lo ammette: “Non è uno buono, ma i suoi genitori sono puri. Quindi il loro unico (figlio) non sarà del tutto degenerato”.

7. "Come sta davvero il ragazzo, lo so molto bene, Juanita. recentemente l'uomo si è lamentato con me della sua sofferenza. Non si dovrebbe pensare subito al peggio”.

- “Appunto! Aspettiamo finché il nostro bravo torna a casa bianco come il formaggio”. Deve suonare allegro, mentre sente anche una paura al collo. Un presagio…?

8. Finalmente! Sono le sette. Una grande macchina si ferma davanti al portone. Ne scendono due poliziotti in borghese, e un uomo alto, snello, che aiuta il figlio un po’ pallido a scendere dalla macchina e lo sostiene. Lo straniero lo prende con cura per la mano e lo aiuta anche a salire i gradini.

9. I genitori fissano il loro ragazzo. Costui abbassa gli occhi e vacilla un poco. Lo straniero dice: “Vorrei prima mettere a letto vostro figlio; ha ancora bisogno di cure. Poi, soprattutto riposo e nessuna emozione. Dopo, sono al vostro servizio e vi dirò che cosa è successo questa notte”.

10. “Lo so. Mio figlio…”

- “Non si agiti!”. Lo straniero mette una mano sulla spalla di Beocana e lo guarda con uno sguardo, al quale è difficile resistere. Nonostante ciò, ci sono due rughe sulla fronte del padre. Quale onta, se degli stranieri devono portare a casa il loro figlio, se…

*

11. Il medico dice calmo: “Lui ha bevuto qualcosa che non gli ha fatto bene. Non era dannoso”.

- “Fuori la verità!”. Beocana si frena solo a fatica.

- “Lo sentirà, ma si deve controllare. Il suo cuore non è in ordine”.

- “Mio marito è perfettamente sano”, s’immischia frettolosamente la moglie Beocana. “Non si è mai lamentato che gli mancasse qualcosa”.

12. “Non lo ha fatto certamente”, sorride lo straniero. “Mi permetta, che come medico lo devo vedere, se suo marito ha una sofferenza. Lui cerca di nasconderlo perché lei non si impaurisca. Non deve nemmeno avere paura, egregia dama. Se suo marito permette, lo potrei aiutare”.

13. “In che cosa lo vuole vedere? Non sono malato di cuore, ha soltanto...”

- “...qualche volta sente tirato, non è vero?”

- Il fabbricante si siede del tutto perplesso su una sedia. Come può sapere costui che cosa sente già da un anno, e nell’ultimo tempo si è aggravato?

- “Voglio prima riferirle, che la polizia confermerà la faccenda”.

- Uno dice rapidamente: “Se non ci fosse stato questo aiutante, allora…”

14. “Non cadiamo subito con la porta in casa”, respinge lo straniero. “Il figlio è tornato a casa, sano e salvo”.

- “E’ stato portato!”, brontola il padrone di casa come un temporale che si allontana.

- Il medico ride di nuovo: “In questo c’è differenza, signor Beocana. La cosa più importante è che non è successo niente.

15. Dapprima il mio nome. Mi chiamo Wanger, ‘von Wanger’, non do’ valore alla nobiltà, sono un tedesco del Baltico, dapprima ho studiato teologia in Germania, che era per me una autentica questione di cuore. Durante le mie visite presso i malati e ai letti di morte è cresciuto il desiderio di diventare medico. Lo sono diventato. A trentatre anni mi sono iscritto alla missione esterna. Sono stato accettato. Ho trascorso gli ultimi anni in Africa. Se vuol sapere di più su di me, è a disposizione la missione”.

16. Ora in più riferisce del primo incontro con Roberto e che ha capito quel suo amico, ma la prima notte la tiene ancora per sé. La madre è seduta al letto di suo figlio, gli accarezza continuamente le mani e per la prima volta gli è realmente (madre), essendo assalita per lui da un forte timore materno. Lei ama i figli, non solo se ne è occupata fin troppo. Ora si prefigge di esserci unicamente per i suoi cari.

- “Non ti preoccupare”, le sussurra Roberto, “tutto andrà bene”. Lui non sa ancora che cosa era successo davvero nella notte.

17. Apparentemente calmo, il signor Beocana ascolta. ‘Ma questo pezzente, questo Vilpart, che… Ma i genitori hanno fallito del tutto? Naturalmente; come sarebbe possibile che da una buona casa ne venga fuori un criminale? Che prima parlasse diversamente, non ci pensa proprio’. Si alza di nuovo e corre avanti e indietro, non ha nessun punto fermo nella sua anima. Oh, mondanamente è buono. Ma senza la fede in Dio, …come deve arrivare alla pace?

18. “Questo furfante! E’ bene che sia stato arrestato”, si rivolge agli ufficiali. “Lo potrei strozzare!”

- “Non lo dica!”. Un agente spinge gentilmente l’inquieto sulla sedia. “Una minaccia accumula una disgrazia sull’altra. Per via della sua preoccupazione che l’opprime, non abbiamo sentito la minaccia, signor Beocana. I malfattori sono già al sicuro. Uno ha confessato, Vilpart nega ancora. Ma questo non lo aiuta per nulla. Le consiglio di non fare nulla e...”

- “Posso interrompere?”, chiede il medico. Glielo si concede volentieri.

19. “Signor Beocana, se si pensa ai peccatori smarriti, allora non si lascia valere nulla i genitori. Sovente il bene e il male abitano strettamente insieme. Una parte non è responsabile per l’altra, solo quando i genitori non hanno dato ai loro figli nulla di buono sulla via della loro vita, da ciò avrebbero potuto imparare.

20. Credo che i genitori di Vilpart non hanno mancato in nulla. Perciò la colpa riguarda unicamente il figlio. Ma si deve aver compassione di lui, che non vuol dire che non venga punito. No! Una punizione scelta giustamente può portare un povero figlio d’uomo del tutto smarrito su un buon vicolo. E noi vogliamo sperare, per via dei genitori, che con questo Vilpart riesca ancora”.

21. “Così parlano i sacerdoti!”. Il fabbricante non si calma ancora. Pensa a tutta la sua fatica che ha impiegato durante il tempo della sua vita. Vede in pericolo la sua opera. Se Vilpart viene dichiarato libero troppo presto per falsa mitezza, chi gli garantisce che questo non voglia comunque ancora rovinare suo figlio? Pensieri di un uomo che non conosce le cose, che sono molto più importanti che tutto il ciarpame mondano.

22. Il medico interrompe la riflessione: “Vorrei parlare volentieri con suo figlio in una buona ora, signor Beocana. Allora mi ascolterà come si deve comportare. Con lei vorrei parlare già oggi della sua malattia. Penso che mi comprende. Lasci Roberto ancora a casa, è meglio così”.

- “Naturalmente!”

- E la moglie esclama velocemente: “Non deve proprio andare in fabbrica; ha un aspetto così da malato, così…”. Guarda il medico cercando aiuto.

23. “Lui non è malato, signora Beocana, è soltanto stanco, soprattutto nell’anima”, sorride dolcemente, perché i genitori tossicchiano. “Io lo so bene che non avete idea come qualcuno che deve soprattutto superare una grave esperienza da sogno, che viene impressionato e strappato qua e là da sentimenti che non sa regolare, di cose che vede giornalmente, che non conosce proprio diversamente e quindi per lui sono del tutto naturali.

24. Forse”, un caldo sguardo ispeziona i volti, “vedremo se volete sentire qualcosa. Ha a che fare…”, aggiunge prudentemente, non vuole limitare i diritti dei genitori, “…se per Roberto, che mi è diventato caro, non troviamo temporaneamente una via, che, …diciamo, per un po’ di tempo, …lo tragga fuori dalla zona del pericolo”.

25. “Ma dov’è il pericolo, se i… i…”

- L’ufficiale che in poche ore ha imparato così tanto attraverso il medico come mai nel suo servizio, presagisce che cosa vuole l’aiutante, e temporeggia: “Signor Beocana, dato che il crimine era stato voluto ma non riuscito, così la misura della punizione non sarà misurata troppo alta; per il mandante, forse tre anni. Per il compagno, di meno. Il signor von Wanger vuole il meglio per lei”.

26. “Certo”, ammette costui. Finora valeva per lui soltanto il quotidiano, ora passa qualcos’altro davanti alla sua vista interiore. La preoccupazione per il figlio, per l’opera della sua vita, gli indica una nuova via. Sta ancora del tutto all’inizio, non sa e non presagisce ancora se la cosa nuova gli offre una base. Ma gli impone che dovrebbe cambiare, …in qualche modo.

27. In ciò non pensa alla fede, ma che ‘esiste Uno, oppure che, …dovrebbe esistere, perché’… Si smarrisce nei pensieri; scaccia via con la forza le immagini. ‘La realtà è il suolo sul quale deve porre i suoi piedi. Allora non si può subire nessun naufragio. Oppure, …magari sì? Che cosa sarebbe successo se il criminale gli avesse rapito il figlio? Se…’

28. Nessuno disturba il corso dei pensieri dell’uomo, e la signora Beocana è occupata con suo figlio.

- Il signor von Wanger esamina il polso e gli occhi e prende dalla sua tasca una medicina. Ha con lui appositamente un liquido, nel quale mescola un paio di pillole. “Ora dormirà prima tranquillamente”, dice fiducioso. “Più tardi ritornerò, se lo permettete; sarebbe bene se al risveglio di suo figlio ci fossi io stesso”.

29. “Anzi, glielo chiedo, signor von Wanger”, dice il fabbricante. “Mi dimostrerò grato, faccia la fattura”. Oh, sì, un mondano pensa dapprima al denaro; fattura e simili cose. Il collegamento interiore non ha nessun ruolo. E’ nuovamente un tratto fine, che gioca intorno alla bella bocca del medico. Lui fa un cenno gentile.

30. “In una vacanza non esistono fatture, allora passa tutto attraverso la missione. Se per via della salvezza di suo figlio vuole donare qualcosa, allora Le saremo grati, perché con ciò possiamo aiutare i nostri fratelli neri, che da noi bianchi vengono sovente respinti e perseguitati. Nonostante molto sostegno, c’è ancora qualche grande bisogno che dev’essere lenito”.

31. “Lo faccio già oggi! Ma di che cosa vive lei? Di aria e di amore?”, cerca di scherzare il fabbricante. “Nella foresta le cose si svolgono ben in modo semplice, ma tutto costa denaro”.

- “Non sono povero”, risponde il signor von Wanger, “e non pensi per nulla che avremmo solo animali selvaggi e le capanne di foglie.

32. Con l’aiuto peculiario ho stabilito delle officine. Abbiamo il nostro mulino, la segheria e un negozio. Due officine, anche se piccole, sono diverse tessiture. I miei raccomandati sono volentieri disposti ad imparare molto; inoltre sono diligenti e coscienziosi. Quanto sono tristi quando commettono degli errori; allora devo consolare, invece di sgridare”.

33. Wanger è un buon conoscitore di uomini. Nel volto del fabbricante si può leggere ciò che non tradirebbe mai. Con gli errori diventa sovente ingiusto. Una buona parola, una gentile indulgenza non esiste per lui. Se la prende anche rudemente con la sua segretaria con minime cose, e non si è mai scusato quando lui aveva torto. Prima non avrebbe mai riferito a sé questa nota; ora sente che l’uomo straniero intende lui, ma vi passa sopra e si interessa del posto di lavoro di Wanger.

34. “Riesce davvero andare d’accordo con i neri? Possono già leggere o scrivere?”

- “Non tutti”, risponde Wanger, “ma abbiamo una scuola e due insegnanti per le persone più anziane e per i bambini. Che cosa pensa: quanto ognuno si sforzi? Sono orgogliosi quando si ferma di nuovo qualcosa nella testa.

35. Non li si deve prendere in giro, come purtroppo fanno degli stupidi bianchi. Se si impara a conoscere la mentalità dei neri, allora non c’è nessun problema di sollevarli dal loro stato, non inteso la loro regione. Inoltre, contrariamente ai bianchi, hanno molta conoscenza collegata alla natura, che è molto più importante che qualche conoscenza del nostro paese occidentale. Ho imparato molto, cose dal tempo primordiale della popolazione del nostro mondo, che noi moderni abbiamo del tutto perduto.

36. Vero è, che dopo certi periodi di cambiamento è morto qualche concetto di base. Ma certi popoli hanno lasciato molto del loro sapere, anche se non hanno macchine, né razzi per la luna né, …terribili strumenti di guerra che possono distruggere l’intera umanità in un giorno. Se questo è davvero un progresso culturale, lo può riconoscere ognuno che non ha dimenticato che cosa hanno portato con sé le ultime guerre mondiali. Oppure no?”

37. Un severo ammonimento alla situazione di vita di tutti gli uomini. Questo tocca l’animo. Il bianco dal paese dei neri ha ragione. Ma, ah, …non c’è più nulla da cambiare. La tecnica aumenta, l’umanità sprofonda, persino molto rapidamente.

- “Chi ferma la scivolata?”, chiede un poliziotto.

38. “Oggi, più nessuno”, risponde il signor von Wanger. “Semmai, allora la riflessione viene in mente solamente, quando il grande ‘Mene tekel ufarsin’ (Dn. 5,25) viene ad effetto. Sta già scritto sulle pareti del nostro mondo, nemmeno soltanto dall’altro ieri. Quando il mondo si oscura, intendo gli uomini, e fiammeggiano giù i fulmini della Parola, allora forse, …esiste ancora una spanna di Grazia per salvare ciò che è salvabile: i valori interiori.

39. Voi siete uomini moderni”, indica il medico intorno, “per voi è importante l’esteriore su e giù, cui avvitarsi in alto con fatica. Fin qui è in ordine se esiste il buon senso. Ma questo, basta per l’esistenza immortale dell’uomo, …di cui non si può disporre così liberamente? Forse una volta giunge il bisogno di riflettere su queste cose che stanno al di fuori della quotidianità”. Lui esamina lo stato del paziente, offre al signor e alla signora Beocana la sua mano in saluto, e dice:

40. “Non ha più bisogno di cure. Quando si sveglia, prima che io ritorni, allora può mangiare di nuovo quello che vuole”.

- “Allora deve ancora riposare?”, chiede la signora Beocana, la cui preoccupazione adesso è scomparsa ed ha seguito il discorso del medico sacerdote, meglio che i tre uomini.

- “Non è necessario, Roberto deve solo rimanere a casa finché arrivo”.

41. “Avrebbe la gentilezza di accompagnarmi ancora?”. La richiesta del padrone di casa suona un po’ insicura. Che il sacerdote se l’aspettasse, non lo sospetta il Beocana. E’ la prima volta che si sente più piccolo dell’altro. Questo succedeva talvolta in gioventù, nei confronti di suo padre.

42. Da quando, dopo la morte del padre, ha preso possesso delle fabbriche e sono diventate delle grandi aziende, non ha posto nessuno al di sopra di sé. Lui era il re del suo regno di lavoro, era il suo proprio funzionario, ma anche il primo servitore, sempre uno dei primi, che entrava nel luogo dell’attività; e Roberto lo segue nelle sue orme. Ora guarda in segreto all’uomo che ha aiutato lui e suo figlio, che sa molte cose strane.

43. “Molto volentieri”, annnuisce il signor von Wanger. Alla presenza della madre di Roberto non voleva dire tutto, ha taciuto soprattutto dell’avvenimento della prima cattiva notte. Gli ufficiali chiedono se una sera potessero venire da lui. Si lascia la villa, i poliziotti tornano in macchina nelle sezioni di servizio, mentre Beocana si lascia condurre dall’uomo di casa. Si siede accanto al signor von Wanger sul sedile posteriore.

 

 

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Cap. 4

Alla fabbrica, un po’ di convenevoli, e i fatti sono esposti

1. Il ‘vecchio e il figlio’ non sono ancora arrivati. La segretaria, una ragazza graziosa, diligente e di buona casa, è sempre la prima nell’azienda, colei che prepara il tavolo del capo. Il vecchio signore lo ha sempre considerato come del tutto naturale, senza alcun ringraziamento extra. A volte era difficile per la ragazza di accettare tranquillamente l’impersonalità del datore di lavoro. Dovendosi accontentare quando manifestava la soddisfazione con il silenzio.

2. “Magari è successo qualcosa. Alla fine, il vecchio aveva un aspetto malaticcio”.

- Il capo del servizio Canncia brontola: “Qui non esiste nessun ‘vecchio’, si dice ‘capo’!”

- “E allora?”, chiede il secondo responsabile. “Almeno Roberto sarebbe..., lo junior”, si corregge rapidamente.

- Canncia si mette in posa: “Miei signori e signore, non evitate il servizio, si continua”.

- Ci si divide. Già prende frettolosamente il telefono, allora entra nell’ufficio il più giovane apprendista e strombazza: “Attenzione, arriva il vecchio!”

3. “Manigoldo!”, Canncia tira le orecchie al giovane. “Ho sottolineato proprio ora che abbiamo un ‘capo’, ma non un vecchio, e tu, rana verde...”

- “Lasci il piccolo”, si immischia una signora più anziana. “Non è mica un crimine! Quando siamo stati giovani noi”, fulmina il capo ufficio come un esercitato manigoldo, “abbiamo certamente usato qualche stupida parola. Non è vero?”

- Canncia si tira fuori dal laccio.

4. “Devo salutare il capo”. Corre fuori. Si ridacchia, e il giovane si getta al collo della signora. “Lei è proprio grande, la adoro!”

- “Per questo, ricevi una cioccolata”.

- “Puh”, fa il ragazzo, “compirò sedici anni, allora voglio vino e sigarette!”. Nonostante ciò, prende il dolce.

5. “Non farti scoprire! La nicotina è pericolosa, particolarmente per voi giovani”.

- “Ma io non fumo”. L’apprendista si prende un pacco di dossier, che è da smistare ai singoli reparti.

- “Il piccolo è a posto”, lo difende la signora.

- Uno ghigna: “Il suo figlio adottivo?”

- “E se fosse?”, para la signora che in un incidente ha perduto marito e figlio e perciò cerca di dimenticare nel lavoro. Le si dà ragione, ha spezzato la punta a qualche tensione.

6. Canncia nasconde il suo stupore, quando vede stare uno straniero accanto a Beocana, che ha uno strano aspetto. Che costui abbia un’ampia conoscenza in molte cose, e la conoscenza di Dio, non lo sospetta. Da lui fluisce un respiro, a cui nessuno può resistere. Lo ha notato Vilpart ed ha cercato di evitarlo. Una fatica inutile. Proprio così succede a Canncia.

7. Il fabbricante conosce la sua gente e pensa:_‘Sì, mio caro, a me è successo proprio così’. Ci si presenta reciprocamente. “C’è qualcosa da riferirmi?”, chiede lui.

- “No, signor Beocana, tutto in ordine. Posso chiedere quando arriva junior? L’ingegner Orsano vuole discutere con lui l’esito di laboratorio”.

8. “C’è tempo. Mio figlio ha un po’ di febbre. Il signor von Wanger è un medico straniero e proprio ora importato dalla foresta”. Dicendo questo, ride forte.

- Canncia fa una faccia stupida. Nella vicina contabilità ci si drizza le orecchie, la porta è solo appoggiata. L’uno e l’altro ha qualcosa di ‘importante’ da fare e corre via con un saluto. E si chiacchiera abbastanza.

9. Il capo va nel suo ufficio privato. Per lo stupore della sua segretaria, dice gentile: “È tutto a posto? Molte grazie, signorina Kingtown. Lei stessa può sbrigare una parte del lavoro”. Dicendo questo, posa una mano sulla spalla della ragazza. “Ora non posso essere disturbato. Tenga indietro i curiosi”. La segretaria osa intonarsi dolcemente nella sua risata.

10. Il signor von Wanger guarda la graziosa ragazza, le dà la mano e dice: “Lei è un prezioso membro della casa Beocana”. Naturalmente, il capo è stupito, più divertito. Naaa, il Wanger ha scoperto nella signorina la sua futura? I suoi occhi vanno avanti e indietro, mentre Wanger sorride in segreto,

11. Nell’ufficio del capo i due signori si stanno seduti di fronte. Beocana fa portare vino e uno spuntino; non ha ancora mangiato nulla, e così certamente neppure l’ospite. Dopo il pasto il medico comincia, mentre tende al polso di Beocana, lo esamina un poco e – com’è il suo modo – dice gentile:

12. “Ho visto che cosa le manca. L’organico non è pericoloso. Non è facile da cogliere il nervoso della malattia del suo cuore, perché questo dipende da lei stesso, mio signore. Si agita troppo rapidamente, certamente più spesso di cose che non sono gravi, come lei pensa quasi sempre”.

13. “Si fermi!”. Il sangue sale. “Tre fabbriche! Lei pensa che sia così facile?”

- “Cosa crede, sa quante difficoltà risultano per me? Se non avessi la calma – e me la son dovuta anche conquistare – sarei da tempo sepolto da qualche parte. Se già alla prima parola si lascia talmente andare, come vuole sopportare ciò che le devo annunciare?”

14. “Chi ne può qualcosa, se si…”, si svincola. Non ammette che si agita subito quando qualcosa gli va contro pelo. “Non lo si può mettere da parte così facilmente”, risponde Wanger”.

- “Queste sono – mi perdoni – debolezze di carattere. Queste, non il suo sangue caldo, disturbano la sana circolazione del cuore”.

15. “Ah”, para Beocana, “Lei è qui per via della malattia; quindi lei ha...”

- “Sono stato cinque anni nel servizio all’estero senza vacanze. Non esistevano domeniche. Il forzato tempo di anni e il caldo, non il mio carattere, hanno reso una volta necessario che mi dovevo riprendere. Con lei le cose sono diverse. Se si concede un riposo, lo determina lei. Mi vuole forse dire che è stato attivo per anni senza interruzione?”

16. “Ma...”

- “Qui non c’è nessun ‘ma’! Non se la prenda a male che interrompo di nuovo; mi sta molto a cuore il suo destino. Lei pensi che io non avrei ancora conosciuto lei e suo figlio, quindi non ci sarebbe stato nessun legame che poteva condurre all’obbligo. Se sente ciò che ho da riferire, penserà certamente diverso e che l’incisivo avvenimento avrà presto, per conseguenza, l’obbligo.

17. Dapprima voglio domandare se si vuole fidare di me. Se sì, allora Le voglio dare qualcosa che la fortifica subito, e nel corso di un tempo sentirà quanto migliorerà la sua malattia. La storia del cuore molto minore, aumentata da lei solo attraverso il suo arrabbiarsi, si potrà guarire finché sono in vacanza”.

- “Per quanto?”, chiede Beocana.

- “Circa sei settimane; abbastanza tempo per aiutare”.

- “Bene, mi metto nella sua mano; ma non prendo del veleno”.

18. “Piano! Non esistono veleni che rovinano, anche come guariscono, a seconda per che cosa, per chi e come lo si usa. Premetto, che dopo quella notte che ha spinto Roberto sulla collina e dove l’ho conosciuto insieme al conoscente, era anche un veleno che ha aiutato il figlio.

19. Quello di ieri non era comunque veleno, ma per questo molto più nocivo. Per lei ho un altro mezzo”.

- Beocana si difende con veemenza: “Forse dai suoi neri viene usato solo veleno?”.

- “Allora le hanno raccontato una bella favola”, lo prende in giro Wanger.

20. “Da sedici anni sono nei tropici, qua e là, quindi posso sapere e certamente dimostrare ciò che è la verità”.

- “Ammesso”, confessa Beocana, “soltanto, che io vorrei, sa…”

- “Va bene! E’ comprensibile che sia diffidente. Non la convinco nemmeno, le offro soltanto l’aiuto. Dipende da lei se lo vuole oppure no”.

21. Quante volte il fabbricante ha pensato di affidarsi a un medico, ma si è sempre ritirato per paura. Qui sarebbe possibile, senza che nessuno se ne accorga. “La prego, mi aiuti, ma senza veleno!”

- “Ma si può scherzare con tali cose?”, dice serio Wanger, e va a prendere la sua borsa.

- Beocana assiste come costui mescola un chiaro liquido con un succo scuro. Incerto ride: “Ha portato tutta questa farmacia dalla foresta?”

22. “Solo la metà”. Il gentile volto dà sollievo. “Di questo ne prenda un cucchiaio pieno. Non ha un buon sapore, un sorso di vino può seguire. Per il divertimento del signor Wanger, Beocana tira su le sopraciglia, annusa la medicina e la manda giù velocemente. “Questo sarebbe fatto”, sbuffa con veemenza. Non ci vuole molto, allora si sente come cominciasse a volteggiare. Dopo, sente una buona calma, e i dolori nel petto sono cancellati.

23. “Lei è il più puro mago! Ah, sì, dai neri si impara questa ‘arte nera’, non è vero?”

- “Glielo spiego un’altra volta. Adesso voglio…”.

- Il segno di disturbo suona. La segretaria annuncia: “Il signor Canncia La vuole parlare urgentemente”. Un rossore fluisce di nuovo in alto. Wanger, che ha sentito l’annuncio, ride divertito: Lui vuole osservare l’animale del miracolo, che sono io nei suoi occhi”.

- “Ah, è così? Allora: che entri!”

24. Con un profondo inchino il capo dell’ufficio consegna al suo capo uno scritto. “Appena ora trasmesso dal telegrafo”. Arrivano due proprietari di fabbriche.

- “Va bene; prepari tutto per domani”. L’incarico suona tranquillo, non come al solito abituato al comando. C’era quasi sempre un piccolo temporale quando qualcuno disturbava, persino in qualche cosa di urgente.

25. Di nascosto Canncia fissa il signor von Wanger. In ciò si sente poco a suo agio, ma supera abilmente la tensione: “Dove sistemiamo i signori?”

- “Ci pensino loro! Li vada a prendere a nome mio e li porti nell’Hotel “L’onda blu”.

- “Questo va bene, ed è pure più vicino alla nostra fabbrica”. Canncia se ne va, non senza squadrare ancora una volta lo straniero.

26. Nell’altro ufficio lo si soverchia con le domande. Lui fa le spallucce: “Per niente trasparente! Sarebbe un medico. Il capo lo ha consultato”.

- Oggi il lavoro zoppica un po’ ovunque, solo negli edifici di produzione le cose vanno come al solito. Là non si sa nulla dello straniero e che il capo oggi non è stato puntuale.

27. “Che cosa pensi di lui?”. Beocana indica la porta. Come all’improvviso gli sia ispirata la fiducia che lo straniero possa fare di più che benedire e medicare, non lo sa.

- Egli alza le mani come per soppesare la sua risposta. Parla sempre chiaramente come se ti stesse rivelando qualcosa. Anche ora. Di rado gli occhi possono mentire, come ci riesce a volte Canncia.

28. “Non vorrei affatto disturbare il vostro rapporto. Ancora – lo sottolineo – merita la sua fiducia. Il suo sguardo sonda; ma il suo fervore – lo dico con prudenza – può diventare un danno. Questo dipende appunto dal fatto, come lei si deciderà, come mettere un collegamento con suo figlio Roberto. Più tardi gliene parlerò ancora. Intanto devo riferirLe che nella notte passata era quasi successo un incidente”.

- “Con Robert?”. Viene chiesto in ardente paura per suo figlio, per via di lui, e naturalmente per la sua successione nell’azienda.

29. “Sì, con lui! Nell’amicizia ha ignorato volentieri un inconveniente, inoltre ha un animo puro. Dato che lui stesso è buono e prezioso – così lui stesso non si considera – allora vede anche negli altri il bene. E se poi compare comunque un male, lui cerca sempre di scusarlo. Lo ha fatto spesso con il suo strano amico.

30. Costui è un perdigiorno, e come ho sentito, procura qualche preoccupazione ai suoi genitori, manca al lavoro, beve, gioca, vuole vivere magnificamente e nei piaceri. Per questo ci vuole molto denaro. Questo lo ha lei e anche suo figlio. Questa conoscenza gli ha dato l’occasione per rapire Roberto, per ricattare lei. Che magari doveva capitare un omicidio, era chiaro per i fannulloni.

31. Quando non gli è riuscito il primo colpo, ha pensato all’omicidio. Lui Le avrebbe promesso di riavere Roberto, se avesse ricevuto un alto riscatto. Lo si avrebbe trovato …morto, ma forse no. In breve: Nella notte dopo il mio arrivo sono voluto andare alla spiaggia. Qualcosa mi ha spinto fuori casa come… Anche se lo volessi accennare, …Le sarebbe inspiegabile.

32. Dato che, sono capitato in città come sconosciuto. Ho sentito un grido ed ho visto un uomo passando davanti a me correndo. Nella strada sono comparse due figure. Quando loro hanno alzato le loro armi, sono saltato nel mezzo fra loro e l’inseguito. Sono partiti gli spari, ma non hanno colpito, perché...”

33. “Signor von Wanger, lei si è messo in pericolo? Anche lei poteva essere colpito!”

- “Oh, no”, sorride Wanger. “La comparsa di uno sconosciuto su cui non si conta, rende perplessi tali pezzenti. Questo è bastato per procurare un vantaggio alla vittima in modo tale da non poter più prendere bene la mira. L’ho già sovente provato ed ho potuto salvare qualcuno. Raramente degli spari una volta che non sono andati a buon fine, poi possono farlo precisamente.

34. L’altro ieri sono andato sulla collina per avere da lì una vista su questa cittadina. Era così bello, avevo con me della letteratura, in modo che lassù ho letto per un po’. Sapevo anche che sarebbe successo qualcosa. Di nuovo qualcosa come nella foresta, persino come lì dal capo tribù, con l’uomo di medicina della sua tribù. – Le potrò raccontare qualcos’altro, se dovesse essere di suo interesse”.

35. “Sono curioso. La prego, venga da noi pure spesso, come vuole, Naturalmente non voglio disturbare le sue vacanze. Lei ha bisogno di riposo; ho anche poco tempo di giorno. Per mezzogiorno La invito sempre come un ospite, e sarà sempre benvenuto. Per la sera mi libererò quasi sempre”.

36. “Non ogni giorno, non lo si può pretendere da sua moglie. Lei può decidere le sue serate. C’è anche già altra gente nella città che ho scovato.” Beocana ride, finché gli vengono le lacrime.

- “Questo Le si adegua!”. Diventando di nuovo serio, chiede come ha continuato la faccenda. … Solo ora sente che cosa era successo. Il medico glielo descrive appositamente, che l’avvenimento, la fuga, gli spari, la purezza nell’animo più tenero del figlio gli lasciano profondi segni e – persino molto presto – potrebbe scoppiare una crisi di nervi.

37. “Per questo”, continua Wanger, “se Roberto viene a sapere dell’ultima notte, sarebbe meglio che Lei approvasse il mio piano”.

- “E questo sarebbe?”

- “Lo voglio tenere per un po’ con me”. Lui accarezza la fronte di rughe di Beocana. “Non dev’essere subito. Naturalmente, prima è, meglio è, affinché guarisca lo schock; è tropo profondo. Da me può imparare a vedere in trasparenza la gente, affinché, se necessario, lui stesso si sappia al sicuro.

38. Ho sottolineato che il signor Canncia merita ancora la sua fiducia, forse a lungo. Soltanto, …ognuno a suo tempo cadrà alla morte. Quindi sarebbe possibile che un giorno si veda così insostituibile nei confronti dei suoi eredi, che esisterebbe il pericolo che pensi più a se stesso e meno al suo dovere e onore.

39. Roberto potrebbe imparare da me, più che in alte scuole. Non mi consideri troppo teso! Il mondo selvaggio ci insegna di più di quanto lo possa tutto il paese d’occidente. L’ho imparato guardando lontano…”, Wanger evita ‘il suo dono di veggenza’, “…che vorrei lasciare a Roberto come seconda parte ereditaria”.

40. “Perché proprio a lui?”. Beocana non si chiude del tutto a questi argomenti, nonostante per lui tali cose siano terra nuova. “Lei è senza eredi, oppure non ha voluto...”

- “...sposarmi? Lo volevo una volta. Ci sono ragazze che seguono il marito fino alla fine del mondo; altre non ci riescono nonostante l’autentico amore. Ho rispettato i timori di una ragazza e …lei è da tempo felice. Questo mi ha consolato, perché non si deve pensare alla propria felicità. Chi ama veramente, libera il partner, appena un camminare insieme attraverso difficoltà diventa difficile per l’altro.

41. Ho visto la sua espressione, che forse mi piacerebbe la sua segretaria. Lo sarebbe del tutto certamente! Ma sarebbe d’accordo se io Gliela portassi via? Ho già superato i cinquanta, la sua fedele, migliore aiutante, appena ventidue, se non sbaglio”, Beocana annuisce. “Potrei quindi esserle quasi un mezzo nonno”.

42. Divertito e sollevato, Beocana sorride: “Mi lasci ancora la ragazza. Potrà trovare il suo porto matrimoniale, ma spero che per questo ci sia ancora tempo”.

- “E’ possibile!”, Wanger vede il filo d’oro che potrebbe essere intessuto inconsciamente con un giovane cuore. Ma a colui, per il quale valgono le maglie d’oro, non cattura ancora la felicità dell’autentico amore. “E chissà se rimarrebbe anche per sempre…”, aggiunge piano.

43. “Per me, molto bene”, dice Beocana, “soltanto, lei è …come lo devo dir? Sarebbe peccato se non rendesse felice nessun cuore d’uomo”.

- Wanger distrae dal tema. “Spero che i miei piani siano di suo gradimento”.

- “Non necessariamente”, respinge costui come un capo e un padre che non vuole perdere Roberto, e sente inconsciamente: in quest’uomo, che possiede della forza …quella buona, lo ammette persino nell’interiore, come medico, come… Allora lascia aperto il pensiero, …come sacerdote. Ma come ‘veggente’ non lo conosce ancora.

44. “Vorrei ancora vedere Roberto, se non Le dispiace, ritorno di nuovo questa sera. Allora procediamo di un piccolo passo: io verso di lei, lei verso di me”.

- “Come lo intende?”

- Wanger spazza via lo stupore. “Nel punto principale che lei non conosce ancora e che richiede molto tempo, finché farà dello stesso il Suo. Perciò voglio dapprima parlare con lei, affinché …non si arrabbi!”, Wanger prende le due mani di Beocana, “non sa nulla della vera vita, scopo e meta, e della sua profondità”.

45. Beocana si sente come catturato, ma non come oppresso come Canncia, quando gli occhi del sacerdote-medico si posano su di lui. Somiglia piuttosto ad una protezione, anche se il fabbricante non sospetta che cosa significhi una tale ‘protezione della Luce’, quanta pace sa donare. Si alza, e per scuotere via l’incerto, dice frettolosamente: “La faccio accompagnare alla villa”. Suona e chiama una macchina.

46. Wanger dà di nuovo la sua mano alla ragazza, ed è come se ci fosse un buon legame, da cuore a cuore, su di un alto livello che il mondo conosce così poco, e non vuol quasi mai avere, intesi i mondani. Tranquillizzato, va nella villa, colmo di gratitudine verso Dio. Ha seminato del bene; ora questo possa germogliare sotto la Benedizione di Dio, ed anche crescere.

 

 

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Cap. 5

Il risveglio, il recupero – La cena anche con Marita

Una proposta viene accettata – Dai Mescaru un’altra piccola vittoria

1. Quando Wagner entra nella stanza, Roberto si sta risvegliano.

- La signora Beocana va incontro all’ospite. “Meno male”, sussurra lei ed indica il figlio, le cui palpebre stanno per muoversi.

- Il medico si siede delicatamente accanto a lui, esamina il polso e tiene strette le dieta di Roberto. Una corrente fluisce attraverso il corpo esausto, anche se non lo sa registrare.

2. “Ma dove sono?”. Gli occhi si aprono stupiti, nello sguardo smarrito vi è l’incertezza, come accade agli svenuti quando riacquistano la conoscenza. Wagner tace. Coglie gli sguardi, finché trovano la calma nei suoi. “Siamo sul monte? Dov’è…”. Lentamente sorge il ricordo in Roberto, non dell’ultima notte; là regna l’oscurità più profonda, e questo è bene. Ma dall’alto, dello straniero e dell’amico, quando costui se n’era andato, il veleno e…

3. Si solleva, vede sua madre chinata, su di lui, preoccupata, riconosce il medico e si aggrappa alle sue mani: “Sono malato?”

- “Un poco; domani sarai di nuovo a posto. Un po’ di febbre”, dice Wanger per tranquillizzarlo. E non era simile alla febbre, le guance rosse, il polso accelerato, in più il penoso avanti e indietro nel sogno?

4. “Signor Wanger è ora nostro amico”, lo tranquillizza la madre, “lui ti aiuterà, caro ragazzo, cosicché il piccolo attacco presto svanirà”.

- “L’amico? Mi voleva portare a casa. Aveva appunto...”

- “Non questo”, interviene Wanger. “È stato portato via. Ho incontrato voi due sulla via per casa”. Lo sguardo chiaro degli occhi blu, la mano sicura, la voce… Ah, quanto fa bene. Il ricordo aumenta.

5. “Sono stato con Vilpart alla Conchiglia del mare e… e…”

- “…hai bevuto un sorso di troppo”, finisce il medico. Per non richiamare una grande emozione, aggiunge ancora: “La sua macchina non era più al suo posto, ma è già stata messa al sicuro”.

- “Vilpart? C’è qualcosa di buio, non so, mi è…”

- “Sta tranquillo”, lo distrae anche la madre. “Non è grave se un giovane uomo una volta ha una piccola sbornia. Tuo padre, all’inizio si è agitato, ma poi ha riso”.

6. “Beva, signor Roberto!”, Wanger gli porge una medicina.

- Quasi come il padre anziano, annusa il bicchiere e getta formalmente il contenuto in gola. “Brrr, quanto è amaro!”. Un bicchiere di limonata cancella il gusto amaro e contemporaneamente rinfresca. Dopo si sente fortificato come mai prima. Si alza e si siede a tavola, sul quale nel frattempo era già stato portato un pranzo dalla cameriera della casa.

7. “Ho una vera fame”, confessa Roberto.

- “Anche noi”, dice la madre, “quindi prendi in abbondanza”. Spinge diligentemente le scodelle e i piatti al signor von Wanger. Ci si prende tempo con il pasto, Roberto deve imparare a riprendersi ancora di più, poiché deve sapere dell’avvenimento.

8. Piano, a gocce, e prima sminuendo, Wanger riferisce della sera trascorsa. Strano, Roberto è interiorizzato e calmo, ascolta come se sentisse un destino estraneo. Quando ha accolto tutto, rimane per un po’ in silenzio, si alza, va avanti e indietro e si siede di nuovo al suo posto, fra Wanger e la madre.

9. “Dunque: è stato così!? Nell’ultimo tempo costui mi sembrava… questo… hm, cattivo, ha mostrato di più del suo essere che finora, ed ho cominciato a separarmi interiormente da lui. La parte di divisione si è rafforzata. Unicamente il ricordo al nostro tempo di bambini e giovani mi ha fatto sperare volentieri che ridiventasse diverso, di nuovo buono, come lo era prima”.

10. “Non è mai stato buono”, contraddice la madre. “Non ti volevamo togliere l’amico. Marita ha detto nelle ultime vacanze: ‘Lo dico a te, mamma, non mi piace. Roberto deve guardarsi da lui’.

- Lei chiede al medico come mai la figlia abbia potuto presagirlo.

- “Lei ha un dono quasi superiore di percezione, che passa nel pensare cosciente. Nelle ragazze è sovente più fine che nei ragazzi. Questo Vilpart ha in qualche modo infastidito sua figlia?”

11. “Me lo avrebbe raccontato del tutto certamente”.

- “Forse! Una madre lo deve percepire meglio che lo possa un uomo. Tuttavia è possibile che si vergognasse e perché non voleva rovinare l’amicizia a suo fratello”.

- “Precisamente!”, interviene Roberto. “Marita mi è affezionata. Ma perfino se costui… Ah, se non fosse stato un criminale, non avrebbe mai avuto la mia piccola sorella. Questo lo avrei impedito in ogni caso”.

12. Ora irrompe l’agitazione. Dato che, essendo rivolto all’amore per la sorella, è diventato quel punto di sostegno d’aiuto che ha riportato sulla via normale colui che aveva gettato fuori la via dell’anima. La signora Beocana non conosce ancora la legge fondamentale della vita, la compensazione che si svolge in ciascuno, quasi mai percepito.

13. Wanger alza la mano: “Deve uscire il male come… mi perdoni... come si svuota uno stomaco malato. Roberto ha bisogno di un cambiamento, un viaggio”.

- “Ma non subito!”. Come suo marito, lei non vuol perdere il ragazzo, non per questo strano uomo.

- Costui la tranquillizza: “Non subito, ma è meglio che sia presto, affinché guarisca lo shock”.

- Lui tace ancora il buon desiderio di portarlo con sé nella sua custodia.

14. Roberto gli viene incontro senza volerlo: “Devo uscire da qui! Se io…”

- “Non lo incontrerai così presto”, lo calma Wanger, “per questo c’è il tempo di tre anni. Soltanto, non si dovrà aspettare così a lungo”.

- “Mi lasci interrompere, per favore”. Roberto, come già più sovente, prende le mani del medico. “Sarei felice di venire via con lei”.

- “Non abbandonerai troppo presto i genitori; suo padre ha ancora bisogno di lei. Quanto ritorna la sorellina?”

15. “L’anno prossimo. Io… non volermene”, bacia la madre, “anche se ero incosciente, nondimeno percepivo il tuo amore. Mi sarà difficile la separazione; ma ti prego, devo andare via!”. Fa di nuovo un giro nella stanza, guarda fuori sul parcheggio, abbraccia la madre e lascia la stanza.

16. “Oh, gli succede qualcosa!”. La signora Beocana lo vuole seguire.

- “Rimanga! Non fa male l’emozione, e che sta pensando alla sorella, è il segno migliore che presto avrà superato la faccenda. Per provocare questo, è bene che vada via per un po’ ”.

- “Lo comprendo; soltanto”, ride lei imbarazzata, “Lei è sacerdote, e allora una volta posso confessarmi”. Guarda l’ospite profondamente arrossata.

17. Le guance di costui non ardono; per questo, di più il suo cuore sacerdotale. Lui annuisce e si guarda in giro per la stanza per l’occasione. Questo le rende più facile la confessione, che finora non è stata ‘tutta madre’. Aveva troppo da fare con se stessa. Solo attraverso il cattivo avvenimento lo percepisce, e ora si sarebbe prefissata di esserci soltanto per suo marito e per i figli.

18. Wanger prende le due mani della donna nelle sue senza dire una parola. Poi si alza. “Suo marito mi ha invitato per la sera”.

- “Ne sono molto lieta!”, esclama sinceramente. Lei ha avuto un miglior contatto verso lo straniero che verso suo marito, anche se non ha mai conosciuto un sentimento spirituale, nessun collegamento con Dio.

*

19. L’ospite della sera arriva puntualmente. “Mi scusi, signor Wanger, il lavoro mi ha oggi formalmente travolto; ho dimenticato per lei la macchina”.

- “Cammino volentieri, nella missione devo quasi sempre camminare. Ma abbiamo due macchine e anche cavalli; è provveduto per il cambiamento”.

20. La figlioletta è tornata inaspettatamente. La sua infantile bellezza rallegra l’ospite. In lei vede la profondità dell’animo, simile ad un magnifico calice cristallino. Lui ha portato dei garofani per la signora.

- “Peccato”, si rivolge ora a Marita, “non sapevo quale delicato Mughetto avrei incontrato, altrimenti ne avrei portato un mazzetto”.

21. “Qui non ce ne sono”, ride la birbona, “e… di carta? Puh!”

- “Insolente!”, la sgrida delicatamente Roberto. “Il signor von Wanger è un famoso medico missionario e ancora di più. Allora tu, pulcino, devi ben essere modesta!” I due si amano, una gioia per l’uomo, che legge persino nelle anime chiuse.

- “I mughetti in sé sono modesti”, segue il tono scherzoso. “Ce ne sono alcuni in Europa. Ogni uomo, senza allargarmi troppo, ha qualcosa in sé che somiglia in qualche modo a una pianta, a cui possono aggiungersi anche stelle oppure altri simboli”.

22. “E lei pensa davvero, che io sarei…”. Naturalmente Marita è ancora troppo giovane per seguire il pensiero, nonostante ciò anche lei ha trovato un legame verso quest’uomo. Non conosce la parentela interiore, quella dal Paese sconosciuto che si chiama ‘aldilà’. Ma parlare di questo sarebbe troppo presto in questa cerchia.

23. Perciò il medico dice: “Gentile da parte sua accogliere la mia indicazione. Qualche stolto crede di provenire dagli animali, di conseguenza anche dal regno vegetale. Persino dei credenti si riferiscono alla loro anima, all’immortale di un umano. Alcuni scienziati riferiscono questo ‘provenire’ puramente alla natura del corpo. Ambedue le opinioni sono sbagliate, anche se c’è un granellino di Verità”.

24. “Sono grossolane contraddizioni”.

- “Certamente, signor Beocana, se non si conoscono i collegamenti più profondi. Se vuole, glielo spiego più tardi”. Wanger indica intorno.

- Per cortesia, senza vero interesse, il fabbricante annuisce. “Se lo desiderano le mie dame?”. Nasconde dietro moglie e figlia l’incerto, lo sconosciuto.

25. Marita esclama entusiasta: “Io lo voglio sentire, non si impara mai abbastanza nella vita!”

- Ma guarda, quale piccola saggezza”, scherza Wanger.

- E Roberto dice anche subito: “Lei è molto intelligente. Pensi soltanto, signor von Wanger, che ha assolto il suo esame così bene, come unica di tutti gli scolari, che non deve rimanere nel collegio per tutto il resto dell’anno. Perciò è venuta a casa inaspettatamente, per nostra sorpresa”.

26. “Congratulazioni!”

- “Con i mughetti?”, ride Marita.

- “Vedremo. Se non diversamente, allora di carta”. Wanger passa lentamente al vero per cui è venuto. Non vuol dire che in Roberto assolutamente nulla è rimasto risonante. Egli ha sempre creduto nel suo amico, alla sua sincerità; e ora… in un colpo gli è stato sfracellato. Questo ha lasciato profonde cicatrici.

27. “Vorrei farLe una proposta e lei può riflettere. Come sa…”, dice sottolineando, “…sarebbe la cosa migliore se suo figlio si staccasse dall’avvenimento, qui è impossibile. Non si spaventi subito. nel mio campo di lavoro le cose non vanno proprio come da selvaggi, al contrario. Lo porterei con me per due o tre anni. Può venire fra un paio di settimane, come lei stesso desidera organizzarlo”.

28. “Che cosa è successo?”, chiede Marita. Non le è stato ancora raccontato nulla.

- Il padre la informa, mentre deve ancora abbattere la sua ira.

- “Vedi, mamma, te l’ho detto subito, che con questo… Nel collegio viene chiacchierato molto e anche cose stupide, ma c’è anche della verità.

29. Tuttavia, da tutto ho imparato anche questo: nelle ultime ferie lui si è voluto avvicinare a me, ma già sapevo di essere soltanto il ‘pesce d’oro’. L’ho soltanto deriso, che ero troppo giovane e… che lui per me era troppo vecchio. Con questo l’ho voluto colpire. Quel… Oh, meno male che il signor von Wanger è venuto espressamente da noi, nella nostra città, ed ha potuto catturare quel furfante. Gli cavo gli occhi se si fa vedere ancora una volta!”

30. “Non è necessario”, calma Wanger il comprensibile temperamento della ragazza. “La posso chiamare Marita?”

- Lei afferma arrossendo.

- “Vede, uno come il Vilpart è fondamentalmente da compiangere, lui si è ostruito la via della sua vita. Chi lo accoglierà più tardi, un giorno? I suoi genitori stanno peggio. Lasci che si sia graffiato, Marita. Non oserà mai più farsi di nuovo avanti”.

31. “Lei l’aveva intuito!”, si preoccupa la signora Beocana, perché Marita non ne ha fatto sapere nulla.

- Come se costei percepisse che cosa pensa la madre, si appoggia al suo braccio: “Sai, mamma, mi vergognavo”. Che la madre non stava loro così vicina per farle trovare una via aperta, lo hanno notato sovente i suoi figli. Ora è diventato meraviglioso con lo straniero che può guarire i corpi e le anime, avendo la sua mano nel gioco.

32. “E’ tutto a posto, piccola, domani mi racconti tutto”.

- “Sì, mamma! Ero contenta di andare in fabbrica ogni giorno con papà e Roberto. Roberto è la mano destra di papà ed io voglio essere la sua sinistra”.

- Beocana si schiarisce la voce. Quali buoni figli ha! Meritato…? Poco tempo fa avrebbe detto un ‘sì’. Oggi, …su di lui precipitano tante cose, una confusione di sentimenti da trattenere, del vecchio, di respingere un qualcosa di nuovo, sconosciuto. Allora lo colpiscono gli occhi del sacerdote.

33. “Vado a prendere il vino”. Fugge davanti a questo sguardo. Così qualche uomo vorrebbe sottrarsi all’incerto. La ragazza si siede sul grembo di Roberto. “Povero”, lo consola, “devi andare via e…”, lo accarezza, “…nel frattempo mi insinuo io e togliamo un peso a nostro papi”. Lei guarda Wagner, va all’improvviso da lui, prende le sue mani e prega: “Lo porti con sé, da Lei è custodito al meglio. Quando poi ritorna, saremo molto felici, i genitori, lui ed io. Lei stesso ci riporterà Roberto?”

34. “Lo posso promettere facilmente, perché adesso è di scadenza ogni tre anni una vacanza in patria. La prossima volta Marita sarà una bella dama, ed io devo...”

- “...tenere il mio cuore?”, sorride lei. Lei è molto più capace a spezzare la punta alle cose difficili. Questo l’ha resa amata nel collegio, in particolare dagli insegnanti. Qui presagisce di più che deve aiutare i suoi, per vincere presto l’avventura.

35. “Sei una brava ragazza”, loda Roberto sua sorella. Chiede a suo padre che era entrato proprio ora: “Me lo permetti? Preferirei andare con il signor Wanger. Sarebbe bene per me”, fa valere il suo argomento.

- La signora Beocana si asciuga gli occhi. Sarebbe giusto, la separazione… se oggi o domani… Anche il padre si dà un colpo.

36. “Acconsento! Ci vogliono un paio di settimane prima che Roberto ci lasci. Che ne pensi, Juanita?”, chiede a sua moglie. Ah, la sorte dei genitori, di dare i loro figli.

- Lei sospira udibilmente: “Sì, dev’essere! E in ogni caso, è bene per nostro figlio se viaggia con il signor Wanger”.

37. “Madre!” Roberto la prende fra le braccia e la stringe con veemenza, tanto che lei ansima:

- “Ragazzo, avanza qualcosa di me!”

- Persino il padre viene abbracciato. Quanto tempo è passato, che i figli lo osassero? Ora entrambi sono appesi al collo, e la fontana dell’amore paterno sale. Ora continua a scorrere liberamente.

38. E’ una bella serata. Il discorso principale: il viaggio; viene stabilito fin nei minimi particolari. Gli occhi di Marita scintillano. Oggi non dice nulla, ma più avanti vorrà pregare i suoi genitori di andare a vedere suo fratello per rimanere un po’ di tempo presso il missionario. Dev’essere meraviglioso dimostrare amore a quegli uomini che vengono quasi sempre disprezzati. Allora scintillano anche gli occhi del medico. Lui verrà guidato ad adempiere la nostalgia della ragazza.

*

39. Il giorno successivo provvede alla sua corrispondenza, dà a un amico studente un messaggio per oltre mare e al pomeriggio si reca dai genitori di Vilpart. Li trova piegati dal dispiacere. La madre piange.

- Il padre mette le mani davanti al volto, per nascondersi. “Un’onta, un’onta!”, ansima continuamente. Ha già avuto il suo licenziamento, ingiustificato. Quando mai si è reso colpevole di qualcosa?

40. Dopo un saluto e le parole: “Si raddrizzi, l’aiuto io”, scoppia un torrente dalla bocca dell’uomo:

- “Perché Dio ci punisce con questo figlio? Ho lasciato passare gli scherzi da ragazzo, ma mai un dispiacere. L’ho educato in modo giusto, non duro. L’ho sempre ammonito, ho risparmiato per lui; tutto abbiamo fatto per lui! E lui ci dà una tale onta! Non ci si osa più andare sulla strada, si è…”. All’uomo si spezza quasi in due il cuore, e il singhiozzo della madre va male al sacerdote.

41. Per un po’ lui lascia scorrere le loro lacrime, lascia passare su di sé le parole del padre. Poi Wanger comincia ad agire da sacerdote. Toglie all’uomo le mani dal viso, accarezza dolcemente i capelli grigi della donna, che le sono venuti durante la notte e si siede fra i due. Delicatamente, come a gravi malati, dice consolando:

42. “Vi prego, mi volete ascoltare? Voi non lo sapete, e lo comprenderei se voleste arrabbiarvi con me, perché sono io che ho portato Vilpart in prigione”.

- “Lei?”, si scandalizza Mescaru. Si distanzia dallo straniero.

- Anche la donna si volta, ed aveva comunque creduto che il visitatore potesse aiutarli.

43. “Sì, io!”, conferma Wanger. “Ma vi prego, ascoltatemi. Vedrete che non ho potuto agire diversamente”. A malincuore gli oppressi rimangono seduti. Oh, amavano l’amico del loro figlio ed hanno sempre sperato che la sua buona natura passasse anche al proprio ragazzo. Roberto dava molta gioia a Vilpart, per il quale mancavano i soldi. Come staranno ora dinanzi ai genitori di Roberto? Il signor Beocana non è mai stato orgoglioso di sedersi con loro, in mezzo ai funzionari, o a un tavolo nell’osteria.

44. “Mia moglie ed io ci toglieremo la vita; non sopportiamo questo dolore”, ansima Mescaru. “Lo comprendo”. Il sacerdote non dovrebbe subito affermare il contrario? Non ancora! Dapprima si deve rilasciare il crampo interiore, allora potrà aiutare, lui, che poteva già assumersi qualche Incarico da Dio, un aiutante per gli uomini confusi e smarriti. Mescaru parla e parla, a volte sua moglie dice qualcosa e all’improvviso ambedue diventano silenziosi. Il primo peso è caduto.

45. “Vi stupite, perché ho compreso la prima decisione, di volersi togliere la vita. Che questo è un peccato, lo sapete, anche se una sofferenza quasi insopportabile spinge al passo. Non avete pensato che al vostro povero figlio...”

- “Povero figlio?”, interrompe Mescaru. “Lui è…”. Oh, oh…

46. E’ il figlio perduto! Quando un giorno si renderà conto dello smarrimento ed irromperà la nostalgia: ‘Voglio partire e andare dai miei genitori’, allora, …che cosa? Allora non ci sarete più, nessuno gli aprirà la porta, non ci sarà nessun perdono, nemmeno mani che lo possano aiutare, nessuna buona parola che lo potrà salvare dalla fatica del deserto della sua anima.

47. Volete prendere questo su di voi? Ma non credete che vostro figlio possa ritornare sulla buona via? Non è possibile che poi, quando sentirà della vostra morte presa liberamente, continuerà a lasciarsi cadere in rovina per un pentimento non confessato, per cui non arriverà mai più in questo mondo a un ritorno? Io devo e posso mostrarvi questo abisso, ma coprirlo – per vostro figlio e per le vostre stesse anime – lo dovete fare voi stessi!”

48. Wanger tace; devono operare le parole. I genitori sono ancora troppo fortemente impressionati, ma lentamente il loro animo si rivivifica. C’è silenzio nella stanza, che è arredata comodamente ma solo modestamente. Di tanto in tanto Mescaru alza le mani, come se volesse afferrare qualcosa, accarezza la fronte della madre, per scacciare via i pesi che dietro alla fronte premono inarrestabilmente.

49. Suonano alla porta. I Merascu saltano su. Una nuova onta, vicini che gioiscono del dispiacere, che…? No, arriva la primavera come una resurrezione, nella figura di Marita Beocana. Lei trascina dentro un cesto, lo mette sul tavolo e si siede accanto alla signora Mescaru, come se questo dovesse essere così. Non lo si può chiamare gioia, che sopravviene sui genitori di Vilpart. Oh, guaio, che cosa porterà la ragazza? Wanger vede lo sguardo lieto, nel quale giace una grande compassione.

50. Lei abbraccia i piegati, accarezza i loro capelli grigi e dice: “Signor Mescaru, Roberto mi voleva accompagnare, per… non tema. Io l’ho sconsigliato che la sua visita la schiaccerebbe troppo. Lui e i genitori vi salutano; ci dispiace, perché siete capitati in questo disagio”.

51. Apre il suo cesto. “Ho pensato che ora andate malvolentieri nei negozi. Ad una vicina…”, gli occhi di Marita scintillano, “…ho detto il suo; che taccia la sua lingua! Un’altra mi ha dato ragione, poi sono venuti anche altri che stanno dalla vostra parte. Ne sono contenta!”. Non dice nulla delle chiacchiere. “Vi ho portato ciò di cui potreste intanto aver bisogno. E il prossimo sabato faccio la spesa per voi, mentre...”.

57. “...Marita può di nuovo suonare le marce alle cattive lingue!”. Il signor Wanger ride contento intenzionalmente.

- “Eccome!”, esclama la ragazza. “Che cosa ne potete voi che è successo questo? Io stessa non lo so comunque, dato che per un anno non sono stata a casa eccetto nelle ferie, ma Roberto e i genitori mi hanno detto che non vi colpisca nessuna colpa. Noi siamo dalla vostra parte”.

53. “Siete molto cari!”. Ai Mescaru si riempiono gli occhi di lacrime. “Vi ringraziamo che vi date da fare per noi. Non ritornare da noi, altrimenti ti attaccano ancora qualcosa”.

- “Non mi lascio impressionare per via di gente stupida”. Marita diventa rossa dal fervore. “Vengo appositamente, non me lo potete vietare. Il signor von Wanger può… come devo dire ? …lui può aiutare, mentre io penso solo a ciò che serve per la vita”.

54. “Questo è molto, Marita. Sono contento per Lei!”. Wanger stesso distribuisce tutti i doni.

- Quanto si stupisce la Signora Mescaru. La donatrice ha pensato a molte cose. Così ricca non è mai stata riempita la loro piccola dispensa. “Lei stessa ha portato questo?”, mormora lei.

- “No, i genitori mi hanno dato il denaro e sono venuta in macchina con il nostro uomo di casa. Io lo volevo; i vicini stupidi devono vedere come si deve agire con la sofferenza degli altri”.

55. Wanger si stupisce del suo delicato tatto. “Vengo domani e vi ringrazio”. Lui stringe le sue delicate dita. E in silenzio la loda: non fa nulla da sé, il suo volto è così puro divinamente, delicato come una pesca.

- “Con i mughetti?”, scherza lei. “Chissà, forse posso…, le posso far cadere dal Cielo”, fa il medico misterioso. Di nuovo serio, riferisce a Marita che i Mescaru volevano togliersi la vita.

56. “Che cosa?” si scandalizza lei. “Non lo dovete fare, questo è...”

- “...peccato, lo so”, confessa Mescaru. “Ma mi creda: gli istigatori non tacciono! Nell’ufficio sono stato così… così…”. Per vergogna ha taciuto sulle tante cose che sono state dette.

- “E questo vuol essere un ente di giustizia?”, si indigna Marita. Domani ci vado e faccio loro un vapore!”

57. “Come sarebbe se lo lasciasse fare a me?”

- “Volentieri! Per loro sono comunque solo un ragazzina. Ma Lei, ah… Lei sì che fa’ loro un vapore!”

- “Non proprio questo; soltanto, il suo cuore si indigna di ogni cattiveria; mentre il ‘vapore’, la ‘marcia’ ed altro, giunge ad un pareggio. Imparerà ancora come si devono prendere i cattivi. La calma non può essere toccata!”

58. “Allora faccio la mia valigia come Roberto, e La seguo. Lei raddrizzerebbe il mio albero storto?”.

- “Questo non è storto, devono solo essere tagliati proprio alcuni rami. Attraverso il fratello rimaniamo in contatto per lettera, allora si può fare molto”.

- “Bene, oh, ma tagli solo diligenti!”. Qual rara conoscenza di questa figlia d’uomo ancora così giovane.

59. I Mescaru drizzano le orecchie. La voce trema quando lui domanda: “Oh, per via di Vilpart vuole andare via suo fratello? E’ colpa nostra che...”

- ”No, signor Mescaru! Naturalmente l’avvenimento ne ha un ruolo. Il signor von Wanger lo porta con sé nella missione, vi imparerà molto. Io rimango ora a casa ed aiuto mio padre. Voi non avete nessuna colpa. E Vilpart…”, Marita ha imparato in un giorno come si deve agire in una disgrazia. “Lui è vacillato, non voglio caricare su di lui nessun peso.

60. Amo mio fratello ed ero così agitata; ma il buon aiutante ha aiutato anche me. Perciò sono venuta qui. Ora devo andare, vengo sabato, e Lei, signora Mescaru, annoti ciò di cui ha bisogno. Glielo procuro io”.

61. “Una buona figlia!”. Il signor Mescaru bacia Marita sulla fronte. “Siamo lieti perché Vilpart ha avuto un fedele amico; e ora…”

- “Non diventare di nuovo triste; il signor von Wanger vi assisterà”.

- “Sì, rimango ancora un po’, altrimenti l’avrei accompagnata a casa”, dice Wanger rivolgendosi alla ragazza.

- “Non è necessario, l’uomo di casa nostra aspetta fuori. Ci viene fare visita stasera?”

- “Se è possibile, altrimenti domani”.

62. Una ragazza…, ed ha riconosciuto la sofferenza degli altri meglio che qualche vecchio. In più, l’ingiustizia che è capitata ai genitori di Vilpart. Quando arriva alla sua macchina dove l’uomo di casa tiene già aperta la portiera, stanno di nuovo chiacchierando un paio di vicini, indicando la casetta. Risoluta va verso di loro.

63. “Ebbene, ha fruttato qualcosa l’affilare la lingua? Fate attenzione, che un diavolo non calpesti i vostri piedi!”. E già è seduta in macchina.

- “Questo è stato magnifico!”, loda sorridendo l’uomo di casa.

- “Ha ragione la piccola”, dice un altro uomo a sua moglie. “Aiuteremo i genitori approvati, e da noi non c’è pettegolezzo!”. Viene sparso un chicco di seme, ed ha trovato un suolo buono.

64. Nel frattempo Wanger dice ai Mescaru: “Ora lasciate cadere il male di scegliere da voi stessi la morte. DIO vi ha mostrato che Egli non vi ha abbandonato. Vi faccio una proposta. – Che Lei, signor Mescaru, è stato trattato in modo riprovevole, è triste, ma questo non deve pesare su di Lei. Il suo superiore avrebbe da rilevare la sua diligenza e senso della giustizia. Ora, l’uomo zoppica quasi sempre quando si tratta di dire un diritto”. Che il superiore del tribunale gli farà una visita, per ora lo tace.

65. “Riprenderebbe il posto?”

- “Mai!”, sfugge a Mescaru come un grido.

- “Me lo immaginavo”, dice calmo Wanger. “Un’altra domanda: – Se andreste via da qui, se vi si offrisse altrove un buon posto?”. Il signor Mescaru si è conquistato la casa con molta parsimonia e fatica. Rinuncerebbe così senz’altro a…?

66. Invece, la signora pensa: Via, non importa dove! Inoltre pensa ancora: “Quando, …quando lui ritornerà, allora sarà bene che non avessimo bisogno di stare qui. Dovrà di certo passar per le bacchette e non otterrebbe nessun posto di lavoro”.

- Wanger annuisce: “Lei, da madre, pensa al figlio, suo marito pensa alla casa, che ha creato per i suoi cari. Entrambe le cose sono giuste. Io vi offro qualcosa:

76. Nella mia missione in Europa esistono sempre delle possibilità, non per ultimo nella vostra lingua, avere un buon posto. Là non si verrà a sapere da dove vi siete rivolti. E se qualcuno lo dovesse scoprire, non dovete avere paura. Certe cose l’amministrazione della missione non le accetta.

68. Vi rimarrebbe la vostra casetta. Non sbaglio se il signor Beocana la affitterà per voi. Che ne pensate?”

- “Perché fa questo per noi?”, Mescaru è a metà strada di dare la sua approvazione. “Non basta aiutare colui che si trova nel bisogno?”

- Wanger non può spiegare con quale ‘Incarico’ è venuto, e quanto strettamente unito è con la Guida di Dio. Perciò dice solo:

69. “Ho imparato a conoscere entrambi i figli. Il risultato ha reso necessario di intervenire aiutando, cosa che doveva valere per i Beocana e anche per voi. Una parabola: – Ci si trova tra due incidentati; e chi si occupa soltanto di uno ma lascia giacere l’altro, in tutta serietà, non ha aiutato! Vostro figlio, per voi difficile, è da salvare attraverso una punizione, ed io lo porterò da me, se lo vuole e se è migliorato”.

70. “E se no?”

- “Aspettiamo! Ammesso il caso, allora non gli rimane altro che andare via pure lui. Mi dovrei sbagliare molto, se non si ricordasse di me. Un uomo profondamente smarrito cerca sovente proprio colui che odia. Questo era appunto in lui il caso quando ha incontrato me con Roberto. Infatti si è sentito scoperto senza rendersene conto. Per potere questo, è ancora troppo giovane. Finché sono qui in vacanza, vado a fargli visita di tanto in tanto”.

71. La signora Mescaru prende grata le mani del sacerdote. Voglia darlo Dio, che loro figlio si lasci convertire.

- Wanger chiede: “Siete d’accordo se preparo tutto per voi?”

- “Sì!”. Una difficile risposta per i Mescaru, ma il sollievo di questo aiuto soppesa il giogo. “Non La potremo ringraziare abbastanza, è come se fosse venuto da noi un angelo”.

72. Wanger indica la porta: “Prima ce n’era uno”, sorridendo gentile indica tutti i doni che Marita ha portato. Un scintillio si nasconde negli occhi degli oppressi, non sono più seduti storti sulle loro sedie, ed accompagnano il loro ‘caro ospite’ alla porta quando se ne va.

- “Ritorno domani”.

73. “Qual buona gente esiste”, dice lei, quando con il marito porta le ‘magnificenze’ nella dispensa. “Non succede tutti i giorni”, dicendo questo, accarezza un grosso salame, proprio uno che mangia volentieri, e ce lo si poteva permettere solo di rado. “Sarebbe comprensibile se i Beocana ci rendessero impossibili in questo luogo. E ora, …il contrario!”

74. “Ah, sì!”, La moglie osserva profondamente commossa l’armadio riccamente riempito. “E non sono nemmeno religiosi. Non parlano né di Dio né di una fede; me lo ha raccontato una volta Roberto. Proprio attraverso loro il SIGNORE ha aiutato, loro stessi e anche noi”.

- “Loro sono soltanto il terzo aiuto, naturalmente uno buono”, Mescaru osserva nuovamente la dispensa. “Dio è la prima Mano, la seconda, e in questo senso la migliore per noi, il signore Wanger; costui ha fatto tutto così, lui ha invertito i Beocana”.

- “Anche noi”, risponde lei, mentre pensa che volevano morire.

75. Lei congiunge le sue mani e lui la imita. Una silenziosa preghiera di ringraziamento sale nella Luce.

 

 

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Cap. 6

Dal sig. Pretore una lavata di capo – I Mescaru riaprono gli occhi

1. “Che cosa desidera?”. La mimica fredda del signor Mestosani non tocca il signor von Wangen, il quale guarda il potente tranquillamente negli occhi. Mestosani è il superiore della magistratura, ma preferisce farsi chiamare ‘prefetto della città’, e risiede come primo consigliere nell’amministrazione della città, rappresenta il primo sindaco e si è procurato più funzioni secondarie redditizie. Non c’è da stupirsi che dall’alto delle sue molte dignità guarda dall’alto in basso.

2. Il visitatore ha solo l’aspetto come fosse simile a lui. Nonostante ciò, non si è elevato, qui è sovrano.

- ‘O tu, povera anima’, pensa il sacerdote, che vuol parlare per Mescaru. Invece della risposta all’arrogante domanda, sporge la sua carta. Mestosani legge e lo guarda. Ecco, ecco, missionario e medico, in più, un ‘von’ (da). Pah, non vuol dire molto.

3. “Non l’ho consultato, non ho bisogno di un medico, soprattutto non di un missionario!”. Tuttavia… lo invita a prendere posto. “In cosa posso servirLa?”

- “Una grave faccenda. signor Mestosani”, Wanger omette intenzionalmente un titolo. L’arroganza ha bisogno dell’intingolino. “Il signor Mescaru è stato un suo funzionario. Era coscienzioso. Oppure no? Perché lo ha licenziato senza preavviso?”

- “E’ forse suo amico?”, suona beffardo.

4. “Certo!”

- “Ah, pure suo figlio, pulito?”

- “Anche! Comunque, su un’altra base che nei confronti dell’uomo al quale è stato tolto senza colpa, posizione e onore”.

- “Mi permetta”, Mestosani diventa rosso come un gambero, “un uomo il cui figlio è qui in prigione, non lo posso tollerare qui nella casa (in Procura) come funzionario!”

- “Questo no; meno però per via di Lei e dei funzionari senza cameratismo, ma per via dei continui colpi di stiletto! Sa, che per colpa sua due persone si volevano togliere la vita?”

5. Mestosani diventa pallido. Che ha trattato ingiustamente Mescaru, di questo se ne è reso conto; ma non lo voleva ammettere. “Non vuol mica dire che...”

- “Si, lo voglio! A causa della sua ingiustizia, il signore e la signora Mescaru volevano togliersi la vita. Su questo – non La posso discolpare – sarebbe stata la sua colpa!” Wanger è diventato duro nel senso buono. Il ferro rozzo ha bisogno di un martello rozzo, un duro incudine.

6. “I funzionari della giustizia devono sapere se un padre è da schernire per l’errore di suo figlio. Lei non lo ha vietato ai suoi signori, e Lei lo ha scacciato con ingiuria!”

- Mestosani allarga le dita terrorizzato. “Il Mescaru ha...”

- “...il signor Mescaru”, sottolinea Wanger interrompendo.

- “Sì, sì, naturalmente ‘il signor…’. Ma lui Le ha raccontato qualcosa?”

7. “Può lui diffondere l’ingiuria fattagli? Ho scoperto tutto da me stesso”.

- “Uno dei miei Signori ha…”. Ah, questo traditore lo scaccio, se io…

- “Lei può pensare quello che vuole”, interviene di nuovo Wanger. “Soltanto, non aggiunga alla sua ingiustizia un’altra, facendo pagare per questo qualcun altro che non ha fatto altro che abbaiare come lei! Altrimenti, deve licenziare se stesso”.

8. Da quando Mestosani è in servizio non ha mai affrontato qual cosa di simile. Questo straniero fa come se fosse il re ed io solo un servitore. Quest’onta la dovrà pagare! Ma all’improvviso gli viene in mente che costui ha salvato Roberto Beocana ed ha catturato i due criminali. Il superiore della polizia glielo ha riferito subito ieri sera. La cartella non gli è ancora stata consegnata. Perciò gli prude di spingere Wanger nella rete. Non è ancora riuscito a saperne nulla, non avendo ancora i documenti.

9. “Dica, signor von Wanger”, Mestosani si accomoda per il titolo, “da quando è qui? E per quale motivo?”

- “Volentieri, per servizio”. Questo suona come un avvertimento.

- Ah, non abbassa la sua onnipotenza, al massimo… ebbene, attraverso la legge.

- “Sono annunciato regolarmente come ospite in vacanza per sei settimane. Se vuol sapere ancora di più, Le è a disposizione la missione alla quale appartengo. Inoltre, sono sotto la particolare protezione del Consolato tedesco, quello inglese, e ancora un paio di altri Consolati”.

10. O guaio, allora ci sarebbero troppe difficoltà; il presidente dello Stato rovinerebbe senz’altro lui, il Mestosani. Con rabbia nascosta – ma lo ripagherà ancora questo Wanger! …chiede in modo ipocrita: “Quindi, che cosa posso fare per lei? In quale modo Le è stato riferito il misfatto pianificato? Devo di nuovo concedere a Mescaru, …al signor Mescaru, …il suo posto? Lo ammetto: era coscienzioso, e frequentandolo, un uomo modesto. Soltanto… ebbene, non si può cancellare che è il padre del criminale”.

11. “Non si deve sforzare”, ironizza Wanger. “Per la sua tranquillità, il signor Mescaru non tornerebbe mai, quindi non darà scandalo alla sua casa. Per me, non ho bisogno dei suoi servizi. Vorrei solo chiederLe una cosa: – Se lei avesse servito sempre onestamente ed avesse un figlio che senza sua colpa capitasse sulla strada sbagliata, che cosa farebbe?”

12. “Non lo si può definire prima. Ma se… non gli aprirei mai la mia porta!”

- “Non si deve solo punire, ma portare i caduti sulla buona via della vita, perché solo così si guariscono i mali”. Uno sguardo colpisce il superiore della magistratura, che scava nel più profondo del suo essere freddo.

13. “Signor Mescaru non lo ha condannato, voleva uccidersi solo per via della sua durezza. Gli ho detto, che così toglierebbe al figlio l’ultimo sostegno, e che poi il giovane uomo cadrebbe nelle più profonde tenebre. Invece lei condanna, invece di aiutare; lei distrugge, invece di guarire; lei spezza il bastone su ogni smarrito, invece di offrirgli un nuovo sostegno!

14. Dove, signor Mestosani, rimane la sua giustizia? Dove, la possibilità di togliere dal mondo i criminali? Non dimentichi una cosa: – Oggigiorno la gioventù non osserva nulla con i nostri vecchi occhi! Sfogli una volta i suoi documenti, dove facilmente – nonostante le punizioni – una buona comprensione avrebbe aiutato qualcuno che è capitato sulla via sbagliata a rialzarsi. Lei non ne è mai stato disposto; ha sempre fatto valere il suo verdetto; con questo… per lei il ‘caso’ era chiuso!”

15. “Come si permette di farmi tali rimproveri?”, urla Mestosani. “Che cosa è lei?”

- “Un uomo che pensa in modo umano, e non soltanto secondo i commi; e nonostante, so distinguere il diritto dal diritto. L’umanità è già sprofondata in basso, non solo in vista dei crimini. L’assenza d’amore, l’egoismo di spingersi davanti, e molto ancora, che nel complesso è peggio che la criminalità, che espone il mondo degli uomini alla rovina. E chi, domando, chi ne è colpevole?”

16. “Lei è sacerdote”, schernisce il prefetto, “chieda al suo Dio! Se Lui ci ha creato, allora il male è proceduto da Lui!”

- “Lo pensa?”. Wanger conosce l’opinione di tale gente. Gli chiede: “Con la sua parola, ha aggredito il Creatore?”

- “Sì, cioè, …non credo in un Dio; ma se, …allora Gli terrei davanti quando ha creato male i suoi uomini!”

17. “Glielo può tenere davanti!”. Sono fulmini che colpiscono ora lo schernitore. “Il suo scherno ritornerà su di lei. Dio non l’accetterà proprio; Lui, se lei non arriva alla comprensione, La lascia cadere nella fossa scavata da lei stesso. Davanti al mondo starà pure rispettato, ma non davanti a coloro che lei spinge da parte. Lei è abbastanza istruito per comprendere: non devo prima leggere il suo curriculum vitae; io …lo vedo!”

18. Mestosani diventa pallido a morte. Qualche notte, nella quale non trovava riposo, dove lo opprimevano nel sogno delle immagini che di giorno sapeva escludere. Come lo sa lo straniero? E’ forse ‘chiaroveggente’? Lui non ha mai creduto in questo, soprattutto non adesso. Rimane soltanto un’incertezza. Ah, che cosa, lui non si lascia intimidire dagli occhi chiari. Non lui!

19. “Terminiamo il discorso”, dice senza alcuna transizione.

- Wanger annuisce, per lo stupore del Prefetto. Per un momento si è aspettato che costui gli avrebbe teso prima una predica, per strapparlo con quegli acuti argomenti che sono di casa nel suo cervello.

- “Ancora una cosa”, lo ferma Wanger, “prima che i genitori di Vilpart lascino la sua città, vada da lui. Gli dia due ore libere”.

20. “Nessun delinquente può ricevere visita, meno di un quarto, eccezionalmente, hanno una mezz’ora”.

- “Due! I genitori andranno via, il ragazzo non li vedrà tutti questi anni, e questo sarà molto duro per lui”.

- Mestosani si divincola, si sente come ricattato. Poi approva: “Ma solo se lei mi dice dove vanno i Mescaru”.

21. Il medico non glielo rivela che li porta in Europa; non dice nemmeno che Roberto andrà con lui.

- Mestosani ride imbarazzato: “È bene per i Mescaru che spariscano da qui”.

- Wanger non reagisce. “Provveda lei, che nella sua casa (in Procura) venga ristabilito l’onore del signor Mescaru”.

22. “Un po’ alla volta vi crescerà l’erba sopra!”.

- Il medico-sacerdote interviene subito: “Sì, l’erba può crescere su tutte le cose; anche le beneficenze vengono dimenticate volentieri, non è vero?” Un centro! Mestosani ha spinto il buon uomo da parte, pur avendogli offerto tutte le possibilità per la salita. “Soltanto”, continua costui, “con cose cattive l’erba viene calpestata troppo spesso, e allora si vede di nuovo il vuoto. Ci rifletta una volta!” Un breve saluto, ancora quell’avvertimento negli occhi, che ruberà il riposo del mondo a Mestosani. E la porta si chiude.

23. L’onnipotente beve avidamente il succo gelato. “Che idiota!”. Poi cammina su e giù. Chiude anzitempo la cancelleria, ma davanti alle parole, davanti allo sguardo dello straniero, fugge inutilmente. Allora non esisterà porta, che sarebbe semplicemente da chiudere. Il serio modo d’essere, la figura, la nobiltà, …oh, no, nemmeno un Mestosani se ne libererà.

24. “Bah, è misterioso”, cerca di distrarsi. “È stato buono salvare il Roberto; la città deve molto ai Beocana. Ma doveva essere proprio quello straniero?” Come se volesse litigare, così Mestosani parla fra sé e sé. Sì, se fosse stato lui l’eroe, se lui, il Prefetto, se… Fugge in un locale. Nonostante la bevuta non scompaiono le immagini.

*

25. Il signor Wanger va soddisfatto dai Mescaru. E’ riuscito ad abbassare il presuntuoso, non è proprio riuscito a nascondergli nulla. Non è costata nessuna fatica mettere a nudo i suoi pensieri. Come sempre, è un silenzioso ringraziamento che manda in Alto, là, da dove gli viene ogni Aiuto. Mescaru si stupisce quando arriva di nuovo il caro aiutante. “C’è qualcosa?”, chiede timoroso Mescaru. Pensa ancora alla difficoltà di ciò che potrebbe capitare a loro.

26. “Qualcosa di buono; sono stato da Mestosani”.

- “Da …lui?”. Mescaru ha lo sguardo impaurito.

- “Non si preoccupi”, lo tranquillizza gentile Wanger, “si possono domare le tigri”.

- “Non quello!”, nega Mescaru. “Lo conosco da così tanti anni, e potrebbe prima spezzarsi tutta la nostra terra, prima che quello faccia un confessione!”

27. “Sì, dura molto, prima che si sciolga l’ultimo ghiaccio. Questa è come con la roccia e l’acqua. La roccia si difende migliaia di anni, fin quando l’acqua rosicchia. La natura ci insegna un miracolo di Dio: l’acqua morbida, che si può schiacciare nella mano, rosicchia la pietra più dura. Così l’alto Amore di Dio rosicchia ogni cuore duro. Ci si può difendere a lungo quanto si vuole, l’uomo nel frattempo può morire, ma …solo DIO sta nel Governo!

28. Magari il signor Mestosani si porta nella tomba le sue rocce, che lo ostacolano molto, se vorrà avanzare ‘nell’altra vita’. I peccati non rimangono regalati a nessuno!”

- “Dio è buono, Egli ci perdona le nostre colpe”, dice seriamente la madre di Vilpart. Non era già un grande peccato che volevano gettare da sé la vita, e altro ancora? Il signor von Wanger prende le sue mani dure dal lavoro nelle sue, non li libera subito.

29. “Chi confessa il peso dei suoi peccati, a costui Dio perdona volentieri. Tuttavia c’è anche da pareggiare qualcosa. Allo stesso modo come nel mondo, i debiti premono, ci si sforza a pagarli. Qui e là un buon creditore esonera al povero debitore la restituzione. Di questo ci si rallegra; ma nonostante ciò, non appena si incontra di nuovo il creditore si pensa alla restituzione non pagata.

30. Questo vale soprattutto nei confronti del Creatore. Ben più inconsciamente, quasi soppresso, non ci si riflette se e come il Sommo sia il nostro Creditore. Ma se lo riconosciamo, allora Egli perdona almeno il resto di tutto ciò che un uomo non riuscirà mai a rimettere. Abbiamo un buon Dio che ci aiuta e non ci lascia dalle Sue mani.

31. Osserviamo la povera anima di Mestosani. Là si accumulano i debiti ad una roccia che saranno da rimettere. Anche qui la natura mostra un’immagine che guida alla conoscenza più facile. Nessun monte si stacca da se stesso. O è l’acqua, che un po’ alla volta conduce all’irruzione, oppure il fuoco, spingendo dall’interno della Terra in alto, non sempre come vulcano. Entrambi gli elementi spezzano le rocce.

32. Così Dio salva le anime. Certe attraverso un fuoco dell’afflizione, altre con l’acqua del Suo insegnamento, che porta Lui stesso oppure anche attraverso altri uomini. Se ora si deve essere ‘un portatore’, allora ci si deve dapprima mettere nelle Sue mani, lasciandosi guidare da LUI ed imparando se deve aiutare il fuoco oppure l’acqua.

33. Il Prefetto vi lascia in pace. E’ possibile, che indaghi dove andate. Io non ho indicato né il paese né il luogo dove troverete una nuova patria. Aspettate il giorno della partenza. Io l’ho prevista fra tre settimane. E come conosco la nostra Marita, arriverà impetuosa”, Wanger ride, “per scompigliare tutto da voi. Inteso nel senso buono.

34. Se qualcuno vuole sapere qualcosa, ora… Voi non conoscete ancora il vostro domicilio. Ordinato al meglio per voi”.

- “Ma se la si assale?”, chiede la signora Mescaru.

- “Allora sono una roccia, ma una, alla quale né fuoco né acqua possono rubare il segreto”.

- Nuovamente una risata lieta cordiale. Fin dalla disgrazia è la prima volta che anche i genitori gravemente provati hanno negli occhi un bagliore di sorriso. Quanto ne è lieto Wanger, di aver saputo togliere il loro peso. “Nei prossimi giorni sarò di nuovo qui, allora discuteremo la faccenda della casa”.

35. Mescaru dice con riverenza: “Se non ci fosse stato lei, allora...”.

- “...Dio ne avrebbe mandato un altro. Certo, la vostra fiducia in Dio era temporaneamente spenta; soltanto… proprio per questo il Signore ha aiutato. Ci sono altri e migliori di ciò che posso essere io. Ma quando si può aiutare, allora si deve sapere:

l’Aiutante è unicamente il Signore!”

36. Per un po’ c’è silenzio, come se Uno non visto stendesse benedicendo le Sue mani. La signora piange commossa: “Questo era più santo che in una chiesa! Ho pensato di fare bene e di andare in chiesa. Sovente c’era un vuoto in me, quando uscivo dalla chiesa. Questo era sicuramente un peccato”, guarda Wanger interrogandolo.

37. Lui reagisce come sempre con un gentile, caro sorriso, alla muta richiesta: “Questo non è peccato. Se qualcosa non colma il cuore, allora ciò che è dato è vuoto, dipendendo dal rituale esteriore e più sovente dal donatore, dal sacerdote della chiesa. Naturalmente esiste tutta una serie di buoni, che parlano alla comunità con convinzione. Questo risveglia poi un’eco, perché la convinzione fa cadere la benedizione di Dio sull’oratore insieme alla comunità.

38. Non, l’andare in chiesa mette la misura alla fede! La fede è il vero collegamento con la Guida di Dio. Dato che io stesso sono sacerdote, non intervengo nelle faccende della chiesa, perché ha anche il suo bene; più giusto: potrebbe avere. Ma non ne sono collegato. Per me sta in primo piano il medico, …detto così per il mondo. Per quello che ha bisogno l’anima, l’attività sacerdotale sta in un ampio campo.

39. In sé le due cose non sono da separare; perché DIO è Sacerdote e Medico, l’Aiutante e il Salvatore delle cose viventi. EGLI mi ha guidato per diventare entrambe le cose, dove per così dire è buio nella superstizione e nella retrocessione della cultura. Là ho edificato quella Chiesa, nella quale Dio usa venire in ogni tempo. La mia cara gente nera non ha nessun edificio sfarzoso.

40. Al di sopra di noi c’è il Duomo di Dio altamente inarcato, intorno a noi una parte della magnifica natura. Allora i miei cari neri hanno imparato a chinarsi nella solennità e vanno giubilando nelle loro capanne. Quanto facilmente sono allora da guarire le ferite ed infermità di ogni genere. Essi aspettano pazienti il loro turno e da tempo hanno compreso a non spingersi avanti. In questo e, …oltre a molto di più, la cristianità bianca potrebbe prendesi un esempio.

41. Pregate nel cuore nella casa di Dio, nella chiesa, ovunque; perché EGLI si trova ovunque! Egli non si lascia cercare a lungo da cuori puri, anche se talvolta sembra che Egli si è nascosto. Nella nostra missione, dove troverete una buona patria, vi renderete del tutto conto che cosa sa dare un culto religioso. Là non esistono proprio edifici sfarzosi, l’immergersi nella preghiera non viene solcato dalla visione esteriore.

42. Gli edifici splendenti di tutte le religioni hanno molto spesso chiuso le porte per l’Altissimo. L’anima di colui che ama Dio nel rispetto, e in tal modo – dove non è possibile diversamente – va in tali chiese, porta dentro l’Altissimo, per sé! Dove sta una piccola chiesetta, una cappella al bordo della via, là Egli entra sempre. Questi sono la ‘stalla di Betlemme’. Dio si è scelto la povertà, per donare attraverso questa la ricchezza della Luce”.

43. Di nuovo un silenzio benedice gli oppressi. Mescaru stava seduto con il capo profondamente chino ed ha mormorato: “Questa era una predica”. Nessuno ha visto le lacrime che gli scorrevano lungo le sue magre guance. Anche questo pesa su di lui: aveva aiutato molti vicini, quasi senza ricompensa. E poi, …poi avevano dimenticato tutto il bene in un giorno, gettato al vento e…

44. Non lo si può bandire così senz’altro, questo è inciso troppo profondamente. Allora Wanger dice: “Un soffio di primavera caccia l’inverno, e la soave primavera dà nuova vita”.

- Mescaru alza stupito lo sguardo. Spiritualmente non è ancora al punto da comprendere il mistero, come un altro sa sfogliare i segreti pensieri. Nonostante la preoccupazione per il figlio, si sente come liberato dal troppo difficile. Grato prende le mani che sono così fini ma che, comunque, rivelano fermezza, alla quale ci si può sempre affidare. ‘Come se fossero le care mani di Dio’.

45. Allora l’aiutante si alza e dice: “Dio aiuta gli uomini volentieri attraverso i Suoi figli terreni. Si deve solo imparare a comprendere il dare e il prendere. – Devo fare alcune commissioni, ma stasera sono dalla famiglia Beocana”.

- I Mescaru lo guardano andar via di nascosto. ‘Quale uomo buono!’, riflette la signora e si asciuga gli occhi.

- “Non solo buono”, dice lui, “non lo posso dire così, ma in lui c’è qualcosa che – hm – veramente, che non è da questa Terra. Non ho mai incontrato un tale nella mia vita”.

*

46. “Il reverendo nella chiesa di San Paolo ha parlato su quel versetto biblico in cui gli angeli – senza riconoscerli – sarebbero presso gli uomini. Non lo si dovrebbe prendere alla lettera, diceva. Gli angeli sarebbero solo concetti senza esistenza. Come fedeli figli della Chiesa, che sarebbe l’unica cosa propria dell’uomo, che opera come un angelo. Chissà se è giusto questo modo di leggere? Mi sembrava come se in ciò una cosa più preziosa della fede andasse perduta. Che ne pensi tu?”, chiede a suo marito.

47. “Nemmeno io lo posso interpretare. Forse vedremo se il signor von Wanger ce lo spiega. Lui – solo – mi sembra come un angelo. Quindi secondo il versetto biblico lui è venuto da noi non riconosciuto. Per noi è un uomo buono, pronto ad aiutare, uno dei pochi che hanno grandi doni. Vogliamo ricordarci della sua indicazione: ‘L’Aiutante è unicamente il Signore’ !”. La signora Mescaru apre la bibbia e legge ad alta voce:

«Non dimenticate l’ospitalità,

perché praticandola, alcuni, senza saperlo,

hanno albergato degli angeli». [Ebr. 13,2].

48. Ed è di nuovo come se ci fosse uno strano soffio. Sono i pensieri di un uomo che è obbligato dalla Luce? Sono ali dell’angelo dalle quali cade per loro, conforto e pace? E’ il Respiro di Dio, …che rende felici i poveri?

 

 

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Cap. 7

I mughetti – Una cena ricca di insegnamenti

1. Appena il signor von Wanger è nell’albergo, arriva l’oste che serve il suo ospite nel modo più amabile. “C’è un pacco per lei, signor von Wanger”, dice formalmente raggiante, “dall’Europa!”

- “Bene!”, si rallegra, e non ne fa nessun mistero.

2. “Questo lo riceverà una ragazza”.

- “Oh!”, Gli occhi della donna diventano rotondi come una palla. L’uomo non ha l’aspetto come se fosse innamorato.

- “Non quello che pensa lei, signora Cottassa. E’ per la signorina Beocana. E si stupirà: mughetti dall’Europa”.

- “Mughetti? Ma come sono?”

3. “Vado poi dai Beocana; prima può annusarli una volta”.

- “Ah, quanto mi rallegra! Desidera ancora qualcosa da bere?”

- “No, molte grazie”. Rimane ancora aspettando alla porta. “Allora”, la invita Wanger, “dove fa male la scarpa?”

4. “Non la mia; ho sentito che il ragazzo dei Mescaru è in prigione. La signora Mescaru è una mia amica e mi dispiacerebbe se le capitasse qualcosa”.

- “E’ giusto, signora Cottassa, di non allontanarsi dai Mescaru. Inoltre è vero. Questo Vilpart voleva commettere un omicidio. I genitori non hanno nessuna colpa, sono solo da compiangere”.

5. Lui le racconta, senza darsi delle arie, che ha potuto salvare Roberto per due volte.

- “Che vigliaccheria! Ma ancora più cattivo, che i vicini siano astiosi. Ebbene, mi sentiranno! Allora si potranno congratulare!”.

6. Wanger sorride: “Ma con parole serie si può ottenere di più che con vuoto litigio. Inoltre Marita Beocana ha già ottenuto molto con poche parole, ha fatto la spesa per i Mescaru, ha pensato che la signora provata andrebbe malvolentieri nei negozi, dove sarebbe certamente trattata male”.

7. “Lo faccio poi anch’io”.

- “Oggi non più, cara signora; Marita ha provveduto per alcuni giorni. Ci vada come al solito e non tocchi la disgrazia”.

- “Lei ha ragione, farò così”. Va in cucina. “Ah, che buon uomo, dà poco da fare e il denaro della pensione mi è molto utile e…”. A bassa voce conta ogni vantaggio.

8. Wanger dopo che si è cambiato va dalla oste e mostra la coppa multicolore di vetro con i fiori. “Oh, ma questi sono carissimi, e che bel profumo! Allora, Marita sarà felice!”

- “Lei la conosce?”

- “Nelle sue vacanze l’ho incontrata una volta con il fratello dai Mescaru”.

9. Porta il suo regalo con prudenza. Sì, Marita gioirà, questo è senza dubbio. Compra un mazzo anche per la signora Beocana, e così, provveduto con la magia dei fiori, arriva alla villa. L’uomo di casa lo vede arrivare e corre, per aprirgli. “Signor von Wanger! Ma questo rallegrerà la signora!”. Diligentemente prende capello e mantello.

10. Con grande gioia l’ospite viene salutato cordialissimamente.

- “Ma che cosa ha portato?”, chiede Marita ed indica subito l’involucro bianco, mentre Wanger consegna il suo mazzo alla padrona di casa. “Oggi Marita ha il privilegio, cara signora Beocana; spero che non me ne vorrete”.

11. “Ma no”, lo tranquillizza lei. “E i bei fiori. sembrano gigli”.

- “Gli somigliano; e se se fa piacere, allora sono contento”. Ride la sua risata di cuore lieto. Ora prende con attenzione il bianco involucro. Tutti stanno intorno al tavolo. Sale un dolce profumo.

- “Questi sono i mughetti?”, chiede Marita. “Oh!”. Un delicato rossore soffia sulle giovani gote. “Ma questo saluto floreale è per me?”. Timidamente solleva gli occhi.

12. “Mughetti! Li ha portati oggi il Cielo, e questo senza miracolo”, dice scherzoso Wanger. “Un aereo ne è stato il messaggero. Sono per lei”, le mette la bella coppa nella mano.

- “Ah”, balbetta lei, “non li posso accettare”.

- “Per te, furbetta, è troppo caro!”. Il signor Beocana è un po’ rude per nascondere la sua commozione. “Non lo ha davvero meritato”, dice anche la madre.

13. “Oh, ebbene sì! Sono contento di donarli al mughetto dei mughetti; inoltre, meritati. E’ stata cara e coraggiosa come quasi nessuna delle giovani ragazze che ho conosciuto. Potete essere orgogliosi di vostra figlia”.

- “E di me, no?”, chiede Roberto, e tira i riccioli della sorella.

- “Ma come puoi?”, si scandalizza la madre. Gli occhi del medico splendono chiaramente. La convalescenza animica di Roberto procede, altrimenti non si sarebbe permesso lo scherzo.

14. “Lei ha sospettato che l’orgoglio dei genitori è giustificato, l’ho volentieri confermato. Contento, Roberto?”

- “Molto!”

- Wanger mostra a Marita come deve curare i suoi fiori. “Quando sono appassiti, allora li si mettono fuori. Le mostro un posto dove ritornano a fiorire e ne avrà la sua gioia per molti anni”. Cambia discorso e racconta che ha sorpreso i Mestosani.

15. “Come? Senza di me”, esclama Marita. “A questo, avrei...”

- “...soffiato la marcia”, completa Roberto, “ed io avrei soffiato con te”. Lui non ne vuole ai genitori del suo amico, che gli è diventato nemico. Anche lui sta dalla loro parte. Questo è quel segno che lo spirito ha preso il dominio in lui, anche se lui stesso non lo sa, …non ancora.

16. “Del suonare la marcia ne possiamo fare a meno. Mestosani si è arrabbiato di sé, anche se non per via della sua azione sbagliata. Tuttavia, …è il primo piccolo passettino come per un bambino che non sa ancora dove deve andare. Finché la sua dura scorza dell’anima non si sarà spezzata, ci vuole un bel po’ di tempo. Perciò ci occupiamo di qualcos’altro”.

17. “Con filosofia”, brontola Beocana, e non si sente molto bene là. Nell’economia, nella produzione, nella politica, è un maestro. Ma in quello dove l’uomo diventa vero uomo, …nella fede nella Divinità…? Soltanto, in lui vive l’inconscia nostalgia, risvegliata dal medico, di rivolgersi là dove ‘all’uomo fiorisce una vita imperituro’. E’ ancora come un primo crepuscolo del mattino, che non scaccia ancora nessun sonno.

18. Wanger sa che deve aiutare, …non da sé, …no! Il grande Aiutante aiuta anche quando arriva all’impegno. Che cosa sono le mie mani, e che cosa la mia parola di fronte a quel maestoso Linguaggio, di fronte all’onnipotente Mano creativa di Dio? Da quando il suo spirito ha preso il timone della sua vita, Wanger non ha mai pensato diversamente, creduto, insegnato, se non ciò che in lui irrompe sempre.

19. “Non è facile che l’uomo vinca il suo primo io. Il secondo, appeso alla vita nell’aldiquà a diverse cose periture, che scende con il nostro corpo nella sua fossa, oh, …questo è fortemente in primo piano. Questo si riferisce certamente allo sviluppo della nostra esistenza legata al pianeta, dato che fin dall’infanzia è la spinta a raggiungere qualcosa e diventare qualcosa, non importa su quale base si trovano spinta e desiderio.

20. A un bambino piccolo piace volentieri osservare questo o quello nell’ambiente di una camera, …veramente grande per il bambinello. Allora tutto viene toccato con le manine, tendendole dapprima a cose scintillanti. Quale segno per il divenire del nostro primo io a lungo sconosciuto!

21. Lo spirito costringe alla vita auto consapevole, alla presa di possesso di ciò che gli occhi possono vedere”.

- Roberto domanda, come sarebbe con i nati ciechi.

- “Di questo ne parliamo un’altra volta. L’anima che è un ponte tra l’esistenza spirituale ed è legata al mondo, che materialmente non riconosce subito il primo io, tende a toccare la chincaglieria esteriore. Lo splendore è il magnete sul quale cade quasi sempre. Per molti, questo rimane per tutta la vita.

22. Ma l’anima è quella passerella che si deve percorrere per la conoscenza. I pilastri al centro del ponte, il nostro spirito, è una scintilla di Dio di onnipotente Magnificenza. Il primo pilastro è la fede ovvero quella volontà di dedicarsi alla parte migliore. Questo – non lo rivelo in particolare – l’ho visto in Roberto e Marita. Per i giovani non è spiegato, ma c’è, spinge, senza conoscere l’esatto conto: ‘…perché lo voglio fare!’. Il terzo pilastro è sempre la meta per tutte le cose.

23. La partenza per il primo io, del quale pochi sanno qualcosa, non ne vogliono sapere nulla, può intanto aspettare per sondare il perché dell’azione. Quanto poco si pretende dal bambino che sappia il perché tende ad oggetti chiari, tanto poco anche nel crescere della conoscenza, se il fare e non fare dell’uomo avviene attraverso il controllo del proprio mondo dei pensieri.

24. Chi perde la spinta a cercare di toccare qualcosa si scintillante? Dove conduce nell’abisso, è il desiderio nella consapevolezza della responsabilità, è anche nella volontà di essere un valido membro del popolo. Quest’ultimo si riferisce alla vita nel mondo esteriore. Chiamiamola l’economia e la produzione, la politica e tutte le scienze con le quali si serve l’umanità, …volendo servire.

25. Questo non è biasimevole, ma riguarda il secondo sé. Esso può sporgere nel primo sé; e se lo fa, allora l’uomo riesce a raggiungere lo stadio della perfezione tanto quanto è possibile su questa Terra. Non si raggiunge mai in questo mondo l’autentica perfezione. Possiamo salire solo gradualmente, ed è del tutto sufficiente fin quando ogni gradino ha da registrare un perfezionamento”.

26. “Mi sono del tutto incomprensibili i due ”, interrompe il signor Beocana. “Io sono ‘io’, un’unica persona, e di conseguenza ho una sola vita. Mi sembra ciò che lei, signor von Wanger, ha espresso, un po’.”, lui tossisce, non vuole offendere l’ospite.

- “Si esprima pure”, lo ammonisce Wanger, “non fa male addossare a qualcosa di sconosciuto un falso nome.

27. In ciò è semplicemente da riconoscere due persone-sé. Un esempio: – Ci si deve decidere. Salgono due pensieri alla mente: – uno per, uno contro. Non si possono unire entrambi. Ci si domanda: che cosa devo fare? Intanto, riferisco il ‘che cosa’ alla sua produzione, se deve promuovere un uomo oppure no, assumere coloro che cercano lavoro oppure che sarebbero da respingere. Era sempre ed è questa dualità.

28. L’esempio zoppica, ma nonostante ciò si mostra quella differenza. La dualità si trova su un punto di vista del tutto diverso dell’io legato alla Terra. Se non sapessi che in Loro…”, indica gli ascoltatori che sono in parte curiosi, in parte divisi, “…esiste una spinta superiore, e questo non solo attraverso lo spirito da DIO, ma allo stesso tempo attraverso un pensare onorevolmente cosciente. – Io non avrei toccato questo tema.

29. Voi lo considerate ancora come un cibo estraneo al bambino, che perciò lo colpisce con le manine e si rifiuta di accettarlo. Solo dopo assaggi prudentemente somministrati il bambino si accorge che la madre gli dà qualcosa di buono. Un po’ alla volta desidererà lo stesso cibo. Proprio così va con l’anima.

30. Qui il nostro spirito vale come una madre che ha preparato il cibo, ricevuto da Dio. Lo spirito lo può utilizzare del tutto, dato da Dio, ma lo deve diluire per l’anima, finché il piccolo stomaco dell’anima non diventa forte e sopporta lentamente il compatto cibo spirituale”.

31. “Posso di nuovo interrompere?”, chiede Beocana. – Wanger annuisce.

- “Mi stupisce”, dice costui”,, che lei – come confronto – sceglie cose così infantili per pensieri più alti. Non sarebbe più adatto il trattato esatto?”

- L’argomento mostra a Wanger, che Beocana ha fatto amicizia con il pensiero, seppur anche il desiderare giace ancora nel mezzo sonno. Di nuovo quell’amabile sorriso che abbellisce di molto i fermi tratti del volto, e dai chiari occhi del medico irrompe uno splendore, quando risponde:

32. “Lei avrebbe ragione se, …dipende da questo ‘se’. Non sia impaziente, poiché ancora non lo possiede, adesso non ancora. Esiste il germoglio che cerca di tendere in alto sotto la sua terra”. Di nuovo un confronto, non adatto per gli adulti? Ed è comunque il migliore, perché dato da DIO.

33. Un chicco di seme si sviluppa solo sotto un buon terreno. Se giacesse al di sopra, si rovinerebbe. La protezione della terra gli dona la sua forza, affinché possa germogliare e anche maturare. Se questo delicato verde crescesse prima al di sopra, …il Sole lo brucerebbe, la pioggia più forte lo schiaccerebbe. Invece attraverso la lotta, perché la piantina ha da spingersi attraverso il terreno, si rinvigorisce in modo che – in genere – l’esistenza possa resistere alle tempeste.

34. Proprio così succede con noi quando abbiamo da accogliere qualcosa di nuovo. Con un discorso, per quanto ben espresso, ma senza alcuna immagine visiva, si può ottenere poco. Con le persone che hanno la capacità oratoria, si impara a sentirsi con essi uniti nello stesso rapporto. Che cosa si può ottenere con questo. Tanto quanto nulla!

35. Signor Beocana, lei guarda orgoglioso al suo lavoro. Perciò rifiuta i confronti infantili. Il Salvatore però ha detto: ‘Se non diventerete come i piccoli bambini, allora non potrete ereditare il Regno dei Cieli!’. Forse questo significa diventare infantile, pensare in modo infantile? Per nulla! Solo la scuola della vita, che comincia con il primo respiro di un bambino, ci dona tutte quelle immagini che sono migliori che i discorsi scientifici, per quanto finemente molati e studiati.

36. Lei non si è mai ancora occupato di Dio, un errore dei suoi genitori che sono stati senza fede. A lei la Parola di Dio è sconosciuta, e quanto magnificamente il Salvatore ha offerto i Suoi insegnamenti in parabole agli uomini. Quante parabole Egli ha riferito alla vita legata alla natura e al mondo! Se imparerà a conoscere prima questo, allora comprenderà il suo primo io, lo spirito, e in lei darà allo stesso il vantaggio”.

37. Beocana si gratta leggermente gli orecchi. Hm, …c’è qualcosa nell’insegnamento. Gli soffia intorno come aria mite; ora non deve offendere l’ospite con una parola sbagliata. In lui s’inalberano ancora i pensieri, l’orgoglio maschile mondano, la domanda se ‘i molti Signori’ sorriderebbero di lui, che, come lui, non pensano ad altro che guadagnare soldi, di avere un ruolo, essere capitani dell’industria e più ancora! Questo è il loro vero scopo di vita.

38. Verrà schernito, se ci si accorge del suo ‘ritorno’. Poiché, se accetta questo insegnamento, allora non deve più tollerare quello che viene detto di Dio qui e là nella sua cerchia. Una lotta, …che non viene ancora svolta oggi; la vittoria è ancora all’orizzonte. Tuttavia sta lì come una figura ammonitrice, circumfluita dalla Luce, e come se gli venisse più vicino, come se…

39. Il maturo sacerdote, medico, aiutante, e ancora molto di più, aspetta con pazienza. Se si muove già un seme, se il germogliare dura più a lungo, lo lascia a Dio, nel Quale confida in ogni tempo, Egli fa tutto bene! Non si può pretendere da uno che non ha mai pensato a Dio, che si rivolga al Sole come una giovane foglia sull’albero. – La ricompensa per tutta la sua fatica non mancherà.

40. I figli guardano il loro padre. E’ a vantaggio della gioventù di decidersi rapidamente per qualcosa non appena diventa una necessità, lasciandosi guidare dall’uomo al quale danno la loro fiducia. Ed è naturale, che vogliano attirare i loro genitori sulla stessa base. La madre, che oramai ha imparato a leggere nei figli, guarda suo marito che cerca di cancellare delle rughe sulla sua fronte, come se con ciò potesse bandire qualcosa.

41. “Vedo”, dice guardando nel volto del sacerdote, “che lei è onesto con noi ed agisce per convinzione, a convertire me. Ci si deve lasciar convertire? Non è più maschile se da se stesso… se non si…”.

- Wanger annuisce. “Un uomo dovrebbe arrivare da se stesso sulla nuova via. Dipende soltanto, se l’uomo conosce la strada, se sa chi e che cosa è il sostengo del cammino. Se si rende conto di questo, allora non ha bisogno di nessuno stimolo estraneo. Se no, allora deve appunto essere scosso per svegliarsi. Proprio questo, Dio lo ha provveduto per Lei.

42. Non tiri su le sopraciglia. Se Dio le restasse sconosciuto, allora Egli non avrebbe nessun obbligo di occuparsSi di lei”.

- Beocana si distoglie un poco, per nascondere il suo spavento. Aveva pensato proprio così. “Lei ha ragione! Un obbligo non è mai in questione per il Creatore! Egli opera dalla Potenza creativa dell’Amore, provvede alla povera e spesso storta via dei figli terreni e… sa aiutare! Perché senza DIO siamo un accumulo di foglie appassite, soffiate via dal vento, se restiamo saldamente attaccati alla materia!

43. E’ certamente auspicabile di raggiungere qualcosa durante la propria vita terrena; e se ci si dà a molte persone un’esistenza, allora è una buona azione, …anche davanti a Dio. Invece, chi pensa solo all’aumento della sua proprietà, se non si offre nulla all’anima nuda, allora la migliore azione raggrinzisce e dopo la morte del corpo diventa un peso disperatamente grave.

44. Questo non deve causare paura”, respinge Wanger il pensiero che preme sulla lingua di Beocana. “E’ quella chiara visione di quelle cose, con le quali molti si occupano malvolentieri, perché intralciano la vita materiale”. Un nuovo centro nel mondo dei pensieri del fabbricante, mentre Wanger continua:

45. “Invece di andare in chiesa, controllo il mio libro di cassa quanto guadagno ha portato la settimana. Così molti pensano sun larga scala e sulla piccola. Tuttavia, …non è l’andare in chiesa che aggiusta le cose. Un silenzioso congiungere le mani è sovente meglio che un ‘solo farsi vedere in chiesa’. Questo è senz’altro un auto inganno”.

46. Roberto s’immischia nel discorso su come starebbero le cose che si dovrebbe andare in chiesa e sarebbe un grande peccato se non lo si fa. “Una volta uno studente mi ha detto: – Faccio il piacere ai miei genitori, ma in chiesa imparo i vocaboli”. Scoppia un’allegra risata.

47. Wanger dice indulgente: “Lodevole che il ragazzo per amore per i genitori fa ciò che questi desiderano; ed allora è ancora meglio imparare vocaboli, che pensare allo stolto divertimento. Tuttavia, …anche questo è auto inganno, anche se qui sono colpevoli le chiese, dato che minacciano proprio i credenti con abominevoli punizioni, che sono più stolte che studiare vocaboli durante un andare in chiesa.

48. Non sto per nulla contro la chiesa. Dipende appunto dal fatto come uno pensa ed agisce. Un buon sacerdote, dei quali ce ne sono molti, può essere un portatore di benedizione; altri sono affittuari, come il Signore ha chiamato una volta quei templari che portavano pure soltanto abiti lussuosi, ma: ‘il vostro cuore è vuoto’!

49. Lo stesso vale per i frequentatori di chiese. Se il loro senso è rivolto a DIO, allora la via è benedetta, persino quando un affittuario sta sul pulpito. Ma se ci vanno per mostrarsi, allora non viene su di loro la benedizione del un buon pastore. Qui lo annoto: – Non il sacerdote benedice, lui è solo il mediatore, La Benedizione viene unicamente dalla mano del nostro Dio!”

50. Allora Marita domanda timida: “Signor von Wanger, lei ha detto che la benedizione di un buon sacerdote non verrebbe su coloro che non sono di cuore onesto. Ma si legge che Dio sarebbe buono. Non ne dubito, sì, …ne sono lieta, perché anch’io devo trovare la mia piccola via verso di Lui. Non sarebbe bene se anche tali avessero la Benedizione? Io ne ho bisogno, perché finora non ho imparato ad amare Dio. E che Lei è venuto da noi”, gli occhi della ragazza splendono chiari, “lo considero una Benedizione immeritata”.

51. Anche gli occhi del sacerdote splendono, mentre dice con cautela: “Questa è la fede di una figlia! I suoi dubbi sono giustificati; ma ora fate attenzione: proprio i fichi marci che sono i soli visitatori-di-chiesa, non potrebbero essere interpellati dal Creatore attraverso il ‘non-essere-benedetto’? Qui serve un esempio:

52. Un bambino si strappa dalle mani della madre e rimane seduto caparbio. Una madre intelligente continua tranquillamente e guarda solo di nascosto al bambino. Non dura a lungo, allora la testa caparbia comincia a camminare, qualche volta lontano dalla madre; ma solo di rado così lontano da non vedere più la madre oppure dove la stessa ha svoltato l’angolo.

53. Allora corre dietro alla madre. Nonostante cui qualche volta non prende la sua mano. Ed è di nuovo intelligente se lei non prende quella del bambino, ma aspetta finché viene vinta l’ultima resistenza. Non solo la paura spinge il bambino; è quella ‘condizione della vita’, che sorge dall’atto dei genitori.

54. Non è diverso, ma incomprensibilmente più santo e meraviglioso, l’Opera, la Condizione di Vita nel Creatore. Nessuna creatura, persino se si allontana molto a lungo dal Creatore, rimane per sempre lontana da Lui. Il suo ‘segreto guardarsi intorno’ per il caparbio è così unicamente buono, come non si riuscirà mai da afferrare nella sua profondità! Comunque, c’è da comprendere qualcosa dal grande Dio-come e perché, quando valutiamo spiritualmente le vicissitudini apparentemente umane.

55. La Benedizione di Dio-Padre rimane sempre su tutta la schiera dei figli, sui buoni come anche sui cattivi. Solo che la Sua benedizione agisce molto diversamente. Dio non è un calzolaio che conosce il suo solo mestiere! Egli non è nemmeno un agricoltore della nostra Terra che – bensì buono – sparge semplicemente la sua semenza. Per il Creatore dipende di ogni piccolo chicco, come e dove deve cadere. EGLI sa anche meglio, quando nel tempo c’è bisogno di acqua o di siccità”.

56. “Lei è così bravo a spiegarlo”, lo loda la signora Beocana. Oltre all’insegnamento, è il linguaggio che l’ha fortemente legata. “Da ragazza anch’io sono andata in chiesa. Qualche volta era bella, a volte vuota. Come cosetta giovane non potevo distinguere niente in modo giusto. E più tardi…”. Lei guarda suo marito, che ha seguito volontariamente e mondanamente con il suo buon matrimonio.

57. “Non la deve più opprimere”, la tranquillizza Wanger. “Lei può ottenere molto se impara a custodire e a provvedere al chicco di semenza sparso ed accolto del Creatore. Dio non fa assolutamente tutto da se stesso! Oh, Egli crea sempre prima, ma ce lo ha dato nella mano, di agire ed aiutare gli altri da noi stessi. Egli aiuta volentieri i figli attraverso i figli! Non si deve pregare erroneamente: ‘Signore, fai Tu tutto da solo!’

58. Si è fatto tardi, avete bisogno del vostro riposo, perché un giorno di lavoro richiede la sua forza”.

- “Anche la Sua”, esclama Marita, “Lei deve utilizzare la sua vacanza, affinché i suoi figli bruni abbiano di nuovo un pieno sostegno”.

- “Giusto, piccola samaritana!”

59. “Che cosa fa domani?”, chiede Beocana, mentre suona già per la macchina, che deve portare a casa l’ospite.

- “In mattinata vado a far visita ai Mescaru per discutere del loro il trasloco”.

- “Vuol vendere la casa?”

- “Gli ho consigliato di affittarla”.

60. “Avrei qualcuno”. Spontaneamente, perché l’insegnamento non è sfuggito oltre al fabbricante, vuol fare qualcosa di buono. “Un anziano portiere presto andrà a riposo. Affitto volentieri la casa e provvederò anche per l’ordine. Venga quando lo permette il suo tempo, domani mattina con il signor Mescaru nel mio ufficio”. Beocana accompagna il loro ospite alla porta. Roberto e Marita lo conducono a casa.

61. È stato sparso un buon frumento. Viene lasciato al Creatore di tutte le cose viventi, come e che Egli assisterà amorevolmente questa semenza.

 

 

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Cap. 8

Mescaru va in fabbrica – il contratto – Wanger da Mestosani

1. “Inaudito”, impreca Canncia nell’ufficio, “il padre di questo… Lei sa!”, lui tossisce. “Ed osa venire qui! Certo…”, grugnisce con astio, “…c’è anche lo straniero inquietante. Chissà…”. Si ha bisbigliato e teso i colli. Allora si alza con energia Mary Dabbati, la quale protegge sempre il più giovane del personale, ma dice con calma rivolgendosi a Canncia:

2. “Mi stupisce di istigare contro un innocente. Il signor Mescaru non può, essere invitato? Un atto di umana comprensione? La signorina Beocana è andata da Mescaru per aiutare la signora provata dal dolore. Senza il permesso dei suoi genitori non lo avrebbe mai fatto.

3. Io mi tengo fuori da cattive dicerie; non si devono malmenare ulteriormente coloro che hanno da portare una sofferenza!”, e riprende tranquillamente il suo lavoro.

- Si è fatto silenzio, ognuno striscia al suo tavolo e Canncia esce. Contro Mary Dabbati, la fine signora, come la si descrive con rispetto, non c’è nulla da dire. Lei gode della migliore reputazione presso il capo.

4. L’apprendista serpeggia verso di lei con una falsa pratica: “Perfetto!”. Di nascosto mette un dito sulla bocca e lo manda via con uno scritto. Canncia ritorna, va su e giù, mormora fra sé e sé e si siede di malumore dietro il suo tavolo.

5. Nel frattempo il signor Beocana fa anche chiamare la figlia che da oggi è volontaria. Mescaru è oppresso, non osa quasi a parlare. Allora Marita dice all’improvviso: “Signor Mescaru, mio padre ha buone intenzioni con Lei. Esiste gente stupida che sa solo spettegolare, ma essi stessi hanno della spazzatura davanti alla porta. Anche se Vilpart è caduto…”, lo dice del tutto apertamente, “…ma credo che più tardi anche Lei avrà ancora gioia di lui. Aspetti tranquillamente”.

6. Beocana si rallegra di sua figlia.

- “Sì, (il Vilpart) ha perfino pensato: ‘Se ho molto denaro, posso vivere allegramente’. Lui non sa ancora che ciò che è stato arraffato, scorre via rapidamente. Signor Mescaru, guardi agli infamatori negli occhi!”. È evidente che entrando in fabbrica ha scorto qualche sguardo, sopratutto quello di Canncia. Anche lui è stato catturato dal signor Wanger, che perciò aggiunge:

7. “Dico bene, che prima abbiamo incontrato anche un paio di personcine…”.

- “Qui in fabbrica?”, Beocana è, come quasi sempre, subito agitato. Lo deve osare qualcuno! “Ma chi era?” chiede frettolosamente.

- Wanger fa un cenno per tranquillizzarlo. “Al cancello e nel cortile un paio di persone, questo non pesa molto.

8. Anche Canncia; ma a lui peso già sullo stomaco, ed ha inghiottito anche il signor Mescaru”.

- Roberto e Marita scoppiano a ridere, ma il padre dice: “Me lo compro!”

- “Non lo farei”, consiglia Wanger. “Tali vengono solo stuzzicati e dicono comunque ciò che vogliono. Passarci sopra è la migliore medicina. Ma veniamo alla causa”, devia lui.

9. Beocana si rivolge anche subito a Mescaru: “Lei e sua moglie vorreste lasciare la nostra città. Adesso è la cosa migliore che potete fare. Volete affittare la vostra casa? È molto ragionevole! La prendo per il mio portiere. Ah, Canncia se la deve vedere con me, ma prima la prego di essere d’accordo con la mia proposta. La moglie del portiere è robusta; terrò anche gli occhi aperti affinché la sua proprietà venga amministrata coscienziosamente. Sarebbe soddisfatto con questo accordo?”

10. Mescaru dà rapidamente la mano al fabbricante. “Con lei sono al sicuro. Non ci crederebbe quanto sono sollevato. Perché altrimenti…?

- “Ha considerato se avrebbe trovato qualcuno, mentre il figlio… e se…, allora certamente solo ad un prezzo bassissimo? Molto sarebbe stato sciupato.

11. “Bene”, dice Beocana, “vogliamo comprarci il nostro omino, secondo la linea di condotta del signor von Wanger?”. Tramite la cornetta chiama la sua segretaria, la quale è contenta perché si è lasciato venire il padre di Vilpart con lo straniero. Un buon segno! Dall’apprendista aveva sentito che cosa era accaduto fra la sua amica Mary e il Canncia. Ora il capo dice: “La prego, signorina Kingtown, il signor Canncia deve venire subito, e Lei con il blocchetto da steno”. Beocana si strofina di nuovo le mani. “Aspetta, mio caro, ti devono passare gli ‘sguardi’!”

12. I chiamati arrivano, Roberto sussurra a sua sorella: “Quello non lascia passare davanti a sé nemmeno la segretaria di papà”.

- Marita fa una mimica: “Ah quello!”

- Canncia si rassetta, deve salutare i due signori, che assolve con un rigido inchino. “Vi conoscete già”, dice gentile Beocana, “e così possiamo trattare la faccenda.

13. Si tratta…”, chiarisce al Canncia, “…della casa dei Mescaru. Lasciano la nostra città”.

- “Ah!”, interrompe il capo ufficio. “Dove se ne vanno? Se posso chiedere…”

- “Può domandare…”, si immischia Wanger, “…ma non Le sarà detto niente! Che non pensi”, un rimprovero d’avvertimento, che fa arrossire Canncia. “I Mescaru stanno sotto la nostra protezione, della società della missione, e presso di questa sarà trattato internamente. Ciò che gli esterni non hanno bisogno di sapere, non lo verranno nemmeno a sapere”.

14. Una gelida ma salutare bastonata. Mescaru fa di nuovo un grato sospiro di sollievo. Meraviglioso… Il signor Wanger è all’altezza della situazione. La segretaria prende già la sua matita. La sua gioia e il rispetto per Wanger sono coperti. In quei pochi giorni ha percepito che attraverso di lui il clima di lavoro con il capo è migliorato. Allora il lavoro le ha dato più gioia. “La prego, scriva”, viene invitata.

15. “Il signor Mescaru affitta a me, Alfons Beocana, per tempo indeterminato il suo terreno, senza inventario. Il prezzo d’affitto, a causa della valuta, è ancora da stabilire, viene in anticipo ogni quattro mesi, alla banca della missione. Appena il signor Mescaru oppure i suoi eredi stessi vorranno abitare di nuovo nella casa, sarà resa libera entro sei settimane. Questo vale anche per i miei eredi”. Vengono aggiunte ancora le necessarie clausole e i presenti devono firmare, anche Canncia. Già ieri il signor Mescaru aveva proprio anche pensato, che la sofferenza, fino al figlio, …si sarebbe potuta rivolgere al bene.

16. “Ha ancora bisogno di me?”, chiede Canncia, devoto, al capo.

- “No, deve solo essere informato, se all’improvviso mi… ebbene… Ora lo sa”. Suona bensì come detto così per caso, l’uomo comprende il sottotono. Sopprime a fatica la sua rabbia, si sente messo a nudo davanti a Mescaru e Wanger. Con un breve saluto lascia velocemente l’ufficio.

17. “Devo scrivere subito il contratto?”, chiede Irina Kingtown.

- “Lo deve fare la signora Dabbati. Marita, portalo da lei”.

- Lei va di là in tempo, mentre Canncia vuole riferire la ‘faccenda’ dell’amministrazione. Colpito, va nella stanza accanto. ‘Deve venire proprio la piccola gatta’. Marita sa che cosa deve al padre. Uno sguardo ha colpito Canncia, come per chiedere: ‘Che cosa succede qui?’. Dà il documento alla signora Dabbati: “Lo scriva subito, in quattro copie e porti poi subito lo scritto di là”.

18. “Che cosa scrive?”

- “Nulla!”, respinge la signora Dabbati. “Quello che dobbiamo sapere, viene diffuso. Altrimenti…”. ‘Di nuovo del magnifico!’.

- L’apprendista se lo vuole ricordare per la sua vita come si deve pensare, parlare ed anche agire. La protettrice è diventata la migliore maestra. Più avanti penserà sovente a lei, e non si pentirà mai di aver seguito con fervore la sua immagine ideale. –

19. “Ora andiamo e passiamo attraverso la fabbrica”, dice il capo nell’ufficio. “Il suo prestigio, signor Mescaru, salirà subito”. Lo ammette in segreto. – Appena qualche giorno prima non gli sarebbe mai venuto in mente; solo attraverso Wanger è cambiato. E quanto ne è lieto. Non solo calcolare, non solo ogni giorno nessun altro pensiero che ‘la fabbrica’. Ah, quanto gli ha pesato così spesso!

20. Ci sono sguardi aperti e nascosti, saluti seri e devoti, altri bilanciati, da evitare. Questi ultimi, per fortuna, solo di rado. E alla sera, quasi tutta la città sa ‘ciò che è accaduto’. Il fatto viene riportato anche al Prefetto. Costui riflette: ‘Allora lo straniero verrà certamente di nuovo da me’. Lupus in fabula!

*

21. Il mattino successivo, ecco che arriva. Mestosani sopprime l’ira. Fingendo un buon intendimento, dice allegro: “Ah, signor von Wanger, la saluto!”. L’esclamazione è troppo forte, il sorriso gioviale troppo artificiale, si nota che cosa c’è dietro: paura! Il medico saluta gentile, riservato. All’altro passerà presto il ‘buon gesto’.

22. “Signor Prefetto, ha presto in visione l’atto su Vilpart?”

- “L’ho ricevuto stamattina”, mente senza vergognarsi.

- “Ebbene, c’è un’informativa in corso. I Mescaru possono venire domani mattina, per due ore, non vorrei aver nulla in contrario, anche se… Lei sa: di per sé non è permesso”.

23. “Si sbaglia! L’umanità è sempre al suo posto e i paragrafi da annullare, sono sempre applicabili. Che una istituzione abbia da osservare le leggi di casa, perché gli occupanti..”.

- “Appunto!”

- “Perché non è andato incontro al signor Mescaru sullo stesso livello?”.

- Il funzionario lascia libero sfogo all’ira. “Ho consigliato ai miei signori, che Mescaru...”.

- “...Signor Mescaru!”

24. Il superiore diventa rosso. Dominandosi a fatica, dice frettolosamente: “Ho ordinato di tacere la causa nell’istituto, e di non menzionare più il collega. Con ciò il tutto decade per noi interni. Così è soddisfatto adesso?”. Chiede in modo stizzito.

25. “No! Il suo errore non può essere taciuto non volendone più parlare. Non le rimane quasi risparmiato di mettere in chiaro la faccenda”.

- “E come pensa dovrei farlo?”. Segue una risata rauca. “Devo chiedere perdono a Mescaru in ginocchio? Oppure devo scrivere un esposto?”. Il volto un po’ ingrassato si contorce con scherno.

26. “Può fare a meno di entrambe le cose! Lo ha mancato di fare, e il marchio rimane su di lei, per aver agito ingiustamente come superiore del tribunale. Il suo piegare le ginocchia sarebbe penoso per un funzionario… per via di lei! In qualcosa la voglio sgravare, se ora arriva alla comprensione. Un altro, e cioè il signor Beocana, ha ristabilito da se stesso l’onore calpestato, il marchio che lei aveva attaccato ai poveri genitori, lo ha di nuovo tolto”.

27. “Mi è stato riferito”, dice il superiore stizzito, “come Beocana...”.

- “Ma la prego: anche il fabbricante è un ‘signore’! Oppure no?”

- Oh, guaio! Quale errore! “E’ naturale che dico signor Beocana, persino se nel fervore qualche volta si perde una parola. Lui è ‘rispettato in tutta la città’, signor von Wanger, se lo può ricordare!”

28. “Ho già ricordato qualcosa”, sorride costui. “Non riporterò ulteriormente lo smarrire”.

- Un sospiro di sollievo nascosto. Il superiore aveva pensato proprio così. Lo straniero sembra essere migliore di… Tuttavia gli starebbe bene di non aver mai visto Wanger… Che cosa ne può lui, che attraverso Vilpart ‘sto ragazzo maledetto’, tutto è...

29. Il medico, durante questi pensieri, dice: “Il signor Beocana ha di nuovo ristabilito la reputazione a Mescaru. A lei questo non sarebbe mai riuscito. Ieri sera siamo stati insieme nella ‘Conchiglia del Mare’ con un buon vino. La gente nella città è entusiasta di quest’azione nobile. Lei sarebbe stato disposto di fare una cosa del genere?”

- Mestosani alza scandalizzato le due mani: “Io? Ma che cosa pensa! C’è differenza se il signor Beocana come uomo privato si lascia trascinare a questo...”.

30. “Da me?”. Gettato lì intenzionalmente.

- “Ebbene sì!”. Negli occhi scuri arde l’ira. “Solo lei è stato capace, lei è come uno stregone, un…”, Mestosani tossisce. Nuovamente una parola di troppo.

- “È solo bene che non viviamo nel medioevo”, ride di cuore Wanger. “Altrimenti mi avrebbe subito bruciato sul rogo”.

31. “Pah! Un uomo altolocato come lei, non si dovrebbe occupare con queste stupidità!”

- “E lei, come uomo altolocato, non lasciarsi spingere dall’accesso di collera!” Questo lo colpisce.

- Mestosani si asciuga la fronte, apre velocemente la finestra ed ansima: “Oggi è terribilmente caldo, verrà un temporale”.

32. Wanger passa oltre il gioco. Ira e collera sono due demoni che precipitano l’anima nell’abisso della propria rovina. E nessuno ne è colpevole che colui che non riesce a dominarsi. Aiutarlo. Ma per questo ci vuole – se non è possibile diversamente – spingerlo persino verso l’abisso, così, come se vi cadesse già dentro.

33. “Bene, i genitori devono dapprima rivedere il loro ragazzo. Ma prima che lascino la città io esigo che possa andare a casa tutto un giorno. Assolutamente sotto sorveglianza, di cui mi prendo cura io necessariamente per i coinvolti. Così potrebbe essere evitato uno scalpore nella città e i genitori non verrebbero nuovamente esposti a male lingue”.

34. “E’ ancora del tutto in sé?”, grida Mestosani. “Non lo permetterò mai! Non lo posso nemmeno fare!”

- “Lei potrebbe, perché un caso particolare è da trattare particolarmente!”

- “E’ superflua ogni parola; io dico di no, e così rimane! Inoltre”, una domanda perfida, “perché si occupa di questo Vilpart? Perché non con il complice? Mescaru ha istigato il crimine”.

- “Precisamente! Ma non dimentichi anche questo che è nell’atto, che il compagno ha onorato ripetutamente la sua casa ed è un criminale abituale, anche se non del tutto un ragazzo difficile. Rifletta ancora: il mio aiuto è per i genitori!”

35. “E per il ricco fabbricante”, schernisce il prefetto. Ecco, …uno sguardo freddo lo spoglia formalmente. Ma qualche volta una parola dura è la pillola migliore per un uomo che conosce solo se stesso, ma vede i propri pensieri e l’agire sbagliato in tutti gli altri, ma mai in se stesso.

36. “E’ sufficiente soppesare la sua opinione”. Il modo di parlare è troppo misurato, da non opprimere. “Sentirà di me. Ancora una cosa: lei condanna molte persone, certi con il diritto del mondo, molto di rado con il Diritto di Dio, altri ingiustamente. Lei condanna anche colui, il benefattore, che l’ha aiutato a salire sulla ripida collina, togliendogli l’onore? Lei lo sa già!” Senza aspettare una risposta, Wanger chiude piano dietro di sé la porta.

37. Indietro rimane uno profondamente colpito. Colui che sta nella vita dietro di lui… ah, … questo rosicchia come un serpente: Che cosa sa lo straniero, e da dove…? Ha inteso davvero, oppure era soltanto una sparata a caso? Certo, …l’altro è morto, non può più parlare, né avvertire, né tradire. Il pericolo che ha rubato in certe notti il riposo, è già da tempo bandito.

38. Il superiore si liscia con energia la fronte. Stoltezza, tutta stoltezza che lo straniero vaneggia. Hm – il medioevo – allora, qualcuno si sarebbe fatto presto a farlo tacere.

- “Anche tu!”

- Si spaventa terrorizzato. Questa era una voce. Non si è sbagliato. Sì, sì, mi sono sbagliato! Lo straniero mi ha del tutto stregato.

39. Frettolosamente si precipita per uscire, cerca degli amici, li lascia di nuovo, va in una osteria dove non si è mai fatto vedere, beve molto e barcolla fino a casa. Invano cerca la calma, il sonno, di dimenticare. Le immagini si susseguono, sorgono, eccoli là. Li ha sepolti del tutto inutilmente.

 

 

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Cap. 9

Uno strano viaggio per una visita promessa

Un vecchio debito da ripagare

1. Wanger è andato in viaggio, ma ha fatto sapere che sarebbe stato di ritorno entro un paio di giorni. Strano, …ci si è appena conosciuti e le circostanze hanno presto condotto al sentirsi gentilmente uniti. “Mi manca il signor von Wanger”, confessa Roberto a sua sorella.

- Lei annuisce: “Anche a me, pure ai genitori”.

- “Ieri sarebbe stato dal Prefetto e oggi i genitori di Vilpart possono far visita al loro figlio. Presumo che ciò abbia a che fare con il viaggio. Ma non devi rivelarlo ai Mescaru”.

2. “Ma che pensi?”, s’infervorisce Marita. “Io non faccio una croce sui suoi piani; lui è un uomo del tutto speciale. Mi sembra come se lo avessi conosciuto da tempo”.

- “Succede anche a me. Ebbene, …fra un ora comincia di nuovo il lavoro; sii ben puntuale, papà ci tiene molto”.

*

3. Wanger arriva nella capitale e prende una stanza all’Hotel Americano’. Si fa annunciare telefonicamente dal ministro della giustizia, il visconte De la Cruzziano. Costui esclama spontaneamente: “Signor von Wanger? Ah, che venga ben oggi nella mia abitazione. Provveda ad un buon percorso. Io copro tutte le spese, un servizio particolare per il mio ospite!”

*

*

4. Il direttore, abituato a molte cose, rimette a posto la cornetta. Non lo avrebbe pensato che l’ospite, che ha visto nel vestibolo quando si è annunciato, sarebbe uno altolocato. Allora lui stesso… “Hei, boy, quale stanza ha un signor von Wanger?”

.- “Al servizio, signor direttore, numero 744”.

- “Va bene, ragazzo”. Nella piccola mano cade una moneta. Questo si stupisce confuso. Dall’onnipotente, …una mancia? Non è mai accaduto.

*

5. Si bussa alla camera 744. “Sì?”, Wanger si sta cambiando. Gli succede come al boy: si stupisce che il direttore in persona sia lì! “Che cosa c’è? Non ho compilato bene il registro?”

- “Tutto nel miglior ordine, mio egregio signor von Wanger, ma la prego, rimanga seduto. Ci è capitato un errore, avrà subito un’altro appartamento”. Nasconde abilmente che l’invito spontaneo del visconte gli aveva procurato un piccolo infarto, e lui è abituato a molto. Il suo Hotel è uno dei migliori nella metropoli.

6. “Il ministro la prega di essere suo ospite. La porta il mio autista. Il capo del piano provvederà alle sue cose. Venga subito con me!”

- Va al piano principale dove soggiornano soltanto ‘gli eletti’. Il medico non ne è toccato. Domina la gioia, perché il visconte ha reagito subito, anche se si sono conosciuti anni fa. Altrimenti – accettando l’esteriore – non ogni fasto si può evitare, se si vuole raggiungere una buona meta.

7. Che non ama questo caro addobbo perché potrebbe aiutare molti poveri con questo denaro, non se ne fa accorgere, per via del ministro… “Molto bello”, si rivolge al direttore, “La ringrazio per il privilegio che mi è concesso”.

- Come ‘trangugia’ il caro addobbo, così il direttore che è venuto su ordine del visconte.

8. “Si sa ciò che si deve ad ospiti particolari”, dice abilmente. “Desidera prima uno spuntino?”

- “Grazie! Non voglio far aspettare il visconte. Vorrei volentieri andare fra un quarte d’ora”.

- “Molto bene, signor von Wanger”. Il direttore dà un ordine al paggetto: “Macchina numero otto al portone principale!”

9. “Spero, signor direttore, che possiamo avere un’ora per parlare, ne sarei lieto”.

- “Anche io”, approva costui sinceramente. Quanta gente ha imparato a conoscere in questo edificio e molti erano… hm… più o meno ‘vettovaglie di ceramica’, anche fra gli altolocati. Qui…? Bisogna aspettare; ma l’uomo snello è uno particolare, il suo volto, oltre alla grande fermezza, molta bontà, rivela ancora molto di più. Anche senza il contatto con il ministro della giustizia, l’ha constatato in se stesso.

10. L’autista ha l’ordine di prendere una deviazione attraverso la parte più bella del centro della città, affinché l’ospite impari subito a conoscere qualcosa. Poi si va su nel paese collinare, dove si appiana un poco alla volta il rumore del traffico della grande città. Belle case, non ‘scatole’, come confronta il medico con le capanne di coloro che sono affidati alla sua protezione, che sono molto più felici e contenti che la maggior parte della gente in tutte le città altamente moderne – che sono come ‘fave di api’.

11. Quanta nostalgia ha per il suo bungalow, nella casa dei medici, che non è confrontabile con una clinica di una grande città. Soltanto, da lui regna un’atmosfera calda, ed ha strumenti ausiliari moderni. Chiama sua propria persino una tenda d’ossigeno. Quanto si sono stupiti allora i cari neri, quando è arrivata e l’ha spiegato.

12. Si apre una via attraverso alberi vecchissimi, presso il cancello di ghisa stanno dei servitori che lo seguono velocemente fino alla scala. ‘Un addobbo molto grande’, ride Wanger fra sé e sé. Ed eccolo già lì, il grande uomo leggermente panciuto con i capelli grigi, un buon abito di casa e gli splende incontro il viso.

13. Wanger consegna un mazzo di orchidee ad uno dei servitori. “Lo tenga, la prego, finché non lo posso consegnare alla padrona di casa”.

- Il ministro gli tende incontro le due mani, la sua voce suona: “Finalmente uno che saluto volentieri! Signor von Wanger, per lei il più cordiale benvenuto da anno e giorno!”

- Il medico ne è commosso. Lui conosce quell’uomo, quanto sia di cuore caldo, nonostante qualche volta di scorza dura, sovente necessario per via della funzione. “La ringrazio molto, signor ministro, per il suo invito, per il suo benvenuto...”.

14. Fandonie! Per Lei sono Cruzziano, e lei per me Wanger!”. Capita di rado che un altolocato si dia così semplicemente come il visconte. Tuttavia, …Wanger sa che certi che vivono come in un sonno di sogno, hanno una nostalgia non calmata per la verità. Soltanto, che il mondano copre la loro nostalgia. Un tal caso è Mestosani. Ora lo vuole aiutare, per cui ci vuole tuttavia un ‘colpo’. Deve condurre con prudenza la sua causa; il visconte può anche diventare ferreo, quando… Dipende.

15. Nella sala aspetta una graziosa figura, la sig.ra visconte. Wanger si china con galanteria e le consegna il suo mazzo. “Molto onorato, sig.ra visconte, molte grazie che mi ha aperto la sua casa. Mi è un grande onore!”. Lui bacia la delicata mano.

- Juliane Cruzziani è stata istruita come sarebbe da prendere l’ospite. Lei sorride: ”Lei è sempre così cordiale come in un’udienza imperiale?”

16. “No, era l’espressione dell’onore che devo a suo marito”.

- “E di cosa le son debitore io?”, costui fa l’occhietto. “Ma lei sa…?”

- “Non val la pena menzionare…”.

- “Dipende. Come la vedo io, mia moglie arde di curiosità, devo al più presto spegnere l’incendio”.

17. Ci si reca nella sala da pranzo. E’ arredata in modo prezioso, ma comodamente. Si nota il genio della casa. Il pasto è buono, ma non esagerato. A tavola si parla di cose in generale.

- “La cosa difficile la conserviamo per dopo”, dice allegro il padrone di casa. “Poiché, che lei, Wanger, ha qualcosa sul cuore, lo si vede sulla sua punta del naso”.

18. “Oh, lo ha già constatato, adorabile sig.ra visconte?”, Wanger le rivolge divertito il viso.

- “Confido in mio marito”, scherza lei. “Lei è venuto da noi come un caro amico, e così lasci stare il mio titolo, altrimenti mi sento al di fuori dell’amicizia”.

- “Questo ne fa parte”, determina il padrone di casa. “Poi con il vino ci mettiamo d’accordo come vogliamo stare l’uno verso l’altro”.

- Il salone, nel quale si recano è pure arredato in modo comodo-nobile. Là possono parlare liberamente. Il vino scintilla nei cristalli.

19. “Sigilliamo la nostra amicizia. Datemi le vostre mani. Io sono Pedro, un...”.

- “...nome spirituale”, interrompe il medico. “Significa Petrus, il fidato, che...”.

- “...si fermi”, esclama Cruzziano. “Non è stato quell’uomo che ha tradito il suo Maestro nel pericolo?”

- “Sì, certamente, di questo ne possiamo parlare una volta all’occasione”.

20. “Hm, hm, la mia incantevole moglie, che mi vizia severamente, si chiama Juliane. E Lei, Wanger?”

- “Nulla di scintillante: Willmut-Adalon. Terribilmente lungo! Se posso dire, così, solo Willmut”.

- “Sono bei nomi, certamente nordici”.

- Wanger lo conferma e racconta della sua vita nella patria, nel paese tedesco-baltico.

- “Ora ne siamo informati di dove è nato quest’uomo famoso. Devi sapere, cara Juliane”, dice suo marito, “Willmut è un medico straordinario, sacerdote e chissà quant’altro ancora. Puoi cercare con la lanterna un secondo del suo genere”.

21. “Ma…”, Wanger non ama la gloria.

- “Fandonie!”, suona di nuovo ridendo. “Sai, Juliane, non ti ho mai raccontato la faccenda. Quando ho visitato l’Africa, in una profonda foresta vergine, sono capitato in un pericolo che prima non avevo sospettato. Ebbene, in breve: avevo con me bensì tre indigeni, i ‘padroncini’ viziati sono rimasti lontani. Ma come è poi capitato: i neri sono scappati quando all’improvviso attraverso i cespugli venne un mostro, un elefante maschio.

22. Ecco, stavo lì, …il signor ministro”, Cruzziano prende in giro se stesso, “…e non ho nemmeno pensato alla mia morte per pura paura. Uno scricchiolio piano dietro di me, e per lo spavento mi venne in mente: ‘Ah, arriva la signora elefante in aiuto del signore, da dietro, come le donne di solito’. Invece, c’è stata una voce tenue: ‘Rimanga del tutto fermo e tranquillo, non si muova!’. Per questo era stato provveduto, ero una – ebbene, Willmut, lei come sacerdote deve conoscere la storia, …una ‘colonna’, ero”.

- “Una colonna di sale, come la moglie di Lot”.

23. “È stato proprio così! Esclamazioni gutturali intorno a me e al mio amico… L’elefante ha sbattuto qua e là la sua proboscide, ma rimasi fermo. E accanto a me comparve un bianco e un paio di neri. Uno è andato verso il maschio. E che cosa pensi, Juliane? Lo ha preso per la proboscide e se n’è andato come un uomo con il suo bernardino.

24. Per tutto lo stupore ho perduto il fiato. Il bianco rideva...”.

- “,...ha riso di te”, interviene Juliane. “Ora so chi è stato”, indicando il medico.

- “Sì, mentre mi sentivo male. Il grande spavento, il caldo, ebbene... in quattro mi hanno portato con un ininterrotto chiacchierare. Ho visto ancora un paio di case, delle capanne, e poi più nulla.

25. Quando mi sono risvegliato, accanto a me ho sentito come se mi canzonasse: ‘Ah, eccoLa di nuovo! Qui io sono il medico’, ha detto il bianco. ‘E’ in buone mani. Come le è venuto in mente di penetrare nella foresta vergine da solo, e come ho visto, senza alcuna esperienza, senza armi? Se non avessimo seguito il nostro Pluto che era scappato, per Lei poteva finire molto male’.

26. ‘L’elefante si chiama Pluto? Non lo comprende? Non potevo immaginarlo. Accanto alla nostra stazione di medicina e missione abbiamo una riserva per gli animali, di cui fa parte Pluto e un paio di elefantesse. Noi proteggiamo gli animali dagli ‘spari alla cieca’. Pluto in sé è molto mite; certo, quando un animale selvaggio si muove di nuovo liberamente, si deve aspettare che poi si comporti di nuovo da selvaggio.

27. Rimanga ancora a letto per un po’. Da dove viene?’. Io diedi il mio nome, titolo e il nostro Consolato, e mi sembrava che il dottore non tenesse molto a tutto questo”.

- “Oh, sì”, si difende Wanger. “Naturalmente, ho pensato quanto un uomo intelligente poteva commettere una tale sciocchezza”.

- “Allora è stato sciocco”, conferma il visconte, astuto, “ma oggi non è più sciocco; perché: io ho catturato lei, lei soltanto il suo Pluto!”

28. Scoppia un’allegria, che non vuole quasi finire. Juliane si asciuga le lacrime dagli occhi. “Questo è il vero Pedro”, dice a Wanger, “commette volentieri tali cose”.

- “Non male”, dice costui, la cui risata di cuore lieto echeggia nella sala.

- “E che cosa, amico Pedro, si fa con il prigioniero? Il nostro Pluto corre libero nel recinto”.

- “Io lo tengo stretto, caro Willmut, così, per la nostra amicizia. Altrimenti, non avrei potuto ancora toglierLa ai suoi cari neri.

29. Devi sapere, cara Juliane, i Suoi neri erano molto preoccupati per me, mi hanno portato persino dei regali, catenine senza valore, anelli e simili cose; ma per me questi erano dei preziosi doni”. Và a prendere dalla sua stanza da lavoro una piccola cassetta. “Non l’hai mai vista, c’è tutto dentro”. La apre. Ben accuratamente giaceva tutto su un velluto scuro.

30. “L’ho conservato”, dice commosso il visconte. “Il mio aiutante mi ha promesso che se una volta fosse stato qui da queste parti, sarebbe venuto da me per – come ha detto allora – convincersi, se fossi guarito dallo ‘spavento di Pluto’. Così è, quest’amico! Ho aspettato questo giorno, da circa sei anni”. Si ferma un attimo, come per ricordarsi, e poi continua a raccontare:

31. “Il giorno successivo sono stato caricato insieme ad un nero sulla elefantessa Mary e siamo stati accompagnati per un grande tratto, lontano dalla stazione complessiva. Nel nostro Consolato hanno spalancato muso e occhi, quando l’elefante comparve al portone. In breve, …si era contenti e l’aiutante nero aveva caricato al mio posto molti doni sulla Mary, soprattutto medicinali e cose che servivano ancora il medico. È così, Juliane, ora sai la storia”.

32. “È come un miracolo”, mormora lei. “Oh, amico Willmut, mille grazie, Lei ha salvato mio marito! Io so ancora che quando allora Pedro era tornato dal suo lungo viaggio, sovente era interiorizzato; ma quando gli chiedevo che cosa avesse, diceva solo: ‘Il viaggio mi ha stancato, mi devo prima riprendere’.”

33. “Miracolo…? È stato un caso, o il destino? Tuttavia, qualcosa di buono”, dice il ministro.

- Wanger guarda le sue mani nella silenziosa lotta per ‘la Parola’, che vorrebbe dare ai cari amici, ma abbastanza senza fede. Non è sempre facile stabilire il primo portatore di ponte, per non parlare di tutta una costruzione del ponte. Ora solleva i suoi occhi, forti e chiari come il Sole.

34. “Intanto non è importante come si chiama un avvenimento. Il credente chiama volentieri tutto come ‘miracolo’, se non riflette che sarebbe giusto in modo realistico. Altri ancora non sanno del contatto fra sé e Dio. Il contatto c’è, negato oppure non sapendone nulla. La forza della nostra vita, che aumentiamo oppure anche ostacoliamo, della quale non possiamo seriamente disporre, deve provenire da una Fonte, come tutte le acque di questo mondo fluiscono da fonti, da quelle nascoste oppure aperte.

35. Per buoni credenti, DIO è la Fonte rivelata alla quale si ristorano. Per tali non esiste né caso né destino. Esiste solo la ‘Guida’! Miracolo, come concetto, è stato troppo abusato nel sorgere delle comunità cristiane. Quello che non si può spiegare, soprattutto, che non si voleva spiegare, veniva spiegato con la parola ‘miracolo’. Oggi le chiese si stupiscono che in genere non si crede più nei miracoli.

36. Tuttavia, …non si deve credere nelle parole preparate. Miracoli sono i ‘fatti di Dio’, quelle realtà della Luce che ci sono quasi inaccessibili. Quasi, dico! Se lo fossero del tutto, allora non esisterebbe nessun legame fra noi e Dio. Da Dio a noi non lo deve essere, perché Lui come nostro Creatore, è il nostro ‘Proprietario’. Lui possiede noi, se lo vogliamo oppure no.

37. Le chiese Lo mettono ancora troppo nell’indefinibile, perché non conoscono la realtà della Luce. Ma ci sono buoni insegnanti di chiese, che riconoscono Dio come la somma Realtà. La maggior parte di loro sono già sulla via per questa Realtà, che nella svolta del nostro mondo verrà ancora data all’umanità.

38. Non è, come se Dio non l’avesse ancora donata. Oh, Egli l’ha sempre rivelata e rimane: Lui stesso è venuto in qualche tempo, per mostrarSi ai materialisti. Egli ha fatto annunciare la Sua Parola attraverso i profeti, e fa miracoli su miracoli! Tali, cari amici, che provengono dalla realtà della Luce, che si svolgono nella ‘Legge dell’Ordine del Creatore’.

39. Riflettiamo: noi calcoliamo – se vogliamo credere alla storia – da Adamo fino alla repentina svolta del nostro millennio da circa seimila anni. Non è calcolabile il numero degli uomini insieme alle creature, che finora hanno popolato il mondo. Calcoliamo di un unico uomo il consumo di beni in un unico anno, …cibo, bevande ed altre necessità, che trae solo dal suo mondo portatore, dalla Terra.

40. In quale modo i beni consumati vengono sempre rinnovati? Pensiamo al consumo di greggio, del carbone, dei minerali e simili. Ci si dovrebbe dire, che se questo viene tolto alla Terra da millenni, perché non si è rimpicciolito una volta? Unicamente questo: i miliardi che hanno popolato la Terra, quanto ne hanno bisogno giorno per giorno? Allora si è orgogliosi, perché l’uomo è ‘l’inventore del consumo’ !

41. Da dove proviene, come si completa, su questo non ci si rompe la testolina, al massimo di tanto in tanto per paura, perché l’uomo è ‘l’estirpatore’ di ciò che mantiene veramente la vita. Ho parlato con uno scienziato di queste cose, e cosa ne pensa lei, che è stata la sua risposta? ‘Tutto si completa da se stesso. Un chicco di seme scoppia, cresce e porta di nuovo il suo molteplice frutto. La natura è la donatrice della forza di tutte le cose’. Dicendo questo mi ha battuto sulla spalla, mi ha guardato ed ha pensato: ‘Povero pazzo, anche tu credi ancora in un Dio?’

42. Questo è in genere l’uomo di oggi. Chi si domanda: quale forza riposa in un piccolo chicco di seme? Ebbene, se questa forza di spinta fosse la natura – un concetto che è estensibile come un nastro di gomma tirato – chi e che cosa è la natura? Anche l’uomo sarebbe in questo caso un pezzo della natura e niente di più. Mentre non sospetta quali forze vengono su di lui nel sonno. Non può regolare il sonno, è esposto al ‘mistero notturno’.

43. Se un uomo a metà comprensivo riflette sulle domande, dovrebbe giungere alla comprensione e la otterrebbe anche, che tutte quelle ‘Forze indeterminate’, che in realtà sono la nostra vita, è impossibile che vengono da una massa in sé morta, dalla sola-natura. Togliamo una foglia dall’albero, e quanto rapidamente raggrinzisce. Non può conservarsi da se stessa, ha bisogno del ramo, del tronco, della radice e il nutrimento da sé!

44. Questo vale nel senso più alto anche per noi uomini. Senza un legame con la Potenza del Creatore, con la Sua – come ho detto – realtà della Luce, siamo meno che un filo d’erba che la falce ha tagliato. Questo legame con la regolarità del Creatore nel corso della nostra vita, dei cosiddetti avvenimenti naturali, sono i veri miracoli di Dio! In queste si lasciano intrecciare anche cose come quella, caro Pedro, che ci ha fatto incontrare.

45. Allora al congedo lei ha detto che potrei venire da lei con qualunque richiesta, lei mi avrebbe – se possibile – sempre aiutato. Così il Creatore, allora, ha provveduto in anticipo, senza il sapere di noi due, che ora c’era da concludere un patto, per il quale io vengo con una richiesta, e lei insieme a sua moglie, affinché possiate percepire qualcosa che vi può guidare su quella strada, tale da farvi trovare il meglio dell’esistenza: la fede nella Divinità! Forse ci si renderà presto conto, come unicamente su questa base, la vita si lascia formare più pacifica”.

46. C’è silenzio. Wanger guarda attraverso la grande finestra il parco ben curato, mentre il ministro si strofina di nascosto le sue mani. Sua moglie è profondamente commossa; vorrebbe volentieri abbracciare l’uomo che le ha portato ciò che le è mancato in gioventù. Ha comunque sempre pensato che esistesse un Dio, ma non aveva nessuno con il quale avrebbe potuto condurre un colloquio su questo.

47. Che ciò scava anche in suo marito, lo si vede. Lei lo conosce proprio bene. Non lo si deve spingere con nulla, lui stesso vuole sempre attingere, sia per ciò che riguarda il suo servizio o con cose qui nella casa, questo è uguale. Lui riempie di nuovo tutti i bicchieri, per evitare l’incertezza. “Vogliamo prima bere, poi è la volta della Sua richiesta”.

48. Wanger non ha aspettato nessun altra reazione. Il mosto deve fermentare, il seme fare radici, il cuore aprirsi alla Luce, poi può seguire il resto. Lui alza il suo bicchiere e dice dopo un sorso: “Una delicata goccia, anche se non sono un intenditore. Bevo di rado l’alcol, mai sul mio luogo di lavoro”.

49. Chi salta oltre la propria ombra? Mentre ‘la predica’ non è per nulla svanita. Al contrario! Il visconte ha accettato gli argomenti, gli sono solo troppo scomodi. A lui succede come a Beocana che si è interrogato su cosa avrebbero potuto dire i suoi signori se lui si ‘fosse convertito’. A Cruzziano sembra già adesso, come se i suoi signori bisbigliasssero: ‘Il ministro è matto’. Finché questo non lo avrà superato, avrà senz’altro bisogno del suo tempo.

50. Il medico ‘vede’ il pensiero e comincia secondariamente a raccontare la faccenda di Mescaru. Comincia con l’incontro di Roberto Beocana e che ha scoperto come ‘il suo amico’. Rileva molto che suo padre sarebbe un uomo e un funzionario onorevole e come era stato trattato dal prefetto della città. In questa rappresentazione il visconte salta su, la sua voce brontola:

51. “Il superiore del tribunale si è permesso questo? Ah, deve imparare a conoscermi! Tali incapaci responsabili vengono estirpati! Io...”.

- “Posso interrompere?”, la domanda di Wanger smorza già un poco l’agitazione.

- “Non protegga il Mestosani!”

- “Vorrei fare proprio questo”, dice il medico, e guarda costringendo il ministro. E’ una forza alla quale non può fuggire. Al visconte passa sulla sua schiena …freddo e caldo; con forza si stacca dallo sguardo di Wanger.

52. Costui continua tranquillo: “Proteggere non significa coprire gli errori. E’ anche tutto da pareggiare. Se Mestosani fosse sospeso dalla sua funzione, ci sarebbero molte dicerie, e queste rimarrebbero attaccati a lei, Pedro. Lei stesso sa quale conseguenza avrebbe dopo. Posso fare una proposta?”

- “Sono curioso”. Suona sempre ancora arrabbiato.

53. “Il medico fa come se non se ne accorgesse: “Ha già ispezionato le sue istituzioni?”

- “Che cosa ha a che fare con questo?”

- “Molto!”

- “Hm, quelle nelle grandi città, sì”.

- “E’ contro il suo programma, fare l’onore anche una volta agli istituti più piccoli?”

- “Onorare,,, è detto molto bene!”, il padrone di casa ride inevitabilmente. “Ah, un piano delicato!” Batte il medico così forte sulle spalle, che lo stesso torce la bocca.

54. “Ma Pedro!”, lo sgrida la moglie.

- “Le ho fatto male?”, ride Cruzziano di nuovo.

- “Abbastanza. Pluto sbuffa molto più delicatamente con la proboscide”.

- “Gli elefanti nella bottega di porcellana, …lo so”.

- “Per questo non ci vuole una rissa”, sgrida Juliane.

- “Hm, il prossimo anno vado a prendere lezioni da Pluto su come si colpisce con i pugni delicati”.

55. “Tu, orso!”, lei abbraccia suo marito e chiede a Wanger, che voglia perdonare.

- “Non c’è nulla da perdonare; se suo marito viene davvero, Pluto avrà già imparato come ribattere al posto mio”.

- “Oh, guaio”, fa lamentoso Cruzziano. – Dopo un allegro tergiversare, Wanger sviluppa il suo piano.

56. “Mestosani non deve sapere che sono stato qui. Lei intraprende un’ispezione. Una volta, viceversa, lei comincia prima con i piccoli tribunali di città, due o tre che si trovano vicini, e Lei arriva sempre inaspettato. Visita anche le celle, parla con gli arrestati e prende in visione gli atti. Tutto sarà guidato in modo che le verrà in mano anche quello di Vilpart”.

- “Guidato? Com’è possibile? Ma ci sarà anche Lei?”

- “No, ci si accorgerebbe che dietro ci sono io. Il mio piano di aiutare Mestosani, intendo moralmente, sarebbe già rovinato in anticipo.

57. Esistono delle guide segrete, se qualcuno vuole solo il bene; attraverso i pensieri ci si può servire di una Potenza e – lei non lo crede ancora – attraverso una preghiera. Al contrario, uomini cattivi possono abusare di un potere, ma allora non è mai lo stesso. Forse una volta ne potremo discutere su questo. Ora pensiamo solo alla buona meta.

58. Nell’atto personale di Mescaru, il prefetto non avrà quasi scritto del perché lo ha licenziato da un giorno all’altro. Le deve dire il motivo. Un piccolo rabbuffo aiuterà il presuntuoso a non agire più ingiustamente. Inoltre, non è molto amato, si fa sentire troppo da superiore”.

59. “Contro questo, c’è un’erbetta che gli servirò io. Che ne facciamo con Mescaru? Lo elevo in un rango superiore”.

- “A qualcuno basterebbe, non a Mescaru. Per via del figlio è bene che vadano via per un paio di anni”. Il medico riferisce che cosa hanno intrapreso lui e Beocana, per aiutare la famiglia.

60. “Chissà se potrò accompagnarti una volta”, chiede Juliane a suo marito. Lui lo conferma.

- “E quando parti?”, chiede Wanger.

- “Glielo posso dire domani”, risponde Cruzziano. “A mezzogiorno sei nostro ospite, regolerò la faccenda in mattinata. Poi facciamo ancora una corsa, affinché veda qualcosa della regione. Qui è più bello che nella sua foresta”. Il dottore sorride.

61. “Lo dice lei, Pedro...”.

- “No, non vorrei davvero vivere da lei. Così, una volta, …nella foresta tutto bello. Ma altrimenti…?”

- “Va bene, Pedro; tuttavia, …non abbiamo bisogno di un ente della finanza, abbiamo la nostra propria giustizia che fiorisce senza attriti, eccetto quello che io annoto per tenere il nostro progresso. Di semafori, di passaggi pedonali e quant’altro che regola certamente il traffico, ma lo rende anche difficile, non ne abbiamo bisogno. Ma ascolti:

62. Noi costruiamo una pista, nel caso in cui abbiamo bisogno rapidamente di aiuto. Ci manca certamente l’aereo”.

- “Forse le cade uno dal Cielo”. Presto fa un piano: il suo stesso governo deve attingere dal borsello per aiutare il coraggioso medico. ‘Ah’, si prefigge, ‘io stesso arrivo con l’aereo, e di ritorno cavalco la mia dama elefantessa Mary’.

63. In pochi giorni il sacerdote ha ottenuto molto, materialmente davanti a tutto lo spirituale. Cruzziano ed anche il direttore dell’Hotel hanno preso quel sentiero che lui ha potuto mostrare loro. Con il ringraziamento nel cuore, ritornerà nel luogo della vacanza due giorni più tardi che la visita promessa dal visconte. Anche su questo ne hanno discusso.

 

 

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Cap. 10

La visita del ministro – Si scopre l’ingiustizia – Mestosani alle strette

1. “Che cosa mi annunci?”. Il superiore della magistratura Mestosani diventa giallo nel volto. “Se lei si permette ancora una volta uno scherzo…”, tuona verso il portiere, “…allora vola sulla strada!”

- “Tanto, lei lo fa sovente”, si ribella l’uomo. “Stamattina è arrivato il ministro della giustizia, nessuno ne sapeva nulla; è alloggiato con sua moglie nella Conchiglia del mare”.

2. “Fuori! …Va bene, non fa niente”, il prefetto trattiene l’uomo. “Da quando, il ministro viene nella piccola città? E inaspettatamente? Ecco, prenda”. Gli dà uno dei suoi sigari migliori.

- Il portiere ringrazia, per lui il ‘caso’, è finito. ‘Fuori’, mormora fra sé e sé: ‘Succede qualcosa, era troppo agitato. Ebbene, non mi riguarda’. Corre nel suo alloggio da portiere, per salutare degnamente il ministro della giustizia.

3. Mestosani cammina avanti e indietro. “Che cosa vuole da noi? Qui non si fanno uova d’oro! Ah, Questi signori, si annoiano, allora si mettono qualcosa nel cervello. Ora, il mio istituto è nel miglior ordine. Soltanto, i prigionieri… speriamo che non visiti le celle. Oh, no, così in basso non scende il ministro”, calma se stesso.

4. Lui stesso va a prendere un mucchio di atti e con questi riempe il grande tavolo vuoto. Non ha nessuna idea che l’odiato Wanger stia dietro la faccenda. ‘Che fortuna, quello non si è più fatto vedere per una settimana. Sciocchezze, quello che ha in mente quell’uomo. Solo perché è sacerdote, pensa di dover convertire tutto il mondo. Apre velocemente la finestra, ha fumato troppo. Nell’orario di servizio, in genere, è vietato.

5. Appena l’aria è un po’ pulita, viene annunciato il ministro. Mestosani corre alla porta. “Quale inaudito onore”, fa l’inchino. “Signor ministro della giustizia, posso pregarLa? Entri qui”. Lo fa passare davanti a sé.

- Il visconte saluta misurato, si guarda intorno nella stanza e si siede semplicemente sulla poltrona dietro la scrivania. Aspetta un poco, alza come giocando un paio di atti e dice al prefetto ancora in piedi: “Ma si sieda! Ah, ecco”, sorride disarmando, “ho preso la sua poltrona. Non lo si dovrebbe fare, non è vero?”

6. Mestosani si affretta ad assicurare che il ministro potrebbe scegliersi qualsiasi posto, si sentirebbe onorato. Con devozione chiede il perché non si è annunciato, altrimenti lo si avrebbe ricevuto secondo il suo rango. “Ah”, fa Cruzziano così a caso, “non amo il grande chiasso. Il Ministero sta prendendo nuovi regolamenti, di ciò si parlerà nel prossimo organo di servizio. Quindi era necessario di visitare prima, possibilmente tutti gli istituti”.

7. Il prefetto si inchina di nuovo. “Malgrado ciò… Hm, a volte c’è una faccenda che dev’essere svolta, e allora sembra come se...”.

- “Anche questo succede nel Ministero. La cosa principale è che tutta la conduzione sia corretta secondo il fondamento della giustizia: ‘in dubbio pro reo’!”. Il visconte guarda l’orologio.

8. “C’è ancora tempo, vado a far visita al reparto dei prigionieri; in due istituti c’è stato qualcosa. I prigionieri devono essere certamente tenuti in disciplina, ma non vogliamo tollerare rappresaglie. Chiami per favore il direttore, faccio un giro con lui”.

- “Posso permettermi di accompagnarLa anch’io, signor ministro?”

- “Lo considero del tutto naturale”.

9. Passano attraverso corridoi bui e Cruzziano ammonisce già: “Questo deve cambiare! Deve far ingrandire le finestre”, si rivolge al direttore. “Qui i prigionieri hanno gioco facile di nascondersi, di evadere”.

- Il direttore guarda di sbieco il prefetto. Lui l’aveva suggerito, ma non ha dimenticato la ‘sfuriata’. Il visconte vede lo sguardo di sbieco, e presume subito la sua parte.

10. Presso le celle ha certe cose da discutere. Infine, anche un prigioniero è un uomo; e nonostante la durezza della legge, deve avere la giusta guida. Passa a caso verso diverse celle e parla con alcuni prigionieri. Più tardi il visconte stesso non sa se qualcuno ha guidato i suoi passi. Ora sono al pian terreno. Cella 27.

11. “Guardo ancora questa”, ordina. Il guardiano apre titubante. Proprio questa è la peggiore, ma è stata ordinata dal prefetto per l’arrestato. Costui è seduto indifferente su una dura branda, sulla quale c’è solo una coperta. Non ci sono né tavolo né sedia, al suolo c’è una piccola brocca e una scodella. Il direttore dice al prigioniero di alzarsi, ma evita da intelligente di dire chi ora sta ispezionando.

12. “Come si chiama?”, chiede gentile il visconte. Il prigioniero guarda in alto stupito. Qui si viene chiamati solo con il ‘tu’; solo il guardiano è un poco più gentile. “Mi chiamo Vilpart Mescaru”, dice piano. Viene assalito da paura di quanto sta per accadere. “E perché è qui?”, lo interroga Cruzziano.

13. “Io ho”, balbetta Vilpart, “veramente non volevo uccidere, volevo solo molto denaro”.

- Questo è dunque il ragazzo di cui si preoccupa Wanger? Subito deve far valere bontà…? No, sarebbe troppo presto. “È stato un cattivo scherzo che lei ha commesso; in tal modo si è autocondannato. Lo ammette?”

14. Fin dalla visita dei genitori, piegati dal dispiacere, molto del pensare ostinato si è sbriciolato. E’ oppresso giorno e notte dalla situazione dei suoi genitori. Lo sguardo della madre gli ha quasi spezzato il cuore. Lui mormora: “Non lo dovevo fare, volevo solo una volta vivere senza preoccupazione, come l’altro, il...”.

- “Chi è l’altro?”

- “Il figlio di un proprietario di fabbrica, molto ricco. Questo mi ha stuzzicato”.

15. “Il giovane uomo vive alla grande?”

- Vilpart tace. Se lo afferma, il suo atteggiamento si potrebbe comprendere.

- “Nessuna bugia!”, dice acutamente il ministro.

- “No”, suona titubante. “ma può permettersi tutto”.

- Ora Cruzziano parla in modo paterno: “Ci si chiede se lo faccia anche. Altrimenti, allora, lei sa che nonostante il patrimonio si deve risparmiare. Se invece è avaro...”

- “No, lui ha...”. vuole interrompere il prigioniero.

- “Lei è stato aiutato spesso?”

- Vilpart annuisce e fissa il pavimento. Questa cella, niente altro che la dura branda, …non sa se si deve coricare sulla sottile coperta oppure coprirsene.

16. “Ha ancora i genitori?”, chiede intenzionalmente.

- Di nuovo questo silenzioso, rigido annuire, e poi, …una lacrima gocciola sulle mani fredde. La cella è sempre fredda, un buco nella roccia. “Non si è mai reso conto che lei avrebbe preparato ai suoi genitori, miseria e paura?”

- “No, solo qui…”. Un povero sguardo intorno alle pareti ruvide, scure. “Ora è molto difficile”.

17. “Non è facile cambiare, caro ragazzo”.

- Che cosa? Il manigoldo, un ‘caro ragazzo’? Mestosani ghigna. Invece il direttore si sente toccato. Una buona parola nel tempo giusto può operare miracoli in un uomo rovinato, in, …in futuro penserà sovente al ministro. Come se costui sentisse il pensiero, come lo può Wanger, guarda il direttore gentilmente annuendo.

18. “Porti il prigioniero fuori di qui, e questa cella”, indica apertamente il disprezzo, “non sarà mai più usata! Spero che l’ordine non venga disatteso”. Quest’ultima cosa è detta a bassa voce, Vilpart non la sente. Ma pensa che il gentile uomo stia al di sopra dell’odiato Mestosani. Costui ha cacciato il padre, gli ha assegnato la cella più misera, ha…

19. Il visconte gli dà la mano. “La sua azione ha bisogno di espiazione. Impari come si deve vivere onorevolmente”. Davanti a quest’uomo, Vilpart ha conquistato un improvviso rispetto. Piega il suo ginocchio, come se fosse in una chiesa. Cruzziano si volta rapidamente. Attraverso il medico ha imparato che con la bontà si ottiene molto di più che con la sola severità, anche se fosse davvero adeguata.

20. Il direttore fa un cenno al guardiano: “Cella 88!”. Mescaru arraffa il suo fagotto dal pavimento umido. Chiede al guardiano chi fosse stato quell’uomo.

- “Ha una grande fortuna, Mescaru, questo è il ministro della giustizia”.

- “Lui era…?”.

- Il guardiano annuisce.

- “Come mai che io, che lui…”. I pensieri ondeggiano su e giù, e come opera in modo gentile la cella chiara, allora in lui sorge il meglio. Si sente quasi felice. “Lei è stato buono con me”, sussurra, “non lo dimenticherò mai”.

- “Ebbene, qui…”, dice il guardiano in modo rude, “…ecco una sigaretta. Certo, non lo devo fare”.

- “Non la tradisco. Molte grazie!”

21. Nel frattempo, i signori sono ritornati nella stanza di Mestosani. Il Minisistro comincia subito a parlare: “Miei signori, c’è molto da cambiare. Rimprovero che un giovane ancora a metà ragazzo, che si è smarrito per non conoscere la vita, viene così maltrattato”. Leva le due mani in rifiuto, quando Mestosani vuole contraddire. “Chiudere un ragazzo in un buco da medioevo! Entro mezzo anno si sarebbe procurato una polmonite. Vedo che è necessaria una riforma più ampia. Tali condizioni non devono più esistere. Come stiamo allora nella storia del mondo?”

22. “Ma signor ministro…”, Mestosani si procura l’ascolto, “…in certi Stati...”

- “Non si divincoli”. Il visconte diventa cattivo. “Vuole guardare in basso? E’ più adeguato orientarsi secondo i miserabili? Fine del dibattito! L’ordinanza è da eseguire in breve! Non per nulla…”, sminuisce di nuovo un poco, “…lei non è l’unico fallito, tuttavia il peggiore”. Guarda di nuovo l’orologio.

23. “Sono di nuovo qui alle tre, tenga a disposizione i signori”.

- Si accompagna il visconte all’uscita.

- Il direttore è soddisfatto; quello che voleva cambiare, lo ha impedito Mestosani, che ora mastica la sua ira. Nei confronti del ministro non ha nessuna possibilità; quello che viene ‘dall’alto’, è da eseguire, altrimenti…

24. Per ‘insaponarlo’, fa mettere il personale in ghingheri. Devono essere nella sua stanza già prima delle tre.

- Cruzziano entra puntualmente con un ufficiale superiore che ha avuto l’onore di aspettarlo alla porta. Tutti i signori insieme alle signore stanno allineati quasi come soldati, mentre Mestosani va velocemente incontro al ministro. Cruzziani ride fra sé, ha solo troppo facilmente compreso il gioco del prefetto.

25. “Qual pompa magna”, dice gentile. Si presumeva che si sarebbe distanziato; ora si rivela come semplice uomo allegro. Con questo, conquista tutta la gente che attraverso alcune osservazioni sparse dal prefetto, lo guardava con una certa paura. Questo gioco, Mestosani lo ha anche perduto. Lo sente precisamente, ma non gli si vede la sua rabbia.

26. Il ministro ride. “Dato che vi siete vestiti così a festa, oggi avete il giorno libero, e alla sera siete miei ospiti. Le sta bene, signor Mestosani?”

- Ma quale… Naturalmente non gli rimane proprio altro che dire ‘sì’ con ringraziamento. Fra il personale scoppia una aperta gioia ed un piccolo sarcasmo per il loro capo.

27. “Il ministro lo ha magnificamente avvolto”, dice uno al direttore. “Credo che oggi succede ancora qualcosa per via del signor Mescaru. Allora si è punto da solo con la spina”.

- “Certamente”, risponde costui e racconta confidenzialmente che cosa era successo nella prigione.

- “Non ne parlo”, assicura il funzionario, “ma un poco alla volta la faccenda si saprà”.

- “Allora viene da sé che cosa porterà già la ricostruzione del nostro reparto prigioni medioevali”.

28. Nel frattempo Cruzziano offre al prefetto un caro sigaro. “Hm, non è permesso fumare, Ora, le eccezioni confermano la regola, non è vero? … Sì, …un’altra cosa che ho pure notato: mi è sembrato come se il suo direttore avrebbe voluto migliorare il suo reparto. Ha già espresso una volta qualcosa su ciò?”

- “Certamente, ma i nostri mezzi erano troppo esauriti”.

29. “Perché non si è rivolto al Ministero?”

- “Per via dell’interno? Soprattutto perché era stata data la parola: risparmiare! Provvisto con la sua firma, signor ministro!”

- “Certamente nel posto sbagliato? Una richiesta non le sarebbe costata la testa, e un interno – questo nell’insieme riguarda la giustizia. Oppure no?”

- Le guance di Mestosani si arrossano. “Non la vedo diversamente. Ma se ogni istituto si deve rivolgere al Ministero per ogni piccolezza, allora per questo dovrebbe stabilire un proprio dicastero. Inoltre, noi piccoli siamo da mettere alla pari dei bambini minorenni”.

30. Il visconte sorride dello scoppio d’ira. “Come ci si sente, così si è anche, dice un vecchio verbo. – Ebbene, passiamo sopra alla faccenda nella discussione, non nel mio ordinamento”. Pronunciato in modo specificamente sottolineato. Il prefetto preferirebbe rimanere lontano dall’invito alla sera, ma questo non lo potrebbe mai più riparare.

31. “Abbiamo ancora un po’ di tempo. Ho chiesto al servitore del tribunale di rimanere a disposizione”.

- Mestosani inghiotte. ‘Chiedere, invece di ordinare…? Il ministro sembra essere un uovo alla coc. Lui, il prefetto, avrà con lui un gioco facile’. – Quanto si ingannerà amaramente!

- Cruzziani ordina al servitore del tribunale di portare gli atti del personale, …tutti.

32. “Recentemente lei qui ha avuto un nuovo ingresso”, Cruzziano alza la cartella sottile. “E per questo è stato licenziato un’altro?”

- “Sì, un signor Mescaru”.

- “Dov’è la cartella? Ah, …aspetti! E’ appunto lo stesso nome del ragazzo che ho tolto dalla sua cella infetta?”

- Ora Mestosani diventa pallido. Ma si riprende e dice come a caso:

33. “E’ il figlio del funzionario licenziato”.

- “Mi dia la sua cartella!”

- A Mestosani non rimane altro che andarla a prendere lui stesso, dato che l’aveva posta separatamente. –‘Qual ficcanaso! Per fortuna vi ha scritto solo cose buone: diligente, coscienzioso, puntuale e, alla fine, l’annotazione: Licenziato anzitempo per malattia’.

34. “Il signor Mescaru è così malato, che non si è pensato alla ripresa?”

- “Lo credo proprio”, suona titubante la risposta. “Era già stato malato temporaneamente”. E’ vero.

- “Mi occuperò personalmente di lui, perché – come sembra – era meritevole. Ha disposto che abbia una cura? Mi avrebbe dovuto mandare subito la cartella con la circostanza del licenziamento, lo si avrebbe potuto spostare dopo una cura”.

35. “Il licenziamento ha la data solo dell’ultima fine del mese”, minimizza Mestosani.

- “Nonostante ciò, questo era da regolare”.

- “Non c’è quasi più scopo; i Mescaru vogliono lasciare la città per via del loro figlio, che è comprensibile”.

36. “Questo è del tutto sbagliato”, interviene il visconte. “Poiché i genitori abbandonerebbero il loro figlio?”

-  “Non mi immischio”.

- “Mi sembra poco onesto il tutto, c’è certamente qualcosa dietro. Voglio sperare che Lei non sia l’autore di un’ingiustizia. …Oppure magari sì?”. E diventando più duro:

37. “Oggi mi è stato riferito qualcosa. Il signor Mescaru non è assolutamente malato, lei lo ha semplicemente cacciato all’istante per via di suo figlio. Non licenziato, ben inteso!”

- “Come si chiama il …”, ‘pezzente’, gli sarebbe quasi sfuggito al prefetto, “…l’uomo, che le ha raccontato una favola?”. Pensa a Wanger.

38. “Il nome non ha importanza, soltanto… Per via di un privilegio ho chiamato il signor Beocana, e suo figlio è venuto nell’hotel, per portare un invito. Roberto Beocana teme per i genitori del suo amico, anche se questo giovane fannullone non è buono”. Tace ancora il nome di Wanger e la sua visita. “Che ne dice?”, chiede provocando.

39. Mestosani si raschia la gola. “La gente giovane esagera volentieri. Roberto Beocana ha parlato dal suo punto di vista. Chissà che cosa passa intra muros? Devo appendere l’interno alla grande campana?”.

- “Sembra che vi si sia appeso da solo”, suona stranamente duro.

40. “Lei doveva proteggere il signor Mescaru. Un tale ancora mezzo ragazzo, la prego, deve veramente stare ancora davanti al tribunale dei minori! Ma lei lo ha condannato come se avesse già ammazzato molte persone ed ha messo molto a rischio la salute di un giovane. Anch’io devo spingere da parte questo solo ‘intra-muros’? Oppure devo portare la faccenda davanti al Ministero?”

41. Il prefetto diventa piccolo. A fatica si arraffa. “Agisca lei, signor ministro, come lo ritiene giusto. Ma si ricordi: un funzionario di giustizia, il cui figlio è in prigione, come lo dovevo proteggere? Era bene che fosse sospeso per via del ‘parlare alle spalle’. Se lui stesso avesse dato il congedo, allora mi sarei risparmiato molto.

42. Chi è del tutto libero da errore? I miei funzionari dovrebbero essere puliti, perciò avevo...”

- “...ha buttato subito fuori il signor Mescaru!”. Il ministro è ora seriamente iracondo. Senza Wanger agirebbe a svantaggio del prefetto.

- “Oh, buttato fuori è una parola dura”, cerca di sminuire Mestosani.

- Il visconte fa un cenno: “Licenziare per via di malattia potrà valere per una presa di visione più tardi. Altrimenti… Non se la cava così a buon mercato! Non osi andare contro Mescaru, per coprire se stesso; con ciò si metterebbe del tutto a nudo!”. Cruzziano si costringe alla calma.

43. “Voglio vedere, come si può aggiustare la faccenda, …per lei, perché Beocana si è preso cura di questi poveri genitori. Molto lodevole! Il perdono cristiano ha riportato la vittoria”.

- Mestosani tira su le sopraciglia. Il ministro è un cristiano? Ma è assurdo!

44. “Lei può ridere, Mestosani. Proprio come funzionario della giustizia, credo nella Bontà di Dio!”. Racconta la vicissitudine lontana nella foresta, senza menzionare Wanger. “Allora mi sono visto alla fine della mia vita. Non mi potevo proprio difendere contro il maschio di un elefante. E poi all’improvviso l’aiuto di Dio!

45. Anche il medico bianco crede in Dio, e lontano dalla civiltà ha creato per i suoi fratelli neri un’isola, una comunità cristiana. Là non esiste cattiveria, nessuna perfidia, tutti vivono in pace. Là, signor Mestosani, la mia anima è guarita, perciò La voglio aiutare. Il mio primo aiuto è per Mescaru, che ha trattato in modo inaudito.

46. Se oggi io fossi ancora senza sapere della Bontà di Dio, allora per lei le cose starebbero molto male, poiché lo dica lei stesso: – Il suo comportamento può avere per conseguenza, solo il licenziamento. Soltanto, io non lo farei come lei, …anche senza fede. Spero che in futuro lei agisca diversamente. Pensi che non mi fossi accorto che i suoi subordinati non la amano particolarmente e certi sono persino impauriti? Ma è questo forse un rapporto di giustizia, quando nel ‘intra-muros’ abitano paura e spavento?

47. Io faccio venire da me il portiere e il piccolo aspirante, non diversamente come il mio collaboratore più vicino. Un sano clima di casa e di lavoro è il focolare sul quale si può cucinare tutto. Ciò che trabocca, lo si mette da parte; ciò che è buono, lo si divide con ognuno. Forse si ricorderà di questa regola di sapienza.

48. Non voglio rovinare nessuno. Colui che fa un’ingiustizia, gli si può parlare alla coscienza; questo è un dovere di uomo e anche di un cristiano. Ma non quest’ultimo da solo deve valere. Chi opera dalla coscienza umana, agisce bene! Mi dia la sua mano, prefetto, senza ira. Chi è iracondo, perde la chiara visuale!”. Pedro de la Cruzziano stende la destra, e Mestosani la prende anche. Si sente liberato? Ah, no. Lui è un uomo, che trova l’errore in ognuno, ma solo, non in se stesso. Malgrado ciò – anche a suo onore – le parole del ministro lo hanno avvertito.

*

49. Mestosani si siede nella poltrona, si scervella ancora a lungo, e il suo oscuro pensare si illumina un poco. Lui sa, ha concluso malamente e sarebbe volentieri andato da Mescaru, perché lui avrebbe appunto, proprio riparare la faccenda. ‘Ora, non subito’, dice fra sé, ‘ci sarà l’occasione, e… per me il Vilpart può andare a casa tutto un giorno, per me con il Wanger.

50. La cosa con il medico della foresta vergine e del sacerdote sembrava, come se si trattasse proprio di lui. Ma se fosse, non si stupirebbe se costui ha cambiato il Cruzziano, per salvare me. Hm, salvare è una parola stupida e Wanger è per me un nemico; lo ha anche sentito. Perché dovrebbe mangiare per me la minestra? Follia! I due non si conoscono mica! Nessun lustro. Questo era la meta e la volontà di Cruzziano’.

51. Parla con se stesso, con frasi spezzate, andando avanti e indietro. Si ferma alla finestra larga, fissa il primo crepuscolo della sera e…”. Ah, ecco, l’invito. Si spettegolerebbe, se rimanesse lontano”. Lo deve fare, come se fra lui e il visconte ci fosse la migliore intesa. Se ne va, è bene se entra per primo nell’Hotel.

 

 

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Cap. 11

La grande cena all’hotel – Il ministro va dai Mescaru – Il pranzo coi Beocana

1. Il ministro comunica a Beocana che potrà venire solo la sera seguente.

- “Mi sta bene”, dice il fabbricante. “Il signor Wanger ha chiamato da fuori che ritornerebbe domani”. “Bene, signor Beocana, molte grazie!”

- “Ma la prego, signor ministro...”.

- “...fra di noi, solo Cruzziano”, ride costui attraverso il telefono.

- “Volentieri, se posso”, risponde l’altro.

2. Anche Beocana tiene un discorso con se stesso. ‘Un uomo fine, per nulla orgoglioso, come si danno certi signori. Hm, così ero anch’io. Wanger ha tolto il dente marcio e non ha fatto male. Non si finisce mai di imparare! Ho pensato che con me, tutto fosse ‘rotondo’: ricchezza, capacità, buona reputazione e quel che il mondo offre. E non sapevo ancora nulla del meglio. Sono veramente lieto che Wanger mi abbia messo Dio davanti ai piedi, …come Barriera: ora si torna indietro!’

*

3. Inizialmente gli ospiti del ministro sono molto impacciati. Quando mai è venuto una volta da loro un grande animale? Ma ‘costui’ elimina ogni impedimento. La gentilezza aperta, e per ognuno una domanda per la propria casa, scioglie ogni lingua. Il buon cibo e un leggero vino aumentano gioia e fiducia.

4. Qualcuno comincia già a chiedere come si sarebbe da comportare in una faccenda. Ci sono problemi con il vicino. Soltanto, non lo vorrebbe denunciare. “E fa bene!”, conferma il ministro. “Con i vicini è facile avere problemi. Ma superi il suo dispiacere, anche se è giustificato.

5. Non si faccia accorgere dell’offesa; inoltre, tali cose non sono degne di arrabbiature. Se poi la gente nota che il tutto non la tocca, smettono un poco alla volta da sé. In questo modo si conquista due cose: primo, lei si risparmia il suo dispiacere, che non serve nemmeno alla propria famiglia; secondo, è possibile che il cattivo vicino diventa con ciò pacifico.

6. Le consiglio persino di più: se risulta l’occasione che il vicino abbia bisogno di aiuto che lei gli potrebbe offrire, allora lo faccia. Non deve necessariamente essere subito, non oggi o domani. Sono convinto, ed io stesso l’ho già sperimentato, che dietro a questo si trova una Guida. Perché è la buona volontà che viene quasi sempre aiutata.

7. Vi permetto, miei signori e signore”, si rivolge a tutti, “di sussurrare alle mie spalle. Se mi venisse all’orecchio, non mi toccherebbe. Vi voglio dire una cosa: – Sta scritto:

«Amate i vostri nemici, benedite coloro che vi maledicono, fate del bene a coloro che vi odiano!»

8. Forse vi sono sconosciute le parole, soltanto…”, il ministro diventa molto serio, “anch’io dapprima ho dovuto impararle, dapprima ho dovuto vedere il pericolo della morte. Un saggio maestro che mi ha salvato, mi ha mostrato la via nell’autentica regione umana e cristiana. Mi auguro che il seme di questa parola, incisa da DIO, trovi anche in voi il buon terreno”. Lui tace un poco, e poi dice lieto:

9. “Ora vogliamo anche essere allegri. Autentica allegria è un Dono di Dio. Ora alziamo i bicchieri alla nostra giustizia e pensiamo…”, li si alzano spontaneamente, “…in prima linea diamo il privilegio al DIRITTO, affinché il ‘in dubbio ‘pro reo’ ottenga piena validità. In ciò sia sempre ricordata la circostanza che può condurre ad un’ingiustizia. Intrecciare questo nel giusto verdetto, sia la buona meta di noi tutti!”

10. Il visconte conosce bene le ‘personcine’, lui ha – come si suol dire – colpito nel cuore. Solo ora si diventa veramente lieti, e alcuni osano di brindare al ministro. Lui può essere molto soddisfatto di questa sera. Nel suo viaggio, questo è il primo posto dove è da registrare un pieno successo. Come lo si ha avuto? Pensa improvvisamente al medico, che è sacerdote e molto di più. A lui non deve solo la sua vita, ma anche il buon sentiero della fede, della conoscenza, della migliore umanità. E qui, in questa città…

11. Il direttore dice: “Signor ministro, quello che lei ha oggi insegnato, attraverso la parola e l’azione, ci rimarrà indimenticabile! Non ci sono - mi perdoni la mia franchezza – fra i nostri capi superiori, non molti che agiscono così come lo fa Lei. Ci sprona perciò ancora di più, ad imitarLa con fervore. La sua citazione è pienamente giustificata, si dovrebbe scriverla con lettere del Cielo su tutti i paesi! Chi segue questo, è un amico della pace; dove regna pace, là è anche DIO! La ringraziamo, signor ministro, che ci ha aperto gli occhi. Proprio nel tribunale questa Parola di Dio dovrebbe diventare la linea di condotta; allora sulla Terra le cose starebbero meglio.

12. Un inizio è sempre da fare in se stessi, e lo vogliamo fare ora, per il bene del nostro paese”. Si salta sù di nuovo, si brinda con i bicchieri e si beve all’ultimo sorso. Perfino i ringraziamenti di Mestosani sono impeccabili. Il proprietario dell’Hotel non ha voluto perdere di essere servizievole, attendendo nel separé, e ora aspetta di portare il ministro al suo appartamento.

13. “Non ho ascoltato intenzionalmente”, dice lui, “ma mi è molto piaciuto ciò che ho percepito,”.

- “Perché, ci ha servito lei stesso?”, chiede Cruzziano.

- “Per me è stato un onore”, risponde costui, “si ha esperienza nei lunghi anni della gastronomia. Perciò ho pensato che certe cose dell’interno avrebbero potuto essere discusse; allora era meglio che nessuno della mia gente aguzzasse le orecchie. E’ così umano, quando poi uno spettegola qui e là”.

14. Cruzziano dice: “Il mio cardo è stato tolto, ora il frumento ha aria libera”.

- Ci si augura una buona notte. Sua moglie è seduta nel salone e legge.

- “Sei ancora in piedi? Ma svelta, è quasi mezzanotte!”

- Juliane sorride: “Sono curiosa come una gallina. Com’è andata?”

15. “Bene! Mi dispiace che sei rimasta via; c’erano anche le signore della ditta”.

- “Era meglio farti vincere da solo. Ci sono sempre delle fauci cui piace spettegolare: ‘C’è dietro solo la donna!’.”

- “Devo vincere da solo anche dai Beocana?”, sorride sotto i baffi Pedro. “Chi te lo fa pensare! Inoltre, …se c’è l’amico Willmut, siamo comunque degli statisti”.

16. “Monello”, minaccia lei suo marito.

- “Per lui non esistono né divi né statisti. Sai, la faccenda non è stata del tutto così semplice. Ho dovuto abbattere qualche muro marcio; e riedificarli al meglio, non è sempre facile. Mi è sembrato, …ma non mi deridere! È come se avesse diretto il tutto Qualcuno invisibile”.

17. “Non c’è nulla da ridere, Pedro”, dice lei seria, “lo considero assolutamente possibile. Naturalmente”, limita, “non è da definire. Ci sono molte cose che esistono senza che uno se le può spiegare”.

- “Hai ragione”, risponde lui, “chiediamo a Willmut. Lui può dimostrare molto per il nostro stupore. Proprio su questa – come la si chiama – regione ultrasensoriale, lui è quasi un maestro”.

- “Non farglielo solo udire”, avverte Juliane ridendo, “e ora a letto. Sento che sei stanco”.

- “Oh, sì, lo sono, non era un giorno facile”.

*

18. Il mattino dopo, entrambi vanno dai Mescaru. Si ha soppesato di annunciarsi prima, ma si agiterebbero, e così non lo hanno fatto. Il giorno è bello. Nella passeggiata imparano a conoscere la cittadina che si trova fra mare e colline. Al contrario della metropoli, qui domina la calma. La gente non corre, non corrono le macchine, e il ministro fa un sospiro di sollievo.

19. “Mi piace il piccolo luogo”.

- “Anche a me”, conferma Juliane. “Ma non è molto piccolo”.

- “Intendevo solo al contrario della nostra città”. Presto hanno raggiunto la loro meta. Una casetta ordinata, il giardino è un piccolo paradiso. Si vede l’amorevole mano che cura il terreno.

20. Il visconte si ferma davanti, nell’angolo degli occhi scopre nel giardino adiacente un paio di ‘colli lunghi’. Lui dice intenzionalmente ad alta voce: “Una dimora pulita, vi abitano delle persone buone”.

- I colli lunghi diventano corti. Chi saranno questi signori che vanno espressamente dai Mescaru. “Loro sicuramente non sanno che cosa è successo qui”, dice uno.

21 .Nel frattempo il visconte suona.

- Mescaru apre. Lui non sa che cosa è capitato il giorno prima, e si stupisce della visita. “Con che cosa posso servire?”, chiede lui cordialmente. “Le vogliamo fare visita. Mi presento in casa”.

- Mescaru è la prudenza stessa, perciò la sig.ra visconte dice velocemente:

22. “Vi portiamo i saluti della famiglia Beocana e del signor Wanger”.

- Il padrone di casa fa entrare i forestieri, anche se non è scomparsa la sua preoccupazione.

- Juliane si guarda un po’ in giro. Arredato in modo pulito, solo un po’ modesto. Da funzionario medio la gente potrebbe abitare veramente meglio.

23. Il ministro si rivolge al padre di Vilpart: “Signor Mescaru, mia moglie ed io ci spinge da voi l’autentico ben volere. Dovete sapere che ieri sono stato nella prigione ed ho assegnato al vostro ragazzo un’altra cella. Anche se in prigione, che non si può evitare, ora però sarà assistito comunque così come è previsto per i minorenni”.

24. ‘Chi saranno questi estranei?’

- Cruzziano prende le mani dell’uomo, come se lo volesse sostenere e dice gentilmente: “E’ facile da immaginare quanto siete preoccupati sapere chi siamo. Ebbene, detto da una donna sarà più facile ascoltare certe cose”.

- Anche Juliane ha preso le mani della signora Mescaru nelle sue e la sua calda voce la tranquillizza:

25. “Mio marito è membro della Magistratura”, non nomina subito il pieno rango, “ed ha intrapreso un’ispezione. Nell’istituto penitenziario ieri ha già capovolto molte cose. Ah, che cosa, lasciano correre il cavallino”, dice lei allegra, “lui è il ministro della Giustizia”.

- Questa è una notizia come una bomba! Ma è da credere? “Lei, è il signor …ministro della Giustizia? Lei ha qui… intendo… come lo devo comprendere …che Lei…” Non riesce ad andare oltre.

26. Cruzziani spinge l’agitato sulla sedia. “Sono in stretta amicizia con il signor von Wanger; è venuto da me e mi ha riferito la faccenda. Nella sua cartella sta scritto per fortuna un’annotazione finale: ‘Licenziato anzitempo per malattia’. Non è vero!”, conferma lui, quando lo nega Mescaru, “Infatti, sembra essere altro. Lo teniamo in buon conto al prefetto, non è vero?”. Ora omette di raccontare come lo ha trattato, ma riferisce che adesso la prigione sarà rinnovata.

27. “Sarebbe disperatamente necessario”, lo interrompe Mescaru. “Il direttore lo voleva già da tempo; altri funzionari se n’erano adoperati. Ma il prefetto non ne ha mai avuto il denaro”.

- “Lo so; ma ora succederà”.

- “Oh, sì, con il suo sostegno, signor ministro, ma devo comunque sottolineare che non abbiamo abbastanza mezzi”.

28. “Come ho già sentito”, cambia discorso Cruzziano, “lei vuole espatriare con sua moglie?”

- “Sì! Anche se sembra come se ci volessimo allontanare dal ragazzo; ma io già so, signor ministro, la separazione lo porterà alla riflessione. Spero volentieri, con ciò ridiventerà un uomo buono”.

29. “Abbiamo fatto tutto per il figlio”, si immischia la madre, “ora sembra come se abbiamo fallito”. Lentamente una lacrima rotola sulla guancia scavata.

- Juliane abbraccia la moglie. “Non piangere”, prega. “Ogni uomo, soprattutto nella sua gioventù, inciampa oppure cade; perciò non deve necessariamente essere cattivo”.

30. Il visconte annuisce: “Si deve pensare agli errori della propria gioventù. Mi riservo la faccenda di vostro figlio; con buona condotta sarà rilasciato prima, oppure…”, riflette brevemente, “…come sarebbe, diciamo, entro uno o due anni, se si decide di accettare un lavoro presso il signor von Wanger? Da ciò risulterebbero più cose: viene rilasciato prima, impara a lavorare, diventa un uomo buono, e voi, suoi genitori, siete sollevati”.

31. “Sarebbe la soluzione migliore! Come la devo ringraziare, signor ministro, per la sua partecipazione? Mi sembra una favola; Lei personalmente da...”.

- “..uomo, che è fedele e onesto! Anche nella giustizia non ci sono soltanto agnelli bianchi. Per di più si deve pensare a coloro che sono un onore per la nostra professione. Non tollero ingiustizie nel mio circondario!”

32. La signora Mescaru cerca la mano del ministro, e prima che lui lo possa evitare, lo bacia, diventando rossa purpurea. Questo non è mai capitato al visconte.

- Lui stesso diventa rosso, mentre Juliane dice: “Posso comprendere la sua azione impulsiva, signora Mescaru, è la liberazione dal grave peso. Ebbene, Pedro”, dice lei intenzionalmente allegra, “ti sei pescato una corteggiatrice”.

33. Lui si alza all’improvviso. Quelle persone semplici non riescono ad afferrare il perché il ministro vuole portare ad una buona fine la loro delicata faccenda. Così è da comprendere lo spontaneo bacia mano.

- “Ah, è così”, si siede di nuovo, “voglio raccontare ancora qualcosa”.

- “Di Pluto?”, interviene Juliane. “Sì, allora anche i Mescaru comprenderanno in quale modo siamo buoni amici con Wanger”.

- I genitori di Vilpart ascoltano stupiti la storia.

34. “Il signor von Wanger è un uomo raramente buono”, dice lei. “Quando è venuto da noi mi è sembrato come se...”.

- “...veniva un messaggero di Dio”, la completa l’uomo.

- “Precisamente!”, conferma Juliane. “Mi è successo proprio così quando l’ho conosciuto. Ha aiutato anche noi a trovare il dovere più alto dell’obbligo dell’uomo e del cristiano”.

35. La posso…?”. Lui, Mescaru, non può offrire al ministro un vino a buon mercato.

- “Fuori con l’offerta!”, smorza Cruzziano la timidezza dell’uomo. “Beviamo volentieri un bicchiere di vino leggero”. Il padrone di casa va a prendere diligentemente una bottiglia dalla cantina e i bicchieri dall’armadio, che lei pulisce con fervore, anche se non vi si vede nemmeno il più piccolo filino.

36. I Cruzziano sentono quanta fatica i Mescaru si sono dati per il figlio, quanto avrebbero risparmiato per lui.

- “Non glielo diciamo”, spiega il padre, “conosciamo il suo genere leggero”.

- “Avete fatto bene”, loda il visconte. “Nella stazione della missione in Europa vi sarà tutto più facile”.

- Con poche parole, per di più con ringraziamento muto, Mescaru stringe la mano al ministro e Lanny a sua moglie. Dal recinto guardano andar via gli alti ospiti, che fanno ancora cenno all’ultimo angolo della strada.

*

37. Piangono lacrime di gioia. Oh, Wanger è un messaggero di Dio! Presto si sa in giro chi è stato oggi dai Mescaru; quindi la foglia si gira. Autenticamente umano! I vicini salutano di nuovo gentili e la signora Lanny viene servita particolarmente bene nei negozi. Allora vogliono dimenticare volentieri il male e – naturalmente come sono – non rimangono riservati.

38. A mezzogiorno i Beocana mangiano nell’Hotel, per ‘approfittare’ degli ospiti, come si suol dire, strizzando l’occhio.

- Cruzziano reagisce subito: “Aha, devo affondare la mano in tasca? Lo deve pagare ‘padre Stato’, se il conto è particolarmente alto”.

- “O povero signor ministro”, dice Marita scherzando, “Le posso prestare qualcosa dal mio argent de poche”.

- “Marita!”. La signora Beocana guarda scandalizzata sua figlia.

- Cruzziano ride: “Questo mi piace. Per il prestito, invito la cara ragazza da noi per le ferie”.

- “L’insolenza viene ricompensata?”. Anche il padre s’inquieta.

- Invece Roberto sopprime la sua allegrezza.

39. Juliane salva la ‘scivolata’ della famiglia. “Sapete, noi siamo messi alle strette troppo sovente dalle rigide formalità della società, che comporta da sé la posizione di mio marito. Siamo molto lieti di sfuggire di tanto in tanto alla costrizione. Ma è stato detto caramente da sua figlia. Possiamo, mio marito ed io, aspettare Marita durante le ferie?”

40. “E’ troppo onore!”, risponde Beocana.

- Marita si stringe alla madre. “Non essere arrabbiata, mi era sfuggito, così”.

- “Sei appunto sfuggita al mio castigo, un’altra volta chiudi il tuo becco verde”.

- “Questo è rosso”, corregge Roberto, “inoltre anche autentico, senza trucco!”

- “L’ho notato subito; nemmeno io mi trucco, e per mio marito sono abbastanza bella nella naturalezza”, dice la sig.ra visconte.

41. “Naturalmente ci sono certe cose che si possono usare”, aggiunge lei. “In genere una pelle invecchia più rapidamente quando viene appesantita da trucco e simili cose. Viene bloccata la respirazione dei pori e così la pelle raggrinzisce”.

- “Ma ci si deve proteggere dalla forte influenza del Sole”, interviene la signora Beocana.

42. “Certo, ma questo non ha nulla a che fare con l’inganno della cosmetica”. La signora dà ragione alla sig.ra visconte e per il futuro intende vuotare un poco il suo tavolino da trucco.

- Roberto nel frattempo dice alla sorella: “Sono contento del viaggio per le vacanze; ma non volevi far visita al signor Wanger?”

43. “Lo faccio nelle seconde vacanze, se lo permettono i genitori”.

- “Loro hanno già acconsentito, piccola, ed io sono contento quando saremo insieme dai cari neri”.

- “Voi volete avere solo delle ferie?”

- “Ebbene sì, papino”, lo adula sua figlia. “Roberto deve appunto andar via; quello che impara dal signor Wanger è a vantaggio della tua fabbrica. Quando noi due ci siamo inseriti del tutto, allora fai con la nostra mammina una volta una grande vacanza”. Lei sorride al visconte:

44. “Ed io vado con il signor Cruzziano nel Ministero ed imparo a scrivere gli atti. Dalla buona sig.ra visconte imparo a tenere chiuso il mio becco verde rosso”.

- “Questo sarà allegro!”. Il ministro stringe Marita al petto.

- Pagando, Beocana dice: “Ricambierò una volta, signor ministro”.

- “Ah, da noi ogni rigidità è eliminata”.

- “Ho di nuovo dimenticato”, si scusa il fabbricante. “Questa sera sarete i nostri ospiti, e vi prego anche domani a mezzogiorno. Quanto tempo rimanete ancora?”

45. “Solo ancora fino a domani; dopodomani mattina partiamo. Oggi pomeriggio sono ancora una volta nel tribunale, là devo ancora continuare a pigiare un po’ sull’acceleratore”.

- Roberto e Marita battono allegri le mani. Loro e i loro genitori hanno conquistato il visconte e sua moglie, non si vantano della loro posizione.

 

 

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Cap. 12

Alla villa dei Becana la cena con il medico-sacerdote

1. Nell’ufficio si procede più facilmente di quanto si fosse pensato prima. I funzionari dimostrano al visconte la loro fiducia.

- Mestosani sopprime l’ira. Può essere davvero contento che non è successo nulla di grave, allorquando le disposizioni del ministro – lo ammette – erano anche necessarie.

*

2. Alla sera Cruzziano va con sua moglie molto sollevato nella villa. All’ingresso sta il servitore pronto a riceverli e al portone c’è la famiglia con il signor Wanger che era arrivato. Per via del personale ci si saluta formalmente.

- Il ministro ride: “Sì, sì, quando arriva il ministro!”

- Marita compie un profondo inchino.

- “Come dagli imperatori”, imita la sig.ra visconte, e bacia la ragazza. Nel salone si danno ancora tutti la mano; si dà valore alla cordialità che li lega.

3. Dopo la cena ci si ritira nel boudoir di Juanita.

- “Ora sono curiosa di cosa ha da comunicare l’amico Willmut”, dice Juliane.

- “Hm, costa uno sforzo”, pensa suo marito, “perché non è facile viaggiare fuori nel mondo senza sapere dove si arriverà”.

- “Il signor von Wanger viaggia intorno alla Luna e ci porta sul Sole!”

- “Bene, Roberto”, loda il padrone di casa suo figlio, “anche se mi sento come il signor Cruzziano”.

4. “Ma così non va più”, dice lo stesso. “Con Willmut siamo uniti in amicizia, ma non con i cari ospitanti. Come sarebbe se oggi facessimo amicizia?”

- Il signore e la signora Beocana si tengono indietro: “Non si può mica…”

- Marita dice inaspettatamente: “Non si può mica dire ‘tu e Pedro’ al signor ministro. Nemmeno semplicemente ‘Juliane’ alla sig.ra visconte”.

5. “Ma perché no, bambina mia?”, chiede lei. “Voi tutti avete sicuramente notato che mio marito ed io evitiamo talvolta perfino troppo volentieri la rigida etichetta, e ci rallegriamo quando troviamo degli autentici amici. Questi – intendo – li abbiamo trovati in questa casa. Oppure no?”.

- Cruzziano annuisce grato a sua moglie. Lei trova quasi sempre le parole giuste, quel ponte che lui vorrebbe fare volentieri verso ogni uomo, anche se per via della posizione deve evitare purtroppo certe cose. Ma qui?

6. Il Signor Wanger lo rende semplice, ‘come nella foresta’. “Io sono Willmut, con il ‘tu’; chi dice ‘sì’ a questo?”

- Pedro esclama spontaneamente: “Io potrei impiegarti nel Ministero, troppi sono malati della loro elevatezza. Per me dico subito ‘sì’ e la mia Juliane segue coraggiosa. Naturalmente non voglio calpestare la scodella della minestra, come Pluto”. Questo scioglie la timidezza. Sono contenti perché hanno l’amicizia con il medico, con il sacerdote e con molti altri ancora, con il ministro e con la sua graziosa moglie. Quindi il padrone di casa accetta:

7. “Accettato con ringraziamento e gioia! Ho solo pensato che...”

- “Chiacchiere”, interviene Cruzziano, “qui siamo uomini e nient’altro! Chiedi a Willmut che cosa ne pensa”.

- “Idem! Naturalmente ci si deve dare in modo diverso nei diversi cerchi, se non si vuole rovinare di più che conquistare. Con il Mestosani non sarebbe possibile questo patto. Mentre non è altro che un uomo come il suo portinaio alla porta”.

8. “Giusto! Ma ora manca qualcosa. Alfons, dov’è la buona goccia per concludere l’amicizia’! Willmut dice, mentre il padrone di casa suona il campanellino: “E’ una bella usanza di alzare i bicchieri. Tuttavia, …è un segno esteriore; il patto interiore che viene dal cuore, non ha bisogno dell’esteriore. Ebbene…”, i bicchieri sono già riempiti, “…brindiamo alla nostra amicizia”.

9. Roberto e Marita bisbigliano: “Non possiamo darci così del tu, questo non va davvero”. Dire zio e zia, a loro non piace.

- “Perché?”, chiede Wanger, come se avesse sentito il bisbiglio. “Voi siete giovani e così potete mantenere il rispetto. Io sono lo zio Willmut; tutti i miei neri mi danno del ‘tu’, non lo conoscono diversamente. Come Pedro e Juliane vogliono essere interpellati, glielo dovete chiedere voi stessi”. Per il sollievo della gioventù si mantiene il ‘tu’.

- Marita giubila, mentre Roberto, più calmo, bacia galantemente la mano alla nuova zia.

10. All’improvviso è come se il loro mondo fosse sprofondato; essi percepiscono formalmente come se li circumfluisce ‘qualcosa d’altro’. Procede da Wanger, ognuno se ne rende conto: ora arriva la parte migliore, che libera dall’inebriamento quotidiano. Lo si guarda, il cui sguardo si alza e conquista come un bagliore lontano. La sua voce desta nostalgia, tranquillizza, eleva, è …un megafono di Dio. Un sorriso fugge sul suo volto quando comincia:

11. “L’uomo è meno incline ad imparare da un episodio qualcosa di più alto. Un avvenimento insegue l’altro, perché l’uomo di oggi è estremamente egocentrico. Non sempre in modo consapevole, lo si trova nel corso dei secoli. Soltanto, …non lo ha richiamato il tempo, come si può sentire erroneamente. Il tempo è un Dono di Dio e sta scritto: ‘Utilizzate il tempo finché è giorno’.

12. Il tempo, quasi sempre sprecato, ci dà quella possibilità di riconoscere noi stessi. La conoscenza è paragonabile con ‘il giorno’. Quando sfugge la notte, si dice volentieri: ‘Si fa giorno!’. Possiamo di nuovo vedere, possiamo percorrere le nostre vie, compiere il nostro lavoro e molto di più. La notte, come dono coperto di benedizione di Dio, ci fa rinvigorire nuovamente, senza il quale durante il giorno non si potrebbe creare niente di giusto. Ma chi abusa del giorno, perde la Benedizione della notte.

13. Chi si fa guidare dallo spirito, sa che dietro tutto, persino la cosa secondaria, sta una santa buona Guida. Chi altro se non il Creatore conduce la creatura alla Sua mano di Padre? Per voi amici è un mistero; ma misteri sono la evidente Guida di Dio! E così ascoltate, allora voglio spiegare qualche punto che è risultato da quando ci siamo conosciuti.

14. Io sapevo in anticipo che sarei venuto in un luogo dove doveva avvenire una nuova ‘irruzione di Luce’ . Roberto ha imprecato del mio uomo-medicina; lui non poteva proprio sapere che ci sono cose che sono da pensare al di fuori dal regno mondano. Lui non è per nulla l’unico che pensa così, perché il trascendentale è proprio incomprensibile. Non è alla superficie della vita!

15. Prima del mio viaggio, l’uomo-medicina ha detto. ‘Dottore, tu percorri una lunga via e troverai uomini che hai da aiutare. Non con il bisturi, ma con la candela. Incontrerai persone giovani dei quali uno sa, l’altro è oscuro. Ci hai insegnato, che il colore della nostra pelle non è determinante, ci hai guidato a Dio, quindi Dio guida te.

16. Conoscerai persone grandi…’”, il medico tace, poiché il nero ha detto: ‘interiormente sono piccoli’, “…e loro troveranno Dio che hanno un giorno hanno perduto. Porterai uno oscuro in prigione, ma l’arresto sarà la sua liberazione per l’anima. E dopo ritornerai da noi con una nave riccamente caricata, dalla regione della Luce. Porterai anche qualcosa per noi e per il tuo lavoro. Dio ti accompagna, e i miei pensieri ti seguono sulla via’.

17. Lui fin dall’inizio era il migliore della tribù dove la vita mi ha portato. Lui è intelligente, benché c’era prima qualcosa da pareggiare. Tre volte, come mi ha confessato, sono venuti dei bianchi nella regione; purtroppo non molto buoni, che si sono dati come padroni. Ma hanno dovuto andare via rapidamente. Quindi è comprensibile, che dapprima sono stato ‘annusato’, quale bianco io fossi.

18. Avevo con me anche due studenti di medicina, un tedesco e un baltico. Dato che per l’inizio eravamo equipaggiati al meglio, ci siamo messi a lavorare, abbiamo abbattuto alberi, abbiamo fabbricato per noi una capanna e dopo la stazione medica, che nel frattempo è stata rinnovata. I miei neri hanno presto compreso che noi potevamo aiutare loro. Gli studenti sono ora i miei assistenti.

19. Ma anche due neri sono abili e diligenti. E se voi sapeste quanto coscienziosamente provvedono al loro servizio le assistenti… Da noi non esiste un breve tempo di lavoro, ma io provvedo per le ore libere e per i lieti festeggiamenti. I miei neri ne hanno bisogno, perché dopo diventano ancora più attivi.

20. Come si sono rallegrati quando ho aiutato loro a costruire buone capanne, quando ogni volta abbiamo appeso una corona sulla porta della capanna che poteva essere presa in possesso. Abbiamo quasi una piccola città. Da rilevare, dovete sapere, quanto è stato edificato negli ultimi anni. Perché quando Pedro ha conosciuto il nostro Pluto, tutto aveva ancora un aspetto misero”.

- Il ministro annuisce confermando.

21. “Ora ritorno a ciò che deve coniare la nostra serata. Voi avete riconosciuto che non ci ha fatto incontrare il caso, ma che il principio conducente è stato la Potenza della Luce. E così si spiega da sé che tutte le vostre domande non sono sorte dal ‘caso’.

22. Domande che vogliono illuminare l’incerto nell’uomo, sono la spinta del nostro spirito; per quanto non lo si riconosce subito. L’uomo respinge, non vuole essere deriso, schernito. Si ritira nella sua casetta da chiocciola e le domande sono la ‘testa’ che di tanto in tanto guarda con prudenza fuori dalla casetta.

23. Alfons mi ha prima domandato perché proprio lui ha avuto l’aiuto che potevo portare io. Una buona domanda; in questa c’era l’umiltà che si deve testimoniare a Dio. L’umiltà non è l‘essere sottomessi, nessuna onta, come purtroppo viene considerata. Essa nasce dalla libertà della Luce e non ha nulla a che fare con l’atteggiamento umano.

24. Alfons era un ricercatore; solo che lui stesso non lo sapeva. Quanto è facile perciò che la mano di Dio ha fatto il buon laccio e da una cosa ne è sorta un’altra! Una domanda di molti quando li colpisce una disgrazia è questa: ‘Perché proprio noi’. Questo è quasi sempre una grande arroganza, perché: ‘se siamo uomini buoni, questo non doveva capitare a noi!’. All’uomo viene in mente di rado un ‘meritato’ .

25. Alfons ha chiesto se sarei andato solo da gente buona. Non aveva inteso se stesso. Ora Vilpart è un uomo cattivo, e lui, anche se con Roberto, l’ho incontrato per primo. Non i buoni, se vogliamo considerarci in genere come buoni, hanno bisogno di un appoggio d’aiuto, ma coloro che sono nello smarrimento. DIO aiuta, ed Egli si serve volentieri degli uomini per gli uomini!

26. Non perché Egli non lo potesse e come fosse nascosto per noi, no! Per quanto umanamente sia possibile, Egli ci educa alla prontezza d’aiuto per ciascuno. Nel ministero samaritano, per l’interiore come per l’esteriore, siamo collegati da noi stessi con Dio, ed Egli mette nella nostra mano l’abilità, la realizzazione.

27. Pedro ha anche interpellato degli spazzini, ha messo loro in mano qualche moneta e...”

- “Come lo sai?”, chiede costui stupito. Lo aveva fatto quando nessuno lo vedeva.

28. Wanger fa sentire la sua buona risata a bassa voce: “Allora il signor ministro se ne stupisce! Ma questa volta non è un miracolo. Me lo ha solo rivelato uno. Una volta sono venuto da voi con il taxi e l’uomo era al lavoro con fervore. Quando sono andato al cancello, ha salutato e me lo ha raccontato”.

- “Non lo so nemmeno io”, interviene Juliane, “questo è Pedro, ma a me piace così”.

- “Anche a me”, si annuncia Marita. “In ciò lo prendo a esempio”.

29. “Molto lodevole! Solo che non sempre è adeguato. Ma dimostrare a qualcuno che secondo il suo stato di vita si trova molto in basso, che non si deve essere vanitosi, che una persona è ‘uomo’ e nient’altro in ogni punto di vista, dev’essere un nocciolo della nostra autentica etica, una parte principale della nostra fede.

30. Dato che voi amici conoscete ancora poco la Sacra Scrittura, ne cito una parola: «Il più grande tra di voi, deve essere il vostro servitore!» (Matt. 23,11). Purtroppo, in questo si comprende un grossolano lavoro, la dipendenza da altolocati mondani. In un certo punto questo è vero, ma dipende se l’altolocato lo fa pesare al servente oppure se riconosce il suo lavoro.

31. Riflettete su questo: – Il Creatore che ci ha creato, e non vi è nulla che non è venuto dalle Sue mani, è il più grande Servitore che sia mai esistito e che ci sarà. Egli ci ha servito con la Sua Potenza, quando ci ha dato la vita; Egli ci ha servito, prima che esistesse la materia, quando Egli ha chiuso la grande circolazione per il Suo popolo-figli, dopo che una figlia dal popolo (spirituale) era uscita dalla circuito della Luce.

32. Egli ha servito quando è disceso sulla Terra come Uomo. Egli ha aiutato in ogni tempo, sacrificando Se stesso sul Golgota come, possiamo chiamarLo, come Servitore conclusivo, affinché tutti gli smarriti ridiventassero liberi e beati attraverso quel Sacrificio. Ed Egli ci serve ancora oggi, ogni giorno, ogni ora, essendo sempre pronto ad aiutare!

33. Per noi è quel posto alla pari fra alto e basso, povero e ricco. Pedro nella funzione serve molti uomini, attraverso la giustizia, anche coloro che hanno abbandonato la pura via della vita. Alfons serve attraverso il suo lavoro, affinché con la sua diligenza molti abbiano salario e pane. Le nostre care donne servono comunque di più, molto spesso oltre le loro stesse forze. Nel servizio si deve affrontare la vita; nel servizio troviamo la ricompensa della Luce!”

34. “Posso interrompere?”, chiede Roberto.

- “Naturalmente, lo può fare ciascuno”. Wanger indica intorno, “non voglio mica tenere una predica”.

- Roberto dice: “A volte sono andato in segreto in chiesa. A volte l’ho trovato molto bello. Una volta ho sentito che nel Cielo si potrebbe riposare continuamente, non si dovrebbe lavorare come nel mondo e vi sarebbe pura beatitudine e gioia.

35. In genere qui mi starebbe proprio bene, soprattutto perché mio padre pretende molto da me. Io lo faccio volentieri”, Roberto guarda il padre. “Ma ho pensato: una volta, non fare niente, sarebbe anche molto bello. Soltanto ‘sempre’? Così riflettevo. Allora, nel Cielo ci avrei presto noia. Non posso nemmeno comprendere come di là si continui a vivere, esistendo una continuità di vita”.

36. “Lo hai pensato”, lo loda Willmut. “Ci è difficile credere che la vita con la morte fisica non sia finita. Si cerca di evitare che nell’uomo esista la consapevolezza della continuità della vita, dalla quale non ci si può svincolare, come in tutta serietà, nessuno può strisciare oltre la Croce del Signore.

37. Ah, sarebbe più che noia, se nell’aldilà non ci fosse nulla da fare. Allora, anche essere servizievoli sarebbe inutile, oppure detto così: Dio non avrebbe avuto bisogno di introdurre il servizio. Ah, nella Luce regna il massimo servire; soltanto, non esiste come nel mondo, nel sovente inseguire bramoso senza sosta, denaro e bene. Questo, naturalmente, di là non esiste!

38. Voi non potete ancora comprendere, serve questo servire vale meno per coloro che dimorano già nella Luce. Coloro che si trovano sulla via vengono tuttavia assistiti. Si servono coloro che non possono liberarsi dalla materia, dalla loro stessa interdizione da cui sono ingarbugliati, per la maggior parte, non volendosene proprio liberarsi.

39. Molti non vogliono mettere davanti a se stessi nessun conto. E davanti ad un Creatore…? Questo non viene riconosciuto, altrimenti si dovrebbe evitare la ‘bella vita’, come si chiamano i vizi e simili cose. Ma proprio per questi uomini, o anime, sul nostro mondo e altrove, vale l’alto servizio. Allora, non ci si dovrebbe accorgere di qualcosa, se la Luce è così potente? Dovrebbe rendere buoni tutti i cattivi, i nobili, i materialisti. – Invece di questo si vede veramente poco.

40. Così stanno le cose per chi pensa superficialmente: ‘Dopo la morte, tutto è finito!’. Anche adesso cito una parola dalla Bibbia per dimostrare che l’aiuto della Luce vale in prevalenza per tutti i poveri, i malati, …gli storpi animici, ma vengono anche assistiti i malati nel corpo e i poveri, gli oppressi. Così dice il Signore: «I sani non hanno bisogno del medico!» (Luca 5,31).

41. Allora questo dimostra che gli infermi vengono aiutati. Per la malattia dell’anima è molto più difficile che la peggiore malattia del corpo. Questo passa, viene portato nella tomba; l’anima rimane e sente molto di più i dolori, quando è priva del corpo. Come non si dovrebbe impietosire il ‘grande Medico’, dato che Egli è l’unico vero Aiutante, il Salvatore?

42. Il Salvatore andava da coloro che avevano bisogno del Suo aiuto. Questo Gli era messo in conto malamente da molti elevati che vedevano i Suoi miracoli e volevano avere per sé il privilegio. E dato che Egli rivelò le loro azioni, Lo si lasciò al popolo sobillato. Il popolo doveva desiderare la Sua morte. Ecco – pensavano i responsabili – che sarebbero stati liberi davanti a Dio, nel caso che… Oh, sì, si sapeva Chi era il Salvatore; soltanto, non lo si ammetteva, proprio come oggi, perché allora si sarebbe dovuto prendere congedo dalla ‘bella vita’.”

43. Marita alza un dito: “Posso comprendere bene ciò che dice lo zio Willmut, lo credo. Per la vera conoscenza di queste cose al di fuori dal mondo”, è imbarazzata di quest’espressione, “in me manca ancora molto. Alcune storie dalla vita del Salvatore ci sono state insegnate in collegio. Il Signore andava anche da gente ricca e da altri altolocati, quindi non solo dai poveri, dai malati o dai moribondi. Come mai?”

44. “Piccola intelligente! Dio sapeva proprio dove serviva l’aiuto. Sì, dev’essere un aiutante pronto ad aiutare per l’interiore e per l’esteriore, per quanto e fin dove è possibile umanamente. Pure, sì, …il Salvatore si è scelto nel modo più santo-alto, meraviglioso, povero e ricco, alto e basso, tutti coloro che avevano bisogno di Lui: per l’anima oppure per un disagio, per una malattia, per il corpo o per la morte.

45. Sei stata una cara aiutante per i Mescaru, e per i vicini un ‘vapore’, proprio adeguato. Nella fabbrica di tuo padre sarai un giorno una vera benedizione”.

- “La piccola? Come l’intendi, caro Willmut?”, chiede la madre.

- “Aspettate finché Marita sarà stata da me; quando ritornerà, comincerà la funzione della benedizione. Non così che possa benedire qualcuno! Chi fa del bene, è l’incaricato di quella Benedizione di Dio che può riposare su lavori d’aiuto”.

46. “Voglio imparare molto da te, zio Willmut e...”

- “...anche io!”, si annuncia Roberto. “Da me dovete essere diligenti, poiché i miei neri hanno continuamente bisogno di un esempio. Prima vivevano alla giornata, ora sono già abituati ad un regolare tempo di lavoro. Tuttavia, …deve comunque splendere sempre un esempio”.

- Un’allegra risata. Marita pensa che il suo uomo medicina non la riconoscerebbe come giovane erba verde.

- “Chissà! Aspettate solo, ma certe cose le potrete imparare anche da coloro che sono affidati alla mia protezione”.

- Roberto dice: “Mi spinge quella difficile domanda, che cosa avevi detto della morte del Salvatore”.

- “E cioè?”

47. “I superiori avrebbero consegnato il Messia al loro popolo per proteggersi dalla resa dei conti. Ma è stato un romano che ha condannato il Signore. La seconda domanda è inclusa: ‘Come mai che DIO ha potuto morire sulla croce, essere sepolto e poi diventare di nuovo visibile?’. Magari Egli si è solo mostrato; perché se era Dio, allora Gli era possibile su questa base, di rivelarSi dopo. La trasformazione di un corpo morto in una figura visibile, sia animicamente oppure come lo si voglia chiamare, non lo considero possibile. Questa è una lacuna, le tradizioni non si lasciano accoppiare”.

48. “Sei andato a fondo, Roberto, anche se non hai ancora trovato l’oro. Ma sei vicino al filone. Il dubbio umano mostra ancora grandi lacune. Completamente, com’è possibile nel Regno della Luce, la conoscenza non ci riuscirà. Ma possiamo arrivare fino alla porta della ‘conoscenza superiore’.

49. La realtà della Luce non è da accogliere così come insegna qualcuno: ‘La fede soltanto rende beati’[1]. Ma, come detto da Paolo: «La fede, se non ha opere, è morta in se stessa». (Giac. 2,17). Inoltre il Signore ha sempre rilevato le opere. Non dovete credere ciecamente ciò che insegno alla domanda di Roberto, ma ognuno può esaminare, e un paio di dubbi rimasti non fanno male.

50. Viene volentieri negato che Israele avrebbe consegnato il Signore al romano. Pilato sapeva che ‘l’Uomo di Nazaret’ non era per nulla pericoloso. Ha esposto quattro volte la Sua innocenza. Ma che ci si volesse liberare da Roma, in sé è comprensibile. Solo che le disposizioni furono sbagliate. L’indesiderato AMMONITORE era proprio adatto per i superiori a fare uno scherzo a Roma. Perciò hanno incaricato il popolo con la parola: «Il Suo sangue ricada su di noi e sui nostri figli!»

51. Coloro che erano defunti da tempo[2], i sedotti, ne furono sgravati dalla Bontà di Dio, che ‘nell’altro mondo’ ha preparato per loro la via del ritorno a Casa. I superiori hanno avuto bisogno di molto tempo prima di potersi svincolare dalla propria caduta. Fin qui è definita in breve la storia. Ora arriviamo come un corpo morto possa risorgere di nuovo dopo giorni ed essere visto come uno vivente.

52. ‘Perché Egli era Dio’, ha espresso Roberto, che non è da dubitare, cosicché Gli era anche possibile vincere la morte del corpo. Non così come risulta da noi uomini che dopo la morte si continua a vivere in modo astrale nel Regno per noi ultrasensoriale. Là portiamo il corpo di luce astrale che non è paragonabile in nulla al corpo terreno. Soltanto, …è compatto, persino più compatto, perché non svanisce come il nostro corpo fisico.

53. Ora si potrebbe dire, che proprio così si è mostrato il Signore dopo la Sua resurrezione. Finora le nostre chiese cristiane, come nessuna delle altre religioni, non ha scoperto il mistero, ed io non mi arrogo che lo possa fare io. Tuttavia, dalla fede vedente si può arrivare fino alla ‘porta del celato’, e questo è del tutto sufficiente per ciò che si può raggiungere mondanamente.

54. Gesù non era un Figlio, come lo si è in genere, soprattutto secondo la trinità che esisterebbero tre Déi. – Quale si dovrebbe onorare per primo? A Quale attribuire l’unica adorazione? Gesù disse: «Nessuno può servire due padroni!» (Matt. 6,24). Detto in generale, per i più ricchi nella conoscenza valeva però l’indicazione di un Dio, perché in quel tempo l’insegnamento degli déi era molto diffuso.

55. Di conseguenza, se il Salvatore stesso era un Dio, allora Egli stava al di sopra della legge della morte, perché EGLI ha creato la vita! Inoltre: «Egli ha vinto la morte», così, mai per Se stesso! La morte nella materia era sospesa da una Misericordia di Dio per noi quasi incomprensibile attraverso la Sua morte sulla croce, indipendentemente dal fatto che fino alla fine della materia la morte tiene il suo raccolto.

56. Se sapessimo che Egli è un Simbolo della redenzione, della liberazione, Lo chiameremmo un ‘Portatore di Vita’. Lo è anche da parte del Creatore. Perciò la morte del Signore non era comparabile in nulla con la morte di un uomo, di cui sta scritto: «La polvere deve di nuovo essere data alla terra, dov’è stata, e lo spirito di nuovo a Dio, il Quale lo ha dato!» (Prov. 12,7). Un’altra parola ancora su questo: «La nostra vita è un’ombra su questa terra» (Giobbe 8,9).

57. Chi raggira questo, storpia la sua anima! Sembra essere oscuro che dalla ‘nascita di Luce dell’umanizzazione del Figlio’ Lui sia stato solo come un Uomo. Egli si è sottoposto ai comandamenti del mondo, ma mai per via di Se stesso! Infatti si legge: «...bensì annichilì se stesso, prendendo forma di servo e divenendo simile ad qualunque altro uomo, essendosi trovato nell’esteriore, come un uomo, ...» (pensato così: Fil. 2,7)

58. Se nel prima e nel dopo di questa parola si parla ancora del ‘Figlio’, questo valeva per quelli di allora, che da se stessi non erano in grado di dare il privilegio allo spirito come indagatore. Già la nascita del Signore è risultata lontana dal naturale, rispetto alla nostra. Se lo era, allora per questo sta scritto: «Quello che si è rivelato con il Suo Essere Salvatore, è da considerare puramente divino-spirituale».

59. Oh, Egli ha preso su di Sé la sofferenza, l’onta, e nessuno può dire che come Dio, Egli non l’avrebbe percepita! Si deve giungere al nocciolo di quella Verità, ossia: – Tutto ciò che il Signore ha fatto, insegnato, portato e sofferto per noi, è avvenuto al posto nostro! Questo non sminuisce soltanto quel che è proprio del Signore, non come Uomo, meno ancora come Dio, ma aumenta l’unicità dell’Opera di Dio!

60. Un esempio: – Qualcuno è una brava persona ed ama un’altra in modo del tutto particolare. Costui capita su una via storta e dovrebbe languire per la vita nel carcere. Inoltre, poco dopo l’arresto morirebbe, animicamente ed anche corporalmente. Allora il buono prende su di sé la colpa, e dato che attraverso un buon cammino di vita ha conservato la forza della sua anima, sostenuto dallo spirito di Luce, allora attraverso il sacrificio gli è possibile di sopportare il carcere così a lungo, finché l’altro non è salvato. Capita bensì di rado”, Wanger fa un piccolo cenno, quando gli si dice che non lo farebbe nessuno.

61. “Trasferiamolo nel Campo divino. La figlia (Sadhana) staccatasi dalla Divinità, cade nel carcere della materia. Il SALVATORE arriva per liberare la povera anima della figlia. Egli subisce quindi davvero ogni onta; soltanto, …che Egli la porta per la figlia. Perciò Egli sta al di sopra di tutto ciò che si svolge nella materia. Nell’Atto di salvezza di Dio sono racchiusi insieme tutti coloro che si sono pure smarriti, che si sono allontanati da Dio.

62. Lo ‘stare al di sopra di queste cose materiali’ si estende del tutto particolarmente alla morte sulla Croce, e al ‘farSi mettere nella tomba’; allo stesso modo ‘alla Resurrezione’, come pure all’Ascesa al Cielo, di cui certe guide della Chiesa dubitano. Ora, non si può credere umanamente così facilmente a queste fasi di luce di Dio nel mondo, soprattutto quando uno non è ancora ‘vedente’.

63. Dio come Salvatore era il ‘Portatore di Vita’, il Quale ha dato alle creature-figli la possibilità all’esistenza dalla Legge fondamentale della Vita. Egli aveva solo accettato quel corpo, che in vista del Suo Sacrificio è stato proprio così consistente come il corpo di ogni uomo, dissolto nella Legge di Luce della Vita ed è comparso ai Suoi come e che cosa Egli realmente era sempre stato: DIO, nella Sua Personalità-Luce!

64. Così Egli è venuto da Abramo e dai molti anziani che possedevano l’unione con Lui, e così Egli si mostrò ai fedeli, per dare l’esempio dell’esistenza di Dio e della loro eterna Vita. L’ascesa al Cielo è avvenuta irrealmente e realmente. Non è stata una contraddizione, amico Pedro”. Costui aveva nuovamente scosso la testa.

65. “È stata irreale perché Dio, il Creatore dell’infinità, non aveva bisogno di ‘ascendere’ verso di Sé. Si potrebbe dire meglio: ‘Egli se ne andò!’. I discepoli e molti uomini assisterono davvero all’Ascesa[3], perché Dio aprì loro gli occhi, quelli interiori. Quindi Lo videro realmente come volteggiare al Cielo.

66. Quello che Dio fa per noi, è irreale in quanto lo spirituale non ha bisogno di svolgersi materialmente; realmente Egli lo mostra, affinché lo possiamo comprendere e possiamo ricevere la nostra beatitudine. Questo è il Cibo del Cielo, che nel mondo – detto così – possiamo mangiarlo solo a pezzettini. La cosa più sublime la si può sopportare sulla Terra solo in parte, ma queste parti sono la nostra scala nel Cielo; perché si sale sui gradini. –

67. Questo non era un cibo leggero”, dice Wanger, “ma credetemi: anch’io devo continuamente cercare questo e quello, trovare e valutare, come medico e anche come sacerdote per la mia anima, per l’opera che ho da adempiere come ogni altro”.

68. “Chi l’adempie come te?”, chiede Juanita, che oggi ha imparato molto, come Juliane, nonostante le grandi lacune di fede.

- “Non vorrei contare coloro che sono stati prima di me che hanno compiuto la loro opera giornaliera su un livello superiore di quello che posso io”. risponde Wanger. “Le lacune mentali non sono un ammanco, se uno si sforza a colmarle”. Guarda il suo orologio.

69. “Oh, presto è mezzanotte, vi ho strapazzato troppo”.

- “Ma no”, protesta Pedro, “era… ha… Hm, le lacune sono anche in me. Ti possiamo vedere ancora una volta nella metropoli?”

- Wanger annuisce: “Lo si può arrangiare, vi informerò, almeno per un paio di giorni”.

70. “Sei il nostro ospite!”, esclama Juliane. “Il direttore dell’Hotel ha comunque telefonato, chiedendo quando ritorni”.

- “Sì, è stato abbastanza aperto, a parte i cosiddetti ‘villaggi boemiani’.”

- Marita scoppia a ridere, ma Roberto dice che anche in lui ci sarebbero ancora molto cose nascoste, ma sarebbe bello se gli si potesse insegnare cose nuove. Si approva e ci si divide soddisfatti.

 

 

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Cap. 13

La partenza – Primi ausili nella missione africana

La prima benedizione

1. Al congedo, Roberto che voleva darsi coraggioso, come la madre e la sorella, ha fatto scorrere le lacrime. Anche il padre si asciuga di nascosto il viso. Il trasferimento è stato sostenuto da lui al meglio, Mestosani per questo fa un sospiro di sollievo, cosicché non deve più vedere lo strano uomo dei miracoli e i Mescaru.

2. Una giornata presso i suoi genitori, il congedo e il fatto che non li deve vedere per così tanto tempo, ha rosicchiato in Vilpart. A questo si aggiunge che Marita gli porta piccoli doni d’amore così sovente, quanto il prefetto lo permette. Questo ha dato un grande sollievo ai genitori. Molto si è appianato, sono stati risvegliati alla Luce di Dio le buone azioni e la fede. Al suo volo di ritorno, il sacerdote chiude qualche volta i suoi occhi e si immerge nella preghiera.

*

3. Infine, nell’aereo, Roberto vede in colui che gli siede accanto, come se il suo volto umano mutasse. Timidamente arde nella sua anima, e pensa che potrebbe essere così, quando uno potrà incontrare Dio. Arrivati alla meta finale, aspettano tre macchine fuoristrada. Il ministro e il fabbricante avevano spedito in tempo molte cose, e così le macchine vengono caricate.

4. Roberto viene salutato dai neri così come se lo avessero conosciuto già da tempo. Ciò che arriva con il loro ‘dottore’, viene accettato senza questione. Lui stesso viene quasi travolto. Ognuno vuole prendergli per primo la mano, tutto è tumultuoso. Nonostante la stanchezza, Wanger deve far passare su di sé le tempeste. Ognuno vuole raccontare ciò che nel frattempo è successo qui, vengono mostrati dei neonati e devono essere osservate delle ferite da tempo guarite. Ci vogliono giorni prima che il medico giunga al generale ordine di lavoro.

5. Ha poco da cambiare nell’ospedale, gli assistenti si sono affermati. Wanger non lesina con la lode, né presso gli aiutanti bianchi, né presso i neri. Un’anziana nera nel frattempo è tornata a Casa. Si fa visita alla sua tomba, poiché il missionario ha provveduto anche ad un bel cimitero. Roberto non finisce più di stupirsi. Ma ha imparato veloce a dimostrarsi utile. Inizialmente doveva vincersi un poco per toccare quelle mani nere, l’esuberanza dei neri era stata sopportata. Impara diligentemente la loro lingua ed è sempre pronto ad aiutare.

6. In lui rimane per sempre fissata l’impressione, quando al quarto giorno vede l’uomo medicina. Se lo era immaginato diversamente, così come li si vedono nelle riviste: dipinti, soverchiati da amuleti e… Che Wanger ha rapidamente eliminato tutta la ‘magia’, Roberto non lo può sapere.

7. Il capo tribù era nella tribù vicina, e adesso è lieto che ha di nuovo il ‘suo’ dottore. Al contrario di tutto il villaggio, come Roberto chiama questo agglomerato, il nero entra dignitosamente nella stanza. Il benvenuto è molto cordiale; la sua gioia è indubbiamente la più autentica. Il medico presenta il suo protetto. Lui conosce molto bene il nero, ma è curioso, come lui, il cui sguardo lontano lo ha già sovente catturato, reagirà. All’improvviso lo stesso dice, mentre si rivolge a Wanger:

8. “Noi avere creduto in una Forza, perché la natura ha mostrato a noi che è all’opera in modo invisibile, e succedere molto di quello che noi non potere né promuovere, meno ancora impedire. Noi ci affidare a Forze, senza sapere che cosa poteva accadere il giorno dopo. Oh, sì, ci facciamo sospingere da loro.

9. Solo tu, dottore, hai spiegato che una Forza non può pensare o agire autonomamente, ma che il Creatore è attivo con le Forze. Loro sono la Sua proprietà. Tu avere anche insegnato a me, per cui io sono molto grato a te, che Dio ci presta alcune parti della Forza che dimora nel Suo Essere. Ma ora dipende se e come si usa un tale bene dato in prestito.

10. Io sono andato due giorni nella tribù vicina, lontana da qui due giorni di marcia. Pure là ha lavorato un missionario, ma presto lui lasciare la tribù e il suo lavoro è perduto. Io ho calmato una lite che aveva portato per conseguenza molto disagio. Qui ho visto il bene e il male; e se guardo le nostre piccole case che tu avere aiutato a costruire, allora mi pare come se qui noi vivere nel Paese di Dio, mentre là… Sì, tu hai spiegare a noi l’oscurità che certi uomini chiamano ‘inferno’. Proprio così è dai nostri vicini.

11. In lui (in Roberto) io vedo…”, il nero afferra le mani di Roberto, “…della buona Luce, ma accanto a lui sta un’ombra. Lui ha una figura umana, che da poco si è esteriormente attaccata a lui. È la tua mano, dottore”, ora annuisce, e si rivolge a Wanger che lo vuol correggere, “è la mano di Dio sopra di te, perché tu servire Lui veramente, Colui che ha strappato via l’ombra, senza ucciderla.

12. Un poco è già cambiato. Il tuo protetto avvolge un nastro d’oro intorno al suo uomo-ombra. Forse costui un giorno verrà qui. Allora con lui verrà un fiore; ha un meraviglioso profumo, ha un colore bianco e tiene ferma l’ombra, affinché non si può più rovinare del tutto.

13. Tu, Roberto, impari molto dal dottore e, …se vuoi, da me, che più avanti ti può essere utile. Certe cose sono solo un regalo, ma con i doni che uno può aumentare, si deve, …come si dice, dottore?”

- “...che deve esserci un patrimonio di base”.

- “Giusto, il patrimonio di base è il dono (talento). Se questo non si fa maturare, allora il patrimonio di base, il talento, è perduto.

14. Io vedo in te anche il patrimonio di base di un dono. Posso aiutare te un poco in questo?”

- Roberto annuisce confuso. Che in ciò, l’ombra è Vilpart, il fiore bianco sua sorella, lo ha riconosciuto lui stesso. Soltanto, che l’uomo-medicina sa descrivere il tutto così precisamente, lo stupisce molto.

15. “Bene, un’ora prima del sorgere del Sole vieni nella mia casa; là noi esercitare”.

- “Come vengo a sapere, quando qui è l’ora?”. Roberto guarda titubante il dottore.

- Costui sorride: “Non preoccuparti, caro ragazzo, verrai svegliato. Inizialmente ti costerà molta fatica, perciò dopo avrai bisogno di una piccola cura; altrimenti puoi aiutare, come e dove vuoi”.

- “Zio Willmut, sai, potrei fare qualcosa: finire la pista. Ho esperienza nell’opera edilizia e potrei compiere questo lavoro”.

16. “Mi dai una grande gioia! Da domani sei il mio direttore edilizio!”

- Da ciò che ha detto l’uomo-medicina, Roberto ha capito di più dai gesti che dalle parole a lui sconosciute. L’anziano nero, quando viene menzionato il piano, dice che Roberto deve sorvegliare la costruzione: “Io dico ai miei fratelli che ti devono obbedire, ed anch’io voglio allora imparare un poco da te. Posso?”

- Roberto diventa quasi imbarazzato dalla gioia, e guarda aspettando Wanger.

17. “Il nostro grande capo tribù sa come me, che non si vive eternamente sulla Terra. Pertanto, quello che può imparare, lo fa solo per la sua tribù. Lui continua ad istruire i migliori e poi non ci vuole molto, uno o l’altro di loro può andare in Europa oppure altrove, e nessuno si deve nascondere; loro prestano un buon lavoro come lo sa fare la nostra gente bianca”.

18. Alla sera Roberto viene sorpreso mentre legge nella Bibbia. Il medico gliene aveva messa una in mano il giorno dell’arrivo, senza il ‘devi imparare!’. No! Un ‘tu devi’ provoca facilmente una contraddizione. Il dare senza parola stimola meglio, almeno molti uomini.

19. Roberto si alza frettolosamente.

- Il missionario fa come se fosse del tutto naturale incontrare il giovane uomo nel leggere la Bibbia. “La pista è molto buona”, loda Wanger, e si siede al tavolo. “Risiediti”, dice, “sei molto abile e i tuoi neri ti lodano. Quanto tempo ci vuole finché non sarà terminata? Lo devo scrivere a Pedro”.

20. “Ci sono difficoltà, zio Willmut. Una parte del sostegno è crollato in un punto; temo che al di sotto si trovi del pantano. Qui c’è una cava di pietre?”

- “Non lo so; Bertam, come si chiama il nostro capo tribù, lo saprà. Andiamo da lui”.

21. Gli si sottopone la faccenda. Bertam aggrotta la fronte. “Pietre? Qui non ci sono. Possiamo però andare a prendere qualcosa di altro: una particolare pianta di liane, robusta e indistruttibile. Quando è bagnata diventa persino più dura. Domani andiamo, Roberto, io e un paio di uomini, ed esaminiamo. Il buco di pantano non sembra troppo grande, finora non l’avevamo notato affatto. Se i cespugli sono adatti, sono molto meglio che pietre, perché inghiottono l’umidità”.

22. “Fin qui tutto bene; se però la pianta assorbe ogni umidità, il suolo può abbassarsi nuovamente. Allora la pista crolla di nuovo”.

- Il nero contraddice: “Il cespuglio diventare più grande attraverso l’acqua, e quando acqua ha completamente assorbito, è duro come ossa. Io una volta ho provato, perché volevo sapere se si poteva usare per qualcosa”.

23. Roberto dice: “Andiamo ad esaminare se questa cosa conviene. Altrimenti si dovrebbe rafforzare la base, che forse è anche resistente”.

- Ci si mette d’accordo per la partenza. Più tardi Roberto chiede come mai il nero si chiami Bertram.

- Willmut gli spiega: “Era all’inizio della mia attività, allora mi ha pregato di dargli un nome cristiano, ne voleva uno tedesco. Dato che tutti si sono già fatti battezzare da me, ognuno esigeva pure un nome ‘tedesco-cristiano’”.

24. “Costui è caro, e il colore scuro non mi disturba affatto”.

- Bene così! Guarda”, nel frattempo essi sono di nuovo arrivati da Roberto, e Wanger mette la Bibbia in mezzo al tavolo, “qui impariamo a conoscere l’Amore di Dio che è per tutti gli uomini. EGLI ci ha creati tutti insieme. Come mai dovrebbe Egli amare di più gli uni che gli altri?”

25. “Ma quando sono cattivi?” Il medico guarda indagando il giovane.

- “Vilpart una volta era tuo amico, ti ha fatto del male ed è comprensibile se ora tu lo odii”.

- “Ah no”, interrompe Roberto, “già per via dei suoi genitori non lo voglio odiare. Soltanto, in me, è… hm… è quasi come morto, quando devo pensare a lui”.

26. “Tu lo pensi?”

- “Sì, ma poi mi opprime un sentimento tormentoso”. Roberto guarda oltre il missionario. Inaspettatamente mette la sua destra sul libro, un gesto inconscio, che proviene dalla profondità del suo spirito. Gli occhi di Wanger splendono, come ogni volta quando la Luce conquista il sopravvento.

27. “Il tuo sentimento significa che ami ancora il tuo amico, solo che adesso non lo sai perché tra di voi esiste il segreto. Non fa niente, è un decorso naturale legato all’anima. Il contatto è fortemente danneggiato, lo era già quando vi ho conosciuto sulla vostra collina”.

28. “Giusto, zio Willmut; allora l’ho mandato via, non lo volevo vedere. Dopo mi è dispiaciuto quando è sceso così solo verso la città”.

- “Era guidato così, perché dovevo parlare con te ed aiutarti. Diciamo, …il tuo angelo guida lo ha accompagnato via. Pensi ancora all’immagine di come Vilpart, anche se ostinato, ha lasciato la collina? Questo è il sentimento dell’amore, proprio adesso fortemente coperto; ma vive nella nostalgia inconsapevole che lui un giorno voglia diventare buono e diventare per te un vero amico.

29. Questi sono in noi i germogli dell’amore, mentre per DIO siamo il Suo Albero della Vita, al quale pendono frutti buoni ed anche marci. L’Albero nutre entrambi, il che significa: Dio ama anche i figli cattivi, perché questi hanno urgentemente bisogno del Suo Amore. Questi sono i senza-Dio, coloro che si sono staccati da sé da Dio, dimorando nel deserto della loro stessa anima. Chi si smarrisce nel deserto, oppure come l’amico Pedro qui nella foresta ed arriva qualcuno che lo può aiutare, costui non lo dovrebbe fare?

30. Dio nel Suo sconfinato Amore segue ogni singolo smarrito, anche se si rifiuta ancora, se non si vuole ancora far salvare. Allora più che mai la Grazia di Dio rimane ferma presso di loro. Non la si vede, non si sente il suo Essere. – Un paragone: il Sole dietro le grosse nuvole non si vede né si sente, ma la sua luce e il suo calore esistono. Proprio così opera la compassione di Dio su coloro che hanno maggiormente bisogno di Aiuto.

31. Anche noi ne abbiamo bisogno nella nostra vita. Nessuna creatura-figlio, sia come uomo su questo mondo, sia altrove o un alto spirito che ha da tempo compiuto il suo dare del giorno, …tutti hanno bisogno dell’Amore, Guida, Grazia e Bontà di Dio. Solo che Lui dà del tutto diversamente i Suoi Doni: apertamente o in segreto, molto e, prima, intanto poco, nel Regno di Luce come sulle nostre via da viandanti.

32. Così Vilpart ha bisogno del tuo amore, del tuo perdono. Questo non deve avvenire in modo che lui lo percepisca. Lui non vorrebbe comunque il tuo andargli incontro, meno per ostinazione, ma più per vergogna, non volendolo ammettere nei tuoi confronti, …non ancora. Roberto, lascia splendere il tuo amore come il Sole dietro le nuvole, in te, e sii certo: Dio te lo rivelerà magnificamente!

33. Tu stesso hai preso il libro della Bibbia, e questo mi rallegra. Non comprenderai ancora che nella Sacra Scrittura, nella prima parte della Bibbia, sono avvenuti fatti di molta sofferenza, guerra, miseria e omicidio. Ti chiederai come molti: ‘E questa dev’essere la Bibbia di Dio? Ma prima, Egli non era un Dio degli uomini? Queste persone allora erano poveri nello spirito e nell’anima? Così sembra, se non si sa distinguere due cose nella Bibbia.

34. L’una è il puro insegnamento di Dio, rivelato tramite Lui stesso ed attraverso i profeti, l’altra è la storia del mondo, che è registrata insieme. Perché questa è stata intrecciata con la pura Parola di Dio? Chi è stato così poco intelligente e vi ha incorporato i contrasti, che non si possono unire, nel Libro dei libri?

34. La domanda è giustificata quando si vuole separare la buona Parola di Dio da tutto ciò che è materiale. Soltanto, …è un mistero della Luce che i principi della chiesa quasi non riconoscono, ma qualche guida della chiesa vi ha riflettuto seriamente. Certamente si deve conoscere qualcosa delle cose del Cielo, così come Io l’ho già accennato precedentemente: la caduta della prima figlia del Cielo.

36. Dio l’ha scacciata, che nonostante i migliori Doni che le aveva dato, si era sollevata in modo ripugnante. Ah, …scacciare non sarebbe un concetto dell’Amore? Vedi, tu non hai conoscenza del decorso della Storia divina, e così non ti deve dispiacere quando dico: pensato in breve! Per la figlia doveva essere la ‘cacciata’, affinché più tardi dovesse giungere alla conoscenza del suo rinnegamento. Ma da DIO, caro ragazzo, e dal Suo maestoso punto di vista del Creatore, era un ‘essere-guidato-via’!

37. Perciò è stata, appunto nel concetto, come – scacciata via – al di fuori dal Centro del Regno, come guidata via da DIO ma rimasta all’interno del confine del Giorno, nel decorso nell’esistente Creazione-Amore. Non esiste appunto nessun altro spazio che quello che la Divinità aveva creato per il popolo-figli; al di fuori dello stesso, se lo si vuole chiamare così, non esiste nulla nel nulla.

38. Ma se il ‘nulla-nel-nulla’ è l’illimitato, la mai afferrabile zona dello Spazio della Divinità, esso è chiuso per noi, perché noi possiamo vivere soltanto nello Spazio di confine nella Creazione. Invece Dio ha comunque per Sé le infinità della Sua Potenza, rispettivamente, …Egli stesso è questa! Oh, sì, nell’ultraconfine dello Spazio della Sua Potenza di Creatore, Egli è per Sé a Casa!!

39. La Luce inaccessibile, come dice la Bibbia, è il santo Reservatio mentalis di Dio, è quell’incontemplabile, da cui EGLI è venuto e viene come PADRE visibile ai figli. Perché la prima figlia, nonostante la caduta – che nel frattempo è già sospesa, ma lo spiego più tardi – è rimasta all’interno del confine della Creazione, aveva oscurato soltanto un terzo della Luce lasciatale, perciò Dio ha posto nell’infinito, lo spazio assegnato ai figli, il segno fin giù nel nostro mondo: due terzi di giorno, un terzo di notte, due terzi di vita cosciente, uno per il sonno”.

40. Wanger alza in alto la Bibbia. “Così è la Scrittura di Dio, come la vogliamo chiamare, suddivisa pure simbolicamente in tre parti, e non come la Chiesa che è sorta per prima l’ha mal suddivisa, in Vecchio e Nuovo Testamento. A parte questo, che l’Eterno, il Magnifico, l’Esistente, l’Onnisciente, non può mai aver scritto un testamento che più tardi avrebbe annullato, perché nel Suo Scritto-UR si sarebbe insinuato un errore oppure che non sarebbe stato più valido per la caduta di una figlia. Questo lo possono fare gli uomini, ma non DIO!

41. La suddivisione in tre della Bibbia è da considerare così: nel primo cosiddetto Vecchio Testamento troviamo di Dio come attraverso i profeti così molto del Magnifico, che irradia completamente l’oscuro che corre accanto. Quest’ultimo è la storia di quei popoli, dei loro capi, delle cattive guerre, crudeltà, omicidi e ancora molto di più. Nel Vecchio Testamento si tengono la bilancia – chi lo vuole riconoscere – la Parola di Dio e l’oscurità.

42. Se questo rimanesse così, se non vi stesse nulla contro, allora tuttavia la caduta, a cui è caduto un terzo delle creature, non verrebbe mai purificata. L’abisso fra Luce e tenebre rimarrebbe eternamente. In realtà, questo sta al bordo di fronte a coloro che non comprendono il decorso di quella Realtà-Luce, creata dal Creatore per il Suo popolo e poi fanno domande che non aiutano loro per niente, per non parlare proprio di una risposta.

43. Questa realtà-Luce si riflette nella seconda parte della Bibbia, in cui, eccetto del poco che chiamiamo storia, domina soltanto la Parola d’insegnamento di Dio, per cui certi cristiani accettano solo il Nuovo Testamento e rigettano quasi sempre il Vecchio. Non pensano che – finché esiste la materia – la razza umana guada nel sangue e lacrime, provocate da se stessa!

44. Adesso, naturalmente, sembra come se dominano almeno due terzi del buio. Per questo nostro mondo è persino vero. Solo, …c’è da riflettere se solo questa Terra sia una stazione-mondo per gli uomini oppure se esistono altre costellazioni, una grande quantità, che sono pure ‘portatori di Vita’.

45. Forse, non lo si deve sapere precisamente, ma è credibile che su altre stazioni coloro che vi vivono, abbiano completato la maggior parte della via della materia, là almeno per due terzi la Luce ha il dominio, per non parlare del ‘Regno’, dell’Empireo. In questo dimorano tutti i ritornati a Casa; e non vi è nessuno che non si sia lasciato illuminare l’oscurità della sua anima, che non si sia staccato dalla propria caduta: attraverso la santa Azione-Redentore di Dio sul Golgota!!

46. Fino alla conclusione del Sacrificio che DIO ha portato come Uomo, esistevano sempre due terzi della Luce e un terzo dell’oscurità nello Spazio di confine del Giorno, e fin dal Golgota la Luce nella sua eterna Forza ha sempre più riempito i mondi della materia, anche se sulla Terra fino al giorno d’oggi non ci si accorge quasi.

47. Comprendetelo: ogni faccenda ha bisogno di un sopra e di un sotto, un interno e un esterno. Dio le ha fatte entrambi eternamente buone e, …tutto rimane buono, perché le Sue mani non creano mai diversamente che il Bene dalla Bontà, ‘Segni di Valore’ delle Sue azioni! Condizionato dalla caduta – ma solo per la sua parte – il sotto e l’esterno viene per così dire separato dalla Bontà, cioè: valeva come ‘il non molto buono’ nella materia sorta.

48. Dio ha dato in essa il ‘Nadir’, il più basso del più basso. Questo è nell’ultimo decorso l’Opera del rimpatrio, cominciato per noi da un tempo inimmaginabile (Sacrificio-UR) e compiuto con il Golgota come ultima meta voluta, sulla Terra sulla quale viviamo. Dato che ‘l’eterno Redentore’ voleva sollevare dall’abisso anche ciò che era caduto più in basso, perciò Egli stesso è disceso come ‘Figlio dell’Espiazione’. Non perché il mondo fosse eletto davanti ad altri pianeti, quanto meno Israele è il popolo oppure proprio l’unico eletto davanti a tutti i popoli.

49. Nella materia nulla è eletto, ma è solo scelto per spargere i doni di benedizione di Dio attraverso un Uomo: la Redenzione! Tuttavia nessun uomo è un redentore, ma può solo testimoniare della redenzione, cosa che per esempio hanno fatto i profeti che erano, oppure sono uniti con Dio, per quanto ce ne saranno ancora nel tempo della fine. La Terra non è scelta davanti a tutte le altre stazioni, per le quali vale pure il Sacrificio di Dio, come Israele non è stato proprio in nessun caso il popolo eletto. Doveva solo essere un esempio. Ma lo ha raggiunto?

50. Dio è un Dio dell’eternità e non un mestierante che si occupa di un piccolo stato. Se per Lui mettessimo davanti un ‘devi’, allora Egli dovrebbe redimere tutti insieme ed includerli nella Bontà, oppure nessuno. Per Lui non esistono eccezioni! Che Egli nella più splendida Sapienza, in cui il più Interiore ci rimarrà eternamente incomprensibile – e questo è bene per noi – opera in differenti Rivelazioni, è una faccenda del tutto a sé stante!

51. Si dà ad un piccolo bambino per nutrimento solo quanto possa anche digerire. Un adulto ne ha bisogno di più. Così, solo molto più santo, Dio dà i doni ai figli, ad ognuno ciò che sa usare. Ma ogni dono, nel contenuto, è dello stesso valore! Perché non la quantità fa la differenza, ma sempre la qualità. Ed io credo fermamente che il Signore nelle Sue cose non fa nessuna differenza. E’ determinante solo il molto e il poco nel decorso della via di un figlio.

52. Se tu bevi molto da una fonte ed io poco, oppure viceversa, allora beviamo la stessa acqua, non cambia per noi nella quantità. Ma il come la gustiamo, è per noi di Benedizione oppure soltanto per il nostro corpo. Se accettiamo grati i Doni, allora ognuno aumenta attraverso se stesso, qui pure non nel poco o nel molto, ma che arriviamo sempre di più alla conoscenza spirituale, e da questa otteniamo un collegamento il più intimo con il Dio Padre.

53. Oggi hai sentito molto, Roberto. ‘Troppo’, pensi tu, ‘come lo devo ricordare e valutare?’. Non ti preoccupare! Ho già visto sulla collina la tua anima pronta per la Luce, soltanto, non le era ancora stato offerto nulla. Ma vedi, proprio da ciò la vera Luce ti può colmare facilmente, benché qualcosa del Mistero ti si rivelerà soltanto più tardi. Nei prossimi giorni non ti insegnerò più; ma vieni da me, se non hai compreso qualcosa. Vedrò già come stanno le cose con te.

54. Attraverso il pericolo della vita per te si è aperta la via della Luce. Non attraverso me, no! Noi siamo, quando lo vogliamo, null’altro che manovali del nostro Dio! L’Edificatore soltanto è il Supremo! Se crediamo fermamente che saremmo anche un nulla nel nulla, Dio non ci imprimerebbe nell’anima il Suo segno della Bontà, allora questo è la cosa più meravigliosa della nostra Beatitudine. Dio solo è il Tutto, Dio solo fa tutto! Noi, i figli, possiamo però volentieri compiere il nostro, sotto le Sue mani!”

55. Roberto è interiorizzato, la Bibbia nelle mani. Wanger non lo disturba. La notte è avanzata, le maestose stelle di Dio scintillano; il loro bagliore, così confortante, così sicuro, illumina la stanza. Allora all’improvviso si alza, e prima che il medico se se renda conto, si inginocchia. Le labbra tremano, le dita sono aggrappate nel gesto: “Oggi non Ti lascio, a meno che Tu non mi benedica!” Il giovane capo sprofonda al petto del sacerdote.

56. Il saggio uomo è commosso, gli si blocca quasi il respiro, quale celeste Potere è qui all’opera! Solleva l’inginocchiato e la voce suona forte: “Figlio del nostro Dio, ora hai sperimentato il tuo Pniel, come Giacobbe quando ha lottato con ‘l’Uomo sconosciuto’ fino all’alba, per via dei peccati che gli furono perdonati, e perciò questo grido dell’anima:

«non TI lascio, a meno che TU non mi benedica!»

57. Non hai inteso me, anche se desideravi che io ti benedicessi. Nessun uomo deve benedire, perché ognuno è empio. Solo unicamente il Signore!! Ma una cosa la si può fare: Si può richiedere la Benedizione del Padre per il supplicante, e allora si può dire:

‘Il SIGNORE ti benedica e ti custodisca!’

Questo, mio caro ragazzo, EGLI lo fa del tutto certamente! Ora va a dormire; oggi non sarai svegliato”.

58. Il giovane si attacca al collo dell’uomo, singhiozzando, e si volta senza una parola al suo giaciglio. Il sacerdote esce nella notte disseminata di stelle, che presto apriranno la porta all’aurora. Non sono solo parole che manda grato nel Cielo; è tutto il suo cuore che giubila su, nella Luce più elevata.

 

 

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Cap. 14

Pronta la pista, viene benedetta – Arrivano due aerei

Sventato un attacco – Domande e risposte

1. La pista è pronta. I grandi e i piccoli vi giocano, finché la pista di arrivo non è del tutto assicurata. Roberto e anche il medico vengono quasi schiacciati dalle molte mani. “Quando arriva il nostro aereo? … Quando voleremo con questo? …” E il giubilo non trova fine.

2. Una schiera di giovani ragazze magnificamente adornate di collane con una moltitudine di fiori variopinti, formano un cerchio. Gli spettatori si siedono tutt’intorno.

- “Che significa?”, chiede Roberto piano, perché si è fatto silenzio.

- “La danza degli déi”, viene istruito. “Come mai? Penso che tutti siano battezzati?” “Aspetta!”

3. Le ragazze si radunano, e prima si inchinano solennemente, e poi cominciano; …un avanti e indietro, un cullare, voltare, girare. Non come avveniva una volta, selvaggiamente e sfrenatamente. Oh, no! I gesti sono così meravigliosi, reali, pensa Roberto, sembra come se pregassero continuamente. La danza dura un’ora. Nessuno parla, solo Bertram dice contenuto: “Ora pista consacrata, e nulla di cattivo può disturbare l’opera”.

4. Il dottore è da tempo convinto che questo non è da confondere con la superstizione né con un fare pagano. Anche Roberto lo sa già, l’ha proprio imparato da Bertram quella parte del misticismo che ha una base dal Cielo. Nulla di astratto, di esuberante, di insano, che il misticismo può portare con sé, viene frainteso o impiegato falsamente.

5. Roberto segue le danzatrici. Su una piazza libera si è provveduto a consumare un pasto di gioia. Qui le ragazze si possono sedere al centro. Roberto abbraccia ognuna, senza parlare e con un chiaro splendore negli occhi. Quanto si sentono onorate! Tutta la tribù se ne rallegra.

6. “Lo hai fatto bene”, loda il medico. “Se non fosse già accaduto, allora adesso le avresti conquistato tutte insieme”.

- “Lo dovevo fare, mi sentivo così solenne, come …in una chiesa”.

- “Hai ragione! Ci sono ‘danze del Cielo’ che non hanno nulla a che vedere con il volteggiare umano. Questo è così distante come il mattino dalla sera, come il Cielo dal mondo: e la danza degli déi è un’immagine.

7. Prima hanno portato la danza ai loro déi come sacrificio ma da allora, da quando sono una comunità cristiana, questa ridda si è affinata. Ero profondamente stupito con quale interiorità le ragazze sono entrate nel cambiamento della stessa. Tutto il turbinare e il selvaggio è stato dismesso”.

8. Qualcosa ostacola la bella festa di gioia. Un piccolo ragazzino se n’è andato strisciando ed è andato sulla pista, serpeggiando attraverso fitti cespugli. Era stato vietato, cosicché nessuno doveva più andare sulla pista di atterraggio. Il bambino ha sfiorato un nido di serpenti ed è già successo! Un grido! Wanger è per primo sul posto e Roberto accanto a lui. Bertram ha acceso rapidamente una fiaccola, con la quale scaccia subito il mucchio di serpi.

9. Un morso di cobra, constata Wanger. Gli scorre il sudore. Con la velocità del vento raccoglie il suo team. Il padre del bambino lo vorrebbe dapprima punire, meno per la disobbedienza, più perché il ‘dottore’ aveva rilasciato il divieto. Oh, quello che lui ordina, è per tutti, sempre il meglio.

10. Roberto si trova vicino al nero. “Padre Carol, ringrazia se tuo figlio viene salvato; e per questo ringrazia Dio!”. Il nero se ne va svergognato. Ora aspetta, temendo, e in più sua moglie. Dura a lungo, finché il pericolo è bandito; ma, …ringraziato sia Dio! – La disgrazia è passata, e così la festa di gioia è stata smorzata per un po’, ma non del tutto offuscata.

11. Il medico si asciuga le mani, “Così è da noi, si deve contare con i pericoli, più ancora sull’aiuto di Dio, al Quale ci si può sempre affidare”.

- “ E se no, allora non viene?”, dice Roberto

- “Ma sì, soltanto, si mostra in modo diverso. Vedi, non sapevi ancora nulla di Dio, e il Suo aiuto è venuto comunque a te con evidenza”.

- “Attraverso te, caro zio Willmut! Ora ho fallito, dovevo sapere che... !

12. “Non ti inquietare, caro ragazzo, perché non hai pensato alla tua vicissitudine. Si deve considerare la via della propria vita, ed attraverso la conoscenza che vi si trae, servire il prossimo. Sei ben progredito e a casa sarai un forte sostegno. Non solo materialmente. Tu e Marita fonderete dall’opera del padre una cosiddetta ‘opera d’amore’. Naturalmente, l’industria rimane; ma come voi provvedete per gli uomini, che compiono da voi il lavoro, questo farà poi la differenza.

13. Ora basta con questo. Presto ci sarà una grande gioia. Il nostro signor ministro”, il medico fa un buffo inchino, “sprona già il suo Pegaso e – come mi ha rivelato Bertram – verrebbero ancora due care signore. Lui lo ha sognato, così dice, quindi ci dobbiamo dare da fare per essere pronti per il ricevimento”.

14. “Zio Wullmut, voglio costruire un padiglione all’ingresso della nostra pista, pensato come ingresso, e alla fine un hangar. Con il nome Richard – lui è inoltre molto orgoglioso del suo nome – ne ho già parlato con lui”.

- “Molto bene; ma dobbiamo anche finire il gazebo, e questo richiede il suo tempo. Lo potrebbe sorvegliare Richard e tu i padiglioni”.

15. “Certamente: sicuramente ne serviranno circa da due a tre settimane”.

- “Roberto, bada che il tutto riesca”.

- Tutto è pronto per il tempo stabilito. Qui sia detto subito in anticipo: Roberto impara meglio in questo modo per trattare più avanti con la propria gente. Arriva l’annuncio che Cruzziano sarebbe arrivato nel porto e, “…poi arriviamo”, si legge alla fine del messaggio.

16. Come diligenti formiche si corre qua e là, si adorna la casa degli ospiti, il piccolo bungalow, vengono pulite le vie e le proprie capanne, non per ultimo i bambini. Il bambino ferito, nel frattempo, è anche guarito. Piangendo aveva alzato le manine: “Zio dottore, non lo faccio più!”. Si è potuto tranquillizzare a fatica il piccolo ometto.

*

17. Arriva il gran giorno. Da lontano si sente il rumore del motore, si lascia tutto e si corre verso il bordo della pista. “Arriva aereo nostro!”. E… oh, miracolo, …sono due. Atterranno sicuri e finiscono di rullare lentamente. Roberto ha costruito una lunga e larga pista d’atterraggio e di partenza. Wanger ha pensato prima che non doveva essere così grande; ma Roberto ha solo riso: “Più grande è meglio che più piccola!” E anche il vecchio nero aveva riso.

18. “Sono curioso”, dice Wanger, “Pedro voleva tuttavia ritornare sulla nostra Mary (l’elefantessa), ma sembra che preferisca un aereo”.

- Gli uccelli d’argento stanno fermi, si aprono gli sportelli. Wanger, Roberto, Bertram e Richard sono accorsi per ricevere gli ospiti. Scoppia un giubilo assordante. Tutto l’insediamento urla, grida, calpesta i piedi, batte le mani, ah…”

- “...ma che accoglienza”, ride il ministro e si getta al collo di Wanger, “più magnifico che per un re!”

19. “Amico Pedro, Juliane, il mio Mughetto...”, Wanger è sopraffatto dalla gioia. Marita lo bacia semplicemente, dopo che i fratelli si sono salutati nel modo più cordiale. I viaggiatori vengono ammirati molto ed anche assaliti subito: ‘se si potesse una volta accarezzare questi grandi uccelli’.

- “Naturalmente”, ride uno, “ma solo con me!” Alza un dito avvertendo:

- “Sì”, gracchia il bambinello, “non si può fare da soli, se no, arriva cattivo serpente e morde”. Dicendo questo, mostra orgoglioso la sua cicatrice.

20. “Piccolo monello”, dice Wanger. “Chissà, com’è stato quella volta?”

- Una ragazzina di dodici anni alza la mano. “Una volta c’era uomo e donna, il caro Dio aveva dato a loro un bel giardino dove potevano abitare. Ma non facevano quello che Dio ordinava. Allora venire il serpente, e Dio caccia i due e non sono andati mai più nel giardino. Ora questo si trova solo quando si arriva nel Cielo”.

21. “Hai imparato bene, Chatarina”, la loda il missionario.

- Juliane bacia la ragazzina. Quanto brillano gli occhi, e Pedro dice: “Questo era un discorso di benvenuto particolarmente caro, ci guarderemo da questo cattivo serpente. In questo luogo ce ne sono ancora?”, chiede al medico mentre costui si occupa delle signore.

22. “Di tanto in tanto qualcuno si fa vedere, li abbiamo combattuti, al momento siamo liberi da loro”.

- Dice un pilota: “Allora questo è buono, non vogliamo mica andare subito all’ospedale”. Gli ospiti sono molto contenti del loro bungalow e il capo pilota loda straordinariamente la pista. “Mi sono proprio stupito”.

23. Nel villaggio si fanno le ore piccole. Juliane e Marita vengono toccate ed ammirate, e fanno come il ministro coprendo gli indigeni con i doni, cose senza valore, nel senso dell’amore, ma preziose da vedere. La chincaglieria viene accettata ringraziando gentilmente. Finalmente ci si sta seduti di fronte alla casa del medico. Vengono riferiti i saluti di casa e distribuiti anche dei doni preziosi.

24. “Domattina scaricheremo il resto: medicine e attrezzature che ti saranno utili”, Pedro si rivolge a Willmut. “Marita, tienilo stretto, che non cada dalla sedia”. Ride da monello.

- “Ora da noi sei un cittadino onorario, e lassù ti puoi chiamare professore. Ma non pensare che lo avrei combinato io! No, un paio dei tuoi lavori che sono stati pubblicati nel giornale dei medici, quelli ti hanno procurato il titolo. Meritato da te!

25. Seconda gioia: gli ‘uccelli’ sono la tua proprietà. Il signor Fallango, il capo pilota, rimane qui e vuole istruire alcuni affinché, se necessario, possano servire da piloti. E...”

- “Zio Pedro, posso imparare anch’io? Era mio desiderio, ma i genitori non volevano”. chiede Roberto.

- “Per me lo puoi fare volentieri”, annuisce Cruzziano.

26. Nel frattempo il medico stava seduto immerso nei pensieri. Non avrebbe mai voluto ‘essere qualcosa’. Quanto è grato verso Dio che ha potuto operare così. Il titolo non gli vale nulla, non se ne servirà quasi. Che il suo lavoro, la sua ricerca, abbia trovato un’eco, è la gioia più bella. Con una forte stretta di mano ringrazia il ministro.

27. Si è fatto tardi. C’è silenzio, l’esercito delle stelle saluta gentile dall’alto.

- Marita sussurra: “E’ come un paradiso, qui si possono guarire le anime malate”.

- Roberto bacia la sorella. “Lo hai detto con amore, piccola, ed è vero”. Che nella vicina foresta veglia un nero, non lo sospetta nemmeno il medico.

28. Il giubilo si attenua per via della quotidianità, ma si ripresenta quando si incrociano le vie in cui sorridere agli ‘amici bianchi’. Alla seconda sera dall’arrivo viene raccontato molto. E’ arrivata una lettera dai Mescaru, si sono ambientati bene nella stazione della missione. C’è persino una lettera su Vilpart, che ora si comporterebbe ordinatamente.

29. Il magazzino del medico è riempito, lui ringrazia particolarmente Cruzziano, anche il fabbricante, poiché è stato sacrificato molto. “Hai fatto moltissimo, amico Pedro, e vedi proprio la mia gioia di avere qui te, Juliane e Marita. Spero che possiate rimanere per un po’.”

30. “Noi una settimana, per questo ho utilizzato una parte delle vacanze, quindi nel mio tempo sono libero, mio signor Professore!”

- “Ti regalo il professore”, Wanger fa un allegro cenno, “qui sono solo medico e missionario e null’altro!” “Hm”, Marita fa una perfetta riverenza, “noi sappiamo, zio Willmut, chi e che cosa sei, …anche per noi”. All’improvviso la sua allegria è passata; guarda Willmut molto seriamente.

31. Lui sorride: “Tutti sono entusiasti di voi; si chiede proprio giornalmente quanto tempo vi fermate”.

- La ragazza risponde: “Quattro settimane, e in questo tempo vorrei essere attiva nell’ospedale sotto la tua sorveglianza. Nel frattempo ho assolto un corso, così da non dare dispiacere come una stupida ochetta al mio signor Professore”.

32. “Nella vostra fabbrica potrai valutare proprio questo lavoro. Tu e Roberto dovete diventare una Benedizione!”. Con queste parole subentra, come così sovente, un bel silenzio, che rende così pacifici, rende gli uomini beati. Accanto a questo, c’è subito il mondo. Entra Bertram. Gli si vede la sua preoccupazione.

33. Anche il medico la percepisce. Oh, un’isola di pace deve fare sovente i conti con le lotte.

- Bertram riferisce: “I vicini mandare qui spie già ieri notte”.

- “L’ho previsto ed ho vegliato presso i cari amici bianchi. Ora sanno che gli uccelli d’argento hanno portato della ricchezza e questa spinge all’attacco. Ho messo delle guardie. Se si sono chiamati aiuto, allora…”. Si asciuga la fronte.

34. “Noi stiamo sotto la protezione di Dio!”, Wanger si era alzato e ora sta lì come un profeta, serio ed imponente.

- Bertram congiunge le sue mani e dice. “Prendete vostri fucili, ma non uccidere nessuno, altrimenti viene molta miseria su di noi”. I suoi occhi da veggente fiammeggiano in uno splendore profondo.

35. Sono entrati anche i piloti. Loro non sono stati catturati dalla Luce, hanno ‘vissuto alla giornata’, …ora li tocca qualcosa e si guardano furtivi. Ognuno porta due armi e il ministro va a prendersi il suo fucile. Wanger prende il suo, che è sempre carico per la protezione contro le rapine.

36. Bertram dice: “Loro vengono, ma tardi, quando le stelle cominciare a impallidire. Di solito, è allora che l’uomo dorme molto profondamente, e allora loro vogliono sorprendere noi”.

- “Avremmo tempo un paio di ore. Amico Bertarm, potete vegliare senza addormentarvi?”

37. L’anziano uomo si inquieta quasi: “Ma cosa pensi, signor ministro! Nessuno dorme! Tutto quello che tu portare è proprietà del medico. Noi lo sappiamo. E pure, ciascuno di noi pensa: ‘E’ nostra proprietà, perché con queste cose il dottore ci serve’. Così difendiamo il nostro. Inoltre, io sorveglio le guardie. Voi bianchi, che ancora non avete nessuna forza forte dell’anima, potete riposare un poco”.

38. “L’ho pensato”. Cruzziano dà le due mani a Bertram. “Ti saprò ancora ringraziare”.

- “Lo hai già fatto, perché tu, alto Signore, sei così gentile con noi neri, e tutti ti onorano, la tua cara moglie e la cara ragazza, …tutti voi”, indica intorno e tocca anche i piloti.

39. “Voi dormire in una stanza, allora io non devo correre qua e là”. Bertram esce. Anche se tutti i neri si spargono, non si sente il minimo rumore. Wanger non riesce a dormire, anche se la sua anima è forte e lui sa: ‘Al di sopra delle nostre piccole mani sono stese le Mani del Creatore!’. Questa fiducia è sempre stato il fermo fondamento della sua vita.

40. Roberto si siede accanto a lui e sussurra: “Zio Willmut, non trovo pace, voglio vegliare presso gli Hangar. Dal mio tempo di ragazzo ho pure una pistola di fuochi d’artificio. Strano che ho portato qui questo giocattolo. Ci potrà essere utile”.

- Wanger sorride fra sé e sé.

41. “Grande, ragazzo! Hm, …con cose piccole si possono fare cose grandi, con piccoli doni, lenire sofferenza e miseria”. Appena davanti alla porta, una mano tende verso di lui.

- E’ Carol che rimprovera quasi; “Costruttore di piste, il pericolo è grande e anche tu hai salvato il mio bambino. Non devi...”.

- “Ssst”, fa Roberto, “vieni con me; inoltre lo ha permesso il nostro medico”.

42. “Permesso? Allora… “

- Roberto porta con sé il giocattolo, tuttavia anche una vera pistola. “Vieni, Carol, andiamo agli hangar e rimani con me, ho bisogno di te”.

- Il nero annuisce; non lo si vede, ma nessuno sarebbe più veloce che proprio lui. Roberto accarezza una volta sorridendo la sua arma da bambino, poi il buio inghiotte entrambi.

43. I posti sono mimetizzati molto bene. Stanno accovacciati per due ore senza muoversi, mentre a Roberto costa fatica di rimanere in una posizione per metà inginocchiato.

- “Adesso arrivano!”

- “Corri! Sveglia i miei amici!”

- Carol è via come un fulmine.

- Ci si piazza prudentemente dietro un cespuglio e un albero, all’ombra dei due hangar, arco e freccia sono già tesi. Roberto si è abituato all’oscurità; ha anche occhi acuti.

44. “Non sparare!”, ordina lui, “e non vi dovete spaventare. Perché ho un’arma magica”, sceglie intenzionalmente quest’espressione. “Fate solo attenzione, i nemici scompariranno subito”. Nel frattempo si vede chiaramente come una catena un po’ estesa, equipaggiata con armi vecchie, avanza strisciando prudentemente verso la pista; solo due aggressori portano dei veri fucili. “Tutti giù!”. Ora Roberto dà l’ordine ad alta voce; i nemici devono accorgersi che sono stati attesi. Appunto questa disposizione ostacola intanto l’attacco.

45. Uno rivolge a Roberto il suo fucile, ma costui spara subito con la sua pistola giocattolo. Un razzo sibilante vortica in alto. “Ah”, schiocca Richard, “arma magica!”

- I nemici si sono ritirati nel primo spavento; ma si consigliano soltanto. Le ‘belle’ cose seducono troppo.

46. Quando si avvicinano di nuovo, Roberto fa partire altri razzi e rivolge la pistola su uno, che giace con il fucile pronto all’attacco. Roberto come buon tiratore, colpisce il fucile. Il nemico urla. Richard ed un altro saltano avanti e tirano il ferito sulla pista. Intorno al villaggio si mostrano molti nemici. Ora schioccano ovunque i colpi, …nell’aria. Questo è sufficiente. Gli aggressori si ritirano uno dopo l’altro e presto non si sente più nulla della lotta notturna.

47. Ci si atteggia da importanti, si ha vinto ‘un grande nemico’. Roberto regala la pistola da fuoco d’artificio e mostra a Richard come la deve usare. “Se una volta non sarò più qui e verrete aggrediti, allora prendi in mano la piccola cosa. I feriti guariscono di nuovo, ma i morti non si alzano più”.

48. Il nero ferito viene assistito nel lazzaretto. Quanta paura ha avuto, di morire secondo la legge tribale. Ha perso un mignolo, una iniezione gli toglie il dolore.

- “Il dottore bianco è un grande mago”, racconta più tardi alla sua gente, che – come solo in singoli casi – è culturalmente rimasto indietro.

49. Cruzziamo gli ha fatto tradurre: “Capo tribù, sii grato, con fatica il nostro medico – che non è assolutamente grande – ti ha guarito. Entro due giorni puoi tornare a casa. Ma bada a te di attaccare ancora una volta il nostro dottore! Perché, tutto ciò che appartiene alla sua tribù è sua proprietà. Io sono un uomo potente”, Bertram che traduce il discorso, intreccia senza incarico con molti gesti, ‘...un regnante molto grande su molti regni’.

- “Io ho molti soldati che poi arrivano e vi portano via da qui”.

50. La minaccia non è intesa seriamente. Comunque, …il nero si rannicchia e supplica Bertram: “Fratello, dì al grande uomo bianco che non vi attaccheremo mai più. Ma se, …se il dottore bianco…”, fa una faccia sofferente, “…sì, se volesse guarire anche i nostri malati? Non tutti, ma mia moglie che è molto malata”. Naturalmente non è vero, e Bertam dice: “Poi, io parlare a lui”.

51. Durante la visita pomeridiana Wanger rimane per un po’ presso il giaciglio del nero: “Allora, amico mio, come stai?”

- “Bene, io portare qui tutti i miei malati, o, …non tutti, ma mia moglie e..”.

- “Prima dieci, perché non abbiamo abbastanza letti; se sono guariti, allora possono arrivare altri”.

- Il capo tribù annuisce grato, e più avanti manterrà la sua parola.

52. In questo giorno c’è molto da fare, ma alla sera è di nuovo tornata la calma e…

- “...ora sentiremo il meglio, ne ho un vero desiderio”, si fa sentire il ministro.

- Juliane e Marita lo confermano e i piloti chiedono se anche loro possono ascoltare.

53. Wanger annuisce. “Per voi sarà tuttavia terra nuova, e non comprenderete tutto”.

- “A me è successo proprio così, mi manca ancora molto della vera conoscenza spirituale”, interviene Cruzziano,

- “Amico, finché viviamo sulla Terra’, dobbiamo percorrere le vie della conoscenza, se vogliamo raggiungere l’alta meta: La Luce di Dio e la Sua contemplazione”.

- Un sospiro: ‘Quando ci arriverò?’

54. Wanger comincia: “Cari amici, mi potete interrompere, potete fare domande, perché nello scambio si procede meglio. Vado indietro un po’ lontano, affinché comprendiate la mia esposizione”. Con ciò intende i piloti, che spiritualmente sono per così dire un foglio non scritto. Questo è bene, allora non si deve dapprima eliminare qualche errore.

55. “E’ molto bene farsi guidare. Ma in ciò il male pesa sul bene. Con il solo regalato non si può fare molto. Quello che ci si conquista da sé è l’allenatore migliore per l’anima! Il padre di Roberto ha chiesto se andassi solo dalla gente buona. Questa domanda fa scaturire un importante dubbio. Purtroppo la Chiesa ha commesso quell’errore e fino ad oggi non eliminato il dogma della dannazione e l’accettazione solo dei cosiddetti buoni, anche se il Salvatore ha chiesto: «Perché tu mi chiami buono?»

56. Se Dio va veramente incontro solo a questi, lo rivela la Bibbia, nella quale troviamo la Sua paterna indicazione. Un vero padre ama anche quei figli che non sono riusciti del tutto bene. Un tale amore si manifesta – con la conoscenza superiore – non nell’accarezzare, ma piuttosto nell’educazione ricca di benedizione. E chi – domando io – è un Padre migliore che il Dio di noi tutti, l’Onni-Eterno che ha creato tutti noi?!

57. Il Creatore si era creato un popolo, i Suoi figli, ricchi nella loro infinità, ricchi in alti Doni, che Egli ha dato loro come Bene nobile, veramente un‘eredità anticipata, come non può essere data in modo più santo e vero, che non è da rivelare precisamente. Qui non voglio illuminare i particolari, questo è troppo per ora, ma è da accennare alla linea di base.

58. Una gran parte di questa schiera di figli si sono conservati il Bene nobile; ma una figlia si è per così dire sbagliata nel tendere all’eterno Scrigno di Dio, per rubare ciò che apparteneva unicamente al Creatore. Lui, perché amava questa figlia proprio come gli altri, l’ha bandita, affinché nella lontananza giungesse una volta alla conoscenza. Vediamo perciò che il Signore non va solo dai buoni, magari come nella Luce; ma nella materia va rilevato che Egli va anche da coloro che vogliamo chiamare maligni, per educarli attraverso la punizione.

59. Dio come Salvatore nel mondo offre il migliore esempio. Egli è andato dagli alti e dai bassi, dai pagani e dai giudei, ha parlato ad ognuno di giorno e di notte ed ha insegnato la Predica del monte:

«Chi è gentile solo con i suoi simili, non fa nulla di particolare».  (Matt. 5,47)

60. I Beocana lo chiamavano ‘un caso’, che ho potuto salvare Roberto. Nessuna storia del mondo si fa condurre per caso! Certamente esistono cose secondarie, che si possono descrivere come ‘casualità’. Ma la via della nostra vita non si limita all’esteriore. Questo ci passa accanto; lo spirituale è il complesso di base, dal quale si eleva la nostra esistenza. Se lo riconosciamo oppure lo neghiamo, …nulla è più importante che la Vita dallo spirito, al quale è allineata la nostra anima.

61. In questo settore non esiste nessun caso, solo la Guida, e questa giace nella mano di DIO. Certe cose si possono anche chiamare destino; perché a volte il Signore ‘manda’ agli uomini qualcosa, per toccarli con questa, nel caso non vogliano sapere nulla della Guida. Qualche destino è da portare anche per altri. Qui intreccio una cosa:

62. Io ho pensato di servire il Signore come missionario. Allora Lui mi ha ‘mandato’ dai malati, e laddove c’era di casa la miseria, ho riconosciuto che non soltanto l’insegnamento, per quanto sia buono e vero, colma la via della nostra vita, bensì il servizio è la prima cosa che ci libera dal nostro proprio mondo. Se avessi solo parlato ai miei neri, che cosa avrei raggiunto con questo?”

63. “Nulla!” esclama Bertram, che siede in mezzo agli altri. “Prima del nostro dottore c’erano altri che parlare solo molto. Tu subito lavorare molto, con poche parole parlato, e noi capire il perché venire da noi. Per esperienza noi non volere sapere nulla di te, ma tu molto gentile hai aspettato e prima hai pensato a noi. Allora abbiamo trovato fiducia in te”.

64. “O Bertram”, ride Marita, “non siete stati furbi! Quando io l’ho visto, ho avuto subito fiducia in lui”.

- “Va bene, Mughetto, io stesso ho visto la tua buona anima; ma conduci tu una volta una tribù che attraverso diverse vicissitudini è diventata timida verso gli uomini bianchi”.

- Lui guarda Wanger, cercando aiuto.

- “Hai ragione. Una sana sfiducia è giustificata, soprattutto allora, quando non nuoce a nessuno”.

65. Fallango alza la mano: “La mia domanda qui non è al posto giusto, e quello che ho sentito adesso mi era sconosciuto. Naturalmente sapevo che esistesse un Dio, soltanto, …non mi era un concetto, perché si diceva: ‘La natura cresce attraverso se stessa e l’uomo proviene dagli animali’. La costruzione del nostro corpo insieme a tutti gli organi interni è simile a quello degli animali. Questo può essere credibile; ma se è così, allora decade una fede nel Creatore che ci avrebbe creato. Naturalmente anche per gli animali. Com’è da comprendere?”

66. “Per gli scienziati, che si fissano pure sul pensare così legato alla natura, come i rigidi insegnanti di chiesa sui dogmi, non è facile togliere loro la benda da ciechi. La conoscenza delle cose di Dio premette una ‘fede’, ma non la fede cieca, perché questa non conduce a nulla. Se credo nella Guida di Dio, allora nel destino sono anche un guidato.

67. Se io so che il Creatore ha creato gli uomini insieme alle creature dalla pienezza della Sua Potenza, allora vorrei aprire l’occhio della Luce, come lo voglio descrivere, per giungere un po’ alla volta alla chiarezza. Mi servo volentieri di una contro argomentazione che demolisca tutte le credenze apparenti. – Uno scienziato che prendeva in considerazione solo ‘lo sviluppo’ e faceva sorgere gli uomini dall’animale, mi ha presentato la Bibbia nella quale – lui sottolineava che essa proviene dagli uomini – sarebbe sorto anche il mondo animale e vegetale, e solo dopo ‘l’homo sapiens’. Questo lo ha chiamato il segno, che la scienza di animale-uomo sarebbe giusta.

68. Non è stato possibile condurre un tranquillo dibattito. Lui ironizzava che Dio – se ne esisteva Uno – non sarebbe visibile, quindi senza esistenza. Io ho chiesto se poteva vedere l’aria ed afferrarla con le mani. Lui lo ha respinto, affermando che l’aria sarebbe una parte costituente della natura. A ciò io: ‘È l’elemento più importante, perché senza aria Lei non può vivere! Può rimanere molti giorni senza nutrimento, ma nemmeno cinque minuti senza aria.

69. E se si osserva la costruzione del corpo, allora si notano differenze essenziali nonostante qualche uguaglianza o somiglianza di entrambi i generi’ (tra gli animali e tra gli uomini). Lui diceva che sarebbero chiacchiere di bambino. – E’ quasi impossibile insegnare qualcosa a gente simile.

70. Il sentimento umano, indica il ponderare un’azione con l’istinto superiore, lo possono fare solo coloro che non possiedono la vera etica, anche se conoscono il senso della sua parola. Con ciò veniamo al più mondano, cosa che separa l’umanità dalla fauna: il principio spirituale-animico.

71. Questo è il pensare cosciente riservato alle creature. Sono da separare la creatura (più elevata) dalla creatura (più bassa). Quest’ultima si riferisce esclusivamente agli animali, mentre la creatura è l’uomo, preposto come figlio della Luce, come anche coloro che sono da descrivere come esseri. Di questi generi, se lo desiderate, ne parliamo un’altra volta. Riguarda gli spiriti, gli uomini, le anime, gli esseri.

72. Il principio divino in noi è la parte dello spirito che la Divinità ha dato dalla Forza della Sua maestosità alle creature; l’animico è la seconda parte, e questa trasmette la ‘vita cosciente’, sempre sulla base della propria conoscenza e delle facoltà che noi possiamo diminuire ed anche aumentare attraverso l’impiego delle Forze prestate. Tutto questo, l’animale non lo possiede, ed è inventato che la natura le avrebbe sviluppate un poco alla volta.

73. Esistono animali con un intelletto superiore, ma anche qui la facoltà di pensare e di esprimersi rimane in certi limiti, che un animale non può superare. L’uomo invece può, attraverso il lavoro e sforzandosi, trasformare ogni intelletto in intelligenza. Da ciò si può vedere che gli esseri viventi creativi stanno al di sopra di ogni creatura e sono legati alla vita solo tramite la natura.

74. “Non l’ho mai considerato così”, confessa il capo pilota. “Ci si vergogna quasi, che...”

- “Non è necessario”, interviene il ministro. “Chi non ha saputo nulla della verità, non la può nemmeno conoscere. Prima non ho mai riflettuto, anche se ho contraddetto l’insensatezza. Questo mi era appunto troppo assurdo. Oggi possiamo ringraziare nel modo migliore il nostro maestro di sapienza”.

75. “Alt!”, esclama Wanger. “Non voglio essere nessun maestro. Se posso portare qualcosa dallo spirito, allora è la Bontà di Dio che ce lo dona! Ora”, intreccia una pausa, “vogliamo dapprima consumare uno spuntino, poi cominciamo un ulteriore capitolo”.

- Tutti sono d’accordo, e l’interruzione serve a accogliere ancora una volta ciò che hanno sentito.

 

 

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Cap. 15

Una grande predica per quei pochi

1. I piloti si sentono veramente coinvolti, soltanto, …è proprio terra nuova. La si cerca e non si sa che cosa farsene. In che modo, un terreno incolto può diventare un buon campo? Il medico vede la confusione dei pensieri che è nelle giovani teste. Un silenzioso sorriso, una preghiera interiore: ‘Signore, risvegliali, affinché trovino un buon sentiero!’

2. Roberto si annuncia: “Zio Willmut, posso chiedere qualcosa? Ma non vorrei interrompere l’insegnamento che hai previsto”.

- “Avanti, dì pure”, dice Juliane, “il nostro maestro lo intreccerà nella sua predica”.

- “Lo hai detto con amore!”. Suo marito le prende le mani.

- Wanger annuisce e Roberto dice:

3. “Ho letto nella Bibbia quando il Signore si è seduto stanco sul pozzo. Tu hai insegnato che il Salvatore era Dio stesso. Se Egli lo era, come poteva essere stanco?”

- “Una buona domanda! Non vogliamo rimanere severamente con un tema, ma passiamo una volta in lungo e in largo con la nostra nave dell’anima. Così impariamo a conoscere il ‘mare della Divinità’, fin dove lo possiamo afferrare.

4. Ci si deve trasportare nel tempo, perché non la si può comprendere dal punto di vista del nostro presente. Attraverso la retrospezione ci si rivela anche la cosa più segreta, incompresa, e la si trasferisce nel presente. Perciò camminiamo una volta attraverso il paese con il Signore e con i Suoi discepoli. La via è lunga, Egli vuole andare a Sichem[4] e sa appunto che là succederà qualcosa. Le Sue vie non sono ‘casuali’; no, …ogni passo è previsto dalla pienezza delle Sue magnificenze.

5. Non di rado la schiera dei discepoli piagnucolava quando la via diventava gravosa. Oh, il Signore conosce fin troppo bene la ‘razza umana’. Ha sempre istruito i discepoli come si dovevano comportare. Sulla via verso Sichem litigavano, rimanevano dietro il Signore, Lui non doveva sentirli. Mentre sapevano anche troppo bene che Egli non aveva bisogno di sentirli prima per sapere che cosa succedeva fra loro. E Lui, …sorrideva fra Sé e Sé. Nonostante i rimbrotti, loro scarpinavano dietro di Lui oltre pietra e sabbia. Gli erano affezionati. Perciò Egli passava oltre il loro litigio per via della faticosa via, ma non così senza allacciarvi un esempio d’insegnamento.

6. Lui lì era arrivato per primo nel luogo e si era seduto sul bordo del pozzo. Oh, come Uomo, anche il Salvatore poteva stancarSi qualche volta, tuttavia la sua stanchezza non è da mettere alla pari di quella umana. E ora Egli aspetta i Suoi discepoli, che stanno intorno a Lui vergognandosi.

7. Lui li ammonisce: ‘Potete stancarvi, ma mai essere oziosi! La via era troppa per voi. Chi è il Mio discepolo, non deve temere il piccolo disagio. Vedete, ho preso su di Me il diventare stanco a causa vostra. Oltre a questo’, e i Suoi occhi splendevano soavi, ‘Io stesso sono il Pozzo. Le Mie parole sono quell’Acqua che Io so dare in ogni tempo.

8. Siete affamati? Siete assetati? No! Quindi Mi potete anche seguire ovunque vi faccio sapere le Mie vie! Perché per l’uomo non è facile camminare sulle vie dello Spirito; egli evita questa fatica. Ma nel mondo nessun peso gli è troppo pesante, quando guadagna un vantaggio, una gioia per l’esistenza del corpo.

9. Io ve lo dimostro con la lunga via. Chi prende su di sé per la sua anima il peso e la fatica di una via, arriva sempre al Pozzo, che sono eternamente Io!’. Fin qui una parte dell’insegnamento di Gesù ai discepoli”.

- Marita chiede: “Perché non sta scritto così nella Bibbia? Si comprenderebbe tutto subito, e non si dovrebbe indovinare prima a lungo il perché è avvenuto così come sta scritto”.

10. “Una parabola: – Il Maestro dà nel contorno ciò che è da accogliere. Se Egli lo spiegasse precisamente ai figli, allora non si conquisterebbero nulla; ‘fruscerebbe’ per così dire solo di passaggio. Si comprende?”

- Marita e Roberto lo affermano.

- “Proseguiamo un piccolo passo, per comprendere la Bibbia.

11. Giovanni, che era penetrato più profondamente nell’insegnamento del Salvatore, alla fine dell’epistola scrisse che Gesù ‘…avrebbe fatto ed insegnato ancora molto e che il mondo non avrebbe potuto comprendere i libri che potevano essere scritti’. Quanto ha avuto ragione! Perciò ha scritto poi a Patmos anche il Libro della Chiave (Apocalisse), che oggi non comprendono ancora la maggior parte dei teologi, oppure solo in parte.

12. Era impossibile annotare allora tutto ciò che il Signore ha fatto, se e come lo rivelava la Sua Entità. Poteva, a Dio, essere ignoto il ‘percorso dell’umanità’? Voi lo negate, e così si vedete che la maggior parte dal tempo del Salvatore era da conservare per un tempo successivo. Oggigiorno è già stato rivelato molto[5], e qualche uomo benedetto dalla Luce ha potuto annunciare la Luce della Verità dalla Via di Dio.

13. Se non cercassimo per trovare, se non potessimo esaminare per sfogliare la verità di Dio, …ci servirebbe molto poco la Bibbia. Chi è attaccato alla lettera, trarrà difficilmente un’utilità dal ‘Libro dei libri’. Quando si ha trovato il cosiddetto filo rosso, allora è facile riconoscere nelle vicissitudini il perché della profondità della Parola e delle Azioni”.

14. Il ministro chiede: “Chi lo può senza guida? Io so, Willmut, che non vuoi essere elevato. Ti prego, chiediti se noi siamo in grado di sondare la profondità dello Spirito senza la tua interpretazione. Solo attraverso di te abbiamo trovato la vera via! Nell’ultimo tempo ho aperto più volte la Bibbia e, …ebbene, qui e là ho compreso qualcosa. Solo, così come lo sai spiegare tu, di questo non avevo ancora nessuna idea”.

15. “Non fa nulla. Ma chi cerca, trova; chi bussa alla porta, gli viene aperta; chi, oltre a questo, chiede la benedizione di Dio, a lui verrà sempre data. Una Parola di Dio, che inoltre, si lascia riferire al nostro mondano.  Ben quest’ultima è uno specchio, veramente solo una scheggia dello specchio; tuttavia, …anche in questa si può vedere la parola e la verità di Dio”.

16. Wanger riempie i bicchieri. Prima ha mescolato un paio di gocce al vino; gli amici non devono ammalarsi per il clima tropicale. Per oggi basta. Si va volentieri a riposare. In segreto vegliano sempre un paio di neri e Wanger è lieto che lo fanno da sé. Lo aveva notato, allorquando un paio di ombre strisciavano intorno alla casetta.

*

17. Il giorno dopo i piloti esaminano le macchine. Il co-pilota dice a Fallango: “E’ stato interessante ieri sera, ed ho anche compreso un po’. Tuttavia, …chi si occupa oggi pure di Dio? Lo fa solo gente anziana oppure quella che per una spinta vi si interessa. Io…”, e ride imbarazzato, “…non lo considero più adatto al corso del tempo”.

18. “Proprio così ho pensato anch’io”, risponde l’altro. “Da ieri penso che esiste una Divinità, e non è da rinnegare. In fondo, lo si fa solamente per non essere derisi. Adesso non m’importerebbe proprio. Che ridano pure! E poi, solo gente anziana? Il signor von Wanger non è vecchio, il ministro del tutto certamente un uomo che sa ciò che è davanti e dietro; anche lui e sua moglie sono negli anni migliori.

19. Nei giovani Beocana il loro seguire i difficili temi mi fa notare che l’insegnamento è da accettare. Si può solo guadagnare”.

- “Ripeteresti tutto ciò che hai appena detto nella cerchia degli altri camerati?”

- “Perché no? A volte mi passano nella testa certi pensieri fra il mondo e il Cielo; quando saliamo, atterreremo ancora? Sono certo che molti di noi lo pensano, anche se non ne fanno parola.

20. Mi sono sovente scoperto che ho trovato le mie mani come congiunte, come lo fanno i pii oratori, prima di partire. Mi sono deriso, lo puoi credere, e nonostante ciò, …quanto spesso mi è capitato il gesto, senza che lo volessi. Dev’essere proprio una Guida, come lo ha detto il signor von Wanger, che proprio noi siamo venuti qui”.

21. Il co-pilota vorrebbe ghignare ma, …non lo può. Anche lui sovente si era sentito strano quando era in procinto di decollare. Fallango ha ragione, si saliva e non si sapeva mai se si sarebbe tornati indenni. Non ha avuto una volta un atterraggio di fortuna che era finito bene? Allora aveva maledetto ciò che gli era successo; gli è valso come riga nera, persino quando la colpa era stata un improvviso difetto oppure un uragano imprevisto. Ora, …nulla è ‘passato oltre’ di ciò che ha saputo dal medico. Guardando indietro gli sembra come se dovesse cancellare la maledizione, come se ora avesse da ringraziare, come se… che allora…

22. Fallango interrompe la sua riflessione. “Compagno, non partiamo da qui senza piegarci, davanti a… DIO! Non sono riuscito a dormire tutta la notte, tanto mi ha toccato quello che ho sentito. Naturalmente, si dovrebbe, come ha detto il signor von Wanger, andare a scuola per un po’ di tempo per assimilare tutto. Ma il concetto di base è rimasto in me: esiste davvero un Dio! L’ho riconosciuto, che Lui mi… ci… ha guidato qui. Gioisco proprio per questa sera e spero di imparare di più.

23. La cosa con il pozzo sul quale Gesù stava seduto, ho avuto i brividi ed ho pensato che anche Wanger è per noi un pozzo, dal quale possiamo bere. Ebbene, sembra strano detto da me?”

- “Ah, non è così strano”, interviene l’altro. “Non sono pronto come sei stato tu di accettare quello che è stato detto. Ma stasera…”.

*

24. Ecco che arriva correndo Bertram con due uomini ed anche Roberto. Comincia la lezione. I piloti si stupiscono di quanto rapidamente i neri comprendono ciò che è da imparare per prima cosa. Pedro, Juliane e Marita vanno con Carlo dagli elefanti.

- “Questo è Pluto che mi voleva salutare amorevolmente”, Pedro ne indica uno.

- “Pensavo, calpestare”, risponde Juliane. Ha un po’ paura del gigantesco colosso, mentre Marita si lascia spensieratamente avvolgere la proboscide di Pluto intorno alle sue spalle.

25. “E qui è Mary”, Pedro va verso la signora elefante. E lei, come se lo conoscesse ancora, muove qua e là la sua proboscide. “Al ritorno prendiamo anche Pluto”.

- Ma Carol dice: “No, in libertà è difficile guidarlo. E’ così! … Fuori ha paura e diventa facilmente irascibile. Prendiamo il nostro ‘Maresciallo’, un elefante più giovane, il figlio di Mary, allora non può succedere niente”.

26. “I vostri elefanti hanno nomi nobili”, ride Marita e tende le sue mani verso Maresciallo che, giocando goffamente, si avvicina, mentre Mary ventola con le sue orecchie. E’ preoccupata che non capiti nulla al suo piccolo.

- Carol tiene fermo Maresciallo. “I nostri animali sono mansueti, abbiamo anche due leoni. Il nostro dottore li ha trovati piccoli e malati, le madri erano state uccise a fucilate”.

27. “Quelli, se li avessi...!”. Marita scuote i due pugni, “gli suonerei qualcosa! Ché pezzenti!”

- Il medico, arrivato, ride cordialmente: “I mughetti dovrebbero sempre suonare amabilmente. Ma hai ragione, piccola! Si dice semplicemente ‘animali cattivi’; si dovrebbe dire giustamente: ‘uomini stupidi’, perché non si sforzano di indagare il carattere di un animale. Ora vieni, andiamo una volta da Marte e Venere”.

28. “Questi sono i leoni? Si possono accarezzare?”, chiede Marita.

- “Solo alla presenza di Carol oppure mia”.

- Juliane si aggrappa alla manica di suo marito. “Vieni anche tu?”

- “Certamente”, la tranquillizza. “Con il nostro Willmut si può andare anche nell’inferno, …se ne esiste uno; e non ci capiterà nulla!”

- “Ah sì, il nostro dottore”, esclama forte Carol, “ha anche ammansito il cattivo capo tribù!”

- Gli ospiti scoppiano a ridere, Wanger sorride. Non può vietare ai suoi neri tali discorsi, in questo modo rimangono anche fedeli e bravi.

29. I leoni dapprima fiutano. Wanger si siede calmo a terra e già arrivano e si accucciano ai suoi lati. Gli ospiti hanno una bella paura, rimangono molto indietro. “Vieni una volta qui, Marita”, le fa cenno Wanger. “ Non devi far accorgere la tua paura, lo percepisce ogni animale; soltanto che non lo sanno e lo interpretano come attacco”.

30. All’improvviso Venere alza le sue zampe, spalanca le fauci e si erige in alto. “Rimanete fermi, tranquilli”, ordina Wanger a bassa voce. Venere va impettito verso Marita. Carol ha già fatto un arco e sta al suo fianco. Marte sbadiglia e posa la sua testa nel grembo di Wanger. Venere si siede come un cane ben addestrato davanti a Marita e solleva la zampa.

31. “Prendila, ti vuole salutare”, dice Carol.

- “Ah, ché esperienza”, sospira la ragazza. Si siede così come Wanger, e Venere si corica educatamente. Allora anche Juliane trova il coraggio ed accarezza entrambi gli animali. Quando si va di nuovo via, i leoni li guardano.

32. “Non me lo crederà nessuno”, dice Marita.

- Roberto esce da dietro un albero. “Ho fatto una foto”, ride lui.

- “Magnifico”, Marita si getta al collo del fratello. “Se sei così coraggioso come lo sono stata io...”

- “Oh, anche il tuo coraggio era dapprima nelle scarpe”, dice ridendo Cruzziano.

- “Dapprima anche il tuo”, prende in giro Marita il ministro. “Perciò, se sei così coraggioso”, rivolgendosi a Roberto, “…vai dai leoni; allora faccio la foto”.

33. “Oggi non più”, decide Wanger. “Domani veniamo di nuovo qui e verrà fatta di voi una foto di gruppo. Anche i piloti. Carol e l’uomo del mangime vi sorveglieranno, allora nulla potrà andare storto”.

- Quando i piloti sentono questo, sono molto entusiasti.

- Fallango si china a Marita: “Di tutto rispetto, non credo che oserei per primo questo gesto d’arte”.

- “Sì, sì, i bravi uomini seguono volentieri le orme delle loro dame”.

34. Lui le si è affezionato, ma… lui è solo un pilota, lei la figlia di un ricco fabbricante.

- Allora Bertram dice che Wanger sta per annunciare qualcosa: “Voi aspettare. Il nostro dottore insegnare a noi che il mondano deve essere osservato, ma sempre solo al secondo posto. I nostri amici bianchi non sono orgogliosi. Il fiore si raccoglie prima, quando sai che lui fiorirà incontro a te”.

35. Fallango guarda stupito davanti a sé. Da dove, per tutto l’oro del mondo, il nero sa che cosa si svolge nel suo cuore? Bertram ha imparato il silenzioso sorriso di Wanger, e con questo se ne va. Una fortuna, …nessuno lo aveva sentito. Fallango si sarebbe vergognato. Oh, anche lui aveva prima guardato il nero un po’ storto, benché secondo la mentalità delle razze diverse.

36. Il giorno scorre con molto lavoro. Wanger si sbriga per essere libero alla sera. Il Sole s’abbassa, l’ardore del giorno diminuisce ed ombre fresche entrano nei villaggi dalla foresta. Le finestre sono aperte, le zanzariere sono abbassate, il ventilatore sussurra e sono pronte bevande rinfrescanti.

37. Per un po’ c’è silenzio, nell’attesa ci si guarda reciprocamente. Le mani di Wanger giacciono intrecciate. E poi alza lo sguardo; si sente come lui sa accogliere la benedizione di Dio. Roberto, che ora conosce già meglio la Bibbia, lo vede simile ai profeti che una volta testimoniavano della verità di Dio.

38. Wanger comincia già a parlare: “Cari amici, vi sembra strano che io qui, un medico, mi dedico anche alla Parola e alla verità di Dio, come alla professione che ho da esercitare attraverso la Sua Guida”. Un silenzioso sorriso, come così spesso, sfugge sul suo volto, quando alza le due mani e continua a parlare: 

39. “L’uomo ha due mani, quindi con queste può anche fare due cose, non sempre allo stesso tempo, no; Ma delle due, nulla ha bisogno di essere minore. Ora, …anche il Creatore ha due mani. Se secondo la Sua potenza di Creatore Egli ha tante mani quante sono la molteplicità delle Sue Opere, ci è ignoto. Ma può essere credibile. Però nel Suo procedere rivelato, fin dove lo afferriamo come creature, sono sempre due Mani che mantengono le Sue Opere – in particolare noi, creature figli – e le conducono al perfezionamento da Lui benedetto.

40. Quando crediamo in Dio, noi mettiamo il nostro fare e non fare volentieri nelle Sue mani, e a volte si vorrebbe ben sapere che cosa EGLI faccia contemporaneamente, quando osserva il nostri alti e bassi, se Egli lascia di nuovo cadere qualcosa che non è in accordo con la Sua Santità. Se Egli lascia cadere qualcosa, domando: ‘Dove sta andando?’. Se Egli non continua a fare e a lasciare andare, allora – a rigor di termini  – si dovrebbe profondare nella trasgressione. E che cosa succederebbe dopo?

41. Così dalla propria personalità andrebbe perduto qualcosa. Perché pensieri, parole, opere che sorgono dall’io, sono e rimangono una parte di noi stessi”.

- Pedro dice che se Dio rigetta qualcosa, allora uno non l’avrebbe più. Ma se è così, allora si dovrebbe essere scissi nella propria personalità. “Possibile?”, aggiunge a questa domanda.

42. “Il problema non è del tutto facile”. spiega il medico. “Naturalmente le Opere create da Dio rimangono sempre così come Egli le ha create, incluso da Lui in anticipo lo sviluppo, che riguarda il Suo popolo-figli, e cioè per la nostra gioia, la Benedizione e il progredire. Da ciò non c’è nulla da ritagliare!

43. Quello che sarebbe da perdere è un patrimonio di pensieri, e questo pesa più che ogni altra perdita. Dai PENSIERI il Santo coglie le Opere delle Sue Parole e azioni. Nel più piccolo riflesso questo avviene anche da noi. Se dal patrimonio dei pensieri va perduta una parte, anche parole e opere restano minorate. Questo sarebbe appunto ciò che non potremmo mai riconquistare senza Dio. Quale perdita!

44. Ho alzato le due mani per accludervi la parabola: le mani di Dio-UR! Noi – da parte nostra, sovente indesiderato ed inconscio – vi mettiamo la vita, tutto il nostro essere con ogni errore, il dare e l’avere! Da ciò che la buona volontà vuole, vi è da credere che la Sua Bontà lo conserva e da cui edifica un’ulteriore strada della Beatitudine. Invece tutto il resto che si oppone alla Sua Santità…?

45. Oh, Dio è buono! Dal Suo patrimonio di base Egli terrà tutto il misero della nostra vita, in un duplice punto di vista: il primo è la Bontà, il secondo tutto il Suo creare! La Creazione è la Sua Proprietà e non c’è nulla che non fosse davanti ai Suoi occhi, poiché tutto è sorto da LUI! Quindi non si deve quasi chiedere dove cade il male, cioè, …anche solo nella Sua Opera!

46. Tuttavia, con tutto ciò che si oppone a Lui e comunque lo si tiene nelle Sue Opere, deve succedere qualcosa. Egli ha due Mani uguali, e non come da noi uomini che in genere la mano destra è la mano dell’azione, la sinistra la mano solo cooperante. Questo non è il caso di Dio! Egli mostra le Sue mani differenti solo per noi creature-figli, a seconda di chi affida a Lui le sue cose diverse, oppure, …perfino pure volerLo rifiutare.

47. Nel primo caso rimane uguale quale mano il Signore utilizza per guidare il nostro su e giù; nel secondo caso, la Sua mano destra è in ogni tempo il DIRITTO, quello immutabile, al quale nessuno si può opporre, con e senza volontà! La Mano sinistra si mostra poi in Lui come la ‘Mano cooperante’. Essa pratica un Aiuto, assiste il povero peccatore. E questa è, proprio come la Sua destra, del tutto irremovibile, la Sua Grazia!

48. Non si può immaginare che cosa Egli lasci gocciolare dalla Sua destra nella Sua Grazia, da questa, nella Mano destra/del Diritto! Ricordatevelo bene! Così infinito è l’operare della Sua Grazia, nella quale si mostra la Compassione, che Egli lascia fluire ogni male a gocce. Così Egli mantiene al più misero la possibilità di riconoscere una volta la Sua verità insieme alla propria vita, quanto sia stata lontana dall’Altissimo. E, riconosciuto questo, presto fluirà il resto della cattiva vita nella Mano della Grazia, più velocemente per Compassione, affinché l’anima sia salvata.

49. Dal nostro povero debito di vita EGLI fa per noi un credito nell’eternità, in cui si riconosca l’eterna Vita: la Verità e la Bontà di Dio! Renderebbe facile la nostra via, sia nell’aldiquà come nel Regno dell’aldilà, se noi stessi facessimo del nostro debito un credito, una piccola parte; perché il TUTTO lo fa EGLI! Ma già una nostra piccola parte potrebbe prepararci le Beatitudini che il Padre ha previsto per noi.

50. Dio non ha bisogno di produrlo prima; perché prima che un figlio giunga alla vera vita, Egli ha creato in anticipo ciò che ha voluto donare ai Suoi figli dal Suo Patrimonio di salvezza. Egli ha creato prima la dimora, e poi ha sollevato i figli dall’abisso alla Sua Magnificenza. Noi abbiamo un Dio magnifico! L’eterna Luce della Sua Esistenza-Dio è appunto il nostro sostegno, la nostra direzione, via e meta, è e può essere tutto ciò di cui abbiamo bisogno”.

51. Wanger include una pausa. Insegnare troppo in una sola volta, non è bene, perché gli ascoltatori sono all’inizio della via di conoscenza. Solo il nero Bertram, possedendo la ‘visione lontana’, può seguire completamente l’insegnamento. Ma come si sforza ognuno per accettare l’insegnamento, comprenderlo il meglio possibile, di ciò testimonia ora Juliane, la moglie del ministro. Lei domanda:

52. “Hai parlato del debito e del credito, che ho compreso bene perché ho pensato lieta: ‘Oh, il caro Dio fa del mio povero debito nella Sua Gentilezza, un credito. Ma ora viene ciò che vi sta di fronte. Dio ha incorporato in noi il Suo Io, intendo nel riflesso, non Lui stesso, come hai parlato delle mani Sue e delle nostre, allora il nostro debito dovrebbe essere necessariamente un credito di Dio, e il nostro credito, poi, il Suo debito. Non posso solo pensare, che Dio deve, che Lui – ebbene – ne avrebbe un ammanco. Spiegalo, ti prego, affinché io lo possa afferrare.

53. “Ben osservato”, loda Wanger. “Dio si rallegra di te. Osserviamo i Comandamenti, dai quali si può formare un debito e un credito. E’ sufficiente rilevare un solo Comandamento: «Io sono il Signore tuo Dio, tu devi...» Rimaniamo fermi con questo. Per noi vale precisamente il debito, non importa chi e che cosa siamo.

54. ‘Tu devi’ deve significare giustamente: ‘Tu dovresti’, che sarebbe bene se tu osservassi la Legge come Io, il SIGNORE, tuo DIO, l’ho data. In nulla si trova una cosa di fronte all’altra come esiste nel mondo: una parte il debito, l’altra il credito. Per il magnifico Dio della Bontà e Misericordia, il Suo Credito significa ‘Io faccio!’. Tutto procede dalla Sua azione, che non dev’essere confuso con l’inciso debito e credito mondano.

55. Nella sensibilità che in genere l’umanità ha perduto, il fare di Dio si può descrivere con ‘il debito’ (devi dare), altrimenti per noi non vi sarebbe nessun credito (l’avere). Invece, nel Suo dare, voluto potentemente, si trova – detto unicamente per LUI – ‘Io farò, Io lo voglio fare!’ – ‘Io ti voglio benedire e tu devi essere una Benedizione’, potrebbe valere per ogni uomo, se si affidasse alla Guida di Dio, se fosse veramente credente.

56. Ma chi adempie il fedele dare? Dove non lo si fa, va perduto anche il credito, l’avere. Ma il maestoso dare e avere di Dio rimane esistente, e se nessuno vi pensasse: tu devi, tu dovresti, per te sarebbe bene se lo facessi, qui intreccio il mistero della Luce di cui sono venuti a conoscenza solo pochi in questo mondo: i maestosi due fondamenti della Creazione, simile alle due Mani del Creatore.

57. La Condizione-UR, dalla quale Egli ha colto la Vita per la creatura-figlio, data come Legge a cui è sottoposta ogni vita, …sia liberamente oppure no, non ha importanza. Tutto è sottoposto alla Condizione-UR, altrimenti nulla di vivente si lascerebbe conservare; e noi uomini non arriveremmo mai al primo respiro di vita, che ci dona lentamente la propria consapevolezza.

58. Secondo: – La Legge della libera volontà è ordinata dopo la Mano-operante, nel simbolo adeguato alle Mani: la Mano destra dell’Azione somiglia alla Condizione-UR, la sinistra come Mano cooperante della libera volontà. La libertà della volontà data prima, di cui non si può disporre incondizionatamente, è il ‘co-Aiuto’, che ci unisce – anche da noi – con Dio-Padre..

59. Si potrebbe dire: la Condizione-UR sarebbe il santo-maestoso dare di Dio-UR! Ma questo non anticipa nessun devi. Infatti, tutto ciò che noi vediamo oppure no, viene da Lui, il Quale dalla propria Potenza di perfezione ha fatto divenire le Opere. Cominciando da quei Soli la cui grandezza, Magnificenza, non possiamo afferrare, fino al più piccolo filo d’erba, fino alla più piccola zanzara di questo mondo.

60. E dato che EGLI lo ha fatto divenire così, lo si può designare come il ‘dare di Dio’. Per la nostra conversione voluta dalla Luce è meglio non usare la Parola. Ma è da riconoscere questo: Egli ha donato il Suo operare per il nostro magnifico avere, messo nei due Fondamenti che erano prima che un figlio venisse alla Vita. Proprio da questo risulta il nostro dare. Chi osserva liberamente i Comandamenti, costui vive poi già presso di Lui, il Dio-Padre, anche chi cammina ancora sulla Terra, aggravato con il mondano, che abbiamo da cercare e da vincere in noi.

61. Se siamo capaci di pareggiare almeno con buona volontà il nostro dare e avere di Dio, allora vale come un proprio patrimonio, anche se proviene dalla ricchezza di Dio. In ciò è radicata la nostra beatitudine, che non abbiamo da aspettare solo di là, come lo crede la maggior parte dei cristiani. Oh, la possiamo avere già qui: perché l’essere uniti con Dio, …ditemi: che cosa di più Magnifico potrebbe esistere, se non un sentirsi-uno con il Donatore di tutti i buoni Doni!?

62. Troveremo certamente la vera beatitudine oppure il perfetto sentire, l’alto avere, solamente nell’aldilà, perché la cosa più sublime e migliore non si lascia trasferire nella materia. Ma il riflesso del Bene del Cielo lo si può percepire, possedere, anche sulla Terra. E credetelo, cari amici: già il riflesso illumina la nostra via, affinché possiamo giungere sulla via di Dio. E di più non ci vuole sulla Terra!

63. Se lo raggiungiamo del tutto, sia lasciato lì. Ma Dio, il Padre, considera anche una piccola parte. Pensiamo alla parola di Mosè: ‘quanto EGLI – Dio – ami gli uomini!’ Se Egli li ama, come non dovrebbe renderci felici con lo stesso Amore? Quindi possiamo essere certi: Dio è nel Suo Cielo! Egli può creare ciò che vuole! Egli ci può amare come vuole! La Sua volontà è la migliore! Quale conforto, che si può sapere che siamo adagiati nella Sua magnificenza, perfino quando come ancora-uomo lo sentiamo di meno.

64. Il nostro spirito, dato da Dio come Bene nobile, è il vero portatore di vita. Se lo si lascia giungere al dominio, allora anche l’anima, per la materia la vita consapevole, sentirà un po’ alla volta la beatitudine, e se ne approprierà. Dio, come giusto Giudice, pareggia volentieri il nostro dare e avere, e poi troviamo la via libera in salita, nell’eterna Luce!”

*

65. Non solo la notte presta un maestoso silenzio, è come se ognuno nella piccola cerchia donasse il silenzio, cadendo dall’alto ATMA di Dio. Ebbene, …è stato un lungo insegnamento, e per tutti non era nemmeno facile seguire queste profondità, comprendere subito questa verità.

66. Questo viene preteso questa sera? Oh, Dio guarda i cuori come hanno allentato il suolo delle loro anime, quanto profondamente è caduto in questi il seme, come hanno bevuto la rugiada del Cielo, hanno accolto il ‘Man-hu del Cielo’. Questo – può essere riferito – per quei pochi uomini ha dischiuso i loro cuori, ha spalancato loro le porte, e la benedizione fluisce in loro come una corrente. La Corrente venendo dalla Vita, dalla profondità di UR, dall’Altura, dall’Ampiezza e dalla Sua Vicinanza; …da LUI stesso!

 

 

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Cap. 16

Juanita in visita da Vilpart – Il direttore a cena

In Africa i preparativi per la partenza

1. “Ah, gentile signora Beocana!”. Fingendo amorevolmente, il prefetto le offre una poltrona. “Con che cosa la posso servire?”.

- Juanita si siede tranquillamente. “Vorrei far visita a Vilpart Mescaru”.

- “Già di nuovo? Questo è contro la legge! Lei è amica del signor ministro della giustizia e dovrebbe seguire le sue direttive”, dice perfido Mestosani. Lui lo vuol nascondere, ma non è difficile vederlo in trasparenza.

2. “Appunto”, ride Juanita con una piccola gioia maligna mentre continua a parlare: “Il ministro della giustizia ci ha scritto ieri, che lui è con sua moglie dal signor von Wanger con i nostri figli, per vedere come stanno le cose là. In ciò ha notato che mio figlio pensa a Vilpart, il quale vorrebbe avere volentieri di nuovo come amico. Soltanto, la richiesta di perdono ha da provenire da Vilpart. Perciò gli voglio far visita”.

3. “Ah, è così, il criminale diventa pure cittadino onorario!”

- “Mi meraviglio di lei, signor Mestosani! Parlare così è degno di lei? Certi giovani hanno commesso qualche sciocchezza d’asino in gioventù che li ha condotti a una grave caduta; ma non i meno sono diventati, nonostante ciò, ordinati, quando hanno avuto quell’aiuto, di cui soprattutto la gioventù ha urgentemente bisogno. Quindi?”. Non è quasi una domanda che la signora Beocana pone.

4. “E che cosa devo scrivere negli atti? Ci sono da registrare precisamente, visite o doni. Che cosa pensa lei, quale rimprovero ricevo, dall’alto, se...”

- Juanita respinge seriamente: “Lei sa bene che cosa lei doveva al signor Mescaru; il ministro si era preso cura della faccenda. Inoltre – sono informata che Vilpart dev’essere rilasciato anzitempo, per pareggiare un poco l’ingiustizia a… causa sua, …che è capitata al padre”.

5. “Vorrei scrivere al signor Mescaru; mi comunichi il suo indirizzo, la prego”.

- “Non lo posso fare; non ci tiene proprio di ricevere notizie da parte sua. Ma questo sì: il suo ragazzo andrà dal signor von Wanger e perciò deve prima mettere in chiaro per iscritto la sua faccenda verso mio figlio. Perciò sono venuta qui. Il signor ministro della giustizia ha provveduto a tutto questo. Se non vuol credermi, …la prego, chiami al Ministero l’ufficio competente che è informato. Allora ritornerei ancora una volta nel pomeriggio”, la signora Beocana si alza rapidamente.

6. “Aspetti!”, Mestosani la chiama indietro. Con il ragazzo tremendo ci sono continuamente fastidi. Sarà contento quando abbandona la città. Scrive velocemente una missiva. Suona e ordina al funzionario che entra, di accompagnare la signora Beocana. Muta, con un piccolo gesto, passa davanti al prefetto, anche lui si inchina muto.

7. ‘Se non si avesse urgentemente bisogno della gente’, si tiene di nuovo un monologo, ‘allora… La faccenda è già traviata; posso ancora vincere, se non reco fastidio al Cruzziano. Tanto, da lui ho già fatto lo scivolone, solo per via del Mescaru. Veramente, in tutto questo è colpevole questo Wanger con il suo fare umanistico. Lui ha contagiato Cruzziano. Se solo sapessi come si potrebbero dividere i due’.

8. Mestosani cerca sempre di far tacere a morte la sua coscienza, solo per non perdere nulla di mondano nella funzione e nell’onore. Nonostante tutto, sente precisamente, …ma solo non lo vuole ammettere, non perderebbe nulla di ciò che il medico-sacerdote gli ha detto. Il suo modo è stato impressionante.

*

9. “Vorrei far visita a Vilpart Mescaru”. La signora Beocana porge al funzionario in servizio nella prigione la sua missiva.

- “Prego”, dice cordialmente e fa un cenno al guardiano. Sulla via verso il tratto delle celle racconta a Juanita: “Il ragazzo è cambiato; sono contento se cerca di riparare. Chi ha da trattare con questi compagni, è sollevato quando uno...”

10. “La comprendo”, lo interrompe la signora Beocana, stringe la mano all’uomo e vi mette qualcosa. “Vede, prima non ho mai riflettuto su questo, stavo appunto del tutto lontana da tali cose. Solo attraverso la faccenda di mio figlio ho imparato qualche cosa, affinché si avesse da aiutare gli smarriti”.

11. “Per certi è inutile; abbiamo qui un paio di ragazzi difficili”.

- “Questo è triste”, risponde Juanita.

- Il guardiano apre la stanza delle visite. “Aspetti, vado subito a portare qui Vilpart. Per quanto è concesso il tempo di visita?”. Esamina il foglietto. Non vi sta scritto nulla. “Dovrei chiedere il direttore”.

- “Ma è necessario?”

- “Non c’è scritto nulla, ritorno fra una mezz’ora, e se non avete ancora finito, aspetto un po’.”

- “Molto gentile da parte sua”. La signora Beocana si siede nella stanza fredda, spoglia, ad un piccolo tavolo.

12. “Com’è triste”, sospira lei, “si dovrebbe dare una piccola gioia ai prigionieri con un quadro, un paio di fiori”. Il suo pensare ad alta voce viene già interrotto. Vilpart entra titubante e rimane fermo alla porta. Con Marita aveva già preso coraggio quando lo visitava; davanti al signor Beocana aveva avuto molta paura quando era venuto una volta. Davanti alla madre di Roberto…? Non sa come si deve comportare. Imbarazzato, strofina le sue umide mani ai pantaloni da carcerato.

13. “Ma si sieda”, lei gli indica una sedia di fronte a lei. “Ho da discutere alcune cose con lei”.

- Lui obbedisce. Una piccola pausa, che è opprimente per i due. La madre di Roberto pensa che poteva succedere un omicidio attraverso colui che le siede di fronte. Costa fatica a una madre, impiegare qui l’insegnamento della Luce, …per lei stessa ancora nuovo.

14. Sulla faccia diventata così pallida, scorrono rivoli di lacrime. Lei va da colui che piange, gli mette un braccio sulle spalle e questo aiuta di più che ogni parola pronunciata. Vilpart si piega in avanti e si accascia all’improvviso davanti ai piedi di Juanita, alza le due mani e le mostra il suo viso segnato: segnato da lacrime, dall’arresto, da… il suo pentimento.

15. “Vieni. Alzati. Smetti di piangere, tutto viene messo da parte, se tu…”, dice per impulso spirituale il ‘tu’, “…vuoi arrivare su una buona strada. E se il tuo pentimento è vero, allora DIO ti salverà”. Lei lo tira formalmente in alto e spinge la sua sedia direttamente davanti a lui. Come una madre gli accarezza le sue mani. Lentamente cessa il suo singhiozzare e solo delle lacrime scorrono ancora silenziose sulle sue guance scavate.

16. La signora Beocana dice: “Mi vuoi ascoltare adesso, Vilpart!”

- Lui annuisce e il suo sguardo timido sfiora i suoi occhi. Questi sono diventati del tutto materni e lui pensa alla sua povera madre, che…

- “Attraverso la tua azione hai caricato su di te un grave peso, e dipende da te, rimetterlo. Nessuno te lo può risparmiare, e tu lo ammetti certamente, non è vero?”

- Lui annuisce di nuovo in silenzio.

17. “Ora”, lei continua, “verso chi dovresti maggiormente confessare il peso, per diventarne libero?”

- Lui riflette molto e lei non lo disturba. La risposta segue a bassa voce: “Dapprima ben verso il mio amico Roberto; poi verso voi, verso i genitori, e…”

- “…e verso DIO; non lo dimenticare, mio caro ragazzo!

18. Non hai creduto in Lui, nemmeno noi, almeno non così come era giusto. Attraverso un amico abbiamo trovato fiducia in Dio, mio marito, io e i figli. Sarebbe bene se anche tu ti piegheresti dinanzi a Lui. Posso comprendere, se per questo, per te ci vuole un po’ di tempo, che non fa male, se soltanto lo pensi nel cuore.

19. Chiedi perdono ai tuoi genitori e...”

- “...l’ho già fatto. Suo marito è stato così buono, lui ha aspettato finché ho scritto un paio di righe e le ha portate via. Come sono stato sollevato! Non sono degno che siete così gentili con me; non sono degno di essere figlio dei miei buoni genitori; non sono degno per...”

20. “…ma chi è mai degno, essere questo e quello? E’ una via, se si confessa ciò come tu lo hai fatto adesso. Questo mostra che diventerai ancora qualcuno. Qui…”, trae dalla sua tasca una carta e una matita, “…scrivi a Roberto, lui ti aspetta”.

- “Non potrò mai più entrare nella sua casa, signora Beocana e… e la sua bontà, …oh, mi opprime di più che se lei litigasse con me”.

21. “Per ora non è nemmeno possibile”, sorride lei e spinge che voglia scrivere.

- “Che cosa?”, chiede lui. E già tiene nella mano la matita.

- “Che ti dispiacerebbe molto ciò avevi intenzione di fare contro di lui, e se potresti chiedergli perdono personalmente. Questo, intanto basta. Appena sarai rilasciato qui, vai da lui. Non è più a casa”.

22. “Oh, l’ho spinto via?”

- “Certo, ma un aiutante che lo ha salvato, lo ha portato con sé nel suo luogo di lavoro, …molto lontano. Puoi andarci, per diventare là una persona buona. Tutti coloro che vi abitano, ti accoglieranno con amore; soltanto, te lo devi meritare, dopo…”.

- “In Africa, …da un medico e missionario che…”, Vilpart solleva all’improvviso la sua testa. “E’ forse…”

23. “La ‘veste nera’ sul monte. Lui ha pareggiato tutto. A lui lo devi, che il ministro della giustizia si è occupato di te e dei tuoi genitori. A noi ha mostrato la via nella Luce. Perché altrimenti… Come ti avremmo mai potuto perdonare? Il signor Wanger ha portato via i tuoi genitori. Della vostra casa si è occupato mio marito; e i nostri due figli sono appunto dal medico: Marita per un po’ di tempo, Roberto per circa tre anni”.

24. Vilpart si stupisce. Non gli è stato intenzionalmente comunicato nulla. Soltanto che i genitori sono fuori paese, lo ha saputo. “Io, …Roberto mi ha sgridato per via della mia espressione ‘veste nera’. E’ impensabile che quest’uomo mi tollererà nella sua vicinanza”.

- “Ma sì! Ascolta una volta!”. Toglie uno scritto dalla sua tasca e ne legge alcune cose, con il contenuto, Vilpart, se vuole, può andare dal signor von Wanger, lo vorrebbe aiutare volentieri.

25. Allora comincia di nuovo a piangere, lo stupido ragazzo che si è lasciato vincere dall’avidità. Oh, sì, ogni avidità è una rovina, che rovina l’anima e il corpo e fa vacillare l’uomo. Nel frattempo arriva il guardiano. Juanita ha già nascosto il foglio e dice: “Non era certamente vietato leggere a Vilpart qualcosa da una lettera. E’ appunto un invito, non appena sarà rilasciato. Va da un medio e missionario in Africa, là imparerà ad affermarsi”.

26. “Ah”, interrompe il guardiano, “è quello che era dal prefetto per via del signor Mescaru? E’ stato sussurrato qualcosa nell’istituto”.

- “Sì, un uomo raramente buono, un eccellente medico e sacerdote, e da lui, Vilpart arriverà sulla buona strada. Un giorno sarà un onore per i suoi genitori”.

- “Di questo sono molto contento! Allora, Vilpart può rallegrarsi ed io glielo auguro. Ma ora…”, guarda il suo orologio, “…è molto tardi”.

27. Vilpart si alza subito e segue al comando, come non lo ha mai fatto per i genitori. Qui lo ha imparato.

- “Ho ancora un pacchetto”, dice la signora Beocana togliendolo dal suo sacchetto: “Un po’ di alimenti”.

- “Li può prendere. Ma lo dia a me; se non lo vede nessuno, glielo do”.

- La signora gli dà le due mani.

*

28 “Lo trovo grandioso, che la signora Beocana stessa è venuta da lei”, dice il guardiano quando porta Vilpart nella cella.

- “Non riesco ancora a comprendere”, risponde lui. “E’… è così… La prego, non rida”, supplica il prigioniero. “…mi sembra come una Luce, come se ora vedessi tutto più chiaro, come se...”

29. “Quando mai rido! Da me riceverà una buona nota”.

- “Grazie!”. Vilpart si siede sulla branda, da solo fra muri stretti, ed è comunque come se fosse all’aperto dove splende il Sole, dove fioriscono i fiori e cantano gli uccelli, dove… E’ già un silenzioso ringraziamento a Dio, ciò che sgorga come sospiro dal suo petto…

*

30. “Com’è andata?”, chiede Beocana a sua moglie.

- Lei risponde: “Come sempre; lo conosci”.

- “Certo, Alfons, mi stupisce un poco che Willmut non lo abbia rovesciato”.

- “Quello…”, lo dice senza mezzi termini, “…non lo rovescia nemmeno la Fatica di Dio!”

31. Juanita prende le mani di suo marito. “Non così! Lascia che pensiamo a noi stessi...”

- “Hm, mia cara, ma non siamo stati perfidi. Certo, …ci ha aiutato perché ci siamo lasciati convertire da Willmut. Qualcuno cerca di certo volentieri un bel cappotto sotto il quale cercare di nascondere i propri errori. Ora…”. Un particolare passo di conoscenza, e il sacerdote se ne rallegrerebbe. Oppure… Dio?

32. “A me è capitato lo stesso. Quindi vogliamo essere grati e non intraprendere nulla contro il Mestosani”.

- “Lo volevo; ha appunto discusso in qualche faccenda del paese. Ebbene, lasciamo stare! Lui stesso si è rotolato qualche pietra sulla via, e non mi stupirei se altri gli mettono una trappola, secondo il punto di vista di Willmut, per la salvezza della sua anima. Invece voglio provvedere che non possa più intraprendere nulla contro Mescaru”.

33. Lui va al telefono e chiama un numero. “Signor Direttore, se le è possibile, venga, la prego, questa sera da noi. La aspetta un buon vinello”.

- “Accettato con gratitudine”, sente Juanita che sta accanto a suo marito.

- Beocana depone la cornetta.

- “Era il direttore della prigione?”

- “Sì, vedremo come si atteggia questa sera”.

*

34. L’ospite consegna dei fiori alla padrona di casa. Li aspetta una tavola da cena, e dopo, un vino rosso. “Ora, signora Beocana, che cosa ha sul cuore? Magari il mio pensiero non è del tutto sbagliato”.

- “Questo sarebbe a vantaggio di colui per il quale vale il mio pensiero. Vilpart Mescaru, non è vero?”

- Il direttore annuisce. “Il suo protetto! E’ già noto in tutta la città”.

35. “Non è giusto dire ‘protezione’, chiamiamola ‘opera d’aiuto’!”

- “E in cosa consiste questa? Non c’è nulla da fare senza la decisione del tribunale”.

- “Non la temo; questa volta la Guida superiore tiene in Mano il gioco”.

- “Ah, il signor ministro Cruzziano! Da quando è stato da noi, molto è migliorato, che io saluto tantissimo. Ma con gli arrestati si deve lasciar regnare la prudenza. Troppa indulgenza è pericolosa”.

36. “Accordato, signor Direttore, eccetto casi singoli”.

- “E un tale dev’essere Mescaru?”

- “Mia moglie oggi è stata là, se lo lasci raccontare”.

- L’ospite, stupito, si rivolge a lei. “E’ stato permesso dal superiore?”

- “Non volentieri”, risponde Juanita, “non gli è rimasto altro da fare. Avevo da dirgli alcune cose”.

- Il direttore sogghigna. “Oh, allora gli è…” , ‘…diventato bollente il pavimento sotto i piedi’, aggiunge nei pensieri.

37. Lei riferisce quanto profondamente era stata colpita da Vilpart, dalle sue lacrime, dalla sua confessione. Con parole calde descrive ciò che si era svolto nella prigione. Omette la letterina a Roberto, perché questo non è permesso. Ma per la salvezza del prigioniero prende volentieri su di sé ‘questo peccato’.

38. “Come procederà la faccenda?”. Il direttore ci tiene ad aiutare un arrestato a rialzarsi; lui conferma che Vilpart Mescaru si subordina a tutto. “Cosa che si può dire di pochi”, dice serio.

- “Come procede quando dei prigionieri vengono rilasciati?”, chiede Beocana. “Non me ne sono mai occupato”.

39. “Dipende se lo si viene a sapere. Noi cerchiamo sempre di evitarlo. Naturalmente, …non riesce sempre, se dietro ad uno si chiudono le nostre porte. Persino le mura più spesse lasciano scappare gli ‘scorpioni’. Lo si combatte, ma gli uomini trovano continuamente un ‘canale’, e poi i loro compagni aspettano e vengono a prendere il ‘loro eroe’ in un corteo trionfale. Purtroppo capita anche che un rilasciato viene infastidito. E se riguarda uno che è migliorato, quello poi ricade ancora più in basso. Ah, gli onorevoli cittadini!”

40. “Non l’ho mai saputo, ma per Vilpart lo temo. Perciò ho pregato lei di venire da noi, signor direttore. Se è possibile, allora, per favore mi chiami non appena viene rilasciato. E’ appunto ancora un ragazzo, nonostante i suoi vent’anni, non è vero? Allora passo da lei come per caso e lo porto via con me in macchina. Non deve correre la pena delle bacchette per via dei suoi genitori! Come le sembra?”

41. “Proprio come lei; da questo si devono salvare coloro che hanno vacillato. Ebbene, devo appunto informare più tardi il nostro superiore. E’ possibile che voglia vedere Vilpart prima”.

- “E’ sicuro che riuscirà a trovare la giusta parola?”

- “Dipende come lo si prende”, evita il Direttore. Non deve nemmeno tradire il superiore della magistratura.

42. “Quindi siamo d’accordo”, devia Beocana stesso. “Beviamo ancora un bicchiere, affinché riesca anche. Roberto vorrebbe di nuovo fare di Vilpart un suo amico, e se il ragazzo mantiene la sua promessa, allora sono convinto che il nostro ragazzo non troverà nessun amico migliore che proprio lui”. “Lo auguro a suo figlio! Il giovane ha dato a noi anziani, …come si dice?”

- “...incaricato dell’epistola di Dio”, si immischia Juanita.

43. “Molto bene, egregia signora”.

- “Signor Direttore! Mio marito ed io abbiamo imparato dal signor Wanger chi è egregio: solo DIO!”

- Si dibatte su questo e il Direttore continua impressionato. ‘Se tali persone si lasciassero convertire’, dice fra sé e sé, ‘mentre corre attraverso le strade silenziose, notturne’, ci dev’essere qualcosa di vero. ‘Il signor Wanger? Lui è un…’. Lascia aperto il seguito nei pensieri, non può soltanto bandire il sentimento: C’è una Luce, una eterna, una…

*

44. Quello stesso giorno il visconte e sua moglie si preparano per il ritorno a casa. Gli amici scuri sono terribilmente agitati. Vorrebbero con tutto l’amore regalare ai due tutto ciò che loro descrivono come la loro più orgogliosa proprietà. Wanger riesce a convincerli che gli ospiti non potrebbero portare tutti i doni nel viaggio, perché altrimenti… l’aereo diventa troppo pesante”, dice sorridendo, “e non lo volete, vero”.

- A ciò si annuisce.

45. Belle pietre, radici con forma bizzarra vengono accettate. I neri sono lieti, non ammettono che si prenda ‘così poco’. Pedro e Juliane devono sovente venire davanti alla porta e vengono salutati con grida e sventolio di fazzoletti, fino alla tarda sera. Wanger ordina finalmente che devono andare a riposare. Loro seguono alla parola lui, l’aiutante, come buoni figli. Nel men che non si dica si fa silenzio nel villaggio.

46. Fallango ha scambiato con il suo co-pilota, lui rimane perché vuole accompagnare a casa Marita, che può rimanere ancora per un po’. Beocana lo aveva permesso. ‘Non si sa se i figli sono meglio custoditi qui, che presso il loro amico sacerdote’, aveva detto serio il padre.

- Due dei neri hanno eseguito al meglio i loro primi voli di prova. Con grande coscienziosità assistono gli ‘uccelli del buon dottore’, come si dice. Anche Roberto si è affermato e gli era già stato promesso di partire da solo, di volare per un’ora ed è atterrato sicuro sulla pista intenzionalmente limitata strettamente.

47. I piloti si sono sovente stupiti con quale delicato sentimento di tatto si comportano i neri. Roberto e Marita rimangono ‘ai calcagni ‘ del visconte e di Juliane.

- “Andiamo a far visita dai vostri genitori”, tranquillizza Cruzziano, “è meglio raccontare di persona, che scrivere. Ebbene, si stupiranno quanto abbiamo da riferire e che il loro figlio è diventato un eroe di volo”.

48. “Ah”, risponde lui, “questo è certamente bello e ne sono lieto, perché mi è riuscito bene. Per me la cosa più importante è l’insegnamento di zio Willmut. Non lo posso ancora ben interpretare, zio Willmut, intendo”, balbetta, “il volare interiore, l’andare in su nella Luce, dalla Verità di Dio, …intendo, è ...”

49. “Detto molto bene”. Il medico abbraccia Roberto. “Balbettare un poco non fa male; possa incepparsi la lingua, se soltanto l’animo ha il vero linguaggio. E questo te lo sei conquistato. L’eterna Luce proviene solo da Dio, e non è a caso che è su ‘in alto’, e credere che Dio abita al di sopra di noi. Questo risulterà dal discorso di stasera, se lo volete”.

- Tutti dicono di sì e i piloti chiedono se anche loro possono ascoltare.

50. “Naturalmente”, conferma Wanger, “Mi sarei stupito se voi giovani amici foste rimasti fuori”.

- Oh, ah, essere amico di questo medico, …è veramente un onore.

 

 

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Cap. 17

L’ultima sera, l’ultima predica – La partenza

1. Chi non sentirebbe il ‘soffio’ che sfiora assolutamente gli uomini nel cerchio? I due neri, sempre presenti, lo sentono molto più forte che ogni bianco. Il vecchio Bertram è seduto immerso nei pensieri, e Carol lo imita; ma ognuno aspetta la parola del dottore come un Vangelo. Non è anche una ‘Parola del Signore’ che il missionario sa portare? Non è simile …ad un veggente dal tempo antico?

2. Anche gli altri se ne rendono conto. E se i due piloti zoppicano un poco nel sentimento, sono comunque presi da ciò che possono sentire. Tuttavia, da quello che hanno ricevuto finora sono già cambiati, e il campo dei loro pensieri si rivolge allo Spirito. Il medico lo vede e sorride soave, prima di cominciare:

3. “Miei cari amici, come sovente in questo mondo, ora è una sera dell’addio. Il tempo in cui i miei cari ospiti sono stati da me non lo dimenticherò mai. I ricordi possono essere un buon cibo per l’anima, una GRAZIA di Dio. Questa Grazia ci farà incontrare di nuovo così sovente, per quanto sia possibile mondanamente, e spero che nel nostro ‘angolo nero’ di nuovo...”

4. “...farete altre vacanze”, interrompe il ministro. “Speriamo anche che Willmut ci onori con la sua presenza”.

- A difesa, Wanger alza la mano per via dell’onore.

- “So già quello che vuoi rispondere”, ride Cruzziano. “Lascia che lo dica, che ti si onora; ed io penso fin dove ho ora la vista nell’insegnamento di Dio, che ci si può già onorare reciprocamente, fin dove questo avviene sulla vera via dell’amicizia”.

5. “Approvato, amico Pedro! Quindi posso dire che la visita dei cari ospiti era per me anche un grande onore. Questo lo mettiamo nella mano dell’Altissimo. Quello che ci regaliamo l’un l’altro, Gli deve appartenere come patrimonio di riporto; perché Egli lo ha appunto impiantato nel nostro spirito, nella nostra anima.

6. Se pensiamo bene a tutto il bello e i lnobile, ciò che rende noi veri uomini è un bene del Cielo, un Dono dalla Luce dell’eternità, perché nulla sussiste, nulla esiste la cui origine non provenga dalla Luce. E con questo, arrivo a ciò che si deve rilevare questa sera.

7. Roberto ha riconosciuto ‘il salire nella Luce’. Qualche credente sorriderà se si descrive il volo con l’aereo, con l’ascesa al Cielo. Certamente, le sole cose terrene non si lasciano portare su un unico denominatore con le cose del Cielo. Ma non appena si attinge dallo spirito, persino le cose esteriori della vita sono correlate con quelle interiori. Osserviamo dunque l’andare in su.

8. Quello che l’uomo raggiunge, le possibilità a salire in alto, l’immergersi profondamente affrontando molto rapidamente una lontananza, sono attributi dallo spirito. Tuttavia, per ogni singolo soltanto, quando per le conquiste mondane non anela a nessuna fama ma si mette al servizio dell’umanità. Su questa base si lascia tutto arrangiare nei Doni della Luce. E cioè così:

9. L’uomo è sempre stato della credenza che Dio abita ‘in alto’. Persino i penitenti che premevano il loro volto nella terra, guardavano interiormente in alto. Anche coloro che credevano diversamente in tempi molto remoti, hanno considerato l’atmosfera, che si chiama Cielo. In più, l’uomo era mosso, perché la luce del Sole irradia dall’alto, la pioggia, che abbevera la terra e la benedice, cade anche giù dall’alto.

10. Questo lo ha organizzato il Creatore per i mondi materiali, affinché in questo modo l’uomo venisse educato all’incirca in modo che tutto provenga dapprima dall’alto, e poi la benedizione di Dio lo lascia crescere dalla terra, dalla profondità, di nuovo verso l’alto, volendo essere – liberi dalla materia - come appunto la nostra anima ha da librarsi in alto dalla propria profondità, se vuole – libera dalla materia – essere una parte del suo spirito.

11. Null’altro che la nostalgia nell’Altura, nella lontananza, ha spinto gli uomini a togliersi dalla Terra. Ed anche se questo in vista del mondano è solo materiale, rimane comunque una parte segreta di quella nostalgia che DIO ha dato ai figli viandanti sulle loro vie nel mondo.

12. Passiamo ad un capitolo più difficile: – Non c’è da stupirsi che le cose che conosciamo – se intanto restiamo a quelle esatte – ha quattro dimensioni. In genere se ne nominano solo tre: altezza, profondità, ampiezza. Che questi tre ne hanno bisogno di un quarto, in genere è ancora sconosciuto, non lo si lascia valere. Questo è il punto centrale! Lo si può anche chiamare ‘vicinanza’. Perché dal punto del calcolo si lasciano misurare altezza, profondità ed ampiezza; e così il punto di partenza come centrale di quella vicinanza, che viene appunto ignorato: è la cosa più importante!

13. Qualche confronto di cui testimonia l’immagine: – Le quattro direzioni del Cielo, le quattro stagioni, le quattro età di vita di un uomo. La Rivelazione indica alla Sua eterna esistenza. Nulla è materiale di ciò che prima non era ‘Parte della Luce di Dio’!

14. Egli, per la santa Onnipresenza che è la Sua Vicinanza, ha intrapreso per noi la via della propria Rivelazione. Con la vicinanza, questo indicato per noi, Egli sta sovrano su ogni Creazione. Egli stesso rimane sempre la Centrale-UR. Egli fa venire dall’alto la Sua benedizione su tutto ciò che vive. Egli è venuto e viene giù; Egli non rimane lontano, in alto nella Magnificenza della Luce, ma si china a tutti coloro che guardano verso l’alto. Egli, dalla lontananza, va anche da coloro che si pongono lontani dalla Luce e dalla Benedizione di Dio.

15. Con ciò si mostra anche la quadruplicità di Dio; e noi dobbiamo percorrere la nostra via dalla lontananza della nostra fede, dalla profondità dell’anima – sovente povera verso l’alto – per giungere nella Sua santa buona Vicinanza. Non ci riuscirà così facilmente, ma il Salvatore ci guarda nella Misericordia del Suo Cuore. Quindi non può mancare nulla – quando ci si confida in LUI – per giungere nel Regno-Luce.

16. C’è da deporre quello che ci è aborigeno dall’esistenza della vita. Voi amici pensate che è impossibile togliersi questo, che così saremmo anche senza colpa. Quello che è stato aborigeno non lo si avrebbe accolto da sé. Fin qui va bene. Ascoltate il mistero che non si vuole indagare perché scomodo, perché allora ‘l’ammonitore’, la coscienza, si ribella in modo troppo veemente.

17. Chiediamoci: ‘Da dove si viene? Dove si va?’. Ce lo spieghiamo secondo la natura. Ma con ciò, non è chiarito, poiché, nascere unicamente dal ventre della madre e, un giorno, essere posti nella tomba, …oh, questo cammino di vita sarebbe ben misero! Il pensiero non conosce la vera origine della vita e non la meta che – spiritualmente – sfocia nella Divinità, senza dissolvere con ciò la nostra vita.

18. Quello che sorge dall’atto della procreazione, è l’involucro della creatura-figlio formato da DIO. Ora – rimaniamo intanto fermi presso la Luce. Senza arroganza, senza un proprio culto, il vero credente può riconoscere che, come tale, egli è disceso dal Regno, e tramite la procreazione e la nascita della vita ha rivestito l’involucro esteriore. Se una creatura-figlio viene così dall’alto in una stazione di mondo, allora necessariamente dopo la vita legata al pianeta, ne deve fuoriuscire, come lo abbiamo già discusso.

19. Ma praticare con questo il culto della persona, conduce alla rovina! Questo non significa nessuna eterna dannazione, poiché questa non esiste per Dio. Soltanto, …che l’anima dopo la morte deve cercare a lungo, finché poi possa trovare una piccola Luce. Purtroppo, l’uomo ha coltivato in ogni campo l’arroganza, e – sia accusato – certi cristiani adulano anche il gran male. Che cosa ne ha l’uomo? Con la morte perde questa nullità.

20.Io sono un sacerdote, ma posso io, prepararvi la Beatitudine, elevarvi in alto nella Luce? Oh, no, miei cari amici, solo il SIGNORE può farlo! Tuttavia posso indicarvi una via che annuncia il Vangelo. Lo può ogni credente. Ma ci si arroga e si dice: ‘Solo io ho la vera Parola di Dio’. Questo sta nel culto della propria persona e non si sospetta quanto gravemente un giorno deve re-imparare.

21. Allora non lo aiuterà nessuna cosiddetta buona volontà, perché l’arroganza non è buona, soprattutto non per se stessi. Il Signore alleggerirà il peso quando qualcuno si lascia condurre sulla via della fede. Se poi un tale si lascia inserire nei grandi, allora il peso rimane, perché in tal modo lo ha caricato lui stesso su di sé.

22. Ora comprendete il perché ho alzato le mani protestando per via dell’onore attribuitomi. Lo hai inteso bene”, si rivolge Wanger al ministro, “perciò ho accettato questo onore, …ma in vista all’onore per Dio, che spetta unicamente a LUI.

23. Certi credenti pensano di ingrandire il Regno di Dio, di darGli qualcosa. Intrecciamolo subito nell’ultima frase, in questo modo:

«Chi ha conosciuto il pensiero del Signore?

 Oppure: chi è stato il suo consigliere?

Oppure: chi gli ha dato per il primo, e gli sarà contraccambio?

Poiché da lui, per mezzo di lui e per lui, son tutte le cose»  [Romani 11,34-26]

24. Queste sono parole marcante dell’apostolo Paolo, e noi facciamo bene di impararle. La nostra discesa può essere la nostra risalita verso l’Altissimo. Verso coloro che pensano che solo attraverso di essi si può giungere a Dio, si può portare questo: ‘Amico, un oceano, attraverso il quale molti fiumi, che inarrestabilmente riversano le loro masse d’acqua nel mare, diventa più grande? Trabocca? No! Quindi il Regno di Dio non diventa più grande, la Sua Grazia non più imponente, quando tu puoi condurre uomini alla conoscenza, – pure se unicamente attraverso la Sua Grazia!’

25. Allora, si dovrebbe dire che ogni insegnamento sarebbe veramente inutile, se non lo si potesse correggere? Oh, pensato così, la risposta sarebbe giusta. Purtroppo l’uomo vorrebbe tutto oppure nulla. Un difficile gradino sulla via alla conoscenza superiore: Esiste un Tutto e un nulla – materialmente. Spiritualmente le cose sono diverse. Un ‘nulla’ non esiste davvero; perché abbiamo appunto la pienezza di tutti i Doni di Dio, li dobbiamo solo cogliere. E se lo facciamo, allora abbiamo ‘tutto’!

26. Si deve chiedere, e allora viene dato. Possiamo cercare, e troveremo ciò che l’Amore di Dio ha preparato per le Sue creature-figli. Non si può mai misurare la pienezza della vita che non si esaurirà mai, perché, come si allineano per il mondo i giorni e le notti, come una stagione segue l’altra e molto di più, ugualmente – ma dalla Luce, infinitamente più meravigliosa – scendono tutti i buoni Doni di Dio benedicendoci.

27. Se qualcuno di noi si lascia condurre sulla strada della fede, allora con gratitudine restituiamo al Dio-Padre ciò che è venuto benedicente dalle Sue mani. Dato che EGLI non ci lascia allontanare dalle Sue mani, in tal modo ogni Dono rimane come un’eterna inalienabile proprietà nella Sua mano! Questo è il dare e prendere, l’avanti e indietro tra Dio e noi. A questo riguardo si può dire che come portatori di vita anche noi possiamo dare qualcosa a LUI: il nostro amore, riverenza, adorazione, il servizio al prossimo, spirituale ed anche terreno. E siate certi, voi, cari amici: il Dio-Padre accetta ogni dono di figlio volentieri nella Sua gioia di Creatore.

28. I doni di Dio sono la Forza con la quale possiamo creare, sono quella Forza che ci lega alla Divinità. La Sua Bontà è nuova ogni mattino. La Sua Grazia non cessa con nessuna sera!”.

- Il medico fa una piccola pausa e Roberto dice: “Magnifico! Allora si vede ciò che Dio ha fatto per noi, per benedirci, per redimerci, per renderci liberi dalla follia della materia”.

29. “Hai ragione, ragazzo mio”, conferma Wanger. “Ora si deve dire: ‘Dio fa tutto!’. Come Egli si rivela nella meravigliosa onnipresenza, attraverso la parola e il miracolo, proprio così è il Suo operare dall’eternità in eternità durevolmente. Egli dice appunto di Se stesso: «Io ero, Io sono, Io sarò!» Nel mezzo non c’è bisogno di nessun ulteriore ponte; in questa rivelazione sta l’Originario-primordiale della Sua essenzialità”.

30. “Da te, Willmut, ho imparato ciò che prima non mi sarebbe mai venuto in mente”, interviene il ministro. “Se lo avesse detto un altro, …non lo avrei creduto e neppure solo pensato: io, …nella mia posizione? Ah, no! Come mai che si può riconoscere il tuo sistema d’insegnamento? Non sono stato del tutto senza fede, ma quando ho avuto il tempo di riflettere su una tale Rivelazione? Mi è sembrato come se fossi diventato un uomo del tutto nuovo”.

31. I piloti annuiscono, mentre Bertram mormora: “Che arte! Lui essere profeta, uno vicino alla vita che aiuta dentro e fuori”.

- Wanger sorride di nuovo delicatamente, venendo dalla profondità del suo spirito, a lui sovente inconsapevole. La gioia di ognuno che si lascia cambiare, lo rende così gentile. Ora annuisce anche lui e dice:

32. “Caro Pedro, chi ha preso contatto con il proprio spirito, può operare diversamente di quanto lo può ciascuno cui manca il collegamento al trascendentale perché nega che esiste un aldilà, nega i passaggi dalla morte del corpo della materia, l’immediata continuità della vita, …pur senza un corpo fisico mondano.

33. Chi respinge da sé questa via e invece confida nel Giorno del Giudizio che verrebbe anche dopo migliaia di anni (dottrine umane), allorquando poi il corpo da tempo putrefatto dovrebbe sorgere da una tomba da tempo soffiata via, un tale non può essere un vero insegnante. Costui offre la materia, il perituro del mondo. Quello che io posso dire, non è merito mio. Tutto il Bene lo dà unicamente il SIGNORE! …attraverso chi? Ciò, …non è del tutto irrilevante?

34. Dunque, per il credere, che non riguarda solo te: questa in sé non è nessuna fede, se tu hai solo non rinnegato che esiste un Creatore. E nella tua posizione? I grandi di questo mondo sono attaccati al loro prestigio, perdono qualcosa se credono nella ‘favola Dio e nel Creatore’. Inoltre s’immaginano, che potrebbero governare un mondo, almeno un popolo, e loro stessi si sarebbero conquistati i loro doni che li rendono potenti per regnare.

35. Naturalmente ci si può conquistare qualcosa attraverso l’apprendimento e la diligenza. Questo vale persino dinanzi a Dio! EGLI per questo ne ha dato la possibilità. Sovente ti sei chiesto: ‘Da dove proviene all’improvviso il pensiero?’, mentre ti scervellavi con progetti di leggi, e poi ti veniva la conoscenza come una folgore: ‘Così dev’essere, così è bene!’. Ma hai creduto che è sorto dal tuo cervello, che non c’era null’altro dietro?”

36. “Prima sì”, confessa Cruzziano. “Oggi? … Oggi mi hai guidato profondamente nella Luce di Dio, anche se ancora manca molto, oppure tutto. Aspetta…”, dice frettolosamente quando Wanger alza di nuovo le mani, “…è la mia convinzione ed è la mia fede, che mi ha dato certamente DIO. Ma alla tua domanda se nel nostro cervello si forma certamente la forza dei pensieri con parole e immagini, vi è forse dentro anche l’origine?

37. Il cervello, la massa di carne, non può pensare da se stesso, come – non deridermi, tu, grande medico – come nemmeno possono pensare i miei reni. Fanno solo male, qualche volta. Quindi, l’origine dei pensieri deve avere la sua sede altrove. Dopo l’attuale conoscenza vorrei dire ‘nell’anima’; ma in questo, per me, manca ancora qualcosa, perché tu trasmetti il massimo peso sul nostro spirito. Sì, sì, il signor ministro”, ripete su di sé come una volta, “ora sta di nuovo lì come allora davanti al vostro Pluto”.

- Si ride cordialmente, e Bertram lo abbraccia orgoglioso.

38. Il medico spiega: “La faccenda non è così difficile. La forza dei pensieri, l’origine nel nostro pensare, non è nella testa, viene spinta in alto attraverso ‘l’impulso della vita’ ed abbiamo l’esempio che Roberto ci ha dato da pensare: in SU! E’ una visione, che appunto tutto ciò che giace nel concetto ‘Vita’, conosce ed ha sempre un ‘in su’, un ‘verso l’alto’. Soltanto: ‘Da dove viene l’origine del pensare?’. La tua domanda, Pedro, era del tutto adeguata.

39. “Hai toccato bene con l’anima, ed io con il nostro spirito. Abbiamo ragione entrambi. Non tirare di nuovo in su le sopraciglia. Dipende quali pensieri si devono sviluppare, che cosa cerca di conquistare la consapevolezza. Il materiale ha la sua sede nell’anima. Se in ciò è abbastanza buona per servire gli uomini, un popolo, allora lo spirito dona in più l’essenza della Forza.

40. Se si cerca per se stessi una parte, ma per l’altro, il danno, allora l’origine si trova solo nella parte materiale dell’anima. Allora lo spirito tace, ma non perché lo deve. No! Qui viene tenuto indietro lo Spirito di DIO, perché LUI loda ciò che sorge nel pensiero.

41. DIO stabilisce il recinto per l’uomo: ‘Fin qui e non oltre!’ Anche se può durare mondanamente a lungo, anche se qualcuno viene posto nella sua tomba con tutto il suo fare e pensare, …rimane esistente il ‘Mene tekel’[6] di Dio e all’improvviso si eleva davanti all’anima per ammonirla.

42. Il pensare formato dalla Luce per aiutare gli altri, proviene sempre dallo spirito. Esso lo conduce poi sulla sua buona parte dell’anima; e il raddensamento nei pensieri, nato da quella parola e dall’azione, sale nel nostro cervello.

43. Un magnifico collegamento per la benevole conoscenza: Dio abita al di sopra di noi, da LUI discende ogni buon Dono! Così anche per noi deve venire dall’alto il meglio per noi, dalla testa. Vi chiedete meravigliati, allora, che spirito e anima devono stare più in basso, se per entrambi la sostanza del pensare sale verso l’alto. In sé è del tutto giusto; ma ascoltate ancora un altro mistero.

44. Dove sorge in Dio la Forza, essendo anche noi creati a Sua immagine? Forse in Lui vale lo stesso procedimento? Oh, questo vale precisamente, soltanto su una strada magnifica, della quale noi uomini possiamo comprendere solo poco. Ma questo basta – chi vuole – per afferrare le alte Beatitudini che ci provengono da questa piccola conoscenza. Cioè così:

45. Quello che il Creatore pensa e fa, Egli lo prende dalla Sua santa Fonte della Mezzanotte, che è il ‘Suo Luogo’! Là non conduce nessuna via, per nessuna creatura-figlio! Soltanto, …da questo Luogo protetto dalla Luce, DIO, UR, vi attinge le cose vitali per il Suo popolo-figli. Egli lo fa salire quindi dalla Propria profondità per la Propria personalità. E dall’alto, come menzionato, scende la ricchezza della Sua Benedizione, sulle Opere, sul Suo popolo-figli.

46. E’ proprio così – anche se è un piccolo paragone – in noi. Spirito e anima hanno la loro sede nel cuore, che come coscienza è il regolatore dei nostri pensieri. Bussa timorosa e velocemente, quando commettiamo un’ingiustizia oppure siamo in pericolo. Come nel solo vaso di sangue, esso non può mai battere diversamente. Solo nel caso di una malattia fisica è so stesso vaso di sangue che può perdere il ritmo.

47. Come Dio attinge tutte le cose vitali dalla Sua profondità di Creatore, pulsando attraverso le Opere, così salgono in noi le nostre Forze dalla profondità del nostro cuore, dal fluido dello spirito e dell’anima. E come con Dio, l’UR, la magnificenza della Beatitudine sale verso l’alto per irradiarsi dall’Alto, quindi così è con i nostri pensieri che guidano le nostre parole, le nostre opere, le mani e i piedi. In noi non c’è nulla di ciò che non si riveli nel Simbolo certo in modo santissimo in Dio, l’UR. Sempre in Lui è prima! Per questo Gli vogliamo essere eternamente grati”. Wanger fa di nuovo una pausa.

48. C’era così tanto da accogliere, per questo dev’essere dato il tempo per fare di tutto lo spirituale una proprietà. Anche la notte sale dalla infinità di UR. Domani è un giorno d’addio, ci vuole riposo. Il servitore di Wanger, un bravo ragazzo nero, porta con la cuoca pure un pasto, e vino fatto da frutti del luogo. E’ molto gustoso. Ognuno indugia con la partenza, ognuno vorrebbe rimanere ancora un poco.

49. “Quanto velocemente fugge il tempo”, dice Wanger. “Andate a dormire, domani alle cinque si parte. Dovete raggiungere la prima meta prima che il sole vi dia fastidio. E’ preparato tutto?”, rivolgendosi al guardiano Carol.

- “Tutto in ordine, viene dato prima il cibo e alle tre prepariamo gli animali”.

- “Va bene!”. Anche i fuoristrada stanno già pronti con i bagagli.

*

50. Cruzziano torna indietro ancora una volta. Per lui è più difficile lasciare il luogo di pace. Wanger prende da una cassetta un piccolo massello e lo springe nella mano di Pedro.

- “E’ forse oro?”, chiede stupito.

- L’altro annuisce affermando. “Bertram ha trovato il piccolo blocco, ma ha detto subito seriamente: ‘Non bene, dottore, gettare via!’. L’ho tranquillizzato e l’ho conservato. Nessuno sa che qui ci sarebbe da trovare l’oro.

51. Lui guarda Pedro: “Può essere una piccola vena; ma persino questa distruggerebbe l’isola. L’uomo è sempre uomo! I miei neri, contagiati dallo scavare dei bianchi, perderebbero ciò che ho potuto dare loro. Non sono i valori della Luce, infinitamente più splendidi che ‘l’innebriamento dell’oro’, che non avanza più nulla della vita dell’anima? Non farlo sapere a nessuno. A te, fedele amico, sia dato quest’oro in segno che DIO ti ha fatto trovare l’autentico oro dello spirito”.

52. “Willmut!”, un grido a bassa voce fugge dalla bocca del ministro. “Ché uomo sei! Hai ragione; e nemmeno Juliane lo deve sapere”.

- “Ma sì, a lei lo puoi dire a casa. Lei ha trovato l’oro della Luce insieme a te, sa tacere quando si tratta di qualcosa di buono. Anche lei è una pietra preziosa tra le figlie di Dio. In lei c’è meno da limare che in Alfons e Juanita, ma anche queste care persone diventeranno autentiche. Ora svelto, a letto, mio caro”, dice frettolosamente Wanger, poiché ha un groppone in gola. Ancora una stretta di mano, uno sguardo profondo da occhio ad occhio, …e la porta si chiude piano.

53. Il medico sta come perso nella sua stanza. Oh, lui sa: la Mano di Dio dà l’arrivo e la permanenza, come anche l’andare, finché non si arriva nella magnifica ‘Casa’. Allora gli sembra come già avvenuto sovente, come se una Mano si posasse sulla sua spalla, e gli sembra di udire un sussurro: ‘Sii consolato, rivedrai gli amici. Il Signore ha benedetto il tuo lavoro’. Allora anche lui, umilmente ringraziando, si corica sul suo giaciglio.

54. Al mattino presto si raccoglie tutto il villaggio. Su Maresciallo e su Mary, magnificamente adornati, sono state fissate delle poltrone, anche se primitive, ma molto comode, rispettivamente per due persone. I fuoristrada sono davanti alla casa, in uno i bagagli e due di loro, nell’altro quattro neri come accompagnamento. La foresta vergine non è proprio un’autostrada. L’addio si svolge quasi muto. Molti neri piangono. I Cruzziano salgono su Mary, Roberto e Marita possono accompagnarli fino al Consolato del paese. Dietro la testa di Maresciallo siede il conducente degli elefanti.

55. Carol guida Mary, dietro di sé il co-pilota. Mary strombetta una volta forte, sconvolgendo, come se suonasse un ‘addio’. Pluto dà al cral la risposta. Tutti gli uomini neri seguono correndo per un gran tratto. Fino a che la folta foresta chiude ogni vista, si fa ancora cenno con la mano, anche le donne e i bambini. Fallango ventola con il fazzoletto bianco. Dopo va con il dottore nell’ospedale, dicendo:

56. “La ringrazio molto, onorato signor von Wanger, che posso rimanere ancora. Non dimenticherò mai ciò che Lei ci ha insegnato. La prego anche di aiutarmi ancora quando ho dei dubbi”. Il pilota è imbarazzato. “Sa, non ho saputo proprio nulla di Dio, della – hm – della vera vita”.

57. Wanger stringe all’uomo le due mani, mentre la sua gioia e… la sua gratitudine, trabocca. Lui ringrazia sempre quando un uomo arriva alla comprensione. “Abbiamo ancora abbastanza tempo, caro amico; Marita può rimanere ancora un mese, e poi lei porta sana e salva a casa il suo ‘mughetto’”.

58. “Che cosa intende con questo, signor von Wanger?”. Fallango diventa rosso come un tacchino.

- L’altro sorride. “Il nostro Bertram è un buon veggente, me lo aveva già sussurrato all’orecchio: ‘Questo diventa molto buono!’.”

- “Allora dovrei rinunciare a volare”. Lo rende un po’ triste, ma, …per questo alto prezzo? Un autentico premio lo si ottiene solo attraverso sacrifici, e il vero amore sacrifica volentieri. Quindi…

59. “Saprei qualcosa, signor Fallango, che servirebbe a lei e a Marita”.

- “Quello che consiglia lei, signor von Wanger – l’ho riconosciuto – è sempre buono, ed io l’ammiro, la onoro. In ogni campo lei sa aiutare in modo uguale. Già in anticipo seguirò con gioia il suo consiglio”.

60. “Bene! Non c’è bisogno che rinunci al suo volare. Roberto ha appunto un aeroplano, soltanto, che lui stesso non lo dovrebbe usare da solo. Per il signor Beocana un aereo diventerà presto irrinunciabile. Lo può far volare lei. Ancora: – Impari nel lazzaretto; nella fabbrica del suocero ne avrà bisogno. Marita vuol creare un ospedale da fabbrica, cosa che quanto prima darà da rompere qualche noce al suo papà. Ma lei riuscirà ad ottenerlo attraverso, …per il meglio di tutti, per quanto sia possibile umanamente”.

61. “Non ho mai avuto a che fare con un ospedale, ma ora, …proviamoci. Non devo mica operare”, ride il pilota.

- “No, ma ci sarebbe da dirigere la clinica. Io provvedo ai medici non appena sono necessari. Ho molti contatti. E così imparerai prima a trattare con i malati. I miei neri sono pazienti, allora Le sarà facile. Quindi, domani al servizio da me. Ora devo fare visite; mi può accompagnare, se vuole”.

62. “Posso avere un camice bianco? Almeno mi dà un certo aspetto”.

- Wanger sorride. “Sorella Kathi le darà qualcosa di simile”.

- Il medico si deve sbrigare. Nella mattinata è pianificato un intervento. Fallango, orgoglioso come uno spagnolo, ventola con il mantello bianco e punzecchia la l’infermiera nera. Lei minaccia con le dita, e anche loro corrono. Così passa il giorno, finché Carol e gli altri non tornano.

 

 

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Cap. 18

Vilpart rilasciato va in Africa - Il perdono

Una piccola prova ha il suo grave costo

1. Marita nel frattempo è tornata a casa. Il pilota Fallango il giorno prima si era rivolto al medico, ringraziandolo muto, gli occhi colmi di lacrime; ed aveva pensato continuamente che fosse un ragazzo duro. Sono passate due settimane. Gli accompagnatori avevano portato una notizia dall’ufficio postale che Vilpart Mescaru era stato rilasciato e si trovava sulla via per Wanger.

2. Wanger e Roberto stanno insieme. Il medico dice: “Certamente è bene che vuoi andare incontro all’amico. In due anni hai imparato molto da me, spiritualmente e anche terrenamente, e puoi decidere da te stesso. Di rado hai bisogno di consiglio. Ma per una volta, …posso consigliarti?”

3. “Sempre in tutto, zio Willmut! Ho ancora molto da imparare”

- “Non abbiamo più bisogno di scaldare la faccenda. Tuttavia, Vilpart ti ha causato una grande ingiustizia ed ha attentato alla tua vita. Per lui è quindi meglio che venga e si umili con la richiesta di perdono.

4. Per alcuni è bene risparmiare loro una tale cosa, perché si sentono quasi sempre più oppressi che se cadessero in ginocchio. Ma per molti è decisamente meglio per l’ulteriore via della vita, se a loro viene richiesto il piegarsi. Di loro fa parte Vilpart. Gli è molto difficile; soltanto tu puoi aiutarlo di più, se lo aspetti qui nel luogo.

5. Bertram lo va a prendere, allora presto si accorgerà che qui da noi non c’è nulla da nascondere. Una pregustazione per l’anima! Poi lo devi incontrare da solo”.

- Wanger va dai suoi malati, mentre Roberto cammina attraverso il villaggio verso il recinto, dove alcuni animali vengono fino al cancello. Distratto, accarezza l’uno o l’altro animale, e dopo si siede dietro un albero immerso nei pensieri.

6. Lo zio Willmut ha ragione. Che lui tema veramente l’incontro, lo ha coperto davanti a sé. Attraverso le parole del medico sorge di nuovo la preoccupazione. Come lo deve salutare? Come amico, come… Prega in silenzio Dio, EGLI voglia guidare parola e passo; poiché, per salvare l’amico, …non è il comandamento più serio? Si sente già liberato; accetta il consiglio e aspetta l’arrivo di Vilpart.

7. Bertram ha squadrato l’arrivato. Davanti al nero vegliardo, Vilpart sente un profondo timore. Bertram, in contrasto a tutti gli altri della sua tribù, ha occhi abbastanza chiari, la cui espressione… Nonostante ciò, le poche parole di benvenuto gli erano come una carezza, come un…: ‘Anche tu diventi pure buono!’. Non osa chiedere di Roberto e del medico. Solo Carol, che era venuto insieme, dice ridendo: “A te piacere da noi. Il nostro dottore… Ah, …e Roberto? …noi essere molto orgogliosi di lui!”

8. Ma dalle labbra di Vilpart esce a fatica: “Come sta il mio… Roberto?”. Voleva dire volentieri ‘amico’: ma ah, questo è finito. E’ sufficiente se lo perdona, se lo tollera da sé e riconosce lo sforzo di riparare di nuovo tutto. Se il signor von Wanger lo permette, allora vuole vivere da lui, soprattutto per via dei genitori e …ebbene, anche per sé. Ha imparato ad ammettere gli errori, a piegarsi. Molte persone buone glielo hanno reso facile, per diventare un altro. Una volta ride piano fra sé e sé.

9. “Che cosa c’è?”, chiede Bertram.

- Allora racconta della prigione, dell’ultimo giorno e come non doveva prima comparire davanti all’onnipotente. Questo era in viaggio proprio quel giorno che il direttore stesso lo ha accompagnato al cancello e portato nella Villa del padre di Roberto.

10. “Tutto era stato preparato, la signora Beocana mi ha assistito come una madre. Il giorno dopo sono andato sulla nave, infinitamente grato di essere libero e… dietro di me un abisso, davanti a me una nuova meta. Solo: come devo raggiungerla? Come devo presentarmi davanti a Roberto e al signor Wanger? Questo mi opprime molto”.

11. “Inutile”, lo tranquillizza Bertram. “Da noi tu trovare i migliori aiutanti. Tu avere una casa, se tu sforzare e fare un ponte sul tuo abisso. Non è facile”, aggiunge serio. “Ma se tu volere e non dispiacere che io essere nero, allora io stare sempre accanto a te”.

12. Davvero?”. Nel cuore di Vilpart entra la fiducia. “Vi confesso, che quando nel porto ho visto solo voi neri, ho dovuto superarmi. Lo puoi comprendere?”

- Bertram ride. “Noi avere conosciuto alcuni bianchi prima che venire da noi il dottore. Allora abbiamo notato la differenza tra i bianchi. Però il nostro dottore ci ha insegnato che davanti a Dio non c’è nessuna differenza fra bianco e nero.

13. Tu sapere questo: Dio guida tutto, Egli dà le vie, il corso e la strada, Egli tiene su di noi le Sue mani! Nulla…”, respinge lui, quando Vilpart vuol dire qualcosa, “…nulla mi è sconosciuto, neanche che fino tua disgrazia tu hai rinnegato Dio, e pure adesso tu non avere nessun legame con Lui. Tu avere pensato a Lui solo qualche volta, quando si è girato il tuo destino. Nessuno ha raccontato questo a me; tu non devi guardare me così. Io posso ‘vedere’ quello che tu proprio non comprendi. Perciò io posso anche aiutare te, …se vuoi. Ma tu devi venire da me veramente come segno che tu stesso volere imparare a credere”.

14. Vilpart guarda prudentemente gli altri accompagnatori, i quali avevano fatto una sosta mentre Bertram si era seduto un po’ in disparte come a caso. Che con questo nuovo ospite ‘c’è qualcosa’, lo percepiscono anche gli altri. Quindi non disturbano. Vilpart fa un sospiro di sollievo, perché non si sa niente della sua onta.

15. Ora sono arrivati. Wanger sta davanti alla sua casa e dà il benvenuto al giovane ospite. Vilpart si vergogna davanti al missionario, che allora aveva così offeso sulla collina. Sarebbe…

- “Venga in questa casa”, Wanger ne indica una, nella cui altra metà abita Carol, l’altra parte viene usata come magazzino. Due stanze sono state arredate per Vilpart. Costui stupito entra dietro Wanger.

16. “Meraviglioso!”. In confronto con la sua cella vuota. “Devo abitare qui, signor von Wanger? E’ troppo buono per me!”

- “Non siamo del tutto dalla Luna”, ride questo gentile. “E qui di fronte”, attira Vilpart alla finestra, “abita Roberto. Si riposi prima. Il suo bagaglio è già stato portato qui; qualcuno la può aiutare per ambientarsi”.

17. All’improvviso Vilpart si piega singhiozzando: “Se non ci fosse stato lei… Prima sono stato solo ancora a lungo ostinato. Se posso chiedere: mi lasci qui, voglio fare qualunque lavoro. Ho paura di Roberto; come lo devo incontrare?”

18. “A volte la paura è bene. Purifica il cuore oppresso! Chieda perdono a Roberto, prima che lui la possa salutare. Perché, non rimane risparmiato a nessun uomo il piegarsi davanti a colui al quale si ha commesso un’ingiustizia. Questo è un vero piegarsi dinanzi al Signore! Questo, Vilpart, lo deve ancora imparare. Questo non va così veloce, perché lei stesso si era oscurato la sua gioventù. Ma non è troppo tardi, anche lei può ancora trovare la buona strada”.

19. Vilpart fissa il signor Wanger, che non vede solo l’esteriore di colui che gli sta di fronte. Attraverso i Beocana aveva bensì sentito qualcosa, ma gli era troppo estraneo. Oh, la vergogna! Se non sapesse che qui lo aspetta il rifugio, …fuggirebbe finché… Il suo sguardo cade sulla casa di Roberto. Aveva sempre voluto bene al suo amico, solo l’avidità lo ha spinto alla rovina. Indugia ancora, ma non gli rimane risparmiato. Quanto ha ragione il medico, che è sacerdote e molto di più. Il sorvegliante della prigione lo ha scosso, gli ha mostrato la via per diventare ciò che è suo padre: un uomo corretto, buono.

20. Frettolosamente corre via, come se si trattasse della vita. Roberto lo aveva aspettato, sta in mezzo alla sua stanza. Memore dell’ammonimento del suo amico paterno, non gli va incontro a Vilpart, non stende nemmeno le sue mani verso di lui. Esteriormente! Interiormente, secondo lo spirito e secondo la sua anima, è pronto ad aiutare, ed ha perdonato prima che per questo, fosse espressa una richiesta. Lo percepisce Vilpart? Lo vede nello sguardo dell’amico che…

21. No, non se lo deve immaginare. Agirebbe lui, forse così? Allora Vilpart si accascia, piange e supplica: “Signor Beocana”, non osa di rivolgersi a lui come prima, “io, oh, mi perdoni, ho pensato solo a me. Quanto mi ha fatto del bene! L’ho ringraziato molto malamente, mentre io… Oh, mi perdoni. Voglio sempre essere al suo servizio!”

22. Roberto aspetta un po’, è oppresso di come l’amico si piega in modo sincero. No, non deve giacere così al suolo! Ha imparato che ci si deve piegare davanti a DIO, ma non l’uomo davanti all’uomo. Allora lo prende, alza Vilpart, lo spinge su una sedia e si siede accanto a lui. Un profondo respiro, …ha superato la faccenda.

23. “Vilpart”, dice piano, “vogliamo seppellire il passato. Se l’intendo ora onestamente, allora fa che siamo di nuovo amici. Sono sempre ancora il Roberto e tu il Vilpart. Mi dai la mano?”. Stende la destra.

24. Vilpart guarda oppresso la mano. “Questo è, …è impossibile”, balbetta. “Quello che ho peccato contro di te, non lo si può spingere da parte. Sta inevitabile davanti a me, anche se lei… se tu… se mi conservi la tua amicizia. Ma come puoi… com’è possibile… così...”.

25. Roberto prende le mani di Vilpart e le tiene strette a lungo. “Tu sai che non ero credente. Ma non potevo soffrire delle parole contro Dio. Nemmeno contro i sacerdoti. Attraverso i modi fini e la profonda fede del signor von Wanger, attraverso il suo aiuto che ha dedicato ai miei genitori e a me, sono venuto sulla via della vera fede. E gli sarò sempre grato, ringrazio eternamente il Signore, il Quale mi ha fatto trovare questo benefattore.

26. Lui ha guidato il ministro sulla vera via. Solo guardando al Signore mi è possibile di lasciare il passato al passato. Se DIO mi ha aiutato, non dovrei volere per amore e gratitudine verso di Lui, attraverso la Sua Forza, perdonare te, mio debitore?

27. Tu non conosci ancora niente della Parola di Dio, quindi adesso devi sentire una parabola”. Apre la Bibbia e legge del servitore cattivo (Matt. 18,24-35: «E avendo cominciato a fare i conti, gli fu presentato uno che era debitore di diecimila talenti. E non avendo egli di che pagare, il suo signore comandò che fosse venduto lui con la moglie e i figliuoli, e tutto quanto aveva, e che il debito fosse pagato. Onde il servitore, gettatosi a terra, gli si prostrò dinanzi, dicendo: ‘Abbi pazienza con me e ti pagherò tutto’. E il signore di quel servitore mosso a compassione, lo lasciò andare, e gli rimise il debito. Ma quel servitore uscito, trovò uno dei suoi sottoposti che gli doveva cento denari, e afferratolo, lo strangolava, dicendo: ‘Paga quel che mi devi!’. Onde il sottoposto gettatosi a terra, lo pregava dicendo: ‘Abbi pazienza con me e ti pagherò’. Ma costui non volle: anzi, andò e lo cacciò in prigione. finché avesse pagato il debito. Or i suoi sottoposti, veduto il fatto, ne furono grandemente contristati, e andarono a riverire al loro signore tutto l’accaduto. Allora il suo signore lo chiamò a sé e gli disse: ‘Malvagio servitore, io t’ho rimesso tutto quel debito perché tu me ne supplicasti; non dovevi anche tu aver pietà del tuo sottoposto, come anch’io ebbi pietà con te?’. E il suo signore, adirato, lo diede in mano agli aguzzini fino a tanto che avesse pagato tutto quel che gli doveva. Così vi farà anche il Padre mio celeste, se ognuno di voi non perdona di cuore al proprio fratello».). “Vedi”, aggiunge, “nei confronti di Dio siamo grandi debitori. La Sua Grazia e Misericordia perdona e… ha perdonato anche a te! Non dovrei io fare uguale, dato che Egli mi ha perdonato? Io sapevo che LUI esiste, ma non L’ho servito. Appunto questo ed altro era la mia colpa, che avevo da pagare all’Altissimo.

28. Egli mi ha salvato attraverso il signor von Wanger, spiritualmente ed anche terrenamente. Devo ora fare il servitore malvagio? Mai e poi mai! Non solo per questo ti voglio perdonare e l’ho fatto, prima ancora che venivi da me. In vista di Dio è il primo punto che ho da menzionare; ma poi l’ho fatto per via della nostra amicizia, che una volta ha unito noi ragazzi.

29. Fa che diventiamo veri amici. Getta anche tu il vecchio dietro di te, io e tu… ognuno a modo suo. Io resterò ancora tutto un anno dal signor von Wanger, abbastanza tempo per metterci reciprocamente alla prova e...”

- “Tu no!”, esclama Vilpart. “Tu hai superato la prova della tua vita! Mi sei sempre venuto incontro. Adesso… lo vorrei chiamare ‘la corona della tua amicizia’, di perdonarmi, di chiamarmi di nuovo ‘amico’.”

30. Roberto ferma l’osservazione, più vergognato che rallegrato. Non è il più alto dovere ed un segno, ciò che lui ha potuto imparare presso il signor Wanger? Se ne rallegrerà costui? Come se lo stesso sapesse di che cosa si tratta, entra, si siede di fronte ai due giovani uomini e dice allegro:

31. “Allora, di che cosa avete parlato? Vi siete messi d’accordo? Vilpart, lei può rimanere da me finché lo vuole. Si sforzi, allora preparerà una grande gioia ai suoi genitori”.

- “Oh, lo vorrei. Se mi riesce…!”, dubita di se stesso. Un’anima che si era smarrita non si stacca così velocemente dal suo cattivo sentiero. “La prego, mi aiuti, signor von Wanger; ammetto i miei errori e quanto ho da riparare”.

32. “A questo pentimento può seguire l’espiazione che Dio benedirà. Senza un Dio di Grazia gli uomini non possono cambiare se stessi. Ma chi lo vuole davvero, a costui Dio lo fa riuscire. Si vuole raccomandare alla Sua Guida?” Una seria domanda ad un cuore che non conosce bene se stesso. C’è solo la nostalgia. E questa ha la parola: “Sì, mi guidi a Dio, affinché Egli mi possa perdonare”.

33. “Egli lo farà, magari lo ha già fatto. – E ora, Roberto, oggi sei libero; aiuta Vilpart ad ambientarsi un poco, e chi vuole servire domani, si annunci da me”. Lo esprime in modo lieto. Vuole sospendere la grave tensione che c’è.

- Roberto lo nota subito, perché il medico era così allegro. Questo è già fuori, prima che uno di loro possa dire qualcosa.

34. Gli amici passano attraverso il villaggio, vanno al recinto libero e agli hangar. Davanti agli animali che Roberto accarezza, Vilpart ne ha paura. L’altro ride: “Vedrai quanto sono mansueti. Noi dobbiamo solo non andare nel recinto senza Carol, il loro guardiano; ed io ti avverto a non farlo”.

35. “Non lo farei mai!”, esclama del tutto terrorizzato Vilpart. “Non ho mai amato gli animali e...”

- “Le creature lo percepiscono. Chi le ama si può avvicinare a loro. Con quelli selvaggi è d’obbligo portare con sé chi li accudisce. Ora vieni, andiamo prima da te, ti aiuto ad organizzarti presto. Poi è tempo di andare a cena, che i medici e le infermiere usano consumare con il signor Wanger. Ci sono anche quasi sempre Bertram o Carol”.

36. “Vorrei sapere delle cose su Bertram. Strada facendo ha detto che riesce a ‘vedere’. Che significa?”

- “Te lo spiego più tardi. Bertram vede il futuro e anche il passato. Mi ha aiutato molto! Se non hai paura di lui, di nessuno dei nostri cari neri, allora ti andrà molto bene. Tutti ti saranno d’aiuto”.

37. “Mi devo vincere a toccare le loro mani”.

- “Non te ne vuole nessuno. Anch’io ho avuto bisogno di un paio di giorni, ma poi non vedevo più il colore scuro, ma solo l’aiuto. Sì, pensa che il ministro e la moglie non conoscevano nessun ostacolo. Entrambi li hanno trattavati del tutto come loro simili”.

38. “Lo ha potuto fare il ministro? Quando è venuto nella mia cella, non sapevo chi era, tuttavia… come se intorno a me fosse tutto diverso, la liberazione dal buco. … Mi ha toccato ed ho riflettuto sulla mia trasgressione. Ma solo alla fine, quando i tuoi genitori sono venuti da me e il direttore è diventato gentile, allora il ghiaccio si è sciolto, allora ho saputo che...”

39. “Il passato è dietro di noi! A volte guardarsi indietro fa bene quando si soppesa la vita, i suoi errori e si vuole diventare migliori. All’uomo è quasi sempre difficile vedersi così come è realmente. Ma ora basta! Ti aiuto a vincere tutto e te stesso”.

40. Vilpart abbraccia muto il suo amico.

- “Vieni”, dice costui, “hanno suonato per la cena”. Roberto lascia aperta la porta di casa e Vilpart se ne stupisce.

- “Ma non chiudi?”, chiede.

- “Non è necessario, la nostra gente è coscienziosa, per costoro sarebbe un’offesa chiudere qualcosa. Sono chiusi solo il deposito delle medicine e gli hangar”.

41. Un vano più grande serve da sala pranzo, contemporaneamente come culto religioso con il cattivo tempo. Il sacerdote preferisce tenerlo all’aperto. Per questo è previsto un posto deforestato. Là tutto intorno stanno degli alberi vecchissimi, simili a fedeli guardiani.

42. Entrano gli amici. Si saluta cordialmente Vilpart, soprattutto i medici e le infermiere non sanno nulla del suo smarrimento. Bertram lo attira vicino a sé. “Se vuoi, tu sedere vicino a me”, dice.

- A Vilpart costa un certo superamento, ma Wanger e i due medici bianchi sono seduti tra i loro aiutanti scuri, appunto così come se fosse la cosa più naturale del mondo.

43. Il pasto non è abbondante, ma buono. Vilpart, che ha avuto circa per due anni il cibo da carcere, dice grato: “Ah, un menu principesco, meglio che in un ristorante esclusivo!”

- Wanger annuisce: “E’ vero! Qui la natura e la benedizione di Dio ci danno tutto ciò di cui abbiamo bisogno; di più l’uomo non ne ha bisogno. Quello che va oltre, rovina lo stomaco e l’anima!

44. Molti mali fisici vengono solo dal cibo sbagliato, naturalmente anche dal falso modo di vivere. In questo senso ho meno pazienti qui; per questo”, si rivolge a Vilpart, “abbiamo qui altre piaghe. Non lasci mai l’abitato da solo, qui ci sono serpenti e anche animali selvaggi. C’è la foresta! Naturalmente ci assicuriamo, tuttavia…

45. Per la nostra protezione nell’ampio circondario è sparso del veleno, che è contro i serpenti. Finora nessun altro animale è morto per questo. Ho lavorato a lungo nel laboratorio e poi ho potuto scoprire un veleno, simile al veleno dei serpenti pericolosi. Dato che questi rosicchiano determinate erbe che servono loro per la digestione, viene sparso appunto questo veleno su tali erbe”.

46. “Non è molto complicato?”, chiede Vilpart.

- “Non è semplice”, ammette Wanger. “Abbiamo uno specialista”, indica Carol, “lui lo fa bene”.

- Costui risplende formalmente per via della lode. Ma persino dei rimproveri giustificati lo legano al medico nella fedeltà, senza esempio. E Wanger può perfettamente confidare in lui. Lui stesso crede però: – Tutto è la paterna Guida di Dio, quel‘Eterna Luce, con cui il Creatore rivela le Sue magnificenze.

*

47. I giorni passano nel su e giù della vita. A volte costa molta fatica a compiere il lavoro. Inizialmente Vilpart ha difficoltà. Bertram riesce a trattare meglio con lui, contro il quale Vilpart si ribella sovente. Il nero passa oltre a questo in modo stupefacente; lui vede come la sua anima deve lottare con il ‘piegarsi’ e… con la vergogna, quando si mostra così malamente. Una vicenda lo dovrà cambiare del tutto.

48. Finora ha osservato l’ordine di non lasciare da solo il villaggio; aveva anche molta paura e non conosce ancora per nulla la vita nella foresta vergine. ‘Lontano da ogni civiltà’, litiga qualche volta fra sé e sé, credendo che nessuno lo sente. Ora, …un giorno si ribella e copre Roberto di insulti.

49. “Che cosa ti offre la selvatichezza? Va bene… Il signor von Wanger è il tuo idolo e i neri lo adorano come una statua. Ma, …sono selvaggi! Nessuno svago, ogni giorno la stessa cosa, ne sono assai stufo!” Appena pronunciato, Vilpart si pente molto. Tutto l’amore che gli è stato offerto, il totale mettere da parte la sua colpa. O guaio… “Non lo volevo dire! Io...”. Corre via

50. Roberto è molto sbigottito, per sospettare solo minimamente dove Vilpart si rivolgerà. Pensa al recinto libero e vi corre. Ma non è qui. Incontra Carol e chiede frettolosamente se avesse visto l’amico.

- “Sei preoccupato?”

- “Sì, molto. Era agitato e temo…”

51. Arriva anche Bertram. Quando sente che cosa era successo, determina rapidamente: “Tu rimanere qui, Roberto; io e Carol cerchiamo!”

- “Ma lo troverai?”

- Il nero sorride. “Ah!”

- ‘Era una domanda stupida’, pensa Roberto e corre da Wanger, per riferirgli l’accaduto.

- “Questo finisce male per Vilpart! Ora, aspettiamo. Una lezione extra non può far male”. Il medico nasconde la preoccupazione, che il ragazzo stolto ha osato andare da solo nella foresta.

52. Proprio questo fa lo stolto. I neri portano con sé i fucili e Bertram trova anche una traccia. “Per di qua”, indica la traccia. “Corre forte, lo stupido bianco, e corre alla sua rovina!”.

- Allora sentono già un grido terribile e un soffiare. Il loro senso legato alla natura fa notare subito da dove venivano i rumori. “Vai a destra, Carol, così arrivi dietro ai due. Secondo il soffio è un leopardo”.

53. Entrambi vedono quasi contemporaneamente come la bestia si è eretta ed ha gettato giù Vilpart, i forti denti già in un braccio, le zampe messe intorno al collo. Il ragazzo perde i sensi. Due colpi scoppiano e la bestia lascia la vittima, si divincola ed emette dei lamenti di dolore. Un colpo ha colpito una zampa, l’altro gli ha aperto un fianco. Non si può mirare meglio per uccidere subito, perché il caduto si trova nella direzione della pallottola.

54. Il leopardo cerca ancora di trascinarsi via; non ne può più. “Peccato, forse si avrebbe potuto domarlo”. Bertram si inginocchia accanto a Vilpart e visita le ferite. Ha un aspetto cattivo, constata lui al primo sguardo.

55. “Corri”, esclama a Carol che è accovacciato presso il leopardo, “e va a prendere il dottore, la barella ed altri, l’animale non deve rimanere qui!” Carol freccia via e non ci vuole mezz’ora, che sono arrivati il medico insieme ai portatori. Vilpart riceve la fasciatura d’emergenza, è ancora svenuto. Il collo e le spalle mostrano profonde ferite da grinfie, il morso sull’avambraccio è andato fino all’osso.

56. Si è nella massima agitazione. Da tempo non è venuto un animale selvaggio così vicino.

- “Chi è con lui?”, chiede Roberto sentendosi colpevole. Doveva fermare Vilpart.

- “Non hai colpa”, lo consola Wanger. “La faccenda non è in pericolo di vita, ma durerà un paio di settimane, prima che possa lasciare il letto. Questa era la ‘lezione extra di Dio’ che salverà la sua anima”.

- Le infermiere girano agitate, ognuna lo vorrebbe assistere.

- “E’ come al solito”, determina il medico. “Avete abbastanza tempo per fare del bene al nostro protetto”. Sorride alle sue aiutanti scure.

57. Presto si annuncia una febbre alta, com’era da aspettarsi. Roberto vorrebbe vegliare.

- “Questo non è per te”, respinge Wanger. “Un medico assistente terrà la veglia, per due fino a tre notti, poi – spero – il pericolo passerà”.

- Roberto cerca conforto da Bertram e lui indica la via dell’anima dell’amico, che lui… – chi lo ha insegnato al nero? – sarebbe molto aggravato dalla materia e se ne è dedicato pure troppo volentieri.

58. “La via nella Luce”, sussurra alla fine, “per questi è difficilissima e bisogna aiutare loro. Tu hai aiutato lui, e noi ti amiamo. Siamo già rattristati adesso, per quando ritornerai in patria. Però, i pensieri, il contatto, che ci ha donato ‘l’eterna Luce’, …guarda: questo rimane!

59. Io presto ho finito di servire; e Dio, il Signore, mi porta in Patria, come ha insegnato il nostro sacerdote. Lui è dall’alto…”, Bertram indica nell’alto del cielo, dove cominciano a scintillare le stelle, “…e Vilpart dal basso. Tu sai che cosa intendo?”

- “Sì, ancora non mi è chiaro. Te lo ha insegnato il signor Wanger?”

60. “In genere sì; ma io sapevo già. Ho proprio riconoscere la differenza nell’uomo. Perciò dobbiamo aiutare il tuo amico. Chi e che cosa era, a me il dottore non dire, e questo era bene. Quando io vedere lui nel porto, io vedere attorno a lui una corona scura. Soltanto, …c’erano anche un paio di raggi, e così sapevo come inserire lui. Buona notte. E’ tardi, l’agitazione ti ha stancare molto”.

61. “A te no?”, chiede cordialmente Roberto.

- “Questo sì; la parte umana viene sempre gravata, però il nostro spirito lo può superare!”. Il saggio nero esce, sorridendo come lo può Wanger.

- Roberto mormora interiormente, ‘Ho potuto aiutare il Vilpart esteriormente. Grazie al Signore per la Sua Bontà!’

62. Come previsto, dura tre piene settimane prima che Vilpart è in grado di lasciare il letto. Durante questo tempo è diventato un altro, quasi sempre interiorizzato in silenzio, accanto al suo lette c’è una Bibbia. La prende, la apre a caso e trova questo magnifico versetto:

«Ma tu mi hai dato molestia con i tuoi peccati

e Mi hai stancato con i tuoi misfatti.

Io, Io cancello le tue iniquità

e non penso ai tuoi peccati!»  [Isaia, 43,24-25]

63. Tiene la Bibbia in mano, volge la sua testa e il cuscino si bagna di lacrime.

- Così lo trova il medico, quando fa il suo giro serale. Se ne va con passo leggero, il delicato sacerdote. Il suo profondo ringraziamento è per l’Altissimo, che c’è di nuovo a salvare un uomo.

 

 

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Cap. 19

Roberto torna a casa - Un caro ricordo

Il matrimonio doppio, con Wilmut

1. “Sta per tornare!”. Marita ventola giubilando il telegramma. I Beocana aspettavano il loro figlio. Ora è il momento, e tutta la casa è in agitazione. Il fabbricante si è lasciato scoprire, poiché mentre dettava si era fermato, di cui la sua segretaria se ne era stupita. Che cos’ha il capo? Lo si chiama infatti la concentrazione ferrea. Ora sorride persino, e toglie alla ragazza la matita.

2. “Si stupisce! Oggi deve aver pazienza con me, mio figlio torna a casa!”

- “Roberto? Intendo… mi perdoni, il capo junior?”. Nessuno sa che cosa significa per lei il signorino. Se avesse idea di che cosa ha parlato ultimamente il signor Wanger con Roberto, per via di lei, anche lei non sarebbe in grado di concentrarsi.

3. “La posta di oggi la sbrigo io, la può controllare pure nel pomeriggio. Quello che sarebbe da correggere, lo riscriverei nel pomeriggio”.

- “Non oggi, Irina! Verrò verso le cinque. Certamente devo solo scrivere il mio nome”. Una grande lode ed è anche per la prima volta che il capo si rivolge alla ragazza con ‘Irina’. Quale gioia!

4. Arriva il capo ufficio. “Mi annunci!”, indica la porta dell’ufficio del padrone.

- “Il signor Beocana è andato a casa”.

- “Andato… a casa? E’ di nuovo malato?”

- “No, ha portato a casa una grande gioia”.

- “Ma si lascia sempre tirare tutto dal naso?”, esclama Canncia arrabbiato.

- “Per nulla”, Irina si dà riservata. L’arroganza rovina a Canncia ogni simpatia. “Il padrone non si è forse annunciato da Lei?”

- Lui non si accorge della ‘puntura’ che lei gli infligge con ragione. E se ne va lamentandosi.

5. L’apprendista sguscia nella stanza; un paio di atti nella mano. “Anche gran classe, come la signora Dabbati!”

- Irina alza stupita gli occhi. “Che cosa vuoi dire?”

- “La porta era solo appoggiata”.

- “Monello!”, lo sgrida la segretaria. “Da noi non si origlia!”

- “Veramente, non con intenzione”, si difende il ragazzo. “Ma con quello schifoso,..”.

- “Ssssst! Se ti sente qualcuno!”. La Signorina Kingtown ama il ragazzo proprio come la signora Dabbati. “Marsch, mio caro”, gli fa l’occhietto. Allora la porta si chiude già.

*

6. Il pilota Fallango ha preparato l’aereo privato per la partenza per andare a prendere Roberto all’aeroporto principale. Marita sgambetta avanti e indietro e rende i genitori ancora più nervosi di quanto non lo sono già.

- “Fermati finalmente!”, la sgrida la mamma. Per fortuna arriva già il grande uccello e per primo scende Roberto. Ma che cosa? Ha per mano un ragazzino nero, quello che era stato morsicato dal serpente. Lui è voluto venire a tutti i costi con Roberto. Ora può rimanere, finché l’anno prossimo verrà il Signor Wanger e lo riporta con sé dai suoi genitori.

7. Marita corre verso la testa ricciuta. I genitori salutano il loro figlio come se fosse risorto dalla tomba. Assomiglia anche un poco. Allora il pericolo, come se non… Poi la lunga separazione. Ora sta davanti a loro un uomo maturo, forte, con sguardo chiaro. Lui, nell’agitazione che lo sconvolge, deglutisce. I genitori, la sorella, la patria, e tutto insieme un’immensa gioia. Lo rende quasi muto, questa gioia.

8. Presto si è arrivati a casa. Il piccolo nero si stupisce quando può considerare la stanza dei bambini di una volta, colma di giocattoli, come sua proprietà. “Tutto mio?”. Gli occhi splendono.

- “Vediamo”, dice Marita. “Svelto! Lavare qui! Mettere il vestito! Vogliamo andare a mangiare!”. Lei stessa aiuta, perché la cameriera è ancora timida a toccare il ragazzino scuro.

9. “Lo imparerà”, dice Marita alla ragazza. “Lui è più pulito che certi nostri ragazzi di strada. Il medico tedesco nel villaggio lo ha educato bene, per quanto questo era possibile. Oltre a questo, lei sa, Josepha, che sono stata là, e anche mio fratello per tre anni. Impari ad amare la piccola testa ricciuta”.

10. Si va a tavola. “Così, questo è l’aggiunta”. Il padre accarezza i capelli del ragazzino.

- “Ebbene, allora avrai qualcosa da fare”, lo prende in giro la figlia, “e chi fa il tuo lavoro?”

- “Niente paura, papino, porto con me il nostro piccolo. Canncia sgranerà gli occhi!”

- “E’ sempre ancora così ostinato?”, chiede Roberto.

- “Molto di più! Già alcune delle persone si sono lamentate di lui da me”.

- “Stai tranquillo, ce la faccio con lui!”. Il padre fa un sospiro di sollievo; suo figlio ce la farà.

11. “Sono contento che ti abbiamo di nuovo qui, caro ragazzo. Marita è stata diligente, ma ha idee bizzarre. Sai che cosa vuole?”

- “Sì, la sostengo. Il pensiero di un ospedale di fabbrica non ti piace; ma quando è pronto, papà, sarai grato. L’autore di questo piano è zio Willmut”.

12. “Se vuole essere lui qui il dottore, allora dico subito di ‘sì’”.

- “No, lui ci raccomanda buoni medici. Con Marita ho già discusso come procurare le finanze. Ti prego, papà, non essere agitato! Sono stanco e dispongo di una eredità della nonna! Se dai la tua approvazione, allora noi, io e Marita, costruiamo un ospedale, in modo che il tuo patrimonio non venga diminuito”.

13. “Non viene deciso sopra la mia testa!”. Beocana sorride del tutto nascosto. Ha soppesato il piano di Marita e comprato di nascosto dalla città un terreno collinare, che è particolarmente adatto a questo scopo. Quando vede le facce tristi dei suoi figli, non si tiene. Ride a squarciagola, prende ambedue nelle sue braccia e comincia:

14. “Il terreno, i piani e il materiale da costruzione sono stati comprati… da me! Tanto, mi siete già cresciuti sopra la testa”, i figli sono più alti dei genitori, “quindi dovevo essere un obbediente...”

- “...papino!”, Marita lo bacia tempestosa sulla guancia.

- Roberto guarda il padre con occhi raggianti e gli schiaccia quasi le mani.

15. “Lasciate ancora qualcosa a vostro padre!”

- Juanita si stringe al petto di suo marito.

- “Aiuto!”, esclama lui forte. “Fallango, mi aiuti! Questo ultrapotere! Perché sta lontano, invece di venirmi in aiuto?”

- Fallango approfitta dell’occasione favorevole, ma dice sommesso, quasi modesto:

16. “Signor Beocana, se posso – hm – vorrei aiutarLa sempre, non solo adesso in questa amorevole guerra di famiglia. Ma… ebbene,,,”, s’ingarbuglia.

- La madre ride, da tempo ha visto che cosa si era sviluppato tra lui e sua figlia. “Ernestino”, lei mette una mano sulla sua spalla, “non sono contraria, mi sarebbe una gioia, se… E per quanto riguarda mio marito, non deve temere. Se non perde sua figlia, non nega l’approvazione”.

17. “Ah, un complotto?”. Beocana vede arrossire sua figlia.

- L’imbarazzo di Fallango, le facce raggianti di Juanita e Roberto. Solo il piccolo Filippo, come Wanger ha una volta chiamato il ragazzo nero con il battesimo, guarda storto e mette la sua manina nella mano di Roberto.

- “Non è un complotto”, chiarisce Juanita. “Solo che non ti sei accorto di nulla, e ora festeggiamo il fidanzamento”.

- “Che cosa? Marita e lui? – L’Ernesto?”

- Ci vuole un momento, finché il padre lo ha digerito. “Ah, è così”, dice poi capriccioso.

18. Nessun aereo mi rapirà Marita, altrimenti chiedo il divorzio prima che si giunga al matrimonio. No! Ma che succede? Il ragazzo è tornato felicemente a casa, la mia ragazzina fidanzata, …e tu, furfante?”, strappa Fallango al petto, “mi hai ingannato! Ebbene, ora venite qua tutti e due, dovete avere la mia benedizione paterna!”

19. “Babbo!”, giubila sua figlia.

- “Padre”, osa Fallango, “non ho avuto il coraggio, anche se Bertram che riferiva molto di Marita, mi ha consigliato di raccogliere ‘il Mughetto’. Non avevo osato di guardarla anche solo giustamente; perché infine… sono soltanto un pilota. Lei invece...”

20. “Cognato”, esclama Roberto, “non siamo malati di orgoglio della posizione”.

- “Non tu e Marita”, risponde Ernestino, “solo che non potevo sapere come la pensano i genitori”.

- “Hm”, schernisce allegramente Beocana, “veleggiare nell’aria senza travi, per questo hai coraggio; ma prendersi una sposa? Allora vogliamo…”. Suona ed ordina al servitore: “Il miglior vino che abbiamo nell’ultimo angolo!”

21. La gioia fa dimenticare al padrone che la sua segretaria aspetta le firme. Quando lui non arriva, lei dopo la chiusura dell’ufficio va nella villa. Di rado è stata qui. “Oh, guaio, le firme! Che cosa penserà lei del padrone, Irina?”

- “Ci sono cose che hanno la precedenza, signor Beocana”.

- “Ben indovinato, ragazzina! Saluti una volta mio figlio e lo guardi bene che cosa è diventato”.

22. La voce suona pressata. Quanto si congratula con lui per il ritorno a casa. E ora si rende conto che cosa intendeva Wanger, quando ha ‘puntato qualcosa sul naso’, a lui, Roberto. Una figura graziosa, un volto delicato. Si china sulla mano. Questa volta è il padre che vede per primo il filino fra i due cuori.

23. “Lei rimane qui, Irina, noi festeggiamo! Il ritorno a casa di mio figlio e il fidanzamento!”

- La ragazza diventa tutta bianca. Una perdita...? Lei ha sempre respinto i sogni. Il junior e lei, la segretaria…?

- “Che le succede?”, chiede spaventata la padrona di casa.

24. “Ho mal di testa”, si scusa la ragazza.

- ‘Ah, è così? Mal di cuore?’, pensa Beocana, ‘lo si può eliminare’. “Sì. Si stupisca pure, cara bambina, si. Oh-oh…”

25. Irina si sarebbe quasi tradita, le stava sulla lingua: ‘Quindi, non Roberto?’

- Abilmente, lui dice: “La pillola ha aiutato”.

- La signora Beocana gliene aveva data una. Sta diventando una bella serata. Roberto ha molto da raccontare. Prima su Vilpart. “E’ diventato un uomo buono, è anche diligente e ci siamo stupiti quante cose sa fare.

26. Ha ingrandito la dinamo, ha posato dei cavi ed ha fatto altre cose. C’erano così tante cose delle quali lo zio Willmut non si può assolutamente occupare, soprattutto nell’ultimo anno. Perché persino da un villaggio molto lontano sono arrivati dei bianchi malati, e così ha avuto bisogno di un secondo ospedale. Non lo si poteva proprio evitare di mettere i letti separati per bianchi e neri.

27. E’ anche sovraccarico come missionario. C’è da stupirsi, come sa trattare ognuno fisicamente o spiritualmente. Ha portato alcuni bianchi alla fede. Vilpart rimane da lui, anche più avanti, se per età deve lasciare l’amata foresta. Vorrebbe soltanto troppo volentieri che i suoi genitori avessero di nuovo la loro casetta. Lui pensa che sarebbero di nuovo rispettati”.

28. Il padrone di casa dice subito: “Di questo può essere certo! Ora racconta, e…” getta uno sguardo al fidanzato, che parla per sé, “…nonostante la felicità, ascolterà pure”.

- “Di questo, papino puoi essere certo”, dice scherzosamente la figlia.

- “Sentite il pulcino”, la canzona Roberto.

- “Sono sposa, quindi un po’ più di rispetto, mio signor fratello!”

- “Mi sforzerò”.

- Ci si siede nelle poltrone presso il camino. Il personale, rallegrato perché junior è tornato sano e salvo a casa, non va a dormire e riempie il tavolo con cose buone.

29. “C’è molto da raccontare”, comincia Roberto. Prima racconta dell’esperienza di Vilpart con il leopardo, loda l’attenzione di Bertram, di Carol e dei neri, ma rileva in particolare la capacità del medico, la buona cura delle infermiere scure, la pulizia di tutto il villaggio e che Willmut è dottore, giudice, missionario, sindaco, appunto, tutto in tutto.

30. “E’ stupefacente con quale sicurezza affronta le cose, e credo ciò che ha detto il vecchio Bertram: ‘E’ dall’alto!’. Lo si obbedisce alla parola. Di rado deve talvolta punire, ma lo fa solo con le parole. Ognuno cerca poi di riparare il suo errore. Naturalmente si devono considerare certe cose dal punto di vista degli indigeni; ma non ci sono malfatti, come aumentano nei paesi della cultura, come vengono chiamati i bianchi.

31. Già subito dall’inizio, i suoi neri avrebbero vegliato di notte senza alcun comando, cosa che prima non hanno mai fatto. Se talvolta ritornavo tardi nel mio alloggio, uno di loro mi accompagnava a casa. Uno ha risposto alla domanda del perché lo facevano: ‘Non si può sapere se animali selvaggi oppure un altro pericolo che noi neri notiamo prima che voi bianchi’. Con ciò aveva perfettamente ragione.

32. Willmut vedrebbe volentieri se voi, cari genitori, gli faceste una visita. Ernestino vi porterebbe sicuri là, ed anche di nuovo a casa. Anch’io so portare un aereo”.

- Fallango approva subito: “Devi solo fare l’esame, hai imparato bene”.

33. “Che cosa? Hai volato senza chiedermelo prima?”

- “Vecchio, non litigare!”, dice Juanita.

- “Non ha detto sul serio, i suoi occhi ridevano”, interviene Roberto. “Domani faccio con lui un giro sulla nostra città. Per tranquillizzarti viene con me Ernestino”.

- “Voglio andarci anch’io”, stuzzica la madre. “Ma ora continua. Che è successo nell’ultimo anno? Quello di prima ce lo ha raccontato Marita”.

34. “Non tutto, non vi dovevate spaventare. Hai portato le foto, Roberto?”

- Costui va a prendere un pacco e le mostra, dove lui e Marita erano nel recinto libero, presso gli animali. Wanger aveva consigliato di mostrarle solo dopo che i due figli erano tornati sani e salvi in patria. Un buon consiglio. Ancora adesso, anche quando si vedono entrambi seduti davanti a sé, i genitori vengono presi da paura.

- “Voi avete osato questo?”, chiede la madre, tremando.

35. “Marita era la più coraggiosa”, riferisce Ernestino. “Inoltre, non è pericoloso quando ci sono Carol oppure il signor von Wanger. Una volta aveva anche medicato un leone che si era molto ferito. Carol aveva tenuto solo la testa, il leone se l’è lasciato fare”.

- “Gli animali percepiscono chiaramente quando qualcuno li vuole aiutare”, finisce Roberto la storia.

36. In un impeto di orgoglio, il padre dice: “Le foto vengono messe nella bacheca della fabbrica; tutti le devono vedere”.

- “Bene”, fa Marita, “questo pungerà particolarmente negli occhi di Canncia!”

- “Non vogliamo dimenticare l’insegnamento di Willmut: non si deve augurare nulla di male al nemico”. “Vedrai”, si difende la sorella, “quanto schifoso è diventato, penso solo che sentirà più rispetto. Mi tratta come un apprendista quando qualche volta lo incontro. Questo mi fa rabbia”.

37. Roberto dice: “Quando uno si accorge che ci si arrabbia, ha quel trionfo che danneggia la sua anima. Ma ci si libera da sé. Io l’ho origliato da Willmut. Naturalmente, non sono capace di farlo bene come lui. Mi ha anche insegnato il ‘vedere’, soprattutto per via di Canncia, che ha saputo riconoscere subito. Ebbene, aspettiamo.

38. C’è ancora qualcosa da dire su Vilpart. Mi ha rivelato da dove ha appreso tutte le sua capacità. Dopo che è stato spostato dal lazzaretto. ha ammesso di aver imparato molto dal maestro, fingendosi solo come stupido. Lui mi disse: ‘Tu sai quanto odio il lavoro. Nella prigione, quando attraverso l’aiuto del signor Wanger sono stato meglio, mi sono fatto portare dei libri ed ho continuato a studiare. Il direttore ha sostenuto il mio sforzo’.

39. Quando glie l’ho raccontato a Willmut, lui ha detto: ‘Lo sapevo. Naturalmente non si ha bisogno di conoscere precisamente la faccenda nella visione, che è un Dono di Dio e nessun proprio merito, cosa che umanamente non è nemmeno quasi mai possibile. Tuttavia, …si può riconoscere di che cosa si tratta e come una persona è predisposta.

40. Non è da escludere il trattamento libero, ma può essere guidato dalla Luce, poiché gli uomini non hanno una libertà illimitata. La vita e una capacità umana stanno sempre sotto la mano di DIO! EGLI ci ha creato, e come nostro Creatore la Sua Volontà magnificamente libera sta al di sopra di tutte le cose viventi delle Sue creature figli, nella Luce, ovunque, e nella materia’.

41. Allora ho saputo quanto meravigliosa era la Guida, che proprio noi potevano imparare a conoscerlo. Una volta abbiamo anche avuto quasi una disavventura. Willmut, Bertram, Carol, Vilpart ed io e ancora due neri, abbiamo fatto visita ad una tribù vicina. Bertram ha aggrottato la sua fronte, ma non ha detto nulla, non voleva rovinarmi la gioia. Allora ho imparato che qualche paganesimo non è da disprezzare.

42. Dei guerrieri di questa tribù ci avevano una volta già assaliti. Da noi c’erano troppe cose che avevano risvegliato loro il desiderio di possesso. Dunque, grazie alla nostra vigilanza loro avevano dovuto abbandonare il campo. Il loro capo tribù era stato ferito e Willmut lo aveva assistito. Poi c’era stata pace tra di noi. Per consolidare il legame per il futuro, nel caso che un altro medico avrebbe dovuto incaricarsi del villaggio, Willmut voleva appunto far visita a questa tribù. Che il viaggio non sarebbe stato ‘senza’ (incidenti) lo aveva previsto lui come anche Bertram. Allora si è confermato come una visione può anche giungere fin nei minimi particolari.

43. Il viaggio di andata era stato molto bello attraverso una magnifica flora selvatica. Strada facendo, Willmut ci ha distribuito delle pillole che dovevamo prendere prima che ci dessero una bevanda. Ma sul perché non si è pronunciato, pur essendo molto serio.

44. Venne offerto un buon arrosto fatto allo spiedo. Poi arrivò il punto culminante. Nei corni, esteriormente molto belli, ci venne offerta ‘la bevanda della pace’. Ad un segno segreto di Willmut ognuno ha prese la pillola con il primo sorso. Nessuno di noi ha vuotato il suo corno, cosa che là era uso, se l’oste non doveva essere offeso, che sovente aveva per conseguenza l’uccisione.

45. Bertram ha tirato fuori una cosa. Due ossa incrociate, da cui pendevano due sassolini. Questo vale sia come amuleto come anche come segno della riconciliazione, che ci si offre reciprocamente oppure viene accettato. E Carol all’improvviso teneva in mano la mia piccola pistola giocattolo. Willmut e gli altri mostraro le loro armi. Solo io e Vilpart non ne avevamo, essendo del tutto ignari.

46. Bertram stava lì maestoso e parlò con una voce da tomba: ‘Tu capo tribù, quando hai ricevuto il beneficio del nostro medico, di accogliere te e i tuoi malati, anche se ci avete assaliti senza alcuna ragione, che cosa avevi giurato? Che cosa mi hai dato in segno, di mantenere il tuo giuramento?’. Dicendo questo ha alzato in alto le ossa incrociate, davanti ai quali tutti i nemici si sono visibilmente spaventati.

47. ‘Tu hai aspettato’, disse Bertram, ‘di vendicarti per via del tuo fallimento. Persino i segni più alti della riconciliazione non ti hanno impedito di mandare un messaggero a farvi visita nella pace. Ora siamo venuti in pace, poiché le armi erano per la via e non per voi. Per questo siamo in pochi. I nostri amici bianchi’, intendeva me e Vilpart, ‘non sanno quali nemici siete, per rompere la pace!

48. Sappiate: il tuo attentato col veleno, per incassare il nostro villaggio, con cui non sapreste comunque che cosa fare, eccetto di distruggere tutto, è mancato! Il nostro dottore, che senza tali segni’, li ha alzati di nuovo in alto, ‘ha previsto solo dal suo Dio, con cui spesso frequenta, ciò che intendevi fare; e ci ha dato una medicina che ha annullato il tuo cattivo veleno. Che abbiamo bevuto poco, che è contrario al comportamento pacifico, ti doveva indicare che il nostro dottore lo ha compreso bene, e anch’io, ancor prima di iniziare il viaggio per venire qui.

49. Io ho portato con me il tuo segno per tenertelo davanti. Ma ancora di più: abbiamo avuto visita dalla guarnigione bianca, molti uomini. Ci hanno seguiti. I soldati hanno circondato il vostro luogo, e solo un minimo cenno che osi intraprendere contro di noi, e costerà la vita a te e a tutta la tua gente!’

50. Una compagnia di soldati si era spinta già avanti, i fucili pronti a sparare. Willmut si era messo d’accordo con il colonnello, di sparare solo se estremamente necessario, per evitare un bagno di sangue, al fine di ammansire la tribù litigiosa. Questo riuscì. Di nuovo una dimostrazione di quanto Willmut è unito con l’Eterna Luce di Dio.

51. Ha preso l’amuleto nel quale la maggior parte dei neri crede, lo ha tenuto in alto in forma della Croce di Cristo e ha detto: ‘Capo tribù, giura con questo segno di tenere finalmente la pace! Hai nuovamente sperimentato che io so tutto prima. Ricorda ancora: può succedere che vi ammaliate. Chi vi deve allora aiutare, se non io nel mio ospedale?’

52. Il colonnello dei soldati ha cominciato: ‘Se osate ancora una volta di assalire il villaggio sotto la nostra protezione, allora è finita con voi!’. Willmut non ha voluto contraddire, perché avevamo bisogno dell’aiuto dei soldati, quello esteriore. Perché Dio manda anche questo. Ho visto simili cose troppo sovente.

53. La compagnia ci ha accompagnato a casa. Bertram mi ha fatto l’occhietto: ‘Fai attenzione, succederà qualcosa!’. – Io ho pensato all’ulteriore protezione, ma questa non c’era. A tavola il colonnello ha detto: ‘Signor von Wanger, lei è conosciuto ovunque come medico famoso, ciò che io finora non ho mai creduto, ma di questo me ne sono reso conto solo oggi. Lei è un Cesare della pace, che potrebbe condurre un impero. Mi si voglia deridere, non mi importa, ma mi sembra che lei – ebbene – sulla sua fede e su quella del suo Bertram, nella guarnigione ne hanno riso. Ora sono stato istruito. Ci sono davvero delle cose che non si possono per niente accreditare solo come dicerie.

54. Io avrei volentieri annullato questa tribù che spesso ci ha già causato dei dispiaceri, se lei prima non mi avesse impresso in testa che con l’indulgenza si ottiene molto di più che con polvere e piombo! Allora cin cin… questa tribù sarebbe stata annientata, soprattutto perché io ho avuto il permesso da questo governo. Questi uomini sono perfidi, e con ciò un costante pericolo. Io ...’

55. Willmut ha interrotto il superiore: ‘Mi perdoni, se io ...’Costui fece cenno: ‘D’accordo’. – E Wilmut: ‘…Loro non si ribelleranno più; l’indicazione alla malattia li ha spaventati. Non lo faccio mai volentieri. Non si migliora la gente con le minacce! A volte è necessario se lo si vuole fare per il bene. Se lo si dice in senso cattivo, allora si risveglia resistenza e rabbia, che porta più danno di quanto ne avrebbe il commercio in valore assoluto. Qui intendo quello etico.

56. Lei, signor colonnello, ha visto adesso come si deve agire con fede, con l’amore per gli uomini. Con questo si può poi conquistare un impero, …quello dell’anima! Tra la sua gente ci sono certi che congiungono in segreto le loro mani, solo che non se ne fanno accorgere. Almeno è una fortuna che non è vietato andare in chiesa. Quelli che lo fanno, troppo spesso vengono presi in giro.

57. Lei può bandire questo male. Infine ogni uomo può andare da se stesso a prendersi il ‘pane della vita’: la Parola di Dio, la fede, con cui è da ottenere una pace e sarebbe anche da mantenere, che salverebbe l’intera umanità, che invece sta in un caos. In una certa dimensione, anche se nella più piccola, la salvezza procede attraverso i veri credenti. Ma, …per l’intera umanità?’

58. Qui il colonnello lo ha interrotto: ‘Lei ha ragione, un Cesare della pace’, ed io mi sono stupito in qual breve tempo uno può cambiare e, in più, pure tra i soldati. ‘Le malefatte sono più diffuse che la peste nel medioevo. Quando un malfattore è messo dietro il chiavistello, se ne alzano già altri dieci. Ora credo, che solo la religione può ancora salvare l’umanità. Certo, …mi perdoni una parola aperta, signor von Wanger, dato che lei stesso è sacerdote: Che cosa ci offrono le chiese?

59. Io ho riflettuto su certe cose e non sono venuto a nessun risultato, perché ci sono troppe contraddizioni. Ne prendo solo uno: – Si predica un Dio dell’Amore, il Quale promette l’eterna beatitudine a colui che crede in Lui ed ama i suoi nemici. Ma ritorniamo ai nemici. Malfattori e rinnegatori di Dio sono appunto nemici di Dio; e di questi, la Chiesa insegna che Dio li condanna in eterno.

60. Dov’è allora il Suo Amore per i nemici? Lo si chiama ‘il Misericordioso’, e nello stesso tempo ‘il senza Grazia’. Questo mi rende la religione una pianta umana che i potenti del mondo nei precedenti secoli hanno usato per avere completamente nella mano coloro che sono schiavizzati dal dominio del mondo.

61. Ora ci si è svegliati. C’era da fermare gli errori, se per questi si avesse posseduto il coraggio ecclesiastico di non zoppicare dietro a coloro che hanno commesso degli errori. Quelli di oggi non sono responsabili per ciò che, per la loro assenza di pietà, hanno fatto coloro che li hanno preceduti, con quel dogma congelato come ‘santo mezzo allo scopo’. Tuttavia, agli odierni è da mettere in conto l’attenersi saldamente a ciò che è diventato insostenibile, a quelle contraddizioni introdotte nella Bibbia, nella Parola di Dio, della quale io ho sempre creduto che DIO non conosca nessun dogma.

62. Naturalmente è difficile sospendere l’intero dogma, lo si dovrebbe solo purificare, eliminare i rami secchi e l’usurpazione. Questo sarebbe possibile. Oppure no? Non m’intendo, per dare un consiglio alla Chiesa’. Dicendo questo, il colonnello ha sorriso fra sé e sé.

63. Willmut gli ha stretto la mano: ‘Io stesso, che sono un sacerdote, non posso dare nessun consiglio. Ma questo non significa che anch’io non l’abbia fatto. Ma poiché io stesso sono solo un piccolo, non si ha soppesato il mio dubbio. Comunque, …ci si preoccupa di purificare la Chiesa. Questo procede solo lentamente e ciò dev’essere tenuto in conto alle guide della Chiesa.

64. Credenti e non credenti, davanti a un improvviso ampio rinnovamento, con cui sarebbero da estirpare molte vecchie tesi, direbbero: ‘Ecco, guardate la Chiesa, che ha preteso per sé l’infallibilità attraverso secoli, che ha graziato e condannato, ora deve ammettere il suo errore! Non si deve più credere in niente! Chi ci deve portare la verità?’

65. Questo argomento spezzerebbe molte autentiche credenze. Unicamente la verità di Dio rimarrebbe intoccata! Chi non è solo uno che va in chiesa, saluterebbe e sosterrebbe un rinnovamento della religione. Oso persino affermare che proprio per questo si risveglierebbe la nostra ovvero ogni altra comunità cristiana nel mondo. Dio benedirebbe particolarmente che l’intera umanità potrebbe rialzarsi da tutto il suo male’.

66. Il colonnello restò veramente rattristato. Disse: ‘Può continuare così? Non ci credo!’

- Willmut gli diede ragione: ‘Nemmeno io credo ciò che sarebbe da descrivere come conclusivo, ma che cosa sappiamo noi delle Vie di Dio? Che cosa presagiamo della Sua magnificenza che si rivela sempre diversamente di quanto noi ometti ce l’aspettiamo o desideriamo? Come Salvatore, Egli ci ha annunciato: «Il mondo passa!», con cui Egli intendeva pure la Terra come l’umanità, la materia.

67. La materia è un prodotto temporaneo per estirpare l’intera caduta. Da notare: questa, non i cattivi! Dio ha compiuto il Suo Golgota per via dei malfattori. Un Sacrificio di Dio può mai essere senza una maestosa conseguenza? Egli lo ha sottolineato: «Non sono i sani che hanno bisogno del medico», ed Egli ha chiamato a Casa le pecore di entrambi gli ovili!

68. Che cosa vale la magnificenza dei miracoli di Dio per questo piccolo mondo, anche se Egli è il portatore della redenzione? Che cosa sono per Lui i nostri tempi? Egli può creare ciò che vuole! Deve forse fare ciò che noi troviamo buono? Siamo capaci noi, attaccati alla materia, di riconoscere il Buono divino e comportarci di conseguenza? Non lo siamo! Non in quella misura in cui ciò che si predica è la vera Bontà di Dio!

69. Tuttavia si può servire il bene fin dove si fa agire lo spirito, ricevuto da DIO: la ragione, la voce della coscienza, l’Eterna Luce! Se davanti al dubbio si mette in primo piano la ragione, se non si uccide la voce della coscienza, allora ognuno può essere un’isola di salvataggio, alla quale giungono i naufraghi della materia, con la cordiale Misericordia di Dio’.

70. A quel punto il colonnello si è improvvisamente alzato ed era profondamente toccato. Disse: ‘Signor von Wanger, lei è una tale isola di salvataggio, ed io, …io solo oggi ho potuto arrivarci!’. Dopo è uscito velocemente, ha radunato la compagnia ed è partito, senza voltarsi. Certamente cercava solo di nascondere le sue lacrime.

71. Anche noi ce ne siamo andati in silenzio. Vilpart mi ha pure confessato: ‘Ora lo so anch’io: io ho potuto nuotare fino all’isola di salvataggio, anche se le onde della mia povera anima mi volevano attirare nell’abisso. Sarei quasi annegato. E ora…’. Come il nostro colonnello, anche lui è uscito velocemente. Questo è stato un giorno sotto

L’ETERNA LUCE di DIO!”

72. Roberto tace un poco. Tutti sono commossi come se l’avessero vissuto anche loro.

- Marita dice: “Avrei baciato il colonnello”.

- “Anche come mia sposa?”, chiede Ernestino.

- “Sarebbe stato un bacio d’onore, oppure, …naturalmente avrei preferito zio Willmut”.

- Il padre guarda il suo orologio. “Hm, è quasi mezzanotte. Sei stanco, Roberto?”

- “Abbastanza. Se posso marinare domani il mio lavoro, allora vorrei raccontare pure la conseguenza di quel giorno”.

- “Chi è d’accordo?”. Beocana guarda sua moglie seduta in poltrona, che è come se si fosse risvegliata dopo un buon sonno.

- Lei gli annuisce: “Io continuo ad ascoltare”.

73. Roberto accarezza le sue mani e racconta: “Dopo due settimane arrivò il messaggio: Willmut, Vilpart, Bertram ed io – e chi voleva venire – era invitato dal colonnello, per venire una domenica. Questa sì che fu una gioia! Tutti i neri avrebbero voluto venire con noi. Willmut ha scelto Bertam, Carol, due infermiere e un medico assistente che si era convertito alla fede. Il lazzaretto e il villaggio non potevano essere lasciati soli. Questo lo ha compreso ognuno e non c’è stata nessuna invidia in coloro che sono rimasti a casa.

74. ‘Non crediamo che il nostro colonnello faccia un’invasione’, disse Willmut.

- Era previsto per la seconda domenica successiva. I messaggeri sono partiti in segreto sghignazzando, il che in verità mi ha dato da pensare. Ebbene, c’è stata anche una sorpresa che avrebbe anche quasi abbattuto un Willmut.

75. Venne la domenica. Siamo partiti molto presto, era ancora notte. Con la jeep abbiamo avuto un viaggio di due ore, perché fino alla guarnigione esisteva una strada abbastanza buona. Si dovrebbe chiamarla ‘via’. Tuttavia, era facilmente percorribile. Quando siamo arrivati suonarono una di sveglia per allarmare i soldati. Il colonnello ci salutò molto cordialmente, e anche gli ufficiali che ancora non ci conoscevano furono molto amichevoli. Prepararono molto festosamente la mensa.

76. Il colonnello esclamò: ‘Caro dottore, è stupito?’. E ordinò che venisse servito. Devo dire: la prima colazione fu perfetta. Questa fu la prima sorpresa, poi ne seguì una seconda e pure una terza. Sì, eravamo tutti meravigliati, anche Willmut. Davanti alla caserma si presentò l’intera compagnia, in alta uniforme.

77. Willmut dovette passare in rivista la truppa. Verso le dieci – ora locale – i soldati marciarono uniti fino in chiesa, che era magnificamente addobbata. Anche se di proprietà cattolica, gli evangelici potevano tenervi il loro culto religioso. Essendo una minoranza e non potendo permettersi una propria chiesa, l’ho trovato favoloso.

78. Sono venuti i sacerdoti di entrambe le confessioni. C’era anche il vescovo che ci salutò e fu particolarmente cordiale con Willmut. Gli disse: ‘Il signor colonnello mi ha pregato, egregio signor von Wanger, che Lei tenga oggi un servizio religioso per i soldati. Ci sono anche abbastanza civili. La chiesa è stracolma da scoppiare. Mi permette di celebrare accanto al suo pastore? E Lei, signor von Wanger, tiene poi la predica’.

79. Willmut rifiutò: ‘Senza una qualsiasi preparazione, Eminenza? Sono solo missionario e...’. Allora è intervenuto il colonnello: ‘Lei dimostrerà ciò che è capace di fare! Uno che mi ha cambiato in un giorno, non ha bisogno di preparazione. Oltre a questo, …una parte della mia truppa ha seguito volentieri l’ordine di andare in chiesa, l’altra parte dev’essere interpellata solo oggi. Questo – ebbene – lo vedremo’.

80. Allora Willmut è cambiato, tanto che il vescovo rimase di stucco. Era come uno splendore che lo circumfluiva, e Bertram mi ha solo annuito confermando. Nel frattempo hanno cominciato a suonare tutte le campane e un paio di ritardatari si precipitarono formalmente in chiesa. Davanti alla navata erano stati riservati i posti per noi, mentre Willmut entrò in sagrestia con i due sacerdoti che dovevano adempiere la funzione con lui. C’era un organo e l’organista sapeva come compiere il suo lavoro.

81. Nonostante la grande folla, ci fu un silenzio come se dovesse accadere qualcosa di meraviglioso. Molti guardavano davanti a sé, altri congiungevano le mani, altri guardavano in silenzio davanti, quando il vescovo e il pastore, Willmut nel mezzo, al quale si aveva insignito un ornamento, andarono davanti all’altare. La cerimonia cattolica altrimenti sempre severa, era stata cambiata al meglio dal vescovo, in modo che ogni parte di fede poteva avere il suo appagamento. Ma poi la predica!

82. E’ impossibile ripeterla! Il testo della Bibbia che era adeguato alla preghiera del sacerdote e medico, fu questo: «Venite tutti a me, che siete stanchi ed aggravati, Io vi voglio ristorare!». Una consacrazione che toccò tutti i cuori; il linguaggio, il tono pieno, morbido, serio, era Un toccare nel più profondo di tutte le anime.

83. Il vescovo guardava al pulpito sul quale stava Willmut, un profeta da un tempo molto remoto. Qui e là si sentiva un singhiozzare di alcune donne, uno schiarirsi la gola di gole di duri uomini; e i sacerdoti che erano radunati, guardavano colmi di ammirazione ‘quell’uomo’ che teneva la sua predica con la voce di Dio. ‘Ah, non è stata proprio una predica’, disse il vescovo dopo il culto, al momento della conclusione della celebrazione. Le sue parole furono:

84. ‘Oggi da noi è entrato DIO e Lui stesso ha parlato! Anche se è stato tramite la bocca di un uomo, e ci ha annunciato la cosa più bella di tutte le parole del Salvatore: – DIO ha operato attraverso di lui; DIO ha mostrato che Egli è continuamente da noi uomini e si rivela davvero. Vogliamo ringraziare per questo Dio, l’Altissimo’.

85. Diventò una preghiera, salita spontaneamente dai cuori dei sacerdoti oltre a noi, in alto, al Trono di Dio. – E’ poco ciò che riesco dire di questo. Lo si doveva vivere da sé, e non dimenticherò mai il giorno nel quale ho potuto sentire pronunciare da Willmut parole di Dio.

86. Nella sagrestia – cosa che il vescovo ha fatto sicuramente per la prima volta – ha abbracciato Willmut ed ha detto formalmente: ‘È stato un segno del Cielo, l’Eterna Luce, che oggi è fluita su di noi. Come sono lieto per il fatto che qui esiste una Chiesa. Intendo ben la casa, ma più l’interiore. Mi sembra come se il nostro Signore Iddio avesse Lui stesso consacrato la mia chiesa, alla quale ho da presiedere.

87. E’ costata una grande lotta quando mi è stato presentato che gli evangelici avevano bisogno di un luogo per il loro culto religioso. Finalmente è stato concesso di dare la mia chiesa. Allora l’ho fatto in segno come se fossimo dei cattolici tolleranti. Oggi sono convinto che questa è stata la Guida di Dio, e verrò più spesso, quando i fratelli di altra fede terranno il loro servizio’.

88. “Lo voglio anch’io, reverendo’, disse il nostro predicatore. – Una tale meravigliosa armonia tra due parti di chiesa, che difficilmente s’incontrano, rimane certamente una rarità. Ma proprio questo dà il più grande raggio di Luce, e Willmut più tardi disse di credere che si arriverà ancora a una unificazione, almeno a quella tolleranza che ognuno ‘crede nella buona fede dell’altro’. Detto così letteralmente.

89. Ma ancora dell’altro sulla nostra permanenza. Tutti coloro che avevano assistito al servizio religioso, ci aspettavano davanti alla chiesa, aspettavano Willmut. Quando è arrivato, molti si sono inginocchiati, ed è stato anche come se venissero di nuovo benedetti. Il vescovo non ha alzato le sue mani, come lo esige il rituale. Wilmut non lo fa mai, perché questa sarebbe la ‘Faccenda di Dio’ e non avrebbe bisogno di nessun atteggiamento umano.

90. Quando siamo arrivati sulla piazza della caserma, i soldati stavano di nuovo allineati. Un segno e sono stati liberi. Allora almeno la metà è venuta ed ha pregato Willmut di una parola. Non c’è da stupirsi, lui ha trovato per ciascuno un versetto. Più avanti abbiamo sentito che sempre più soldati andavano di domenica in chiesa, e a mezzogiorno, a tavola, si discuteva animatamente. Alla partenza il vescovo ha pure detto: ‘Signor von Wanger, la ringrazio molto! Anche se è stato annunciato il poco, ma sta molto profondamente nel mio petto. Se mi ammalo una volta, allora mi si deve portare da Lei’. Questo l’ha fatto intendere molto seriamente.

91. Quando siamo andati sulle jeeps, queste erano riempite con molti doni. Così ci hanno portato a casa dei soldati, dietro di noi le carrozze (i rimorchi) stracolme. Il giorno dopo c’è stata ancora una gioia extra, poiché ognuno di noi ha ricevuto un regalo. Sì, …si deve vivere una volta una tal cosa, solo allora si sa che cosa significa la nostra via nel mondo”.

92. “E’ tardi, andiamo a dormire”, ammonisce la madre.

- “Porto a casa la Signorina Kingtown”, si offre Roberto.

- “Lei è stanco”, rifiuta lei. Avrebbe volentieri accettato, lei lo ama appunto da allora, in segreto, toccata dal Wanger. Oggi lui le ha dato talmente tanto, che durante il racconto ha pensato alla via della sua vita, quanto avrebbe da cambiare nel pensare, per…

93. Lui interrompe il pensiero. “Non sono stanco. Posso avere la tua macchina, papa? La mia...”

- “Puoi; la tua è in ordine, l’ho fatta preparare”.

- “Grazie, oggi prendo la tua”.

- Il congedo dalla ragazza è molto cordiale e Marita dice: “Lei è come una cara sorella, vogliamo esserlo in futuro?”

- “Oh…”. Un po’ titubante viene dalla bocca di Irina. Lei non fa parte della famiglia. ‘Non ancora’, è come una voce piana, oppure era solo il suo desiderio…

94. Sulla via di casa le due persone sono mute. Roberto, al congedo le bacia la mano. “Posso chiarmarla Irina? E …posso fare una volta una domanda?”

- Sempre consapevole in quale rango si trovano, la ragazza ritira la sua mano. “Chieda prima ai suoi genitori, poi…”. Lei sguscia velocemente in casa.

- Hm, lo posso fare, intende felice Roberto.

*

95. Il mattino dopo è un’ora tardi quando il padrone entra nella fabbrica con i due figli. Persino Irina aveva fatto tardi ed aveva ricevuto un rimprovero dal capo ufficio, anche se non gli è sottoposta. Lei lo prende con tranquillità. Ha ragione il vecchio brontolone. Ma lei era così stanca ed era già le due di notte quando era andata a letto.

96. “Dov’è il padrone?”, chiede Canncia. “Che azienda è adesso! Se non tenessi aperti tutti gli occhi, allora...”

- “...le fabbriche andrebbero in rovina! Buon mattino a tutti”. Beocana era venuto non visto ed aveva sentito tutto. “Intendiamoci, signor Canncia: quando il padrone fa tardi per un motivo particolare, dovrei chiederLe perdono?”

- L’ironia dà a Canncia un colpo nello stomaco. Proprio adesso! Lui si china profondamente.

97. “Perdono, signor Beocana, lei non era inteso. La signorina Kingtown...”

- “...ha portato ieri pure la posta ed è rimasta da noi. Abbiamo festeggiato il ritorno a casa di mio figlio”.

- “Oh, junior è di ritorno? Le mie congratulazioni!”

- “Lo può salutare più tardi. … Ah, ancora una cosa”, Canncia viene trattenuto, che già voleva scappare, “la mia segretaria è responsabile solo nei miei confronti, non ha bisogno di nessun rimprovero da nessuno, come ha saputo farlo lei”.

98. Ed è già fuori, nero nel volto.

- L’apprendista cammina strascicando i piedi nel corridoio. Canncia alterca: “Non hai gambe? Tremendo ragazzo!”. Come spesso, vorrebbe punire il ragazzo. Ma ha di nuovo sfortuna.

- Arriva proprio Roberto: “Qui non esistono ragazzi da picchiare, signor Canncia! Oltre a questo, buon mattino. Come sta? E’ tutto nel migliore ordine?”

- Si rivolge al piccolo. “Vieni nel mio ufficio, vuoi?”

- Il ragazzo annuisce imbarazzato.

99. “Quando ha finito l’apprendistato?”, chiede Roberto al capo ufficio.

- “Il prossimo mese, padrone junior”.

- “Allora coincide”. Ogni singolo reparto d’ufficio fa un sospiro di sollievo. Junior è qui, quindi il brontolone può pure litigare.

- “Master”, dice il giovane. “La ringrazio! Sa, il signor Canncia..”.

- “Spugna! Perchè dici ‘Master’?”

- “L’ho letto in un libro ed ho l’intenzione di chiamarla sempre così”.

- “Allora fallo, speriamo che non vieni deriso”.

- “Non fa nulla, riderò di rimando”. – Per un bel po’ Roberto sarà ‘Master’.

100. Ci si entusiasma quando si possono vedere le fotografie dalla foresta, il giovane padrone fra leoni ed elefanti.

- Un anziano maestro dice: “Perdinci, Marita e junior! Allora il mio vecchio cuore ride”.

- “Lei ne avrebbe avuto il coraggio?”, chiede un fabbro.

- “No, ragazzo mio, non l’avrei avuto! Tu forse?”

- Costui scuote solo la testa.

- Anche Canncia osserva le fotografie. Nel segreto ammira i figli di Beocana, ma fa come se niente fosse: “Ci sono il guardiano e anche quello...”, inghiotte ‘lo strano’, “…il medico, allora non poteva succedere nulla”.

101. Il maestro, cui Beocana tiene molto, punzecchia: “Haha, nonostante i guardiani, non avrebbero avuto il coraggio di sedersi tra i leoni come se fossero miti gattini”.

- Canncia se ne va senza dire una parola. E’ così: quando qualcuno vede negli altri delle manchevolezze, ma non in se stesso, costui perde il rispetto e l’amicizia del suo prossimo. Possa valere come esempio di come non si deve mai agire.

*

102. Due giovani coppie si trovano: Roberto e Irina, Marita ed Ernestino. Hanno richiesto di essere sposati nello stesso giorno. Wanger ha mandato il messaggio che sarebbe venuto per unire le due coppie in matrimonio. La fabbrica di Beocana è ferma in questo giorno, anche il personale può festeggiare insieme a loro. Quanta benedizione porta una tale buona azione, lo vedrà in futuro il padrone. Ancora di più di quanto succede il giorno successivo.

103. Quattro giovani persone, lieti nella fede, prendendo la comunione dalle mani di Dio, s’inginocchiano presso l’altare presso il quale funge il loro migliore amico. Sono venuti anche i genitori di Fallango e sono contenti della felicità del figlio. Per loro c’è un cambiamento. Facevano parte dei tiepidi, che non rinnegavano Dio, ma ancora non possiedono nessun ‘patto di cuore’. La predica li tocca enormemente.

104. L’esclusivo rituale viene saggiamente evitato da Willmut Wanger. Si sente una sola voce. Lui parla dapprima in generale, quanto urgentemente sarebbe necessario per gli uomini di darsi alla guida di Dio, di cogliere tutto ‘dalle mani del buon Padre’, su tutte le vie splenderebbe poi l’Eterna Luce!

105. “Questo, voi giovani che vi affidate reciprocamente, che volete affrontare la vita, mano nella mano, ve lo potete richiedere giornalmente da Dio. Non è facile sopportare anche delle sofferenze; perché se la nostra vita fosse solo puro splendore di Sole, …nessuno prenderebbe quella via della Luce che conduce al Cuore di Dio Padre!

106. Vi potrà spaventare qualche tempesta, qualche preoccupazione potrà stare al vostro giaciglio. Sappiate che la prova rinsalda la vostra anima, vi deve rendere forti nella fede, così si può superare tutto il resto. Come dietro le nuvole più spesse splende comunque il Sole ed esiste, non diversamente sta ‘l’Eterna Luce’, come l’Amore di Dio Padre dietro ogni disagio del mondo!

107. Questo, giovani coppie, tenetelo stretto e operate fino alla fine dei vostri giorni, fedeli e forti, uniti con Dio. EGLI vi conduce alla Sua mano, EGLI benedice le vostre vie, EGLI vi aiuta in ogni tempo. Quello che fate di bene al vostro prossimo e ai poveri, fatelo senza ricompensa, e non pensate come molti credono, che vi debba capitare solo del bene. Chi anela ad una ricompensa, l’ha già sperperata in anticipo. Egli prende nel dare e dà nel prendere! Il Suo compiacimento, la Sua grazia, Egli li fa giungere a tutti i figli nel Cielo e in tutto il mondo intorno, …nel dare e pure nel prendere!

108. Ricordate: Marita, Ernestino, Irina e Roberto, non percorrete la via non solo per voi. Sulle vostre giovani spalle giace molta responsabilità. Un paio di migliaia di persone hanno bisogno del vostro aiuto, del vostro amore, hanno bisogno della vostra guida. A loro dovete essere sempre e in tutte le cose un buon esempio.

109. Rimanete fedeli ai vostri genitori; non lasciateli soli nella loro vecchiaia. Quando voi stessi avrete dei figli, pensate che rimanete comunque figli. Questo è lo stesso obbligo d’amore fra gli avi, figli e nipoti. Chi lo fa, il suo Padre gli edifica sempre una casa, e la benedizione della madre la rende luminosa. Ora venite! Dovete ricevere la vostra unione davanti all’Altissimo”.

110. Si inginocchiano e il sacerdote mette ad ognuno un anello alle loro dita, mentre prima li alza alla sua fronte. Questo è così meraviglioso, e è di nuovo come un maestoso soffio. Marita e Irina piangono in silenzio. Questo – oh – è una consacrazione, così deliziosa e così bella; sì, solo il ‘loro’ Willmut può procedere così.

111. Dopo, in un breve discorso dà qualche indicazione, non solo per i nuovi sposi. Lui sottolinea la gioia e la serietà della vita, l’inizio di un matrimonio, di compiere insieme, direzione e corso, fino nell’alta meta della fede. Questo rende vere le sue parole, penetra nella più grande profondità della loro anima e non dimenticheranno mai che cosa è venuto su di loro come una ricchissima Benedizione. Il personale si è radunato al completo e due anziani maestri conducono entrambe le coppie alle macchine riccamente addobbate.

*

112. Gli ospiti vanno nella ‘Conchiglia del mare’. Quando arriva Willmut, Marita lo bacia sulle due guance, che vale più che parole di ringraziamento.

- Irina chiede timida: “Posso anch’io?”

- “Naturalmente, cara ragazza”, annuisce Wanger.

- Viene abbracciato dagli sposi, anche Juanita lo bacia ed ognuno gli scuote la mano.

- Wanger pensa: ‘Padre mio, che mi hai aiutato ad indicare alle giovani coppie un buon cammino; e che anche altri hanno trovato un ritorno, Te ne devo ringraziare espressamente’. Il linguaggio della sua anima è senza parole.

113. Persino i più intimi ringraziano particolarmente Pedro e Juliano, di cuore, con le lacrime negli occhi.

- Il ministro, per nascondere la sua commozione, dice: “Vorrei ringraziarTi come Pluto, con la tromba, affinché si svegli tutto il mondo, e alla ‘Luce’, che tu, fedele di Dio, hai acceso per tutti noi! Quanto tempo ti fermi? Vieni con noi!”

114. “No, dopo domani devo partire di nuovo. Il prossimo anno ho le ferie”.

- “Peccato, io, …ebbene, tuttavia, tre dei miei signori sono, per così dire, giunti al ‘gusto’. Non ridere, grande medico e sacerdote! Si sono lasciati convertire e ora ti aspettano. Purtroppo solo tre e nessuna chiesa è piena”, suona veramente preoccupato.

115. Willmut lo prende sotto braccio. “Amico, se fosse solo uno, questo sarebbe più importante che tutto un mondo! Ogni anima somiglia per sé come ad un mondo, una luce nella grande Magnificenza di Dio. EGLI ha benedetto il tuo operare. E’ ancora pura curiosità per i tre di vedermi; così è bene se aspettano ancora un annetto. Questo servirà per il consolidamento. Ma non glielo devi dire”.

- “Sarebbe veramente bene. Ora, penso che posso continuare ad aiutarli”.

- “Questo ti riuscirà certamente!”

116. E’ una bella festa. Si è del tutto orecchio quando Wanger racconta della foresta. Alla fine non si allunga la festa; Beocana ringrazia: “…per la tua meravigliosa cerimonia in chiesa, per la tua venuta, per tutto, come mi hai aiutato in tutto. Voglia Dio conservarti a lungo per la benedizione per il tuo luogo d’azione, per la nostra benedizione, e che Tu possa ritornare da noi”.

117. Il missionario si alza. “Cari nuovi sposi, amici, ospiti: anch’io vi ringrazio per la vostra amicizia che mi è stata portata da tutte le parti. Io ritorno dai miei protetti con un cuore ricco. La voglio chiamare gioia della Luce che quattro giovani percorrono le loro vie fedeli a Dio, fedeli verso se stessi. Quando qualcuno è fedele a se stesso, allora lo può essere in tutte le cose. Quale buon pane della vita che si sono scelti!

118. Ma anche noi più anziani dovremmo crescere ogni giorno nella fede, e siatene certi: chi lo fa, è un servitore per tutto il mondo! Non è necessario vederlo, di rado è appeso alla cosciente grande campana; ma esiste, …benedetto da DIO, il Quale sa meglio come, quando e dove, Egli lo rivela come Benedizione.

119. Certi pensano che solo quando avviene qualcosa pubblicamente, ciò ha un valore. Qualche volta è così! Ma come un chicco di semente, nascosto e coperto, si muove e germoglia, proprio così è la maggior parte del nostro procedere sotto la mano benedicente di Dio. E come il chicco di semente irrompe a suo tempo attraverso il terreno e diventa visibile, così e non diversamente ogni pensiero di Luce, ogni parola segreta, ogni azione coperta.

120. Più si va dall’esteriore nell’interiore, più viene rivelato ciò che è nascosto. Queste sono le Opere miracolose di Dio nell’intero Cosmo. Sappiamo solo poco del creare del Creatore; ignoriamo ancora molto e perdiamo in parte la cosa più deliziosa della Luce. Noi, che abbiamo potuto riconoscere Dio, ci vogliamo ora infine alzare in questo giorno di nozze riccamente benedetto, per la gioia delle nostre giovani coppie, augurando loro ancora una volta ogni bene che il Signore Iddio possa dare loro.

121. A voi, giovani coppie”, Wanger prende quattro mani nelle sue, “auguro di cuore ‘l’Eterna Luce’ di Dio; essa vi illumini, deve conservare il vostro fare e non fare in ogni tempo sotto la Fonte di Grazia di Dio”.

- Ognuno si era alzato, e anche se un augurio era già stato dato, …in generale come d’abitudine, adesso ognuno trova ancora una parola amorevole, irradiata da quella ricca del sacerdote, che è completamente unito con il Signore.

 

 

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Cap. 20

In fabbrica, un esperimento riesce

Dal prefetto, un criminale viene rilasciato

1. Loro stanno seduti a tavola per la prima colazione.

- “Di nuovo tardi?”, dice il padrone di casa di cattivo umore. “Canncia litigherà con me”.

- “Non ci colpisce”, ride Roberto, e indica sua sorella, sua moglie e il cognato. “Noi andiamo via, magari nella foresta. Lo permetteresti, caro Willmut?”

2. “Andate nella mia patria tedesca baltica e in Norvegia ai fiordi. Quando vi siete raffreddati abbastanza…”, li prende allegramente in giro, “…allora andate verso sud”.

- “Al ritorno passate ancora da me e da Juliane”, decide il ministro.

- “Speriamo che i nostri quattro ritornano anche, altrimenti la fabbrica non fiorisce”, aggiunge Beocana.

3. “Oggi vado di nuovo a fare una visita al signor Mestosani. Vieni anche tu, Willmut?”, chiede Cruzziano.

- “Ah, come protezione da carro armato?”, scherza Marita.

- La mamma rimprovera: “Come signora, devi comportarti un po’ meglio”.

- “Ahi, che male! Ma si deve diventare subito diversi il giorno delle nozze?”

- “Altrimenti non mi avresti preso?”, fa offeso Ernestino.

- Marita reagisce al suo tono scherzoso: “Naturalmente no!”

4. “Puoi essere contenta ed allegra”, dice calmando il medico. “Noi, più anziani, siamo già in generale più svezzati, ma anche noi ci possiamo permettere un animo allegro”.

- “Lo hai fatto con Pluto”, minaccia Pedro. “Dopo il primo incontro con il piccolo animaletto mi hai abbondantemente deriso”.

- “Ho solo riso, perché non potevo immaginarmi che un intelligente signor ministro andasse nella foresta senza esperienza”.

5. “Ebbene? Ma ora è veramente l’ora”. Il padrone di casa sospende la tavola. “Allora, Irina? Scrivi oggi le mie lettere?”

- Con tutta serietà lei dice: “Sì, possiamo viaggiare domani”.

- “Sciocchina cara”, il padre le accarezza le guance. “Naturale! …mi mancherai, sei sempre stata disposta magnificamente verso di me, vecchio orso brontolone”.

6. Irina consiglia: “Prendi la signora Dabbati, lei è molto intelligente ed ha già estirpato in silenzio gli errori di Canncia. Lui non ha mai ringraziato.

- “Ah, è così? Questo mi è nuovo”. Ecco che il piccolo Filippo mette la sua testa ricciuta attraverso la porta. “Padre Willmut, devo andare via anch’io?”

- “Perché?”.

- Il bambino fa le rughe sul suo volto, cosicché tutti ridono. “Perché viaggiano appunto lo zio e le zie, ed ecco…”

7. “Rimani solo da noi!”. Juanita attira a sé il bambino.

- Come splendono quegli occhi neri, lui posa il suo volto nel grembo di Juanita e promette di essere molto bravo.

- Wanger sorride. “Nel prossimo anno ti porto di nuovo con me, altrimenti i tuoi genitori piangono”.

- “Già adesso?”, chiede serio il ragazzino.

- “No, non ancora adesso, ma il prossimo anno”.

- “Allora vengo!”

8. Anche il personale della casa sta alla porta quando gli sposi salgono sulle macchine. Filippo corre dietro alle automobili, finché un servitore deve correre per riportare il bambino.

- “Ora se ne sono andati”. La mamma si asciuga gli occhi. Un addio. Vogliano ritornare sani e lieti.

9. Wanger nel pomeriggio va dalla sua vecchia oste, la signora Cottassa, che non può dare abbastanza espressione alla sua gioia. “Lei rimane qui?” chiede indaffarata.

- “Non adesso; nel prossimo anno avrò le vacanze e poi le faccio sovente visita”.

- Quando è andato via, lei mormora: ‘Qual uomo nobile è questo! Grazie a lui che i Mescarus ritornano, anche che Vilpart è diventato bravo’. Il medico le aveva raccontato di lui.

10. Il signor Beocana viene ovunque salutato con riverenza.

- L’apprendista delle macchine si entusiasma: “Questo è stato un vero matrimonio. La ringrazio che ho potuto esserci”.

- “Non lo avrai pensato perché forse sei un apprendista?”

- Prima di raggiungere il suo ufficio viene fermato sovente. Canncia si annuncia con un grosso pacco di atti. Questa volta ringrazia anche lui con vera gioia.

11. “E dopo, signor Beocana? La signorina Kingtown fa sciopero! Chi vuol chiamare dal nostro gruppo di dame?”

- “Ben detto!”, dice il padrone che dimentica che cosa avrebbe da sistemare con quello. “Chiamerò la signora Dabbati. Mia nuora me l’ha proposta. Che cose ne pensa Lei?”

- Hm, Canncia non va d’accordo con lei, gli ha sempre opposto resistenza e… Ah, che cosa, non erano errori che lei… che lei…”. Si deve vincere.

12. “Lei sarà la migliore, è nell’azienda da otto anni ed ha molta conoscenza. La devo chiamare subito?”

- “Sì”. Come Canncia chiama la signora Dabbati nell’ufficio, cerca di imprimerle delle disposizioni, come si dovrebbe comportare da segretaria, questo confina già nel ridicolo. Tutte le ragazze abbassano profondamente la testa sul lavoro, per non cominciare a ridere. Quando il ‘potente’ è andato via con la signora Dabbati, poi comincia il tumulto.

13. “Glielo concedo, ha pareggiato molto”, dice una buona. “Chi ci aiuta adesso, quando il bufalo sbuffa?”

- “Chi ottiene il posto della signora Dabbati, deve assumere il suo coraggio”.

- “Lo faccio io”, si getta nel petto la bionda.

- “Il matrimonio è stato magnifico e tutti noi invitati!”, dichiara una giovane, “Al nostro padrone un triplice Evviva!”.

- Tutte si alzano ed esclamano nel momento in cui ritorna il capo ufficio:

14. “Mie signore, che sta succedendo qui?”

- La bionda ride: “Abbiamo dato un ‘evviva’ al nostro padrone per via dell’invito al matrimonio. Il minuto che abbiamo impiegato per questo, lo recuperiamo questa sera”. La mimica agrodolce di Canncia risveglia allegria.

- Il padrone e la signora Dabbati che volevano entrare, attendono davanti alla porta. “Quella con il becco buono, è in ordine?”, chiede lui alla sua nuova segretaria.

15. “Sì, ma tutte sono molto diligenti”, loda le sue ragazze.

- Lui ride: “Chi loda i suoi collaboratori, anche se non è del tutto vero, è per me particolarmente adatto. Ebbene, vogliamo far passare su di noi il giubilo”. Ed entra. Naturalmente le ragazze sono ben spaventate. Ovunque una corsa a vuoto. Ma allora la più audace alza la sua mano e tutti esclamano tre volte ‘Evviva!’

16. “Accetto il saluto, mie dame, potete andare a prendervi il caffè a mie spese”. Allora il vecchio padrone viene circondato. Sta bene sul serio? Un clima di fabbrica, …dove altro puoi trovarlo? Gli viene data ancora un’altra gioia. Quando discute con la signora Dabbati le linee di condotta nell’ufficio del padrone che riguarda la sua nuova postazione, viene annunciato l’ingegnere Orsano. Si precipita dentro ed esclama: “Ce l’ho fatto, finalmente ci sono riuscito!”

17. “Che cosa, signor Orsano?”

- “Il procedimento! Junior non lo voleva credere, ma dopo tentativi riusciti a metà, lui stesso se ne è interessato. Se riusciva, per Lei doveva essere una sorpresa. Ora...”

- “...un poco alla volta”, lo ammonisce Beocana. “Di che cosa si tratta?”

18. “Mi perdoni, sono del tutto fuori di me. Questa notte...”

- “Come mai di notte? Che ci facevi? Noi certamente non abbiamo raggiunto la mezzanotte, ma ognuno sarà andato volentieri a letto. Lei no?”

- “No, il giorno prima avevo fatto l’ultima scoperta e la volevo provare volentieri. Ho lasciato anzitempo il matrimonio, che junior mi perdonerà certamente”.

- “Ed io no?”. Il padrone fa come se fosse stizzito, mentre vorrebbe ridere.

19. “Lo spero”, dice Orsano, “quando Lei verrà a sapere...”

- “Ebbene, finalmente è arrivato il momento!”

- “Una fabbrica oltremare voleva superare il nostro privilegio di diritto di lacca di arrotatura. Nel tentativo di consolidare la lacca, che persino colpi duri non la possono rendere porosa, ho trovato un’altra mescolatura con più prodotti chimici. Allora è risultata una soluzione che è più leggera dell’alluminio, ma più stabile dell’acciaio. Ho fatto più esperimenti. A cinquecento gradi di fusione risulta una massa che resiste ad ogni attacco.

20. Un diritto mondiale! Finché ci arriveranno altri, ci vorranno diversi anni, e in quel tempo noi procediamo. Che ne dice, signor Beocana?”

- “Sarebbe favoloso. Che cosa pretende per la scoperta? E’ naturale che parteciperà al profitto quando le due cose si affermeranno”.

21. “Non mi preoccupo dell’affermazione. Per l’altro, …no, io guadagno bene. Lei è in cima con gli stipendi dell’intera industria, non voglio avere nulla di extra”.

- La signora Debbati ascolta contenta e il padrone è sorpreso. “Mi dia la sua mano, signor Orsano! Ne parleremo ancora. Chi ne sa nella fabbrica?”

- “Solo il padrone Junior e i miei due collaboratori. Lo teniamo per noi, loro stessi sono del tutto fuori di sé. Si può fidare di noi”.

22. Beocana appoggia la sua fronte nelle due mani. Il ringraziamento fa traboccare la sua anima. Lui pensa meno al mondano, ma alla benedizione che Dio gli fa giungere. Pensa anche grato all’amico.

- La signora Dabbati e l’ingegnere percepiscono lo choc del padrone ed aspettano in silenzio, finché si riprende di nuovo.

23. “Mi presenti la faccenda in laboratorio. Può venire anche la signora Dabbati, la mia segretaria?”

- “Lo chiede coscientemente. Se l’ingegnere nega, allora ha ancora un problema, se lo permette, allora è bene.

- Come se Orsano potesse indovinare, dice subito: “Naturalmente. Se Lei...”

- “…non so spettegolare!”, motteggia lei.

- “Non era inteso così”, si scusa Orsano, “se non ha paura, intendo. Si sentiranno alcuni scoppi”.

*

24. La presentazione dura quasi tre ore. Beocana si fa scusare, non arriverà in tempo a pranzo. Affascinati assistono lui e la sua segretaria, entrambi avvolti in forti mantelli di protezione. Nonostante il successo si deve lasciar valere la prudenza. Anche se nel laboratorio sono da produrre solo piccole quantità, si mostra comunque che entrambi i procedimenti sono eclatanti rinnovamenti.

25. Per Orsano e gli assistenti la stretta di mano del padrone vale di più che certe parole. “Discutiamo nel pomeriggio i particolari”, dice.

- Non notata da lui, la signora Dabbati rimane indietro ed esclama entusiasta: “Ragazzi, siete stati favolosi! Chiedo perdono a ‘voi’, naturalmente non a ‘lei’! Per via del vostro onorevole atteggiamento, vi devo chiamare come i miei piccoli protetti: del tutto di grande classe!”

*

26. Prima del pranzo, Beocana stringe il medico talmente forte al suo petto, che costui ansima: “Pluto non lo avrebbe potuto fare più forte! Che è successo, Alfons?”

- Quando lui racconta della trovata di Orsano, tutti sono molto contenti, Willmut in particolare per via della predisposizione di Beocana, del suo ringraziamento che attribuisce l’onore a Dio.

27. “E’ terreno ciò che mi è capitato; ma con ciò del bene: poter procurare alla gente nuovo pane e dimora. Questo è immeritato!”. Si schiarisce la voce. “Per me, ancora del tutto immeritato. Perché se penso a prima...”

- “...che è da cancellare”, lo ferma il dottore

- “...Ebbene, non so, forse mi sgriderai di nuovo, sacerdote, quando dico che se io fossi al posto di Dio, soffierei qualcosa al Beocana, altro che ‘cancellato’!”

28. “Do ragione ad Alfons”, dice Cruzziano. “Se penso di me a una volta...”

- “...si prende una nuova spugna e si cancellano le ‘cifre dei bambini’!”. Il missionario lo dice seriamente, dal cuore pieno, perché conosce il grande Amore di Dio. “Chi cambia seriamente, …oh, quanto volentieri Dio prende la spugna bagnata, per pulire la lavagna della via dei figli per una migliore nuova scrittura. Chi naturalmente non abbandona la sua stradina calpestata…

29. A questo, il medico racconta una vicissitudine dal proprio tempo di svolta, come lui descrive la via della sua vita, e il ministro e il fabbricante ne sono lieti che così si viene ‘alleggeriti’.

- Juanita interviene nel discorso: “Qualche volta vado in chiesa, e allora ho sentito quella indicazione che bisogna ‘svestire il vecchio Adamo’. Per noi donne si dovrebbe dire la vecchia Eva”.

- “Che non significa altro, e non è nemmeno più difficile”, la interrompe allegro il dottore.

30. “Se più difficile o più leggero non è del tutto facile farlo”, dice pensierosa la padrona di casa, “Lo vedo in me: prima passavo molto tempo per me e – ebbene – non ero comunque cattiva con il personale, ma gentile. Però mancava molto! Da allora, grazie alla tua guida, caro Willmut, ho potuto cambiare, e il nostro personale è come cambiato.

31. Ognuno adempie il proprio dovere, ma gioiosi solo dal fatto che io so che loro sono uomini come noi e che ci si deve occupare dei loro bisogni e preoccupazioni. Ora litigano quasi per me per un aiuto, e così penso di agire nella mia piccola cerchia, finché la ‘mia vecchia Eva’ non è morta un po’ alla volta”.

32. “E’ vero, cara Juanita! Uno dei vostri servitori mi ha sussurrato questo, ieri: ‘La nostra padrona è sempre stata giusta; ma ora, da quando lei, signor von Wanger, è venuto tre anni fa, da allora qui è semplicemente bello. Poco tempo fa una nostra ragazza di cucina si è bruciata una mano. La signora Beocana è venuta subito e lei stessa ha chiamato il medico. La piccola è dovuta stare tre giorni a casa. Così ha provveduto la padrona per noi, e adesso può succedere quello che vuole!’

33. Vedi, Juanita, la padrona di casa che si occupa della sua gente è una benedizione che il Signore, Dio, dona a coloro che sono in una certa posizione. Se si riflette su questo, tutti hanno una certa posizione. Altrettanto il nostro signor ministro”, dice Wanger sornione, “Se questo ha un privilegio, non ha importanza. Deve adempiere il suo dovere, come il nostro fabbricante il suo.

34. Pedro è responsabile in vista della sua funzione per il popolo, Alfons per un paio di migliaia di uomini; e le nostre care signore, osservate nel circondario della loro casa, dove non è per niente facile amministrare.

35. Per il nostro Creatore non c’è nessuna differenza. Uno che deve presiedere ad una grande cerchia, diciamo come una volta quegli angeli presso il Seggio di Grazia di Dio, ha comunque una maggiore responsabilità e quindi deve anche fare di più che le piccole creature-figli”.

- “Come lo sono io”, sussurra Juliane.

- Wanger l’ha sentita e perciò dice allegro: “Anche queste colmano volentieri la loro misura. Quando è colma come quella dei grandi, allora entrambe le misure sono del tutto uguali davanti all’Altissimo, …colme fino all’orlo. Di più non vi entra, di più non ce n’è bisogno!

36. Credilo tu, cara Juliane, anche se tu fossi una cosa così insignificante, allora ricorda: – una piccola rotella nell’ingranaggio di una macchina della fabbrica non deve mancare, altrimenti si fermano le ruote grandi! Questo significa spiritualmente, che Dio non lascia fuori nessuno dei Suoi figli! Vi ho spiegato la caduta della Sua prima figlia. E che cosa è successo? Egli ha aiutato in anticipo, non solo per le magnificenze delle Sue opere, ma piuttosto per conservare tutti i caduti. Infatti, anch’essi sono parte della Sua Potenza di Creatore, e per Lui mai perduti!

37. Se ora delle rotelline oppure come la prima figlia una ruota grande, …EGLI libera tutte! Qualcuno certamente non è ancora ritornato, ma l’Amore paterno ha provveduto che ogni figlio appartenga al popolo del Cielo. In riferimento alla grande Opera miracolosa di Dio, anch’io sono una rotellina”.

- ‘Ah, sì, siamo niente altro’, pensa il signor ministro.

38. Il fabbricante deve di nuovo andar via. “Consiglio alle dame un giro carino e i signori vanno in tribunale; almeno solo in una casa e non ‘con qualcuno in giudizio’, al massimo con il signor Mestosani”.

- “Può venire, anche lui la penserà così quando vedrà me e Willmut”, brontola Cruzziano,

39. “Per lui sono un panno rosso”, dice Wanger.

- “Ah, allora sarà scosso fino a svegliarsi; ho certamente bisogno di nuovo di un gessetto”, il ministro ride.

- “Assicuratevi, prima di andare dai leoni”. Juanita riassesta le cravatte ai Signori.

- “Willmut frequenta al meglio con i leoni, perciò lo porto con me”, sorride Pedro,

- “Allora via!”, Beocana saluta e si gira.

*

40. Il ‘leone’ diventa molto mite quando gli annunciano i signori. ‘Che cosa vuole la veste nera da me, lo vorrei sapere volentieri!’, ma per via del ministro, va alla porta: “Qual alto onore di nuovo”, piega la nuca rigida e prende la mano tesa di Cruzziano. Ignora intenzionalmente la mano di Wanger.

41. “Che cosa posso fare per Lei, signor ministro?”. Spinge a lui una poltrona, a Wanger una sedia di legno, che è per i subordinati. Cruzziano si siede velocemente sulla sedia e spinge a Wanger la poltrona. Mestosani si morde la lingua. “Mi manca ancora questo”. Non può più salvare il passo falso. Così finge come se i signori si fossero serviti da soli.

42. il ministro comincia, “Volevo assicurarmi del suo buon servizio di casa”, “ma una volta che siamo qui, voglio ammonire: Non mi ha fatto sentire nulla della faccenda del signor Mescaru,. La mancanza di un messaggio non ha gettato su di lei una buona luce. I miei signori erano agitati. Perché non ha fatto sentire nulla?”

43.Lei è stato qui, signor ministro, l’abbiamo sistemato tra di noi. Non doveva bastare?”

- Il visconte spazza via con una mano dal tavolo la sottile scusa. “Lei è troppo intelligente, signor Mestosani, per non sapere che un discorso personale d’ufficio esige una relazione scritta, che poteva essere valutata a suo favore”.

44. Mestosani brontola per sé: ‘Il nero m’inforca formalmente con gli occhi’. Ma si fa coraggio. “Signor ministro, ho pensato davvero che il fascicolo fosse concluso. Ora recupero volentieri la mancanza non voluta”.

- “Non è più necessario”, fa cenno il visconte. “Quanti prigionieri penali ha al momento nell’edificio?”, conduce il discorso su un altra strada a lui sconosciuto, ispirato dal sacerdote.

45. “All’incirca trecento; ma ci sono state molte aggressioni, furti e due omicidi. Alcuni procedimenti sono ancora in corso, soprattutto quello di un assassino. Lui ha ucciso e derubato una signora anziana”.

- “Lo voglio qui!”, esige il ministro. “Io rimango sconosciuto. E tu, Willmut?”

- “Pure”.

- Mestosani li fissa: ‘Si danno persino del tu?’. Chiama la prigione, e presto il prigioniero viene portato, accompagnato da due guardiani. In manette. E’ un ragazzo difficile.

46. Il visconte sposta la sua sedia, finché la sua faccia è nell’ombra. Quella del prigioniero viene chiaramente illuminata dalla finestra. Ha un aspetto rude e infingardo. Che l’uomo fin dall’infanzia è stato spinto qua e là, …chi lo sa? Chi se ne occupa? Wanger ‘vede’ la sua vita senza amore di genitori, persino istigato a furtarelli, e così è diventato un criminale. ‘Qui è necessario il Tuo grande aiuto, caro Padre’, supplica il cuore del sacerdote.

47. Cruzziano chiede direttamente al criminale: “Perché è capitato sulla strada sbagliata? Ma non le fa pena la signora anziana? E a lei ha solo portato danno!”

- Dato che non era stato detto rudemente, Mestosani vorrebbe cancellare la mitezza. “Ah, lui è ostinato, non è...”

- “...adeguata la mitezza”, interviene Wanger. Si rivolge al ministro: “Posso parlare con lui?”

- Costui annuisce, molto contento, ma esteriormente rimane serio.

48. Wanger comincia gentile: “Dunque, non dai una risposta alla domanda del giudice…”, riferendosi al visconte, “…e lo comprendo”.

- “Chi è Lei”, chiede cattivo il prigioniero. “Sono un difensore”. Mestosani sta per scoppiare. ‘Il sacerdote mente! Difensore… Piccolo medico nella foresta! Ahh: ogni veste nera vorrebbe immischiarsi in cose che stanno sotto il diritto dello Stato. Se non fosse presente il ministro, scoprirei quest‘uomo’.

49. Nel frattempo Wanger continua: “Mi racconti la via della sua vita”.

- “Di questo, nessuno me lo ha chiesto”, brontola l’assassino. “E che cosa la interessa?”

- “Più di quanto pensa! Ma se ha paura di parlare lei stesso, così lo farò per lei, se lo permette”.

50. “Permettere?”

- Wanger rifiuta l’intervento di Mestosani. “Sì, io, il difensore davanti a Dio”, suona serio, “parlo così con lei, come se stesse all’inizio della sua via sbagliata”.

- L’assassino osa intervenire: “Mi è sconosciuto come lei faccia a...”.

- “Io so un po’ di più di quanto lei sospetta”, risponde gentile Wanger. “Il come e dove non lo comprende adesso. Magari le diventerà chiaro più tardi. Dunque: come stanno le cose? Devo …farlo io?”

50. Lo sguardo cade a terra, per la prima volta nelle tante udienze, che in durezza non hanno lasciato nulla da desiderare. Ma di nuovo irrompe in lui il male, ghignando perfidamente: “Che cosa sa di me? Sono curioso che cosa vuole suonare”.

- “Ammetto che lei non ha bisogno del mio sapere, ma si può esaminare, e forse far uscire per lei una grazia più mite”.

52. “Da me non esiste!”, s’infervorisce Mestosani. ‘Ma come si permette questo…

- “Piano”, conduce il ministro l’interrogatorio. “Prima ascoltiamo la storia”, dice intenzionalmente. “Questa è da esaminare, e poi da soppesare come deve risultare un giudizio. Se è senza pentimento, non subentra nessuna mitezza!”

- Buona cosa, pensa il prefetto.

53. Il medico comincia come se leggesse da un atto: “Vicino alla città S. in un villaggio è nato come quinto figlio del minatore Havermann e di sua moglie, ventotto anni fa”, questa è l’età del criminale, “un figlio di nome Stants”.

- “Ma come lo sa?”, chiede il delinquente.

- “Ora non deve interrompere”, ammonisce il ministro, “ma la domanda dimostra che è vero l’inizio della ‘storia’”.

54. Wanger annuisce. “Il padre del ragazzo era un uomo duro, con il mestiere portava uno scarso salario. La madre era una donna litigiosa, che certo, con nove figli che dovevano quasi sempre avere più fame che mai per diventare sazi, sarebbe comprensibile se non portava i figli su una cattiva via. Lei insegnò loro a rubare! Ma allora non si dovrebbe condannare subito; allevare nove figli con un piccolo stipendio dell’uomo, non era facile.

55. Tuttavia lei avrebbe dovuto guidare i figli al lavoro, invece che all’ozio. Ma lei stessa pigra e disordinata – la sua vita sia qui non toccata, perché lei proveniva da una casa ordinata – il suo genere ricade anche su lei stessa. Diversamente per il giovane Stants. Era un ragazzo sveglio, volentieri disposto agli scherzi, che inizialmente erano da considerare innocui.

56. La madre lo ha iniziato sistematicamente. Se non portava molto a casa, c’erano botte e niente pane. Gli Haverman non conoscevano nessun senso della famiglia. E’ un miracolo che gli altri fratelli non sono diventati criminali. Non erano adatti come lo pretendeva la madre. Così Stants doveva procurare da solo ‘ciò di cui c’era il bisogno’. Ma che questo andasse oltre il bisogno, non le importava. Quello che avanzava, scorreva nella gola sua e del marito. Quando il ragazzo ebbe l’apprendistato, è semplicemente scappato.

57. Già da tempo rovinato, si aggirava nei porti. Solo che non ha mai trovato abbastanza da vivere comodamente e pigramente. La prigione lo ha visto due volte. Non si ha mai indagato su quale povera base si era svolta la sua infanzia. Certamente che le cattive azioni procurano cattiva ricompensa, questa è la giustizia nel Cielo e sulla Terra, ma sarebbe da raccomandare di esaminare la via di vita degli arrestati fin nel tempo dell’infanzia, e qualcuno verrebbe portato sulla buona strada”.

- “Come il ragazzo dei Mescaru”, Mestosani non si può frenare a menzionarlo.

58. “Molto giusto”, si volta Wanger. “Può essere l’onore della suo istituto, signor prefetto, quando certi cattivi sono da rilasciare, che diventano uomini ordinati”.

- ‘Un colpo spirituale voluto e non senza gioia a male del prossimo, ben ripagato’, pensa l’amico Pedro.

- “Magari anche questo”, Wanger indica l’incatenato, “se si lascia condurre su una via di una vita ordinata”.

59. ‘Solo piccole cose che posso raggirare’, pensa Stants, che si stava stancando di lui.

- “Lui studiava un colpo grosso, che gli avrebbe offerto per sempre molto denaro. Così è caduto nell’ultimo atto. Dato che il furto sarebbe solo quando quella donna che aveva molta proprietà e molti gioielli in casa, sarebbe stata eliminata, Stants era orientato al furto, perciò ha preferito aspettare molti giorni, poiché nonostante il cattivo carattere si spaventava di commettere un omicidio.

60. Quando di nuovo, è stato condannato per un piccolo bottino…”

- ‘ingiustamente per via di una sciocchezza’, pensa lui.

- ‘…quindi si è stabilito qui dove voleva dapprima ambientarsi, e questo gli è presto riuscito. Subito dopo, molto presto, è capitato quell’omicidio.

61. Il fatto in sé”, dice Wanger improvvisamente aspro, “non è mai da abbellire ed esige piena espiazione. Ora, qualcosa potrebbe aiutare”, guarda l’assassino, “per diminuire l’alta punizione. La pena di morte non più in vigore non ti opprimerebbe, come il carcere a vita che è diventato l’espiazione della tua azione penale.

62. Se ti penti, se vuoi lasciare la tua cattiveria, se dimostri nel tempo della pena che sei serio con un buon ritorno, allora si potrebbero aprire prima le porte, ed io provvederei, anche se a quel tempo io fossi già morto, ad aiutarti a diventare un uomo buono. – Ecco: questo sarebbe intanto tutto!

63. Rifletti bene, non rifiutare una mano per la tua salvezza”. Wanger accarezza una volta all’assassino con le mani legate i capelli irsuti, ma costui si distoglie di scatto.

- Lui ha visto la scintilla come un segno: ‘Le tue parole sono benedette!’. Ed è un miracolo: l’assassino lascia pendere le spalle, si lascia condurre senza resistenza nella cella.

- Un guardiano dice all’altro: “Conosco il signor von Wanger; tre anni fa ha fatto un agnello di un sangue cattivo. Non mi stupirei se gli riesce anche con il nostro peggiore”. Indica la porta chiusa della cella.

64. “Ma come sapeva la storia?”, chiede l’altro.

- “Già, è strano. Lui è missionario e medico, da molti anni da qualche parte in Africa. A suo tempo è stato qui per la prima volta. Credo che abbia una specie di sesto senso”.

- Entrambi gli uomini ridono. Ci sono davvero delle cose che…

- Appena il prigioniero è andato via, il prefetto dice a Wanger provocandolo: “È stata un’interferenza nel mio proprio ufficio, che lei ha appena inscenato. Mi stupirei molto, perché lei si è chiamato ‘difensore’; ed è solo un piccolo medico in qualche angolo del nostro mondo”.

65. Il visconte comincia a bollire. Tuona verso Mestosani: “Lei sa che cosa è lei? Un miserabile piccolo nulla e nient’altro! Per primo, il signor von Wanger, che sarebbe ‘un difensore davanti a Dio’, ha quindi nulla a che fare con la giustizia del mondo; secondo, ho chiesto io a lui di venire con me, quindi da parte mia aveva il diritto di parlare con il prigioniero. Terzo, lui è un grande medico, professore, e nel suo campo d’azione ricercato ovunque, …non solo dai neri! Se lo ricordi!

66. Lei può leggere gli atti, ma aiutare, che è quasi sempre così tristemente necessario, a lei è sconosciuto! Io non accuso, ma dimostro solo le cose come sono realmente. Per lei un assassino è proprio solo un assassino. Lo è anche per me. Nella ‘storia’ che Wanger conosceva – lei sa da dove? – era da notare che l’assassino è da stimare anche in altro modo, che appunto solo come un assassino”.

67. “Signor ministro”, interrompe Mestosani. “Lei conosceva la faccenda e glielo ha rivelato. Perché altrimenti…? Dagli arbusti non la poteva richiedere! Ma lei per questo ne ha ogni possibilità”.

- Ora il ministro è davvero arrabbiato. “Mestosani!!”, dimentica per l’ira il ‘signor’, il fascicolo dell’assassino è chiuso? E’ uno di quelli che anche il Ministero della giustizia deve conoscere? No! Non è vero!

68. Insinurare che io facessi con il signor Wanger la ‘commedia’ è inaudito!”

- “Rimani calmo”, avverte Wanger. Vede nell’inalberato gonfiarsi le grosse vene, il segno di un attacco di cuore. “Non conviene agitarsi per via di maleducazioni”. Questo è un colpo voluto, che Mestosani merita anche. Il medico prende il braccio di Pedro: “Lasciamo il signore da solo, allora potrà riflettere quali cattivi scherzi ha commesso a se stesso”.

69. Il ministro respira pesantemente e il prefetto si spaventa: “Posso portarLa alla sua macchina, signor ministro? E...”

- “Il mio fedele medico mi aiuta! Una cosa ancora: lascio trasferire l’assassino nella capitale. Niente paura, signor prefetto: un criminale non è per me un angelo, ma loro hanno un’anima come qualunque uomo. ‘Salvare’, questa è una funzione più alta senza pari, come emettere un verdetto di pena anche se assolutamente giustificato. Buon giorno!”

- Rimane indietro un uomo diventato piccolo.

70. “Avrei voglia di licenziarlo”.

- “Lui stesso si licenzierà un giorno”, annuncia Wanger. “Due grandissimi errori lo consiglieranno di mandare lui stesso in congedo. Lui è uno di quelli le cui anime sono esse stesse dei criminali (in ted. Verbrecher: colui che ‘si spezza’): ‘si spezzano lontano dalla Grazia di Dio’ e sono da compiangere. La loro via (di là) diventa difficile se prima di morire non arrivano alla comprensione.

71. Se non intraprendi nulla contro di lui, allora nemmeno contro di te si parlerà male. Richiedo l’assassino attraverso il vostro capo magistrato del paese. Lui non è uno dei signori che da te...”

- “Sai anche questo, Wilmut?”, Pedro gli si accosta: “Ora vorrei solo sapere quanto sai!”

72. “Rimani solo seduto al mio fianco, amico”, sorride Wanger e prende la sua mano. “Io come uomo non so nulla, lo puoi credere! Posso solo unirmi con Dio. … Non è molto facile, mio Pedro, ma, …è possibile dov’è necessario. EGLI mi ispira ciò che devo sapere a favore di una cara persona oppure di un’anima diventata povera. Poiché, vedi: dal Creatore ogni anima è ricca, e ogni spirito arde attraverso la Sua Luce. Quest’ultimo rimane anche fissato alla Luce; le anime possono perdere la ricchezza di Dio e il legame con il Suo Cielo, che le lega alla Grazia. Se da Dio e solo da Lui, nonostante la Sua Grazia, nella Luce, regna la Misericordia, non lo dobbiamo richiedere. Chi crede, lo sa anche! Questo è sufficiente per attingere dal legame del Cielo, che porta Benedizione al fare e al non fare”.

74. Wanger interrompe se stesso ed indica la risalita verso la villa: “Siamo già arrivati. Stasera discuteremo ancora alcune cose”.

- “Me ne rallegro già!”. Pedro stringe particolarmente cordiale la mani all’amico.

 

 

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Cap. 21

L’ultima sera i Beocana, i Cruzziano, Irina e Ernestino riuniti all’ascolto della Parola da Wilmut

1. I tre signori ritornano poco prima di cena, che deve prima essere preparata. Si sta seduti comodamente nel salone di Juanita e raccontano ciò che hanno vissuto al mattino. Nel frattempo la porta viene aperta rumorosamente ed entrano i quattro sposi con i volti raggianti.

2. “Stupitevi”, esclama Marita allegra, e cade uno dopo l’altro al collo di Willmut, di Juliane e di Pedro.

- “Che vi succede?”, chiede il padre. “Pensavamo che foste via e ora...”

- “...siamo di nuovo di ritorno. Lasciatevelo raccontare”, ride Roberto, e spinge le poltrone vicine cominciando con il miglior umore:

3. “In un caffè del bosco non lontano abbiamo parlato del resto del viaggio. Il nostro pulcino…”, intende la sorella, “…ha guardato più indietro che avanti, e ha dett*o: ‘Peccato che non trascorriamo l’ultima sera con i cari ospiti. Il viaggio di nozze non scappa, ma Willmut vola via già domani, e allora sarebbe veramente …la cosa più bella, se noi, secondo Irina…’. Ed Ernestino interviene: ‘…girassimo le macchine. Rimaniamo ancora a casa questa sera e partiamo domani’.

4. ‘Su, indietro!’, abbiamo esclamato. E ora eccoci qua!”. Roberto si guarda intorno.

- ‘Oh, i giovani’, pensa il ministro, quale esempio danno loro agli anziani! Ognuno coltiva questo pensiero. Negli occhi si riflette la gioia. Che soprattutto il sacerdote medico percepisce profondamente tale gioia, non c’è da stupirsi. Di cuore guarda questi giovani, nel mentre si fa sentire:

5. “Quello che avete fatto voi, non lo potete ancora afferrare. Siete ritornati con cuori ricchi, non solo nella casa esterna dei genitori, piuttosto, nella ‘Casa del Padre’, che non è su questa Terra. Avete rinunciato alla gioia giustificata del vostro matrimonio e del viaggio e così avete posto lo spirituale al di sopra di tutto il mondano. Dio vi benedice per questo! Dopo cena discuteremo ancora di certe cose, e quello che ne porterete sulla via della vostra vita, colmerà riccamente con la Grazia di Dio i vostri giorni fino alla fine della vostra vita”.

6. Beocana dice serio: “Oh, anche noi ci lasciamo colmare con i Doni di Dio, affinché rimaniamo sotto la Sua grazia fino alla fine dei nostri giorni terreni”.

- Juanita si guarda le mani che ha congiunto nel grembo; Juliane afferra la mano di suo marito e costui annuisce: “Che voglia diventare così per noi! Perché se mi riesce – non lo affermo pienamente; me lo può donare solo la Bontà di Dio!”

7. “Lo fa certamente”. Wanger guarda gli amici. “La Bontà di Dio è Misericordia. Questa conosce per tutti la redenzione, per liberarli da qualunque separazione che ci possa separare all’Amore di Dio. Chi confida in questa, la base della fede e anche della vita è quella roccia sulla quale sta la Croce di Cristo!”

8. Un servitore annuncia che la tavola era pronta. Nella casa dei Beocana non viene mai sprecato nulla. C’è un buon pasto che anche il personale riceve. Così vi riposa già una Benedizione, dalla quale si sono trovate insieme le vie di questi uomini. Costoro si stupiscono di ritrovare le due coppie. La cuoca spettegola volentieri. Dice: “Non è un buon segno, i matrimoni scoppiano, oppure succede qualcosa”.

9. “Smettila! Chiudi il becco!”, la sgrida il sorvegliante dei servitori che va a prendere proprio ora i nuovi vassoi. “Non hai nessuna idea perché sono ritornati. Dato che il signor von Wanger deve viaggiare domani, volevano essere con lui l’ultima sera. Non sono mai stato un buon cristiano; ma nell’ultimo tempo – ebbene – è un problema mio. Ma il tuo gracidare è sbagliato! Getta i fondi del caffè, dai quali prendi i tuoi detti, nel bidone dell’immondizia dove stanno bene al loro posto!”. Ed esce con le mani piene, ignorando lo sguardo non proprio buono della cuoca. Gli altri sorridono. Di per sé la cuoca è graziosa e non si prendono comunque sul serio i suoi ‘indovini da caffè’.

10. Dopo il pasto si va nella piccola sala nella quale vengono ospitati i clienti stranieri. Il camino è acceso, le serate diventano fresche, ma una finestra fa entrare l’aria deliziosamente fresca. La sala si trova al primo piano, le finestre danno sulla parte posteriore del parco; quindi nessuno può origliare.

11. Prima si racconta di questo e di quello che il giorno ha portato. E Roberto, come l’ingegner Orsano, ‘è del tutto fuori di sé’ quando sente della conclusione della scoperta. “Non avrei mai pensato che ce la facesse”, si rivolge al padre. “Ma così caparbio com’è, non riposa prima che non abbia raggiunto la meta. Con quanto lo liquidi, caro papa?”

12. “Lui non vuole niente, e questo lo eleva in alto del tutto particolarmente. Tuttavia mi sono già informato, deve ancora sostenere i suoi genitori. Quindi costruiremo una casetta dove può abitare insieme ai suoi. Le tasse sono a carico dell’azienda. I suoi assistenti riceveranno un fondo non appena le due scoperte sono partite nelle loro produzioni”.

13. “Non comprendo nulla delle cose del mondo, ma per questo vi auguro il meglio”, dice Wanger.

- Pedro sorride: “Per il fatto di non capire nulla di queste cose, con cui il mondo si incolla, io sono informato diversamente dai miei occhi”.

- “Anche io”, interviene Roberto, e Marita come Ernestino lo sottolineano.

14. Cruzziano dice: “Quello che compi dai neri è moltissimo. Anche se sono piccole, ti occupi comunque di aziende, e come medico ‘incolli’ proprio bene!”

- “E va bene, andiamoci piano; la mia chincaglieria del mondo non è stravolgente”, interrompe Wanger. Intendevo solo, che non ho nessuna idea dei grandi affari del mondo. Fortunatamente, non ne ho nemmeno bisogno”.

15. “Per questo hai esperienze del tutto diverse, caro zio Willmut!”, Marita accarezza le sue mani.

- “Il mio mughetto profuma di nuovo amabilmente, ed io porto con me il profumo nella mia foresta vergine. I neri se ne rallegreranno”.

- “Quello che mi ha raccontato Roberto”, dice Irina, “mi ha mostrato di che cosa si tratta, quando vogliamo ‘vivere’ realmente la nostra vita. Stasera sentirò molto di ciò che non posso comprendere. Forse…”

16. “Non ‘forse’, Irina”, Wanger la guarda gentile. “Quelle cose lontane dal mondo, ‘l’eterna Luce’, non sono facili da comprendere. L’uomo è attaccato al mondo, che non è un errore, finché non lo si adula. Se lascia languire la sua anima, mettendo Dio in un angolo, intendo questo: se non si occupa per nulla con Dio, allora ovviamente il mondano diventa il padrone della sua anima, e questo adulare può diventare spaventoso.

17.Chi mette il suo io nelle mani dell’Iddio-Padre, costui ogni giorno riceve da queste la piena Benedizione. Questo è da imparare, anche se dapprima c’è poco da riconoscere. Il nostro spirito è in grado di comprendere quella più profonda profondità, che la Divinità rivela ai Suoi figli. E questo è imponente! Se la nostra anima, dalla quale cogliamo umanamente la consapevolezza, afferra del tutto questa profondità, oppure solo una piccola parte – molti nemmeno nulla – è lasciato alla nostra volontà.

18. Questa è quella parte di volontà che non è legata a nulla – da osservare con prudenza – nemmeno una volta a Dio! Ma dato che il nostro potere e le capacità sono i Suoi doni, anche questa parte della libertà della volontà è legata per la nostra salvezza alla Benedizione segreta, che Dio sparge sulle Sue opere. In questa libertà si può credere oppure no, si può essere buoni oppure cattivi. Ma una cosa vi è fissata:

Non manca la conseguenza del nostro fare e non fare!

19. Noi non siamo liberi in nulla, perché la conseguenza (dei nostri atti) insegna ciò che è per la nostra utilità o per il nostro danno. Chi chiude gli occhi dell’anima davanti al danno, non si dovrebbe stupire se la conseguenza gli presenta il conto. Qualche credente, e ce ne sono molti, sogna della ‘sua’ libertà che Dio deve garantire all’uomo. E che cosa fanno appunto con questa libertà inventata da se stessi?

20. In tal modo i credenti disprezzano i comandamenti di Dio. Questo rimane un frammento, quando si separa Dio dai Comandamenti, che non sono mai da separare! Se Dio dà i Comandamenti, allora Lo si può solo amare, credere in Lui, adempiendo ciò che Egli ci raccomanda nella meravigliosa Sapienza. Ma come stanno le cose?

21. Con il Padrenostro si dà la richiesta: «La Tua volontà sia fatta in Cielo come anche in Terra». Se la Volontà di Dio dev’essere fatta sovranamente, allora la nostra piccola volontà che abbiamo ricevuto prima da Dio, non può andare oltre la Volontà di DIO. Se valesse ciò che molti purtroppo predicano, che Dio dovrebbe rispettare la nostra libera volontà, allora il Salvatore avrebbe preparato questa richiesta del tutto inutilmente!

22. Pesano di più quelle parole delle quali Gesù ha parlato per via degli uomini e per loro come ‘Figlio dell’Uomo’: «Chi fa la Volontà del Padre»; «…così Io bevo il calice, sia fatta la Tua Volontà»; «Io non cerco la Mia Volontà, ma la Volontà del Padre!» Vorrei solo rilevare fortemente che il Signore ha parlato unicamente per via degli uomini, e mai per Sé. Egli era appunto, Dio stesso!

23. In ciò il Salvatore ci indica la via, se la nostra volontà deve portare i frutti di Dio. Osserviamo conseguentemente la nostra vita. Si deve creare per vivere, ci si deve vestire contro il gelo e il calore, si deve mangiare, bere, dormire. Dietro a tutto ciò che aspira alla Vita, sta un ‘devi!’. Dove regna l’illimitata libera volontà della quale si giubila solo troppo volentieri? Se non adempiamo le Leggi del ‘devi’ della vita, allora moriamo, e cioè non solo fisicamente come pensa la maggior parte della gente.

24. La nostra anima, ‘la casetta dalla Luce’, predomina nella materia, essa tollera la gioia e il tormento del corpo. Solo lo spirito, l’essenza dalla Luce, è libero. E questo per una Grazia che non afferreremo mai del tutto. Con questa lo spirito si conserva la sua anima, il corpo eterico di Luce che non svanisce.

25. La mancata osservanza delle Leggi fondamentali della vita,         distrugge il legame con la Luce. La Luce, il Centro-UR del Creatore, rimane! Ma la libertà, sacrificata a Dio, è il Dono più delizioso che EGLI ci ha dato. La gratitudine per questo è radicata in queste Parole: ‘Padre, solo la Tua santa Volontà sia fatta in tutte le cose della mia vita’. Allora siamo realmente liberi, cioè da noi stessi, e stiamo sotto il Patrocinio della Grazia di Dio!”

26. Wanger introduce una piccola pausa. Nella stanza accanto poteva radunarsi il personale, per ascoltare. Tutti sono venuti, persino la cuoca dell’oracolo, che adesso è diventata piccola e, per tutto il tempo della sua vita, dimenticherà il ‘fondo del caffè’.

27. “Quando allora sei arrivato, mi hai parlato di morte”. dice il fabbricante. “Io ero malato e tu, caro Willmut, mi hai aiutato. Da allora sento molto di rado qualcosa nel cuore, solo nell’agitazione. Non si può evitare sempre, mio caro”, Alfons solleva la mano quando il dottore vuole por freno sorridendo.

28. “Se devo sopportare il mio querelante Canncia, allora mi scoppia appunto la bile. Per fortuna è quasi l’unico che ha un gancio. Tuttavia aggrava”.

- “Lo posso comprendere”, si immischia Pedro. “Se penso al mio caro Mestosani”, lo dice con sarcasmo. “Ma quando ha spinto al nostro Willmut una sedia per delinquenti, …mi è già scoppiata la bile”.

29. Wanger annuisce: “Anche sul mio luogo di lavoro ci sono cose che mi fanno battere il cuore e mi scaldano la testa. Ma devo superarli per respingere con sangue calmo le cose che possono offuscare la via nella Luce. E voi, miei amici, lo imparerete ancora del tutto.

30. Per gli uomini non è del tutto facile a dominarsi, a raffreddare il loro ardore che si ascrive ad altri nel loro libro di colpe. Quanto facilmente si dice: ‘l’altro’, e in tal modo si coprono i propri errori. Ma chi si mette sotto la Bontà di Dio, cerca in se stesso l’imperfezione. Io vorrei conoscere volentieri colui che possa dire senza ostacoli: ‘In me non trovo nessuna colpa!’

31. Io intreccio: un romano ha riconosciuto il Signore come pochi del popolo, nel Quale Dio faceva i Suoi miracoli. Pilato ha detto quattro volte: «Non trovo nessuna colpa in Lui!» Questo era giustificato perché Gesù era DIO stesso! In Lui non esiste nessuna ombra, c’è solo Luce nella Luce!

32. Wanger dice lieto: “Con i vostri attacchi di cuore le cose stanno diversamente. Indipendentemente dal fatto se dapprima si cercherà e si troverà in sé un male, non si può passare oltre la falsità di un altro. Questo significherebbe spargere sabbia nei suoi stessi occhi, non ha nemmeno nulla a che fare con la tolleranza. La tolleranza non copre i difetti; indica la via sulla quale si possono cambiare gli errori.

33. Ritorno alla parola morte,  e sono lieto quanto bene Alfons lo abbia ricordato. Non rifiutare! Sono convinto che DIO ha fatto ritrovare tutti noi”, fa un gesto con la mano tutto intorno. “Ognuno aveva una buona scintilla dalla Luce, prima ancora, coperta dalle cose del mondo. Qui sia intrecciata la domanda: ‘Quale mondo?’

34. Si pensa all’incirca e si intende il mondo. Che un tale pensare non è nessuna logica, non lo devo spiegare. Un pianeta non è né buono né cattivo, non ha nessuna influenza sull’animo animico dell’uomo, al massimo per il fatto che la benedizione del Creatore, che la Sua Terra dona abbondantemente, ci conduce al buon pensare, …se lo vogliamo. E questo dipende da ‘noi’!

35. Ringraziamo per ogni Dono, non prendiamoli solo in possesso. Sì, …allora ci influenzerà la Terra per il bene dalla benedizione di Dio. Se facciamo il contrario, se arraffiamo ciò che è solo da arraffare, dilapidiamo il bene del pianeta, lasciamo languire uomini e animali, che in certi momenti potremmo aiutare, anzi, se ‘per gli altri’ disprezziamo la santa vera Legge fondamentale della Vita, allora il mondo diventa per noi il danno che un giorno ci farà portare amaramente la vita nell’aldilà.

36. Nonostante ciò, nessuno può dire: ‘Il mondo mi ha rovinato!’. L’espressione rimane, cioè così: ‘il mondo in te’, come tu l’hai creato per la tua anima resa povera! Si è responsabili per se stessi, e solo il proprio mondo in sé ci fa fare il bene o il male. Non esisterà una volta nessuna altra resa dei conti! Adamo ha gettato la propria colpa su Eva e… su Dio! Solo, …che il Signore ha chiamato lui dal nascondino e lui ha dovuto confessare la sua colpa; in più l’espiazione, da prendere su di sé come conseguenza delle azioni.

37. Ogni misfatto è una morte che spegne la scintilla della candela della nostra vita. Nei cattivi rimane infine un barlume, che DIO conserva, perché con la perdita dell’ultimo barlume un figlio della candela spenta non può più esistere. Tuttavia Dio conserva per Sé ogni figlio, anche quello che sta al bordo più lontano della Creazione. Questa è la vera morte! Ottenere da questa una resurrezione voluta da Dio, è la parte più difficile della vita, che si – sempre con l’Aiuto del Creatore – ha da compiere da se stesso.

38. Perciò si deve badare di attizzare di nuovo lentamente il barlume, che si può chiamare ‘la resurrezione’. Che quella ‘altra morte’ descritta da Giovanni nell’Apocalisse, viene rigettato da Dio, quindi sospesa, è la più grande Benedizione della vita dall’eternità, che Dio lascia giungere ai Suoi figli.

39. La morte che intendevi tu, caro Alfons, è ‘l’eterno risveglio’ della nostra anima, la quale – liberata dalla materia – giunge insieme come casa del nostro spirito nella Casa del Padre. La morte del corpo può essere un grande grado della resurrezione, quando abbandoniamo la materia, appena abbiamo percorso una piccola via del dovere nella Luce.

40. Nella vita terrena ci sono molti modi di resurrezione. Anche i più piccoli superamenti di imperfezioni sono i gradi. Un uomo non avrà mai il pieno ritorno che conduce alla pienissima resurrezione (rinascita). E questo – derivato dalla magnifica Bontà di Dio – non è nemmeno necessario. Ma è necessario illuminare con una grande luce tutti gli angoli del proprio io, che significa: ci si guarda così come si è!

41. Non è facile! Si dimostra troppo volentieri la facciata bella dipinta, e quello che c’è dietro viene nascosto (sepolcri imbiancati). Ma per quanto possa anche sembrare di conquistare questo – con l’Aiuto del nostro Alto Signore che ci ha dato dal Suo ricco tesoro tutto ciò di cui abbiamo bisogno per darci alla Sua guida – qui sono radicati il divertimento, la capacità e il compiere, se, …noi lo vogliamo.

42. Si pensa che se si avesse a che fare con la morte fisica, allora avremmo il riposo dal lavoro, dalle afflizioni e dalle preoccupazioni. Ma è certo questo: tale riposo non termina affatto nel non far nulla di una oziosa monotonia. Nell’aldilà non esiste un riposo morto. ‘Riposare dalla fatica e dal peso della vita materiale sotto le mani di Dio, il Creatore, mentre il peso del peccato grava molto più pesantemente che ogni giogo di una povertà, malattia e miseria, è quel ‘riposo soave nell’eterna Luce di Dio’!

43. E ora, la morte di Gesù sulla Croce? I cristiani credono che Egli abbia preso su di Sé la Croce per via dei loro peccati. Ma solo per questo, sarebbe stato un mezzo Sacrificio, poiché l’intera caduta materiale della Creazione è appesa allo stesso essere e vita come noi a questo mondo, quindi anche alla croce del Golgota, i cui Raggi che redimono, liberano, che orientano la via nel rimpatrio, vanno ovunque!

44. Dio non ha dovuto portare il Sacrificio (solo) per questo poiché il potere creativo aveva altri mezzi per fare una o l’altra cosa. Si deve andare già più a fondo al di fuori della generalità, ed avvicinarsi al Golgota in modo del tutto diverso di quanto è conosciuto ed è accettato generalmente,.

45. La Croce stava al di fuori della città, nella quale Dio si è ‘lasciato interrogare’! Sia notato: non i superiori Lo hanno interrogato dal loro potere. Lo si è creduto in ogni tempo ed è quell’errore, che rimasto inosservato. Egli ha indicato la strada che conduce alla parte più interiore del Mistero-Croce. La Divinità non si lascia dividere, magari così: una Sua parte doveva portare questo Sacrificio. In ogni obbligo si dovrebbe mostrare un ammanco in Dio. Ma quale?

46. Se Egli mise i figli sulla meravigliosa via dello sviluppo, allora fu solo affinché essi, con ciò, dovessero giungere accanto alla Sua beatitudine che Egli sparge sui Suoi figli, conseguendo una beatitudine come da loro stessi, come santa-alta fraternizzazione.

47. Con che cosa il mistero del Golgota sarebbe riconoscibile nella sua verità di luce? Mondanamente non si potrà mai completamente riconoscere la santità che la Divinità ha pensato ed ha anche compiuto per la ‘Sua Croce’. Nondimeno, ciò che è possibile per la nostra salvezza, è da esplorare fino a quel gradino che potrà essere percorso dopo, nella Luce.

48. Dio non ha parti che sarebbero differenti nella Potenza e nell’Essenza. Se si rivelano parti, allora è solo per noi, affinché possiamo salire più facilmente nel difficile dello ‘Spirito di Dio’. Difficile tuttavia solo per noi, perché voltiamo volentieri le spalle a tali e ad altre difficoltà quando le si evitano, che è il più grande errore della vita.

49. Osserviamo una sola volta le parti della Divinità rappresentate per noi, le quali sono da riconoscere: Creatore, Sacerdote, Dio e Padre, ma in nessuna di queste parti vi si trova il più piccolo obbligo per il Golgota!

La Volontà del Creatore-UR nella libertà della Sua azione

era l’unico motivo per il quale fu eletto il Golgota, …per la caduta!

50. Vi stupite che ho parlato contemporaneamente di una divisione e di una Divinità inseparabile. Ora, l’enigma non è difficile. Con ciò confrontiamo il nostro cuore. Esso è fatto di un pezzo tutto intero. Se ne fossero tolte delle parti, …è discutibile che l’angelo della morte passerebbe da noi. E nonostante ciò ha quattro camere, di cui ognuna deve funzionare per sé. Ma senza l’unione di tutte e quattro, senza il tutto completo, nessuno potrebbe essere capace da se stesso di funzionare. Quale simbolo ha impiantato la Divinità di Se stessa in noi, persino nel corpo perituro.

51. Precisamente così, tuttavia su un livello più elevato, è anche da considerare la Divinità. Ora osserviamo il Golgota insieme al Sacrificio necessario sulla Croce, e da quale parte del Cuore è sorto e – elevato – per il Compimento. Allora si potrà dire: Il Sacrificio è venuto dall’intera Entità-Dio-UR – per l’intero Suo popolo-figli! Nessun figlio doveva appunto essere perduto. Perciò l’intera Divinità è subentrata per il Sacrificio!

52. Quello che il Creatore ha creato, il Sacerdote lo ha benedetto, Dio lo ha governato, …lo ha eseguito il Padre. Solo l’AMORE poteva assumerSi il Sacrificio. Non perché è più grande che gli altri Raggi, ma perché si tratta di una sola figlia che, come una sola caduta, non sarebbe mai sopravissuta al peso del Sacrificio, se questo fosse avvenuto nel rivelarsi della stessa Divinità-UR!

53. Per l’immensa Pienezza della Creazione in tutte le cose, rimane sempre dominante ‘il Tutto’. Per quell’unico Giorno in cui è avvenuta la caduta, per questa unica figlia venne solo una Caratteristica all’Impiego del Sacrificio nel suo rivelarsi. Questa è la terza Parte di Dio-UR, l’Amore, che ha riconciliato quest’unica figlia, attraverso un unico Figlio, un Mediatore! Infatti, da se stessa Sadhana per via della sua caduta non sarebbe stata mai più da inserire come un membro nell’intero popolo-figli.

54. E’ difficile vedere il Mistero in trasparenza. Tuttavia, chi si lascia guidare dallo spirito, può vedere qualche Pienezza della Divinità. C’è ancora da considerare che noi portiamo nell’anima una parte della caduta luciferina, quindi anche per noi è stato portato il Sacrificio, …sul Golgota!

55. Questo pezzo della caduta può far parte di quella parte che Dio ha consegnato dal proprio ‘È compiuto!’ ai figli viandanti, affinché avessero una gioia per riportarla sulla loro via e posarla sull’alto Altare dell’Amore, dove ‘l’alto Vasaio’ raccoglie tutti i cocci e fa di questi l’abito della figlia che ha ritrovato la Patria.

56. Non ci si deve perdere nella conoscenza, perché l’animico nell’uomo si solleva troppo velocemente e, l’arroganza, ‘spara luce volentieri nell’erba’! Tuttavia, una cosa è vera precisamente: quando si trova l’autentica via della fede ma ci si attiene saldi al riconoscimento che ogni proprietà è un Dono di Dio, allora si può anche attingere alla conoscenza (di sapere) se nell’esistenza si è rimasti fedeli alla Luce oppure se si è caduti nel povero abisso con quella figlia della caduta.

57. Queste sono le pecore dal ‘secondo ovile’ (Giov. cap. 10), che il Pastore sa ricondurre sul pascolo del Cielo. Molte hanno la lana nera. Cioè, sono del tutto ignare di Dio, oppure anime smarrite e criminali. Da sapere, che nessuna anima è così povera e lontana per Dio, che LUI non la trovi e salvi.

58. I fedeli hanno sovente una vita difficile in un cammino mondano, però, il nastro della Luce non si strapperà mai, anche se talvolta sembra un filino. Ad esempio, così era con voi, amici Alfons, Pedro e Juanita. Tutto l’esteriore aveva strappato troppo il nastro. Però, dato che c’era la Bontà di Dio ‘dall’Eterna Luce’, perciò è venuto l’aiuto al momento giusto.

59. No, Marita, non indicare me! Guarda in alto a COLUI che governa il Firmamento, e noi; come ciascuno viene modellato dalla Benedizione. Dio ci ha fatto incontrare, che per me è stata una Benedizione. Oppure credete forse che la gioia, come ci siamo ritrovati, …non sia una grande Benedizione? Già allora, quando ho incontrato il nostro signor ministro, ho sentito la gioia ed ho visto l’ulteriore del legame, dove conduceva e come ci avrebbe fortificato.

60. Mai una sola parte ha la Benedizione! Chi dà, può dare dalla Benedizione di Dio; chi riceve dalla Mano del Donatore, viene nutrito da Lui, per l’anima e per il corpo, come ognuno ne ha bisogno. Questo vale per ambedue le parti di anime, dall’alto e dal basso. Senza l’Aiuto benedetto, nessuno potrebbe adempiere la sua via, non il ricco animico, né il povero animico, anche se quest’ultimo ha bisogno di un doppio aiuto. Per i ricchi nominati qui sta in primo piano il loro spirito”.

61. Un servitore porta nuova fortificazione senza fare rumore. La mezzanotte è vicina, ma nessuno guarda l’orologio. Nemmeno il personale. Si può anche scacciare la stanchezza in uno e nell’altro il darsi importanti: ‘io c’ero’, ma della benedizione rimane comunque così tanto, che anche loro trovano la loro via nella Luce.

62. Dopo il piccolo spuntino il fabbricante si gratta la testa e dice: “Questo era un cibo pesante, da me non è entrato del tutto nel più interiore. Però, con la benedizione – per tutti – a questa mi aggrappo fortemente, hm, …con la Bontà e con la Misericordia di Dio”.

- “Caro Alfons, siete su una buona via”, lo consola Willmut. “Che certe cose si lasciano riconoscere un po’ alla volta, non è da calcolare come ammanco. Se avessimo tutto subito, allora mancherebbe continuamente la più alta gioia. E qui allaccio un esempio con te.

63. Quando hai acquisito le fabbriche di tuo padre, certe cose erano piccole e insignificanti. Con molta fatica ha potuto ingrandire la vostra fabbrica, allora più per il tuo mondo. Tuttavia c’era anche il pensiero a quelle persone che avevano trovato un buon pane. Tuttavia, …appunto in questo, un po’ alla volta hai visto la benedizione della tua diligenza, insieme alla quale cresceva la gioia, ulteriore conoscenza e nuova forza a creare”.

64. “Hai fatto di nuovo un favoloso schizzo”, interviene Pedro. “Mentre mi arrampicavo sul mio alto seggio, cresceva la gioia e… l’orgoglio. Questo lo ha calpestato piatto, dapprima il tuo Pluto. Ho davvero pensato, Willmut: ‘Ora è finita con la tua magnificenza (a se stesso)’, e…”, il ministro diventa molto serio, “…ho imparato a credere che il Signore Iddio mi ha spinto alla conoscenza attraverso quella Sua creatura.

65. Come mi sono sentito miserabile! Ma presto, lo voglio menzionare sempre per la grande gratitudine: quando ho sentito le tue mani da medico, quando ho visto i tuoi occhi, allora ho saputo: ‘Stai alla svolta della tua vita!’. A quale.., questo, naturalmente mi era ignoto. Ho sentito solo ‘l’altro’. Fin dalla visita da te con Juliane ho saputo che cosa era ‘l’altro’: il Tocco della Luce, che tu indichi sempre come ‘l’eterna’. DIO mi ha toccato tramite te!”

66. Wanger spiega: “Questi tocchi sono dati, solo che non si deve dimenticare che lo fa solo ‘Lo Spirito di Dio’, non importa in quale modo questo avviene. Noi non siamo portatori di questo Spirito, ma ognuno può diventare un esecutore che si mette sotto la guida di Dio. Vi sia utile un esempio apparentemente povero:

67. Un ragazzo vende il giornale. Lui stesso non è il foglio, non lo ha nemmeno prodotto. Così, nella visione superiore: Dio è l’Auto-Portatore del Suo Spirito! Anche se Egli ci fa anche fare qualcosa, si esegue solo ‘l’operare del Suo Spirito’. Gesù ha detto a Nicodemo: «Il vento soffia dove vuole e tu ne senti il fruscio; ma non sai da dove viene e dove va. Così è ognuno che è nato dallo Spirito!» (Giov. 3,8)

68. Questo viene interpretato sovente in modo scarso. Con ‘vento’ il Signore intende il proprio spirito. Nicodemo dapprima doveva ancora imparare che il Salvatore era DIO. Lui certamente Lo sentiva parlare, ma la profondità della Sua Parola gli era molto coperta. Non sapeva proprio precisamente se il Nazareno fosse il Salvatore e… chi Egli era!

69. Noi però possiamo sapere questo: lo Spirito di Dio opera secondo la Sua Volontà! Con ragione, che Dio potrebbe risvegliare per Sé dei figli dai sassi, il che significa che anche dei cuori impietriti possono diventare morbidi. L’Altissimo ha infinitamente tanti mezzi, per porre Diritto e Meta alla Sua Sapienza! Presso il Creatore non diventa prima un Divenire, poiché le Sue Opere sono le completezze della Sua onnipotente Magnificenza! Per la creatura, posta su una via del divenire, si compirà naturalmente Opera su Opera, come se tutto trovasse prima la formazione”.

70. Si discute per un po’. Il seguire i temi non facili è stupefacente. Gli amici si rallegrano, perché hanno ‘riconosciuto ed accolto ‘così tanto’. Allora si percepisce anche il soffio dello Spirito, e questo non vale qui come una volta per Nicodemo, che non si sapeva, ‘da dove venisse il vento con il suo fruscio’.

71. Irina dice più tardi: “Per lo spirituale sono ancora uno zero, ma certe cose le ho comprese. Vorrei solo chiedere volentieri il perché il Salvatore ha dovuto morire, per vincere la morte. Tutti gli uomini, prima e dopo di Lui, sono morti fino al giorno d’oggi. Che cosa significa questo vincere? Che non è avvenuto per Sé, mi illumina bene. Ma se Egli ha veramente eliminato la morte, perché gli uomini devono continuare a morire?”

72. “Non sei uno zero!”, Roberto abbraccia Irina. “Se uno non sa ancora tutto, non è un errore. Non è vero, Willmut?”

- “No, ragazzo mio. Irina è come te, non osa solo esternarsi. La sua domanda è molto importante. Su questa sono persino inciampati i prelati. E la faccenda non è del tutto facile.

73. Che per Gesù non valesse la morte del corpo, vi è noto. E la Sua resurrezione pubblica doveva essere solo un ‘immagine’ per via dei discepoli. Dopo la morte sulla Croce essi sono stati sovente scherniti: ‘Siete stati vittime di un mago!’. Il Salvatore non Si è mostrato ai farisei, perché sarebbero caduti nel Giudizio, nel secondo, simile alla seconda morte. Ma molti Lo hanno visto, soprattutto dei romani altolocati, in modo che non ci fosse da dubitare se la resurrezione era anche avvenuta, come lo dice la Bibbia:

74. Vedi, Irina”, Wanger si rivolge a lei, “il superamento della morte non valeva per il corpo. Il corpo esteriore doveva passare, che Dio aveva rivestito unicamente per noi e per il povero abisso. Per Se stesso era nullo, era solo un abito che si porta certamente, ma non è un organo del corpo.

75. Come già detto: non il Creatore ha assunto il Sacrificio. Tutto l’esteriore del Signore è servito semplicemente per gli uomini e per le anime! Per questi era superata, affinché tutti insieme imparassero a riconoscere l’interiore, per vincere se stesse. Qui vale la facciata animica e tutto ciò che resiste alla Luce.

76. Poi ogni anima trova il suo riposo, come si crede delle tombe, che i morti riposano in queste fino alla loro resurrezione, che non si vuol riconoscere e si spinge a grandissima lontananza. Ma riposare sotto le mani del Dio Creatore è il vero riposo, è la Fonte di vita della Luce, …per noi!”

77. Robderto ritorna a un discorso precedente. “Caro Willmut, hai spiegato alcune cose di quella prima figlia e me lo dovevi spiegare più tardi. Che la sua via è collegata con Dio come Figlio dell’Uomo mi è chiaro, anche due terzi di luce e un terzo di buio. Naturalmente, per certi è al contrario: due terzi notte, un terzo giorno. Che con il Golgota ‘l’Eterna Luce’ dell’Altissimo è aumentata, in questo mondo dove l’ingiustizia è diventata dominatrice, lo si deve credere, se si vuole ottenere la propria redenzione attraverso il Salvatore. 

78. Se si pensa a se stessi, a come sarebbe con il ritorno e il rimpatrio, allora ci si domanda: ‘Ne sono degno?’. Lo sono quale figlio? Se noi umani ci si è sollevati dissoluti senza riflettere quasi mai sui propri errori, in che modo si riesce a rimediare qualcosa, di più gli oscuri di meno i chiari per il ritorno nella Casa del Padre? Qualche volta lo sento come una nostalgia, come una chiamata, ma non lo posso spiegare, non so che cos’è”.

79. Il medico risponde: “Ogni uomo ha il sentimento, impiantato dall’Altissimo come una parte nella coscienza. Non esistono solo coscienze cattive, ci sono anche quelle calme. Nelle ultime si è risvegliato il sentimento. Spiriti di figli della Luce, come si chiamano quelli che sono rimasti fedeli con la caduta della figlia, si rendono conto del sentimento sulla via attraverso la materia. Anche se qualche volta più tardi, non è comunque nessuna perdita di Luce, perché il legame costruisce la barriera nell’ambiente.

80. Questi figli viandanti ritornano da soli a Casa. Loro sentono la chiamata di Dio: ‘Ritorna a Casa!’, con cui hanno terminato la loro via del co-aiuto attraverso la materia. Nell’aldilà c’è poi qualcosa da recuperare, ma si svolge tutto più rapidamente. Diversamente è con le povere anime, non importa su quale stazione di mondo vivono. Per loro vale l’altra Chiamata: ‘Ritorna!’. Allora non esiste nessuna difensiva, e un tale povero si tiene chiuso invano le sue orecchie, quelle della coscienza.

81. Le chiamate vengono pesate precisissimamente. E quando avviene, come avverrà per ultimo a quella prima figlia della Creazione, attraverso la Porta della Luce possono passare i più poveri, …come trovatelli in Patria. Allora su di loro si inarca il ‘Golgota dell’Altissimo’ anche come il Suo arco dell’Alleanza e della Grazia.

82. Ben immeritato, così giungono a quella parola di pentimento: ‘Voglio avviarmi e ritornare da mio padre’. Per noi vale anche finché la materia ci tiene catturati, ‘lo voglio io!’. Se poi segue l’azione, lo dimostra la parabola di Gesù (Luca 15,20). Il PADRE corre perché il figlio è ancora lontano. Una volontà del ritorno è il primo passo. Ma chi calcola quanti passi ha fatto prima, quando li ha percorsi uscendo dalla Casa del Padre, …nella lontananza?

83. Ognuno ha l’alta Grazia tramite la quale, se meritata, se conquistata a metà oppure no, il Padre gli va incontro! Questo non deve significare che in tal modo il male viene rimesso. Oh, no! Come esempio scegliamo l’assassino che oggi è stato aiutato da Pedro...”

- “Da te, Willmut”, corregge il ministro.

- “E va bene! Non è stato graziato, che sarebbe stato anche del tutto sbagliato. La clemenza per lui con riguarda l’esteriore della punizione; allora a molti assassini dovrebbe essere concessa una clemenza. E che cosa ne verrebbe poi fuori?!

84. Una clemenza si deve riferire all’interiore, e solo dov’è necessario per un tempo abbreviato, che renda il criminale saldo. Per Vilpart, come per pochi, era diverso. Lui stesso è arrivato al pentimento. Se il pentimento apre una porta del cuore, allora un po’ alla volta fluisce dentro anche la luce, e la clemenza si può mostrare apertamente”.

85. “Avete ancora una domanda?”

- Roberto guarda imbarazzato l’orologio. – Il padrone di casa annuisce: “Per me la notte è diventata per una volta il giorno”.

- Dice Juliane: “Magnificamente espresso! Abbiamo vissuto tutti come in una notte, animicamente; Willmut ci ha portato, attraverso la Bontà di Dio, in un giorno: il risveglio, la conoscenza. Ed io non sono stanca”. Si è d’accordo con lei.

86. Roberto chiede: “Willmut aveva parlato della tendenza allo splendore e il fatto che già i piccoli bambini tendono volentieri alle cose scintillanti, il che costringe lo spirito alla vita auto consapevole, per prendere possesso di ciò che gli occhi vedono. Ho chiesto come sarebbe con i nati ciechi, che non riescono a vedere”.

87. Wilmut risponde, “È evidente che i ciechi non si possono rallegrare nelle cose esteriori, ma per questo la maggior parte è interiormente molto matura e tende allo splendore del Cielo. Quindi significa meno l’esteriore che quasi esclusivamente la visione dello spirito. Un bambino cieco ascolta le voci e se ne orienta, che per questo è anche un toccare le cose”.

88. Juanita chiede: “Perché si predica del diavolo e della dannazione, e contemporaneamente della Bontà e dell’Amore di Dio?”

- “Me lo chiedo anch’io”. Wanger fa sentire un dolce sorriso: “Dato che la prima Chiesa che ha teso al potere del mondo, aveva bisogno di uomini ignoranti, li si dovevano spaventare. Li si trasferiva ad una eterna vita, senza badare all’errore: da una parte l’eterna morte, e in questa l’eterna pena. Se si è morti nel senso della Chiesa, allora non si può nemmeno sentire nulla. Però, se rimane l’eterna vitalità, allora si deve pensare alla Bontà di Dio, che dura pure eternamente.

89. Dato che Dio guidava tutto prima che avvenisse la caduta, ciò ci lascia riconoscere che nemmeno la Misericordia avrà mai una fine. Allora non può esistere nessuna eterna rovina, per non parlare del tutto della eterna morte. Che questa non esiste, lo ha rivelato il Signore attraverso il Suo veggente (Giovanni) verbalmente: ‘La morte e l’inferno sono stati gettati nello stagno di fuoco’. Questa è l’altra morte (Ap. 20,14).

90. Morte e inferno sono oggetti che per Dio non sono mai esistiti, per noi furono eliminati tramite il Golgota! Con ciò Dio ha dimostrato che la fossa della caduta, la lontananza da Dio, la sofferenza, tutto ciò che è risultato attraverso la caduta, non possedeva per Lui nessuna validità; soltanto, tutto il su e il giù, la lontananza e la vicinanza, sottostava alla Guida di Dio!

91. La materia deve essere eliminata, soprattutto il povero resto che si è formato nel nostro mondo come il peggiore posto di divertimento. Come ‘mondo-necessità-Croce’ è il punto più basso nel ‘Nadir della figlia caduta’. Perciò qui è venuto il Figlio dell’espiazione. Poiché, come Sadhana è venuta al ritorno e tende al rimpatrio, così anche l’ultimo punto di tutta la sua caduta. E questo è il mondo!

92. Siamo noi del mondo, eletti per questo, per possedere l’unica figliolanza di Dio? Oh, loro dall’alto appartengono comunque al Regno e sono i figli di Dio fin dall’inizio (Giobbe 2,1). I caduti di una volta lo devono dapprima diventare, sia di questo o di un altro mondo. L’Empireo è il Regno di Dio e l’infinitum ne è una parte. Se dunque è così, allora qualcuno mi deve dire, dove esiste per Dio un meno e un più nella Luce della Sua Grazia!”

93. Il fabbricante racconta: “Prima, alcuni opuscoli che mi mandavano, andavano sicuramente nel cestino; inoltre mi mancava il tempo di leggerli, soprattutto ‘assolutamente per la felicità. Ora vi ho guardato dentro, ma mi è sembrato troppo esagerato. ‘Solo da noi!’, ‘il Regno di Dio viene nel mondo, e noi – gli editori dei libretti – saremo con Lui i reggenti’. Che cosa se ne deve pensare?”

94. “Tanto quanto niente”, dice Wanger. “Le comunità, le scissioni di una Chiesa, hanno conservato il patrimonio mentale delle stesse, ne hanno aggiunto però poco di buoni cambiamenti, per pubblicizzare il ‘proprio patrimonio mentale’ come l’unico che rende beati. Ben indipendente da questo, di concedere loro di voler anche qualcosa di buono, è comunque da soppesare se ‘solo da noi’ c’è un bene oppure frutti marci. Sì, non da noi, ma unicamente ‘da Dio’ si trova la redenzione, la beatitudine e l’eterna Luce della vita!

95. L’uomo si riferisce troppo a se stesso e al suo mondo. L’affermazione dell’io somiglia ai fiori, sovente magnifici da vedere, ma a questi non seguono dei frutti. Il cosiddetto ‘fare per Dio’ non vale molto. Chi fa il bene secondo la Volontà di Dio, lo fa in silenzio, tacendo. Il che significa che non mette in primo piano il suo ego.

96. Questo ricade su coloro che sostengono che solo loro sarebbero eletti, solo da loro si troverebbe il puro pane di Dio. E quanto povero è tutto questo pensare ed atteggiarsi! Se pensassero che nulla è perfetto che unicamente la Bontà e la Misericordia di Dio, ma che viene assegnata a tutta la Creazione, riconoscerebbero la piccolezza del loro essere e rispetterebbero quella Parola che dice:

‘Chi crede di vedere, badi a non cadere!’

97. Oh, sì! – Chi crede, chi pensa così, è già caduto, non sta già più diritto, anche se non lo sa e perciò neanche lo nega. Chi pretende per sé ciò che spetta a DIO, per lui vale la Parola del Signore con quella aggiunta segreta: ‘...è già caduto!’ E che cosa spetta allora unicamente a Dio?

98. Io non ho formato un giudizio da ciò che ho sentito dire, ma ho ascoltato le comunità ed ho esaminato i loro scritti. Ma non penso da me di sapere tutto precisamente. Però, dove l’arroganza conduce lo scettro, si rivela da sé se i bei fiori della parola sono anche ‘frutti della parola’! Ciò che appartiene a DIO, ma lo porta sulle proprie labbra, indica se in un uomo regna la verità di Dio oppure lo smarrimento.

99. Chi si chiama santo oppure onnissanto, insegna la contraddizione, che solo Dio è santo! Se EGLI lo è, chi c’è allora che sarebbe ugualmente santo? Chi manca di assumere lui stesso la santità e il diritto di benedizione di Dio, mentre ogni uomo è comunque un peccatore, finché percorre il cammino attraverso la materia, si è smarrito. Solo Chi è senza peccato benedice: DIO! EGLI è l’Unico-vero Portatore della Sua santità e del Suo diritto di benedizione. Chi osa negarlo? 

100. Nemmeno come Salvatore in Lui non vi era attaccato nulla della sporcizia e del procedere della nostra umanità! Chi benedice, si è ostruito da sé la sua via nella Luce! Dio disse già a Mosè e ad Aaronne:

«Ma quando benedite»,

il che significa se lo volete già fare in generale,

«allora dite: ‘Il SIGNORE ti benedica!’»

101. Questo desiderio, venendo dall’amore, Dio lo adempirà nella Sua Sapienza e nel Suo Diritto. Di voi, amici, posso dire: voi non avete nessuna follia-brama dell’io. Questo vi ha reso preziosi per me. Rimanete spiritualmente sempre modesti, attenetevi stretti alle buone mani di Dio Padre e del Salvatore, allora non cadrete in nessuna fossa d’arroganza e vi riuscirà di più che a coloro che con molte grida e costrizione vogliono convertire il mondo.

102. Il mondo non ha bisogno di conversione, e la Terra di Dio è il campo della redenzione! Come terzo Elemento-Ur è una parte della santa Entità-Ur. Ciò che deve arrivare al ritorno, alla liberazione, sono unicamente gli uomini insieme alle povere anime e agli esseri una volta co-caduti, se non hanno già intrapreso la loro via del ritorno.

103. Apertamente e in segreto …oppure anche rinnegato, tutto ciò che appartiene al Cosmo-Creazione è proceduto da UR, prende là la sua via del ritorno. Anche se per alcuni dura anche molto a lungo, se la via del ritorno è colma di fatica, paura ed amarezza, …nulla finisce al di fuori della Divinità-UR, nulla rimane per sempre lontana dalla Sua Opera miracolosa! E questo, voi amici, ce lo ha donato ‘l’Eterna Luce!’

104. Marita alza la testa. “Zio Willmut, posso domandare ancora qualcosa?”. Lei guarda l’orologio sentendosi colpevole. Le due di notte! “Sarai stanco”.

- “Se si muove il nostro spirito”, risponde Wanger, “la carne non ha più nulla da dire”.

- “Strano!”, dice Marita stupita. “La mia domanda riguarda la stessa parola: «E la Parola si è fatta carne». Questo mi è incomprensibile. DIO è venuto sulla Terra e non solo la Sua Parola. Come potrebbe questa, essere anche umana?”

105. Wanger sorride. “Questo lo raggirano quasi tutti gli insegnanti della Chiesa; non la sanno interpretare. Ci si può allora aspettare dal comune cristiano di penetrare nella profondità dello spirito? Basta, Marita, non intendo voi. Gli insegnanti sanno solo dire che Dio ha mandato sulla Terra la Sua Parola come Suo Figlio, e il Salvatore sarebbe stato questa Parola.

106. Ciò è vero, ma somiglia al bordo del vaso che si porta solo fino alle labbra. Dio ha attinto dalla ricchezza dei pensieri della Sua santa Entità-Ur. Nessun Pensiero, il cui numero non afferrerete mai, è fuoriuscito senza che sia diventata PAROLA! Se lo era, allora la formazione della Parola non ricadeva assolutamente solo su un mandato, che era diventato per gli uomini il FIGLIO, ma ogni Opera rivelata, dalla più piccola zanzara fino al più grande Sole, …tutto è il ‘Pensiero-Parola’, dal quale si rivela la magnificenza dell’opera del Creatore.

107. Ritorniamo alla domanda di Marita. Quale Parola è intesa qui? Meno le parole della Bibbia, ma quelle dal tempo della Creazione, prima che un figlio venisse alla vita dalla Potenza di Dio! Si chiama Dio l’Onni-Sapiente e lo si interpreta in quanto Egli sa tutto di noi. Naturalmente anche questo! Tuttavia l’Onnisapienza è pure così infinita, senza inizio, permanendo, senza fine, quanto lo è Dio stesso come UR! Secondo questo, Egli deve anche – ed ha! – previsto il decorso e lo sviluppo delle Sue Opere, che non significa che valeva l’immutabile. Al contrario!

108. Il Creatore ha posto tutto su due piedi, così come ho potuto insegnare questo: sulla Condizione-UR come Legge fondamentale, e sulla libero arbitrio come esperienza di vita dei Suoi figli. Allo stesso modo Egli ha posto sul piano l’immutabile come ‘struttura delle Sue Opere’, e in essa la possibilità del cambiamento, che era prevista, ma non predeterminata! Solo all’interno dell’alta Legge di base potevano risultare cambiamenti, che erano stati concessi unicamente alle creature-figli.

109. In questa circostanza, sorse accanto ad innumerevoli Parole quell’una ‘la struttura’, il: «Sia fatto!», in cui c’era l’espressione della Sua irremovibile Condizione-Ur, il ‘Mandato da se stesso’, se dalla seconda Legge, il libero arbitrio, fosse risultata una violazione:

“Io voglio!” = «Sia fatto!»

110. ‘Nulla deve sporgere al di sopra dei Miei Confini di Creatore, né essere al di fuori delle Mie Opere!’. Questa condizione-UR nessun figlio la può raggirare, né sollevare i suoi cardini! Proprio in questo sta la rivelazione che quella Parola era diventata ‘Carne’, AZIONE: la redenzione!

111. Nessuno conosce le parole di Dio del divenire delle Sue Opere. Ma Egli disse: ‘Cercate nella Scrittura!’. Egli intendeva la Sua Parola segreta che si lascia percepire nello spirito, che significherebbe: ‘Una Parola, una particolare, dev’essere formata quando una creatura-figlio vuole mettere il libero arbitrio al di sopra della Condizione.

112. Quindi farò della Parola particolare un ‘Figlio’, che Io poso nella posizione della creatura-Figlio’. Intreccio: sulla posizione dell’uomo, nella carne, come l’abbiamo ricevuta per la nostra via terrena. Si aggiunga ancora: ‘Io, Dio, perché nessuno sta al di sopra di Me, Mi reco in questo Figlio, perché in questo modo viene purificato lo smarrimento, …per gli smarriti!’. Io, il Creatore di tutte le cose viventi, non Mi devo appoggiare su un ‘posso’, su un ‘devo’; Mi rimane sempre proprio quel:

“Io voglio!” = «Sia fatto!»

113. Quindi quest’unicaa Parola divenne ‘Figlio’, per l’unica ‘figlia’ e per il suo seguito; da ciò anche per noi, che abbiamo bisogno della riconciliazione. Perciò la ‘carne’ significa: Azione diventata Parola! – «Ed ha abitato fra noi». È stato vicino a tutti gli uomini, non importa in quale tempo sono vissuti o vivranno. Non si ha bisogno di cercare la redenzione, se la si vuole soltanto trovare!

114. Ma allora: «E noi abbiamo visto la Sua Magnificenza!» qui si ha di nuovo bisogno di uno sguardo profondo. Infatti, ‘come un Uomo’, così ha camminato la Parola di Dio in questo mondo. Ma dove c’era da vedere una Magnificenza? Si trattava di ciò: ‘noi vedemmo’ non il mondo intorno, soprattutto i miracoli venivano solo troppo presto dimenticati. I farisei dicevano appunto a Lui: ‘Che cosa fai Tu di straordinario? I nostri padri hanno mangiato la manna...’

115. ‘Noi della Luce, dimorando presso il Signore, ed un paio di uomini come lo era uno, Giovanni, abbiamo visto la Sua Magnificenza; noi sappiamo che EGLI è!’. Ma anche altri uomini, una volta, in seguito e  oggi, si possono porre in questo ‘noi’. Una volta: Abramo, Mosè, Isa-i ed altri; al Suo tempo i discepoli e coloro che seguivano credenti il Salvatore.

116. Oggi: noi che sappiamo leggere nella Sua Parola quanto di magnificenza, i dati di fatto di Dio sono chiamati solo come simbolo di ‘Carne’, perché deduciamo troppo dall’esteriore e di rado dall’interiore, meno ancora vogliamo comprendere l’esteriore dall’interiore.

117. Noi amici, vogliamo conservare sempre ‘L’eterna Luce del Signore Altissimo’, come il più prezioso, il Quale può diventare nostro proprio. Noi stiamo nel Suo dato di fatto fin da sempre! Siamo adagiati nelle Sue eternità, nella Sua luce e nella Sua pace. Per questo al Salvatore sia portato ringraziamento e gloria, lode e onore”.

118. Ora ascoltano! Non è ora un fine tintinnare? Non è un segreto Respiro, simile al suono di una Parola, un ‘AMEN’? Non è passato qualcosa su tutti come una Mano che dona clemenza, bontà, grazia e comprensione?

- Persino la servitù nella camera accanto ‘lo’ ha percepito e si è allontanata piano. Ognuno ha guardato l’altro interrogando, e nessuno ha saputo dare una risposta.

- Solo il servitore cameriere mormora: “C’era qualcosa che procedeva dal dottor Wanger, su di lui. Devono esistere gli angeli. Mondanamente non lo si può spiegare, era…”. Non ha potuto andare oltre. Si è prefissato di chiedere alla signora se è stato uno smarrimento, provenendo dalle parole di Wanger, oppure se…

119. E gli amici? Essi, spintisi vicini a DIO, hanno percepito: ‘Ci ha toccato qualcosa di Celeste! Un AMEN, il magnifico tintinnare, come un dolce eco di musica dalle sfere e, …c’era Qualcuno!’. Stanno seduti in silenzio, immersi per un lungo tempo. L’Atma di Grazia di Dio passa su loro, colpisce le loro anime, benedice il loro spirito ed alza in alto i cuori, da dove è venuto il suono delle sfere.

120. Anche Wanger ha chinato il suo capo. Quante rivelazioni ha già ricevuto, segrete e anche aperte, ma non è mai stata così forte come adesso. Lui attribuisce la parte principale agli amici. I loro cuori erano vasi aperti, e così il Signore si è rivelato nel Suo magnifico modo, che ogni volta è il più alto, più vicino come Grazia all’uomo, …quando lo vuole afferrare. Gli amici l’hanno afferrato e… ‘Oh, grazie, giubilo, gloria e adorazione a Te, santo Padre-UR, portato nella semplicità del mio cuore.

121. Allora si sente sollevato dalla poltrona. E’ Beocana che lo abbraccia, grosse lacrime negli occhi. Viene circondato, non così che gli debba valere l’onore; il pensiero di tutti è la fiamma: ‘Tu ci hai elevati a DIO, aiutaci, affinché possiamo rimanere in alto’.

- Facilmente il medico, il missionario, l’aiutante, veggente ed ancora molto altro, comprende la nostalgia dei suoi amici. E in questa notte, che già annuncia la soave aurora, è un’ultima cara parola che si sente dalla sua bocca.

122. Lui dice: “DIO ci ha sollevato a Sé. EGLI era qui! Non avevamo bisogno di vederLo con i nostri occhi, per credere che EGLI ha pronunciato il Suo AMEN. Non solo a ciò che io ho voluto ancora annunciare, questo sta al secondo posto; al primo sta che ci siamo dati uniti alla Sua guida, nessuno di più, nessuno di meno! Unicamente nell’unione, così abbiamo raggiunto il gradino del Cielo sul quale potevamo vedere nella contemplazione interiore, DIO, e udire la Sua Parola.

123. Nulla vi separa più dall’Amore di Dio che illumina la nostra piccola via del dovere nel mondo, quando ci minacciano i pericoli. Ma i pericoli animici sono i più gravi. Pedro ed anche Alfons stanno nella vita pubblica, dove non risulta sempre la via liscia. Ma voi conoscete la Parola: ‘per aspera ad astra’! Su vie rudi, su nella Luce! Conservate sempre saldamente nel cuore, ed io so che Dio ci dona un arrivederci!”

124. “Lo dico dal più profondo del cuore: ‘Sia ringraziato Iddio!’.” – Pedro, il ministro, lo ha esclamato. Con una silenziosa stretta di mano ci si divide. Davanti a ciascuno ognuno rimane ‘l’AMEN’, e all’indicazione ‘per aspera ad astra’, per sempre:

‘L’eterna Luce!’

 

[inizio]

 

 

 

 

INDICE

 

Cap. 1       Un incontro casuale - Un aiuto inatteso

Cap. 2       Il sequestro è progettato - Lo straniero lo manda in fumo

Cap. 3       In casa dell’industriale si comincia a conoscere il medico-prete

Cap. 4       Alla fabbrica, un po’ di convenevoli, e i fatti sono esposti

Cap. 5       Il risveglio, il recupero - La cena anche con Marita - Una proposta viene accettata - Dai Mescaru un'altra piccola vittoria

Cap. 6       Dal sig. Pretore per una lavata di capo - I Mescaru riaprono gli occhi

Cap. 7       I mughetti - Una cena ricca di insegnamenti

Cap. 8       Il Mescaru in fabbrica - Il contratto - Wanger da Mestosani

Cap. 9       Uno strano viaggio per una visita promessa - Un vecchio debito da ripagare

Cap. 10      La visita dei ministro - Si scopre l’ingiustizia - Mestosani alle strette

Cap. 11      La grande cena all’hotel - Il ministro va dai Mescaru - Il pranzo coi Beocana

Cap. 12      Alla villa dei Becana la cena con il medico-sacerdote

Cap. 13      La partenza - Primi ausili nella missione africana - La prima benedizione

Cap. 14      Pronta la pista, viene benedetta - Arrivano due aerei - Sventato un attacco - Domande e risposte

Cap. 15      Una grande predica per quei pochi

Cap. 16      Juanita in visita da Vilpart - Il direttore a cena - In Africa i preparativi per la partenza

Cap. 17     L’ultima sera, l’ultima predica - La partenza

Cap. 18     Vilpart rilasciato va in Africa - Il perdono - Una piccola prova ha il suo grave costo

Cap. 19     Roberto torna a casa - Un caro ricordo - Il matrimonio doppio, con Wilmut

Cap. 20     In fabbrica, un esperimento riesce – Dal prefetto un criminale viene messo alla prova

Cap. 21     L’ultima sera i Beocana, i Cruzziano, Irina ed Ernestino riuniti all’ascolto della Parola da Wilmut

 

 

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[1] Questa è una frase presa quale ‘massima‘ di tutte le comunità religiose nate dal luteranesimo, e cioè che basta la fede per avere la salvezza, ovvero la remissione dei peccati.

[2]I defunti da tempo‘: cioè tutti coloro che sono passati sulla Terra da Adamo a Gesù (Ebrei 9,15 e Romani 3,25), tramite l’Atto del Sacrificio della croce furono riscattati, non quelli seguenti fino al giorno d’oggi, che devono acquisire la redenzione per merito. (vedi spiegazioni date tramite Franz Schumi nel testo “La Giustificazione” cap. 4)

[3] Sull‘Ascensione del Signore c’è una specifica rivelazione del 1934 a Max Seltmann (L’Ascensione – libro 13)

[4] Qui c’è un errore di Wilmut, il villaggio era Sicàr (Sichar), [Gv. 4,5]. (vedi anche la rivelazione a Jakob Lorber GVG vol. 1 – cap. 25,10)

[5] Questo riferito ai numerosi mistici che dal 1840 hanno potuto scrivere molto di ciò che è stato rivelato loro dall’Alto.

[6] Mene, mene, tekel U-pharsin: Una scritta su un muro alla corte del re Bel-Sazar fatta in modo soprannaturale da una mano invisibile per imporgli n limite. (vedi Daniele 5,25 – “Babilonia tu grande” cap. 12)