- Rivelazione –

(Dettato ad Anita Wolf nel 1975/1976)

(Rif. Cap.10): ”Dove vai tu, voglio andarci anch’io…”

Chi non conosce la meravigliosa storia di Ruth e Naemi? Ruth, la madre della stirpe di Davide, dal cui ramo germogliò il nostro Salvatore. In questa splendida Rivelazione è portata vicina a noi la storia di vita di una donna pronta al sacrificio, e del retroscena spirituale delle sue azioni per un tempo avvenire.

 

 

Ruth

la moabita

 

ruth

(1150 a.C.)

 

La Fonte di Dio

Ah, rimani con la Tua Grazia nascosta nel profondo,

là giace una Fonte così pura,

mi sembra come se esclamasse: “Chi ha sete, entri!”

È l’Amore di Dio, vuol rallegrare anche te,

quando la tua anima è buia e non sa cosa fare!

Una fonte scorre per sempre, non riesci a svuotarla,

per quanto se ne possa ricevere, molto più ce ne sarà.

Perciò corri al tuo posto, confida solo in Dio

e in questa Fonte, getta ogni tuo dolore!

                 J. K.

 

 

Riassuntino sul testo “Rut” (di S. Cavalletti – ed. Paoline)

Il testo biblico - Rut

 

 

 

INDICE

Cap. 1

Gli emigranti - Una città li accoglie

Cap. 2

La promessa, e sei anni di tempo di attesa

Cap. 3

Scoppia la peste - L’amore di Naemi per i nemici

Cap. 4

Un buon consiglio - Di ritorno in patria - L’insegnamento della Luce

Cap. 5

Avidi doganieri - Un giovane aiuta

Cap. 6

L’arrivo in Betlemme – Il buon insegnamento consola, ma la casa è tutta diroccata

Cap. 7

La faccenda del giudice cattivo - Un omicidio viene chiarito – La Luce rivolta un giudizio umano

Cap. 8

Ulteriori Parole celesti - Fratelli o servitori? - Si può aiutare Dio? - Una parola su Michea 5,1

Cap. 9

Naemi e la sua dedizione a Dio - La dualità in una sola Luce - Conoscenza e certezze

Cap. 10

La raccoglitrice di spighe - Il pasto del raccolto – La parola di Ruth: ‘Dove vai tu …’

Cap. 11

Arriva l’erede - Il suo agire buono e nobile

Cap. 12

Isremia e il principe della Giudea - L’assemblea degli anziani

Cap. 13

La cara figlia di Dio - Buone conoscenze e un cattivo incontro a Michmas - L’aiuto dall’estero

Cap. 14

Il Consiglio dei principi - La migliore intesa

Cap. 15

L’opposizione del principe di Benjamin – La lunga attesa di Boas – Buone prospettive per il futuro - La Grotta di Melchisedec

Cap. 16

Anche i sacerdoti devono re-imparare – Un allarme tramite un commerciante siriano

Cap. 17

Isremia in Antiocchia - Pesante giudizio che aiuta

Cap. 18

Matrimonio in Betlemme - Un viaggio a Ar-Moab

Cap. 19

Lieto ritorno - Tutti gli uomini sono figli di Dio – Corusja mette a nudo la sua coscienza – L’insegnamento di Laban – La parola dell’angelo

Cap. 20

Corusja prossimo alla fede - Dio si rivela nella Grotta di Betlemme

Cap. 21

Sì, era Dio! - La santa Notte - Un viaggio a Silo all’Arca dell’Alleanza - Il sogno di Jorah

Cap. 22

Sul Golgota un’ulteriore rivelazione sulla Natività, sul Sacrificio, sulla redenzione dei caduti

 

 

 

PERSONAGGI

 

Il giovane              angelo-guida Tullay (già Deguel un principe anziano sulla Terra al tempo di Mosè)

Adonikam             sacerdote in Gerusalemme

Anacaria                sacerdote capo in Gerusalemme

Askamar                principe in Manasse

Ben Masa-Lubias  un commerciante egiziano in Antiochia di origine israelita, figlio di Gureano

Beraba                   giudice in Israele

Boas                      giovane contadino in Betlemme, figlio di Kemali

Chilijon                  figlio minore di Elimelech e Naemi

Corusja                  re della città in Ar-Moab

Demach                 principe in Ruben

Ebolo                     anziano in Jesreel

Elimelech               contadino in Betlemme, marito di Naemi

Ethaman                2° anziano israelita in Antiocchia

Euphorinas            superiore in Antiocchia

Foadar                   principe in Neftali

Giosamath             principe in Gad

Gureano                 1° israelita in Antiocchia

Haakeron               un commerciante di Ethal assassinato

Hamato                  maestro mietitore in Betlemme

Hanea                    madre di Boas

Heleana                 moglie di Isremia

Herias                    anziano di Gerusalemme

Isremia                   possidente in Betlemme, nipote di Kemali

Isremia-Fardachai Padre (deceduto) di Isremia

Jorah                      sacerdote in Silo

Jashu                      sacerdote in Gerusalemme, scrivano, celibe

Kemali                   padre di Boas, marito di Hanea (deceduto)

Kenias                   anziano di Lais-Dan

Laban                    il superiore nel Consiglio degli anziani di Gerusalemme

Mahlon                  figlio maggiore di Elimelech e Naemi

Masa                      commerciante egiziano in Antiochia, padre di Ben Masa-Lubias

Naemi                    moglie di Elimelech

Nafeot                   albergatore in Ruben

Orpa                      figlia di Corusja

Pereztha                 principe in Giudea

Pisador                  sacerdote in Gerusalemme

Ruth                      figlia di Corusja

Sadmach                anziano di Samaria

Selemech               il più anziano di Gerusalemme

Sinehas                  il più anziano di Emmaus

Thokar                   medico, scrivano, guardiano in Ar-Moab

un Albergatore e la moglie

un Doganiere

 

Luoghi citati

Ar-Moab / Atheroth / Benjamin / Damasco / Ethal / Fonte di Giacobbe / Gad / Giordano / Giudea / Hebron / Horeb / Kit-Moab / Isaschar / Israele / Ijon / Jesreeler / Laghetto di Betesda / Lais / Manasse / Michmas / Moab / Neftali / Ruben / Sidone / Silo

 

 

 

Prefazione

 

Perché ci viene rivelata questa storia? Essa fa parte della Bibbia, perciò è un tassello della storia di Dio e dei Suoi figli incarnati che hanno servito la Luce. Duemila anni fa era sufficiente il raccontino affinché restasse traccia della guida del popolo eletto e di coloro che hanno fatto la storia, ma ora che l’umanità è cresciuta nella sua consapevolezza e spiritualità, è il tempo delle rivelazioni adatte a questa crescita, perciò è anche il tempo di capire nella sua profondità spirituale la verità della storia e la realtà dei fatti come realmente accaddero, affinché resti marcata la fede nell’unico Dio, di quanti si sono incarnati per servire nel co-aiuto, così come lo è sempre stato da parte dei figli fedeli.

 Amici della Nuova Luce

 

 

 

 

Cap. 1

Gli emigranti – Una città li accoglie

1. Un sospiro di sollievo di un uomo che è emigrato con sua moglie e due figli. Tre carri di buoi sollevano una densa nube di polvere. Da due giorni questa piccola carovana ha passato il confine e cerca una sosta presso un pozzo, vicino alla strada. I buoi vengono slegati, presso il pozzo c’è dell’erba e un paio di palme che proprio adesso portano dei frutti maturi.

2. L’uomo lega i suoi animali, non devono scappare. Il figlio più grande si arrampica su una palma e coglie dei datteri succosi. “Bene, ragazzo mio”, dice la donna, “accendi un fuoco, voglio preparare un pasto. Le palme danno ombra, l’acqua è così deliziosamente fresca”. Dal carro prende due pentole rivolgendosi a suo marito, un po’ timorosa:

3. “Come ci andrà in Moab, Elimelech?”.

- “È da vedere, Naemi. Siamo certamente affamati, il periodo costoso in Israele è stato difficile, ma non siamo di peso a nessuno. L’importante è trovare casa”.

- “Come, in Betlemme?”, esclama Chilijon, il più giovane di ventidue anni. L’altro, Mahlon, ne ha ventiquattro. Entrambi sembrano robusti, ma sono malati, ma non si sa di cosa. Gli anni passati sono stati troppo difficili.

4. “Vedremo”. Il padre non è molto fiducioso. Per via degli animali, riposano tutti ancora un’ora. La meta è Ar-Moab di cui si è sentito che sia una buona città e ci sarebbero delle possibilità di insediarsi, almeno transitoriamente. Ma ci vogliono ancora due giorni per arrivare a questa meta. I poveri buoi sono già molto magri per via del periodo di carestia. Solo strada facendo hanno trovato più sovente abbastanza foraggio.

5. Scende la sera allorquando gli emigranti arrivano al muro di cinta un po’ basso di Ar-Moab e bussano ad uno dei portoni già chiusi. Non devono aspettare troppo, fin quando dall’interno cadono i chiavistelli. Un uomo tarchiato, armato, sta all’interno. Non particolarmente gentile, ma nemmeno sgarbato, chiede che cosa vogliono i forestieri.

6. “Chiediamo un domicilio”.

- “Per quanto tempo?”.

- “Non lo sappiamo ancora”, risponde Elimelech. “Portaci dall’anziano della città”.

- Il guardiano controlla i carri e domina la malavoglia che era salita in lui. “Venite!”. Afferra la prima coppia di buoi al giogo sinistro, li conduce nel vicolo e chiude il portone. Poi precede e porta gli emigranti su una piazza libera, che qui serve contemporaneamente da bazar.

7. “Mettete qui le vostre tende”, dice generoso. “Forse…”, rivolto ad Elimelech, “…devi ancora oggi andare dal re”.

- “Ti ringraziamo”. Elimelech dà all’uomo una moneta di Damasco. Lui l’intasca senza guardare. Che non ha ricevuto nulla di scarso, lo dimostra il tipo di controllo. Metterà una parola per i forestieri; l’anziano della città è in sé ben severo.

*

8. “Hai lasciato entrare dei forestieri di notte nella nostra città? Ma sei matto?”. Corusja, il vigoroso, va su e giù arrabbiato.

- “Non vuol dire molto, perché i loro carri erano ben colmi. Viene troppo popolo mendicante forestiero dal paese del Giordano! Se là hanno rincari, che ne possiamo noi? Io ho provveduto che nessuno debba soffrire la fame. Posso nutrire i forestieri senza togliere il pane al nostro popolo? Prima i nostri”.

9. “Loro hanno tutt’altro aspetto”, osa rispondere il guardiano.

- “Lasciali riposare per la notte nelle loro tende, anche per via degli animali esausti. Domani mattina guardali da te, la gente, intendo, non i buoi. Allora puoi ancor sempre far aprire un portone per loro verso l’esterno. Possano accamparsi per una notte! Ma guarda sovente se di notte strisciano intorno. Se è così, allora subito fuori con loro!”.

10. Il guardiano annuisce e se ne va. Di tanto in tanto va intorno al piccolo accampamento. Soltanto, tutto rimane tranquillo, la gente dorme. Così arriva un nuovo giorno che per gli israeliti si debba mostrare per il destino, dapprima per bene.

11. Il soffio fresco mattutino penetra attraverso l’apertura nella tenda. Anche la città si sveglia. Sono ancora singole figure che passano dai vicoli, ma non infastidiscono i forestieri. Una porta si apre nella casa del superiore ed esce un servo. Il suo sguardo gira intorno cercando. Nota le tende. Ah, i forestieri! Il suo padrone vorrebbe sbrigare svelto ‘questa faccenda’. Preferibilmente con l’ordine: ‘Andate via!’

12. Il messaggero chiama nella tenda: “Ehi, chi di voi è il responsabile? Il nostro anziano vi ordina di venire. Tutti!”.

- Elimelech esce dignitoso. “Vengo”, dice calmo, “mia moglie e il nostro figlio più grande; il più giovane rimane coi nostri averi. Se il tuo padrone lo vuole vedere ugualente, allora verrà dopo”.

- “Come vuoi”. Il messaggero precede.

13. Si stanno di fronte, il ‘re della città’ di Ar-Moab e gli emigranti di Israele. Hm, non è un popolo malvagio. “Chi sei? Dì la verità! Allora si decide se potete rimanere oppure se dovete andarvene! Una cosa hai da considerare…”, tocca il petto di Elimelech, “…da due anni molta gente viene qui dall’ovest, perché là il rincaro vortica il suo scettro. Tutti bussano alla nostra porta.

14. In Kit-Moab, la capitale e in altri luoghi, facciamo così: alcuni pochi possono rimanere, dagli altri ci aspettiamo che non siano di peso”. ‘Gli altri…’, pensa amaramente Elimelech, ‘…che sono ricchi e famosi e …’.

- Il re interrompe il pensiero: “Allora: chi sei?”.

- “Sentirai la verità”, risponde Elimelech di nuovo calmo, com’è sempre stato il suo modo. “Ho con me i rotoli della famiglia e li devi vedere”.

15. Trae dalla tasca del mantello tre rotoli. Apre il primo. “Io sono Elimelech, un beniamita del popolo degli israeliti. Mio padre era nativo di Benjamin, a casa in Betlemme. E’ morto tre anni fa e mia madre lo ha seguito presto. Possediamo un grande terreno; qui il terzo rotolo. Questo rimane nostro. Il più presto possibile torniamo indietro. A causa del rincaro e molta alta miseria i nostri servi se ne sono andati via e così non ci è rimasto altro che lasciare la patria in anticipo”. Il vero motivo viene ancora taciuto.

16. “Mia madre era siriana, di buona famiglia, di Damasco. Ora hai preso visione della stirpe della famiglia”.

- Il moabita esamina precisamente e tende la mano al secondo rotolo. Allora Naemi viene al tavolo sul quale sono i rotoli.

- ‘Come? Una donna va così verso il più anziano in servizio?’ Corusja solleva le sopraciglia, ma gli succede come al guardiano. La donna ha occhi chiaramente splendenti, dominanti. ‘Ebbene, che stia, lui parlerà solo con l’uomo!’

- Come se Naemi potesse leggere i pensieri, sorride e si siede di nuovo al posto offertole.

17. “Mia moglie”, dice nel frattempo Elimelech, “lei viene da Ijon, dove si mescolano i popoli. Suo padre è di Neftali, la madre di Sidone”.

- “Un miscuglio ben mescolato”, intona schernendo.

- Elimelech contraddice: “Suo padre e mio padre erano israeliti, e un sangue un po’ diverso in una stirpe rigida è ben adeguato. Una stirpe che attinge solo da sé, come sangue intendo, presto si rovina”.

18. “Ah, è così?”, Corusja è sorpreso. “Volete diventare moabiti?”.

- “No, solo se le leggi del paese lo esigono, e poi anche solo nel tempo finché - ringraziandovi - possiamo godere dell’ospitalità. Mi aiuti a trovare un terreno? Vogliamo provvedere a noi stessi e non deve nemmeno essere a tuo danno”.

19. “Ho un terreno sul quale crescono comunque solo spine e cardi e ci sono molti sassi. Sarei contento se lo voleste coltivare, e non ne prendo nulla. Quando tornate di nuovo in patria, il terreno deve poi essere lasciato a me, gratuitamente, così com’è dopo”.

- “Va bene!”, Elimelech è d’accordo. “Con dei sassi ci costruiamo una casa, e come il tutto si trova, cosi rimane tua proprietà!”.

- Viene fatto il patto. Corusja va con Elimelech davanti alla città e gli mostra la zona. E’ un grande campo che è circondato da cespugli.

20. “Ti posso dare un muratore”.

- “Molte grazie, anziano consigliere!”

- Ritornano nella città ed Elimelech dai suoi. Viene soverchiato con molte domande. Lui sorride dolcemente. In contrasto all’atteggiamento rigido nella famiglia, non solo in Israele, lui ama quando la moglie e anche i figli parlano con lui. Hanno una buona vita in famiglia.

21. “A quale domanda devo dare il privilegio?”.

- “Alla mia”, decide Chilijon, e fulmina suo fratello più grande. Non lo osa con la madre. Mahlon è proprio come suo padre, e lui ama il più giovane anche se hanno la differenza di soli due anni d’età.

- “Di nuovo il primo”.

- “Lo vedo”, dice Naemi, “ ma io stessa sono curiosa di sapere come sono andate le cose”.

22. Elimelech si siede. “Avete già mangiato?”, chiede dapprima.

- “Sì, padre”, conferma Mahlon, “tutto in ordine”.

- “Molto bene”, loda l’uomo. “Dunque, con Corusja, come si chiama il re della città, abbiamo fatto il miglior accordo, molto più rapidamente di come speravo io stesso e non osavo pensare.

23. Davanti alle mura c’è un terreno, ne vengono fuori molti campi. Ci vuole molta fatica per procurare ancora qualcosa fino al tempo del raccolto. Abbiamo abbastanza pietre e un muratore. Quindi otteniamo la casa di Chilijon. I campi sono da lavorare subito.

24. Seminiamo frumento, miglio e fagioli. La quarta parte rimane per gli animali. Il re della città, come Corusja si fa chiamare – è consigliabile rivolgersi a lui con il suo titolo – ci dà gratuitamente il suo terreno. Quando andiamo di nuovo via”, Elimelech non sospetta, come sarà, “rimangono a lui il terreno e i campi. Non dobbiamo mettere nulla in conto. Ricordatelo, nel caso…”.

25. Naemi batte le mani sulla Terra. “Che ti viene in mente? Nessuno di noi deve riposare in terra straniera!”.

- “Lo penso anch’io”, dice seriamente Elimelech, “tuttavia, …chi lo sa prima, quando suona la sua ultima ora? Qualcuno se ne accorge quando le membra diventano rigide, gli occhi stanchi. Ma, …prima?

26. Dio lo ha disposto saggiamente che l’uomo non possa calcolare l’ultima ora sulla Terra. Solo chi si suicida se la pone, ma la maggior parte non è in grado di pensare chiaramente. Quindi nemmeno a loro ‘l’ultimo tempo’ entra realmente nel sentimento. Bene, lasciamo stare questo.

27. La domanda, cara moglie, che cosa dobbiamo sacrificare di ciò che abbiamo portato, è chiarita, mentre questo, il campo, l’abbiamo ottenuto gratuitamente. Certo, se fertilizziamo il terreno con diligenza e sudore, il più anziano avrà un giorno un buon campo. Ora la domanda di Mahlon, il cui senso era buono. Non diventiamo moabiti, per il ritorno, questo, più tardi ci sarà di benedizione.

28. Gli ultimi ‘giudici’[1] sono stati inflessibili quando qualcuno tornava dall’estero e per costrizione era diventato uno straniero. Non si è lasciato valere chi lo faceva per preoccupazione per i suoi. Ci manca un Mosè, un Giosuè, i primi buoni giudici che pensavano al bene del popolo… Si bada troppo alla propria veste!

29. A questo si aggiunge il desiderio dei fuorviati [1° Sam. cap. 8]: ‘Vogliamo un re!’. Bene! Un regime concentrato può essere di utilità per ogni popolo; ma dei dominatori insediati vivono in modo dispendioso, mentre i nostri giudici possono solo agitare le loro mani. Reggenti o re, vivono solo del popolo che deve sacrificare il proprio lavoro; da ciò si deve vestire e nutrire un re. Oh, chi ci pensa? Sabbia negli occhi e, …si diventa ciechi”.

30. “Anch’io ho riflettuto su questo”, si fa sentire Naemi. Lei non percorre ciecamente una via raccomandata. “Kemali, che è rimasto in Betlemme con suo figlio Boas e bada al nostro possesso, mi aveva avvertito che dovremmo tenere aperti i nostri occhi quando raccoglieranno i voti. Te lo dovevo dire. Dato che siamo partiti così in fretta, l’ho dimenticato”.

31. “Questo può avere vie lunghe”, riflette Elimelech. “La Giudea avrà il re ancor prima che pensiamo. E questo, sarà il naufragio del popolo!”.

- Naemi e i figli se ne stupiscono. Lui non ha mai avuto una visione; non è un profeta! Come gli viene così all’improvviso? Lei rabbrividisce, come se fosse entrato un mostro che ora pretende il ‘tributo’, per la Grazia del profetato, da lui!

32. Intanto Elimelech continua a parlare: “Noi abbiamo un Re, DIO ZEBAOT, che serviva i padri, che ha ridato il luogo al popolo che era proprio di Abramo. Se EGLI è ora il nostro Re, per che cosa ne abbiamo bisogno poi di uno terreno che non ci può rendere beati? Lo vediamo tutt’intorno con i pagani come si atteggiano. La Giudea cadrebbe in un giogo che può essere spezzato solo con il suo naufragio!

33. Ma se ci conserviamo l’unico vero Re, il Dominatore del Firmamento, del clima, vento e onde, del Sole, Luna e Stelle al Quale hanno da obbedire, ah, …per che cosa abbiamo bisogno di perituri, quando possediamo l’ETERNO? Meglio che apparteniamo a LUI! Meglio essere in eterno Sua Proprietà!”

34. Elimelech viene inondato dall’estasi che nasce dalla ‘Luce’. Il suo sguardo va lontano, fisso su un punto dal quale attinge la Verità di Dio. “Possono passare mille anni, ma con i re del mondo il nostro popolo va perduto! Da parte tua…”, mette la mano sul capo di Chilijon, “…verrà un grande re (Davide). Ma tu, ragazzo mio, sei libero da qualunque colpa, perché Israele si scava da sé la fossa.

35. Il quarto dalla fila (la quarta generazione: Davide!) diventerà il secondo re e sarà solo come se tutto fosse splendore e magnificenza. Ma come ogni uomo, dovrà lasciare il mondo, il corpo cade nella Terra, l’anima va nell’aldilà, quindi potere e splendore del mondano impallidiranno e passeranno. Nulla rimarrà un giorno, che solo caos e naufragio per ogni popolo secondo il suo genere: per il mondo e per la materia, secondo il suo genere!”.

36. Elimelech sprofonda sulla sua sedia. E’ come se si risvegliasse da un sogno e sente comunque che cosa aveva da dire. In lui ogni parola è sveglia, ma deve comunque sondarne il senso, se si è dato completamente alla ‘voce di Dio’. Annuisce per sé alcune volte. Sì, è libero da qualcosa di suo, ha potuto portare la Rivelazione. Mentre abbraccia Chilijon, aggiunge:

37. “Non essere oppresso! Non tu stesso sarai il portatore del corpo di un re. Una donna, eletta in Moab e tua per un certo tempo…”, che ciò verrà misurato brevemente, Elimelech stesso non lo deve sapere, “…sarà la base di un trono. Perciò voi, miei cari, siete liberi! Solo dalla tua anima per via dell’amore si aggiungerà un raggio su quella fedele donna. E tu, Naemi, sentirai su di te la sua fedeltà”.

38. Come sorto così all’improvviso, così all’improvviso si spegne la Luce del Cielo come PAROLA. Elimelech non sa dire altro, e il tutto rimane un frammento per la famiglia. Solo molto più tardi Naemi se ne ricorderà e giungerà ad una visione che le farà completare l’inizio dell’immagine.

 

 

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Cap. 2

La promessa, e sei anni di tempo di attesa

1. Due anni più tardi. Ci si è appoggiati al modo dei moabiti senza rinunciare alla propria convinzione di fede nell’unico Dio, nella Sua Guida. Al contrario, era stato sparso qualche seme, accettato da qualche pagano. Il loro antico uso era ben radicato profondamente nell’animo e non è del tutto da estirpare; ma Elimelech e Naemi, che sono rispettati, hanno distrutto qualche proliferazione. Così il rapporto si è fatto buono, ed altri israeliti che sono arrivati dopo, han potuto pure insediarsi.

2. Corusja è vedovo. Ha due figli e due figlie. I figli hanno portato a casa le nuore che si sono inserite nelle leggi di casa. Le figlie sono sovente ospiti presso Elimelech e si vede chiaramente che sono attirate dai figli dell’israelita. Li deve avvertire dal destino incerto, …dato che lui sa ciò che capiterà alle ragazze pagane una volta in Israele, se loro…

3. Ruth, la più giovane, entra precipitosamente, tanto che il padre la rimprovera. “Bricconcella, sono in servizio, non devi disturbare!”

- “Padre”, ride la ragazza, “non c’è nessuno con cui dovresti lavorare. Ti devo dire qualcosa di importante”. E’ imbarazzata. Come ragazza non lo deve dire, che…

- ”Ebbene, che cos’hai coccinella mia?”, Corusja le accarezza la sua guancia accaldata.

4. “Padre, lo amo ed anche lui mi ama, e ad Orpa succede la stessa cosa”.

- “Sembra che ci sia un incendio. Chi è ‘lui’? Spero le mie figlie sappiano che cosa devono al loro padre!” Sì, un matrimonio solo con uomini della stirpe. Ruth scuote i suoi lunghi riccioli scuri. “Lo so. Hai amato molto nostra madre?” chiede in modo diplomatico.

5. “Sì, figlia mia!”

- “Non avresti preso nessun’altra donna che nostra madre?”

- “Non così, ci amavamo”.

- “Se ora io amo qualcuno e anche lui me, come mi ha fatto capire in segreto, non posso agire come tu e la mamma?”

- In verità, la sua più giovane è molto intelligente, fa appello alla sua propria storia, che per amore è rimasta presente fin oltre la tomba. Quanto fortemente colmerà questo sua figlia, lo deve ancora vedere. Ora, temendo come si dovrà decidere, cedendo o spezzando, chiede un’altra volta: “Chi è ‘lui’?”

6. “Il figlio più giovane di Elimelech, suo fratello si è scelto Orpa”. Cerca frettolosamente di tranquillizzare suo padre, al quale è salito il sangue fino nella fronte. Per te, come superiore della città, è contrario un ‘sì’. Stai soppesando che cosa direbbero i tuoi amici se dei forestieri vogliono corteggiare le tue figlie e se potessero riottenere il possesso nel loro paese. Ma chi lo sa?

7. Condivido il tuo dubbio, caro padre. Tuttavia - Gli Elimelech sono molto ben visti, a noi non più del tutto estranei”.

- “Eccetto la loro fede!”, interrompe con ardore il padre. “A questo si deve pensare! E se vuoi seguire il tuo forestiero, devi rinunciare a tutto ciò che hai creduto, amato e osservato fin dall’infanzia, e piegarti al modo dell’uomo: alla sua volontà, alla sua fede! Non è facile ciò che avresti da accettare.

8. Contro Elimelech non c’è nulla da eccepire; quello che ha fatto del mio terreno morto, confina a magia. E la gente mi è davvero piacevole. Perderei te e Orpa. Come ho sentito, è in Israele stato sospeso il rincaro, e perciò, verso ovest fino al mare i paesi rifioriscono. Prima o poi Elimelech torna con i suoi a casa in Israele.

9. Una volta erano ricchi, il loro possesso era grande; ma il loro ultimo giudice ha tolto nove decimi dall’avere di tutta la gente che ha lasciato il paese. E quello che hanno potuto conquistare qui, eccetto molto valore e denaro, …lo lasceranno tutto indietro, come era il patto fra noi.

10. Hai vissuto senza difficoltà nella casa paterna, non ho fatto fare a voi ragazze nessun lavoro pesante. Se andate via con i forestieri, non vi rimane nulla di ciò che è nelle cassapanche. La legge moabita esclude le figlie dall’eredità. Perciò è molto meglio se prendono solo tali figli che di casa sono ricchi, affinché non abbiano a soffrire nessuna miseria. Avete pensato a questo, tu e Orpa?”

11. “Sì! Non si può soffrire anche per amore? L’amore, non può anche superare? Naemi nella sua casa è il punto centrale, non deve svolgere nessun lavoro pesante ed ha due serve. Come ha detto, i suoi figli tratterebbero così anche noi. Perché la sua e la stirpe di Elimelech sarebbero disposte del tutto diversamente come quelle che si chiamano giudei e che nel rigido atteggiamento si legano all’esteriore. Io e Orpa staremmo bene con loro.

12. Ho sentito che Elimelech vorrebbe parlare con te, perciò volevo prepararti, affinché tu non cada da tutte le nuvole, se ti chiede subito due figlie”. Abbraccia il padre, lacrime scorrono sulle sue guance. “Ti voglio tanto bene e la separazione sarà difficile per me e Orpa. Soltanto – anche da noi vale la legge: ‘La donna segua suo marito’!”

13. “Per le donne è un grave obbligo”, mormora Corusja. ‘E’ amaro considerarle come secondarie’, aggiunge nei pensieri. Ebbene, non si può levare il mondo dai suoi stipiti, è sempre stato così, quindi rimarrà anche così. Lui, un moabita, non lo potrà mai cambiare.

14. “Che venga Elimelech; aspettiamo come si metteranno le cose”.

- “Se pensi all’amore fra te e la madre, allora sono certa che fai la cosa migliore”.

- “Anche se non vi lascio andare?”

- Ruth fa uno scatto, ma si stringe strettamente nelle braccia del padre. “Io e Orpa crediamo che dobbiamo adeguarci, e il tuo amore, padre, ci aiuterà a portare questo peso. Per amore per noi figlie agirai non modo nobile”.

15. Con un bacio, che avviene più di rado, Ruth corre via e lascia indietro un uomo che appoggia la sua fronte nelle due mani.

- Lui di per sé non ha nulla in contrario. Elimelech gli è diventato amico, ma dare via le due figlie…, ad un popolo estraneo? Forse non ci sarà mai un rivedersi? - ? Sospira profondamente.

16. Già viene annunciato l’altro. E’ comprensibile che Corusja non sia proprio gentile, com’era sempre stato nel saluto reciproco. L’israelita è troppo intelligente, troppo riflessivo da non sentire la preoccupazione dell’altro. Proprio per questo si attiene al cordiale atteggiamento, intanto fa domande su diverse cose e delicatamente guida il discorso su ciò per cui è venuto.

17. “Re della città”, comincia cordialmente, “hai due care figlie, che io e mia moglie le abbiamo prese a cuore. Ed io ho due figli, diligenti e bravi in tutte le cose. Amerebbero le loro mogli, non lascerebbero venire su di loro nessuna sofferenza. Come abbiamo potuto dimostrarti durante la nostra permanenza qui, non pensiamo solo al nostro bene. Quello che Moab ha di buoni costumi, lo abbiamo riconosciuto, così come aborriamo ciò che è attaccato di male nel nostro popolo. Oh, – nessuna popolazione è libera da ambedue: bene e male, chiaro e scuro, ed è sempre bene ricordare entrambe.

18. Si dovrebbe sempre mettere più in alto il bene e il chiaro, che il basso. Allora ci sarebbe pace sulla via pellegrina attraverso questo mondo. Perciò dapprima hai voluto osservare in me il chiaro e il buono, come…”

- “… tu con me?” chiede l’altro. C’è un piccolo agguato nello sguardo, subito registrato da Elimelech.

19. “In te”, risponde con calma, “non ho soppesato nulla inizialmente, perché non c’era nulla da soppesare. Il nostro trattato sul campo mi ha reso sicuro: tu sei uno presso il quale ci si sente custoditi. Non lo dico…”, si difende l’israelita quando il moabita vuol dire che si direbbe così solo per vincere, “…per fartela in barba.

20. Noi abbiamo una legge: ‘Il tuo parlare sia sì e no; quello che va oltre, è male!’ Se lo dicessi solo per ingannarti, sarei uno stolto ed avrei infranto le Parole del mio Dio. Un uomo si deve guardare da un tale male. Se dei figli o una donna, a volte serve questo male, sia volentieri rimesso qualcosa. Ma in un uomo maturo…? Lì le cose stanno diversamente, soprattutto quando uno è il capo della stirpe.

21. Una volta, molto tempo fa, un uomo era con sua moglie (Adamo-Eva) nel Giardino di Dio. Entrambi sono diventati empi! L’uomo si è nascosto, non voleva ammettere la sua colpa. Oh, DIO stesso lo chiamò dinanzi al Suo volto… Prima, Corusja, prima doveva ammettere! Lui era il primo responsabile, il che non sospendeva che anche la donna doveva confessare la propria colpa dinanzi a Dio. Ciò che significa:

22. Se in una stirpe dei membri diventano empi, non lo deve esaminare DIO. Egli sa dove prolifera la radice di un male. Così ognuno ha da rimettere la sua propria colpa attraverso pentimento ed espiazione. Dio, il giusto Giudice, separa destra e sinistra, bene e male, chiaro e scuro. Ma dove fallisce il capo della stirpe, la colpa degli altri è insieme sulle sue spalle!

23. La mia parola per te è pura e senza falsità. A questo, io allaccio la richiesta per cui sono venuto da te. I miei figli amano le tue figlie. Io garantisco per i miei figli e ti dò per questo nella tua mano la mia vita. Tu sei il re delle città, puoi decidere di me se i miei figli non osservano la parola dell’onore: venute buone dalla casa paterna, così devono rimanere le tue figlie, così vengono assistite! Se ti basta, allora lasciami dire ancora ciò che ti deve servire come gioia”.

24. “Gioia…? Io le amo e non sono così stolto per fare differenza fra figlio e figlia. Che la legge della nostra casa dà il privilegio ai figli nell’eredità, lo sai anche tu stesso. Io posso lasciare alle ragazze solo ciò che è loro, ciò che è nelle cassapanche, in regali. Loro scono povere dalla casa del loro padre; povere entreranno nella tua casa! E inoltre – entrambe in un paese straniero di cui ho già sentito delle cose cattive. Che cosa devono fare da voi? I vostri capi le disprezzeranno, perché sono figlie pagane!”

25. “Hai ben ragione, che gli stranieri da noi non valgono molto; ma viceversa è pure così. Israele è sovente espatriato per la fame, e non è mai stato accolto volentieri da nessuna parte, persino la via era stata negata; a volte ci hanno fatto del male, ma ti tranquillizzo.

26. Abitiamo fuori dalle grandi città e siamo meno in vista di coloro che hanno da condurre il popolo. Non andiamo ancora via. Il mio vicino sta conducendo dei processi per me contro i nostri giudici, perché …”

- “Sono informato…”, interrompe Corusja. “…da coloro che come te hanno lasciato il paese; il giudice ha preso la maggior parte, apparentemente come punizione, perché sareste fuggiti dalla miseria e così avreste tradito il popolo”.

27. “Lui l’interpreta così! Non lascia più valere che per via dell’espatrio di molte stirpi la miseria era sospesa in parte. Che con la partenza di molte famiglie la miseria fosse rimediata, non gliene più importato. Dapprima gli stava bene che molte famiglie espatriassero, e non gli importava dove andassero e cosa ne sarebbe stato di loro. Se ora lui stesso ha causato molto danno a causa della cattiva economia, lo copre con i nostri beni. Il mio vicino Kemali mi ha mandato da poco un breve messaggio.

28. Ora è bensì dubbioso chi vincerà il processo. Comunque sia – in due anni hai constatato che cosa possiamo fare con molta diligenza. Non sono ancora vecchio, mia moglie Naemi sa dare una mano, quando è necessario. I miei figli, giovani e forti, sanno muovere le loro mani e sostenere con le spalle; non andremo in rovina in patria. Alle tue figlie non mancherà nulla. Dammi il tuo ‘Sì’, come amico, affinché i nostri giovani possano diventare felici”.

29. Il moabita sta seduto accasciato.

- Elimelech attende con pazienza. E poi… Lui tiene i figli, e riceve due ulteriori care figlie nella sua casa; ma costui le deve sacrificare. Tuttavia…, anche i suoi figli porterebbero due donne in casa, così ognuno avrebbe una giusta parte.

30. Finalmente Corusja alza lo sguardo: “Aspettiamo un anno. Se allora i tuoi figli sono ancora disposti, se le mie figlie non si sono distolte, allora valga la promessa”. Si è riservato il tempo di riflessione per esaminare che cosa dirà la sua gente, come si svolgerà il processo e…

- Elilemech gli stringe le due mani. “Ben pensato! Certo…”, ride, “…i giovani, come anche noi una volta, saranno impazienti. Per loro, un anno è appunto così lungo, mentre per noi, più anziani, scappa anche troppo velocemente”.

- “Venite questa sera da me, intanto non dire nulla, poi mettiamo le clausole, anche… finché desidero rimaniate qui nella mia città”.

31. “Il giudice in Gerusalemme è duro, e se non ottengo il mio terreno prima, non torno a casa”.

- ‘Questo può durare anni’, pensa Corusja. ‘E se rimangono sempre da noi, mi sta anche bene. Allora trascrivo il campo ai figli per le mie figlie. Sarebbe disposto al meglio’. Ambedue, lui ed Elimelech, non sanno che tutto verrà diversamente.

32. Corusja ha fatto venire da sé due alti funzionari, con loro aspetta gli israeliti. Le sue figlie non hanno osato chiedere ciò che aveva deciso; si è mostrato chiuso ed aspetta ciò che diranno quelli della città. Anche gli elimelech non sono di animo tranquillo, quando alla sera vanno da Corusja. Anche i suoi figli non hanno chiesto nulla di come fosse riuscito la via della richiesta. Solo a Naemi ha dato un cenno.

33. Corusja ha fatto un tentativo con i funzionari e si è stupito perché ambedue non lo hanno assalito con un ‘no’, com’era da aspettarsi.

- Il primo scrivano di nome Thokar dice: “Sai, se i giovani si amano, si dovrebbe essere solo contrari, se l’uno o l’altro non si adeguano ad unirsi. Negli anni non abbiamo notato nulla di contrario nella famiglia di Elimelech; vorrei che tutti i moabiti fossero così – intendo nel genere”.

34. “Eccezioni, “ contraddice Corusja. “Va bene, non ho nulla da temere. Elimelech mi ha assicurato – e lui mantiene la parola – che le mie figlie non saranno costrette ad abiurare i nostri déi, se non per il bene del loro matrimonio. Allora non posso essere contrario. La pace coniugale è per me la cosa più importante. E sottolineo: Un’unica fede nel matrimonio può conservare la casa, la può persino aumentare, due cose portano quasi sempre al naufragio. Sia come vogliono gli déi!”

35. Gli israeliti vengono salutati gentilmente. Oltre ai tre uomini, essendoci nella sala anche i suoi figli, ci sono le figlie di Corusja, che oggi servono come nuore, cosa che qui normalmente non si usa, ma dopo possono sedere a tavola. A parte poche parole, dapprima si mangia.

36. Persino Ruth si tiene indietro. A volte oltrepassa la linea severamente tracciata, per cui c’è un ammonimento, mai una punizione. La Orpa più grande è di animo silenzioso, non avrebbe mai osato di aprire da sé la bocca. Si rimane seduti a tavola, vengono portati dei frutti. Ruth guarda supplicando suo padre, le labbra a metà aperte. Lui ride, conosce la sua piccola peste, e ora batte le mani.

37. Come se dapprima non fosse stato consigliato nulla, lui presenta la richiesta di Elimelech, il pro e contro, ed estende molto il suo discorso. Vede l’impazienza dei quattro giovani, il severo sguardo di Elimelech, la dolce tristezza di Naemi, che pensa come Corusja si sta coprendo con molti discorsi. Tutti sospirano gioiosi, Ruth si getta al suo collo, Orpa si stringe al suo braccio, Chilijon e Mahlon gli stanno ai due lati e tutti gli altri si alzano, quando lui, alzandosi pure, dice:

38. “Ho esaminato, figlie mie, Elimelch e sua moglie insieme ai figli: non c’è nulla di spiacevole da dire contro di loro. Quindi do il mio ‘Sì’ per il legame dei nostri figli, ma devono attendere un anno. Devono esaminare se un forestiero può unirsi con il forestiero, e se si rimangono reciprocamente fedeli. Se sì, allora fra un anno è valida la promessa.

39. Aggiungo ancora. Voi israeliti dovete giurarmi davanti alle orecchie dei miei amici: Potete ritornare nella vostra patria solamente quando il processo in corso si è volto al bene, che tutto, soprattutto le mie figlie, non hanno da soffrire nessuna indigenza. Ma questa clausola non sia estesa oltre i cinque anni.

40. Da oggi, …dal sesto anno potete rimanere qui anche più a lungo, o per sempre, a me starebbe molto bene. Potete tornare a casa, e se la faccenda del giudice non si lasciasse volgere al bene, tu, Elimelech, avrai abbastanza amici che ti aiuterebbero a conquistare di nuovo tutto ciò che vi è stato rubato furtivamente. Se siete d’accordo, allora dite ‘sì’ davanti alle orecchie delle mie figlie e dei miei amici. Allora lasciateci essere felici!”

41. Ancora sei anni all’estero, sarebbero poi otto lontani dalla patria, lontani dalla Capanna (il Santuario), dove operano ancora gli autentici sacerdoti. Comunque: gli occhi sono raggianti, Ruth e Orpa piangono e ora non pensano alla lunghezza di un anno, nemmeno i figli di Elimelech. C’è la meta, e quell’amore che conosce ancora disciplina ed ordine.

42. Elimelech dice solennemente: “Riconosco la condizione, deve valere la tua e la mia parola, ma i miei stessi figli devono testimoniare se tengono in onore e dignità ciò che oggi è giunto alla promessa”.

- Thokar esclama allegro: “Niente di più facile, quindi, voi giovani uomini dimostrate la vostra volontà di piegarvi sotto il detto dei nostri superiori!”

43. Come insegna il costume in Moab, Chilijon e Mahlon s’inginocchiano davanti ai due padri e dichiarano gioiosi: “Quello che decide il re di questa città che ci è stato rifugio, lo riconosciamo fedelmente nella parola. Ci si deve cacciare senza onore, se non obbediamo e non aspettassimo gli anni finché possiamo ritornare a casa. Chiediamo la benedizione per l’unione”.

44. Si lasciano benedire da Elimelech, secondo l’uso di Mosè, baciare sulle guance dai moabiti in segno che anche questo sarebbe una benedizione, l’amore di un padre per i figli.

45. Dei servi riempiono ancora una volta la tavola. Non si gozzoviglia quando si festeggia. Sarà il modo serio di Elimelech, il bonario volto di Naemi, la riservatezza dei figli che tengono la gioia nella buona via, perché gli israeliti mandano il loro silenzioso ringraziamento al Creatore, dal Quale ricevono tutti i buoni doni con adorazione e riverenza. Una serata colma di benedizione – anche per i pagani.

 

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Cap. 3

Scoppia la peste – L’amore di Naemi per i nemici

1. Passano cinque anni, l’unione della famiglia è diventata più stretta. Dei moabiti intelligenti hanno chiesto sovente consiglio ad Elimelech. Ruth e Orpa non conoscono nessuna preoccupazione eccetto quella, che non sono ancora benedette, come si usa dire. In certe case si bisbiglia: ‘Gli dei s’adirano perché hanno preso mariti stranieri’. Ruth è diventata cara e silenziosa, non è più agitata.

2. Noemi consola le sue figlie. Malelingue sono già state punite, con cui non viene impedito il pettegolezzo. Più volte è stata impedita un’aggressione agli israeliti, e Corusja pensa che ora sarebbe meglio che andassero via. Ci si prepara, anche se da Betlemme è giunta la notizia che il processo si sarebbe tirato ancora in lungo e sembra che Elimelech lo perderà.

3. Ecco che gli si avvicina un’altra sorte difficile. Ovunque scoppia un’epidemia, che cade soprattutto su uomini e bambini. In Ar-Moab si sono già avuti casi di morte. I medici, normalmente molto diligenti, sono impotenti. Hanno procurato solo lenimento ed alcuni guariscono un poco alla volta. La morte arraffa via la maggior parte dopo un lungo tempo di degenza. Li consuma la febbre.

4. Elimelech va’ con i suoi figli da Corusja per discutere la partenza. Costui gli assicura ogni aiuto e gli offre una ricompensa per la casa e il terreno, che costui prende per le figlie. Questo gli procura molto rispetto in Corusja. Andando a casa, Elimelech vacilla. Spaventati, i due figli accorrono e lo portano delicatamente a casa. Noemi diventa pallida. Suo marito ha contratto l’epidemia? Lo mette a letto, si era fatta consigliare anche da un medico, senza che nessuno lo avesse saputo, nel caso…

5. Ora è successo. Prepara un decotto ed ordina che nessuno deve andare dall’ammalato, lei sola lo vuole curare. Teme anche, come è già capitato, un contagio. Manda a casa Ruth per indicare al padre che per il momento non c’è da pensare al ritorno a casa. Corusja riporta a casa sua figlia, loda le disposizioni di Naemi e lui stesso chiama un medico. Costui getta solo uno sguardo al giaciglio, tira su le spalle: “Non è possibile aiutare, l’epidemia è già da tempo in lui, forse non si è fatto notare”. Naemi annuisce, sarà così.

6. “Se lo adagiamo su un carro, non potremmo comunque viaggiare?”

- “Sulla via non c’è nessuna possibilità di assisterlo, per voi non si aprirà da nessuna apre una locanda. La peste non è ancora arrivata al Giordano, sareste scacciati. Poi, dove vorreste andare?” Il medico ha ragione. La possibilità di arrivare a casa è svanita. “Rimanete in Ar-Moab, così posso venire di tanto in tanto a vedere il vostro malato”.

7. Corusja si unisce a quest’opinione, su spinta di Naemi se ne va con il dottore. “Non puoi aiutare”, dice triste, “e qui sei in pericolo. Lascia venire i messaggeri solo fino alla porta di casa, ed io stesso li mando solo fino alla tua porta”.

8. “Una donna coraggiosa”, loda il dottore strada facendo.

- “Sì, queste persone mi hanno aiutato in molte cose. Solo che ora che le mie figlie sono mogli dei loro figli, mi fa paura. Vieni, e dimmi da dov’è venuta questa epidemia, e cosa abbiamo ancora da aspettarci di difficile”.

9. Camminano in silenzio lungo la via e poi sono seduti uno di fronte all’altro. Il medico racconta: “Dei commercianti edomiti, sostando in Mir-Moab, per affari, all’improvviso sono stati attaccati. Presumiamo che l’epidemia sia venuta a causa dei loro animali. Cammelli ed anche dromedari devono aver sputato della saliva nera.

10. Forse…, chi lo può sapere… se è scoppiato così il male, soprattutto, che in Edom ne è stato colpito l’uomo e l’animale. Che riguarda gli uomini, mi stupisce. Donne guariscono di sovente. Solo un unico uomo ha potuto essere aiutato finora. Da che cosa dipende, lo sapranno gli déi, non io!”. Con ciò fa un gesto con la mano: “Non chiedermi più nulla!”

11. Corusja sospetta il gesto, ne ha persino già parlato con Elimelech. Ebbene, …inoltre, da ciò che costui diceva dalla fede, non ha trovato nessuna vita. L’Operare dell’unico Dio…? Anche se fosse, dato che Egli sarebbe la Bontà, …perché fa venire questo sugli uomini che, dimostrabilmente, hanno il predominio su tutto il mondo? Che cos’è una donna? Un piccolo nulla!

12. Ora si rende conto che prima non ha mai pensato così. E’ una rabbia silenziosa nata dall’ignoranza, ed è la grande preoccupazione che lo preme. Non pensa a se stesso. Guarda il medico senza parole.

- Costui tace, si alza e dice: “Non ho da pensare a nessuna soluzione. Ora faccio il mio giro, stasera annuncio i nuovi casi”.

13. Tutte le case che ne sono colpite devono dipingere sulle loro porte un segno viola, per avvertire gli ignari. Sono previste sanzioni per coloro che disobbediscono agli ordini. Naemi non ha mancato di applicare lei stessa il simbolo.

14. Nel paese proseguono le settimane, la peste non va via. Non un giorno in cui la torcia non bruci in ogni luogo. I figli di Naemi si ammalano in un solo giorno. Allora Elimelech è stato isolato. Lui non se ne rende conto. La febbre rimane, il corpo decade, i pensieri sono chiari solo di rado. Poi domanda sempre: “Siamo a casa?” Per tranquillizzarlo, la moglie annuisce, non mente con le parole, dato che si è accorta che lui diventa calmo non appena crede di essere in patria. “Là voglio anche essere sepolto”, mormora lui. Anche a ciò Naemi annuisce in silenzio.

15. Ruth e Orpa piangono per giorni. Naemi ha la sua pena con loro, fa portare i malati in una stanza, perché il peso troppo grave che riposa tre volte su di lei, diventa così un po’ più leggero. Arriva Corusja, quando sente la cosa spaventosa e non c’è nessuna consolazione in ciò che deve ancora dire alla donna gravemente messa alla prova, alle figlie.

16. “Siate forti, io – ho provveduto in anticipo. La mia serva vi porterà ciò di cui avete bisogno. Rimanete nella casa; perché – “ Si ferma. Come si può coprire quale epidemia più grave è scoppiata, ingiustamente, fra la gente confusa? “Andate solo nel vostro cortile interno per respirare aria fresca. Non andate nel campo, ci penso io. Ora ebbene – ve lo devo dire, affinché non cadiate in una trappola.

17. Dato che per la gente stupida siete sempre ancora stranieri, quindi hanno diffuso che il vostro Dio, che avreste portato con voi nel paese, ci avrebbe colpito. Dato che voglio provvedere a voi, io stesso devo farmi proteggere dai servi quando vado per la via. Intorno alla vostra casa c’è una ronda di soldati, non vi può succedere nulla”. Guarda Naemi con timore. “ Che cosa dici ora al nostro popolo?”

18. “Io…?”. Naemi riflette un po’. All’improvviso si getta al petto dell’amico, calde lacrime bagnano il suo volto smagrito. “Si deve pensare alla paura perché verso ovest, quasi tagliato dal Giordano, questa epidemia non è in corso. Da ciò è sorta la paura che già da molto tempo riposa sul tuo popolo, anche altrove. Se togli agli uomini l’intelletto, allora li puoi pascolare come agnelli.

19. Non posso fare altro che aver pietà. Tu farai il tuo per mostrare che la peste era già da lungo tempo nel paese, prima che l’abbia preso mio marito, e solo ora i miei figli. Io… dovrò seppellirli tutti e tre in terra straniera, se…” Nuove lacrime.

20. Corusja non ha conosciuto finora occhi bagnati; ora scintillano. Stringe fortemente a sé Naemi, consolandola: “Il medico che viene sempre da te, ha spalancato molto la bocca. Questo ha portato alcuni alla ragione quando ha parlato al Bazar, …ed ha ancora potuto urlare bene, che lui sarebbe stato da voi giorno dopo giorno e sarebbe ancora sano. Sarebbero pure morti altri piccoli medici, che erano stati solo moabiti.

21. Questa è stata la prima breccia, e la mia segue. Di certo, …quando uno sussurra, il ‘mare di discorsi insensati’ fa schiuma oltre ogni riva. Statevi bene”, saluta frettolosamente, non può sopportare la preoccupazione di questa donna. Per lui è diventata una luce nella sua solitudine, e segretamente lo ammette: resta incapsulato nella fede negli déi. Alle figlie, perché non sa fare di meglio, per mostrare loro il suo amore, manda dei regali d’oro.

- Vengono accettati con gratitudine, ma con i cuori profondamente rattristati. ‘A che ci serve l’oro, se perdiamo i nostri mariti alla morte?’

22. Il cittadino segue di nuovo i suoi affari e capita in un vortice. “…e anche se i servi del nostro superiore circondano la casa, noi ci entriamo! Venga estirpata la cova che ha portato il disastro. Nemmeno le figlie saranno risparmiate, perché…” Il sobillatore non può aggiungere altro. Senza nessun ordine, la guardia di Corusja interviene, arresta una manciata di uomini e anche donne. All’istante sono ammanettati. L’orda si divide. ‘Si salvi chi può; io non c’ero’.

23. Le manette volano dietro a loro. La prigione della città si riempie di ribelli. ‘Cosa posso fare?’ Il superiore pensa alle parole di Naemi. ‘Togliendo agli uomini l’intelletto, allora li puoi pascolare come agnelli! E…’ Oh, questo non lo ha ancora imparato. L’intelletto non si può migliorare con nessun colpo, non si può migliorare con la lunga prigionia. Lui lascia la gente per un mese in prigione, senza afflizione, com’era generalmente uso. E lui, il pagano, chiede di nuovo un consiglio a Naemi. Forse, perché lei stessa è di sangue misto, ha un cosiddetto ‘sesto senso’ ricevendo il consiglio dalla Parola di Dio.

24. “Lasciali andare! E’ bene che non sia stata impiegata la legge moabita. Non si devono battere gli uomini, nemmeno un animale”.

- “Animali?”, chiede stupito.

- “Il nostro Mosè l’ha insegnato. Puoi sperimentare come un animale ama di rimando anche te, a modo suo, quando lo guida la tua mano soave. Applica questo sull’anima dei ribelli, non facendoli picchiare, ma un’altra volta emetterai su di loro una punizione più dura.

25. Minacciali! Non lo si dovrebbe fare, ma qui aiuta; con ciò ridiventi governatore della città. Il resto potrà venire da te stesso. Il nostro Dio, l’Unico, il Creatore del Cielo e della Terra, ti benedica”.

- “Come stanno i tuoi malati?”

- Naemi non ha più lacrime. “Elimelech già oggi andrà a Casa dai suoi padri; prima che cali il Sole, chiuderà gli occhi. I miei figli soffrono molto, ma il loro stato è incerto. A volte spero che guariscano”.

26. Corusja torna a casa con le parole di benedizione di Naemi. Parla con i consiglieri per via dei prigionieri.

- “Non è stato male che hai lasciato regnare immeritata mitezza”, dice uno.

- E un altro: “Troppa punizione non aiuta molto”.

- “Qualche volta sì!” Corusja ha pensato al buon consiglio della pia donna.

27. “Con dei colpi si sarebbe richiamato nuovo odio, che avrebbe colpito anche noi, non solo la gente di Elimelech. Se lascio sentire loro che costoro non desideravano nessuna punizione cattiva, l’uno o l’altro tornerà alla ragione. Aspettiamo. Domani li libero”.

- “Perché non oggi?” domanda il primo scrivano. Una volta costui stava in una posizione superiore.

28. “Oggi Elimelech torna a Casa dai suoi padri, l’ha detto Naemi, uno dei suoi detti di fede. Non vogliamo che sia disturbato questo momento, perché i morti devono essere sepolti subito. Un corpo che va rapidamente in putrefazione, causa maggior danno che malato. Tornate domani, allora si mostrerà come si comporteranno loro, – i prigionieri”. Ogniuno se ne va oppresso, che l’epidemia non vuol proprio andarsene!

29 Talvolta sembra come se abbia lasciato un villaggio, una città, ma dopo poche settimane ritorna. E’ come se volasse come draghi di qua e di là, all’improvviso su molti luoghi e non è possibile nessun aiuto. La gente piange e girano dicerie.

30. Sono state rilasciate severe disposizioni, non solo per via di questa peste. Che con Corusja non sono troppo severe, non da chiamare troppo dure, grazie solo a Naemi, prima da Elimelech. Fin dalla sua lunga malattia, quasi tutto un anno, è la ‘cara donna’ che consiglia ovunque al bene.

31. Il vano è stato oscurato. Una lampada dà giusto tanta luce per assistere il malato. Da giorni è di nuovo isolato. I figli, non sempre febbricitanti, non devono vedere quando il padre chiude i suoi occhi. Anche le figlie non sanno ancora nulla. ‘Difficile! Difficile!’. Naemi asciuga continuamente il volto del morente, la fronte sulla quale sembra posare una luce, la bocca che per tutto il giorno non ha ancora detto nulla.

32. Ecco… Come mai da quando è a letto, apre gli occhi, vede sua moglie piegata dalle preoccupazioni, le stende le due mani e dice chiaramente: “Sono stato chiamato. Ora so dove sono. Oh, Naemi, cara moglie, non piangere, arriva la liberazione! Non presagisco il perché il Signore ci ha colpito e se è stato un peccato per aver abbandonato il nostro paese per fame”. Nemmeno ora rivela la vera miseria.

33. “Una volta l’ha fatto il nostro popolo. Dalla fame è andato in Egitto ed è stato afflitto a lungo, finché Dio, nella Misericordia del Cuore, non gli ha mandato Mosè. Ebbene, …e questo lo sa il Signore: non sono andato via per via di me, ma per via di voi ho preso il bastone da viandante. Oggi ho avuto sempre la mente lucida, solo che non potevo parlare, ho visto il tuo operare materno, il tuo sacrificio, la tua fedeltà; e per questo, il Signore non ti abbandonerà. Non ritorni a casa del tutto sola.

34. Non vado dai nostri padri; ma mi è stato mostrato che questo è inoperoso. Ovunque c’è la Terra di Dio! Ad un popolo appartengono solo i confini. Il Paese è Proprietà di DIO. La Sua Terra! Ed in questa Mi faccio adagiare non appena mi chiama l’angelo della Vita. Là…”, Elimelech indica con mano stanca verso l’Alto, “…è la nostra Patria. Là ritorno. Là ci rivedremo!

35. Addio, fedele! Saluta i miei figli”, Elimelech non lo sa che sono destinati alla morte. Solo per un presagio, dato dalla Luce, aggiunge: “Presto mi seguiranno. Saluta le mie care figlie, saluta il nostro amico Corusja e gli altri con i quali siamo uniti. Saluta…” ‘Beltlemme’, voleva dire ancora.

36. Le parole echeggiano oltre. Per un momento Naemi rimane seduta rigida sulla sua sedia. Poi, con il cuore colmo di sofferenza, chiude gli occhi al ‘suo caro defunto’, mette delle erbe in un lenzuolo lindo, vi spruzza sopra un’essenza, chiude da sola l’uomo nel telo da salma, stringe anche forte i legacci, affinché il sudario non si apra, e poi spalanca le tende alle finestre.

37. Entra il vento della notte. Naemi prende il decotto, si lava, si mette degli abiti preparati e mette i vecchi e quelli di Elimelech in una botte nel cortile. Presto sale una vampata.

- “Che cos’è?” sussurra Ruth spaventata. “Questo è… Nostro padre dovrebbe…” Scoppia in pianto.

- Orpa accorre a una finestra aperta. Ecco che vede ciò che avviene. Nel bagliore delle fiaccole riconosce sua madre, e gli occhi si riempiono di lacrime. “Nostro padre, il caro padre!”, esclama come soffocata.

38. Si vestono in fretta e corrono in cortile. Piangendo s’inginocchiano alla botte come se già fosse la tomba. Quasi non si mostra ancora il Sole, quando i servi portano il loro signore alla tomba. Seguono Naemi e le figlie; Corusja arriva con i suoi servi. Secondo l’usanza solleva le mani, e Ruth e Orpa fanno come lui. Naemi intreccia le dita, getta ancora uno sguardo in basso nel buio di una terra straniera. ‘No’ – passa attraverso lei: ‘La Terra di Dio’, aveva detto il morente. Così la vuol portare in patria, quella buona parola che le rimane sempre una consolazione.

39. La tomba viene coperta con una pietra. Ci sono ancora pochi cittadini sulle strade, e i servi devono giurare di non tradire il percorso. Uno dei più anziani di loro dice: “Signore, noi sappiamo che cosa dobbiamo a te e alla tua casa. Di questa, fanno parte le tue figlie, anche se si sono presi mariti stranieri. E poi, …nessuno ha ancora rivelato chi ha portato un tale defunto alla tomba, perché allora varrebbero anche come reietti. La paura, signore, la paura, se non fosse quella…”

40. “Il Mio Dio ora ha mandato la paura come una Benedizione, che protegga di più ed impedisca di più il male che l’uomo possa comprendere. Andate a casa, voi, buoni servi, il mio Dio vi benedice per via del vostro aiuto”. Naemi dà loro volentieri la mano, ma questo ora non è adeguato. Dare ‘la mano interiore’, questo lo comprende dalla Luce. Nessuno lo sa, eccetto gli amici più vicini, che anche l’israelita è morto.

*

41. Dei mesi rimangono colmi con la ‘cattiva verga degli déi’. “Oppure, Signore, è la Tua Verga?” domanda timorosa Naemi.

- Allora in lei risuona una Parola: “Io non ho nessuna Verga, ma una Mano che sa dare entrambe le cose di ciò che è sempre la MIA Benedizione! Se la vuoi misurare, allora misura ME, se lo puoi!”

42. Profondamente scossa Naemi vede la Chiarezza del Cielo. Veniva da lì la Parola di Dio? Lei non ne è degna, perché marito e figli – No, anche se è amaro, è la Mano paterna di Dio. Chi lo può comprendere? ‘Se Tu hai parlato’, pensa lei intimamente. L’attende ancora qualcosa di grave. Può pretendere dalle figlie di venire con lei a Betlemme? Si può chiamare una Benedizione dell’Onnipotente i colpi del destino? Che cosa le ha lasciato la patria di ciò che era una volta il loro possesso? Dato che le giovani donne non hanno figli, sono libere di risposarsi.

43. Quando entra nella casa dei suoi figli, Chilijon guarda supplichevole la madre. “Che cos’è successo con papà? Ho visto un sudario portato fuori dalla nostra casa”. Le labbra sono screpolate dalla febbre, i giovani somigliano a dei vegliardi.

- ‘Che devo dire? Signore, dammi la Tua Forza!’, grida la sua anima.

44. “Hai la febbre, caro figlio; allora si vedono delle cose. Vostro padre sta bene”. Sì, è vero, è liberato da ogni tormento di sofferenza, …dalla grave… “E’…”

- “Ci vuoi risparmiare, o madre”. Chilijon getta uno sguardo al giaciglio di suo fratello. Anche se l’altro è più grande, Chilijon è più forte nella sua anima e poteva aiutare sovente, quando costui era triste e, con ciò, lunatico.

45. “Dimmi la Verità, cara madre, la posso sopportare. Nostro padre è…”

- Naemi annuisce ed accarezza consolando il suo più giovane con la fronte coperta di sudore; lo prende tra sue braccia e ripete ciò che aveva detto Elimelech, le parole che lei ha potuto sentire. A Chilijon succede come a sua madre. Rimane adagiato in silenzio, apre di nuovo gli occhi e dice:

46 “Tu sola hai da portare così tanta sofferenza, non carichi alle nostre mogli nessun peso. Lo sento: i figli che dovrebbero diventare i tuoi sostegni. Ti lasciano sola. Ma se… noi… Voglia DIO disporre che tu non sia abbandonata”. Esausto, Chilijon si appoggia.

- Naemi va a prendergli da bere, quasi l’unica cosa che i malati possono ancora prendere. Aiuta comunque un po’ per andare avanti, affinché possano dormire più facilmente.

47. Di nuovo passa giorno dopo giorno. Un po’ alla volta si spezza il potere della peste. Nessuno ne viene più assalito; solo i malati muoiono ancora, perché anche qualche medico si è ammalato. La gente fa un sospiro di sollievo, cominciano a fiorire il commercio e gli affari, e da Edom si è sentito che il più duro pericolo sarebbe finito.

48. I figli di Naemi guardano incontro alla loro morte. Dato che non sono da temere contagi, si lascia Ruth e Orpa entrare nella camera. Lei le ha preparate, come la peste consuma i corpi. Nonostante ciò, si prendono per le mani, si appoggiano alla loro madre: non esiste nessuna consolazione al mondo che potesse lenire il loro dolore.

49. Con una forza che da Naemi non sarebbe da aspettarsi, tiene stretta le sue figlie. “Non guardate i volti”, ammonisce lei, lei stessa colma di lutto, “guardate in Alto. Dal Cielo viene la Consolazione per ogni dolore del mondo!”. Vorrebbe ancora dire qualcosa, ma ecco che Chilijon afferra la mano destra di Mahlon, i letti sono vicini e, come suo padre, può dire chiaramente:

50. “Vieni, caro fratello, andiamo a Casa!”

- ‘Il giovane sangue pensa ancora alla patria della Terra da cui chiama come con mani…’.

- “Il papà è vicino, dietro a noi la mamma, le nostre mogli…”. Quando… che la Misericordia di Dio lo copre, gli occhi si spezzano. Poco dopo Mahlon si stende. E’ un ultimo sguardo che abbraccia chiaramente le donne. Di che cosa viene mossa l’aria? Sono le ali di quell’angelo che… Poi è finito.

51. Due vite si sono spente per questo mondo, due vite si sono risvegliate all’esistenza eterna! Il dolore è troppo grande, né attraverso le lacrime è permesso alcun sollievo. Ruth e Orpa aiutano a preparare i sudari, si lavano nel decotto e si mettono nuovi abiti. Tutto il vecchio viene bruciato.

52. Questa volta non c’è nulla da temere, si può tranquillamente adagiare i morti nella terra. Vengono persino dei vicini, che fanno lutto con Naemi e le giovani mogli. Delle donne di lamento che Coruja paga profumatamente, precedono il gruppo, tuttavia osservando una certa distanza. E’ d’obbligo la prudenza. Ruth e Orpa rimangono con Naemi. Le due ragazze e i servi, accolti nel corso dell’anno e che non si sono ammalati, si sforzano al massimo di fare tutto ciò che è giusto per la loro padrona. Non è solo la gratitudine perché sono stati risparmiati, sono anche il rispetto e l’amore, perché difficilmente troveranno ancora una padrona così buona.

53. La peste è morta. Non si è potuto sondarla. Tutto il paese è lieto. Festeggia di nuovo e presto – è il modo degli uomini – non si pensa più all’orrore. Nella casa di Noemi si rimane seri, ma servo e serva hanno la libertà, poiché sono giovani, di fare festa anche con il loro popolo.

*

54. Si sta compiendo il decimo anno, per Naemi un decennio all’estero, che le è diventato per metà patria. Ma il suo cuore sta tirando; e anche se non si possono portare con sé le tombe, – porta con sé i suoi cari, quando rivolge il piede verso ovest.

55. Si consiglia con Corusja. “Ti lascio qui le tue figlie”, dice lei triste. Farà cordoglio per entrambe, come per suo marito, come per i suoi figli.

- “Aspetta un mese”, consiglia Corusja. “Loro stesse devono decidere dove vogliono rivolgere i loro sensi”. Anche lui è colmo di sofferenza. Solo lui non ha perduto i suoi figli, le nuore sono sane, e può abbracciare cinque nipoti. Deve togliere a Naemi ancora l’ultima cosa che le può dare appoggio ed aiuto? - - ?

 

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Cap. 4

Un buon consiglio – Di ritorno in patria

L’insegnamento della Luce

1. “Ah, Padre, consigliaci” Orpa sta di fronte a Corusja. Naemi aveva istruito le sue nuore a non andare con lei. Anche se in Israele è sospesa da tempo la fame – la sua via rimane incerta. Le sorelle sono strappate di qua e di là da sentimenti, tra il loro padre e Naemi.

2. “Ve lo potrei comandare, ma non lo voglio. Mi è sempre certo il vostro amore, non importa dove siete di casa”. Il padre sopprime il resto. Si rivolge a Naemi, domandando chi l’accompagnerebbe. “Ecco…”, va a prendere un sacchetto da un cassetto, colmo di monete d’argento, “…è più che giusto ricompensarti per tutta la tua fatica.

3. Avete reso ricco il terreno, in maggese, inoltre, anche ingrandito. Questo ora mi appartiene, come era l’accordo con Elimelech. Non devi andar via senza ricompensa. Ne avrai bisogno per te e per le mie figlie”.

- “Per loro l’accetto, io non ho bisogno di nulla, abbiamo risparmiato un po’ ”.

4. “Anche senza le mie figlie è la tua ben meritata ricompensa. Ed ammetto: mi hai insegnato molto della tua fede, solo, che come superiore della città non mi devo confessare per questa. Sì, mi spinge qualcosa alla tua fede nell’unica Divinità; qualcosa di innato è difficile cancellare”.

5. “Non è necessario”, dice Naemi nel suo genere calmo. “Sei diventato un buon padrone della tua città; non sarebbe bene se ti rivolgessi apertamente. Ti aiuterà sempre la mia fede, il mio Dio, intendo! Festeggia con il tuo popolo le festività; pensa allora all’unico Creatore di tutte le cose della vita, adoraLo nel tuo cuore. E se nelle feste di sacrificio si invocano i nomi dei vostri idoli, allora non dare nell’occhio, quando le tue labbra tacciono e tu lodi il Nome del tuo, …del ‘nostro’ Dio”.

6. “Questo lo voglio fare! Ti ringrazio, Naemi! Non ho mai trovato nessuna dotta che è così intelligente, così buona e così coraggiosa come te. No, non dire nulla! – Ma ti sia ancora detto qualcosa: – Chi della casa viene con te?”

- “Un servo e una serva mi rimangono fedeli perché sono penetrati come te alla Verità. Quindi sulla via ho anche abbastanza protezione”.

7. “Questo non basta. Ti do tre protettori armati, anche il tuo servo sarà armato. Quanti carri avete?”

- “Quattro, ognuno con due coppie di buoi”.

- “Questi vengono condotti da servi di carri. Loro vi porteranno vino al Giordano, possono anche venire con te fino a Betlemme, poi ritornano da me. Ti sta bene?”

8. Naemi fa un sospiro di sollievo. Non ha fatto notare la pressione che era su di lei per via dell’incertezza. “Per questo ti benedica il Signore, mi fai del bene! Partiamo domani con il primo Sole. Addio, fedele amico, addio, figlie mie…”

- “No, no”, esclamano entrambe, “noi veniamo con te…”

9. “Non mi aspettavo altro da voi”. Corusja si fa forza, la sua voce non deve vacillare. E’ un addio amaro dal padre, da tutti i parenti, dalle tombe, che custodiscono l’ultimo del loro grande amore. Fin quasi all’alba viene fatto il bagaglio e caricato.

10. Ancora giacciono le nebbie su monti e valli, quando il superiore arriva con la sua gente. Sul primo carro siedono le tre donne. I protettori di Corusja e i soldati di Naemi cavalcano accanto. Per un lungo tratto li accompagnano. All’improvviso si voltano indietro. Naemi sente la tristezza di quest’uomo, quindi alla prima sosta in una locanda dice alle giovani donne:

11. “Tornate indietro! Il Signore vi fa la Misericordia come voi avete fatto a me e ai morti. Ma vi do la tranquillità e che troviate di nuovo buoni mariti”. Nascondendo il dolore del suo cuore, bacia Ruth e Orpa, e poi si volta. Due protettori e un carro pienamente caricato con il patrimonio delle figlie, devono tornare.

12. Entrambe supplicano: “Non mandarci via! Nostro padre è triste, ma lui ha i figli, nuore e nipoti; ma tu sei sola. Il Signore ci punisca se noi ti abbandoniamo! Abbiamo accettato la tua fede, vogliamo stare con il tuo popolo, vogliamo prendere mariti del sangue della tua stirpe”.

13. Naemi può contraddire? Oh, lei ha l’obbligo di indicare a Ruth e Orpa la loro via, Ma dove dimora la salvezza, maggiore che nella fede in un Dio? – Il viaggio continua. Anche il sacchetto di Corusja – anche se mondano – è una benedizione. Naemi ci pensa, come se significasse che qualche oste pretendesse troppo dal rincaro. Sì – più si tende verso il Giordano, più cari diventano alloggio e foraggio per gli animali.

*

14. La terza sosta il primo giorno. E’ ancora il paese moabita. Orpa è diventata molto silenziosa. E’ sempre stata calma, ma come Ruth, affidabile. Ora Naemi nota come questa guarda più sovente indietro, Invece Ruth, sempre in avanti. Solo più darti, nel pomeriggio, quando ben fortificati, si pensa alla partenza.

15. Naemi prende le figlie per le mani. “Tornate indietro”, dice frettolosamente. “Perché volete venire con me? Ma volete sposarvi nuovamente dalla stirpe del mio sangue? Io so cosa intendete”, per calmare tutto il suo dolore, fa un piccolo scherzo. “Vedete, io sono troppo vecchia e non ho bisogno di nessun altro marito. Ma se fosse, e venissero figli, volete aspettare finché sono diventati grandi? Allora potreste essere prima delle madri”.

16. Un sorriso corre sul viso di Ruth, mentre Orpa è triste. Il piccolo scherzo di Naemi svanisce. “Non così, care figlie, piango molto per voi, e su di me sono passate le mani di Dio. Voi portate insieme il mio peso. Tornate a casa, mie care!”

17. Ad Orpa scorrono le lacrime come un fiume, bacia Naemi, si congeda e sussurra piano: “Dimenticare te, cara madre, sarebbe un grande peccato. La nostra madre corporea ci è morta troppo presto; in te ne ho trovato una cara nuova. E tutto ciò che mi hai insegnato, lo tengo stretto nel mio cuore. Solo – tu comprendi – ho paura di un paese straniero, non sono coraggiosa come Ruth, purtroppo ho…”

- “Sta tranquilla, mia Orpa, va per la tua strada nella casa del padre tuo. Fai bene a ritornare. Altrettanto Ruth”.

18. Naemi fa togliere il suo carro dalla fila. Ma Ruth permane, mentre il carro (di Orpa) si rivolge già verso l’est.

- “Che ci stai a fare ancora?”, chiede Naemi, perché un’ondulazione del terreno ha già coperto Opra insieme al resto. “Segui tua sorella, è… forse… è voluto da Dio, il meglio per te”. Dà l’ordine ad un protettore di portare Ruth sul suo forte animale al carro, e poi… se volesse… di ritornare di nuovo da lei. Soltanto, che Ruth tende le due braccia a Naemi, ed esclama:

19. “Non insistere, che ti debba abbandonare! Ho conservato fedelmente la tua fede e l’ho trovata autentica. Anche se Dio mi volesse fare questo o quello, non tornerei a casa con Orpa. Per lei è bene, lo so da tempo, ma il suo amore rimarrà con noi con la sua fedeltà. E ora ti dico:

«Dove vai tu, là voglio andare anch’io;

dove rimani tu, la rimango anch’io.

Il tuo popolo è il mio popolo,

il tuo Dio il mio Dio!

Dove muori tu, anch’io voglio essere sepolta.

Il Signore mi faccia questo e quello,

la morte deve dividere te e me! – »

[Ruth, cap. 1,16-17]

20. Quando Naemi sente queste meravigliose parole dalla giovane bocca, rimane a lungo silenziosa, tiene molto stretta a se Ruth e dice sommessamente: “Sia ringraziato il Signore per questa grande bontà! Ora possiedo comunque una figlia, e voglio muovere le mie mani affinché ti vada ancora bene”.

21. “Muovo io le mie mani, madre Naemi! Nella tua vita hai fatto molto, e spetta a me provvedere a te. Ma dobbiamo andare avanti per arrivare al dazio (pedaggio, dogana). Mio padre me ne ha parlato. Conosciamo l’oste, là possiamo riposare in pace”.

*

22. La notte ha già acceso le prime stelle, il protettori le loro fiaccole, e così giungono bene alla locanda del dazio. L’oste insieme alla moglie sono molto indaffarati a servire i viandanti. Li si affida al ben meritato riposo senza fare molte domande. Solo al mattino dopo indagano diligentemente come stavano in Ar-Moab, esprimendo la loro gioia a Ruth che “il padre e i fratelli non si erano ammalati”. Lo dicono quando non c’è Naemi.

23. “Presso di noi, anche se abitiamo fuori, negli anni abbiamo avuto molti morti. La mia casa non è rimasta risparmiata. Un figlio e la sua ragazza, una nuora, sono stati preda di questa terribile peste. Ringrazio tutti gli déi: uno fra loro… quale? …li ha spenti”.

- Nel frattempo ritorna Naemi e si siede vicino a loro.

24. Ruth dice sorridendo dolcemente: “Hai ragione, amico di mio padre, di ringraziare un Dio, perché seriamente ne esiste anche solo UNO! Ma lo si sono inventato. Se qualcosa veniva su questo mondo, da dove venisse oppure che cosa ci sarebbe stato da pensare, si tendeva inconsciamente nell’ultrasensoriale e lo si chiamava ‘gli déi’.

25. Si cercavano i molti, guidati dalla spinta della vita, ma un po’ alla volta verranno dei tempi in cui si crederà in un solo Signore Dio. Come Lo si chiama, dove Lo si cerca, rimarrà differente, poiché da ciò risulterà tramite i popoli, reciprocamente estranei. Invece LUI, l’UNO, è e rimane ciò che Egli è, e non ci si domanderà quale Nome Gli si darà, ma solamente se Lo si ama, e il prossimo come se stessi!” Ruth sospira.

26. L’oste domanda pallido e stupito: “Ragazza, da dove hai questa sapienza?” Ruth indica Naemi, mentre lui continua: “Non molti déi? Soltanto uno? Questo non è bello! Tendere a molte cose in differenti déi, non deve essere omesso.

27. Può un solo Dio pensare o ordinare le molte cose che ci riguardano? Mi si confonde la testa quando mi assalgono mia moglie, i servi, le serve e i molti ospiti. Allora a volte non so cosa fare per prima cosa. Come potrebbe poi esistere un Dio se…”

- Naemi gli prende la mano.

28. “Rifletti una buona volta: tu sei convinto che gli déi, se ce ne sono, siano giganti, e starebbero al di sopra di noi. Visto dal nostro punto di vista avresti ben ragione come deve giungere fino a lui, all’unico Dio, la moltitudine di cose dalla Terra a Lui. Occupati così di questo Creatore, e cioè:

29. Dal caos di richieste indeterminate, dalle grida che gli uomini mandano in Alto, molto rimane bloccato sotto la coltre delle nubi. Non che non queste arrivino alle Sue orecchie, come se Egli non possa sentire le grida, magari non nemmeno ascoltare, ma perché la forza degli atteggiamenti umani è così miserabile, che l’Altissimo le lascia attaccate proprio sotto queste nuvole, per la protezione e la benedizione dei Suoi uomini”. Dato che l’oste fissa lo sguardo fuori al Cielo annuvolato, Naemi continua a spiegare:

30. “Non le nuvole che ci portano la pioggia – è il nebuloso nel cervello umano, che oscura e rende difficile la propria via. Oggi si chiede questo, domani il contrario! Dì tu stesso, che scopo ci sarebbe se Dio il Quale sapeva ieri ciò che chiedi domani, Si rivolgesse secondo i tuoi desideri che somigliano all’erba confusa nel vento? Allora Egli Stesso dovrebbe contraddirSi, se Egli dovesse – cosa che potrebbe assolutamente – adempiere giorno per giorno le molte richieste difettose degli uomini!

31. Poiché Egli è la Sapienza, colmo di Benignità e Compassione, perciò lascia valere solo quelle richieste che sono di utilità per un figlio. Fa attenzione: – Nel Suo Piano della via Egli da tempo ha benedetto per te, amico mio, per me, il sentiero, benedetto in anticipo! Solo di rado c’è l’esaudimento delle nostre richieste, troppo sovente molto stolte. La Benedizione è l’esaudimento dei Pensieri di Dio, finché c’erano ed esisteranno uomini!

32. Nondimeno, non solo noi uomini siamo inclusi nei Pensieri di salvezza di Dio, per innumerevoli altri figli c’è sempre un posto nel Suo Cuore, sulle vie della Creazione, che l’Altissimo ha preparato per ognuno. Tu ancora scuoti la tesa”, dice Naemi, “allora con un esempio ti voglio mostrare com’è costituito il santo-celeste Regime.

33. Tu hai quaranta servi e trenta serve, perché il tuo possedimento è grande e la locanda del dazio sulla strada nord-sud ovest-est porta giornalmente una quantità di gente. Se tu dovessi affrontare da solo questo, allora ti può bensì confondersi la testa. Quindi sei stato saggio e ti sei cresciuto un servo-capo e una serva-capa. Quello che loro stessi possono adempiere, con ciò non ti riempiono le orecchie. Solo che non possono decidere, in questo chiedono la tua volontà”.

34. “Sei per la prima volta nella mia casa, da dove sai queste cose?” L’oste è più colpito che stupito.

- “Indovinare questo non è difficile. In Betlemme avevamo proprio un nostro grande terreno, e nonostante non fosse una casa pubblica, molti forestieri che venivano per la via, prendevano volentieri da noi riposo e sosta.

35 Abbiamo agito come te; avevamo un capo-servo, sotto di lui ancora un servo-mediano e una serva-mediana. Ogni volta al mattino mio marito indicava il lavoro ciò di ciò che era da adempiere per il giorno. Che questo avveniva possibilmente senza attrito, per questo era responsabile il capo-servo e gli altri due che gli stavano a fianco. Naturalmente, mio marito sorvegliava tutto e si faceva riferire ciò che era da fare. In questo esempio devi imparare qualcosa.

36. Dio, il Creatore di ogni Vita, si è preparato i primi figli (principi della Luce), di cui ognuno ha assunto un compito principale. Sotto di loro stava un secondo gruppo, al quale seguiva un terzo e così via, perché ‘il popolo della Divinità’, detto fra noi, è innumerevole.

37. Ciò che noi vogliamo – intanto crediamolo – facendolo in modo giusto o sbagliato, su ciò veglia su di noi lo spirito dell’angelo a noi più vicino. Se è una piccolezza, allora si ha abbastanza Forza da Dio per aiutare e non c’è bisogno che si porti la nostra faccenda al Creatore. Perché il nostro angelo-guida non agirebbe mai diversamente da come è previsto nel Piano di Luce di Dio!

38. Se non può o non vorrebbe decidere lui stesso, allora presenta la nostra faccenda all’angelo che sta al di sopra di lui. Se questo lo può, allora lo fa nel Piano di Dio, se no, allora va avanti, secondo quanto è importante la faccenda. Allora non si tratta quasi ancora di un unico figlio d’uomo, e così si sale da un gradino all’altro, fino davanti al Trono di Dio.

39. Non pensare che l’Altissimo lo dovrebbe prima ‘sentire’, per poi annunciare la Sua Volontà! Questo ha a che fare con la beatitudine che Egli vuole dare ai Suoi figli. Il tuo uomo-capo è orgoglioso perché ti può rappresentare. Uno spirito di ‘figlio della Luce’, come si chiamano gli angeli, conosce pura gioia nel servizio, nella riverenza e nell’amore con cui adempie il suo dovere.

40. Noi non siamo in grado di comprendere il Regime della Divinità, e non lo sonderemo mai! Non ne abbiamo nemmeno bisogno. L’Operare di Dio è così meraviglioso che basta pienamente che vi crediamo con gratitudine. Chi fa questo, avrà sempre un ‘Orecchio aperto’ da parte dell’Altssimo, cosa che naturalmente non significa che il nostro desiderare è sconclusionato, che quasi sempre è attaccato al senso mondano, e che presto verrebbe esaudito.

41. Se Egli non lo fa, allora avviene ciò che e meglio per la nostra salvezza. Se lo riconosceremo solo dopo la morte, allora anche questa salvezza rimane come benedizione, come la Magnificenza di Dio, stesa sulla via della nostra vita. Ora basta. Se lo vuoi credere e farlo volentieri tuo, allora Dio ti manderà qualcuno che sa di più e può più di me. Egli ti insegnerà quella Sapienza con la quale affrontare la tua via del mondo”.

42. ‘Ancora di più?’ pensa l’oste. “Da chi sai ciò che m’insegni? Cioè, …insegnare se posso credere a tutto? Solo quella cosa con il servo-capo e la graduazione, …questo sembra importante. Ah…”, dice furbo, “…coloro che chiamavi angeli, sono allora dèi inferiori, e di questi ce ne sono di più di quelli che possiede Moab”. Ride a bocca larga, come se avesse messo Naemi in fuga. Lei rimane di umore serio e risponde:

43. “Liberati dalla fede negli idoli! Un angelo ci può assistere ad alto livello, ma non è necessario che siano passati attraverso un mondo. Coloro che fin dall’inizio della loro vita sono rimasti fedeli a Dio, hanno senza dubbio il diritto di protettori. Noi dobbiamo andare, il Sole ha già dato il cambio alla foschia del mattino”. Mette delle monete sul tavolo. L’oste le prende in mano. No, la figlia del suo amico ha cercato la sosta da lui, e poi la donna…

44. “Tu mi hai dato di più, che io per una notte. Prendi il tuo denaro, ne avrai bisogno. Se pensi che venga qualcuno che mi… che poi…”. Naemi doveva dire tutto, ignara se si adempie chi fosse quel ‘qualcuno’. Modestamente pensa solo ad uno dei loro sacerdoti che il Signore manderà ai bravi.

45. “Dio ti benedica insieme alla casa!”

- I carri se ne vanno. L’oste e sua moglie, che aveva seguito avidamente il discorso, guardano lungo la via sulla quale, presto, una nuvola piena di polvere chiude la vista.

46. “Mi sembra come se fosse andata via della cara gente”. Una donna intelligente! Mi è entrato quello che ha detto; vorrei credere a tutto ciò che è venuto dalla sua bocca”.

- “Anch’io”, confessa l’uomo, “soltanto, …vedremo, si deve riflettere su tutto”.

47. Parlano molto spesso di quello che hanno sentito, finché si adempie ciò che Naemi ha profetato, e lei stessa non sapeva se e come sarebbe avvenuto.

 

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Cap. 5

Avidi doganieri – Un giovane aiuta

1. Lungo le vie delle carovane che incrociano i confini, da anni sono stati posti delle guardie di là e di qua. Lo ha reso necessario il rincaro, il pericolo della peste, le lotte nemiche tra i popoli confinanti. E’ osato camminare lungo le vie segrete, lo rendono pericoloso i manigoldi.

2. Sul pedaggio, era stato loro indicato, ma non c’è nulla da nascondere. Inoltre, Corusja aveva dato una lettera su chi fossero Naemi, Ruth e gli accompagnatori. Soltanto, come ovunque nel mondo, non tutto passa liscio. Il comandante nella parte moabita interroga Naemi, fruga nei carri e lui stesso vorrebbe rilevare qualcosa. “Doni allo Stato”, dice in modo meschino.

3. Uno della scorta esclama arrabbiato: “Ti denuncio dal superiore, e lui porta oltre la faccenda, fino al re. Siine certo, sarai punito tu, non noi! La tua gente deve mettere di nuovo in ordine i carri, e poi lascia libera la strada!”. Questo aiuta. Il capitano sogghigna, anche furioso.

4. “Andate via! Di là, dagli israeliti, lo vedrete ancora ciò che fanno loro!”

- Naemi pensa ‘se sono più severi con noi? Non avrebbe scopo tornare indietro’.

- “Confidiamo nel Signore”, ammonisce Ruth, “Lui ci ha guidato magnificamente”.

- “Figlia!”, Naemi l’esprime imbarazzata. Di certo …la responsabilità è sua, e allora è comprensibile se a causa del male, talvolta diventa titubante.

5. Un moabita la tranquillizza. “Vi accompagneremo fin dove è possibile. Di là…”, indica con la mano una traccia attraverso uno stretto fiume, “…di là stanno le guardie d’Israele, ce la faremo anche con loro”. Non visto, si è aggiunto un viandante, secondo l’aspetto, un giovane.

6. “Anche lui è dei vostri?”, chiede il comandante, e indaga che cosa portasse nel borsello.

- “Niente per te! Controlla, non ho altro con me che pane e un sorso da bere. Anche se sono appena arrivato, faccio parte della carovana, mi ha mandato il mio Signore”.

- Ruth lo guarda stupita, conosce tutta la gente di suo padre, non questo giovane. Da intelligente, tace su questo fatto.

7. Naemi riflette. Il viso, i capelli chiari, gli occhi chiari, le sono estranei.

- Lui le fa cenno: “Imparerai a conoscermi. Il mio Signore mi ha ordinato di portarti a Betlemme, i giardinieri devono aiutare solo ancora ad attraversare il fiume”.

8. Uno ride divertito: “Tu? Vuoi guidare quelli che ci sono affidati? Penso che si debba proteggere te!”

- Il giovane sorride. “Ti dimostrerò se posso fare qualcosa. Non sono un mago. Chi si chiama così, lo fa per il divertimento della gente, oppure è un borsaiolo”.

9. Lui tocca la guardia di confine che lo scuote nelle membra, il quale assiste muto come la piccola carovana si mette in moto. Il giovane precede. Presso il fiume, a un tiro di schioppo, uno li nota. L’israelita, un doganiere, dice ai suoi servi che gli sono sottomessi:

10. “Quei manigoldi ci hanno tolto il meglio! Va bè, alleggeriamo delle ultime cose quelli che arrivano. Tre servi e un ragazzo; ognuno di voi si occupi di uno. Ah, hanno passato il fiume! Le donne stanno su un carro. Sono moabite; cacciamole subito indietro, e a piedi; prendiamo tutto il bottino, perché sono già sul nostro territorio.

- “ Per noi o per il giudice?”, ghigna uno degli insolenti.

11 “Stupido, chiudi la bocca, allora ricevi anche il tuo! Sono da dichiarare tre carri”?

- L’armato nega.

- ”Mettetevi di fronte!” Fermare i primi tre buoi non è difficile. Devono solo puntare le lance nel petto e, oltre a ciò, avranno buona carne.

12. “Olà, ragazzo!” esclama il doganiere, “togliti di mezzo, altrimenti ti faccio gambe!”

- Il ‘ragazzo’ rimane fermo davanti al primo carro e ferma gli altri. “Mi puoi insultare ‘ragazzo’, dice calmo, ma con una strana serietà che viene registrato persino dal doganieri. “Se tu fai le gambe a me oppure io a te, lo puoi vedere, se vuoi”.

13. “Mi prendi in giro? Questa me la paghi!”. Fa cenno ad un servo che rivolge la punta della sua lancia sul giovane.

- Ruth grida e Naemi scende dal carro. Con pochi passi è davanti. E’ la prima bugia della sua vita che esce dalla sua bocca, mentre afferra coraggiosa l’arma. Chiedendo perdono nel cuore, dice risoluta: “Non fagli del male, è mio figlio. Io sono vedova, sono della stirpe di Efraim e ritorno ora a casa. Qui il rotolo, doganiere!”

- Soltanto, che il doganiere – quale vergogna – non sa leggere. Per nasconderlo, spinge via Naemi. “Questo non ti aiuta! Avete fatto irruzione dalla parte nemica, quindi abbiamo il diritto di prendervi tutto”.

14. Dice il giovane: “Questo ti fa più ricco? Abbiamo bisogno di quello che abbiamo, per prepararci da un terreno incolto un buon campo”. Chi sa interpretarne il senso?

- Naemi presagisce: Israele, dove regna molta ingiustizia, e dovrebbe comunque diventare un esempio, somiglia al terreno incolto. Solo Dio ne può di nuovo creare un Eden, non il povero avere, con cui è da arredare una casetta.

15. “Hm, in Moab c’è terra incolta, il buon campo è Israele”, ride il doganiere.

- Di ciò si adirano i moabiti (i giardinieri al seguito di Naemi) che afferrano le armi.

- Il giovane alza la mano: “Non versate del sangue, cari fratelli, il mio Signore non lo vuole!”

- ‘Se solo si sapesse chi sono il Signore e il ragazzo. Costui può passare dal fuoco senza paura’, pensa ogni combattente.

16. “Facciamola finita!” Il ‘ragazzo’ va verso gli israeliti. E’ come se li spingesse al lato della via da una truppa di cavalieri.

- Incapaci di muoversi, vedono come i carri se ne vanno.

- Naemi cammina accanto al ‘figlio suo’. “O Signore, perdonami la bugia, lo dovevo proprio salvare!”

- “Io, te, Naemi”, sussurra lui a lei. “Aspetta fino alla prossima sosta, poi devi sapere tutto, e tutti i tuoi enigmi saranno risolti”.

17. A Naemi entra nel cuore: ‘E’ un messaggero di Dio’. Umilmente sale il suo ringraziamento al Cielo. Ruth, ancora giovane, attaccata al mondo, lo guarda con occhi diversi. ‘Lo si potrebbe amare di cuore, anche se è più giovane di me’. Come se potesse leggere i pensieri, lui dopo un po’, mentre hanno lasciato dietro di loro il confine rivolto prima a Naemi dice:

18. “Ti sei molto avvicinata. Il buon campo è ogni brava anima, il terreno incolto le altre. Qui era inteso Israele, sceso molto in basso a causa degli ultimi giudici, quelli della funzione di Giosuè che non vogliono più sapere degli altri né di Debora. Ma il buon campo è sempre la Luce. Se dimora nel petto di un uomo, tutto il popolo conosce ancora l’etica e l’autentica fede, allora fanno parte del terreno buono che è sempre di DIO!

19. Tu, cara Ruth”, le porge la sua mano, “mi puoi amare. Mi sei una sorella, io per te da tempo sono un fratello che imparerai ancora a comprendere. Sulle vie di Dio la tua anima starà bene”. Cammina di nuovo avanti, e Naemi, molto stanca, si appoggia a Ruth.

*

20. Scende una nuova sera. I giardinieri sono tornati indietro. Riferiscono al superiore sul ‘giovane’ e quello che è successo.

- Lui dice: “Sì, sì, Naemi è molto credente, c’è da credere a quello che dice: – Ci sono cose al di sopra del nostro mondo, sotto il Cielo di Dio, soprattutto in questo che noi uomini non sondiamo mai, e che comunque ci vengono portate vicino affinché uno le veda, …dallo spirito che ci ha dato il Creatore”.

21. E’ più un monologo tenuto dal moabita. “Mi diventa chiaro proprio ora e credo ogni parola”. Questo lo annuncerà più tardi il giovane, quando arriveranno a Betlemme. Ora, alla prima sera, nella patria di Elimelech, trovano sulla via una piccola locanda. I proprietari escono davanti al portone ed invitano gentilmente a fare sosta da loro.

22. “Dove siamo qui?” chiede Naemi.

- “La via conduce ad Aterot, siete nella tribù dei rubiniti (di Ruben). Posso sapere dove volete andare? Vi posso consigliare. Ho viaggiato in lungo e in largo ed aiuto volentieri”.

- “Lo stai facendo, Nafeot, il Signore ti ha benedetto. Perciò siamo entrati da te, affinché si faccia pace tra te e il tuo vicino”.

23. L’oste lo guarda corrucciato.

- “Ti devo dire che si tratta?” chiede il giovane.

- “Tu…? Come puoi sapere che…”

- “…ti ha offeso il vicino, così gravemente, che in una buia sera gli hai fatto un agguato. Volteggiando una solida clava gli sei corso dietro. Saresti un omicida, se un terzo non ti avesse bloccato, e anche il vicino, che voleva saltarti addosso.

24. Lo sconosciuto ti ha detto seriamente: «Bada a te, e ricorda il fratricidio di Caino!» Da allora hai evitato il tuo vicino, ha fatto passare su di te qualche male. Un’autentica espiazione per la volontà di fare un agguato all’altro. Vedi, la tua casa è migliore, quindi l’invidia gioca un grande ruolo. Potete diventare amici se lo vuoi, e l’altro sentirà anche le sue da me. Ammutolirà presto!”

25. Le donne ascoltavano ansiose il discorso. S’insinua la domanda su chi fosse il giovane. Ruth copre il desiderio del cuore di amarlo da marito. No, lui non è di questo mondo, e se fosse, non esiste nessun legame come esisteva con mio marito Chilijon.

26. L’oste afferra la chiara mano. “Mi sono pentito da tempo! La maledizione pesa gravemente di stare come un omicida senza l’intervento dello sconosciuto. Ma è fallita ogni fatica di fare pace con il mio nemico. Lui mi rimproverava un piano omicida. Ma io non lo volevo uccidere, solo…”

- “… dargli solo una lezione. Che poteva invece trascinarsi in omicidio, non lo hai pensato”.

- L’oste lo ammette titubante.

27. “Quando arriva il vicino, e verrà certamente, lo puoi credere, allora seppellite il vostro odio che era scoppiato per delle inezie. – Ora…” Il giovane indica Naemi, Ruth, il servo e la serva che sono appena entrati, “…preparaci un pasto ed assegna ad ognuno la sua camera”.

*

28. Presto viene apparecchiato ciò che è a disposizione della casa. Dopo vanno a dormire. Nessuno vede il giovane che non si sente come prende nella ‘pinza del Cielo’ il cattivo vicino – che ha pure avuto invidia e bramosia – ed ha alzato per primo l’arma con il desiderio di uccidere. Il povero omino diventa tutto misero quando, attraverso il giovane, il Cielo lo batte fortemente sulle dita, moralmente, inesorabilmente.

29. “Non sei degno che ti sostenga la Terra! Che cosa si deve fare di te con Dio? Hai offeso così duramente l’onesto, e volevi prenderti un avere forestiero. ... Tramite me, non c’è bisogno che tu sappia chi sono, ma ho il dono di guardare nel profondo del cuore di un uomo! Il vicino è disposto a perdonarti; dipende da te di andare da lui, e poi si farà pace tra di voi.

30. Ti sei già martellato duramente a volte, quanto qui e là ti sorgeva il pensiero di ammettere la tua ingiustizia. Perché te ne sei reso conto: solo molto di rado qualcuno ha osato venire nella tua casa. L’azione, vedi, era come un muro oscuro, anche se non visto, ma c’era. Per questo motivo si preferiva andare dall’altro, che è di animo migliore di te.

31. La larga striscia di sabbia che separa le vostre case – un segno per il mondo dove si offende amaramente per via di faccende da vicini – la potreste trasformare in un cortile per il bestiame, e delle carovane più grandi non passerebbero oltre come è già successo. Ma su ciò, che non ti guidi il vantaggio materiale, ma solo la buona ammissione e quanto hai peccato contro Dio!”

32. Il giovane se ne va, non si sente quasi come chiude la porta. Molto più colpito che l’oste migliore, costui rimane seduto. Martella sull’anima, in lui s’inalbera orgoglio e malavoglia, preme doloroso in lui come un fuoco ciò che lo sconosciuto gli ha saputo dire. Ha scoperto tutto, nulla è rimasto nascosto di tutto ciò che nessuno sapeva che lui stesso.

33. Non chiede chi era il giovane. Un …angelo? Pah! Si era elevato del tutto su Dio; Lui gli era diventato scomodo. Egli era il grande Ammonitore nella coscienza, che non era riuscito a far tacere del tutto. L’uomo rimane seduto fino all’alba, contendendo, una volta piangendo, senza sapere a chi erano rivolte le lacrime; l’onta, il pensiero opprimente… Devo confessare la mia colpa dinanzi a Dio, e non mi rimane altro che prendere ‘la via’ che ha consigliato lo sconosciuto.

34. il giorno dopo Naemi dà all’oste il suo. Dato che è poveretto, accetta anche le monete d’argento. Il giovane dice che sarebbe giusto di accettare il pagamento, ed aggiunge: “Appena ti accorgi che il vicino vorrebbe venire, è solo la vergogna che ostacola il suo piede, allora fagli cenno. Perché vedi, l’uomo si vergogna dinanzi a Dio, se deve confessare i suoi peccati.

35. Se la Bontà di Dio non levasse il Dito per fare cenno all’uomo: ‘Veni ora, da Me trovi il Perdono!’ – oh, la maggior parte dell’ingiustizia rimarrebbe non espiata! Anche tu hai indugiato ad aprire a Dio il tuo cuore, e in qualche Atto di Grazia hai notato come ‘il Signore dell’Amore’ ti ha aiutato. Questi erano i Cenni del Suo Dito, e così non dimenticare di fare un cenno anche tu!”

36. Con un saluto di benedizione l giovane se ne va di nuovo in punta, i buoi cominciano a tirare. Dietro una colonna sta l’oste della fattoria accanto e guarda dietro alla carovana. Sollevato e di malumore, passa in rassegna il suo lavoro, posa sovente fuori il suo piede dove dovrebbe andare, guarda di sbieco di là e ritorna di nuovo. Che lo spinge ‘la mano di Dio’ non lo può ancora sapere.

*

37. A mezzogiorno si fa sosta in un giardino. “Appartiene a un ricco”. Nessuno si stupisce perché colui con i riccioli biondi sa tutto. “E’ un uomo buono che lascia il giardino per coloro che non possono servirsi di nessuna locanda. Ecco perché è anche benedetto e nessuno gli potrebbe fare del male.

38. Raccolgo anche la frutta, il servo può fare qui…”, indica un punto vuoto, “…del fuoco. Là ci sono i bastoncini con cui si fanno le scintille”. Dapprima si liberano i buoi. La serva va al pozzo a prendere l’acqua, Naemi cuoce il pasto, Ruth porta la frutta. Per via degli animali, ci si riposa un po’ più a lungo. Naemi si siede vicino al giovane e chiede titubante se può domandare qualcosa.

39. “Perché no?” è la risposta. La mano delicata prende quella di Naemi diventata stanca e raggrinzita dopo il lavoro. “Non si può dire tutto a Dio?”

- “Tu non sei Dio; sei soltanto… il Suo messaggero; e così davanti a Dio e a te c’è la lingua”.

- “Te ne vuoi far liberare?”. Uno sguardo colpisce con tanta gratitudine il giovane, che getta le sue braccia intorno a Naemi.

40. “Non si può nascondere nulla davanti a Dio, nemmeno ciò che è solo pensato. Esiste una vergogna, se si fa intenzionalmente qualcosa di male e ci si rende conto di questo. Un cuore che è rimasto pio per tutta la vita è come il tuo; perciò non ci si deve vergognare degli errori. Dio conosce appunto la stanzetta, il più umano nell’uomo, l’inabissarsi di uno spirito nel mondo, per vivere anche con uno caduto. Egli conosce l’essenziale dei caduti, Egli vede fin nell’oscurità più profonda. Davanti a Lui nulla è nascosto! Se no, perché allora la vergogna nel posto sbagliato?”

41. “Hai portato la tua parola dal Cielo…” Naemi sospira. “…e comunque, rimane ancora qualcosa. Non sono per nulla così religiosa come tu parli amorevolmente di me. Elimelech era molto pio e mi ha mostrato ciò che dovevo fare e non fare; secondo la fede, intendo. Tu saprai che provengo da Ijon, dove d’abitudine è il paganesimo. Mio marito mi ha portato al vero Dio.

42. Considera che ho imparato i Comandamenti essenziali che Dio ha dato al grande Mosè sull’Horeb: i dieci Comandamenti! E là comincia la mia domanda. Elimelech ci ha portati sicuro a Moab, per strapparci dalla rovina che era venuta su Israele. Non credo che questo venga calcolato come un peccato.

43. Perché abbiamo dovuto attendere dieci anni? Non è stato questo una trasgressione ai dieci Comandamenti di Dio? Il peso cade su di me perché prima ero pagana?”. Naemi piange.

- Anche Ruth è abbattuta, che lei, la pagana fosse colpevole della morte di suo marito. Scorrono le lacrime.

- Il giovane si sposta e siede tra le due donne.

44. Lui accarezza le loro guance. “Non c’è nessun motivo di lamentarsi oppure di vergognarsi davanti al Signore. Se la vostra via fosse la trasgressione dei santi Comandamenti, allora, mie care, in questo mondo non ci sarebbe nessun uomo per millenni che fosse degno di rifugiarsi in Dio con i suoi peccati.

45. Ciò era guidato, perché Elimelech era diventato scomodo al vostro giudice. Lui lo infastidiva col giuridico. Non gli era troppo maligna nessuna azione per intorpidire la sua coscienza, per annientare i molti. Potrai gridare che la punizione sarebbe venuta su di te perché i tuoi cari sono defunti all’estero. Per il mondo sembra così, soprattutto perché sei diventata povera. Che il giudice è un menzognero, un assassino e un ladro, lo dovrà presto confessare, perché la Mano di Dio si leverà contro di lui, - ma non come un fedele cenno del Suo Dito!

46. Quanto poco buono sarebbe Dio a punire qualcuno che è nato pagano! La parola significa meno che un vento che passa sull’erba della steppa! Ovunque ci sono anime buone come in Israele. In questo ce ne sono pure una moltitudine di cattiva gente. Il Signore fa splendere il Suo Sole non solo su un luogo, e la Sua pioggia benedice tutto il Suo Paese.

47. Nessun popolo, nessuna unica stirpe può sussistere, se in loro regna solo l’oscurità! ‘Uno porti il peso dell’altro’, si dice. Come potrebbe sussistere una stirpe oppure un intero popolo, per quanto utile per il mondo, se non in ognuno i figli della Luce non portassero quel peso che gli oscuri portano con sé dal povero abisso?

48. Così Dio benedice i cattivi tramite i buoni ed Egli stesso prende nella Sua mano i loro pesi. Come e quando per questo mondo – non lo dovete venire a sapere pienamente. Voi avete percorso la buona via, dopo aver trovato Dio. Siete sempre rimasti fedeli agli uomini, nonostante la peste, avete anche amato i poveri e gli abbandonati. Perciò nel vostro libro della vita sta scritto del bene, che è aperto sull’Altare di Dio, …tutti i libretti!

49. Questo non sia una lode, vi liberi solo dalla paura che non potreste sussistere dinanzi a Dio. Da sé non si può guadagnare molto tramite la via del mondo, intendo senza di LUI! Egli è un Padre di tutti i figli che una volta si sono allontanati come dei fedeli, che sono rimasti sempre sotto il Suo governo.

50. Nella Mano destra riposa la Sua Grazia, Egli sa quanto difficile può essere una via del mondo. Nella Mano sinistra Egli tiene la Misericordia. Questa Caratteristica corona ogni Opera che proviene dalla Sua Ricchezza di Creatore. Come non dovrebbe appartenere soprattutto al popolo dei figli, Grazia e Misericordia? Perciò, gettate oltre bordo le vostre preoccupazioni! 51. Arriveranno altre preoccupazioni, per cui avrete bisogno delle Forze dalla Luce. Che osservate l’alto insegnamento di Dio ancorato nella Sua Legge fondamentale, lo dovrete dimostrare quando sarete arrivati a Betlemme. Non temete questo giorno, la MANO di DIO è sopra di voi!”

51. “Non rimani con noi?” chiede Ruth. Lei sente come Naemi, come se Dio stesso avesse camminato accanto a loro con il giovane.

- Il chiaro sorride. “Se qualcuno ha eseguito in incarico, allora può assumere altri doveri. Se l’Aiuto di Dio fosse sempre visibile, chi si pottrebbe affermare? Gli aiuti segreti sono quasi sempre i migliori per gli uomini, qui e là anche visibili. Una cosa pareggia l’altra. Ora venite, affinché domani raggiungiamo Betlemme”.

52. Tutto ciò che il giovane ha detto, scende profondamente nel cuore delle donne. Da tutto, colgono la Forza che DIO sa donare.

 

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Cap. 6

L’arrivo in Betlemme

Il buon insegnamento consola, ma la casa è tutta diroccata

1. “Chi sono questi?”. Un servo tocca l’altro ed indica la piccola carovana che si muove dalla via dei campi verso Betlemme. Sono la gente del ricco Boas. Lui ha superato gli anni meglio che altri, grazie ad un amico in Siria. Il padre è morto qualche anno fa, la madre presiede ancora la servitù.

- Lei è robusta, di buon animo, ed ha sovente uno ‘sguardo lontano’, chiaramente dall’amore umano del suo cuore. Questo la rende molto amata, perché aiuta come e dove può.

2. Anche questa fa ombra ai suoi occhi, quando esce di casa e si domanda, come i servi, che cosa avessero da significare quei poveri carri. Il giovane che conduce il primo, dà subito all’occhio. Un affetto sconosciuto colma il suo animo, e compassione per la gente che si avvicina al suo villaggio.

3. Allora vede il volto della donna. “Non è …può essere possibile?” Somiglia a Naemi, certo, invecchiata. Non sarebbe ancora così vecchia, malgrado il decennio, da quando si sono strette le mani nel commiato. E la donna accanto a lei? Ambedue portano buoni vestiti; solo la carovana sembra sciupata. Il giovane è forse il marito della donna giovane?

4. Colma dalle supposizioni, la madre di Boas si avvicina. Con grida di gioia ferma i carri, si precipita su Naemi ed esclama: “Lo sei davvero? Dov’è Elimelech? Dove sono i figli? Devo chiamare Boas. Venite da noi, dovete sapere dove sono i vostri averi!”

- Naemi indica un ampio campo, ora trascurato, e nel mezzo una casa che, rosicchiata dal dente del tempo, ha l’aspetto di una rovina. Gli occhi le s’irrigidiscono.

5. “Là, Hanea, è la mia casa; là voglio essere…!”

- “Ti prego, non subito”, supplica Hanea, “parla prima con mio figlio. Siete stanchi, affamati, e anche i vostri animali stanno per crollare. Per via della vecchia amicizia, fammi provvedere a voi!”

- Il giovane annuisce, aiuta le donne a scendere dal carro e dice ad Hanea: “La tua casa è benedetta e sta sotto la fedele Custodia di Dio perché agite nobilmente sui vostri vicini ed avete fermato la peggiore ingiustizia. Io stesso te ne ringrazio”.

6. Hanea è confusa. Il giovane è così diverso dai ragazzi qui del luogo. Chiama svelta una serva: “Và sul campo, chiama mio figlio”.

- La serva corre via e dopo non molto tempo arriva Boas con passo svelto. Nel frattempo hanno portato i tre carri nel cortile, liberati i stanchi buoi ed anche rifocillati subito. Nella sala, Hanea invita gli ospiti a tavola. La serva di casa che prepara il cibo, viene spinta. Lei stessa corre volenterosa ascoltando con piacere che cosa sarà ben della gente forestiera.

7. Boas riconosce Naemi a prima vista, mentre lui stesso allora era ancora molto giovane. Non ha mai dimenticato quante volte lei lo aveva aiutato, quando aveva commesso qualche piccola birichinata e chiedeva indulgenza al padre severo, per cui qualche ben meritata punizione era quasi sempre mitigata. Lui è diventato un uomo buono, diligente, giusto e amato. Si getta subito al collo di Naemi, coprendo la sua preoccupazione. Le ha da annunciare molte cose non buone.

8. Al giovane succede come alla madre. Guarda esaminando, dal ragazzo alla giovane donna. Lui non sa proprio che Ruth è già vedova ed è la nuora di Naemi. Lo si saprà un poco alla volta. Naemi descrive i suoi anni in Ar-Moab, la morte del marito e dei figli, pronuncia molto l’aiuto del padre di Ruth, sulla via quello del giovane, la fedeltà di Ruth, non dimentica di lodare servo e serva. “La mia nostalgia per la fidata Betlemme… ah…”, conclude il racconto.

9. Figlio e madre ascoltano scossi. E quanta paura segue ancora. Boas fa i pugni sotto il tavolo. Il giudice, giudice…? È un mascalzone, indegno di condurre il loro popolo! Ma questo non aiuta. Naemi deve sapere la verità. Meglio subito. Allora il giovane mette una mano sulla spalla di Boas. “Sta già arrivando la notte, lascia riposare tranquillamente la mia gente stanca sotto il tuo tetto. Cose oscure verranno ancora abbastanza presto”.

10. Boas ammette: “Hai ragione, strano che non sei troppo stanco”, guarda indagando il ‘giovane’. “Vorrei parlare un po’ con te”.

- “E’ anche il mio pensiero. Se vuoi, andiamo nel campo”. Dopo che i ritornati a casa si sono coricati e nonostante i molti pensieri che tormentano soprattutto Naemi, si sono presto addormentati. Boas e il giovane escono dalla casa, e la madre li segue chiudendo dietro a loro.

11. “Posso chiederti chi sei?”. Boas ferma il passo quando arrivano al campo sul quale oggi c’era stato un ricco raccolto.

- “Domandare non è nulla di male, se l’interrogante si accontenta della risposta che riceve”. concede il giovane.

12. Hanea interviene: “La tua risposta sarà per noi un enigma. Ma vorrei sapere molto di te”.

- “Anche ottenere una conoscenza non è un male, quando la disponibilità di aiutare è il pegno della brama di sapere. Vi preoccupate molto e fate bene. Ma cambierà molto. L’avidità cade nella propria fossa, e la morte toglie via il cattivo!” Viene pronunciato così gravemente, che Boas e la madre si discostano un po’.

13. “Non abbiate paura”, il giovane indica il chiaro esercito delle stelle che nel frattempo è spuntato. “Là è il campo del Cielo dove operano i figli di Dio e vengono qui per eseguire la Sua Volontà. Io…”

- “Perdona, che interrompo”, un singhiozzo scuote Hanea, “tu sei disceso per aiutare la nostra povera vicina. Le si è fatta molta ingiustizia”.

14. “Anche questo! Quando me ne sarò andato, saprete anche chi ero”.

- “Non vuoi aiutarla nei suoi momenti difficili?”

- Boas se ne stupisce. “Chi potrebbe farlo meglio di te?”

- “Giusto, caro fratello. Ti dico solo: che cosa volete fare voi? Ti sei subito prefisso di andare a cavallo a Gerusalemme per estirpare il male; e tu, mia cara sorella…”, prende Hanea forte nelle sue braccia, “…vuoi tenere la vicina in casa finché potrà riprendere indenne di nuovo la sua proprietà.

15. Questo potrebbe avvenire subito, se fosse per l’utilità di tutti. Solo, che i miracoli di Dio sono diversi da come l’uomo se li dispone. Oh, possono arrivare come una tempesta, allora c’è un elemento celeste che è passato, che non serve al singolo, anche se si adempie per via di qualcuno. Oltre a questo – avevi una domanda”, rivolgendosi di nuovo a Boas.

16. Boas confessa: “E’ già superata, perché so che non ti unisce nulla di terreno a Ruth. Ah, lei è già vedova ed ha ancora un viso così infantile, così caro”.

- “Perché è buona di cuore! Il vostro popolo crede generalmente che tutta la gente che voi chiamate pagani, sia cattiva, che li rovinerebbe la dottrina degli idoli. – Come stanno le cose nel vostro popolo, che crede in un’elezione come unico tra tutti i popoli del mondo?

17. “Smettila! Io e mia madre non lo crediamo! Perché allora non dovrebbero esserci tali giudici, com’è il nostro attuale. Da noi non esisterebbero ladri, ipocriti, rapinatori, omicidi! No! In questo senso siamo simili a tutti i pagani. Solo i molti déi, questi ci sono un abominio, gli idoli!”

18. “Anche ad altri. Ma quante volte Israele ha adulato il culto degli idoli? Indaga indietro fino al tempo del monte Sinai! Ha Dio un solo Dito con il quale Egli può creare? Un solo Pensiero di Luce da cui solleva le Sue Opere? Egli si deve accontentare di un solo popolo, di un solo povero mondo? Egli dice a uno: «Vieni qui!» E ad un altro: «Va via?» In ciò potrete riconoscere com’è anche costituito il vostro popolo. Dio, il Santo, deve scegliersi un unico numero, dato che Egli è proprio l’eterno-incommensurabile moltitudine?”

19. “Ti sono grata, hai aperto l’occhio interiore”. sussurra Hanea.

- “Questo è sempre la cosa più importante! Chi sa guardare interiormente, a costui non mancherà la vista esteriore. Siate tranquillizzati per via di Naemi. Certo, per lei è ancora difficile, ma è colmo della Grazia di Dio. Dovete riconoscere il loro buon orgoglio che ha la povertà, e non volerlo spezzare.

20. Io resto pure domani e vengo con te dal giudice a Gerusalemme. Dapprima sarà come se non ci sia nulla da fare; ma la Mano di Dio è venuta su di lui, alla quale lui non può più fuggire!”

- Ci si rivolge verso casa. Boas bacia il giovane ed accarezza il volto di Hanea. Gli occhi di colui che ha i riccioli biondi, splendono nel bagliore della lampada che Hanea ha acceso per fargli luce fino alla sua cameretta.

*

21. Il mattino segna il giorno, grigio e coperto. Allo stesso modo è coperto in Naemi. Non c’era da aspettarsi molto di buono, perché dieci anni lontano, chi avrebbe dovuto occuparsi della casa e dei campi, se nessuno sapeva quando il proprietario sarebbe ritornato?

22. Sono seduti a tavola. Hanea distribuisce il cibo. Mentre era ancora buio, aveva messo molto in un carro. All’improvviso il giovane era stato accanto a lei, il quale aveva detto: “Chi dà di cuore generoso, ha la benedizione più ricca. C’è ancora quella generale che Dio fa giungere ad ognuno attraverso la vita. Per coloro che negano Dio, l’Altissimo, e non lo possono comunque, vale la benedizione della Grazia. Certamente essi negano, ma non serve a nulla, perché per costoro, DIO è la coscienza più pesante!

23. Puoi credere che Dio è onnipresente?” – Non è una domanda facile.

- Hanea fa uno scatto. “Non lo so; so solo che Dio è onnipotente e non ha bisogno di camminare accanto a noi per guidarci, ammonirci e preservarci da qualche male. Se questo può significare l’Onnipresenza?”

24. “Una risposta magnifica”, loda il giovane. “E’ proprio così! Oltre a questo, Dio comparirà ovunque, visibile o invisibile, laddove serve ad un alto scopo. Da quando Naemi è giunta sul tuo terreno, anche Lui è presente. No…”, respinge gentilmente e blocca Hanea che vorrebbe gettarsi giù perché crede che potesse essere il giovane, …in forma velata. “Non sono Dio, sono uno dei Suoi figli.

25. Oggi sperimenterai come si sciolgono i fitti nodi, e come delle confuse vie conducono dal buio della confusione umana alla Luce del giorno. Non hai pensato ingiustamente guardando al Cielo pesante, grigio: ‘Così è il futuro di Naemi!’ Avanti, cara sorella! E’ una prova per tutti voi.

26. Tuo figlio sospira, i pensieri hanno fermato il suo sonno per ciò che i poveri devono sentire oggi. Se Dio è presente, puoi lasciar cadere la tua preoccupazione, il tuo essere preoccupata per Naemi, ma non dei suoi. E come hai dimostrato…”, indicando il carro sotto i cui teli hai messo qualcosa, “…così compiace al Padre tuo”.

*

27. A causa del discorso, Hanea ha l’aspetto così lieta a colazione, tanto che Boas pensa: ‘Come può essere lieta la madre, dove…’ Un suo sguardo, come se le fosse divenuto consapevole il suo pensiero, la fa guardare al giovane, il quale pure è contento. Ah, sì, lui è un ultraterreno non è pressato dalle faccende del mondo. Ma lui, Boas, la madre, Naemi e…

28. Indugiano con il pasto, per lo stupore della gente. Diversamente, il lavoro comincia presto al mattino e il crepuscolo conclude l’opera del giorno. Contro le normali abitudini, il servo maggiore chiede che cosa si sarebbe dovuto fare oggi.

- Il suo padrone lo informa. “Cominciamo con il secondo campo di frumento, per il grano c’è ancora tempo, pure per il resto. I pastori devono venire più vicini, qualche animale è pronto per la vendita”. Allora sospira di nuovo. Ci si separa malvolentieri da un animale che dev’essere macellato, ma se le mandrie sono troppo grandi, se non c’è abbastanza pascolo... “Oggi devi vegliare tu”.

29. Il servo maggiore è lusingato e distribuisce il lavoro come lo desidera Boas. Naemi era già uscita. Nonostante il cielo grigio che copre molte cose, vede la decadenza della casa una volta così bella. Era stata dipinta di bianco e persino le stalle erano di un colore chiaro. Soprattutto, si vede solo macerie. Ci va da sola. Boas vuole seguirla.

30. Il giovane lo trattiene in modo serio: “Lascia passare il peggio su di lei, da sola ce la fa prima. Le sue lacrime, la sua preghiera, solo il Signore deve vedere e sentire”.

- “Lei è una donna”, respinge Boas, “può superare da sola il peso”

- “Ma sì! Non conosci la forte anima di Naemi. Dopo la devi aiutare e ci sono io, perché non può subito comprendere il mondano”.

31. “Mi dispero perché sono stato sottomesso agli ordini del giudice. Quanto si arrabbierà Dio con me!”

- “Egli non si arrabbia! Talvolta sembra come se Egli non si curi del mondano, come se Egli permetta l’ingiustizia. Oh, nulla va oltre quel confine che l’Onnipotentissimo traccia: per il singolo, per ogni faccenda, per ogni popolo! Domani te ne renderai conto!”

32. “Dal giudice?” Il celeste non temerà, quando il mondo volteggerà la verga?

- La Luce sorride.

- Ruth esce di casa e vuole precipitarsi da Naemi. Anche lei viene fermata, e anche Hanea. “Rimanete!” ammonisce il giovane. “Un dolore può essere santo, allora nessun estraneo può consolare”.

- Ruth piange: “Io, la figlia, non lascio sola madre-Naemi. Non le sono mica estranea!”

33. “Calma, cara Ruth. Non puoi vedere la cosa più profonda che si svolge nell’altro. Per quanto volete fare del bene, che viene sempre benedetto, qualche volta è meglio ciò che non viene fatto. Dopo ci andiamo insieme, allora è il giusto tempo di Dio. Venite, aiutiamo a portare i carri dietro la casa”. Non vi è un posto dove possono stare,” risponde Boas.

34. “Avete affittato la casa?” chiede Ruth.

- “Inizialmente no. Abbiamo sorvegliato finché i vicini si sono lamentati dal giudice. Allora abbiamo dovuto lasciarla, altrimenti la casa di Elimelech sarebbe ancora così come lui l’ha lasciata. Mia madre si è sovente stupita del perché all’improvviso sono andati all’estero. Pur se gli anni della fame erano difficili, anche noi li abbiamo sopportati.“

35. Il giovane spiega: “Tu ed Hanea non sapevate, e tuo padre ha taciuto, che il giudice a causa di una falsa testimonianza voleva uccidere Elimelech e rubargli i suoi averi come ha fatto con molti. Allora Elimelech ha preferito questo oltraggio, per espatriare a causa della fame, ma in realtà per salvare sua moglie, i figli è se stesso. Per gli uomini è bene che non siano venuti in patria, perché il laccio può essere ancora utilizzato. Le loro anime hanno trovato la via di Casa e Dio lo ha fatto più magnificamente di come voi uomini avreste potuto sperare”.

*

36. Sono passate due ore. Ci si domanda nervosi che cosa accade nella casa diroccata. Ah, è una sofferenza, benché riguarda l’esteriore. Finché l’uomo vive sulla Terra ne ha bisogno, sia che sia grande, modesta oppure no. Così succede anche alla donna che è tornata nella sua proprietà e non trova altro che decadenza e luoghi devastati.

37. Non si batte le mani sulla testa. Passa attraverso le stanze, le porte strappate, non vi è nulla, nulla di ciò che era stato lasciato indietro. Allora le viene il pensiero: ‘Hanea e Boas avevano fatto bene a sentirsi colpevoli? Non potevano vegliare un poco? Lei ed Elimelech non avrebbero mai abbandonato la proprietà del vicino. E nemmeno coltivato il campo? Questo sarebbe stato per la loro utilità. Ora nulla, ma proprio nulla! – Non è amaro?’

38. Lotta contro le sue lacrime. Dieci anni! Sì, chissa, che cosa è successo qui. Che tutto è stato rubato fino all’ultimo pezzo, di questo, Naemi se ne rende conto; ma da Hanea non ha visto nulla di cui avrebbe potuto dire: ‘Questo è mio!’ Tuttavia, – Betlemme è un villaggio povero, loro e il marito di Hanea erano ovunque la gente più ricca, ricchi in contrasto a molta povertà, pure ovunque. Quindi è comprensibile che la notte e la nebbia abbiano invaso la casa. Adesso non le viene ancora la Verità.

39. Attraverso ampie crepe nel muro, sui quali pendono i resti del tetto, vede i campi grigi, pietrosi. Sta seduta su un pilastro rovesciato, e riflette come si possa aggiustare la rovina. Su un carro c’è ancora semenza. Boas aiuterebbe a erpicare un pezzo di campo. Solo, che ora è tempo di raccolta, ci sarebbe da aspettare un anno prima di poter pensare ad un piccolo raccolto se… il suolo diventato duro come una pietra… lascerà germogliare la semenza. O guaio!

40. Fa i conti per quanto tempo potrebbero vivere di ciò che si sono portati. Non si vuole separare dal servo e dalla serva; ha anche bisogno del loro aiuto. Lei stessa non può più essere così diligente. E Ruth, la figlia di un vice re… No, lei non è una serva. Non lo sospetta che cosa possa fare Ruth. Immersa in sé, Naemi sta accovacciata e non sente l’arrivo dei suoi amici.

41. Il giovane la consola. “Sei giustamente triste. Tutto è stato portato via di ciò che era stata la vostra proprietà. Intenzionalmente si è lasciato cadere tutto alla decadenza. Ciò per due motivi: – Doveva essere un avvertimento che nessuno dovesse fuggire come Elimelech. E se tornasse, allora doveva essere lo scherno e la derisione del più povero del suo popolo, se… E’ perdonato prima che ti colpisse il pensiero del perché i vicini non hanno mosso le mani per preservare la tua proprietà. Non sai ancora del perché tuo marito ha lasciato il paese con voi. Potrai misurare il grande amore di tuo marito, che è fuggito all’estero solo per via di voi.

42. Il giudice ha commesso molto male. Per pareggiare, voleva punire con la morte gli uomini che avevano parlato contro di lui, i vostri migliori. Non è stato difficile scegliere falsi testimoni presso la servitù che vive in ogni popolo. Elimelech era stato il primo a voler deporre il giudice. Perciò l’ira di questo non conosceva limiti. Ma prima che alzasse la zampa per abbattere la ‘selvaggina’, una notte Elimelech è stato avvertito, e tu sai quanto frettolosamente siete partiti il mattino successivo.

43. Per sé solo avrebbe sopportato volentieri l’ingiustizia del giudice, perché con ciò si sarebbero risvegliati molti tiepidi ed avrebbero eseguito ciò che non gli era più possibile. Ma si trattava di te, dei vostri figli, che sarebbero caduti insieme nel giudizio ingiusto, perché quello voleva riscuotere i vostri beni. Ma dato che gli eravate fuggiti, ha emesso l’ordine, che ognuno, che avrebbe mosso anche solo una mano, un dito per voi, sarebbe capitato nella tortura.

44. Il marito di Hanea, lei stessa e Boas, volevano conservare almeno la casa, ma sono stati denunciati quando di notte volevano provvedere all’ordine. Quello che c’era da prendere degli averi, del bestiame, il giudice ha preso tutto. Inoltre, tutto il raccolto. I buoni alberi, coltivati con molta fatica, l’edificio, tutto fu distrutto. Così è successo ciò che devi vedere oggi.

45. Naemi, ti è molto difficile cogliere il peso dalla mano del Padre, di Dio?”

- Hanea piange nel suo fazzoletto, Ruth è in ginocchio accanto a sua madre, anche Boas non comprende il giovane. Come ultraterreno dovrebbe sapere ciò che lui, Boas, vede: la povera donna è alla fine delle sue forze. Lo colpisce uno sguardo, così seriamente ammonendo, in modo che raggela nel grigio calore. Egli ascolta del tutto scosso la risposta di Naemi.

46. “Cogliere dalla mano del Dio Padre la cosa più difficile, …ah, oggi non lo so ancora se anche questo è da considerare come benedizione, come quando morirono mio marito, i figli, come se, nonostante il dolore più amaro, si potesse ringraziare Dio, l’Altissimo, perché eravano stati liberati dalla peste. Il più grande amore è di non pensare a sé, ma solo a coloro che sono stati preparati per ‘andarsene’. Anche nel dolore ho ringraziato il Padre della Misericordia.

47. Oggi…?” indica la devastazione, “non si tratta della liberazione dalla fatica di questo mondo. Non penso a me, penso a questa povera figlia…”, attira Ruth nel suo grembo materno, “…penso ai miei fedeli che mi hanno seguito volontariamente. Come devo aiutarli se le mie mani sono diventate vuote? Non voglio deludere Dio, mi voglio lasciar caricare il peso sull’anima, ma ringraziare… Come posso?”. Torrenti precipitano dagli occhi di Naemi. Così a lungo trattenuti, coraggiosa fino all’ultimo… ora è spezzata la Forza, come lo ha visto giustamente Boas.

48. Il giovane alza le mani. Nel grigio della stanza si attizza come un bagliore in tutti gli angoli, quando dice: “Naemi, sii consolata! Aspetta un poco. Non sei messa alla prova tu, ma la tua faccenda sarà la faccenda del popolo! Nella grandezza della tua anima, altri si devono arrampicare finché ritrovano la fede che è diventata rara in Israele, …come sovente, da quando i primi del vostro popolo sono espatriati dal paese di Abramo.

49. In te si deve riconoscere che la guida di Dio non ha fine, e che la cosa più difficile di questo mondo non giunge fino al Cielo! Soltanto il Cielo, cioé la Luce e l’Amore di Dio, la Sua grande Misericordia del Cuore, giungono fin nelle più lontane lontananze dei confini della Creazione. Ma quanto poco potete misurare l’altezza fino al Cielo – che per gli uomini sarà sempre infinita – così ancor meno misurate il limite di ogni Creazione che Dio ha creato ed eternamente creerà dalla Sua Onnipotenza!

50. Boas! Chiama un servo e una serva; questa stanza…”, indica nel vano, “…si può sgomberare, che intanto possa servire come dimora. Nella stalla dev’essere preparata fino alla sera un posto per accogliere gli animali e i carri. E’ meglio se l’uomo aiuta gli amici, piuttosto che un miracolo cada dal Cielo. Invece è un vero miracolo di Dio quando qualcuno lascia condurre la sua anima.

51. Noi due andiamo per il villaggio, si domanderà chi sia io. L’incerto ostacola; nessuno osa denunciare che l’ordine del giudice venga trasgredito. Più tardi aiuterò anch’io qui”. Quanto amorevolmente può sorridere il giovane, è un raddrizzare, è un vero conforto.

52. Ruth tira su il suo vestito e va a prendere da un carro gli attrezzi per togliere le macerie. La serva l’aiuta. Hanea fa portare delle ramazze e i servi fanno dei muri provvisori. Boas e il giovane bevono un vino presso l’oste, e presto uno riferisce all’altro: ‘Naemi è tornata. Finalmente da noi sarà meglio’.

 

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Cap. 7

La faccenda del giudice cattivo – Un omicidio viene chiarito

La Luce rivolta un giudizio umano

1. Verso sera arrivano a Gerusalemme. “Ho un amico dove possiamo rimanere per la notte”, dice Boas.

- Il giovane dai riccioli chiari annuisce e scende dal mulo. Il manto stradale con quelle buche non è adeguato per cavalcare. “Peccato per la città, una volta così bella”.

- “Una volta? Io so che solo Giosuè ha costruito la città com’è ancora oggi in parte”, dice Boas sorpreso.

2. “Non è mai stata recintata del tutto. Ma se era così, le sue mura crolleranno di nuovo. Una volta Abramo ne ha fatto una bella città chiamata Je-ru. Aveva delle strade ben calpestate e diritte; sotto il suo governo nessuno poteva costruire una casa dove voleva. Lui indicava i luoghi affinché la città diventasse una ‘costruzione di Luce’ e la chiamò ‘Je-Ru-Salem’.

3. Dopo che la prima generazione dopo di lui, per via della fame, era espatriata con tutta la gente, altre stirpi hanno preso il paese. Attraverso guerre e faide tra vicini, anche Je-Ru fu esposta alla rovina, come molti luoghi. Chi ha badato ancora al buon piano della città come lo conosceva Abramo?”

4. ‘Ma come fa a saperlo?’

- “Questo esisteva presso di lui nella Patria-ur. Nel suo spirito vivevano ancora le immagini del Cielo, dove tutto è ordinato al massimo. Il suo spirito è sempre rimasto unito con la Luce; e così ha trovato molte cose buone che erano da considerare per l’utilità degli uomini e del paese”.

5. Boaz sorride: "Devi saperlo! Ora, poiché mi sono accorto che anche tu sei a casa nella luce, puoi certamente trascurare la parte fisica. Conosci il nostro Abramo?"

- Di nuovo quel bel battito di ciglia, quel gesto che separa il giovane dall'essere umano, li trascende.

6. “Io lo conosco il principe Muriel, nella Luce. Come uomo facevo parte del suo popolo”.

- “Aaah…!” Esteso per lungo. “Non conosco molto bene i nostri vecchi. Abramo, Isacco, Giacobbe, e naturalmente Mosè e ancora alcuni altri. Chi sei stato, se lo posso chiedere?” Boas ora cammina accanto, i loro animali trottano dietro di loro tenuti alle briglie. La città sembra deserta, perché anche il tempo della serata non porta nessun refrigerio. Chi può, rimane dietro le sue mura. Nei vicoli arde ancora il calore del giorno.

7. “Il nome non ti dirà molto, a meno che conosci anche i dodici principi sotto l’ultimo tempo di vita di Mosè. Io ero Deguel, già un anziano principe in Egitto. Tienilo per te, poiché il mondano, amico mio, non ha una posizione nel Cielo. Nel Regno di Dio esiste solo il celestiale. E questi sono verità, purezza, amore e misericordia e molto altro ancora.

8. “E… come ti chiami ora?”

- “Anche questo lo puoi ancora sapere, perché sei rimasto puro e pio come tua madre. Il mio nome è Tullay, che non significherà molto per te”.

- Boas rabbrividisce. Ha già vissuto molte cose meravigliose e domani il giudice cancellerà tutto il celeste.

9. “Proprio per niente”, viene rivelato il pensiero.

- “Ma come ti devo chiamare? Il giudice ci spremerà come limoni. Lo sa fare molto bene”.

- Una risata, così denigrante, echeggia dalle strette mura. “Aspetta! Ovviamente si può ammansire più facilmente una tigre, che un uomo fondamentalmente cattivo. Ma il Cielo sta ancora al di sopra del vostro mondo! Perché te ne vuoi preoccupare?”

- “Hai ragione, ultraterreno. Solo con il mio amico…”

10. “Digli che sarei un accompagnatore di Naemi. – Elimelech era conosciuto da quell’amico che è più anziano di te, venuto da Moab, per proteggerli sulla via. Aggrotterà la fronte e penserà: ‘Un sangue così giovane?’ Dato che è un uomo di poche domande, da lui rimango in fondo. Domani le cose staranno di nuovo diversamente, ti accompagnerà il tuo amico ed altri”.

11. “Non può capitargli nulla di male?”

- “Credi che là dov’è presente la Luce, non si muovano le mani di Dio?”

- Boas abbassa lo sguardo svergognato. “Perdona, si è troppo rapidamente umani, e le cose avverse seguono come la propria ombra”.

- “Non fa nulla”, segue una consolazione. “Il giudice non deve notare che vieni con preoccupazioni, ma per una giusta pretesa, per cui il tuo amico ti proteggerà al meglio”.

12. “E soprattutto …tu!” Boas fa un respiro di sollievo. “Ora ho all’improvviso una Forza come se potessi sradicare alberi!”

- “Una tale Forza proviene pure dalla Luce; e il cattivo è un forte albero, ma all’interno è vuoto e marcio. Non ci vuole molta fatica rovesciarlo, per cui nemmeno Dio stesso alza la Mano. Questo lo lascia fare a te, all’amico e agli aiutanti”.

- “E te!”

13. Nel frattempo sono arrivati. Quando l’amico sente della morte di Elimelech e dei figli, del ritorno di Naemi, s’infiamma: “Ci vengo anch’io! Ecco, io, l’anziano consigliere della città, ho messo insieme del materiale”, mostra una pila di rotoli, “questo dev’essere presentato da tutti gli anziani in breve al nostro giudice con l’ordine – ben inteso – che tolga il timone di mano”.

14. Boas dice: “Allora vengo proprio al momento giusto, e anche il mio accompagnatore. Lui…” Costui alza la mano. Boas si gratta dietro l’orecchio.

- Allora il consigliere dice: “Non interrogo nessuno, né come si chiama né chi è. Un tacere è da rispettare, poiché, chi lo sa il perché uno fa di sé un mistero”.

15 “Sei intelligente, Selemech”, il giovane dà la mano all’uomo. Una stretta di mano che fa aggrottare la fronte all’anziano consigliere. C’è da sentire una forza. Immaginazione? Forse! Ma gli occhi del giovane danno un forte splendore.

“E’ la prima volta che saprei volentieri chi è chi mi sta di fronte. Ma se vuoi tacere, questo mi sia un segno interiore, un…”, si interrompe.

16. “E’ giusto un segno interiore”, suona lui gentile. “Avrai sentito che sono venuto da qualche altra parte, senza che fosse necessario indicarti il luogo”.

- “Oh, sì – certo – è… Boas ti ringrazio che me lo hai portato; allora domani sarà più facile strappare un’erbaccia dal paese”.

- Boas conferma: “Anche questo, solo con la differenza che non io ho portato l’ospite, lui stesso è venuto con me”.

17. “Hm. Ora …mangiamo, poi ci riposiamo. E’ bene partire domani di buon ora, per…”

- “…trovare la piccola volpe ancora nella tana!” Un tintinnio argentato perla dalla bocca del giovane. Si aggrega la bassa risata dei due uomini.

- “L’ho pensato”, confessa Selemech, “solo, che davanti a te non volevo usare questa espressione”.

18. “Non lo si deve nemmeno fare. A volte è da usare soprattutto quando il nome rivela il carattere e quando non lo s’intende in modo cattivo. Il Cielo non prende sul serio tali cose mondane, ma lascia valere, se con ciò s’intende colui che è nominato”.

- “Non il nostro giudice”, respinge Selemech. “Aaaah, a costui si può dire quello che si vuole, da lui gocciola come l’acqua dalla roccia, che si bagna solo nell’esteriore. Non penetra nell’interiore!”

19. “L’acqua non è mai stata penetrata dalla roccia, ma la pietra più dura è stata penetrata dall’acqua. Così succede alle anime dure. Ci vuole molto, ma Dio ha un lungo tempo e …un lungo Braccio! Che cosa sono per Lui i tempi di un’anima di questo mondo? Dividete un unico respiro un innumerevoli parti, e tali, un’altra volta divise nella misura dell’Eternità, questo è un tale tempo che il Signore sa usare per l’utile di un’anima. Lo potete calcolare?”

20. “No!” esclamano i due uomini.

- “Riuscirà solo a te perché sei del Cielo” aggiunge l’anziano consigliere.

- “Nemmeno io, caro amico. Noi della Luce presagiamo questo tempo, sappiamo ciò che ha da significare; e questo basta. Infatti, la più bassa profondità di tutte le cose le sa solo il Santo, il Dio di tutti noi”.

21. Ecco che si bussa alla porta. Selemech va per far entrare un ospite. E’ il superiore degli anziani, già oltre i settanta, ma molto robusto, intelligente e buono, abbastanza sovente una spina nell’occhio del giudice.

22. Quando vede Boas e il giovane, dice dispiaciuto: “Peccato, hai visite. Volevo parlare con te”.

- “Lo puoi fare apertamente, Laban, e mangia con noi. Questo è Boas da Betlemme. È venuto per trattare domani una faccenda con il giudice. Il giovane…”, indica lui, “…ha già mostrato che può far splendere una lampada. Persino a me si è accesa una lucetta”.

23. Laban non considera molto la conoscenza dei giovani.

- Boas, leggermente divertito, pensa: ‘Vedrai, che non si deve confondere il mondano con il Celeste’.

- Nel frattempo Selemech tranquillizza Laban. “Presenta pure tranquillamente la tua questione. Sai certamente pure quella di Elimelech, che per amore dei suoi cari è espatriato, e quello che il giudice ha fatto con il patrimonio. Ora ascolta: la vedova di Elimelech è ritornata con…”

24. “Vedova?” interrompe il superiore.

- “Elimelech e i figli sono morti in Moab. Entrambi i figli si erano sposati in Ar-Moab, come mi ha raccontato Boas, con delle figlie di un famoso moabita. La più giovane è venuta a Bethlemme, dall’altro ieri. Boas vuol condurre una contesa di diritto, poiché Naemi è seduta in una casa rapinata e decaduta. I campi sono devastati. Ti ricorderai certamente che sulla proprietà di Elimelech nessuno poteva fare qualcosa”.

25. “Esatto! Ora…”, Laban si passa la mano fra i capelli grigi, “…c’è di nuovo qualcosa che grida proprio al Cielo. Il commerciante Haakeron in Ethal…”

- “Che cosa?”

- “Ieri il giudice lo ha incastrato. Ha scacciato la donna con quattro piccoli bambini. Oggi sono già stati portati a Gerusalemme i carri pieni di tessuti, spezie ed altro, e al popolo viene raccontato che Haakeron avrebbe abiurato la nostra fede, che terrebbe una relazione sconosciuta e cospirasse con Sidone. Naturalmente tutte bugie!”

26. “Anche un’ulteriore bugia, che quattro giorni fa avrebbe pianificato un omicidio al nostro giudice. Lo stesso giorno lui era in Michmas. Anche i suoi testimoni sono stati arrestati”. (lo dice il giovane)

- “Dimmi: da dove lo sai?” Il superiore è scandalizzato.

- Il giovane, visibilmente non un israelita, da dove doveva saperlo? Lui stesso, al quale viene pur riferito tutto, non sa ancora nulla dell’arresto dei due testimoni.

27. “Ecco, vedi…”, viene tranquillizzato, “…che io so certe cose; e scoprirai che il ‘Dio dei vostri padri’, anziché come dite, ‘nostro Dio’, non vi abbandona mai, se rimaneste nella fede. Naemi è rimasta nella fede; e così le è anche stata inviata una Luce per assisterla sulle vie difficili. Consideriamo che sia io questa Luce”. Viene pronunciato con calma, da sorprendere di più, che tale constatazione fosse fatta con clamore.

28. “Allora… allora tu saresti…”.

- Il giovane blocca la domanda. “Ti dico: domani non sarà così facile come credi, perché arrivi marciando con gli anziani. Ma poi… sì, marcerà il Cielo, e allora dovete vedere che cosa può il Signore nella Sua Magnificenza! Non con fuoco o il tuono, ma possono essere le trombe di Gerico”.

29 Agli uomini un albeggiare s’insinua sul cuore; lottano reciprocamente la pressione della Luce con quella del mondo.

- Boas dà al giovane la sua mano. “Il nostro Dio – hai insegnato bene – batterà il serpente e… forse…”, un nostalgico sospiro, “…Egli ci darà un giusto giudice”.

30. “Verrà uno buono (Samuele), ma allora il popolo oscillerà un’altra volta finché non ne verrà uno grande (Elia) che per il suo tempo e quello successivo creerà il tempo dell’Ordine di DIO. Questo potrebbe sempre essere da voi, se non foste troppo vacillanti. Certamente io so che cosa vuoi dire, Selemech: – Tutti i popoli sarebbero vacillanti, tutti gli uomini! Ma voi proprio sovente, è assolutamente vero!

31. Da Abramo, un Principe di Ur, è venuta a Canaan la fede nell’unico Dio; da qui doveva risplendere su tutto il mondo. Questo avviene pesino ancora una volta, ma da uomini che non sono attaccati al popolo. Non ha nessuna importanza. Luce rimane Luce! Può splendere come, dove e quando vuole. Chi viene innato dal Regno di Luce, può essere e chiamarsi come vuole, il suo spirito dallo Spirito di Dio rimane Luce e spirito!

32. Al popolo verrà tolto il bastone perché è infedele, ma dato che le Luci più alte vanno nel buio più profondo, prima inteso il mondo, anche da voi per via della vostra infedeltà di una volta, perciò rimanete anche legati al bastone, per via del paterno Amore e dalla Compassione di DIO; perché nessuna anima deve andare perduta”.

33. La domanda segreta di Laban viene confermata: ‘Uno dalla Luce!’ La profezia è dura; soltanto, è vera. Lui studia la storia d’Israele. Quando è venuto un grande, come lo sono stati Abramo o Mosè, allora il popolo rimaneva fedele nella fede, …nemmeno sempre. Quello che era successo nel passaggio, nel deserto, allora l’Altissimo ha guardato pietosamente al popolo che nel lungo cammino era stato esposto alle avversità fin nelle minime parti della piccola vita quotidiana.

34. Quando poi Giosuè ha portato il popolo nel paese dei padri e l’ha suddiviso equamente, l’ha governato fedelmente per decenni, lo ha ammonito a servire un solo Dio, allora Israele avrebbe dovuto rimanere su questo sentiero. Quello che annuncia il giovane, …avverrà con tutto il popolo. Sia lamentato a Dio!

35. “Domani con il sorgere del Sole saranno alla porta, in alto…”, intende la casa del giudice, “…con me ci sono altri dodici anziani. Siate là anche voi”. Si volge imbarazzato al giovane. “Se ci vuoi aiutare, intendo…”

- “Verrò, per portarvi l’Aiuto di DIO. Non litigate come si usa in ogni assemblea del Consiglio. Il giudice vi provocherà. Toglietegli il vento dalle vele, rimanendo calmi, e siate preparati”.

36. In parte confuso, in parte lieto, Laban se ne va. Anche se più tardi va a cercare alcuni anziani e racconta che cosa è successo presso l’anziano consigliere. Si scuote increduli la testa; a certi divampa come un fuoco, ma viene promesso di mantenere la parola ‘la calma’. Si comprende da sé che con la calma si va più lontani che con lite e contesa. Così albeggia il mattino successivo.

*

37. Dodici più anziani, Laban, Selemech, Boas e il giovane, sono tutti insieme. Quest’ultimo viene fissato in segreto. Coloro che ne hanno sentito parlare, affermano volentieri ciò che ha riferito il superiore. Oh, sì, il volto, la meravigliosa calma che fluisce su loro da tutto il suo essere, allora si può credere nella ‘favola’ che una volta un angelo con Giosuè ha distrutto Gerico ed ha conquistato Canaan. Solo: …è da credere ciò che non si è mai visto?

38. Allora costui dice seriamente: “Voi dite sempre: ‘Dio dei nostri padri, Abramo, Isacco e Giacobbe!’ Ma chi di voi li ha mai visti?”

- “Come avremmo potuto vederli? Dopo centinaia di anni?”

- “Molto vero!” Suona come un leggero scherno. “Ma comunque, credete che i padri hanno vissuto?”

- “Ti prego”, s’infervorisce un uomo, “di questo non si può dubitare!”

- “Appunto! E così non si deve nemmeno dubitare di DIO, Che non avete mai visto. Ma i vostri padri Lo hanno visto e anche i Suoi angeli!”

39. Allora le teste grigie si chinano.

- Boas dice: “Tu sai ciò che voglio dichiarare, se lo permetti”.

- “Non ancora. Ognuno deve giungere alla riflessione”.

- Allora viene aperto il portone. Escono uomini armati e sulla soglia sta il giudice, un uomo imponente, ma nel volto i tratti inconfondibili della brama di dominio, dell’ira e la durezza.

40. Inveisce sugli uomini: “Oggi non è un giorno da pubblico. Ritornate domani, se volete!” Si vuole voltare, nell’attesa che gli anziani, come al solito, s’arrabbiano. Nulla succede. – Per il proprio stupore e quello di coloro che sono in attesa. Da loro fluisce una strana calma e nessuno sa che opera il giovane, su Incarico del suo Alto Signore.

41. Il giudice si volta di nuovo, fissa gli uomini, e il suo sguardo cade sul giovane. “Che cosa vuole quella barba da latte? Non potete nemmeno più parlare voi stessi e mandate avanti un ragazzo?”

- Boas stende la mano. “Oggi è per noi un giorno da pubblico e tu, Beraba, ci ascolterai!”

42. “Non ha tempo…”, interviene il giovane, “…deve andare ad Ethal a prendere gli ultimi carri di Haakeron che è stato assassinato questa notte!”.

- Un grido. Beraba diventa pallido come un cadavere. Chi lo può sapere che un suo servo – che ha giurato – doveva uccidere il commerciante? E doveva essere fatto sapere che sarebbe evaso e fuggito, da sostenere ulteriormente, che sarebbe stato colpito in segreto dai servi.

43. “Menzogna! Andiamo in prigione con voi, là c’è la seconda veste di Haakeron che è rimasta appesa alla finestra nella sua fuga!”

- “Ti devo mostrare dove giace il commerciante?”

- Si è ancor più imbarazzati, solo che ora i più anziani percepiscono la certezza: il giovane non è un uomo come loro!

44. Nessuno lo ha saputo dall’altro, …gli uomini traggono delle armi da sotto le loro tuniche, che si usano nella lotta a corpo a corpo, e circondano Beraba e i suoi servi.

- “Venite”, il giovane fa cenno a tutti. Volenti o nolenti, il giudice e i servi devono obbedire. Gerusalemme non è ancora grande, presto sono fuori, e non c’è ancora nessuno nella giovane mattinata.

45. Su una collina trovano della terra smossa da poco. “Là c’è persino ancora una pala. C’era troppa fretta, vero?”

- Beraba si deve far sostenere. Se sapesse chi li ha visti e traditi… I più anziani stessi sono troppo sorpresi, non lo potevano sapere. E …il giovane? I ragazzi vanno sovente in giro, è possibile che costui l’abbia visto. Ma non avevano portato nessuna fiaccola.

46. Allora il servo giurato esclama: “Sono tornato di notte molto tardi, sono stato da mia madre. Allora ho visto due uomini lottare in questo posto, l’uno non era molto alto, l’altro era un ragazzo”, indica il giovane. “Apriamo la tomba, si vedrà chi ha abbattuto il commerciante e lo ha sepolto qui”.

47. “Ah…, come hai potuto…”, chiede un superiore al servo, “…aver visto nella notte oscura ciò che si è svolto qui?”

- “Non era proprio del tutto buio, brillavano appunto le stelle; stavo molto vicino dietro a quest’albero”. Si appoggia insolentemente ad un albero di fico.

48. “E allora, come un servo con i tuoi forti pugni, sei rimasto dietro all’albero ed hai assistito da vile come avveniva un omicidio? …senza intervenire?”

- “Lo può credere chi vuole, non io!”, esclama l’anziano consigliere.

- “Suvvia, scaviamo, vedremo se è stato ucciso, – oppure colpito!”

49. La contesa del giudice, che il servo glielo avrebbe riferito subito e lui avrebbe pensato anche che Haakeron fosse caduto nelle mani del litigante, non serve a nulla. Uno sguardo velenoso colpisce il giovane.

- “Scavate!” ordina Laban, “Oppure comando qui tutta Gerusalemme e si decida ciò che è successo!”

50. Viene tolta la terra. Allora vi giace un corpo martoriato, legato ancora nelle mani e nei piedi. ‘Ci vengono a prendere gli asmodi’, pensa il giudice, e si guarda intorno. Il sangue del più anziano divampa iroso, e non manca molto che ci si precipiti su Beraba e sui suoi servi. Il giovane si mette nel mezzo.

51. “Fermatevi!”. Nella sua voce oscilla un tono duro che fa irrigidire Beraba.

- Lui non ha mai creduto che esistessero gli angeli; sì… solo per via della funzione faceva finta, come se credesse in Dio, ed ha torturato ed ucciso, per incassare gli averi degli altri e – appoggiandosi su Mosè – ha strombettato come se i condannati avessero abiurato la loro fede, come se, avessero peccato contro Dio.

52. “Ora vedete che cosa sa nell’inventare bugie il nostro giudice. Chi è stato colpito a morte e dopo seppellito, non lo si slega. La salma è ancora fresca, si vede come qui di solito, che Haakeron è morto in prigione, strozzato a tradimento; da legato non poteva nemmeno fuggire. Ingiusto giudice, che cosa dice ora?”

53. “Che tu sii dannato, perché…”

- “Bestemmi? Penso che per te ogni bestemmia sia vietata, perché è un peccato contro Dio! Ti rendi ridicolo davanti ad un giovane, ciò che pensi di me, soprattutto davanti agli anziani e a Boas, che ho accompagnato qui ieri sera. Dato che si stava seduti insieme presso l’anziano consigliere e il superiore; loro sanno dove ero io.

54. Vi consiglio, voi uomini di Gerusalemme, mettete Haakeron diritto nella sua tomba, perché la carne appartiene alla terra. La sua anima è presso Dio! Copritelo e ritornate nella casa del giudice, prima che si svegli tutta la città. Là continuerte a consigliarvi”.

- “Che cosa c’è ancora da consigliare?”, brontola Laban che alla vista del morto si era sentito come pugnalato, così profondamente com’era stato colpito. Quanto ha detto il vero ‘l’ingiusto giudice!’ (Giud. 21,25)[2]. E questo esiste in Israele, il popolo dell’unico Dio…

55. “Calmati!” Il chiaro lo conduce via. Con fretta riempiono la fossa, ed è bene che nei corti vicoli si vedano poche persone che non pensano nulla al vedere il giudice e i servi circondati dagli anziani. Questo è noto. Lo si saluta frettolosamente, il giudice non si deve arrabbiare, troppo rapidamente lui stende le mani.

*

56. I servi vengono rinchiusi. Nella stanza del giudice stanno quattro anziani alla porta, gli altri a destra e a sinistra. Dietro Beraba c’è il nudo muro, davanti a lui siedono Laban, Selemech, Boas e il giovane.

- ‘Circondato! Ma fermi… io posso uscire, ho la lettera del diritto di giudice che si può sciogliere solo in un’assemblea plenaria. Fino ad allora…’.

57. Da un cassetto tira fuori un rotolo. “Qui c’è il diritto nella mia mano, confermato da tutti i superiori. Voi pochi lo volete annullare? Chiamate i superiori e vi dimostro che ho agito giustamente. Ecco, guardate…”, solleva in alto una tavoletta, “…lo ha confermato Haakeron poco prima della sua morte, che ha fatto tutto ciò che gli era stato messo a suo carico:

58. Abiuro dalla fede nel Dio dei padri d’Israele; il tentativo di uccidermi, la sobillazione in Sidone e… quarto: metà del suo avere lo doveva avere il re della Siria, se dichiarasse guerra ad Israele, e con noi attaccasse Sidone, nel caso se, nelle nuove elezioni tra le nostre tribù, noi stessi non saremmo del tutto d’accordo. Non basta per vendicarlo con la morte?”

59. Si è oppressi. Nonostante ciò, la condanna non era da eseguire subito, erano da interrogare gli anziani del popolo. Selemech presenta a Beraba questo errore, mentre Laban pensa: ‘Il mio errore; dovevo annunciare pubblicamente la faccenda di Haakeron, anche se era passato un po’ di tempo. Haakeron era mio amico e costui non aveva mai pianificato una tal cosa. Era senz’altro falso’.

60. Esige la tavoletta per esaminare la scrittura. Sì, la sua mano, un po’ tremante, che è comprensibile per via dell’arresto. Ah, lui non lo crede. Guarda il giovane come se lui sapesse com’è da valutare la tavoletta. Ma l’anziano consigliere dubita della confessione. Boas, anche se non conosceva Haakeron, chiama il tutto ‘un bluff’. E il giovane…?

61. “Non è un bluff, Haakeron stesso ha scritto la tavoletta. Ma come? Raccontacelo!”, invita il giudice, e poi gli si mette accanto.

- “Che cosa c’è da raccontare? Lui l’ha scritto, Laban lo ha confermato. Ragazzo curioso, se nel Consiglio degli uomini maturi non fai silenzio, allora puoi fare la mia conoscenza…”

- “…dei servi della tortura che…”

- “Fermati, altrimenti vieni frustato!”, grida selvaggio Beraba.

62. Ecco che si apre la porta. Entra il principe della Giudea con uno che somiglia al giovane presente. Il principe si guarda intorno stupito. Non sa che c’è di nuovo da pulire un’ingiustizia. L’avidità di Beraba, le sue ingiustizie, ebbene, le conosce; ma dato che i principi delle stirpi non sono d’accordo con gli anziani, non c’era nulla da fare. Adesso, …sembrava come se per Beraba ci fosse l’ultimo laccio.

63. “Che succede qui?”, sopprime l’agitazione.

- “Questo giovane…”, e coloro che sono venuti con lui, è inteso, “…stamattina mi ha svegliato molto presto dicendo: ‘In piedi, principe della Giudea, Israele dev’essere purificato!’ Ho sgridato i miei servi che hanno aperta la porta al giovane. Ma lui ha detto che sarebbe venuto su incarico ‘dell’Alto Re’, per scoprire finalmente ogni ingiustizia. ‘Quale Re?’ Ho chiesto. Allora ho visto occhi ardenti”.

64. “Tu sei uno dei pochi che sanno ancora Chi è il vostro Re. Presto vi sceglierete uno di questo mondo, ma con ciò Israele sceglierà la morte! Le buone anime troveranno certamente la Luce, ma il popolo nell’insieme andrà a fondo con un trono del mondo. Ora vieni…”, c’è fretta, “…e non domandare!”

65. Come sotto una costrizione…

- Il giudice schernisce: “Ah, …un principe soccombe alla costrizione di un ragazzo? Aaah! Ecco che si vede…”

- Il primo giovane lo tocca, e al giudice passa come una scarica per il suo corpo.

- Il principe dice: “Se soccombevo alla costrizione di un ragazzo, oppure mi sono fatto guidare dal mio Re, si mostrerà quando nella stanza del giudice si farà tutto giusto”. È chiarissimo!

- Beraba impallidisce. Il suo rotolo da giudice serve ancora a qualcosa? Tanto, il principe lo conosce.

- Lui interroga i più anziani, e Selemech riferisce ciò che era successo nella notte. Il principe si guarda intorno scosso, perché i suoi sguardi, duri come l’acciaio, rimangono fermi sul giudice.

66. “Ora comprendo perché è venuto il Cielo! O Israele, o giudici! Quanto siete sprofondati e… noi tutti con voi perché apparteniamo al popolo! Ma questa ingiustizia – in verità – questa dev’essere l’ultima!” Con uno strappo divide il rotolo del giudice in due pezzi, getta le parti a terra, le calpesta, così sinceramente infuriato: “Ecco il tuo rotolo, non ce n'è più bisogno che ci si consigli ancora per molto che cosa dev’essere di te. Pretendo la resa dei conti con tutti gli averi che hai rubato finora!

67. Mi si ascolti, soprattutto perché il Re ha mandato i Suoi messaggeri. Devi essere l’ultimo giudice! Aspettiamo quale regime c’è da formare. Se aiutate, voi anziani, allora conduciamo il popolo all’unione, affinché nessuno faccia semplicemente quello che gli piace! Il diritto del mondo dovrebbe fare di questo manigoldo così come lui ha fatto a così tanti. Ma noi non ci mettiamo sul gradino di un criminale. ‘Non uccidere! Non rubare!’ (Esodo 20,13 e 15) Io propongo di esiliarlo dal paese”.

68. Dice uno dei giovani: “Ricorda, molti sono fuggiti da lui nel bisogno più disperato per sfuggire all’orrenda morte. Elimelech ha dovuto abbandonare tutto il suo patrimonio. DIO può punire, anche la Luce può negare Grazia e Misericordia, se con ciò è da salvare un’anima. Se si lascia salvare, è una domanda a essa stessa”.

69. Il desiderio di uccidere Beraba è prossimo. I Comandamenti di Dio hanno tirato il freno alla grave ira degli uomini. Il principe guarda i giovani ed è come se venisse su di lui la Volontà di Dio. “Il gran Consiglio decida, ma vogliamo osservare le Parole del Cielo.

70. Tua moglie e i tuoi figli sono fuggiti, ti rimane tanto per nutrirti per un mese. Sono anche da considerare i servi. Ti seguono delle lettere che avvertono i governi di te!” Un sospiro che libera il petto del principe, sale da una silenziosa compassione, quando i due chiari annuiscono. Così è il Diritto dell’Altissimo.

71. Detto in anticipo: Il consiglio del principe viene accettato. Così viene estirpato un manigoldo. Se Israele guarirà da ciò…

 

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Cap. 8

Ulteriori parole celesti – Fratelli o servitori?

Si può aiutare Dio? – Una Parola su Michea 5,1

1. Boas ritorna a Bethlemme. Guarda davanti a sé immerso nei pensieri. Selemech, Laban ed il principe lo seguono. E’ da esaminare la faccenda di Naemi. I tre uomini parlano di ciò che deve succedere con il popolo. Se i chiari si consigliano?

2. Il primo, ad una tale domanda dice: “Voi stessi dovete soppesare il mondano: quel che è bene per la salvezza e per l’utilità, lo è anche per tutti gli uomini, per quanto sia da afferrare”.

- “Con il manigoldo ciò che era da regolare era il mondano”.

- “In parte”, dice il secondo, “ma la salvezza di un’anima era nella Mano del Cielo e…”

3. Il principe interrompe: “Perdona, dopo il primo esame sono già più di cento casi che sono da mettere a carico di Beraba. Verrà ancora qualcosa di non chiarito? Ed ecco – naturalmente non so come DIO pensa su questo. Dall’intelletto la salvezza deve dapprima valere per gli oppressi, e non ad un…”. Nel principe scoppia di nuovo l’ira.

4. Un chiaro afferra la sua mano: “Per l’intelletto, hai ragione! Credi forse che il Santo, che fa grandi miracoli, non considera tutti gli oppressi, dimentica gli uccisi, ed esercita Mansuetudine sui criminali?”

- “No”, esclama svergognato il principe, “intendevo solo che si pensi dapprima agli schiacciati, dopo agli oppressi, nel caso che a costui spetta una Grazia”.

5. “Oggi hai conosciuto il Diritto di Dio; soltanto, che certe cose stanno diversamente. La Profondità di Dio, la Sua Altezza, non si possono esaurire; non è da dimenticare l’Ampiezza delle Sue Opere, e se pensi che sarebbe da riconoscere la Sua Vicinanza, di Dio, allora ti dico: da questa procedono tutte le Opere, la Sua Luce emerge insieme a tutte le cose viventi, che nessuna creatura può misurare, e non c’è nemmeno bisogno!

6. Quello che è da afferrare, da trattenere, sono Misericordia, Benignità e l’Amore, e ciò che la Grazia di Dio ci dona. Proprio questa Grazia vale per ogni figlio. Se – come nel vostro caso – sono i tormentati oppure gli oppressi, rimane lo stesso in vista della Sua 'Volontà di Salvezza', ma non nel genere come ogni anima ha da seguire. Sono pure differenti il luogo e il tempo.

7. Dio salva! Dapprima affonda gli oppressi nella Grazia, soprattutto chi impara a sopportare il suo disagio. Ai cattivi viene messa la ‘corda’, di questo puoi esserne certo! Ma la povera anima è, come tutte le altre, anche proprietà del Regno, e allora chiediti solamente, quale uomo non ha bisogno della Grazia.

8. Se i pesi sono differenti, lunghi o brevi i tempi del pentimento e per l’espiazione, se qualcuno può salire facilmente sulla sua scala del Cielo mentre altri devono arrampicarsi faticosamente – prima della resa dei conti, poi con la Grazia, con la Redenzione, alla fine ritornano e ritrovano la via di Casa da Dio! Comprendi ciò che ora ti doveva essere detto?”

9. “Mi hai acceso una buona Luce”. Il principe stringe grato la mano all’oratore. “Ora so: voi celesti non vi occupate del mondano, in quanto - come detto qui – noi stessi dobbiamo decidere. Chi sente in sé, del tutto chiaramente, quale direzione è da prendere? Sovente mi succede che ho agito secondo il pensare migliore, ma poi si sono mostrati gli errori”. Il principe sospira inevitabilmente.

10. “Non sospirare! Dio considera la volontà. Se è utile, allora è per la benedizione a chi era rivolta la volontà. Se è sbagliata, Egli dalla pula fa sempre ancora sorgere un grano. Come questo avviene non lo presagisci. Se la buona volontà non serve né a questo né a quello, oppure solo scarsamente, allora non l’ha meritato. Questo non deve riguardare il tempo in cui viene dato l’aiuto. Dio fa il conto secondo la Sua Misura! Voi conoscete una Parola:

I macini di Dio macinano lentamente,

ma macinano in modo oltremodo fine;

quello che Egli fa mancare in Longanimità,

lo recupera di nuovo tramite l’asprezza!

11. Così qualche vecchia colpa che l’uomo copre, viene fatta uscire …da DIO, e questa resa dei conti, chi lo vuol solo riconoscere, è quella della più ricca Grazia presso il Signore. Non vi è più nulla, ancora meno nell’agire pietoso.

12. Da principe, in unione con gli anziani più comprensivi, nel vicino futuro avrai molto gravemente da portare, e non si svolgerà tutto secondo i tuoi desideri. Allora pensa alle mie parole e guarda a tutto il popolo, non su un singolo. Ti accorgerai che sta andando a fondo … per questo mondo, nel cui abisso si recherà ancora ogni popolo d’uomini.

13. Voi pensate rattristati: quale scopo avrebbe allora ancora la cosciente vita terrena? Così stanno le cose quando si guarda in basso, invece che in Alto, da dove viene ogni Aiuto. Sarebbe utile questo aiuto quando tutto va verso il basso? Oh, …il processo di salvezza di Dio non rimane mai senza scopo, e raggiungerà comunque, nonostante la materia, ciò che ha previsto la Sua Volontà di Dominio fin da eoni.

14. Israele può essere un esempio per tutti i popoli che sono passati e che verranno. Quale seme non fu portato dal Regno un Abramo per il mondo, lui, il principe dei primi davanti al seggio del Signore. – Ha sparso Israele questo seme, come Abramo lo ha fatto presso le sette tribù di pagani? Ha riconosciuto ed anche conservato la Guida di Dio su Mosè? Dov’è il frumento dalla Rivelazione del Sinai?

15. Non potete rispondere di sì alle domande perché la Luce dice la Verità. Vedete: – ovunque esistono buone anime che sono le conservatrici di ciò che Dio ha dato come benedizione. Anche se questo o quel popolo va a fondo, rimangono indietro pochi che portano oppure no il nome della nazione. Quello che viene dominato dall’Alto, …sarà e resterà dalle Mani creatrici di Dio, saranno i conservatori, finché in futuro la materia sarà dissolta perché ha finito di servire.

16. Anche da voi l’Altissimo si conserva la Luce; e dalla Sua Benignità che Egli dona ai fedeli, questi possono essere i co-conservatori di tutti coloro che si sono perduti nella loro oscurità. Voi credete in un asmodi (Satana); soltanto, – potete camminare di giorno oppure di notte, siete liberi. Gli uomini sono in grado di rivolgersi alla Luce o distogliersi. Chi evita la Luce, cammina nell’oscurità.

17. Ma vedete, è in vista Betlemme. Oggi aiutiamo fin dove è necessario”.

- “E più tardi?” chiede Boas che era uscito dalla sua meditazione ed aveva seguito con fervore il discorso dei chiari. Lui ha un animo aperto, mondano, e non scritto, ed ha accolto al meglio il magnifico insegnamento. “Ah, sì,” aggiunge, “il vostro aiuto sarebbe sempre necessario”.

18. “E va bene”, gli viene confermato, “ma pongo la domanda, se Dio può agire solo nella vicinanza oppure anche da lontano”.

- “Naturalmente entrambi; di questo ne sono del tutto certo”, risponde Boas. “Ho solo pensato che la vostra cara vicinanza è già una benedizione. Per Naemi…”, non osa menzionare Ruth, “…è diventato così disperatamente difficile, ed ha bisogno di voi”.

19. “Di voi! Dall’alta Sapienza è bene per gli uomini assistersi reciprocamente. Se l’aiuto viene ancora dal pieno del cuore, allora passa sempre attraverso la mano di Dio. Non ha importanza, se visibile o invisibile. Quest’ultimo non è da meno, che quando l’Atto di Grazia proviene dalla visibilità.

20. Qui esteriormente non si può pareggiare tutto, non subito; voi vi dovete affermare, dovete portare. Allora si vedrà che scomparirà qualche sofferenza e qualche preoccupazione”.

- Selemech dice: “E’ bene che oggi siete con noi. Noi”, indica intorno, “vogliamo sempre pensare a voi, quindi l’Aiuto della Luce sarà sempre con noi”. Lo conferma ognuno volentieri.

21. Nel cortile di Boas la madre viene davanti alla porta. Lei conosce Pereztha, Selemech e Laban, le è solo estraneo il secondo giovane. Ma vede subito la somiglianza dei due chiari. ‘Quindi anche dall’Alto’, mormora lei e nel modo più cordiale saluta tutti come benvenuti. Viene preparato un pasto al quale vorrebbero chiamare anche Naemi e naturalmente Ruth.

22. Il principe fa cenno: “Vogliamo prima accertarci se c’è ancora qualcosa del rubato”.

- “No, Beraba ha venduto pezzo per pezzo; lo so dagli uomini della zia in Gerusalemme. Il campo è del tutto nella maggese. Mio marito lo avrebbe conservato volentieri, ma dato che anche lui era stato denunciato e Beraba ci ha minacciato di morte se soltanto l’avessimo toccato con un dito, ha purtroppo bloccato il nostro aiuto. Ci vogliono anni prima che cresca di nuovo qualcosa”.

23. “Da molto tempo non sono stato in Bethlemme”, si scusa il principe, “questo mi è rimasto sconosciuto. L’aiuto viene troppo tardi”.

- Un giovane lo consola: “Ciascuno non può essere in ogni angolo; quindi non ha colpa. E persino, come principe – sapete quale potere si è arrogato il cattivo manigoldo – allora non avresti potuto aiutare Elimelech, come nemmeno altri. Poi andiamo far visita a Naemi”.

*

24. Quando ci si mette in marcia la cittadina è come deserta in quest’ora del giorno. Quelli di Gerusalemme sono scossi quando vedono la casa che minaccia di crollare. E tutt’intorno i campi vuoti, simili ad un deserto. L’unico pozzo vicino è quasi asciutto, solo più avanti si vede una fonte d’acqua.

- “Sì, ma da dove viene questa?” chiede Laban. “Il pozzo una volta era profondo e colmo di buona acqua.

25. Un chiaro risponde: “Un segno. Ricorda: non tutto il visibile esiste interiormente. Qualcuno che sta così saldamente nella fiducia in Dio come Naemi, è un vero pozzo e porta il peso, sapendo ciò che ha da significare. Inoltre…”, lui ride, cosa che anche l’altro chiaro fa sentire, “…operate ed aiutate voi. Chi?”

- “Naturalmente la nostra Naemi”, esclama spontaneamente il principe.

- Di nuovo quella cara, dolce risata del Cielo.

26. “Visto dal vostro punto di vista, è pensato bene. Ma pensate anche a voi”.

- Selemech osa contraddire: “Io credo che il dovere principale sia sempre di pensare dapprima al vicino, e solo poi a se stessi. Già Mosè pensava all’amore verso il prossimo (Lev.19,18). Prevalentemente è adeguato certamente per Naemi, in cui il nostro viene retrocesso”.

27. “Pensi, caro fratello, che noi la pensiamo diversamente?”

- Selemech si difende con le mani. Facendo questo, scivola su una liscia pietra di roccia, che quasi sarebbe caduto. – Boas lo salva da una caduta.

- La Luce insegna: “E’ giusto il pensare a Naemi; anche se la vostra volontà pronta ad aiutare, sale comunque dalla maestosa Volontà di Dio di aiutare una figlia che Egli ama – attraverso di voi, ben inteso! Non lo potete da voi stessi.

28. Dato che l’Altissimo ama tutti i figli, i buoni, i cattivi, i lontani e i vicini, ad ognuno va il Suo aiuto, che voi dovete imparare dall’evento. Allora potete imparare dalla donna provata gravemente e dalla madre, per voi, da cui salgono ulteriori pensieri di Luce, attraverso di voi, insieme per il vostro ambiente. Ora comprendete la nostra domanda che DIO ha rivolto a voi”.

29. Allora i quattro uomini fermano i loro passi.

- Laban dice lentamente: “Voi ci chiamate ‘fratelli’ e noi possiamo comunque solo essere i vostri servitori. Perché questo Insegnamento è venuto da Dio, attraverso voi, come avete indicato così delicatamente. Ma quanto poco saremmo i fratelli di Dio, tanto poco anche i vostri, che state in Alto come una torre nell’amore, nella Sapienza al di sopra di noi, al di sopra di tutti gli uomini. Quindi ci spetta di chinarci davanti a voi nel servizio”.

30. Dice il secondo chiaro: “Questo, caro Laban, è venuto dal cuore puro ed è salito su a Dio. Accetti ancora un ulteriore insegnamento?”

- “Tanto quanto avete da dare! Voglio afferrarlo e conservarlo nel mio animo!” – Su quest’ultimo sono d’accordo anche gli altri uomini.

31. “Quindi ascoltate: – Conoscete una torre che non ha gradini?”

- “Se questa esistesse, a che servirebbe?” risponde Boas.

- “Appunto! Ma prima osserviamo i ‘fratelli’, in cui sono anche incluse le sorelle del Cielo e della Terra, e non, come pensano molti uomini stolti da voi, che solo loro stessi sarebbero eletti davanti a Dio, mentre le donne dovrebbero servire.

32. “Questo ‘servizio’, considerato dall’Altissimo diversamente che dall’uomo, è un eterno predicato che Egli stesso si è riservato. In questo sono inclusi i serventi, mentre i puri dominanti stanno al di fuori dalla Cerchia della Grazia, finché cadono nella loro follia di dominatori. Di questi ne fanno parte tutti gli arroganti, ma non solo i governanti del mondo, dei quali alcuni servono davvero.

33. L’unico Dio, il Quale ha creato tutte le creature-figli, le ha poste su un solo gradino: su quello dei figli. Voi uomini…”, l’oratore guarda i tre più anziani, “…avete figli e anche delle figlie. Vi chiedo: le figlie non fanno anche parte dei vostri figli?” – Questo viene affermato silenziosamente. – “Proprio così è con il nostro Padre! Noi siamo, certamente provveduti con Doni differenti, tutti figli Suoi, e perciò, tra di noi, fratelli, allora, come non sareste nostri fratelli?”

34. il principe annuisce: “Proprio perché siete intervenuti per noi nei gravi affari del mondo, quindi noi uomini possiamo essere vostri servitori. Ed ecco…”, un guizzo dagli occhi, una parata[3] celeste, “…nemmeno noi figli staremmo al di fuori del cerchio della Grazia, nel quale sarebbero magari solo le figlie”.

35. “Ben osservato!” viene lodato il principe.

- Selemech chiede: “Come figli, non dovremmo aiutare servendo Dio?”

- “Separiamo le due ultime parole. A Dio vale solo il servire nell’obbedienza, nell’osservanza dei Comandamenti, nella – importante per gli uomini – umile dedizione, in modo che ci si esamini sempre: Che cosa è bene? Che cosa no? Che posso fare? Che cosa devo evitare?

36. Selemech intendeva bene ‘l’aiutare’. In questo caso sarebbe anche adeguato, se… dipendesse da questo ‘se’! – Credete nel Dio della Magnificenza in tutta la Sua Onnipotenza, il Quale unicamente fa e può tutto?” Una seria domanda alla quale si risponderebbe volentieri. Ma è da esaminare se si crede sempre nel Fare e nel Potere di Dio. Sì, credere, sì! Ma sempre, includere nelle cose di questo mondo? Non si è sovente, incerti?

37. Ecco che manca ciò che il principe confessa con la voce afflitta: “Non pensare ciò che io come superiore del popolo ho da pareggiare, allora mi viene male, quando Dio lo vuol guidare. Devo confessare un ‘sì’ diviso in due. Voi, fratelli del Cielo, vedete quanto manca in me. Secondo il sapere che Dio fa e può tutto, che noi uomini non Lo possiamo proprio aiutare nelle Sue Cose Onnipotenti, ah, voglio dire ‘sì!’. Ma che cosa zoppica dietro?” Il principe afferra le mani dei due chiari. “Istruiteci, vi prego! Allora risparmiamo molto tempo ed inutili domande”.

38. “Facciamo sosta”, indica il secondo chiaro. “E’ bene, se Naemi pensa ancora un poco e …prega. Confermo il sì diviso in due. Dalla fede, fin dall’infanzia impressa in voi, sapete dell’Onnipotenza del Creatore e della Magnificenza, e che

‘Per Lui nessuna cosa è impossibile!’

39. Se Egli va sempre di casa in casa con la Sua Magnificenza miracolosa, è il punto focale di una domanda che fa irrigidire molti credenti nell’oscura follia, ancora dopo migliaia di anni. Ma Dio fa divampare la Sua Luce di tanto in tanto come un’aurora, e questo basta per risvegliare rispettivamente il popolo degli uomini. Egli invia delle Luci, meno di quanto ci ha mandato questa volta, ma negli uomini, il cui spirito e anima del Cielo discende anche da Dio.

40. Dio non esige mai dall’uomo il ‘sì’ incondizionato fino all’ultimo obolo, perché – stretto dalla materia – il celeste non è mai del tutto da conquistare. Dove avviene qui e là (p.es. Elia, rapito), uno spirito ha finito di servire sulla Terra. Il contatto fra Creatore e creature è da formare nella Luce, tra figlio e Padre. Quello che è stato detto ora vi basta fino alla fine dei vostri giorni nel mondo. Se voi ne attingete sempre, le vostre anime saranno sempre colme, in modo che voi – anche nel vostro silenzio – potete solo ancora ringraziare, giubilare e lodare Dio.

41. Afferratelo bene che…”, il chiaro stringe la mano del principe, “…non potete aiutare DIO e non ne avete nemmeno bisogno! E siatene certi: persino noi celesti, stando presso il Trono di Dominio del Signore, non potremmo aiutarLo in nulla, perché questo è del tutto impossibile! Solo …servire – sì; lo facciamo nella riverenza e nell’adorazione e laddove ci manda l’Altissimo, nell’aiuto per i figli nella lontananza; per i ‘cari viandanti’ come ora lo siete voi e, in breve, per tutti coloro che necessitano un aiuto.

In tutte le cose della vita, è il Signore

 del tutto l’Unico Aiutante!

42. Se voi nella materia, per quanto possibile – e il Padre non pretende di più – giungete a quel secondo ‘sì’, allo spirituale, credendo pienissimamente nell’Onnipotenza, soprattutto quando sembra come se Dio abbia chiuso le Porte e le Finestre del Cielo, allora avete aiutato voi stessi. In questo, il viandante attraverso la materia può osservare solo se stesso. Nessuno può nutrire nessuno con dei sacchetti vuoti, e da una brocca vuota nessuno può dare da bere a nessuno!

43. Questo significa: – Chi non porta in sé la parte del Cielo che egli come figlio riceve da Dio, indipendentemente se conserva bene questa parte di Dio oppure la dilapida, come potrà aiutare il suo prossimo, quando si è poveri e senza Luce? Lo potrebbe ogni uomo, perché ciascuno ha ricevuto una parte dello Spirito. Questa è l’eredità regale, che dal punto di vista di Dio non viene data dopo la morte del mondo, ma ad ognuno sulla via che ha da percorrere. Senza questa eredità non si potrebbe mai esistere nella materia.

44. Se però un figlio riconosce l’eredità e da se stesso l’aumenta attraverso il ‘servizio al prossimo’, il che significa che questo diventa del tutto proprietà del figlio, …vedete, questo dipende da ciscuno autonomamente. Allora Dio stende solo segretamente le Mani, perché senza la ‘segreta Guida’ nessuno può vivere, nessuno potrebbe formare se stesso in avanti. E’ faccenda del figlio riconquistare ciò che la Luce gli dà come Dono sulla piccola via della vita.

45. Avete ascoltato molto; lo conserverete e lo userete abbondantemente senza dilapidare queste preziosità. Da intendere così, perché il nostro giovane Boas si è subito prefissato di voler annunciare questo insegnamento in tutta Betlemme, affinché dalla sua città paterna irradi la Luce su tutto il popolo. Al mondo animale si dà l’abituale mangime, ma non delle perle, con le quali non sanno che cosa farsene, che, al massimo, calpestare.

46. Questo significa ancora: – Potete lasciar cadere qualche parolina; chi se ne farà toccare, farà delle domande nelle quali riconoscerete quanto profondamente sia penetrato il seme. Allora potrete spargere altri granelli. Dove subito con la prima parola si vede l’incredulità, là tenetevi indietro. Perché tali anime non sono abbastanza mature per afferrare ciò che è più profondo. Insegnare, per quanto risulta dalla fede generale, lo potete ovunque, in ogni tempo.

47. Dato che Boas porta un autentico desiderio nel cuore, perciò vi sia ancora detto ciò che dovete tenere silenziosamente in voi, poiché trascorreranno circa dodici secoli (la venuta di Gesù) prima che accada ciò che ora avete potuto sentire.

48. In Bethlemme, nell’ultimo periodo del mondo che si chiama ‘il mezzo’, comparirà DIO. Da qui verranno quei raggi ardentemente desiderati, si mostreranno nell’intero Cosmo esteriore, e l’eterno Luogo dell’Infinito rimarrà comunque nella Luce. Dalla casa di Boas procederà un raggio ad una figlia nel cui grembo si poserà la Luce – per la salvezza dell’intera povera caduta che accadde una volta. Un giorno un profeta annuncerà:

«E tu, Bethlemme Efrata, piccola fra le città … di Giuda,

da te mi uscirà colui che diventa SIGNORE in Israele,

 le cui Origini risalgono dall’Inizio alla fine e dall’Eternità!» [Michea 5,1]

49. Questa Parola sia spiegata ulteriormente, allora Naemi non ci deve attendere ancora. Ascoltate dunque: – Per via della materia, è Bethlemme la piccola città”, il giovane indica avanti. “Ma ‘Efrata’ significa nel senso la ‘Misura del Signore’, che Egli tiene nella Sua mano destra. Significa anche il ‘Luogo del Cielo’, perciò non dalla materia, il che lo dimostra ciò che segue: ‘Piccola fra le città di Giuda’. Non riconosciuta e non rilevata. Oh, quelli di Gerusalemme ed anche altri, guardano di sbieco ad un tale piccolo luogo come lo è Bethlemme.

50. Così si guarderà di sbieco e colmi di odio a COLUI che passa come povero attraverso il vostro paese.- Perciò l’Altissimo Signore viene come DIO e come REDENTORE dall’Efrata della Luce, dalla Sua Misura, che Egli lascia giungere nella piena Misericordia alla materia, alla caduta! Quindi significa giustamente che se Egli diventa il Signore in Israele, Lo si dovrebbe riconoscere come Tale. Ma dato che questo non avverrà quasi, perciò qui il profeta dice molto giustamente ‘diventa!

51. Che il Signore Lo sia, significa: Israele è mondanamente un nome prestato, donato. Come Efrata è da considerare come ‘misura di Luce’ e come ‘Città-Luce’; così Israele, il popolo della Luce, e non di questo mondo. In questo è il Signore! Detto magnificamente: Egli, la Cui Origine proviene sempre dalla Sua Luce, come dall’Inizio in Sé, preso in anticipo, per redimere il caduto, così pure

‘Egli è stato fin dall’Eternità’!

 52. Questa Magnificenza come rivelazione la può ricevere la materia solo qui e là e rimane il Dono dalla Luce – per il Regno, cioè così: il caduto verrà rialzato di nuovo attraverso il Redentore, dall’Eternità, e così dall’Inizio del Sacrificio e dopo il ‘COMPIUTO’, anche portato a Casa, ognuno secondo il suo genere e tempo. Questo è

‘dall’Origine, …dall’Inizio e dall’Eternità!‘

53. Efrata è ancora un’ulteriore segno. Come l’intera materia nei confronti dell’Eternità-ur è la piccola, la zuppa di lenticchie di Esau per la quale egli ha dato la primogenitura, proprio così è il mondo, la piccola nella corona di tutti i corpi celesti. Ma quello che è raggrinzito nella caduta, viene raddrizzato nel punto cruciale di tutta la Magnificenza e Grazia. L’ALTO viene nel piccolo per i piccoli; perciò, simbolicamente, è Bethlemme il luogo, Israele il paese, il mondo il piccolo pianeta, e la materia quell’Efrata che il Signore si è scelto come ‘specchio del Suo Efrata secondo la Luce’.

54. Questo era un Cibo pesante; tuttavia verranno delle ore in cui vi consulterete. Lo Spirito venuto su di noi da quell’Inizio, quando abbiamo preso la nostra Vita dalle Mani del Creatore, vi condurrà oltre e sarà la Voce della Luce in voi”.

55. Nessuno dei quattro uomini osa dire una parola. La loro gratitudine che splende nei loro occhi arde nei loro cuori come un fuoco, sale al Trono dell’Altissimo, da dove ricade come una Benedizione, di nuovo, sugli uomini.

 

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Cap. 9

Naemi premiata dalla sua dedizione a Dio

I due chiari insegnano in una sola Luce

 (in casa di Naemi)

1. Una mano si posa sulla testa di Naemi. Stupita, lei solleva lo sguardo. Da quanto tempo stava seduta in mezzo alle sue macerie, immersa, pregando, piangendo, …non lo sa. Nessuno l’aveva disturbata. Servo e serva sono collaboratori dei loro vicini sui campi, un lavoro faticoso. I campi, dieci anni senza cura, senza aratro, devono dapprima essere rassodati.

2. Corpo e anima sono stati così oppressi, qualche sospiro è venuto dalle sue labbra. Poi …oh, che possa guardare in su, nel Cielo luminoso; e il suo grazie, la sua supplica, erano salite in Alto: ‘Signore, Tu mi hai tolto molto dal mondo, ma io so che le Tue mani hanno fatto del bene, anche se ho sospirato per via di tutto il peso. Mi hai dato il Tuo angelo, il caro giovane, e tramite lui mi hai portato il Tuo aiuto. Possa sprofondare il mondano, possa rimanere povera e misera, se soltanto il mio cuore Ti possa lodare, il mio spirito glorificare e l’animo e anima diventino calmi in Te, il Padre della Misericordia!

3. Mosè ha detto al popolo le Tue ultime amorevoli Parole: «Non è Egli il Padre tuo e il tuo Signore?» [Deut.32,6] Così so che mi sei e rimani in ogni tempo, PADRE! Solo per via della figlia affidata a me, che dall’estero è venuta con me nel deserto, allora mi vorrai aiutare che io lo possa ancora aggiustare e che lei trovi una patria nel mondo. Ma io…? Io aspetto la Tua chiamata. Poiché qui…’. Naemi aveva steso le dita ‘…sono venuta in questo mondo senza mondo, voglio lasciarlo senza mondo. In ciò aiutami, mio caro Dio!’

4. La dedizione nella Volontà di Dio, provenendo dal più profondo del cuore, era appena terminata, allorquando lui tocca leggermente la sua mano. Ecco perché Naemi non si è spaventata, aveva solo perduto il senso per il suo tempo, anzi, non l’aveva nemmeno oppressa la tristezza. Non più, dopo la preghiera offerta all’Altissimo. In lei sale una dolce gioia quando vede il ‘suo’ giovane che sulla via l’aveva protetta da ogni disagio.

5. Da tempo ha presagito che era con lei già fin da Ar-Moab, non visto, finché su di lui è divenuta evidente la Guida del Padre. Non può difendersi dal pianto, quando dice alzandosi: “Dopo il Signore ringrazio anche te per tutto l’aiuto che ho avuto da te. Ti congedi perché ora sono a casa?” E’ comprensibile che dicendo ‘casa’, si stacca una grossa lacrima che cade sulle mani del giovane.

6. Lui la porta alla bocca, beve la lacrima dicendo: “La porto su a Dio-Padre, dove diventerà una perla. Anche la tua preghiera è salita ed è stata scritta nel tuo ‘libro della vita’. Questa non è una lode, come si fanno volentieri lodare i mondani; è solo un’indicazione di cosa fa la Misericordia con tali lacrime e preghiere.

7. Chi ha molto da portare, può piangere quando si piega all’Onnipotenza di Dio. Dalle mani di Dio non viene nulla che aggravi la via della vita. Non pensare che qualche ricco viva magnificamente e nelle gioie, come non lo ha mai fatto Elimelech. Bada: tali ricchi sono i più poveri dei poveri! Non raccolgono nulla per le loro anime, il loro cuore rimane vuoto d’amore. Così giungono nella loro camera (tomba) nella quale tutti gli averi di questo mondo diventano per loro ciarpame, una polvere che scorre attraverso dita raggrinzite.

8. Ti sei accusata presso Dio e chiamata ‘una senza fede’. Non lo sei! Lui ti fa annunciare: ‘Non Mi sei solo una cara figlia, devi essere un segno per molti che in tempi lontani sentiranno di te. Già ora qualche figlio impara da te. Non sei andata in giro, non hai mendicato e pianto perché il cattivo giudice ti ha tolto i tuoi interi averi.

9. Molti non imparano dalla disgrazia, il considerarla come una benedizione sconosciuta, data da ME. Lo sconosciuto nella Benedizione ha a che fare con ciò che Io so com’è fatto un uomo, oppure se vuole imparare da una disgrazia. Coloro che contendono, viene giustificato solo mondanamente, …ma non davanti a ME         ! …Su costoro viene una Benedizione sconosciuta, poiché Io calcolo i loro pesi dalla Misericordia, nel pareggio per ogni ingiustizia che un superiore commette su di loro’.

10. Ma questo, Naemi, diventa evidente solamente quando tali anime hanno lasciato il mondo. Allora il loro peso viene calcolato nel verdetto a loro favore; perché

DIO, il Signore, è l’unico vero Giudice!

Egli non giudica solo l’avere e il dare, Egli pensa alla debolezza sulla via dei mondi e cioè due cose in un grado, dato che Egli è l’unico Dio e l’unico Creatore, Padre di tutti i figli della Vita!

11. Coloro che portano liberamente il loro sacrificio alla materia, sono dei ‘portatori dei pesi liberi da pesi’. Coloro che una volta sono caduti con la prima figlia del Cielo, portano il loro peso come giogo, caricato da sé nella caduta. A questi, Dio calcola dal Suo unico Grado di Grazia il secondo: parzialmente la liberazione per Misericordia dalla Sua Volontà di Creatore, affinché nessuna creatura-figlio possa andare perduta.

12. Quando sarà portato a Casa l’ultimo, attraverso un Sacrificio, che non varrà mai solo per il tuo popolo, solo per questo mondo, ma per l’intera materia nella quale tutto il caduto è l’oscura dimora fino all’ultimo rimpatrio, come non dovrebbero avere altri nessuna grazia né ricompensa? Non pensare che non sarebbe del tutto giusto se i fedeli non ricevessero nessun altro posto come gli infedeli! Che cosa sai tu del Cuore di Dio, del Padre?”

13. “Nulla!”, singhiozza Naemi che per via del pensiero si sente empia.

- Il chiaro se la stringe al cuore. “Calmati, tu sai chi e che cosa sono io, ed è bene credere che noi, abitando nella Luce, abbiamo sondato il Cuore di Dio Padre. Ebbene, …qualcosa abbiamo ben fatto, in quanto ci lasciamo guidare mediante la Sua Volontà e ci sforziamo di eseguire ogni lavoro per la Sua Gioia.

14. Sia noto solamente questo: – Nemmeno i principi davanti al trono dell’Onnipotenza possono misurare la profondità del Cuore di Dio. Nessuno arriva alla Sua elevatezza, nessuno misura la maestosa ampiezza delle Sue Magnificenze di Dominio, nemmeno mai il mistero dei Suoi Pensieri di Luce! Questo, inoltre, è la somma beatitudine di tutti noi!

15. E quando stiamo dinanzi al Suo volto, accanto a Lui, come tu riposi sull mio cuore. Oh, nessuno di noi spiriti, figli della Luce, afferrerà mai la Cosa più santa della Vicinanza di Dio! Percepire, …sì, lo può anche ogni figlio rimpatriato che riceve il Primo dall’unico Grado di Grazia del Diritto di Giudice. Viene aggiunto solo ai guidati a Casa che possono passare attraverso la Porta della Luce dalla loro lontananza scelta da sé stessi.

16 Nondimeno, ciò che può essere percepito è molto, ed esso si estende in quella Profondità di Dio che Egli ha dischiuso per noi. Questo basta per tutta l’Eternità, per accrescere e riempirci di felicità. Pertanto, quando si manifesta la Volontà di Sacrificio per DIO, persino in questo mondo vale il ‘distacco dal Sacrificio’ per tutti i figli, anche se offerto diversamente. Te lo voglio spiegare, dato che è importante per questo tempo.

17. I fedeli, che vanno e andranno per la loro strada, portano il carico dei poveri, e fintanto che i fardelli dureranno, non potrà accadere il massimo della loro felicità! Tu ed Elimelech piangevate quando succedeva qualcosa a un amico, e a volte tu non riuscivi a mangiare anche se il tavolo non era mai vuoto. Non potresti mai essere felice allora. E non è diverso nella luce, a cui appartengono i viandanti.

18. Noi facciamo cordoglio con i caduti. Finché durerà la caduta, rimarrà come un velo di nebbia sulla nostra gioia. I deviati sono degni del cordoglio, e come li si può chiamare amici? Nel mondano la domanda è questa, ma un giorno, che ora lo esprimo in anticipo, il sommo Portatore del Sacrificio dirà:

«Nessuno ha un amore più grande,

che coluiche lascia la sua vita per i suoi amici!»

19. Essere un amico verso coloro che stanno nudi davanti agli Occhi di Dio! Tu non hai mai dato una cattiva parola ad un mendicante, quando qualcuno ringraziava scarsamente per il dono. Se hai già agito così e non sai da dove sei venuta né dove vai (dalla Luce nella Luce), allora dimmi: può il nostro Dio-Padre fare a meno di te, oppure di noi? Molti di noi sono passati attraverso la materia, il cui tempo antecedente non puoi conoscere, ed ognuno doveva portare il suo peso.

20. Dio è l’Amico più elevato, il Quale dà la Sua vita per tutti coloro che hanno bisogno del Sacrificio, per Misericordia”.

- Naemi chiede: “Ma Dio non può morire! Allora dovrebbero passare tutte le Creazioni. Se Egli fosse già morto per propria Volontà, chi le deve governare? Chi conservare il mondo, chi i Soli, le Stelle, la Luna, tutto il Firmamento?”

21. “Perfetto! Anche se non è del tutto giusto. La Vita, che è il Creatore stesso, non morirà mai, non viene sacrificata ai poveri amici, perché allora ogni Creazione dovrebbe finire. Allora esisterebbe un nulla nel nulla! Ma è inteso così e, se non è possibile diversamente, ciò è previsto:

22. Il Signore dà una Parte dal Suo Essere, che va come un Uomo nell’oscuro abisso, per l’intera materia. In questa divisione Dio non deve ripetere il Suo Sacrificio ovunque. Egli fa tutte le cose una sola volta! Solo questo irradia la Sua Profondità, la Sua Altezza, l’Ampiezza e la Vicinanza, il Suo Interiore ed Esteriore, il Campo di Luce senza contemplazione e quello che noi possiamo vedere, significa che il Suo unico fare ha da valere per l’Eternità-ur!

23. Proprio questa, una Parte (Gesù) – non ti spaventare, Naemi – camminerà umanamente, senza essere realmente Uomo, ed attirerà comunque a Sé tutta l’umanità. Questa Parte la subordinerà Egli da Se stesso alle Leggi della Vita e del mondo, che – come sarà possibile approssimativamente secondo ciò che sappiamo, solo che ancora non è da annunciare – quella stessa ‘Parte d’Uomo’ può morire, nella morte di un Sacrificio per tutti gli amici: per i fedeli e per gli infedeli! Perché DIO è il sommo Amico, e non vi è nessuno che Gli sta accanto nello stesso Rango!

24. Di questo ‘Terrore’ in arrivo sei profondamente scossa, il che può succedere perché tu, dotata dallo Spirito, ‘vedi’ ciò che si svolgerà nel popolo di tuo marito. Io sciolgo questo peso; non è un giogo di Grazia – non ancora, Naemi. Quelli più avanti dovranno portare peso e giogo, gli uomini e gli esseri dall’oscurità”.

25. La Luce prende nel grembo la donnina diventata piccola e questa riposa per un po’ come una bambina stanca ad un cuore che l’Amicizia del Sommo Amico ha portato giù per lei. E si addormenta. Gli uomini, stando alla porta, hanno sentito tutto; ora ritornano in silenzio con il secondo giovane.

26. Il giudice l’ha oppressa molto, nonostante l’aiuto della Luce.

- ‘Se così non fosse stato, allora sarebbe andato tutto storto’, pensa il principe Pereztha.

- Il secondo chiaro dice sgravando: “Su questo hai ragione, ma ne avreste raggiunto ‘la gran parte’. È solo stato meglio e deciso da Dio-Padre che avvenisse ‘tutto interamente’. Detto a te in anticipo: sarai scelto come primo su tutto il popolo, finché tutte le tribù non si raduneranno insieme per formare un governo unito”.

27. “Protesto contro un re”, dichiara Laban.

- Selemech annuisce: “Anch’io. Lo si vede nei popoli pagani che cosa porta con sé un re. Loro non sono d’accordo nel proprio campo, né uniti l’uno con l’altro. Quindi, quale scopo avrebbe un re di questo mondo?”

28. Dice il giovane: “Un tale non porta oltre, cosicché un popolo, catturato dall’oscurità, rimane bloccato. Non sia messo a vostro carico”, indica tutt’intorno, “anche il vostro Israele è ingarbugliato nell’oscurità. Contro questa non aiuta nessun governo esteriore, che si chiami come vuole. Aiuta solo a piegare la volontà al Creatore di tutte le cose viventi! Se un popolo lo raggiungerà mai…? Siate certi dell’Aiuto, ma la speranza può anche esistere nell’incertezza che conduce alla vibrazione positiva, persino se si lascia trasferire sullo spirituale. Nell’assoluto sapere mondano che nega qualunque cosa, non c’è nessuna speranza, e quindi rimane povero di vibrazioni.

29. Diversamente è con coloro il cui spirito – per quanto qui possibile – possedendo il predominio, l’anima si lascia elevare a Dio. Qui vale persino l’assoluto sapere, cioè la certezza che Dio siede nel Governo, benché i mondani si invertono completamente; questo aiuta a costringere, a superare l’esteriore, con cui si può regolare tutto. Lo verrete a sapere che su ogni voragine del mondo sta ‘l’Arco di Grazia’ di Dio! Ora riposate, in questo giorno accadranno ancora molte cose nelle quali vedrete che nemmeno l’oscurità più grande può inghiottire la BENIGNITA’ DI DIO”.

*

(in casa di Hanea)

30. Ruth ed Hanea hanno ascoltato diligentemente.

- Ora Hanea dice: “Voglio vedere la mia amica che è uscita di casa al mattino presto e nessuno l’ha più vista. Le macerie, più a lungo vi rimane, la devono proprio opprimere”.

- Anche Ruth teme per la madre Naemi.

31. Boas tira indietro le donne alla tavola. “Dove agisce il caro aiutante del Padre, dite, che cosa può la nostra piccola mano? Avete buone intenzioni, ma il Signore aiuta meglio ad uscire da quell’afflizione che Naemi porta da dieci anni. Di certo l’ultimo tratto che grava sull’anima è il più difficile, ma lasciate agli amici del Cielo ciò che può avvenire per il meglio”.

32. “Detto bene”, dice Pereztha. “Un segno di autentico amore! Non è così facile discernere dove si deve lasciare operare l’Altissimo stesso e dove possiamo muovere noi le mani. Sì, sì, per voi, figli del Cielo, non è difficile, mentre per noi uomini risulta qualche confusione”.

33. (uno della Luce:) “Su ciò si necessita dire qualcosa, dopo riconoscerete se è più facile per noi distinguere. E’ più facile riguardo ciò: – Vedete, quando Dio manda i Suoi angeli che devono venire visibilmente, allora sono quelli che hanno già percorso la via del co-aiuto attraverso la materia. Questi hanno il contatto con voi perché hanno sperimentato da se stessi una vita del mondo. In quanto a ciò è facile mostrare chiaramente la differenza: 1) dove sta unicamente DIO nella posizione di Aiutante; 2) dove possiamo agire noi dalla nostra conoscenza.

34. Gli spiriti-figli della Luce che non hanno ancora percorso nessuna via del mondo – lo faranno ancora – vengono nel Cosmo in modo invisibile. Ma non credete che perciò il loro aiuto sia meno forte che il nostro. Solo che per loro la Guida di Dio sta in primo piano; su di noi, i visibili, si mostra in segreto, perché attraverso la via del co-aiuto, in certe cose possiamo operare da noi stessi.

35. Non fate nessuna differenza tra di noi. Nella FEDELTA’ che conserviamo al Dio-Creatore, stiamo sullo stesso gradino. In vista di un Aiuto aperto e (o) segreto, una tale differenza viene data solo per voi uomini. Questo lo avete compreso, e così aspettiamo finché mio fratello porta Naemi”.

*

36. Hanea aveva disteso delle stuoie[4] per gli uomini, lei stessa si ritira con Ruth nella camera. Ah, sì, non è più la più giovane e il lavoro, insieme alla preoccupazione, consuma le sue forze. Così passa un’ora. I dormienti si svegliano quando si sentono dei passi presso la casa.

37. E’ la guida che porta la Naemi addormentata. Hanea la vuol portare in una stanza.

- “Mi è più facile”, dice il chiaro. “Prepara una branda, Naemi è esausta”.

- “La curo io”, esclama Ruth.

- Nella parte superiore della casa Hanea apre la stanza più luminosa, presto la donna stanca, malata, è a letto. / Ruth piange piano, lei ama così tanto Naemi.

38. Il chiaro le accarezza la guancia abbronzata. “Non è gravemente malata, è solo esausta. Fra pochi giorni Naemi starà di nuovo bene”.

- Ruth sussurra: “Sono così grata che l’avete aiutata alla fede, di poter ringraziare il Signore e anche te che ci hai aiutato. Adesso, di nuovo”. Lei bacia la chiara mano. Lui lo lascia accadere con il sorriso così caro che Ruth sa: – trasformata nell’amore per il Signore! Per un paio di giorni – detto qui in anticipo – Ruth rimane anche di notte con la madre. Così verrà a sapere solo più tardi cosa è successo nel frattempo …il giorno dopo.

*

39. Il Sole arde all’orizzonte allorquando una carovana di uomini compare davanti alla casa. I servi accorrono per accudire gli animali. Boas viene con un chiaro davanti alle porte per vedere chi fosse la gente. Riconosce alcuni degli anziani di Gerusalemme che erano presso il giudice; la maggior parte gli è sconosciuta. Secondo gli abiti sono dei superiori del popolo. Chissa che cosa vogliono? I chiari non hanno fatto cenno.

40. Uno si presenta. “Io sono Sinehas di Emmaus. Al mattino presto sono venuti tre degli anziani di Gerusalemme per presentarmi la faccenda del giudice. Sia ringraziato il Dio dei nostri padri: lo sciacallo è stato abbattuto! Abbiamo raccolto quasi tutti gli anziani. Ora deve essere giudice il principe Pereztha, e noi ci sforziamo che il popolo affermi la scelta, affinché si faccia pace tra le dodici tribù”.

41. “Entrate”, invita Boas.

- “Tu sei il figlio della casa?” domanda Sinehas. “Chi è il ragazzo? Intendo…”

- “Lui non è il figlio del fratello del padre”[5], interviene Boas nel discorso. “Questo… Quando tornerà di nuovo a casa, (il figlio di Naemi) sarà il vero erede. Erano espatriati, e finora nessuno della stirpe (maschio) è tornato. Tuttavia, devo aspettare finché…”

42. “Entriamo!” Lo sguardo di Sinehas cade particolarmente sull’inviato di Dio.

- Costui dice: “Sarai soddisfatto di me, anche se sembro giovane”.

- E’ uno spavento, che lo assale? Pah… La faccenda del principe è troppo importante da mettere da parte per via di un giovane.

43. Hanea che stava presso la finestra aperta, incarica le sue serve di preparare un pasto, e nella sala dei giacigli. Lei stessa rimane in fondo quando sono entrati gli uomini e salutano i presenti. Non si arriva subito al punto. I ventiquattro sono stupiti quando vedono ‘un fratello’ di quel ragazzo seduto a tavola.

44. ‘Che non facciano parte di Israele, lo si vede a prima vista. Sarebbero da escludere dal Consiglio. Evidentemente, insieme a questi giovani sono da includere il principe, Boas, Selemech e Laban. Questo stupisce molto tutti, perché il principe è incorruttibile, ed è un grande conoscitore di uomini. Ha già capovolto dall’interiore all’esteriore qualche uomo, quando nell’interiore c’era qualcosa di marcio. Si lascerà ingannare da ragazzi…?’

45. Pereztha sorride tra sé e sé. Come se avesse sentito il pensiero come parola, così si riflette in lui. Dopo che è stato consumato il pasto e bevuto un vino, Sinehas come oratore presenta il suo piano per gli altri. Dapprima srotola l’immagine dell’ultimo tempo, quando si è stati incerti a causa del disaccordo delle tribù, per via delle grandi e delle piccole faide, e che il diritto dalla legge non vale più. In ciò dimentica di dire ‘I Comandamenti di Dio’!

46. Continua frettolosamente “Appunto per questo ci siamo accordati che ci sarebbe da mettere un principe su tutto il popolo. Quando le altre tribù sentiranno ciò che è successo e che i popoli vicini potrebbero sfruttare la nostra non-unità, allora tutti accetteranno la nostra proposta”, afferra le mani del principe: “Tu devi essere il capo del popolo!

47. Accetta!” supplica, quando il principe nega perché nell’ultimo grande Consiglio era stato preteso: ogni tribù per sé! Questa follia potrebbe distruggere Israele, prima o poi, poiché la discordia è radicata troppo profondamente. Tuttavia, …non si deve portare il sacrificio per il popolo? Sì, sarebbe un peso per conservarlo, che può stritolare il singolo, …appunto, lui.

48. Allora Pereztha vede negli occhi chiari una scintilla, come un ‘sì, accetta comunque’. Il principe è credente, non così nell’uso della prescrizione esteriore, che non considera molto. No, …la sua anima è attaccata al suo Dio. Sovente ha sperimentato che DIO sapeva comunque aiutare, sempre. Come anche ultimamente e… attraverso questi giovani. Tuttavia, dice comunque riflessivo:

49. “Esaminiamo prima se sono degno come capace di questa funzione. Dipenderà se tutto il popolo riconosce la pre-elezione”.

- “Ebbene”, si fa sentire Laban, “io credo che tu ne sei degno”, guardando il principe con affetto. “Non deve essere esaminato! C’è da aspettare come decide ogni tribù. Ma come stanno le cose, sono convinto che ognuna concluderà gioiosamente, poiché tutti hanno la paura nelle ossa”.

50. Dice il primo giovane: “Eleggere per paura, non ha nessuna consistenza. Non appena sarebbe passata la paura, ognuno metterebbe il suo egoismo davanti alla casa. La vostra scelta è certamente anche la scelta di Dio, perché…”

- “Scusa…”, si scalda Sinehas, “…da dove hai preso la tua sapienza?“ Ridendo in modo così beffardo, che Boas fa i pugni verso il principe, tanto lo fa arrabbiare quell’ironia.

51. “Tu parli del ‘Dio dei nostri padri’, come se…”

- “Non è il tuo Dio?” chiede il secondo chiaro.

- “Non mi venire con certi discorsi”, rimprovera Sinehas. “Per forza le cose il Dio dei nostri padri è anche il mio!”

- “Allora dovresti parlare in altro modo”, rimprovera il primo, “e non bandire Dio in un tempo che non conosci proprio. Se noi due…”, indica sé e suo fratello, “…stiamo molto vicini al nostro Dio, lo vedrai anche troppo presto!”

52. “Con la gioventù è una croce!” Sinehas si asciuga il sudore dalla fronte. “Vuol suonare il primo strumento, ed è verde dietro alle due orecchie!”

- Selemech ride: “Aspettiamo chi è più verde, …intendo solo sul punto della conoscenza di Dio. Ma dapprima chiariamo la cosa più importante”.

- Anche i tre più anziani di Gerusalemme, che conoscono i giovani, sorridono fra sé e sé.

53. “Ti consiglio di accettare, Pereztha”, dice Selemech. “Non è per caso che con noi ci sono i messaggeri della Luce”. Indicando, per lo stupore dei consiglieri che ancora non conoscono i chiari, ciò che lui stesso pensa di loro.

- Ah, ora pensano che qui opera un asmodi, uno che li vuol confondere del tutto.

54. ‘Peccato, si sperava con Pereztha. Ora è capitato insieme agli altri in un nido di vespe. Che per loro esistano spiriti cattivi, è rassodato, ma non, che non conoscono realmente l’Alto Spirito’

- Sinehas fa un cenno al gruppo per la partenza, anche se la notte è appena nel cielo. Allora il primo giovane lo tiene indietro, seriamente ammonendo:

55. “Non esamini chi siamo? Oppure credi che solo voi anziani siete saggi? Dov’è la tua sapienza se ometti di esaminare? Nella notte il vicolo può diventare pericoloso. Non per te personalmente! E’ intesa la faccenda che è già naufragata nella prima piccola tempesta.

56. Non saltare subito sù perché lo dice un ‘ragazzo’. Hai supplicato in silenzio per te, che Dio voglia pensare alla vostra miseria e – aggiunto in onor tuo – hai inteso anche l’afflizione della fede. Poiché, se da voi hanno potuto regnare così a lungo dei giudici cattivi, volentieri a danno del vostro prossimo, è pur questa la fede nell’insegnamento di Dio che vi ha lasciato il fedele Mosè?

57. Dov’è la fede nei dieci Comandamenti? Dov’è la buona volontà di osservarli? Ah, sono state formulate delle leggi del mondo, e le si mettono al di sopra i Comandamenti di Dio! Se mi puoi confutare la mia conoscenza, allora provvedo io, …e sii certo che, per convertirti, DIO ne darà il Suo ‘Sì’, …che tu diventi il primo e governi Israele!”

58. “Non lo posso fare, per questo mi mancano i doni. Ma come mai che sai ciò che ho detto stamattina? Nessuno mi ha sentito se non…”

- “DIO!?”

- Ora è sudore freddo che scorre dalla schiena di Sinehas. Gli uomini ancora ignari si ritirano fino alla parete.

- “Sì, sì, che Dio solo…”, mormora Sinehas.

59. “Se ora lo sai… Chi sei tu? Allora… Tu sei… Ah, Dio non si mostra come fogliolina che deve dapprima crescere. Ed io non sono nemmeno degno di sperimetarLo come Abramo e Mosè”.

- “Per via dell’umiltà, è vero. Dio si mostrerebbe anche diversamente di come facciamo ora noi due. Non sai dalla vostra antica storia, che a volte Dio inviava degli angeli, come a Sodoma e Gomorra, anche all’infedele Agar nel deserto?”

60. Lo si sa bene; ma questo tempo di Grazia è già da tempo sprofondato, così come …anche la vera fede è sprofondata. ‘Siamo maturi che degli angeli ci aiutino nelle povere cose del mondo?’, questa come altre sono domande che scuotono il cuore, che non lasciano vedere la meta della conoscenza. Laban, richiama gli uomini alla tavola.

61. “Ascoltate, cari fratelli! Dopo si decide da sé se ciò che è successo da noi è la verità. Nessuno all’infuori di Dio ha sentito la preghiera di Sinehas, ma vi è stata rivelata. Allora ci deve essere tra noi un messaggero di Dio, oppure un profeta”.

- Laban frappone intenzionalmente una piccola pausa al respiro.

62. Perezha, Selemech e Boas annuiscono, in modo che Sinehas viene a sapere: “Se questo… Se il pensiero è…” Balbetta per un po’, finché…

- Hanea dice: “Non ti deve rattristare come uno dei più anziani, se lo confesso come donna: io l’ho notato subito che gli ‘amici chiari’ non sono di questo mondo. Se siano degli angeli non l’ho soppesato, ma li ho riconosciuti subito come ‘messaggeri di Dio’. Non può agire l’Altissimo attraverso dei cari uomini, come attraverso un angelo?”

63. “Lo può certamente”, ammette un anziano, “ma penso solo che – per quanto sappiamo dai popoli tutt’intorno – nessuno ha la nostra fede di un solo Dio. Perciò non sono uniti con Lui e Dio non può agire tramite loro. E angeli…? Non so se questo è ancora possibile oggigiorno”.

64. Ti devo rimarcare i tuoi errori”, dice un chiaro. “Una volta hai ammesso che Dio lo potrebbe. Un’altra volta lo neghi. Se Dio può, cancellalo, perché Egli lo fa in ogni tempo. Avvolto nel sì, nel no, apertamente, questo lascialo a Lui, il Santo d’Israele’, come lo sottolineate volentieri. Da Israele, questo vale, e cioè dal celeste! Egli potrebbe ben essere per voi il Santo, se si osservassero i santi Comandamenti. Allora questo popolo sarebbe un buon riflesso di quello celeste, di cui può far parte l’uomo buono.

65. Per quanto riguarda i popoli, ora di certo voi li chiamate ‘pagani’ perché loro chiamano le forze ‘déi’. Naturalmente è falso pensare solamente che essi credono nelle tradizioni senza una vera conoscenza. Esistono degli uomini che si possono assolutamente misurare con i vostri buoni. Naemi ve lo confermerà. Non dovrebbero quindi anche loro, solo perché come popolo sono diversi, avere il collegamento interiore con la Divinità? Dipende dal popolo, oppure dalle anime che sono purificate? Non potrebbe Dio usarli in modo che sia fatta la Sua Volontà nel mondo?

66. Non è arroganza se pensate essere maestosi solo voi, e a tutti gli altri si guarda dall’alto in basso? E’ questo da accomunare con il Comandamento dell’amore per il prossimo? Oppure, se vi pentite, potete essere buoni portatori della semenza e trovare impiego, rispetto al servizio di messaggeri. E lo volete proprio volentieri?”

67. “Se ciò fosse possibile”, dice un anziano, “esclamo: ‘Signore, sono pronto!’ Ora mi è venuto chiaro che voi…”, intende i chiari, “…siete messaggeri di Dio, e non voglio chiedere se angeli o uomini. Uno dei due lo siete sicuramente! Ma perdona che ho interrotto. Volevi annunciarci ancora qualcosa di altri popoli. Ascoltiamo volentieri”.

68. Il chiaro insegna: “Non è peccato che voi, secondo il tempo che Dio detta al mondo, sapete poco proprio nel rapporto del vostro mondo, quanto sia grande e ciò che succede su di esso. Interpretarlo oggi porta troppo lontani e non vi serve. Ma questo sì: – Lontano, esistono dei popoli, piccoli ed anche più grandi, che credono in una sola Onnipotenza, non importa come la chiamano. Il Nome esteriore che sale dal tesoro del linguaggio di un popolo, è per Dio insignificante. Egli conosce appunto i Suoi figli terreni proprio come quelli della Luce.

69. Nei gruppi di popoli a voi ancora sconosciuti regna una vita migliore che da voi ed intorno a voi. Per alcuni di questi uomini è possibile mettersi in uno stato sonnambolico, mentre lo spirito compare come manifestazione corporea sotto la Guida di Dio oppure di un angelo, il quale viene incaricato per questo. Con ciò è da ammettere che esistono ovunque degli uomini che in vista della fede in Un Dio stanno con voi sullo stesso gradino, anzi, nella loro esistenza sono persino più avanti di voi, spiritualmente-animicamente ed anche nelle manifestazioni della vita secondo la natura di questo mondo”.

70. “Oh, fermati!”, esclama l’anziano Herias. “Si può essere così stupidi? Voi due siete stati dal giudice, come ci hanno raccontato i nostri di Gerusalemme. Allora, devo chiedere perdono e…”, l’israelita si china fino a terra, “…ci dobbiamo inchinare dinanzi a voi. Avevate anche voi che eravate presenti, un velo di Iside come pure io stesso ora?” Herias sorride imbarazzato.

71. I tre lo negano con un’espressione gentile.

- Sinehas dice: “E’ strano, ma chiedo se ora non vi sbagliate. Se Dio ha mandato i Suoi messaggeri, saranno simili nel loro modo e genere. Vi sembra quindi soltanto come se siano gli stessi che voi – ammetto con piacere la cosa meravigliosa – siete intervenuti nella faccenda spinosa”.

72. “In modo celeste, non solo terreno”, interviene sarcasticamente il principe. “Non osate dirmi che mi sono lasciato abbagliare dalla somiglianza. Inoltre, vi annuncio: i nostri cari fratelli dalla Luce sono coloro che ci hanno aiutato. Oltre a ciò, – chiedilo a Laban, a Selemech e a Boas; e se stanno davanti a te quattro testimoni, mio Sinehas, ti potrà ben bastare. Oppure no?”

73. Costui si tocca la barba un po’ spettinata. “Hm, non dico niente in contrario, poiché non posso testimoniare di nulla. Dico senza offesa che noi che abbiamo da condurre il popolo, non dobbiamo mai piegarci a terra, anche se…”

- “…sono messaggeri di Dio?”, chiede Selemech. “Oppure pensi perché gli aiutanti non portano delle barbe grigie, questo non sarebbe adeguato?”

74. Sinehas si scuote. Qui devono operare delle Forze che… Proprio così aveva pensato. Se sono realmente tali…

- Il primo chiaro si siede accanto a lui, non per la pura gioia di Sinehas. Si sposta volentieri un poco, solo che dall’altra parte è seduto Herias.

75. La Luce sorride: “Ti posso spiegare ciò che non sai?”

- Hah, al Creatore sono riusciti miseri i Suoi uomini, che uomini maturi devono farsi istruire dalla gioventù? Anche la ‘Luce’ ha colto il pensiero di punta.

76. Il principe dice seriamente: “Io sarei grato se la Luce si occupasse di me affinché in me si faccia luce su molte cose! Ma comprendo Sinehas. Lui è scosso dall’avvenimento che in nulla si adegua nel costrutto mondano, e teme di perdere il suo prestigio da anziano del popolo.

77. Ma io confesso apertamente: – Il mio rango è niente e nulla dinanzi alla Luce. Non perdo nulla se prego i miei fratelli del Cielo di istruirmi!”.

- Alcuni abbassano le loro teste e quello di Emmaus (Sinehas) ammette timidamente: “Ascolto ciò che mi si deve spiegare”.

78. “Questo ti renderà più maturo di quanto immagini” riceve la risposta. “Pongo una domanda: Che cosa c’era prima del mondo? Il Regno di Luce o la materia? Sono stati creati insieme a cui la vostra Terra somiglia ad un granello di sabbia? Puoi risolvere questa domanda?”

79. “No! Sappiamo solo da antichi scritti d’immagini, che il nostro mondo fu creato molto più tardi di altri. Se si è trattato di formazioni antecedenti di quel Regno che è da considerare come il Regno della Luce di Dio, non lo ha potuto ancora risolvere nessuno, per quanto ne so. Forse Mosè sapeva di ciò certe cose.

80. La nostra non-conoscenza non diminuirà la nostra fede, quando andiamo a tastoni nell’oscurità. Ah…, un raggio che in certo qual modo mi è stato come sparato…”, guarda esaminando il giovane. “…Dio, il Creatore di tutte le cose, è Spirito, Luce, Santità, Purezza, e ancora di più, ciò che in genere manca a noi uomini. Quindi, sarà senz’altro stato creato prima il Regno”.

81. “Giusto! Ai viandanti attraverso la materia è difficile risolvere un problema che riguarda l’ultrasensoriale. Così si chiama ciò che nega l’intelletto mondano. Ultrasensoriale, …passando dai sensi strettamente limitati! Ovvero, sì, – al di sopra di tutte le cose della materia fluttua il SENSO di Dio! Perché Egli ha ‘pensato’, di porre nell’esteriore le Sue Opere interiori, che Egli ha colto dalle Sue Destrezze, spiritualmente, …beninteso, per poi creare un popolo di figli che poteva svilupparsi vivendo in e sulle Opere.

82. Dalla questione fondamentale e dalla risposta si può costruire una scala nel Cielo”, segue il chiarimento “della quale anche i terreni possono parlare, perché voi avete da rispondere per il bene del popolo. Ora potete sapere che il Regno è sorto prima, e noi, i suoi abitanti, lo consideriamo la nostra Patria, eternamente imperitura! Attraverso la caduta di una figlia, a voi ignota in piena misura, era necessario creare per lei e per il suo seguito un luogo che tuttavia – visto dal Creatore – era stato da tempo preparato, per catturare una caduta. Questo luogo era la materia, di cui fa parte anche il vostro piccolo mondo.

83. Quanto più importante è il senso su tutti i mondi! Dallo SPIRITO si coglie la Forza per il Governo. Dopo non è un problema di vincere in sé il mondo. Dall’ultra-senso è da portare ogni peso, quello proprio e quello estraneo. Chi si lascia governare così dalla Luce, può essere un buon re per il suo popolo. Non come lo hanno i vostri vicini. No! – Ma re dallo spirito e dalla capacità; questo è un governo che Dio benedice extra per il suo lavoro”.

84. Dice Boas: “Mi sarebbe molto contrario se ci mettessimo sullo stesso gradino dei pagani, intendo solo sotto questo punto di vista. Altrimenti, …ovunque esisterebbe della buona gente. Riconosco solo il Creatore come RE di tutti i popoli. Lo splendore del mondo sono ragnatele d’autunno che un leggero soffio di vento manda via. E chissa se non agisce DIO in questo soffio”.

85 “Mi hai tolto la parola di bocca”, dice Pereztha. “Che sono diventato principe, è solo un’eredità dei miei avi. Preferisco essere chiamato con il mio nome. Una domanda”, rivolgendosi al giovane.

- “Chiedi se anche altri hanno il tuo dubbio”.

86. “Non è proprio un dubbio, perché con la benedizione di Dio non c’è nulla da dubitare, eccetto: la si è meritata? Hai parlato di una Benedizione extra e di un solo Dio che ha fatto una volta tutte le cose (Ebr. 9,12). Di conseguenza anche la Sua benedizione deve fluire senza differenza, non di una che fluisce di più su uno, su un altro di meno. Non dovrebbe significare: Lo stesso diritto per tutti?”

87. “Il Diritto di Dio si chiama ‘GIUSTIZIA’! Ma così come un bambinello può mangiare solo poco, uno più grande già di più, un adulto molto, così è con l’anima, il vaso d’accoglienza nel quale sono da effondere Benedizione, Grazia e … Giustizia. Nella Giustizia c’è il ‘Giudizio’, che quasi sempre viene considerato in modo sbagliato. Ora, per quanto grande è il vaso dell’anima, altrettanto può raccogliere, non di più, perché per il Signore non esiste nessun ‘traboccare’.

88. Non sarebbe questa la Benedizione extra? No! Ciò che deve crescere nell’uomo, non è lo spirito, nemmeno l’anima, poiché entrambi sono ‘l’essere’ come lo ha creato il Creatore. Ma la conoscenza, provenendo dalla ricerca delle cose di Dio, è questa che deve crescere. E’ logico che poi viene dato di più dalla benedizione di Dio. Per Dio esistono solo i cuori pieni e quelli vuoti. Egli non conosce cose a metà! Soltanto, – che la Sua Benedizione rimane persino su un cuore vuoto perché ne ha disperatamente bisogno.

89. Ora è il turno del caro impetuoso, questo non può scaldarsi nei re del mondo. Per lo meno, …se la maggior parte è povera e fragile, la parola ‘re’ può essere usata anche per coloro che sono realmente al governo. Chiamiamolo un minimo riflesso di tutta la Magnificenza del Re Zebaoth.

90. Nessuno di voi vedrà ancora che proprio qui dove siede il nostro Boas, abiterà un ragazzo che diventerà il secondo re (Davide) del vostro popolo. Non è necessario anticipare ciò che ne risulterà; la gente di quel tempo deve risolvere da sé i problemi, ma mondanamente ha ragione l’amico Boas, poiché, ciò che tramano gli uomini, è un frammento nelle Mani dell’Altissimo! Egli le può unire, può dissiparle ed entrambe saranno la Sua Benedizione”.

91. Sinehas pone una nuova domanda: “Da Mosè sappiamo che devono valere due testimoni (Numeri 35,30) Anche il ‘due’ ha un ruolo in molte cose. Magari questo: ‘Dio ha fatto due luci, una grande e una piccola’ (Gen. 1,16). In collegamento a questo, per il fatto che il principe ha parlato di quattro testimoni, che cosa significa?”

92. La seconda Luce annuisce verso di lui: “Hai profondamente messo in te il raggio che mio fratello ti ha fatto risplendere, e tu hai già gettato oltre il bordo la domanda su chi siamo, e la nave della tua conoscenza ha preso il largo. I quattro testimoni hanno un significato più profondo di quanto possiate immaginare. Ora vi sia accesa una Luce, il mondano sarà menzionato a parte. Il quattro insieme all’uno, al due e al sette sono i numeri del Creatore più alti di Dio. In questi numeri si rivelano le Opere, si rivela ovunque il Suo santo-alto Manifesto.

93. L’uno è LUI, l’Uno! Il due sono Lui e le Sue Opere, inteso soprattutto il Padre e il popolo-figli. Dato che Lui solo è l’Altissimo, e ogni Opera, colta comunque dalla Sua Perfezione-ur, il ‘Secondo’, secondo Mosè vale anche la grande Luce della Divinità, la piccola per il Suo popolo. Di questo, l’ultra-senso:

94. La grande Luce governa il giorno, la Rivelazione di Dio nella Parola e nella contemplazione; la piccola nella notte indica che i figli divengono solo dall’Insegnamento di Dio, come la vostra Luna coglie la sua luce dal Sole. Quanto è meraviglioso: il giorno possiede in genere la grande Luce, sedici ore di governo, per una parte del vostro mondo, la piccola solo la metà, il che significa anche: Dio include la piccola nella Sua eterna Grande (Luce).

95. Ora c’è ancora il quattro, di cui testimoniano gli scritti antichi. Basta un’immagine. L’Eden, nel mezzo della Fonte di Dio. Egli era in mezzo a quel ristoro che donava la Benedizione. Non si può attraversare nessun deserto senza acqua; senza la Fonte della Benedizione di Dio non esiste nessun figlio. E dalla Fonte procedevano quattro Torrenti, da DIO.

96. Voi conoscete il sette come le sette Forze di Dio. Il quattro si mostra in tutto, e voi che non ci conoscevate, insieme attraverso i quattro testimoni. Ora basta della più profonda Spiritualità di Dio, ma ciò che è ancora da spiegare è secondario. Osserviamo il ‘piegare fino a terra’ di Herias.

97. Che questo non è necessario per noi, lo potete sapere. In ciò Herias pensava di più alla Rivelazione di Dio. Dapprima si è chinato davanti a questa e davanti a noi, perché noi abbiamo portato il Dono di Dio. Per questo, il piegare è anche giusto. Dato che siamo figli di Dio, con le Sue figlie, non abbiamo bisogno di onorarci a vicenda come viene considerato come onorazione nel mondano.

98. Un rispetto misurato davanti a coloro che conducono nella buona conoscenza della vita i loro popoli, vale anche dinanzi a Dio. Ma chinarsi nella paura e nello spavento e fortificare l’arroganza, è un abominio per il Signore. L’uomo viene nudo nel mondo e senza alcun avere viene portato alla tomba. Pereztha ci sta dando appunto un buon esempio. Non sia una lode”, si rivolge al principe leggermente arrossito. “Quello che la Luce rivela, è sempre una verità, qualche volta difficile, tal altra anche per la gioia.

99. Quelli che chiedono vanno volentieri da lui e lui non si vanta mai della sua funzione di principe. Sincero fino nell’ultima parola con i più poveri, con gli oppressi. E perciò molti lo hanno preservato dalla morte che il giudice aveva pianificato. Nessuno è venuto a saperlo, i buoni aiutanti sono rimasti in silenzio. A centinaia si sono radunati di notte intorno alla casa, e i servi del giudice se ne sono andati di nuovo via”.

100. “Non ne so nulla”, esclama il principe. In seguito, gli anziani sono scossi. Pereztha è stato da sempre il sostegno di tutti.

- “Indicami la cara gente, vorrei ringraziare”.

- “Non lo fare”, consiglia il primo chiaro. “Sono felici della loro azione, e quando s’incontrano, si fanno segni in segreto. Questa gioia del cuore è santificata, e questa conservala in silenzio”.

- “Sì, per questo voglio ringraziare ancora di più il Creatore e pregarLo di benedire tutta questa mia cara gente, …con una Benedizione extra”.

101. “Credi che Dio lo faccia solo quando tu Glielo chiedi?”

- “Se no, la richiesta non ha nessun valore”.

- “Al contrario! L’azione silenziosa era già benedetta. Dio non aspetta finché qualuno viene; Egli sa tutto in anticipo. Nonostante ciò non sono mai inutili le richieste. Come eternamente fluisce la Sua Fonte, così Egli coglie ogni richiesta nel Suo flusso di Benedizione. Con un raggio riflesso per colui che chiede. – Ora ancora la segreta questione di Sinehas, se al Creatore i Suoi uomini Gli fossero riusciti miseramente, cosicché degli uomini maturi si dovrebbero far istruire da noi. Dato che non sapeva chi siamo, la domanda era giusta, …considerato dal punto di vista del mondo. Vedremo come si lascia risolvere questo enigma.

102. Le Opere del Creatore sono colme di manchevolezze nell’interiore o nell’esteriore? In voi uomini che camminate attraverso la materia, da parte Sua tutto è bene, come Egli diceva: «Ed ecco, tutto era molto buono!» Quindi anche gli uomini Gli sono riusciti bene, le Sue creature-figli che Egli lascia percorrere le vie dei mondi.

103. I Suoi chiari raccolgono il ‘Bene’ dilapidato dalla figlia della caduta, per riportarlo attraverso la via del co-aiuto. La materia offusca le Sue Perle, esteriormente – beninteso! E questo esteriore dev’essere purificato, le scorie devono cadere dall’oro. Questo vale per la figlia della caduta attraverso le vie del co-aiuto per tutti i chiari, primariamente – ed in ciò sono incluse tutte le vie del co-aiuto – e attraverso il Sacrificio di Dio che si chiama ‘Lustrum’[6].

104. Con ciò aggiungo: chi è più anziano, noi o voi?”

- Boas dice rapidamente: “Voi due, altrimenti Dio non vi avrebbe mandato da noi. Un bambino non può aiutare un uomo. Si tratta infine della maturità dello spirito, oppure …e va bene, come spiriti di figli della Luce, come vi chiamate e vivete nel Regno di Dio, più anziani di noi uomini. Che comparite giovanili, è forse un ulteriore mistero che non conosciamo ancora. Lo spirito non invecchia! Perciò siete anche autorizzati dallo spirito di istruire in questo mondo della gente anziana”.

105. Il principe, Selemech e Laban sorridono, e il primo dice: “Ma guardate, il nostro più giovane ha sbucciato il nocciolo! Che cosa ne dici ora, Sinehas?”

- Costui scuote meravigliato la testa. “Strano che la gioventù a volte è più avanti di noi. Do ragione a Boas, e comprendo l’insegnamento della Luce. Voglia Dio non aver considerato come miscredenza il mio non-sapere”.

106. “Mi è successo come a te”, conferma Herias. “Ora attraverso la Benignità di Dio può sussistere anche la nostra fede. Oppure no?”

- “Lo abbiamo già indicato: la materia copre molto della Luce, là dove non si spinge abbastanza a fondo la pala.

107. Sinheas ha percepito una Forza sconosciuta quando Selemech ha posto la domanda per via delle vostre barbe grigie. Questo indica che è possibile cogliere i pensieri anche tra gli uomini. Un pensiero in sé è già una Forza. Infatti, nulla si muove senza questo, coscientemente come anche incoscientemente. Non vi accorgete, quando si muovono le vostre forze interiori, che producono i pensieri.

108. Talvolta vi chiedete: ‘Da dove viene il pensiero?’ Non lo avete voluto. Per quelli cattivi dovete rispondere voi stessi, anche se non li avete voluti. Con i buoni viene presentato il mantello bianco. La Fonte della Forza buona proviene dallo Spirito, dall’Esistenza della Luce, in parte inconscia nell’uomo, perché la parte materiale dell’anima trasformerebbe troppo facilmente il buono nel contrario. I pensieri minimi provengono dalla parte oscura dell’anima, da quella parte di forza, una volta rovinata dalla figlia della caduta.

109. Se un uomo ringrazia il Signore per un pensiero di Luce, allora sarà subito proprietà dell’anima, con cui è da cancellare un pensiero oscuro. Se si intendono estirpare dei pensieri oscuri, quelli che sono ‘venuti da chissà dove’, attraverso la prima preghiera di richiesta, allora presto la parte spirituale starà alla porta dell’anima e spingerà fuori la parte oscura.

110. Sineas è ancora tormentato dalla domanda se Mosè lo sapeva. Costui ha saputo persino molto di come uno dei sette principi[7], il suo spirito, portava giù nel vostro mondo molto della Luce. Ma, …rivelare? A chi erano da annunciare i misteri? Con alcuni fedeli si poteva discutere del celestiale. Costoro a volte vedevano il Signore, ma Mosè (Lo vedeva) sovente nella piena contemplazione preparata per lui."

111. Un altro degli uomini chiede se su una scala del Cielo fosse da portare qualcosa di terreno. Lui pensa che il mondano non avrebbe nulla da fare ‘lassù’.

- “Sì, così come l’intendi tu,”, viene istruito, “lo hai indovinato. Ma quello che si deve confessare come ingiusto dinanzi al Signore, sale con lui. Ora sapete che come viandanti siete proceduti dalla Luce, come i materiali dall’oscurità. Non sono i materiali i poveri negli averi esteriori, no, sono intesi quelli co-caduti di una volta.

112. Costoro solo di rado giungono da sé alla scala del Cielo; e salgono in Alto solo grazie ad un aiuto. La Misericordia di Dio procura la parte maggiore. Egli li ha inclusi nel Suo Sacrificio, senza il Quale non giungerebbero mai nella Luce. Il Piano di Salvezza di Dio è:

salvare tutti!

113. Ciò che è mondano si lascia portare in Alto, cioè quello che rende l’esistenza così spesso faticosa, ciò che risulta senza colpa. Inoltre, questo include persino un vacillare nella fede, se il peso preme troppo gravemente. L’importante è trascinare alla risalita anche gli errori del nemico, per aiutare il proprio nemico dinanzi a Dio attraverso l’autentico amore per il prossimo”.

114. “Meraviglioso!” esclama il più anziano. “Ti ringrazio! Mi hai acceso una grande lampada”.

- “A noi tutti”, assicura Selemech. “Giacobbe ha trascinato il suo peso del mondo, scalino dopo scalino?”

- “Sì, e non era poco di ciò che era da pareggiare come propria colpa. Tuttavia, …egli aveva ottenuto una via particolare ed ha portato in su i pesi di Esaù.

115. Ora potete nutrirvi a lungo dei Doni del Cielo. Vi sia detto per consolazione: – nulla va perduto!”.

- Stanno seduti in silenzio, ma dato che si è fatto tardi, vanno a dormire, con cuori colmi di gratitudine, perché hanno potuto sperimentare questa magnificenza.

 

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Cap. 10

La raccoglitrice di spighe – Il pasto del raccolto

La parola di Ruth: ‘Dove vai tu …’

1. Hanea sta seduta di fronte a suo figlio. Gli amici sono partiti alcuni giorni fa; l’elezione del principe richiedeva che ogni anziano portasse cura nella sua comunità, affinché il principe arrivi al timone. Ma che i celesti al mattino dopo il memorabile insegnamento non si trovassero più lì, li ha oppressi tutti, …proprio ora che si deve decidere così tanto.

2. Esce Ruth. Hanea è dispiaciuta che lei e Naemi non abbiano potuto essere presenti a quella sera magnifica.

- Ruth dice che Naemi sapesse molto, che lei stessa sarebbe giovane, che allora rimarrebbe ancora tempo per imparare ciò che manca. La cura della madre sua avrebbe la precedenza.

- “Ché donna coraggiosa”, aveva sussurrato Boas a sua madre.

- “Che cosa c’è, Ruth? Sei agitata”, chiede Hanea.

3. “Aiutami! La madre sta un po’ meglio e ora vuole andare a Gerusalemme per combattere per la sua faccenda. Non so se le posso dire la cosa del giudice e che lei debba aspettare finché non venga acclamato un nuovo giudice”.

4. Boas guarda di nascosto. Vorrebbe amare Ruth come una sorella che ha dovuto sperimentare così tanta amarezza della vita, oppure…

- Hanea dice: “Vieni, vengo con te. Sono successe tante cose che ancora non sai. Cose buone, cara Ruth, benché su di voi ci sono ancora delle ombre. Ogni cosa ha bisogno del suo tempo; ma credo certamente che non passerà un anno e Naemi starà seduta con te sul suo grande podere”.

*

5. Naemi sta andando avanti e indietro, mormorando fra sé: “Che cosa direbbe l’amico Corusja se non posso offrire a sua figlia nessuna casa? Anche se sono vicini buoni, dipendiamo comunque dall’aiuto straniero. Servo e serva si guadagnano il loro pane quotidiano presso altri e sacrificano ogni loro tempo libero per me. Non può andare avanti così. Signore, aiuta!”

6. “Egli ha già aiutato!” Hanea spinge Naemi sul suo letto e si siede accanto a lei. “Ti ammali e devi aver cura di te. Non hai bisogno di andare a Gerusalemme, la tua faccenda è nelle migliori mani”.

- “Sì, il mio giovane provvede a me. Ma dov’è?”

- “Lo sai quanto me: non è un terreno. I messaggeri di Dio vengono di tanto in tanto, non è vero? Ora ascolta:”.

7. Hanea riferisce ciò che era successo e che Pereztha avrebbe preso il timone. Per via del diritto deve svolgere i casi uno dopo l’altro, altrimenti ci si farebbe subito sangue cattivo. Vuole trattare al più presto possibile la faccenda di Naemi. “Lui pensa…”, aggiunge delicatamente Hanea, “…che potrebbero passare alcuni mesi, devi aver pazienza e …non mi sei un’estranea, nemmeno Ruth. Lascia passare solo il tempo del raccolto, allora la nostra gente ti potrà aiutare in tutto”.

8. Ruth prende le mani di Naemi. “Ti prego di fare ciò che ti ha consigliato Hanea. Nella tua casa è pronta una piccola camera, là abitiamo intanto nella tua proprietà”.

- “Sì, figlia mia; ma a che cosa hai rinunciato per me? La casa di tuo padre nella quale abitavi ben custodita. Qui hai solo amarezza, ed io non so come devo nutrirti”.

9. Gli occhi di Ruth luccicano: “O madre, che cosa pesa la povertà esteriore contro il tuo amore, contro la tua fede nella cui Grazia mi hai inclusa? Non essere più triste! Hai sempre confidato nel Signore, il tuo – mio Dio, al Quale mi hai dato nelle Sue mani. Non hai mai scambiato il celeste per le cose del mondo: così mi scompaia del tutto il mondano, se solo sono nella tua fede e nel tuo amore e nella tua patria!”

10. Hanea è stupita. Questa era una figlia pagana? Quante volte viene qui litigato per un disagio, mentre… Ah sì, sono poveri sciocchi, anime senza fede! Invece Ruth? Lontana dalla casa del padre, perduto l’amato marito prima che abbia potuto diventare veramente sua moglie. E poi la fiducia, questo amore! Un pensiero fuggevole: ‘Sarebbe solo la giusta moglie per suo figlio’.

11. Invece anche sulla sua casa sta un’ombra. Chissa come verrà tutto. Già si richiama all’ordine: ‘Fiducia, come la cara pagana’. Naemi mette le sue mani sul capo di Ruth, la sua voce trema: “Mi ti ha dato il Signore, ti benedica per la tua fedeltà! Ma… ho conosciuto il nostro principe; Elimelech gli era amico. Se prende lui il timone, allora voglio aspettare volentieri finché è il mio turno. Solo, finché sarà ora…”

- “O madre, non pensare che io abbia solo delle mani curate come si usava da noi. No! Io lavorerò per noi! Ora mettiti di nuovo giù, ti vengo a vedere dopo”. Naemi si lascia volentieri mettere a letto, è ancora stanca e così debole.

12. Ruth scende e domanda: “Permettereste che vada nei campi a raccogliere le spighe?”

- “Ma Ruth, non ne hai bisogno, provvediamo noi a voi!”

- “Lo vorrei fare volentieri. Si può sopportare un aiuto per un po’ di tempo, soltanto, che a lungo…? No! Solo chi non ha nessun onore tende continuamente le mani senza muovere le proprie.

13. Mio padre ha educato noi figli con onore; quindi ora mi voglio muovere, soprattutto, dato che sono i vostri campi”.

- “Buona figlia!” Ecco, si vede di nuovo quanto stretta di mente è la gente, che rimprovera continuament i pagani e adorna se stessa con oro e purpureo, …esteriormente ed anche interiormente. ‘Ho imparato molto dalla pagana’, pensa Hanea e che ha già perduto molto della ‘vecchia treccia’. Boas non aveva sentito nulla di ciò che le due donne hanno parlato; era andato sul campo. Hanea conduce Ruth alla panca che sta alla parete dietro un grande tavolo.

14. “Chiedi prima a Naemi se puoi raccogliere spighe. Per me lo puoi fare, e Boas non lo vieterà. Nel circondario le raccoglitrici di spighe vengono guardate di storto. Le si chiamano ‘il popolo mendicante’. Non lasciarti rattristare per questo”.

15. Ruth è molto sorpresa. “Da noi le raccoglitrici di spighe vengono sempre lodate, perché ciò che ci danno gli déi – ora, dico, appunto ‘il nostro Dio’ – non lo lasciano andare in rovina. E’ proprio così: a volte l’agricoltore non ha abbastanza gente per il raccolto, che raccolga ogni spiga. Tuttavia, dove non ci sono raccoglitrici, si lascia andare poi il bestiame nel campo affinché nulla vada perduto. Ma al bestiame serve il fieno e l’erba, all’uomo tutto il buon grano. Non lo pensi anche tu?”

16. “Sei ancora così giovane ed intelligente e buona; fa attenzione, non parlerò con Boas, aspettiamo come reagisce. Dopo c’è ancora tempo che io parli con lui una parolina”. Hanea lo fa affinché Ruth impari a conoscere suo figlio dal suo lato migliore, come lei, Hanea, ora ha conosciuto Ruth dal suo lato buono.

17. Naemi è scossa. Lei sa come vengono considerate qui le raccoglitrici di spighe. “Non te lo permetterò mai”, dice veemente. “Se lo sapesse tuo padre, mi disprezzerebbe a morte! Tu, la sua figlia più giovane, e poi qui disprezzata? No, mia Ruth, io andrò a raccogliere spighe; a me non importa proprio nulla quando mi puntano il dito. Ma tu…?”

18. “Madre, quello che dice la gente mi è del tutto indifferente. E’ soltanto presa di sé, nulla più. Lasciala dire! Si rende difficile da sé la vita. Chi getta rifiuto, sporca se stesso! Nella tua vita hai fatto molte cose, gli anziani possono riposare, i giovani devono lavorare. Ti prego, lasciami andare, non credo che Boas mi cacci dal campo”.

19. “Non lo farà”. Naemi vedrebbe volentieri che la sua Ruth andasse nella casa dei vicini. Come stanno qui le cose, – Boas non può prendere in moglie una raccoglitrice di spighe. Il sogno svanisce. Questa indigenza! Dopo molto riflettere dà il suo permesso. “Per un giorno, poi voglio vedere come stanno le cose”. Ruth lo promette volentieri. Ha una profonda fede, non solo per Dio nel Quale confida; confida anche volentieri in Hanea e in Boas.

20. Albeggia il mattino successivo. In un grande campo di frumento stanno già preparando i covoni. Ruth arriva con il suo telo per il raccolto. “Boas”, chiede modesta, “posso raccogliere le spighe?”

- “Tu? No, Ruth, non sai che cosa dicono qui …”

- “Ma sì, lo so e non ci bado. Non comprendo la vostra gente. E’ forse disonorevole raccogliere i buoni Doni di Dio?”

21. “Hm”. Boas vede e sente come ghignano alcune serve. Arrabbiato va verso loro. “Avanti, al lavoro! E guai chi mostra con il dito la figlia di un re che è diventata povera solo per disgrazia! Vi comando: lasciate di più fra i covoni e non togliete nulla alla brava raccoglitrice di spighe. Chi fa il contrario, può fare il suo fagotto!”

22. Boas non ha mai parlato così severamente, era sempre gentile. Oggi…? Se ne vanno muti, ci si piega diligentemente e si fa ciò che era stato ordinato. Nel frattempo Boas va a casa e chiede alla madre come si deve comportare. Ruth non è da esporre ai pettegolezzi. Hanea sorride in silenzio, di nascosto. Ah, ecco che già arde un poco, ma dice come secondariamente:

23. “Lasciala raccogliere, magari ora può subentrare una svolta”.

- “Ho dato l’ordine che si debba lasciare intenzionalmente più spighe che come al solito”.

- “Ah, ecco! Bèh, hai fatto bene. Ruth ha un autentico orgoglio, che tutti gli uomini dovrebbero avere. Invece ci si adorna di vanità”.

- “Ci porti poi del pane sul campo? Abbiamo anche sete. Vogliamo finire possibilmente questa settimana, e non veniamo a casa per il pranzo”.

24. “Viene la serva della casa”. Boas corre di nuovo via. Nonostante il divieto ci sono delle punzecchiature. Ruth passa ora al bordo del campo dove giacciono poche spighe.

- Boas nota subito il gioco crudele. Chiama una serva: “Confessa: chi ha punzecchiato?”

- “Non tradisco nessuno”.

- “Con ciò hai ammesso che avete offeso la nostra ospite. Parla, ma svelta!”

25. Arriva un servo: “Boas, se licenzi una ragazza stupida ce ne andiamo tutti, e allora puoi vedere come porti il raccolto nel granaio!”

- “Mi vuoi minacciare?” Boas è così agitato come non lo è mai stato in vita sua. “Richiamo tutti di Betlemme, porto il raccolto a casa anche senza di voi! Se trovate subito lavoro, lo dovete vedere da voi stessi”.

- La serva della casa ha già posto il pranzo sotto gli alberi con il fogliame folto.

26. Arriva il mietitore capo che è attivo presso tutti i contadini. Boas chiede intenzionalmente chi fosse la serva che raccoglie spighe al bordo del campo. Il mietitore capo guarda con gentilezza la giovane donna. “Si chiama Ruth e dev’essere venuta da Moab con Naemi. Sarebbe la figlia di un re. Ebbene, forse non è proprio così. Mi ha chiesto se poteva raccogliere. Glie l’ho permesso, e penso che non hai nulla in contrario”.

27. “Per nulla. Naemi è presso mia madre, malata dalle fatiche del suo lungo viaggio. Il principe Pereztha provvede che riottenga la sua proprietà”.

- “Ah, di questo sono molto contento! Ho conosciuto bene Elimelech e l’ingiustizia che gli è capitata, gridava al Cielo. Chissa se il nostro principe può fare qualcosa?”

28. “Beraba è stato deposto ed è fuori paese”.

- “Ma che dici! Com’è successo?”

- “Vieni, stasera, te lo racconto”.

- “Lei è davvero la figlia di un re?” indica Ruth.

- “Sì! Vieni anche tu, la gente deve mangiare”. Li chiama tutti. Ruth si siede su un prato e sgrana alcune spighe.

29. “Vieni qui!” chiama Boas. “Mangia del nostro pane; dopo devi passare nelle file dei covoni, allora si riempirà presto il tuo telo”.

- “Come vuoi, mio signore”.

- E Boas: “Ho sentito dal vostro accompagnatore, quello che hai fatto di bene per Naemi dopo Elimelech e dopo la morte di tuo marito, hai lasciato la tua patria e sei venuta al suo popolo, e non lo conoscevi nemmeno”. Lo dice ad alta voce, ognuno lo deve sentire.

30. “Voglia il Signore ricompensarti quest’azione…”, continua, “…la tua ricompensa dev’essere colma dinanzi a Dio al Quale sei venuto, che tu stia sotto le Sue Ali”.

- “Mi consoli”.

- Ruth alza gli occhi a lui, così magnifica, Boas vorrebbe quasi baciarla. “Fammi sempre trovare grazia dinanzi a te”. Lei intende che possa raccogliere fino alla fine del raccolto.

31. “Mangi poco”. Boas le dà molto grano arrostito.

- Ora lei riprende il suo lavoro, silenziosa, immersa in sé, non pensa che nella casa del padre non ha mai dovuto svolgere il lavoro di una serva; poteva adornarsi e passeggiare. Pensa unicamente a Naemi e… ‘al suo nuovo Dio’.

32. Porta quattro volte il suo telo a casa di Naemi. Guarda grata al Firmamento del quale lei insegnava: ‘Un simbolo, perché Dio dimora sempre al di sopra di noi. Egli guarda giù a noi e sa di cui abbiamo bisogno. Se guardiamo noi su al Firmamento, allora guardiamo realmente a Lui, Che è la Luce e la Vita di tutti noi’. Ruth sta in mezzo al rosso splendore di sera del Cielo.

33. Entra nella casa e trova la sua serva che pulisce di nuovo un angolo. Il servo mette dei chiodi. In tre sgranano le spighe. Quando pesano, è quasi un bath (Efata = 36 1itri).

- La serva, ancora a metà pagana, dice: “La benedizione dei nostri déi! Mai un uomo ha potuto raccogliere così tanto in un giorno”.

34. “La Benedizione del nostro Dio”, risponde Ruth. “Impara che siamo nel paese dell’unico Dio, il Quale fa tutti i miracoli”.

- “Potrà essere. E la molta paglia, allora i nostri buoi oggi si saziano”.

- La serva e il servo dormono in casa, Ruth va da Naemi che l’attende inquieta.

35. “Come ti è andata, cara figlia?”

- Ruth racconta del bath e che ha dovuto mangiare con tutti. Del ‘suo raccolto’ porta una coppa di chicchi di grano appena tostati e un pane che lei ha avanzato per Naemi, anche se Hanea provvede al suo pranzo.

36. “Il mietitore capo è stato molto buono con me, non ho dovuto raccogliere al bordo”.

- “Hai pianto?” Naemi guarda Ruth esaminandola.

- Lo ammette, ma dice subito: “Ci si deve dapprima abituare, il primo giorno non è così facile. Boas ha sgridato la sua gente, cosa che non era necessaria. Domani andiamo nel campo misto, lì giace del grano. Lo separiamo, allora ti posso anche fare una torta”.

37. “Sto meglio, anch’io vengo a raccogliere”.

- “No, può venire la serva sul campo. Cosa pensi quanto portiamo a casa? Questo basterà per molto”.

- “E poi?” Non senza fede, ma lo chiede solo in modo incerto, Dio non fa Miracoli giorno per giorno; Egli lascia lavorare gli uomini, la via attraverso la materia con tutto il su e giù, è sovente difficile, ma sempre benedetta.

38. Dopo giorni Naemi si muove nella casa diroccata. Tutt’intorno osserva i campi vuoti. Il servo va a prendere da un campo lontano dei giovani alberi e nessuno domanda da dove li abbia presi? Tutto il villaggio è dalla parte di Naemi. Tuttavia, …lei riflette come possa aiutare Ruth per avere una vera casa.

39. Boas sarebbe ben il marito giusto, solo che non è l’erede. La fattoria appartiene a suo zio che è espatriato. Costui aveva dato la sua proprietà nella mano fedele del padre di Boas, finché non tornassero. “Quello che guadagni in quel tempo, è tuo”, aveva detto. Ora sono già passati dodici anni.

40. Il Signore Iddio ha dato una ricca benedizione. Boas e la madre ringraziano, levano in alto le loro mani per glorificare Dio. Domani c’è il pasto del raccolto. Non tutte le persone pensano alla benedizione. Alcuni sono anche invidiosi se presso qualcun altro il raccolto è stato migliore di come da Hanea. Come ovunque, …i mondani sono attaccati alla parte povera della loro anima.

41. “Devo chiamare Naemi per il pasto della festa?”, Boas guarda un po’ di lato.

- “Penso di sì”, risponde Hanea. “Non devi dimenticare Ruth. Lei ha raccolto di certo per Naemi, ma i campi sono come spazzati. Non sono mai stati così puliti”.

- “Hm, ma se viene? Lei è così orgogliosa”.

- “La ami?” chiede dirittura Hanea. Non ama l’incertezza.

42. “Hmhm”, fa Boas di nuovo, e si gratta i capelli scuri. “E’ ancora un po’ attaccata a suo marito, oppure vuol farsi dono malvolentieri; e sarebbe un regalo se il futuro incerto si chiarisse ad un tratto per lei, consentendole di operare come rispettata donna di casa”.

43. “E’ proprio così. Come figlia del re di una città era sempre lei che dava. Ora dovrebbe solo prendere; e questo è per lei amaramente difficile. Aspetta un po’ finché il principe Pereztha possa fare qualcosa, e Naemi sappia che ha di nuovo la sua proprietà. Dopo si pareggia molto.

44. Ho avuto un sogno. E’ venuto un uomo che ha teso le sue mani verso di noi e…”

- Hanea ammutolisce. Ha paura che debba lasciare tutto ciò che ama.

- Il figlio la tranquillizza: “Non preoccuparti, cara madre, il lavoro c’è ovunque. Se ora fossi povero, potrei prendere con me facilmente la cara ragazza pagana con vera fede. Se Naemi diventa ricca e noi poveri, allora non potrei corteggiarla. Il simile alla lunga va d’accordo, interiormente come esteriormente. Non diversamente!”

45. “In genere. Ma ricchezza si aggiunge sempre a ricchezza, la povertà dà solo una mano alla povertà, così il traffico del mondo esce dagli stipiti. Con l’autentico amore, benedetto da DIO, non il mondo stolto si può unire alto e basso, – questo rimane sempre nella Mano della Benedizione del Signore. Aspetta come andranno le cose”. – Oh, aspettare non è il lato più forte di Boas.

46. Il pasto del raccolto unisce i padroni con la gente. Il vino aspro d’aceto scioglie qualche lingua e tesse qualche nastro.

- Naemi aveva ringraziato che non potesse venire, ora non ne farebbe parte. Si rispetta la sua idea. Ma quando scende la sera, ordina a Ruth: “Fa un bagno, prendi dell’unguento, metti l’abito di casa di tuo padre (un abito maschile) e va’ all’aia dove divampa il fuoco. Aspetta finché si spegne ed io so che gli uomini rimangono quasi sempre sull’aia. Questo è il costume, è anche difficoltoso per alcuni tornare a casa. Và verso Boas e mettiti ai suoi piedi. Non ti deve riconoscere. Poi scopriti, allora un giorno starai anche bene”.

47. “Che cosa significa scoprire?”, Ruth abbassa gli occhi colma di vergogna. Così come in Moab, non vuole obbedire.

- “Pecorella”, dice delicatamente Naemi, “devi mettere ai suoi piedi una fascia di paglia e sederti sopra ed aspettare finché si sveglia”.

- “Questo… oh, sì, madre Naemi, lo voglio fare”.

*

48. E’ quasi mezzanotte quando Ruth sguscia a piedi nudi nell’aia. I servi dormono presso il muro di fondo. Boas giace in un angolo dietro dei grossi covoni. Come una selvaggina timida, senza alcun rumore, si adagia. Boas sente un fruscio che proviene dal suo giaciglio. Dal davanti a lui splende la Luna che getta il suo raggio su Ruth. Ma non è abbastanza chiaro per riconoscerla.

49. “Chi sei?” domanda lui piano.

- “Sono Ruth, la tua serva. Stendi la tua coperta su di me, perché sono tua”.

- Lui si alza con prudenza e tira Ruth fuori sul campo vicino. Si tiene ancora indietro e dice: “Sii tu benedetta dal nostro Signore, figlia mia! Mi hai mostrato il tuo amore, sei brava e pia, non hai seguito nessun altro, nemmeno i ricchi da Bethlemme. Non temere…” la lusinga quando sente il tremore del suo corpo, “…sei diventata una vera figlia del nostro Signore, e così voglio fare ciò che desideri. Sei davvero la figlia di un re! Ti eleverei, ma dapprima ti devo spiegare, affinché tu n abbia piena chiarezza.

50. Non sono il primo erede; è un altro. Mia madre ha sognato che verrà uno che stenderà le mani su casa, campo, bestiame e beni”. Boas racconta a Ruth la storia di un suo zio, e sarebbe del tutto possibile che tornassero, almeno il figlio.

51. “Se viene…”, Boas è colmo di tristezza, “…se prende la casa, può anche stendere le mani a te. Se non ti prende, ti custodirò come mio gioiello, sia povero, che ricco. Tanto è vero che vive il Signore Iddio, al mio fianco non ti deve accadere nulla! Mi ha dato proprio due mani come un santo Dono”.

52. “Non vorrei nessun altro; e per te vale ciò che ho detto a Naemi alla partenza dalla patria:

«Dove vai tu, là voglio andare anch’io;

dove rimani tu, là rimango anch’io.

Il tuo popolo è il mio popolo,

il tuo Dio il mio Dio!

Dove muori tu, anch’io voglio essere sepolta.

Il SIGNORE mi faccia questo e quello,

la morte deve dividere te e me!»”

 53. “Ruth!” Un’esclamazione colma di beatitudine. “Dio lo guiderà che tu mi possa appartenere”., indica la Luna che percorre le sue silenziose vie. “Quando giunge il mattino, nessuno deve sapere che sei stata con me nel campo. Lo voglio solo annunciare alla madre”. Ritornano in silenzio e Boas si rimette nell’aia al suo vecchio posto. Ruth gli mette la coperta e sguscia fuori, un ombra magra che nessuno vede. Dopo il pasto del raccolto anche in Bethlemme il mattino arriva più tardi.

*

54. Hanea ha sognato per la seconda volta che sarebbe arrivato l’erede. Boas le ha comunicato ciò che era capitato di notte. Ruth, servo e serva sono occupati sul piccolo campo, per prepararlo per la semina. Così le madri non sono disturbate.

55. Quando Hanea dice che necessariamente potrebbero andare nella stirpe di Naemi, questa scuote la testa. “Là nessuno ci ascolterà, nessuno ascolterà la nostra fede, la sorte di tutti noi sarebbe il più pesante scherno. Aspetto anche ciò che riesce a ottenere il principe. Ho il permesso di coltivare tanto campo presso la casa di quanto abbiamo intanto bisogno. Se il Signore l’ordina con la Sua benedizione che l’eredità di Elimelech appartenga a me, allora voglio ricompensare te e tuo figlio di ciò che avete fatto per me e Ruth.

56. Boas dev’essere il capo della casa; e l’erede non vi può togliere tutto. Il prato è la vostra proprietà. Se questo si aggiunge al mio, allora possiamo essere in pace insieme. Mi vogliono aiutare due muratori ogni sera. Tutto sarà abbattuto, dato che sul fondamento marcio non si possono erigere dei muri. Devo comprare solo legno e mattoni. Un amico di Elimelech mi ha offerto una somma, in modo che una parte della casa possa essere pronta per l’inverno.

57 Sia glorificato il Signore! Egli ha esteso la Compassione come una pelliccia sotto la quale si può dormire tranquilli. La Sua Luce ha rischiarato chiaramente le nostre vie, la Sua Gentilezza ci dona il pane quotidiano. O Hanea, ringraziamoLo insieme per via della Guida, come Egli ce l’ha mostrato attraverso il Suo angelo. Confidiamo in Lui, il nostro destino è nella Sua mano di Padre!”

58 Hanea ha ripetuto le parole nel profondo del cuore. Sì, Dio è il Creatore di tutte le cose, Egli è anche il Conservatore, Egli provvede a tutti i figli, Egli è l’Amore stesso. – Hanea va a casa consolata e spera come andrà con l’erede.

 

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Cap. 11

Arriva l’erede – Il suo agire buono, nobile

1. “Ti saluto, straniero! Sia pace con te sul nostro terreno!” Boas va incontro ad un uomo, un lungo bastone nella sua destra, che viene lungo la via guardandosi intorno come cercando, come se non sapesse dove fosse capitato. E’ intorno ai trent’anni, robusto, il volto senza moto, solo gli occhi mostrano una ferma volontà.

2. “Ti ringrazio per il saluto, anch’io ti saluto”, dice con un tocco forestiero nella voce.

- “Ti prego, se sei stanco entra nella mia casa; sarai ospitato al meglio”.

- “Questo l’ho sentito di rado sulla lunga via attraverso questo paese. Davanti alla porta stava la malafede come guardia. Come mai che è così? I forestieri da voi sono come animali selvatici?”

3. “Gli ultimi anni non sono stati buoni”, risponde Boas. “Abbiamo imparato a guardarci dai forestieri e… anche dal vicino. Ma entra, ti informo e ti aiuto, se hai bisogno di aiuto”.

- “Molte grazie!” Forse l’accetto, se ho bisogno del tuo aiuto. Presto arriverà pure la mia carovana, quaranta dromedari e una portantina, e allora mi chiedo dove posso lasciarli”.

4. “Quaranta dromedari?” si stupisce Boas. “La tua proprietà?”

- “Sì, quindi non devi aver paura di esserti di peso”.

- “Chi entra da noi e viene ospitato, sia povero, sia ricco, è il benvenuto, e in questo modo non è nessun forestiero. Quindi nemmeno tu devi temere. La fattoria è grande, il raccolto al sicuro, i conducenti e gli animali non soffriranno di nessuna mancanza”.

5. Nel frattempo sono entrati. Hanea arriva ed offre il suo saluto di pace.

- Chinandosi leggermente, come qui non si usa, l’uomo dice: “Ti ringrazio che apri la tua porta ad un forestiero” Quando Hanea sente della carovana, dà l’ordine alle sue serve di preparare un pasto, e Boas informa i servi dove possono accampare i dromedari, presso il pozzo sotto gli alberi, affinché non abbiano a soffrire il Sole cocente. Lo straniero vede e sente in segreto come tutto viene ordinato. Si batte il petto. ‘Quindi andrà al meglio’, dice a se stesso. ‘Papà aveva ragione’.

6. Quando sono seduti a tavola, l’ospite domanda: “Dov’è il padrone di casa?”

- “Non è più in vita”, risponde Hanea. “Era malato e anni fa è tornato a Casa. Ora è padrone mio figlio. Veramente non lui, egli è solo…”, guarda Boas in modo interrogativo.

- Lui annuisce. “…lo possiamo dire tranquillamente al forestiero, cosa che qui lo sanno tutti. Sono il secondo padrone. Lo zio, il fratello di mio padre, è andato via da qui, essendo successa molta ingiustizia, … anche ad altri, non è stato l’unico.

7. Da dodici anni non abbiamo più sentito nulla di lui. La casa e la fattoria sono la sua proprietà se tornasse lui o il suo erede. Noi l’abbiamo gestita ed aumentata. Egli ci ha dato fiducia e il consenso che quello che avremmo potuto guadagnare nel tempo, ci apparteneva. Se non fosse tornato dopo trent’anni, saremmo stati noi i proprietari, persino se più avanti venisse qualcuno dalla linea dello zio. Abbiamo scritto tutto fedelmente; non presso il nostro giudice, la cui bocca era la menzogna, il suo braccio l’ingiustizia”.

8. “Ascolta, lo esprimi apertamente e non mi conosci. Non potrei metterti una trappola presso il vostro giudice?”

- “Non più! E’ stato esiliato e non dovrà ritornare mai più, se non vuol morire. E’stata scoperta ogni ingiustizia, e ora deve trovare la sua espiazione”.

-  “Ah!”. Questa era una novità che il forestiero non conosceva ancora; e prima del suo viaggio si era informato al meglio. Doveva essere successo all’improvviso.

9. “Chi è l’attuale giudice?”

- “Ancora non è chiarito. Il principe della Giudea è intanto il sostituto, e forse viene eletto. Si spera che prenda il timone. Secondo il suo rango si chiama ‘il principe del popolo’, che è transitorio. Ma quando un giorno sarà estinta ogni onta, quando si farà di nuovo pace in tutto il popolo, allora sia anche ringraziato il Signore per il Suo aiuto”.

10. Una pausa, che nessuno interrompe. Hanea sente che nella sua vita cambierà qualcosa all’improvviso. Questo preme anche sull’animo di Boas: sta arrivando qualcosa! Che cosa…?

- Allora il forestiero dice gentile: “Quel che mi piace in voi, è che mi avete invitato nella pace sotto il vostro tetto e non avete chiesto chi fossi, per sapere chi era seduto alla vostra tavola. Questo non lo fa nessuno tutt’intorno a voi. Ma così, …proprio così lo dovrebbe fare tutta l’umanità, si dovrebbe vivere ovunque in amicizia e pace, e non nell’odio, nell’invidia e nel litigio.

11. Conosco il vostro pensiero che è anche il mio. Questo basti intanto per vedere in me un figlio del popolo. I miei genitori riposano in terra lontana. Sì, e ora, …questo è sovente il corso del destino umano: si deve viandare, qualche volta si ritorna, sovente è poi l’estero l’ultimo luogo di riposo”.

12. “Così è andato alla nostra vicina”. Hanea racconta la via di sofferenza di Naemi.

- Il forestiero annuisce sentendo il suo nome, non deve riflettere. “Dov’è la vicina?”

- Hanea lo conduce davanti a casa, gli indica le macerie, il terreno depredato.

- “Terribile! Allora il manigoldo… E’ solo bene che lo si è scacciato! Chi aiuta ora la povera donna?”

13. “Un po’ lo abbiamo potuto fare noi”, dice Hanea modesta, mentre entra di nuovo in casa con il forestiero. “Il principe si è preso cura della faccenda. Ci sono molti casi che devono essere pareggiati. Egli ha invitato che si deve dare una tassa per aiutare coloro che sono diventati poveri”. Si blocca, non vuole dire quante cattive parole sono state dette e quanto malvolentieri si apre il borsello per lenire la miseria più grande.

14. Allora il forestiero tira fuori una borsa colma, ne prende una manciata di monete d’argento, le mette sul tavolo e dice:”Questo deve appartenere ai poveri di Bethlemme, la metà di ciò a Naemi, perché hanno rinunciato a tutto, eccetto a pochi uomini che volevano salvare sé e la famiglia. Perché lo faccio?”, chiede, e guarda figlio e madre.

15. “Per il tuo cuore nobile”, risponde Hanea. “I tuoi genitori hanno subìto una cosa simile?”

- “Sì! Mio padre aveva parlato apertamente; suo fratello lo ha avvertito che con discorsi non si può cambiare nulla. Aveva ragione. Mio padre voleva stabilire con forza un altro governo. Ce l’avrebbe fatta se tutti gli anziani del paese si fossero messi dietro di lui. Ma tutti avevano paura per il proprio collo, …non ingiustamente, non lo si dimentichi”.

16. ‘Strano’, riflette Hanea. ‘Proprio così ha agito il fratello di mio marito’. Lo chiede il forestiero: “Forse tuo padre lo ha conosciuto?”

- Può essere”, evita l’interrogato. “Mio padre mi ha raccontato fin nei minimi particolari com’era tutto qui, e mi si è impresso, anche i nomi dei buoni, delle zie e, …dei cattivi. Chi vive ancora di questi ultimi, dovrà avere a che fare con me!”

17. Detto duramente, ma comprensibilmente. Sovente Boas ha fatto i pugni, perché per un pelo anche suo padre sarebbe stato giustiziato, il quale per questo aveva vissuto per molto tempo in una caverna. Dopo il suo ritorno è poi morto. L’uomo drizza le orecchie. Allora è da cancellare un tiepido dalla lista. Oh, no, non lui ha da fare i conti; non è da prendersela con nessuno se è fuggito davanti al malvagio per salvare sé e moglie e figlio.

18. Perlomeno, …se allora tutti avessero detto ‘sì’ quando mio padre era salito sulla barricata per unire le tribù, allora… sarebbero da cancellare dodici anni all’estero, non sarebbero stati lasciati indietro i genitori. Che cos’è la ricchezza conquistata là, contro tutto l’amore, la verità, il diritto e la bontà? Che cosa, nei confronti della sua patria?

19. E’ pieno di amarezza. Hanea e Boas aspettano in silenzio. Loro stessi hanno sopportato la paura, il destino di Noemi e degli altri. – Ah, è facile comprendere un ritornato a casa, che ci si deve vincere per donare fiducia, del quale non si sa ancora se diventerà un ricevente. All’improvviso dice senza indicare il proprio dubbio, ciò che lentamente sale in lui:

20. “Vorrei volentieri conoscere la vostra vicina quando la mia carovana è sotto il tetto. I dromedari e i conducenti, …sì, per un paio d’ore possono fare sosta nel vostro cortile; ma per un periodo più lungo ho bisogno comunque di un alloggio. Io…”

- “Posso interrompere?” chiede Boas.

- “Se hai un buon consiglio, allora dillo!” Il forestiero si mostra aperto.

21. “Qui le locande sono piccole, e nemmeno a Gerusalemme, se ci vuoi andare, esiste una casa grande. Ma se rimani qui, dato che hai diretto qui il tuo piede, allora prendi il campo morto della vicina. I tuoi servi possono edificare la stalla e il recinto, e un magazzino per tutti i tuoi averi. Ma rimani il nostro ospite finché non ti si è appianata la via”.

22. “Grazie per il tuo consiglio. Darò alla vicina la percentuale per il terreno, finché avrò bisogno di uno dei suoi campi, finché non mi sono insediato fermamente. Tuttavia, da mio padre ho un diritto scritto su una grande casa insieme al terreno e al campo; se lo voglio possedere, si vedrà più tardi. Allora…”. Drizza le orecchie: “Non sentite delle grida da lontano? Questa dev’essere la carovana!” Corre fuori, per intervenire con l’aiuto.

23. Dalla valle vicina sale polvere. – “Hai animali veloci? Ho lasciato indietro il mio cammello, cominciava a zoppicare”. I due uomini corrono via sui muli.

- “Non so…”, Hanea entra in casa, “…mi è famigliare come mio cognato. Anche il fatto che è venuto qui, fa supporre…”. Si ferma.

24. Che succederà se la supposizione è giusta? Nonostante il peso nel cuore esegue il suo lavoro, sorveglia le serve che preparano un pasto per i conducenti, controlla ciò che fanno i servi e così trascorre velocemente il tempo finché la carovana non si avvicina, tutti i dromedari molto carichi.

25. “Quale ricchezza”, sussurra. Persino gli animali, forti e ben nutriti. Nessun conducente batte un dromedario, guidano solo con i loro bastoni e provvedono che nessuno cada. Davanti viene condotto dal forestiero un magnifico animale, grigio, quasi bianco, che zoppica ancora un poco. Già accorre un servo, prende la corda e dice: “Signore, ci so fare. Dammi in cura il tuo cammello, in un paio di giorni è guarito”.

26. “Ti ricompenso. Ci ha aggredito una banda, ma ha dovuto fuggire. Una pietra ha colpito l’animale alla zampa anteriore. Hai brava gente”, una buona lode per Boas, mentre gli stringe le mani. “Vedo che abbiamo qualcosa in comune che si deve cercare sovente: tu ed io conosciamo i Comandamenti del nostro Dio ed agiamo di conseguenza. E sugli animali di Mosè ci orientiamo secondo la legge. Tra la mia gente ce ne sono certamente certi burberi rudi, ma osservano l’ordine: nessun animale viene tormentato, non lo tollero!”

27. “Sei un uomo nobile”, risponde Boas. “Quando sei arrivato ho avuto subito una percezione interiore per te. Quello che significa – da dove viene – io – ebbene, mi sembrava come se fossimo parenti”.

- Il forestiero sorride. Esistono quindi dei legami che si mostrano all’improvviso quando due persone che molti anni prima si sono separate si ritrovano. Ma prima c’è da aspettare. Continua a pensare, ma vedo già che cosa c’è qui da regolare.

28. Si avvicina alla portantina e solleva una donna delicata. Il suo viso è chiaro e nobile nella forma, i capelli splendono come noci mature nel Sole serale. Boas fissa la ragazza, perché non ha l’aspetto di una donna. Ma se… se fosse la moglie del forestiero, allora potrebbe… Pensa a Ruth e a quanto le vuol bene. Forse… Già lo chiama ‘il forestiero’.

29. “Ti prego, chiama tua madre, mia moglie… è una greca, …ha bisogno di riposo. Avete una stanza dove può stare tranquilla?”

- “L’abbiamo”. Boas saluta la bella donna. E nuovamente sale in lui: ‘Se costui, come sovente d’uso, può tenere più donne? E Ruth è bella, solo diversa dalla forestiera. Se…’ – I doveri aiutano a scacciare i pensieri.

30. Anche Hanea si affeziona subito alla forestiera. Qual piccola cosa delicata! La conduce nella parte superiore della casa e lei stessa provvede affinché non la debba servire nessuna serva. Questo viene tenuto in conto così alto a Hanea, come non può ancora saperlo.

- La greca ringrazia: “Sei come una cara madre”.

31. “Hai lasciato la tua casa paterna per seguire tuo marito? Dove stava la tua culla?”

- “In Corinto. Mio padre aveva lì un commercio. Ecco che è arrivato un uomo con moglie e figlio e cercava lavoro presso mio padre. Era diligente, ci si poteva fidare. I miei genitori morirono all’improvviso, ma mio padre ha posto prima quell’uomo come erede e mi ha dato in moglie al figlio. Mi era affezionato, e così l’ho seguito volentieri quando ha voluto tornare in patria dopo che erano morti anche i suoi genitori. Ha affidato il commercio ad un fedele collaboratore per la gestione”.

32. “Cara figlia, tuo marito ha portato così tanta merce, c’è sicuramente…”

- “Oh, la casa principale in Corinto è rimasta piena. Avevamo ancora una casa secondaria che è stata liquidata perché per questa non abbiamo trovato nessun buon dirigente. Com’era il padre di mio marito, li si trovano solo di rado dei fedeli e buoni”. La greca tace all’improvviso. Non ha chiacchierato troppo? Comincia a temere, ed Hanea comprende che cosa la rende timorosa.

33. Le mette un braccio intorno alle sue spalle. “Non devi temere; rimane fra noi. Tuo marito stesso parlerà quando lo riterrà giusto. Allora…”, Hanea fa sentire una piccola risatina furbetta, “…lo sentirò per la prima volta. Appena venuta in casa mi sei apparsa come una cara figlia”. Pensa con ciò a Ruth. “Non darò nessun fastidio alla mia figliolina”.

34. La greca si stringe a lei. “Non conosco la fede di mio marito, ma il suo Dio ci ha guidato magnificamente”. Lei sa tutto, ma suo marito l’ha iniziata perché potesse contare su di lei. Il poco che ha raccontato è generale, e non ha più molto a che fare con i piani di suo marito.

*

35. Hanea va a prendere Naemi e racconta che cosa è avvenuto. Entrano con Ruth nella sala aperta. E’ ancora chiaro e mite, si consuma qui la cena. Il suo cuore batte forte. Lei conosce le leggi del posto. A questo, Naemi aveva già accennato in Moab. Una è la seguente:

36. Lei ha raccolto spighe sul campo di Boas e così passa per la sua serva. Inoltre, come moabita può essere data via facilmente. Ma Boas non ha mostrato che l’ama? Che cosa la riguarda il forestiero?

- Un pensiero simile passa per la mente di Boas. Lui spera molto che costui poi vada via; allora finirebbe il pericolo.

37. Naemi esamina. Lei è beata se lo è Lui. …oh, Dio fa grandi miracoli! Al momento non pensa al male che potrebbe colpire Hanea e Boas, se…

- Nel frattempo l’uomo dice: “Vado a prendere mia moglie”. Lui sale, non senza motivo. Naemi lo aveva riconosciuto, nonostante fosse cambiato. Se non avesse saputo dove si trovava, chissà se tutti lo avrebbero riconosciuto. La sofferenza scava profonde rughe, e qui ci sono molti che sono passati attraverso malinconia e lutto.

38. “Lo sarà”, dice nel frattempo Naemi ai vicini.

- “Anch’io l’ho percepito”, dice Hanea. “Soltanto: – perché non si è fatto riconoscere? Meglio un passo rapido che…”

- “Sii consolata, cara zia Hanea”. Ruth le carezza le guance. “Ha occhi buoni, fedeli; in lui non c’è falsità. Spero comunque in Dio, Egli ci aiuterà!”

39. Sul viso di Hanea passa un sorriso. “Sei una cara figlia ed ho anche fiducia nella forestiera. Come avviene questo, tu, abitata diversamente sin dall’infanzia e puoi consolare dal conforto che sa dare il nostro Dio. Aspettiamo come andranno le cose, allora la prendiamo dalla Mano del Signore”.

40. Arriva il forestiero, al braccio sua moglie. S’incontrano due paia d’occhi. Una buona Luce saetta qua e là senza che le due donne sappiano quanto facilmente risulta il bene. La greca lo può credere, suo marito non prende una seconda moglie. Lo ha promesso in memoria di suo padre, tramite il quale è diventato ricco.

- Tuttavia Ruth pensa: ‘Quale bellezza! Per questa e per la grazia voglio sacrificare tutto, se Boas la desiderasse; tuttavia, anche a lui porterebbe un sacrificio, …la rinuncia’.

41. Naemi va sul tutto. Dice con la sua calda voce: “Ho conosciuto un ragazzino; veniva, quando aveva bisogno di aiuto e rubava nel frattempo i frutti più belli, anche se il giardino dei genitori era abbondante. Questo era un caro scherzo. Solo che suo padre non lo doveva sapere, allora c’erano…”

- “Botte!” L’uomo ride allegramente. Si dà un colpo.

42. “Zia Naemi, mi hai riconosciuto?”

- “Sì, ragazzo mio, e sono contenta che sei venuto. Ora aggiusta tutto”, con uno sguardo su Hanea.

- “Lo voglio fare, ma chiedo a zia Hanea se non è riuscita a riconoscermi”.

- A lei cadono lacrime dagli occhi. Abbraccia il nipote e singhiozza: “Oh, Ben Isremia, ero solo incerta e…”

- “…eri preoccupata di cosa succederebbe con te e la tua casa?

43. Naturalmente dovevo vedere prima che cosa era successo negli anni e se – comprensibile – il fratello del padre era stato un fedele amministratore. Non sapevo ancora nulla della sua morte, solamente, che il giudice aveva messo le mani sugli averi di molta gente. Puoi comprendere che a volte mi ha preso la sfiducia?”

44. “Altro ché, Isremia; era il tuo buon diritto di esaminare. Ora…”, un indugio, “…prendi la casa e la fattoria, e lasciaci solo il tempo per trovare un alloggio”.

- Heleana, la delicata greca, interrompe Hanea. “Ma credi davvero che mio marito agirebbe così?” Si stringe nelle braccia del marito come per chiedere perdono, …per Hanea.

45. Lui le annuisce cordialmente: “Zia, anche se prendessi la casa, il terreno e il podere, sarebbe ingiusto lasciare te e Boas senza benedizione. Avete conservato tutto fedelmente e lo avete aumentato. Almeno l’aumento, come lo voleva il padre, sarebbe la vostra proprietà; in più, il diritto di alloggio e la casa per voi due per tutta la vostra vita.

46. Ma ora non lo posso proprio prendere. Sono un commerciante e voglio erigere qui una seconda filiale. Quello che vi ha consegnato mia padre una volta da amministratore, è vostra proprietà secondo la sua e la mia volontà! Sono diventato ricco a causa della bontà di quell’uomo che ha accolto noi fuggitivi. Come starei dinanzi a Dio, se ho avuto tutta quella benedizione e poi stendessi ancora le dita - anche se per diritto - a ciò che mi avete conservato con paura, afflioni e con fedeltà? Il Dio dei miei padri mi preservi da tale ingiustizia!”

47. “Nostro Dio, caro Ben!” esclama beata Naemi. “Voglia il Signore retribuirtelo migliaia di volte ciò che tu fai per Hanea e Boas. E a me tutto questo denaro… Con questo posso pagare qualche debito e …”

- “..vediamo che cosa può fare il principe. Dopodomani vado da lui, ma lascio tutto qui in Bethlemme, anche Heleana. Voglio esaminare dove posso prendere dimora. Dopo i lunghi anni si deve dapprima imparare di nuovo e riconoscere la patria”.

48. “In ciò fai bene”, si immischia Boas che, incredulo, perché superava i suoi sogni più audaci, ha ascoltato ciò che Isremia ha spiegato con poche parole con un cuore puro, ricco. Gli lascerà anche Ruth? Isremia l’ha guardata più volte.

- Ruth si era seduta accanto a Heleana e sussurrato: “Vorrei esserti amica ben volentieri. Posso?”

49. “Non ci conosciamo ancora”, dice la greca. Lei ha un buon viso. Anche il viso di Ruth è stupendo. Ha solo un soffio di abbronzatura, con occhi splendenti molto scuri, mentre nell’altra tutto è chiaro come la Luce: occhi, capelli, pelle. Abbraccia Ruth con impulsività. “Voglio esserti più che un’amica, ti sono sorella, se lo vuoi”.

50. Ruth si colora di un rosso profondissimo. Pensa ad Orpa, sua sorella. In segreto piange sovente per lei. “Oh, non me lo posso aspettare, sono povera, una pagana e…”

- Boas interviene: “Ma permettimelo, non sei più una pagana; hai riconosciuto del tutto Dio, l’Uno, sei stata guidata da un angelo. - Sì,sì, con Naemi, lo so. Non fare cenno di no!

51. Heleana, …perdona”, chiede beneducato, “come greca, secondo la fede di Israele, anche lei è una pagana. Io disprezzo questo concetto, poiché tutti gli uomini sono figli di Dio, l’uno come l’altro. Che ci puoi fare se è nata in Moab? E che cosa Heleana, perché la sua culla stava in Corinto? Oppure, che cosa, per il atto che io che ho visto la luce del mondo in Bethlemme?

52. Tu, cara Ruth, ti sei convertita completamente in breve tempo ed hai già riconosciuto del bene. Ho ragione, Naemi?” La guarda provocandola.

- “Non così tempestoso! Ma ciò che dici è vero. Pensiamo alle parole dell’angelo: mai lodare se stessi, mai lodarsi reciprocamente; ma la buona Verità, anche quando vi è inclusa una lode, questa la si può dire. Sì, Ruth è più credente che certe donne in Israele.

53. Se ci ha creato DIO e ci ha dato l’orientamento del Suo Edificio, corso e meta, allora mi venga dire qualuno chi ha il privilegio dinanzi a Dio solo perché uno è nato qui, l’altro là, ed ha preso la fede dalla radice del suo popolo. Solo come si agisce, da ciò risulta la differenza fra l’uno e l’altro.

54. Il padre di Ruth ci ha accolto quando non avevamo nessuna casa. Lui ha dovuto esaminare chi eravamo. Infatti, come re di una città portava la responsabilità per la sua città. Ma quando è capitato su di noi il peggio, allora ha alzato le sue mani su di noi per protggerci. Mi ha dato le sue due figlie. La silenziosa Orpa è tornata indietro, il che è stato bene per lei”.

55. “La vorresti rivedere?” chiede Isremia.

- “Io? Ma caro ragazzo, sono anziana, il viaggio è lungo”. Le si offuscano gli occhi. Tuttavia pensa fra sé e sé: ‘Sarebbe bello. E Corusja, il fedele e il medico… Ah, no, sono contenta come Dio conduce tutto, anche per Hanea, per Boas e per la mia Ruth’.

56. “Devo viaggiare spesso, e se vengo qualche volta vado a Ar-Moab, allora saluto tutti coloro che sono stati buoni con te”.

- “Andresti ad Ar-Moab?” Negli occhi di Ruth sta la nostalgia non velata: il padre, i fratelli, rivederli solo ancora una volta, solo ancora una volta sentire le care braccia del padre, una volta…

57. “Verresti volentieri con me?”, chiede Isremia.

- “Io…”, balbetta Ruth, “…dovrei, …sì …no, non posso abbandonare la madre, ha bisogno di me”.

- “Finché giungerà quel tempo…”, viene tranquillizzata, “…sarà anche chiarita la faccenda di Naemi, e può fare a meno di te per un po’ di tempo. Porto con Me Heleana, allora non sei sola come donna”.

58. “Tu vai con loro”, decide già Naemi, come se viaggiassero domani, “Solo, …ritornerai?” Una timorosa domanda, coperta con un piccolo sorriso.

- “Madre Naemi! Ma che cosa pensi di me? Non ti abbandono mica!”

- “Lo so, figlia mia, lo so! Ma quando si rivede la propria patria e tutti i propri cari, allora può succedere che si rimane attaccati”.

59. Ruth guarda Boas, che è diventato tutto pallido. Non vuole perdere la sua Ruth. Isremia, non la desidererà, e lei ha dato a lui la buona parola: …’Dove rimani tu, rimango anch’io!’ Può esistere qualcosa di più delizioso? E la casa, e la fattoria, tutto deve rimanere a lui grazie alla bontà di suo cugino. All’improvviso va verso di lui, lo abbraccia forte e corre fuori. Su tutti passa come un’onda.

60. “Lui è ultrafelice, si è liberato dal peso di ogni preoccupazione”, dice Naemi e bacia Isremia sulle due guance. “Ah, Signore, nostro Dio, quanto magnifico è il Tuo Nome! Hai spinto via le nuvole di questo mondo, ci splende il Sole della Tua Grazia! Venite, cantiamo lode a Lui e adoriamoLo, il nostro Dio!” Dice una profonda preghiera che tocca particolarmente Heleana. Lei non ha mai sentito una cosa simile, ed è grata di essere qui. Da questa donna vuol farsi istruire per accettare la fede del marito. Boas era rientrato, sta alla porta con mani saldamente intrecciate, e la sua anima loda il Signore.

 

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Cap. 12

Isremia e il principe di Giudea

L’assemblea degli anziani

1. “Quanti richiedenti stanno ancora fuori?”. Il principe Pereztha si rivolge al servitore e si asciuga il sudore dal volto. E’ difficile fare il giusto per tutti, e i mezzi sono limitati. Sì, quando si deve dare qualcosa, ci sono le dita saldamente chiuse. Solo qualche povero dà volenteroso il suo piccolo obolo.

2. “Principe, oggi non ce la farai con i viandanti. Ce n’è uno che sembra come se porti qualcosa, ma si è messo tutto modesto in coda”. Il servitore non osa dire: ‘Prendi dapprima costui’.

- Pereztha in mezzo a tutti avrebbe volentieri sentito qualcosa di più facile. “Fallo passare e dì agli altri di aspettare”. – Il servitore corre fuori.

3. “Ti prego, vuoi venire, il principe ti aspetta”.

- “Come mai? Sono venuto per ultimo”. E’ Isremia, che era partito molto presto. “Non voglio essere privilegiato”.

- “Non è nessun privilegio, sei annunciato”, inganna costui.

- Isremia alza ammonendo un dito, ma gli sta bene se viene fatto passare, allora potrà ritornare ancora oggi a Bethlemme.

4. Entra. Il principe si alza, cosa che non fa per ognuno. “Come ti posso servire? Perdona, non origlio, devo solo sapere tutto, altrimenti non posso aiutare”.

- Isremia si siede, chinandosi sul posto offertogli e trae un rotolo dalla tasca della sua cintura.

5. “Qui, mio principe, il rotolo di mio padre; lo riconoscerai certamente”. Lo mette sul tavolo. Leggendo, Pereztha osserva esaminando il visitatore. I rotoli possono essere stati rubati, tolti a dei defunti, e non è stabilito che ogni portatore gli dica la Verità.

6. “Perdona, secondo questo rotolo saresti il figlio del defunto Isremia-Fardachei e di sua moglie. Nella confusione degli ultimi anni certi fratelli sono espatriati, morti, ed altri sono venuti con un rotolo. Naturalmente, adesso, dopo che lo si è saputo: il giudice ingiusto è stato bandito. E’ molto difficile chiarire la faccenda. Io faccio esaminare prima tutto nel luogo forestiero di coloro che una volta sono fuggiti”.

7. “Ammiro il tuo senso acuto. Vengo bensì come richiedente, ma non per me, al massimo per via di un buon consiglio. La mia richiesta è per Naemi, che conosci. Mi sento responsabile per lei. Prenditi prima a cuore la sua faccenda che tocca a lei”. Come da Hanea, prende da un sacchetto una quantità di denaro, “Ecco un contributo per i più poveri. Di questo non devi provvedere a Naemi, lo faccio io”.

8. L’uomo di Gerusalemme è stupito a ragione, ancor più rallegrato. “Tanto vuoi sacrificare? Ne puoi fare a meno? Intendo…”

- “Chi dà solo da una grande pienezza, non ha dato molto”.

- “Secondo il tuo rotolo, sei un commerciante?”

- “Sì, come lo era diventato mio padre”. Isremia riferisce a grandi linee la via dei suoi genitori. “Se una volta hai tempo, allora vieni a Bethlemme, ci rimango alcune settimane finché non so dove posso insediarmi. Dove potrei, magari, erigere qui un commercio?”

9. “Hm! Se lo puoi fare, e come stanno le cose, ti consiglierei di comperare in Michmas. C’è ancora il nostro popolo, soltanto là passa la strada forestiera, là hai i contatti migliori. Se ti è possibile, allora preparo in Gerusalemme una piccola casa secondaria”.

10. “Hm…”, fa ora anche Isremia, “…ti ringrazio per il tuo buon consiglio. Dunque, quando tocca a Naemi?”

- Pereztha sospira. “Per me anche subito! Solo, sovente come i superiori, così anche il popolo. Quante cose non dovrei sentire, se io… Dovresti ricordare che i più anziani hanno da dire la loro parolina, ed ecco…” Ancora un lungo sospiro.

11. “Quando potresti radunare gli anziani, almeno coloro che sono da raggiungere più rapidamente? Verrei qui e, credimi: all’estero si impara di più che solo la propria lingua! Non devono sapere che sono stato prima da te. A loro vantaggio, notato e no, ci vogliamo nascondere dietro ad una bugia”.

- “Questo non mi starebbe nemmeno bene, anche se… Ebbene, qualche volta è giusto tacere.

12. Alcuni sono buoni: Selemech, l’anziano consigliere di Gerusalemme; Laban, il superiore nel consiglio degli anziani; Heria, anche qui della città e Sinehas, il più anziano di Emmaus e ancora altri. Li riconoscerai facilmente. Naturalmente, di tutte le tribù alcuni sono bravi. La maggior parte – un interrogativo – caro Isremia”.

13. “Abbiamo imparato a conoscerli e a loro avrei da riferire un’ultima parola da parte di mio padre”.

- “Ebbene, i più anziani della Giudea sarebbero qui entro tre giorni, ma chiamo anche gli altri anziani. Sono già partiti i messaggeri ed è possibile che da oggi fra due settimane vengano, come l’ho proposto. L’assemblea avrà luogo in ogni caso, anche se non vengono tutti”.

14. “Il termine mi farebbe comodo; fino ad allora sarà arrivata la seconda carovana. L’assemblea ha luogo già al mattino oppure più tardi?”

- “Già presto, finché si saranno messi tutti sotto un cappello. – O guaio, allora potrò sudare!”

- “Io sudo già ora”, ride divertito Isremia. “Adesso ancora una cosa: il tuo servitore mi ha detto che avrestii un buon alloggio nelle vicinanze”.

15. “Sì, quella locanda nella quale una volta sarebbe stato Abramo secondo una leggenda quando era sulla via per il luogo del sacrificio: la locanda Bathra?[8].

- “Hai qualcuno che mi possa accompagnare? E’ certamente bene annunciarsi”.

- “Diversamente no; tuttavia, nella locanda Bathra si troveranno quasi tutti gli anziani. Se hai prenotato, allora nulla ti può andare storto”.

16. “Fuori aspettano ancora molti altri, perciò voglio andare, altrimenti – avrei volentieri parlato con te”.

- “Anch’io con te”. Il principe si alza di nuovo. “Da molto tempo mi sei la prima ‘Luce’ nella quale potevo scaldarmi”.

- “Da più giovane, posso darti un consiglio?”

- “Già accettato!”

17. “Falla più breve con coloro che non sono puliti. Essere buono è bene, ma non in ogni caso. Altrimenti si dice subito: ‘Costui lo si può raggirare!’. Anche delle parole aspre possono aiutare”.

- “Giusto! Sappi solo: Parole aspre erano dal giudice. Se lo facessi, solo qui e là, allora si direbbe: – Anche costui non è migliore”.

- “Capito”, annuisce Isremia. Una calda stretta di mano da entrambe le parti.

*

18. Nella locanda Bathra, che ha ancora il suo antico nome (più tardi lo perderà), Isremia trova ciò che gli serve. Paga in anticipo l’oste, che è cordiale, e nelle stalle affitta un posto. “Sai”, gli dice, “vengo con i miei animali, ti stupirai. Il mulo di oggi è prestato”.

- “Va bene, signore; quando arrivi, è tutto pronto. Puoi fidarti di me”.

19. Alla sera Isremia è di nuovo dai suoi. Si stupisce. In un giorno sono pronti una grande stalla e un ampio recinto. “Siete dei maghi?” chiede alla sua gente.

- Il conducente della carovana dice: “Il tuo parente, signore, ha messo a disposizione i suoi servi ed ha chiamato dei muratori qui dal posto. Dobbiamo edificare ancora due stalle, non riusciamo ad ospitare anche la seconda carovana”.

20. “Disponilo. Stasera manda da me gli aiutanti, affinché ricevano la loro ricompensa. Bada di far fare per voi una casa. Compro il campo che deve servire da pascolo, perché gli animali rimangono qui, sotto la tua custodia”. In breve riferisce dove vuole stabilirsi.

*

21. Quel giorno quando le case son pronte, arriva la seconda carovana, trenta cammelli robusti, forti muli, che trainano i carri carichi, e uno che fa stupire la gente. Un carro ha davanti quattro cavalli bianchi magnificamente imbrigliati. Quando Ruth vede i nobili cavalli, va verso loro. Naturalmente anche in Ar-Moab c’erano pure dei cavalli, ma non così spesso e non ne aveva mai visto uno bianco.

22. Isremia esclama forte: “Attenzione ragazza, non sai trattare con loro! Sono bensì miti, tuttavia…”

- Ruth guarda con calma Isremia. “Gli animali percepiscono come uno li tratta”. Già sta presso il cavallo a sinistra, accarezzandolo sulle narici e lo bacia in fronte.

- Il conducente è perplesso. “Una donna. E quale coraggio!”. Salta avanti. “Signora, puoi sempre confidare in questa donna. Chi può far questo, accarezzare un animale estraneo e questo non si difende, ha un cuore buono!”

23. “L’ho già constatato da me”, ride Isremia, mentre Ruth accarezza gli altri cavalli.

- E’ venuto anche Boas e dice ad Isremia: “Chi è guidato da un angelo, può ammansire animali. Non mi stupirei se si sedesse accanto a un leone”.

- “Oh, no”, risponde Ruth. “C’è differenza tra animali, come negli uomini, se sono selvaggi. Questi hanno paura degli uomini; allora per paura attaccano oppure fuggono”.

24. “Una volta hai già indicato dell’angelo. Raccontami com’è stato”, dice Isremia.

- “Heleana lo sa. Mia madre glielo ha già detto. Lei è stata molto attenta e si lascia istruire da Naemi quando non sei a casa. Sarà contenta quando te lo può raccontare”.

25. “La mia cara! Ma dov’è?”

- “Sta imparando a fare le torte”. Con uno sguardo a Ruth che va verso Naemi, Boas domanda: “Come stanno le cose in Grecia? Gli uomini hanno anche più donne?” Si sforza a non tradirsi; perché prima aveva paura di Isremia per Ruth. Chissa… Costui sorride in segreto.

26. “Generalmente no. E se fosse, allora la donna principale rimane sempre l’unica, le altre ci sono solo per l’intrattenimento quando il padrone di casa ha ospiti. Io sono come te, un israelita, e non è nostro uso avere più donne. Mi è anche contrario personalmente”. Non gli sfugge il profondo respiro, ma fa come se non se ne accorgesse. Si può fare del bene, quando si vuole.

27. Isremia non dice a Naemi che ha spinto molto la sua faccenda. Lui aspetta ciò che risulterà dall’assemblea degli anziani. Lui le vorrebbe dare tutto subito volentieri, ma il principe ha ragione: ogni anziano farebbe dapprima valere le pretese per la propria tribù. In sé è comprensibile.

28. Domani è il giorno. Isremia fa sellare i cavalli, non in fila, come si usa in Grecia. Le città della Giudea sono così piccole, i vicoli così stretti, particolarmente in Gerusalemnme.

- Ruth, che guarda con interesse come vengono fatte le briglie, dice: “Peccato, verrei volentieri. Mio padre ha alcuni cavalli, soltanto, non così belli e nessuno bianco”.

29. Heleana annuisce a Ruth. “Io sono andata sovente su, è meraviglioso. E’ come volare, quasi come un uccello nell’aria”.

- “Sali”, la invita Isremia, “facciamo un giro”. Ruth non se lo lascia dire due volte; è salita come una saetta.

- “Io l’ho dovuto prima imparare”, dice Heleana, “e tu lo sai fare subito”. Amorevolmente getta un braccio intorno al collo di Ruth.

30. “Ah, se potessi condurre! Qual sensazione dev’essere, muovere i cavalli!” Con entusiasmo Ruth guarda avanti dove sta il conducente del carro.

- “Non lo osare”, avverte Heleana. “I cavalli intelligenti si accorgono quando le conduce un esperto oppure un…”

- “Che non ne capisce nulla. Lo so!”

31. Isremia si siede fra le due donne. Subito il conducente lascia i suoi cavalli. Hui, già partono! All’interno dei carri ci sono dei posti e maniglie, per tenersi. Anche Heleana le usa. Ruth si alza, si mette dietro al conducente del carro ed osserva come usa le briglie.

*

32. Quando è scesa, Ruth ringrazia: “Questo sarebbe un viaggio fino ad Ar-Moab.!”

- “Sai già guidare?” scherza Heleana.

- “Ma che cosa pensi; però lo imparerei volentieri”.

- “Chiedilo al conducente”, dice divertito Isremia, “lui ha cominciato con i muli, questi sono più facili da imbrigliare, con due, cara Ruth! Persino io lascio a lui il veicolo con i quattro cavalli”.

- “Davvero?” Ruth diventa rosso fiammante.

33. Quando lo sente Naemi, scuote la testa, non avrebbe mai sentito che delle donne conducono un carro. Cavalcare su asini, …sì.

- Boas litiga: “Se tu fossi mia moglie, allora …” “Non lo sono ancora; ma ci provo”. Non prende assolutamente sul serio il suo fervore.

- Isremia è già partito. Il conducente lascia saltare i cavalli su strade buone, ma come in Grecia, dove le strade sono preparate per questo; qui lo può fare solo su piccoli tratti. “Che paese…”, chiede, “…non ci sono nemmeno vie ordinate!”

- “Per questo, presto sarà meglio”, lo tranquillizza il suo padrone.

34. “Anche la Grecia non è diventata in un giorno così com’è oggi. La mia patria è piccola e non molto ricca. Se il nostro avo (Abramo) il fondatore del nostro popolo, vivesse oggi, allora le cose starebbero diversamente. Attenzione!” esclama all’improvviso “A destra c’è un burrone!”

35. Isremia ha adornato intenzionalmente il suo carro. L’impressione è già sovente un successo. Lo nota, quando alcuni anziani con i loro asini nel cortile di Bathra litigano con l’oste. Costui alza le spalle. Non li considera più molto, lui stesso ha dovuto gustare il tempo difficile, gli era sempre avversa la disunione degli anziani. Chi ne deve fare le spese? …Il popolo!

36. “Oh, pazienza!”, esclama. “Ognuno ha il suo turno”. Un servo porta l’asino nella grande stalla. Quando lui e tutti vedono il magnifico carro di Isremia, a loro cadono quasi gli occhi dalle orbite.

- “Un forestiero!”

- “Un re!” – Il mormorio si diffonde in tutta la casa, tutti arrivano correndo. Ma solo l’oste va verso Isremia con un profondo inchino.

37. “Ora comprendo che per i tuoi animali ci vuole un posto particolare nelle mie stalle. Sono dalla Grecia? Per te è pronta la camera migliore, e una extra anche per il tuo conducente. Gli altri…”, sussurra con sguardo sbieco verso alcuni anziani che fissano con facce acide e con un mormorio, “…possono dormire nelle stalle. Queste sono abbastanza per loro!”

38. “Non lo dire troppo forte, potrebbe danneggiare la tua casa. Ma hai ragione. Grandemente adornati, e vuoti nell’interiore!” ‘Così erano, quando i miei genitori dovettero fuggire’. L’oste gli porta il pasto in camera, il conducente, un poco informato, va nella grande sala da pranzo per ascoltare com’è l’opinione.

39. Là le cose si svolgono con veemenza.

- “Che cosa vuole il forestiero, mentre domani ci consigliamo?”

- “Hei, oste, ma chi è costui?”

- “Per me Pereztha non prende il timone, saremmo tutti finiti!”

- Uno riflessivo dice: “Piano, nessuno è tanto adeguato di tirare il carro dalla sporcizia, che proprio lui”.

- Il conducente riporta tutto a Isremia e gli descrive ognuno precisamente. E così arriva il mattino.

*

40. Al mattino presto Pereztha era andato a pregare. Ora aspetta ciò che sarà. La sala del Consiglio si riempie lentamente. Alcuni si fanno attendere e in tal modo rivelano la loro mentalità. Isremia gli aveva pure riferito alla sera tardi ciò che il suo uomo e lui avevano saputo, dicendogli: “Io vengo per ultimo”. Ora il più anziano della Samaria, il peggior nemico, dice: “Cominciate, tanto non esce nulla dall’assemblea!”

41. “Vedrai che cosa sarà,” risponde Laban bruscamente. Come superiore degli anziani lui può rimproverare ognuno che fa il burbero con intenzione.

- Si alza il principe. “Cari fratelli, vi ringrazio che siete venuti. Aspetto ancora un ospite, che ci è già stato molto utile”.

- “Fa solo attenzione”, brontola un samaritano al suo vicino, “costui è il forestiero. Ebbene, allora il principe si può congratulare per ciò che farò!”

42. Ha appena finito di parlare, che entra Isremia. “Perdona…”, si rivolge al principe, “…vengo con un po’ di ritardo, ma spero che l’assemblea sia appena iniziata”.

- Già si sente mormorare. “Io protesto!”

- “Un pagano non ha nulla a che fare qui, anche se fosse il faraone!”

- “Che cosa vuole da noi il forestiero?”

- “Non si tratta del nostro popolo?”

- “Tradimento!” – C’è confusione.

43. Laban alza la mano. “Anziani, noi siamo uomini, non bambini! Non si parla tutti insieme. Chi vuole dire qualcosa si annunci come si usa da noi. E subito in anticipo: avverto ognuno che disturba! Io stesso non conosco il forestiero, ma sono dell’opinione che lo ha mandato QUALCUNO, che ci aiuta nella tristezza del nostro popolo. Aspettate prima che cosa ne risulta!”. Intanto, questo aiuta.

44. Pereztha dice tristemente “Finché non troviamo una buona via che ci unisca per portare alla risalita, sarà da calmare qualche lite. Prego, dì il tuo nome…”, guardando Isremia, “…affinché tutti sappiano chi sei”.

- “Il mio nome non serve quasi a nessuno”, subentra Isremia con tatto.

45. “Mi chiamo Isremia, figlio di un israelita stabile qui, i cui avi servivano già Mosè. Vi basta?”

- “Un israelita non arriva come un pagano, con un ricco abito e quattro cavalli. Così si è presentato a noi nella locanda di Bathra”, s’infervorisce uno.

- “Allora…? Presentato…?”, chiede Isremia.

46. “Non mi sono presentato, nessuno è venuto da me; avete solo dato un colpo all’oste! Ma vedo qui, qua e là…”, indica ad alcuni, “…abiti più preziosi del mio. Perciò, siete voi dei pagani?”

- “Questo è diverso, il popolo deve sapere a chi deve obbedire!”, si avvelena uno di Jesreeler.

47. Isremia schernisce: “Ah, schiavizzate il popolo con il fasto? E dov’è il vostro aiuto per i poveri che han dovuto fuggire?”

- “Apri dapprima tu la borsa, invece che la tua bocca!”, s’infuria uno.

- Laban minaccia: “Basta! Ho sentito che un forestiero avrebbe dato una grossa somma, liberamente”. Guarda Isremia. “Credo quasi che sei stato tu quel forestiero”.

- “L’ha fatto apposta!”, s’infuria il samaritano. “Voi non fate di me uno stupido!”

48. “Conserva la tua cattiveria!” Herias, il più anziano di Gerusalemme si alza. “Come certi hanno ammesso, il forestiero è arrivato ieri sera, quindi non lo conoscevamo. Se invece lo conosce il principe, non lo so. Se lo conosceva e lui ha invitato pure il forestiero, e permesso, allora credo volentieri che per noi sarà di utilità. Mantenete finalmente l’ordine dell’assemblea. La cosa più importante di tutti i punti è dapprima l’accordo, non solo tra di noi, dove purtroppo manca; si tratta che si uniscano le nostre tribù. Ci siamo divisi già da troppo tempo. Per servire il popolo, abbiamo bisogno di un governo unico”.

49. Ma non il principe Pereztha”, esclama il disturbatore.

- Isremia guarda divertito il vecchio, il cui volto da vegliardo è pieno di rughe, e Laban dice: “Non è stato ancora stabilito nessuno, del tutto indipendentemente dalla mia opinione, se qualcuno mi può indicare uno migliore di quanto lo sia il principe Pereztha, affinché procuri il meglio possibile la giustizia ad ogni tribù…”

50. “Lo abbiamo visto con Beraba, che ci ha gettato nella profonda indigenza”, grida quello di Jesreeler.

- “Allora non dimenticare che Beraba è della tua tribù ed ha fatto carte false per entrare nella centrale, sotto l’aiuto dei vostri anziani. C’è stato anche il tuo aiuto!” Questo colpisce. Si ritirano di nuovo le teste.

51. Laban comincia: “Herias ha rilevato il primo punto. Scegliamo un superiore, …un anziano delle dodici tribù che… ottenga la guida. Diciamo, dapprima per tre anni. Il principe, con il sostegno di aiutanti mandati dalla Luce che…”, Laban intende gli angeli.

- Mentre uno mormora: “Haa, il forestiero è anche mandato dalla Luce? E che significa?”

52. “…portato alla caduta Beraba”, Laban passa al di sopra delle chiacchiere. “Posso testimoniare per la verità. Perciò noi che c’eravamo ed abbiamo ricevuto in Bethlemme la ‘Parola del Signore’, siamo d’accordo: il principe Pereztha – diciamo intanto – diventa il superiore dell’intero popolo! Fra tre anni si mostrerà come ci governa. Allora si terrà una nuova assemblea plenaria e si vedrà ciò che serve. Chi è per Pereztha?”

53. Più della metà di tutti gli anziani si alza. Alcuni alzano vivacemente le mani. “Protesto!”

- “Ci sono da nominare anche altri sui quali decide il papiro”.

- “Farò chiamare il sacerdote!”, Laban ferma di nuovo il clamore. “Finché non arriva, nominate quelli che volete avere al posto di Pereztha”. Laban manda via il servitore dell’assemblea. Il capo sacerdote della sinagoga si era tenuto pronto. In breve tempo arriva.

54 Nel frattempo quello di Jesreeler nomina – il che realmente era già stato discusso – il suo principe di Manasse, e il samaritano quello di Neftali.

- Pereztha dice sarcasticamente: “Nominate i principi di tutte le tribù! Oppure credete che trascino volentieri il peso che voi mettete sulle mie spalle? Voglio prendere il peso su di me per il popolo, non per voi! Scrivete subito tutti i biglietti, allora Dio possa parlare attraverso il papiro chi ha previsto LUI per la guida”.

55. Con ciò si è d’accordo. Il sacerdote, uno della vecchia scuola, nel frattempo ha già preparato il papiro, mette davanti a sé sul tavolo i rotoli chiusi ugualmente del tutto sottili. Su ogni rotolo pronuncia la sua benedizione e fa cadere i dadi. Si sono già mostrati sette neri, e ne seguono altri due. Non c’era ancora il rotolo della Giudea.

56. Ecco, alla decima gettata risultano due pietre bianche. Lagan, che ha aperto i rotoli, che leggeva i nomi dei principi e la stirpe, ferma il tremore delle sue mani. Manca proprio la Giudea, Nafatli e Manasse. Grazie a Dio! E’ il foglietto della Giudea. Ma il sacerdote emette anche sui due ultimi il verdetto. Entrambi di nuovo neri. “Ancora una volta sugli ultimi tre!”, pretende quello di Jesreeler.

57. “Vuoi tentare DIO?” Il sacerdote getta. E così rimane: Pereztha ha le pietre bianche. Non c’è più niente da obiettare. Un Verdetto di Dio! Il sacerdote benedice l’eletto con la benedizione che Dio ha raccomandato a Mosè e ad Aaronne:

«…l’Eterno ti benedica e ti guardi,

l’Eterno faccia risplendere il suo volto su te e ti sia propizio!

L’Eterno volga verso te il suo volto e ti dia la pace !»  [Numeri 6,24-26]

58. Sull’assemblea riposa una consacrazione, si chinano persino coloro che disturbano, ma non il loro senso. Il mondo deve sovente agire per i mondani. E così avviene! Per un po’ aiuta la presenza del sacerdote e il verdetto. Solo quando adesso Pereztha lascia passare i punti che devono essere trattati, si presentano tutti gli animosi, per fortuna non più molti.

59. “E’ un pesante ringraziamento che devo tributare ai miei fratelli. Sacrificare all’Altissimo il mio grazie lo faccio con coloro che mi aiuteranno nella mia funzione. A questi sia qui subito ringraziato. Siate certi: faccio tutto ciò che è solo possibile per essere giusto verso ognuno, per unire il nostro popolo, di non elevare nessuna tribù, ma che voglia diventare ciò che era al buon tempo di Giosuè, quando il popolo è venuto con gioia nel paese del patriarca. Se lo diventerà…? Dio ci voglia aiutare!

60. Il mio punto principale è: di sostituire alle famiglie che, scacciati da Beraba, i cui mariti furono giustiziati, il patrimonio incassato dal giudice e voglio sperare, che ogni tribù pensi ai suoi poveri. Oltre a questo dev’esserci un aiuto generale. Sono usciti dei beni. Per quanto previsto per gli interessati, dai donatori, non da me”, deve frenare quelli con le facce scure, “il resto viene distribuito su tutti. Certo, su ognuno non viene molto, finora, ma qualcuno porterà volentieri il suo sacrificio, affinché siano da salvare tutti i poveri”.

61. “Non ci tengo molto”, si annuncia il samaritano. “Perché sono scappati? Beraba non li poteva uccidere tutti”.

- “Ma molti”, interviene il sacerdote. “Non ha colpito voi anziani perché aveva bisogno di voi, ed alcuni…”, una fredda occhiata, “…stavano con lui sotto una coperta. Non faccio nomi; basta che ognuno conosca se stesso”.

62. Contro il superiore del sacerdozio (più tardi l’alto sacerdote) non si procede. Ci si ribella. Nonostante molta maleducazione, si è attaccati alla fede.

- Uno dice: “Non è stato così; anche noi anziani stavamo sotto il governo”.

- “Il quale certi sapevano evitare”, interviene il consigliere anziano.

- Pereztha ora chiede quale considerazione trova il primo punto.

63. Subito brontola quello della Samaria: “Se tu come principe del popolo non hai da esporre nulla di più importante, allora sospendo l’assemblea”.

- Un brontolone aggiunge: “Ognuno deve portare la sua pelle al mercato. Chi ha abbandonato il paese ed è diventato povero, dovrebbe muovere le sue mani. C’è abbastanza lavoro”.

64. Un altro che vive ritirato, ma che gestisce al meglio la sua funzione, si alza. Non ha mai cercato il contatto. Va al tavolo dei primi, che in genere non si usa. Ora sta lì come un buon patriarca, e i suoi occhi splendono. Con un gesto della mano chiede la parola.

- Laban gli fa cenno. “Hai la parola, e rimprovero chiunque ti interrompe!”

65. “Non mi sono occupato di liti e di contese, ma nessuno deve credere che non fossi informato, né che il male e la sofferenza del popolo non mi abbia toccato. Ho raccolto ogni ingiustizia, non solo quella di Beraba, ricordatelo, che sapete solo parlare al contrario! Ho atteso questo giorno e sono lieto che il SIGNORE ha scelto il migliore che abbiamo: il principe Pereztha! Chi non riconosce il punto principale giustamente da lui presentato, viene sospeso dalla sua funzione.

66. Alt!...” riprende, quando alcuni fanno saettare le teste, “…ho molto più potere di quanto credete! Da dove? Non me lo domandate! E di nuovo Alt! Non il principe, non il superiore stanno dietro di me, che lo sanno. No, un alto generoso mi ha mostrato ed ho imparato un po’ alla volta a vedere tutte le ingiustizie. Mi ha fatto dire: ‘Viene uno, eletto da DIO, e costui lo dovete servire’.

67. Da ciò è evidente che so respingere gli animosi. Voi stolti, quello che volete distruggere qui, va appunto contro il popolo! Scuote la vostra testa, Ebolo di Jesreel, Sadmach di Samaria e voi che non volete sapere di che cosa si tratta! Sarebbe da chiedere della faccenda di Laban se viene accettato il punto principale. Chi è favorevole si alzi. Contiamo le voci favorevoli e contrari. Due terzi valgono poi per tutti”.

68 Non hanno quasi aspettato: tutti si alzano, eccetto pochi. Questa è una vittoria dalla mano di Dio! Il più anziano dalla tribù di Dan da Lais, si asciuga gli occhi. “Ringrazio ognuno che sta dalla Parte di Dio”.

“Oh, pensiamo dalla parte dell’eletto?”, osa intervenire il brontolone. Inaspettatamente quello di Dan passa attraverso le file verso di lui e lo tocca.

69. “Sei sospeso dalla funzione! In pochi giorni arriverà la decisione!” L’uomo di Dan non dice altro e si siede in silenzio al suo posto. Laban gli stringe le due mani. “Non lo conosco, colui che sta al tuo fianco. Ma se è colui del quale credo che sia potente, allora ringrazio di cuore che tramite te è venuto l’aiuto come attraverso il papiro di Dio”.

70. Uno brontola: “Perché non nomina il suo alto? Se è uno dal popolo, allora si faccia avanti; se è un forestiero, allora non lo sottostiamo”.

- “Hai ragione” dice tranquillo l’uomo di Dan. “Proprio tu non lo comprenderai: costui fa parte del nostro popolo ed è contemporaneamente un forestiero”. ‘Ah’, pensa Isremia, ‘il grande aiutante’. Grato, congiunge le sue mani.

71. “Prego…”, Pereztha si rivolge al sacerdote, “…le donazioni che servono a tutto il popolo, le vorrei far passare attraverso le tue mani. Io so, non è la funzione di un sacerdote; ma potremmo sciogliere un poco la severa cornice. Quando provvedete alle anime, vedete anche la miseria del mondo”.

- “Posso dire qualcosa?”, chiede Isremia. Glielo si concede volentieri.

72. “In Corinto ho imparato a conoscere la vita dalla grande cornice. C’era un famoso medico. Credete ancor sempre che un medico avrebbe da pensare solo al corpo. Certo, questo è in primo piano, per questo è appunto ‘medico’. Costui non chiedeva ai suoi malati dapprima le loro sofferenze corporee. Lui indagava la miseria, la preoccupazione, la sofferenza e i dispiaceri. E non c’era nessuno che non gli avesse confidato tutto. Anche mio padre era stato da lui.

73. Così gli era facile aiutare il corpo dove la morte non stava già al letto del malato. Di conseguenza un sacerdote potrebbe diventare viceversa una grande benedizione. Se costoro ricercano la miseria della vita e danno l’aiuto come e dove è possibile, quanto più facilmente possono aiutare le anime.

74. Dio ci ha dato due occhi, l’interiore e l’esteriore per vedere; Egli ci ha anche dato due mani, che si stendono verso due lati”. Isremia stende le braccia, toccando leggermente quelle del sacerdote e le spalle del principe. “Anche il Signore Iddio ha due Mani, con le quali Egli sa benedire ed aiutare”.

75. “Detto magnificamente!”. Il sacerdote abbraccia spontaneamente Isremia.

- “Accetto il posto. Speriamo che ora non arrivi qualche parola contraria”. Tutto rimane silenzioso. Pereztha ringrazia. “Per questo punto ed altri convoco in breve l’intero consiglio dei principi. Prego il nostro capo sacerdote Anacaria, Selemech, Laban, Herias e Kenias da Lais di esserci, affinché tutti debbano sentire il pieno messaggio del decorso del Consiglio dei principi”. Anche in ciò non c’è nulla in contrario. Dato che è già mezzogiorno, si inserisce un intervallo.

 

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Kap. 13

La cara figlia di Dio

Buone conoscenze e un cattivo incontro a Michmas

L‘aiuto dall‘estero

1. Sono passate due settimane, quando un giorno compare in Bethlemme il principe Pereztha accompagnato dall’anziano consigliere Selemech. Dapprima entra da Hanea dove vuole informarsi se fosse stato intrapreso qualcosa nella questione di Naemi. Viene negato.

2. Boas spiega: “Isremia dice che vuoi annunciare a Naemi che presto la sua indigenza sarà finita. Invece non ha ancora fatto nulla, e così abita ancora nelle sue macerie. Dato che il tempo di raccolta è passato, ho messo a disposizione tre servi per i campi. Ci vuole molta fatica perché tutto è diventato pietra. Stimo che ci vogliono almeno tre anni prima che tutto il terreno sia coltivabile”.

3. “Importante è che le cose vadano avanti, vi ringraziamo che aiutate Naemi”, risponde Selemech.

- “Lo vogliamo fare, era tutto troppo grave per lei”, interviene Hanea.

- Pereztha dice: “Come per così tanti del nostro popolo. Dio però ci ha aiutato, questo non sia mai dimenticato; a Lui il ringraziamento, l’onore a Lui”.

4. “Dov’è Isremia?”

- “E’ andato a cavallo a Michmas, lì ha trovato una grande casa per farne un magazzino. Sua moglie è rimasta con noi”.

- “E’ una straniera?”

- Hanea dice: “Una greca, buona e cara, e sta accettando la nostra fede. E’ andata da Ruth, le due hanno fatto amicizia”.

5. “Non sono contrario quando un uomo porta a casa una buona moglie dall’estero”, dice Pereztha. Ah, sì, sì, la vecchia treccia: i pagani cattivi, noi gli eletti! Questo mi dà fastidio già da tempo. Purtroppo questo è radicato profondamente nel nostro popolo. Chissa se una volta lo si potrà superare…?”

6. Dice Selemech riflessivo: “Se nel nostro tempo spargiamo il chicco della Verità, sarà una volta di Benedizione”.

- “Penso proprio così. Come questo sia possibile lo si è visto in Bethlemme. Ruth la moabita è amata ovunque, anche la greca Heleana ha già conquistato qualche cuore”, si rallegra Boas.

7. “Uomini?” ride Pereztha.

- “Ma che cosa pensi!” s’infervorisce Hanea. “Lei è rimasta fedele ad Isremia. Ebbene…”, anche lei ride, “…naturalmente ci sono uomini che sono attirati dalla bella greca. Lei riesce ad aiutare bene, è abile come la nostra Ruth. Per l’aiuto, gli uomini sono appunto aperti. E chi non lo sarebbe?”

8. “Proprio giusto! Vado da Naemi, è meglio se noi, Selemech ed io, parliamo da soli con lei del necessario. La prossima settimana si raduna il Consiglio dei principi, il giorno prima di Sabato”.

- Boas, che è andato alla finestra, indica la via vicina. “Stanno arrivando proprio Ruth ed Heleana, quindi ora Naemi è sola”.

- “Portiamo anche loro?”

- “Naturalmente! Se non impiegate troppo tempo potremmo mangiare fra un’ora”. Sono d’accordo. Il principe fa una piccola deviazione, è spinto ad incontrare Naemi.

9. Lei sta seduta davanti ad una scodella di spighe dell’ultimo raccolto. Con cura elimina ogni rifiuto. Si guarda ancora intorno di nascosto, oppressa dalla preoccupazione perché non ha da offrire a Ruth nulla di meglio. Prima aveva pensato che presto Isremia l’avrebbe aiutata, l’aveva salutata così gentilmente. E ora…

10. “Non mi devo lamentare. Dio mi ha guidato a casa, mi ha donato la figlia Ruth e dei buoni amici. O Signore, perdonami! Tu sei mio Padre e il mio Aiutante nel bisogno del mondo, non mi hai mai abbandonato. Hai scacciato via il giudice ingiusto, così verrà certamente di nuovo su di me la Tua Pace!” Pensando così, si asciuga una lacrima dal viso.

11. Sente avvicinarsi dei passi. Pensa che sia Ruth o un servo o una serva. Presto è tempo di pranzo. Pensando così, guarda la scodella. ‘Non è molto’. Quando alza gli occhi, Pereztha sta all’apertura alla quale è appoggiata una porta di legno grezzo, l’anziano consigliere dietro di lui.

12. “Salute, Naemi”, esclama costui lieto per coprire il buio della povertà. – Lei salta su svelta, che le sarebbe quasi caduta la scodella con il grano. – “Siamo venuti per dirti qualcosa di importante”.

- “Che cosa? Purtroppo non posso…”. Ha solo due piccoli sgabelli sui quali gli uomini si possono sedere. Confusa, offre loro da sedersi. Selemech ha visto davanti alla casa un ceppo di legno, lo va a prendere, vi si siede sopra ed annuisce. “Pensi forse che ti lasciamo sola?”

13. Il principe dice: “Proprio così! Ora ascolta, Naemi. La tua faccenda è quella del popolo. Da me è venuto un caro giovane uomo; mi ha dato del denaro per te affinché tu sia aiutata per prima fra i poveri. Per loro ha dato un tesoro a parte. Sono lieto che ci sono ancora tali uomini, inoltre, è giovane, poco oltre i trenta. Vorrei che i nostri anziani che possono, se ne prendessero un esempio”.

14. “E’ …è Isremia?”, chiede Naemi.

- Il principe lo conferma.

- ‘Ah, e come ho potuto pensare in modo sbagliato? Dio, perdonami!’

- “Mi ha già dato del denaro affinché tu possa pagare la serva e il servo ed il necessario per la costruzione”.

- “Quello che ha dato, dovrebbe essere per tutti i poveri della Giudea”.

15. “No!”, il consigliere prende le mani di Naemi nelle sue: ”Quello che è stato dato per qualcuno, costui lo deve anche ricevere. La prossima settimana arriva il mastro, costui erigerà casa e stalla con i due muratori, qui del luogo. Affinché tu non abbia da rimanere altrove più a lungo, tutto starà a cento passi dal vecchio, che si trova poi oltretutto più vicino alla strada”.

16. “Fino all’inverno tutto sarà pronto”. Pereztha lo dice allegro. “Allora rimarrà ancora una bella somma, soprattutto che dalla donazione generale riceverai ancora la tua parte. Il dono di Isremia è del tutto personale, su cui non segue nessuna giustificazione. Se parenti o buoni amici si aiutano reciprocamente, allora il governo non ha da immischiarsi per nulla”.

17. Dagli occhi di Naemi sprizza gioia come un ruscello. C’è anche malinconia? Lei non lo esamina.

- “Silenzio”, ammonisce Selemech che, come il principe, può leggere così facilmente in questo volto nel quale sono scavate le rughe della vita, ma anche una luce chiara e bella che si deve dire: un’autentica figlia di Dio.

18. Il principe chiede: “Sei d’accordo, Naemi, se noi intanto amministriamo il denaro? Si sarà invidiosi se paghi tu stessa. Il mastro di Gerusalemme sarà pagato da noi e riceverà anche il salario per i muratori, ma ti diamo abbastanza affinché tu possa vivere per ora per due mesi senza preoccupazione”.

19. “Va bene. Anche se la maggioranza della gente è gentile con me, pronta ad aiutare con piccoli doni, loro stessi non hanno nulla, ci sono altri che sotto il giudice sono rimasti indenni, e questi… No, non li voglio tradire”.

20. “Conosciamo quella gente, non solo da Bethlemme! La prossima settimana viene il mastro”.

- Naemi congiunge le mani; e allora c’è di nuovo, questa stranezza, che si sente sovente intorno a lei, che l’ha anche la moabita, perché è diventata credente. Gli uomini si chinano, pensano agli angeli che avevano aiutato magnificamente e… a Dio, il Quale ha mandato gli angeli.

21. “Vieni, Hanea aspetta con il pranzo. Lascia qui il tuo grano”, dice Pereztha. Lui conduce Naemi.

- Certi che lo vedono, sorridono. “Quanto è buono il principe della Giudea; se lui prende il governo, staremo bene”.

- Altri s’inquietano. “Ora Naemi viene tenuta alta, quelli che sono strisciati fuori dal paese con marito e figli quando le cosa andavano male”.

22. Un buono avverte: “Tu saresti scomparso rapidamente, avresti abbandonato moglie e figli se ti si fosse stretto il colletto. Ringrazia Dio che hai potuto rimanere indenne nel paese!”

- “Indenne? E le tante tasse?”

- “Le ha dovuto pagare ciascuno; si era contenti quando il giudice non si prendeva la vita, la casa, la fattoria, bestiame e campi! Ricordalo!” – Gli invidiosi scompaiono. Un servo aveva sentito il discorso e riporta i nomi agli uomini di Gerusalemme.

23. “Bravo, quando loro vedono che provvediamo ai poveri, sono i primi che si annunciano”, loda il principe.

- “Che cosa farai allora?” chiede Boas.

- “Rimanderò. Dapprima è il turno di coloro che sono stati danneggiati nell’avere e nel sangue. Ma nel Consiglio dei principi verrà accordato che le tribù si sostengano reciprocamente quando nella propria tribù è conclusa la provvidenza.

24. Passiamo attraverso il villaggio ed esaminiamo chi dei nominati è pigro. Sono ben da avvantaggiare i poveri diligenti”.

- “Li conosco tutti, forse non è del tutto giusto se vi fate vedere oggi”, dice Boas.

- “Giusto”, conferma Selemech. – Quindi vengono solo annotati i nomi.

25. Heleana fa la miglior impressione sugli uomini. La bella greca è intelligente, in molte cose è ben informata. Quando l’interrogano, lei dice: “Con il permesso di mio padre ho imparato certe cose dal nostro medico; se possibile, le vorrei impiegare qui. Naturalmente, solo nel piccolo. Qualche volta non si trova subito un rimedio, allora il primo soccorso può essere la salvezza”.

26. “Oh, Bethlemme ha una grande stella”, loda il principe. Non sospetta come tutto questo si adempirà. Naemi annuisce per sé. Lei vede ‘la Stella di Bethlemme’ come arriva, come discende e sale di nuovo in Alto! (Dio-Gesù) Heleana è arrossita. “Non sono una stella, sono soltanto…”

- “Una buona figlia…”, finisce Hanea. “E sai tante cose. E’ bene che il capo sacerdote Anacaria sia aperto; riconoscerà volentieri i tuoi ‘piccoli aiuti’. Altrimenti… Gli altri…”

27. “I sacerdoti non si lasciano privare della funzione, benché quasi nessuno ne capisca nulla. Allora devono aiutare le parole. Chi sa fare qualcosa viene combattuto”.

- “Anche da noi, ma un aiuto viene riconosciuto”, annuisce Heleana a Boas. “I nostri medici formano un gruppo indipendente dai sacerdoti. Hanno una buona reputazione. Peccato che non sia così anche in Israele”.

28. “Certo che è peccato, ora …alcuni si affermano”, dice preoccupato Selemech.

- Il principe lo conferma: “Mosè ha avuto un buon medico, è da ricondurre a lui, almeno per noi, che questa scienza si formi un poco alla volta. In altri paesi si deve già essere affermata molto, già molto prima che di noi si fosse formato un popolo di tribù”.

29. “DIO è il nostro Medico”. (Esodo 14,26) dice solennemente Naemi. “Egli ci ha donato molto del Suo Bene di Vita. Quindi coloro che hanno il Dono da medico, devono anche esserne degni”. Guarda come in grande lontananza. “Questo una volta verrà…”, suona piano, “…verrà lenita molta afflizione e bisogno”.

30. Ruth pende dalle sue labbra. “Il dolore ed ogni sofferenza?”

- “No, figlia mia”. Naemi accarezza delicatamente i capelli scuri riccioluti. “Il ‘tutto’ dipende da Dio! Ci viene dato dopo la via del mondo. Oh, allora non ci sono né lacrime, né dolore né sofferenza. (Ap. 21,4), naturalmente, solo quando abbiamo superato la materia, riscattati dalla propria somma di riscatto di Dio! Se ci diamo a LUI nelle Sue mani, dopo la nostra tomba ci sarà la resurrezione, su nella Magnificenza di Dio. Speriamo in questo”, indica a tutti con un caro gesto. “Dio è il nostro Salvatore dall’antichità, il nostro santo Salvatore e Redentore (Ger. 43,3 e 11 / 63,6).

31. C’è di nuovo silenzio come se fosse stata data loro una ‘Parola’ dal Cielo. Il principe prende nelle due mani il caro volto invecchiato, Ruth si appoggia nel braccio di Naemi, mentre Heleana ha adagiato la sua testa nel grembo materno, e ad Hanea vengono le lacrime.

32. “Ho ascoltato!”. Si sente dalla porta dove sta Isremia. “Questo era un benvenuto come non può esserci uno migliore! Ti ringrazio, zia Naemi”. Va’ ed abbraccia la donna anziana.

- “Sei già di ritorno?”, chiede Heleana. “E’ andato tutto bene?”

- “C’era con me la benedizione di Dio. Ho qualcosa da annunciare, e sono solo contento che ora non devo andare a Gerusalemme”.

- “Ah, come mai?”, chiede Pereztha.

33. “La prossima volta ci sarà il Consiglio dei principi. Vieni?”

- “In ogni caso. Voglio ripetere ciò che ora è da dire; allora non ti si vorrà male”.

- “Di nuovo una lite?”, salta sù Boas. “E’ una croce con il nostro popolo!”

- “Non ti agitare”, lo tranquillizza suo cugino. “Uomini sono sempre uomini, pretenziosi e vacillanti. Anche noi abbiamo i nostri errori”.

34. Naemi annuisce. “Si deve mettere su se stessi il metro. Se uno osservasse più se stesso, non nello ‘splendore dello specchio’, quanto meglio si vedrebbe quel bene che ha il prossimo”.

- “Ebbene”, estende Boas la sua voce, “hai ragione, sei anche anziana ed intelligente; ma sovente si cerca invano il bene”.

35. Ruth dice: “L’ho sperimentato da noi, particolarmente nel tempo difficile. Naturalmente …si aveva paura della peste e non si pensava al prossimo, ma i nostri medici hanno aiutato ovunque. Non è da esercitare il servizio al prossimo nel bisogno? Quale scopo ha un aiuto nel tempo buono? Oh, sì, allora si può dare facilmente ai poveri dal superfluo!”

36. “Ma guarda quali care ragazze abbiamo!”, loda il principe. “La tua opinione, figlia, è radicata nella fede dei nostri padri. Si crede in Dio, meno ai Comandamenti, senza presagire che Egli chiama non vera la ‘fede solo di nome’. Soltanto, …chi adempie la Sua Legge come lo possiamo noi uomini, e Dio non pretende di più, poiché Lui sa come siamo fatti (Salmi 103,13), costui crede in modo autentico! Mi ricorderò bene la tua parola”.

37. Ruth diventa rosso fiammante. “Ma ho soltanto…”

- “… portato ciò che Dio ti ha ispirato, come Naemi ha annunciato la Parola di Dio. Questo sia riconosciuto! Ed io penso che ci ha parlato una bocca anziana e una giovane. Non ha importanza chi ha detto qualcosa, ma che cosa è stato dato: – la Rivelazione di Dio!”

38. “Sono d’accordo, ma dispongo che per certa gente sia detto anche ‘chi’, quando c’è infamia! Pensiamo a Beraba!”, dice Selemech,

- Di nuovo c’è la parola di Naemi: “C’è differenza fra buono e cattivo. Il bene viene da Dio, non importa come ed attraverso chi il Signore lo rivela. Perciò sta nel proscenio appunto il ‘che cosa’. Il cattivo proviene da questo mondo, da coloro che lo servono. Considerato che dev’essere osservato il ‘chi’, allora li si evitano, ma non li si devono evitare nella preghiera per i più poveri di tutti i poveri”.

39. Ci si siede di nuovo a tavola. Isremia comincia a raccontare che si è incontrato con il più anziano della città senza conoscerlo. Allora è capitato che costui conosceva suo padre, e sapeva cosa lo aveva spinto alla fuga, e che stava molto volentieri a fianco del padre, se non ci fossero stati troppi contro di lui, tanto che lui stesso dovette quasi fuggire.

40. “Questa è stata la prima benedizione alla quale seguirono le altre. Il cittadino mi ha fatto conoscere un uomo che per via della sua cattiva amministrazione era capitato nel debito e che voleva salvarsi con la vendita della proprietà. Ci sono più edifici, un magazzino e un grande terreno che si lascia facilmente coltivare.

41. Non ho sfruttato il suo bisogno…”,

- “…non sarebbe nemmeno stato bene”, interviene Naemi.

- “…e gli ho lasciato un campo insieme a una casa che stava distante”. Non menziona il ringraziamento, la troppa lode. Isremia è comunque un uomo che tace tali cose. Gli sembra troppo vanitoso.

42. “Ora, devo dire qualcosa a Pereztha. E’ meglio se conosci la tua piccola gente”.

- “Ti sono obbligato. Conosco bene il mio popolo, ma non si guarda in ogni angolo; ma dagli angoli viene l’oscurità con la quale – ah, quanto spesso – si ha da combattere”.

43. “Ho annotato alcuni nomi, anche del principe di Benjamin. Costui voleva sapere che cosa avrei da fare lì. Mi ha impedito l’acquisto. Su ciò il più anziano ha solo riso: avrebbe dovuto mostrare i suoi privilegi dal giudice, se aveva ancora qualcosa da vietare. C’era di molto qua, ed ho chiesto se lui volesse pagare il debito dell’uomo, giustamente, come lo sto facendo io.

44. E’ diventato quasi insolente. Chi è cresciuto in un quartiere indigente e non ha imparato nulla di meglio, non potrebbe essere più insolente di come è questo principe. Tu, Pereztha, potresti mandarlo al diavolo, e lui non verrebbe al Consiglio dei principi. Allora la sua voce mancherebbe, con cui una delibera legale non sarebbe valida.

45. Compreresti la mia voce ed assumeresti il governo; il tempo di Beraba sarebbe da chiamare ‘quello d’oro’”.

- Il principe diventa pallido, nel sentir aggredire così l’onore del suo nome. – Oh! Naemi gli mette la sua mano sul pugno chiuso e lo guarda con uno sguardo che dice: ‘Che t’importa del serpente, se ti tiene la Destra di Dio?’

- Isremia continua intanto a parlare:

46. “E’ intervenuto il più anziano. ‘Tradimento! Stavi sottoposto a Beraba! Ecco perché mi sono stupito del perché da noi così poca gente doveva fuggire, solo tre ricchi hanno perduto la loro vita. Ti sei condiviso la refurtiva con Beraba, ehh?’ Questo è stato un colpo nel nido di vespe. Il benjaminita ha gridato: ‘Ti renderò amara la vita, e anche a te’, ha soffiato verso di me.

47. Io ho risposto che doveva solo provarci. Allora il popolo avrebbe conosciuto il suo fare e non-fare sotto Beraba. Mio padre aveva indagato su di lui da molto lontano, da lì anche meglio che era possibile da qui. Mi aveva comunicato tutto. Quindi ero stato informato. Volesse solo muoversi, allora gli sarebbe stato tirato via il tetto, la cosiddetta buona reputazione. Oh, com’è scappato!

48. Un cittadino mi avrebbe interrogato volentieri, ma ho detto che le cose vecchie si devono lasciar marcire nelle tombe. Ciò di cui si dovrà poi parlare, lo avrebbe saputo a tempo debito. Tu, principe, non hai nulla da temere”.

- “Non lo faccio. Sovente il cattivo muore presto insieme alla cattiveria. Sembra soltanto, che a volte è come se il male trionfi su tutto il bene”.

49. “Hm”, fa Selemech, “ma pensiamo alla Benignità di Dio. Non splende ogni giorno il Sole, anche quando sta dietro alle nuvole? Dio non accende di notte le care stelle? Non ci dà Egli ogni giorno una nuova vita e tante altre cose? Che cosa pesa al confronto, un mondano che conosce solo il povero vicolo? Chi viene e chi va’, ma la Benignità di Dio rimane nell’Eternità! Soppesiamo le cose reciprocamente, o amici, perché ci scoraggiamo?

50. Con una cosa il piccolo volpino non ha fatto i conti: se non viene al consiglio dei principi, subentra per lui il capo sacerdote, con cui è eliminato contemporaneamente uno dei più forti. Sono convinto che tutti i principi sono d’accordo con noi. Con ciò è esclusa una voce. Non la si deve nemmeno cercare”.

51. “Penso proprio così”. Isremia va un paio di volte su e giù. “Il piccolo seguito che il principe ha fornito, non è degno di considerazione. Ieri sera sono venuti alcuni cittadini dalla città. Il loro oratore si è immischiato come se lui dovesse tirare il carro del popolo. ‘Il principe ci ha informato. Anche noi vi renderemo acida l’esistenza. Qui…’, ha sollevato un ometto abbastanza piccolo, con barba grigia e un volto segnato dal tempo, ‘…costui diventa il più anziano con la prossima votazione’.

52. Ho riso: – ‘Il vostro uomo ha l’aspetto come se nella sua testa ci sia tutta la storia del mondo’. L’ho ammonito: 'Segui il Consiglio, e non accettare la cattiva votazione!' Costui ha fatto una faccia misera, mentre il gonfiato mi ha minacciato: ‘Io distruggo il tuo affare!’‘Ah’, ho detto, ‘perché sei un commerciante? Hai una vaseria e uno strumento di legno, ma nemmeno un commercio qui in Israele. Non mi immischio negli affari, anche se ti servirebbe di dominarti. Ma se sei animoso contro di me, allora devi imparare e conoscere un Ben Isremia!’

53. Lui ha gridato che sui mercati sobillerebbe più forte contro di te, Pereztha, e allora mi è venuto comunque da ridere: ‘Bada di non bruciarti le labbra!’ Al più anziano questo era troppo stupido. Ha aperto presto la porta, e senza parlare ha indicato fuori. Loro se ne sono andati senza salutare, alcuni con i pugni alzati.

54. Siamo stati contenti. E cosa pensate che sia successo? L’omino è tornato in segreto, ha taciuto a lungo e poi ha detto: ‘Credimi, sono venuto malvolentieri e …ho notato che tu sei sincero’. Intendeva me. ‘Naturalmente aveva attizzato l’orgoglio dell’uomo, che avrei avuto l’onore, che sarei stato rispettato, mentre non ho mai avuto qualcosa da dire. Il mio orgoglio si è disperso come il polline nel vento freddo. Grazie a te, mi hai salvato’. – ‘Da chi’, ho chiesto. ‘Prima da me stesso’, ha ammesso molto sinceramente, ‘poi dal cattivo ipocrita’. Gli ho stretto la mano e gli ho detto:

55. ‘Sei più intelligente di quanto pensavo, più intelligente che i chiacchieroni’. – ‘Non ti si può danneggiare?’‘No, amico mio, tratto con altra merce che con dei soli vasi. Ho anche buoni amici all’estero’. Non gli ho rivelato quali sarebbero i miei commerci. Presto il commerciante lo verrà comunque a sapere. E poi ho continuato a dire che commerciavo con spezie, tessuti ed altra preziosità. Di questo, il piccolo gonfiato non ne sapeva nulla.

56. Ho aggiunto seriamente che sono di fede ferma. Non magari come certi che richiedono le loro chincaglierie mondane a Dio. Oh, no! Se EGLI mi dà la Sua Benedizione, allora ringrazio, chiedo per via di molta gente che si guadagna da me il suo buon pane, che Dio mi voglio benedire il mio lavoro per via di loro. Se una volta non è andato così, allora ho imparato a non rattristarmi per via del perduto mondano. Comprendi ora che la minaccia non valeva nulla per me? E’ un vento contro una tempesta. La tempesta è come il Signore!

57. Il nostro anziano è uscito con una: ‘la pace sia con voi’. Questo è stato in quel giorno la cosa più meravigliosa della ricca benedizione di Dio”. Con uno sguardo a Naemi, Isremia chiede: “Sei stata informata?”

- “Sì!”

- Pereztha stende un rotolo. “Non lo conosci ancora; volevamo sapere prima come si era svolta la tua impresa. In tal modo mi hai mostrato il più grande servizio; ora conosci i miei nemici”.

58. “Fa di loro degli amici”, consiglia Naemi.

- “Se possibile, volentieri. Ma se uno rimane ostinato, non devo mica essere io il suo nemico. Con l’esperienza di oggi si può disporre al meglio”.

- “Oh sì”, dice Selemech, “ma si devono piegare i sobillatori, altrimenti manca il bene”.

59. “Posso dare un consiglio?”

- “Sempre, Isremia”, ammette volentieri il principe.

- “Credo che a volte un forestiero può istruire qualcuno meglio che colui che rimane solo nell’angolo della patria. Ebbene, la patria è la madre, è essere custoditi”,

- “…senza cattivi giudici”, interviene Hanea.

- “Naturalmente! Intendo un proprio collegamento con essa. Non lo si può rubare, perché anche questo è un Dono di Dio. Se teniamo stretto il Dono, allora rimane proprio proprietà dell’anima, persino quando si viene condannati ingiustamente”.

60. Questo fa scaturire una retrocessione nel tempo appena superato di Beraba ed anche altro. Soltanto, – hanno imparato a guardare avanti, al ‘Dio di tutto l’Aiuto’, al magnifico Dio vicino e che opera ed aiuta da lontano. Di questo si parla per un po’, finché il principe ricorda il consiglio di Isremia:

61. “Quello che dovevo dire su Michmas, dovrebbe essere ancora tenuto per sé, non dire nemmeno qualcosa di indicativo. Tienilo anche per te se il benjaminita ti manda la lavagnetta della disdetta. E’ soltanto da parlare di tutto con il nostro capo sacerdote Anacaria, affinché sappia intervenire in tempo. Inoltre sarebbe bene che venisse come per caso, magari così che lui – mandato da Dio – avrebbe da benedire voi principi e il vostro Consiglio.

62. Così si fermano cattivi mulini. Anacaria è uno dei migliori che Israele possiede, e vogliamo essere grati che abbiamo tali uomini. Lui troverà bene il consiglio. Forse non del tutto liscio dinanzi agli Occhi di Dio – se parlo di Michmas come se avvenisse solo per caso, allora il Signore mi voglia perdonare. E’ pensato per il bene del nostro popolo”.

- Isremia guarda Naemi se ha qualcosa da dire.

63. Lei guarda gentile: “Dio non ha nulla in contrario se una volta si vuole essere intelligenti come i serpenti, ma senza falsità come le colombe (Matt. 10,16). Dipende da questo. Dopo viene ‘sussurrato’ facilmente, il che può fare scatenare una tempesta. Dio lo ha guidato, che Isremia ha dovuto sentire tutta la cattiveria. Dovete essere armati (preparati)”.

64. Il principe ringrazia: “Il consiglio è buono e la cara parola di Naemi me lo ha aumentato, ed Isremia ha accennato che Dio voglia tener conto della nostra imperfezione”.

- Selemech ride un poco. “Ah, se sapessimo una volta come DIO considera il nostro operare ed omettere, potremmo più facilmente percorrere le buone vie della fede. Ora – Egli stesso è la Benignità, solamente, non ci si dovrebbe contare come se ci spettasse come privilegio”.

65. “Ho imparato così tanto dalla madre Naemi e devo continuare diligentemente ad imparare”, dice modestamente Ruth, “ma riconosco questo: non posso trattare Dio come un essere umano. Ci si deve lasciar guidare da Lui. Mi è stato facile imparare questo perché la fede dei moabiti contiene qualcosa di simile. Si può pregare, chiedere oppure portare sacrifici, allora i sacerdoti ci danno la risposta. Ma solo ascoltando la risposta di DIO, anche se non la si comprende sempre, allora sento di essere custodita”.

66. “Buona figlia!”, Hanea accarezza le sue guance e Boas la guarda raggiante. Voglia Dio, fare che conquisti Ruth come moglie. – Il principe guarda verso il Sole che ha già passato metà della sua via. “E’ troppo tardi per tornare a casa, non vogliamo cavalcare di notte. Purtroppo c’è sempre ancora qualcuno in agguato e… Sì, e allora si deve discutere ancora di questo rotolo”. Lo prende in mano.

67. “Siamo d’accordo che rimanete. Siete sempre i nostri cari ospiti”. Il principe porge il rotolo che era rimasto tutto il tempo di lato ad Isremia. “Avete già detto a Naemi la cosa più importante e, …o guaio, nuovamente una via intorno a sette angoli, che mi voglia perdonare il Santo”.

68. “Guarda, Naemi…”, Isremia si rivolge a lei, “…ti si offenderà quando si vedrà che ricevi una buona casa abbastanza grande che più tardi vi possano godere la loro pace della sera di vita due care madri che lui…”, indica Boas, “…farà come ogni giovane uomo: prendere una buona moglie. Le nostre madri devono riposare dal peso della fatica. Dato che sono venuto dall’estero, appunto tu, Naemi, riceverai denaro dall’estero, cosa che è assolutamente giusto. Tuo padre non ha guadagnato il suo patrimonio in Israele.

69. Dato che ora si sa che Ruth è la figlia del re di una città, si crederà che l’aiuto sia venuto da Moab. Allora in questo rotolo sta scritto: ‘Aiuto dall’estero!’ Questo è intanto sufficiente. Più avanti quando non vivremo più, nessuno chiederà quale paese straniero è stato; ma Ruth e i suoi figli in quante generazioni sono, così resteranno protetti per tutto il tempo”.

70. “Non per tutti, ma per lungo tempo”. Di nuovo Naemi guarda come in grande lontananza. “Il popolo verrà scosso sovente, affinché si risvegli dal sonno della fede nel quale cadrà. Ora ti ringrazio, Isremia, hai provveduto, ci orienteremo di conseguenza. Oh, quanto magnificamente mi ha aiutato il Signore, il nostro Dio di Bontà e di Grazia! Ho dovuto sopportare molto; ma Egli mi ha guidato a casa, mi ha sempre fortificato, consolato ed mi ha fatto del bene”.

Lo testimoniano tutti volentieri, e c’è una sera colma di Luce e calore, del tutto avvolto nella Rivelazione di Dio.

 

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Cap. 14

Il Consiglio dei principi – La migliore intesa

1. “Il Consiglio dei principi è buono”, dice l’uomo di Gad. “I pagani ridono di noi che ci chiamiamo il ‘popolo eletto’ e saremmo i galli che si dividono selvaggiamente. Hanno perfettamente ragione! Mi chiedi se considero il giudeo il migliore che ci aiuta ad uscire dal caos. Io dico ‘sì’; non perché gli sono amico, no, …lui è il più capace tra di noi”.

2. Colui a cui era rivolto il discorso, il principe di Ruben, fa le spallucce. Non si deve dire subito ‘sì’ e ‘amen’ a tutto, e così risponde tranquillo: “Può essere; io per la mia parte aspetto che cosa succede. Si devono sentire dapprima le altre voci, confrontare una con l’altra e…”

- “…non solo lasciar valere la maggioranza delle voci?”, chiede Giosamath di Gad.

3. “Precisamente! Allora, per il giudice di Beraba valeva la maggioranza; e che cosa ne è uscito? Ci vogliono anni finché… se in genere… Pereztha può eliminare solo il peggio”.

- “Sei un pessimista, Demach; tuttavia è bene se si conduce il desiderio da sogno. Lo faccio anche! Ma dove regna la chiarezza, e Pereztha ce l’ha, lo si dovrebbe sostenere con parole e con l’azione, invece di cercare già fin dall’inizio a rendergli la vita amara. Avrà da combattere. Ognuno vorrebbe assumere volentieri la guida del popolo, per ‘splendere nello splendore’. Ma nessuno di noi tende la mano al governo. Ognuno sa che cosa succede poi, indipendente dal potere o no”.

4. “Io per me rifiuto ogni offerta. Chi può, deve tirare il carro dal sudiciume”.

- Giosamath lo ammonisce: “Non essere inquieto, mi sei già quello giusto! Non vuoi dare anche tu una mano? Non vuoi tirare o spingere? Vuoi assistere come l’altro crolla a causa del troppo grande peso e poi esclamare: ‘Ecco, non era capace di fare meglio di Beraba’.”

5. Demach per un po’ ha lo sguardo acido; è stato aggredito con ragione; ma in lui non rimane senza un eco. Passa quasi mezz’ora, si vede già il prossimo portone della città di Gerusalemme. Giosamath rispetta questo silenzio, sente ciò che ora sta passando in Demach. Costui afferra direttamente la mano di Giosamath, ferma i due animali e dice, senza guardarlo – per vergogna celata:

6. “Mi sia lungi assistere come altri non sanno procedere per tutta la fatica. Quando vedevo un conducente, il cui asino magro non poteva quasi più trainare in salita, ho aiutato. Quanto più, allora, per ciò che riguarda il nostro popolo? Mi hai punto forte, lo ammetto; e il tuo ‘pungiglione’ non mi è stato gradevole. Ora, …dammi la tua mano, noi due vogliamo aiutare Pereztha quando prenderà il timone”.

7. “Non un altro?”

- “Dipende da chi vincerà l’elezione”, risponde Demach. “Tu stesso hai detto non tutti sono adeguati per la funzione, e così nel grande ci conosciamo tutti reciprocamente. Sostengo te, se la scelta cade su di te e il principe Foadar di Neftali, altrimenti… sei informato”.

8. “Lo penso come te: oltre ai due, per me vali ancora tu. Ci aiutiamo meglio quando si conduce rispetto alla propria tribù, come lo fa Pereztha in Giudea. Allora diventiamo un popolo come sotto Giosuè e nel tempo dei primi giudici, come con la nostra giudice Debora. Dev’essere stata una magnifica donna singolare”. (ved. ‘La funzione di giudice’)

9. “Purtroppo il rotolo non dice molto di lei. Ma chi ha mai sentito che una donna era il capo dell’esercito e… ha vinto? Quando ho letto quel rotolo, mi sono immedesimato nel tempo e sarei andato volentieri con lei a cavallo”.

- “Bene che pensi così! Sappi che anch’io ho studiato sovente questo rotolo, ed ho notato che manca molto nello scritto. Ma che cosa, non lo si può sondare”.

10. Sono arrivati al portone. La città è fortemente sorvegliata. Non si sa se si arriva al tumulto. Il popolo è già agitato. Con tutte le ‘leggi provvisorie del regime provvisorio’, non tutte le aggressioni sono da mitigare. La maggioranza della gente desidera un buon governo perché il commercio ne soffre. Senza commercio e mestieri non si può vivere. In genere i principi vengono salutati con gioia, non appena se ne fa vedere uno.

11. Giosamath e Demach si cercano una locanda. E’ tardi nel pomeriggio, allora si tratta di recuperare le forze per il giorno successivo. La gente di Pereztha, informata, esamina in segreto chi è arrivato, possibilmente anche l’umore. In questo modo si viene informati su molte cose; lui acquista una visione generale, di cui domani ne avrà assolutamente bisogno, la Guida di Dio per via della fede e il servizio che deve assumere.

12. Molto presto al mattino si va su e giù nei vicoli, certi uomini con il volto gentile, che finalmente… Altri si nascondono dietro angoli bui. Il consigliere anziano ha ordinato: ‘I ribelli siano arrestati!’. Certi servi della città non sono di fiducia e non ce n’erano abbastanza da corteggiare per mantenere la calma nella città, proprio oggi nel giorno dei principi.

13. I più anziani del circondario hanno perciò inviato i loro servi; i principi di Efraim e di Isaschar – di larga veduta – hanno impegnato anche i loro. Quindi c’è abbastanza calma. I buoni servi compaiono sempre in quegli angoli dove ardono incendi maligni. Secondo l’istruzione ‘agiscono’; soltanto, che un sobillatore non venga maltrattato. Pereztha lo ha severamente proibito. Inoltre, non rimangono a lungo in prigione. Questo sia anticipato.

14. Tutti arrivano puntuali al congresso. Come rappresentanti dei più anziani si pensava che i principi tra di loro si sarebbero messi presto d’accordo, e sono stati chiamati anche Selemech, Laban, Sinehas, Lenias ed Herias. Questo viene riconosciuto. C’è ancora calma, qui e là due si mormorano qualcosa all’orecchio. Per ultimo arriva il principe di Gad, accompagnato da Isremia.

15. Alzano già la testa. Lui è sconosciuto quasi a tutti, e così vale la domanda che cosa avesse da cercare qui il forestiero. Si sentono forti chiamate: ‘Io me ne vado se rimane il forestiero! Devono forse sapere i nemici che cosa succede nel Consiglio dei principi? Allora presto ci attaccano!’ Isremia è la calma stessa, guarda coloro che hanno parlato, ed ecco, è strano: gli occhi chiari limpidi penetrano completamente. Ma chi è costui che ha tali occhi chiari?

16. Anche il principe Pereztha lascia passare su di sé ciò che viene detto, fa come se fosse del tutto giusto e va al grande tavolo che si trova di traverso davanti alle file dell’assemblea. Vi sono seduti i quattro più anziani. Allora subentra silenzio e, rivolgendosi ad Isremia, dice:

17. “Ti ringrazio, tu sei venuto come rappresentante di tuo padre Isremia-Fardachai, uno dei nostri più famosi anziani. Dato che lo era, dovette fuggire con te e tua madre. Ora sei di nuovo qui e devi avere il posto che è degno di tuo padre”, il principe si rivolge a tutti. “Prima che cominciamo, vi prego di dare il vostro consenso. Oltre al nostro consigliere anziano di Gerusalemme, Isremia-Fardachai era un anziano consigliere di tutta Israele”.

18. “Non è adeguato concedere subito ad un ‘verde’ il posto dell’anziano!”, giunge una parola contraria.

- Giosamath urta Demach e costui si alza: “Non è bene litigare già all’inizio. Ho conosciuto Isremia-Fardachai, un uomo come oggi ne avremmo bisogno di molti, per diventare un popolo unito. Perciò ritengo che si lascino gli autentici israeliti nel Consiglio. Il principe Pereztha saprà bene per che cosa questo è necessario. Aspettate ancora prima di emettere un falso giudizio!”

19. Un paio di principi danno ragione a Demach. – I più anziani si astengono intenzionalmente dal voto.

- Isremia, come se fosse la cosa più bella che esiste, dice: “Mio padre, che è morto all’estero, fa salutare tutti i buoni israeliti. In punto di morte mi ha indicato i nomi. Quindi coloro che lui intendeva, vogliano accettare il suo ultimo saluto”. Dato che questo riguarda anche alcuni principi, c’è un cosiddetto ‘vento caldo’. Isremia si siede di lato nella fila da dove si vede la sala.

20. All’improvviso dice uno: “Manca il principe di Benjamin; non siamo un numero completo, e così non vale l’elezione”.

- “Perché non è venuto? Qualcuno lo sa?”, chiede quello di Isaschar.

- Laban risponde, e non lo sa davvero: “Non ne ho idea, ma c’è da sostituire una voce e siamo di buona volontà, se non è DIO a mandarci …la Sua Voce”.

21. Ecco che entra il capo sacerdote Anacaria. A coloro che non sono del tutto buoni, questo sembra grande, perché Laban ha parlato della ‘Voce di Dio’ ed è venuto il capo sacerdote. Lo si saluta.

- Pereztha dice: “Laban ci ha annunciato Dio ed è venuto il Suo sacerdote. Allora vogliamo ringraziare il Creatore”.

- “Fate bene”, viene interrotto. “Sono stato in Silo all’Arca del Patto ed ho supplicato per il Consiglio dei principi.

22. Il Signore mi ha detto questo nel fuoco: ‘Io aiuto i buoni attraverso la Mia Benignità e si deve guardare ognuno che va contro la Mia Benignità. Costui rovina da sé la sua anima! Oh, voglio anche aiutare il popolo per via dei buoni che caricano il loro ‘io’ con pesi nel servizio del prossimoi. E così sia benedetto il giorno in cui ci si sforza per via del Mio Nome, affinché il mondo riconosca che IO sono il Signore e fuori di ME non ve n’è nessun altro! E non verrà nessuno che si possa elevare accanto a Me!

23. Dato che lascio i figli al di sotto di Me, perciò i Miei occhi riposano sull’intero popolo di figli. Nessuno è fuori dal Mio sguardo, nessuno viene lasciato dalla Mia mano! Chi si eleva contro di Me, anche se loda il Mio Nome, chi vuole essere così, come Lo sono Io in eterno oppure piuttosto come altri, chi ostacola lo sforzo dei Miei figli della Luce inviati, lascia languire la sua anima, retrocede lo spirito in sé e può morire di una morte maligna. E se c’è una Benedizione, difficilmente è da riconoscere dagli uomini. Con una tale morte salvo l’anima, finché – solo sovente dopo un lungo errare – ritrova anche la Patria dalla quale si è una volta allontanata.

24. Così ho tolto il vostro malumore, così ho indurito il cuore in uno (il principe di Benjamin) che non è venuto per dimostrare l’Onore a Me. Non così, se ho dato IO la durezza; lui stesso si è reso duro ed Io l’ho assistito; poiché anche lui è in una fossa nella quale nel giorno dei principi qualcuno potrebbe cadere.

25. Benedizione su benedizione! Questa, Anacaria, portala ai tuoi fratelli e dà la Mia Parola: Siate uniti nello spirito di Grazia e della Pace, in ciò che Io, il Signore, vi voglio donare!’

26. Anacaria tace. La ‘Parola’ deve dapprima prendere radici in qualche cuore. Ognuno sa: questo non è venuto dal sacerdote, questo è venuto… I liberi lo sanno che ora si staccano dalla loro vanità …tramite Dio. Solo due vorrebbero rimanere attaccati ai vecchi fili. Costoro vengono colpiti da uno sguardo, e questo trapassa le anime, dolorosamente, ma guarendo attraverso la Benignità di Dio. Non del tutto subito, ma così da preferire di rimanere calmi, che rendersi antipatici.

27. Pereztha dice calmo: “Oltre alla Parola del Signore, sia ringraziato tu, Anacaria, per la Benedizione di Dio che potevi portare. Io sono lieto malgrado ogni peso, che ci attende. Noi possiamo servire! Sotto la ricca Bontà di Dio si può fare con il ‘Suo Spirito di Grazia e di Pace’ ciò che Gli compiace.

28. A voi, fratelli…”, dice il principe all’assemblea, “…ringrazio di cuore che oggi siete d’accordo. La scelta sia messa nella mano del sacerdote; lui voglia fare come Dio lo ha previsto. Per il principe di Benjamin subentra Anacaria; ma dato che lui non può eleggere se stesso, voglia valere per lui Isremia. Il nostro capo sacerdote annunci se questo è compiacente al Signore”.

29. Tramite la ‘Parola’ qualche grande è diventato piccolo. Hm, bene, la lacuna è colmata. Da ricordare ciò che per Israele è ora in gioco.

- Anacaria dice: “Ringrazio anche i principi per l’unità. Per quanto riguarda me, vale lo spirituale per Benjamin, per Isremia il mondano. Non è stato chiesto in tempo il perché il principe non sarebbe venuto?”

30. “Fino ad ora nessuno ha potuto dare una risposta”.

- “Lo posso io”, si alza Isremia. “L’ho incontrato in Michmas”.

- “Dapprima votiamo”, decide il sacerdote. Anche se si è curiosi di sapere che cosa è successo in Michmas, viene fatto subito il voto.

31. Anacaria domanda quale principe debba essere nominato per primo. Tre si astengono dal voto, sette nominano il principe Pereztha, come anche il consigliere anziano e i più anziani. Questo risulta a gran maggioranza. Quelli di Isaschar, Gad, Neftali e Ruben vengono tuttavia inclusi nella rosa dei candidati, affinché non un solo principe ottenga il ‘Pur’. Uno è d’accordo, gli altri non vogliono partecipare alle elezioni.

32. Anacaria scuote le sue pietre bianche e nere. A differenza del solito tiene due mani unite e lascia cadere una pietra per Pereztha. È quella bianca. Il puro è anche scosso sugli altri quattro principi. Cade sempre la pietra nera. Ma per metterci il ‘Segno di Dio’, per Pereztha viene eseguita ancora una volta la prova: ed ecco: – esce di nuovo la pietra bianca.

33. LA SCELTA DI DIO! Se uno o l’altro ha ancora un piccolo verme nel cuore, se non ne sono convinti i vacillanti, potrebbe aiutare il principe di Giuda; è comunque lo Spirito che passa nell’unione attraverso le file. Viene fatta una grande preghiera di ringraziamento, che deve sempre essere eseguita dopo un’elezione. Fatta insieme seriamente. Ognuno presagisce che chi giungerà al timone non avrà nulla da ridire; e che senza ‘l’Aiuto dalla Luce’, presto una piccola nave naufragherebbe.

34. Incertezza, ringraziamento e supplica colmano il cuore del principe. Si inginocchia in silenzio per ricevere la benedizione di Dio. Anche Isremia s’inginocchia, e allora tutti seguono il suo esempio, ed è per la prima volta che lo si fa insieme. Persino i due vacillanti sono rallegrati e volenterosi di aiutare, invece di mettere pietre sulla via, come dapprima avevano pensato.

35. In punti delicati viene qualche parola contraria, nella pretesa che il ‘principe del paese’, come si chiama Pereztha, venga ottenuto: ognuno deve provvedere per i suoi poveri, soprattutto per i danneggiati da Beraba e per ‘qualsiasi bisognoso’.

36. “Da dove prendiamo i mezzi?”, chiede quello di Manasse.

- “Hai un bel dire, principe del paese, ma…”

- “…si agirà in modo tale da stupire!” il principe blocca il chiacchiericcio. “Un Comandamento di Dio è ‘ama il tuo prossimo come te stesso’ (Lev. 19,18)! Quando vivi in una povera capanna, non saresti contento se ti si aiutasse?”

37. “Mi appoggerei con orgoglio sulla mia forza; il lavoro trova sempre la sua ricompensa, non si deve dipendere da nessuno”.

- “Nel tuo villaggio non ci sono malati che non possono lavorare? Beraba ha risparmiato del tutto quelli di Manasse? Allora non hai bisogno di mezzi che vengano distribuiti per tutto Israele!” Pereztha lo dice molto aspramente.

38. “Ma hai così tanti mezzi per…”

- “Abbastanza, Askamar”, avverte il sacerdote. “Se non osservi il Comandamento di Dio, rivelato tramite Mosè, allora non credi in Dio! Sei l’unico che querela!”

- “E quello di Benjamin, altrimenti sarebbe venuto”.

39. Allora gli altri si alzano come un unico uomo, e Foadar parla per tutti: “Dietro di noi abbiamo un tempo amaramente cattivo, quindici anni. Ora che il Signore ci ha aiutato – ma io stesso non so ancora in quale modo – dovremmo comunque essere d’accordo e non brontolare così. Come vedi, Askamar, stai da solo che non vuol servire insieme a noi il nostro principe del paese. Gli assenti non hanno nessuna voce, sia per il bene che per il male”.

40. Pereztha dice: “Ringrazio i fratelli che mi stanno a fianco con cuore e mano. Ora prego Isremia di riferire di Michmas”.

- Askamar tace, lui stesso sente come si sta isolando e si ha bisogno l’un l’altro, si deve… Ora deve cambiarsi; e quando tutti sentono ciò che ha da riferire Isremia, quello di cui si parlava già in Bethlemme, allora tutti ascoltano.

41. Uno esclama: “Lui non è un principe! Ci vuole violare! Ah, può stare come esterno, come possa aiutare la propria gente!” – In ciò tutti i principi sono d’accordo, ma non Pereztha, che vede più a fondo di che cosa si tratta nell’insieme. Pure così Selemech ed Anacaria. Ma sentono ancora un’ultima cosa. Di questo Isremia non ha parlato intenzionalmente. Così nessuno può ancora mormorare dopo, che il principe del paese lo avrebbe saputo.

42. “Ha già esteso le antenne, ha concluso un patto con gli ammoniti, che dietro di loro hanno due tribù. E se voi foste (seduti) sulla ‘piccola sella’ dove sarebbero da vincere chissà quanti, allora lui… Su questo ha taciuto, ma il suo volto ha tradito ciò che sarebbe successo ‘dopo’. Non lo devo nemmeno accennare; ognuno lo può indovinare da sé”.

43. “Attaccare noi?”, Sinehas è fuori di sé. Il suo pugno si abbatte sul tavolo. “Qui dovrebbe…”

- “…intervenire Beelzebub!”, litiga Herias. “Glielo daremo noi al traditore! E’ bene che ora siamo d’accordo! Ogni tribù deve subito chiamare gli uomini, prepararli apertamente affinché al traditore entri nel naso!”

- Nessuno parla contro; ora si tratta del tutto, su Israele. Sì, dapprima la miseria deve sommergere gli uomini, l’acqua deve arrivare fino alla gola, allora – allora ci si ricorda ed esclama Dio per l’Aiuto. Qui come ovunque in questo mondo.

44. “Piano, cari fratelli”, ammonisce Anacaria. “Avete ben ragione con la parola e con il pugno”, sorride dolcemente. “E’ bene anche una volta il consiglio di un sacerdote? Non lasciate avvenire la preparazione apertamente. Benjamin non ha abbastanza uomini che possono andare in battaglia. Ammon attualmente non è forte, perciò ha dietro di sé solo piccoli aiutanti, quindi non pericolosi. Preparate tutto il popolo, allora altri forti ci noteranno e verranno su di noi, prima che abbiamo insieme una piena difesa”.

45. Isremia ride così di cuore, che tutti si stupiscono. Batte sulle spalle del sacerdote e dice: “Sei un cavaliere di Dio e un uomo del popolo! Sappi, che ho pensato come te. All’estero si impara ad avere un ampio sguardo; tu tuttavia lo hai conquistato in patria, oppure così…”, diventa di nuovo serio, “…te l’ispira la sapienza, e questa proviene da Dio. Hai visto come un maresciallo da campo dove erano in agguato maggiori pericoli, lo ha indicato chiaramente”.

- Allora diventa rosso di gioia persino il sacerdote, perché lo ha lodato il più giovane dei radunati.

46. Ora Isremia viene considerato diversamente dai principi, perché nessuno lo ha pensato; li ha annebbiati l’ira sul traditore.

- “Ma come? Come ci si deve preparare in segreto?”, chiede il principe Foadar. “Lo si vedrebbe comunque quando scintillano le armi”. Hm, questo non rimarrebbe in segreto.

- “Hai un consiglio?”, Laban si rivolge ad Isremia.

47. Costui riflette per un po’ e poi dice con fervore: “Annunciatelo nella città e nel paese, che a causa del cattivo tempo di Beraba ci sono ancora alcuni banditi, cosa che è persino vera. Ogni principe raduni cento uomini da impiegare come ‘protezione del paese’. Nessuno deve sapere che vengono istruiti per un pericolo maggiore. Dopo un mese c’è il cambio, con l’indicazione che dopo possono provvedere di nuovo alla casa, poiché le famiglie hanno bisogno di loro. Dopo loro ne vengono impiegati altri per la protezione del paese. In questo modo non c’è nemmeno nessun mormorio.” Gli occhi di Isremia guizzano, con ragione gli si attribuisce aperta ammirazione.

48. Ora Anacaria gli batte sulle spalle, e cioè in modo forte. “L’ho percepito, hai una buona mano!” Un’allegra risata. Il piano viene studiato e poi si fa una pausa. Nel pomeriggio è il turno dell’assistenza. Presso la casa dell’assemblea attende una moltitudine di uomini ed anche donne. Si vuol sapere che cosa porta il Consiglio. Si è di umore sfiduciato, l’ultimo tempo del giudice ha portato via la fiducia.

49. Volti lieti, saluti cordiali. Scoppia come il presagio di primavera, si risaluta e si va a casa commossi con l’annuncio: ‘Ora andrà meglio!’                             

- Qualche comprensivo dice subito: “Sì, ciò che viene concluso, è da sostenere”.

50. Quando al pomeriggio uno di Gerusalemme, sulla via, dice a Pereztha quanto ci si rallegri, costui risponde: “Nei prossimi giorni puoi venire da me, se nel caso hai bisogno urgentemente di qualcosa”.

- Quanto rapidamente corre il bene tra la folla, lo verrà a sapere Pereztha più avanti, per il sollievo della sua funzione.

*

51. Nel pomeriggio, senza un accordo con Isremia, annuncia ciò che lo stesso ha sacrificato per il popolo e là a casa, – per Bethlemme. Intanto Naemi non viene menzionata. Per ora ogni principe deve raccogliere in una lista gli oppressi della sua tribù, quante persone stanno in casa e rilasciare la chiamata: – chi vuole aiutare a lenire i bisogni, deve dare denaro e valori, oppure abiti, merce e donare cose simili.

52. Dove c’è penuria maggiore come in Giudea, perché quivi abitava il giudice, il superfluo di una tribù dev’essere dato all’altra con mano libera. Per lo stupore di Pereztha e di coloro che sono già stati informati, non esiste nessuna contraddizione. Oh, quale vittoria, quale Bontà e Misericordia che Dio ha fatto piovere sui principi! Grazie, grazie Onnipotente!

53. Isremia fa ancora qualcosa. Il Signore lo ha così riccamente benedetto con il terreno, che in sé è perituro, ma lo si deve avere per aiutare. Ed Isremia ha buona volontà, inoltre, è spronato affinché la ‘lenza del cuore’ possa diventare efficace. Getta il contenuto di un grande sacchetto sul tavolo, lo divide in dodici parti e dice: “Questo è come primo aiuto per le tribù. Vi prego, – qui c’è una lista, ogni principe annoti ciò che ha ricevuto. Per Benjamin deve segnare Pereztha”.

54. Askamar contraddice, e si teme che sia caduto, “No! Ho riconosciuto il grande cuore di Isremia, lui stesso deve assumersi l’aiuto; perché…”

- “Bravo!”, viene interrotto “Accanto a tutto il bene, questo è oggi la cosa migliore!”

55. L’uomo di Manasse viene circondato, ed ecco, gli passa attraverso il suo petto: ‘Sono stato un idiota a prefiggermi di disturbare il giorno dei principi. Ora mi ha disturbato DIO, mi ha irradiato tutto, la mia cattiva volontà e tutto il bene’. Di nascosto si asciuga una lacrima.

56. Il primo Consiglio dei principi dal tempo dei giudici, in cui ci si accorda in un solo giorno.

- Anacaria rileva: “Su di noi c’è un solo Dio, Egli fa tutto una sola volta! Così possiamo riconoscere in questo giorno che Egli ci ha dato una Sua Benedizione! Possa rimanere così! Finché governerà il principe del paese, rimarranno uniti i principi, il popolo e gli anziani, ed io provvederò che i sacerdoti sostengano questa unione”.

57. Lui pronuncia la grande preghiera di ringraziamento. Tutti si intonano, non mormorando, come quasi sempre, …ma forti voci risuonano attraverso la sala. Davanti alla casa stanno molte persone e pregano con loro, …solennemente.

«E’ finito l’ultimo tempo dei giudici, nel quale

ognuno ha fatto come gli piaceva».  -  [Giud. 21,25]

 

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Cap. 15

L’opposizione del principe di Benjamin – La lunga attesa di Boas

Buone prospettive per il futuro – La grotta di Melchisedec

1. Un anno dopo. – Gli uomini, in generale, fanno un respiro di sollievo. Si riconosce il principe del paese, anche se è da vincere qualche avversità. Unanime, come solo di rado, gli anziani e i principi stanno dietro al governo. L’unico che sta fuori, il principe di Benjamin, si è del tutto ritirato, astioso e cercando di gettare pietre sul buon percorso. Un mattino, in un magazzino in Michmas viene appeso un manifesto: ‘Non comprate qui, non da lui, è un disonesto; anche lui allora è scappato’.

2. Il direttore del magazzino appende un secondo scritto: ‘La volpe abita nella casa bianca sulla collina’. Quando lo legge la gente, ride, e uno aggiunge scrivendo: ‘Lo conosciamo! Gente di Michmas’. Per più giorni il direttore lascia appeso tutto. Di notte mette delle guardie. Il benjaminita viene davvero strisciando per strappare via gli scritti. Quando lui, con due pezzi nella mano, vuole voltarsi, lo afferrano delle mani dure.

3. “Che cosa ci fai? Sei un ladro?” – Chi è stato sorpreso così, si difende con veemenza, il che tuttavia non gli serve. Il guardiano fa chiasso e in tal modo sveglia il direttore che arriva subito con gli aiutanti.

- “Che sta succedendo?” chiede intenzionalmente. Aveva immaginato che il principe stesso volesse distruggere il suo oltraggio. “Ah, principe! Come mai un famoso uomo del popolo va in giro nottetempo e…”

4. Costui s’infuria: “Non tollero che mi si schernisca. Chi sa se non siete stati voi stessi a scrivere questo straccio per diffamarmi!”

- “Ah, è così?” Il direttore raccoglie le carte e, apparentemente gentile, dice: “Vieni dentro, non è necessario che qualcuno ti veda davanti alla nostra porta”. – Il principe viene spinto in casa con forza.

5. Nell’ufficio dove attendono i servi alla porta, il direttore posa i tre biglietti sul tavolo e puntualizza: “La calligrafia è diversa, di una mano pesante quest’ultimo, che ha fatto certamente qualcuno del luogo. Il secondo scritto, ammesso, proviene da me. Ma la prima? Che ne dici, principe: chi ha affisso questo alla nostra casa? Lo annuncio al principe del paese che saprà a chi appartiene la prima mano”.

6. “Pensi che ammetterei di essere stato io?”

- “Così ti sei tradito per la seconda volta”.

- Il principe con mano svelta vorrebbe strappare da sé il foglio.

- “La terza ammissione”, viene schernito. “I miei servi testimonieranno ciò che è successo. Ora puoi andare, ti accompagnerà un uomo, se vuoi, così che di notte tu non venga aggredito”.

7. Una risata incerta. “Nessuno viene più assalito, per questo…”

- “…ha provveduto il principe del paese che tu aggredisci alle spalle. Ebbene, una mosca non fa del male a un elefante!”

- Il principe corre via con rabbia impotente.

- Il direttore ordina ai servi di tacere la faccenda: “Così è nel senso del nostro Signore. Se la faccenda viene calpestata, chissa che cosa ne può seguire”.

*

8. Il giorno successivo arriva Isremia per ordinare dell’altro, per esaminare i libri, e viene elargita qualche lode. Quando sente la faccenda, ride allegro. Ne riferisce solo in Bethlemme. Ridono anche sua moglie e Ruth, Boas storce la bocca ed Hanea dice che il direttore avrebbe agito bene.

- Di nuovo con ‘lo sguardo lontano’, Naemi dice: “Lui passa alla meta che gli è posta; su di lui viene ‘un’altra meta’”.

9. Ruth chiede: “Cosa intendi, madre? Pensi che possa morire?”

- “No, non subito. Ha caricato molto su di sé, soprattutto insieme a Beraba, e ora in questo elevato anno di pace, per cui non possiamo ringraziare abbastanza il nostro Dio, l’Altissimo. Il Signore gli legherà le mani, non so, vedo solo molta sabbia grigia”.

10. Come predetto, il principe si ammala, si paralizzano i piedi e le mani, anche la lingua non vuole ben obbedire. Pereztha va da lui ed Isremia va a prendere il miglior medico dalla Grecia, che non può aiutare, ma procura sollievo. Il malato si difende per due settimane, non vuole nessun aiuto dagli stranieri, come chiama i buoni aiutanti.

11. Non ci si aspetta nessun ringraziamento. Pereztha dice agli amici: “Esistono uomini che non si possono domare, non si possono vincere. E’ povera gente, li si deve appunto…”

- “…affidare a Dio con una buona preghiera”, completa Anacaria, che è da Naemi con alcuni principi. Ci sono anche Isremia, Heleana, Ruth e Boas. Ruth è la più giovane fra tutti – nella cerchia degli amici le donne non stanno ritirate, com’è in generale.

12. Lei dice pensierosa: “Anche mio padre ha insegnato questo, non così profondamente come qui nella fede in un Dio; tuttavia, – egli ha detto spesso: ‘Quando si va incontro a un cattivo nello stesso modo, si rivela solo altro male. Che cosa porta questo?’ Mio padre lo intendeva per la propria protezione, non così come ha insegnato Naemi: amare i nemici, non retribuire mai il male con il male. Solo questo soddisfa il nostro cuore, legandoci a Dio”.

13. Anacaria le impone le sue mani: “Sei una buona figlia e tuo padre aveva ragione. Si può, se nell’animosità si pensa anche a se stessi, in caso di necessità, semmai, evitare. Il meglio, il superiore, invece è: nel senso della nostra fede, più giusto: come insegna DIO, essere attivi nell’amore per i nemici! Chi fa questo, non manca la retta via!”

14. Ruth abbraccia Naemi. “Ti voglio bene e sono contenta di essere venuta con te. In tal modo non mi sono dimenticata dei parenti, non li ho retrocessi, voglio bene a tutti”. – Per un po’ si parla di tutto, anche delle nuove pretese, rivolte sia al governo che al popolo.

15. Dopo, Pereztha dice: “Che tutti i principi sono dalla mia parte, ci tiene lontani persino i forti, la Siria ecc.. Solo i filistei, da sempre i nostri peggiori avversari, vanno su e giù dai confini. Ma non hanno osato aggressioni. La protezione del paese, allora raccomandato al meglio dal nostro Isremia, non si è affermato solo all’interno – come si è visto”.

16. “Inoltre, la Benedizione di nostro Signore”, dice Naemi.

- “Molto bene”, conferma Anacaria. “Le due cose vanno mano nella mano: prima la Benedizione di Dio, poi la difesa che possiamo avere; il mondo non lo permette diversamente”.

- “A noi manca il paradiso, se solo questo tornasse”, dice il principe Foadar.

- “Chi non lo vorrebbe desiderare?”, chiede un altro. “Non tornerà mai, per noi, per il mondo, ah…”. Un lungo sospiro.

17. Naemi consola: “Si dice che Dio abbia chiuso con il cherubino, che Egli l’abbia messo alla porta. Soltanto, …non l’ha fatto la disobbedienza degli uomini? Non l’ha voluto DIO! Proprio così è con noi. Noi abbiamo, se lo vogliamo, un paradiso in noi, e …quante volte strisciamo via, quando siamo empi. Allora chiudiamo noi la porta. Così, con tutta serietà, non ci vuole più un Eden esteriore, che difficilmente ritornerà.

18. Se almeno la decima parte degli uomini, come Abramo ha dato la decima al Sacerdote Melchisedec, conservasse il suo proprio paradiso, senza desiderare quel che è appeso al di ‘fuori’[9], e lasciasse soffiare la bandiera della pace dello Spirito dell’Eden su questo mondo, Dio sarebbe di nuovo da noi come al tempo del patriarca.

19. Amici…”, sorride quando vede le facce tristi, “…dipende che ci conserviamo il Paradiso di Dio nello spirito, nel cuore, nella mente e nell’anima, e non lasciamo i Comandamenti che il SIGNORE ha dato! Anche nel piccolo si può operare per questo. Il Signore ce lo ha mostrato: grazie alla fedeltà abbiamo avuto un anno di pace, e rimarrà così per un lungo tempo. Ciò che sarà più tardi, …lo deve operare ognuno al suo tempo, bene o male, scuro o chiaro.

20. Una cosa è certa: – Dio si mantiene tutte le Opere nella Sua Magnificenza! Il mondo con la sua chincaglieria esteriore, e ciò di cui non sappiamo ancora (l’intera materia), non ha una sussistenza eterna. Perciò non si deve essere tristi. Se si adempie il dovere della propria vita, sia nel grande come nel piccolo, allora si porta a Casa un granello del mondo e il Santo lo guarda con Gentilezza”.

21. Boas dopo una lunga pausa dice: “Quanto è intelligente Naemi, inoltre, buona. Dalla sua abbondanza che fluisce nella sua tasca, ha aiutato certuni nel luogo, non solo coloro che le volevano bene al suo arrivo, persino agli invidiosi non ha negato l’aiuto”.

22. Naemi ne è stupita. “Da dove lo sai?” Non lo doveva sapere nessuno.

- Boas ride: “Lo ha raccontato il vento – qualche lingua, per gioia, zia, ed io non li tradisco”.

- “E’ bello da parte tua, Naemi, solo che non hai così tanto per aiutare gli altri”, dice Isremia,

- “Io non ho più preoccupazioni; e chi ha da sé da lottare, impara meglio a pensare ad altri”. – Le si dà ragione.

*

23. Boas preme un po’. I mesi passano e non sa ancora se può fare la sua proposta. Ruth gli è certa, il suo detto si è inciso nella sua anima. Secondo l’usanza dei moabiti, si possono sposare le vedove, soprattutto se non hanno figli; ma questa cosa non turberà il moabita? Diversamente è qui in Israele. Chissa se ci saranno delle difficoltà. Non ha mai parlato di ciò con Anacaria. Oramai si sente spinto. I principi lo aiuteranno, di questo è certo. Ma qui si tratta dei consiglieri sacerdoti.

24. “O Boas, dove stringe il sandalo?”, chiede il cugino.

- “Ridi pure, tanto tu hai la tua pietra preziosa”. Boas intende Heleana. “A me manca ancora nella mia corona”.

- “Allora devo venire di nuovo in aiuto al mio vento burrascoso” come Naemi lo chiamava volentieri da ragazzino. Si rivolge al sacerdote.

25. “Non dipenderebbe solo dalla mia opinione, il Consiglio dei sacerdoti dice ‘no!’”.

- “Di che si tratta? L’aiuto io. Boas in fondo non desidera nessuna stella che si può cogliere dal Cielo”.

- “Magari è una…”, scherza Pereztha. “E’ anche d’oro interiormente, ed esteriormente è cara e preziosa”.

26. “Parlate in enigmi! Lasciate uscire il gatto dal sacco, lo acchiapperemo”.

- “Hm, sì”, gli risponde Naemi,. ”Ruth era la moglie del mio figlio più giovane, ma non avevano figli. Ora il mio Boas ha chiuso Ruth nel suo cuore. E’ anche pronto per il matrimonio, e casa e fattoria hanno bisogno di una padrona.

27. In Moab non è un problema. I vedovi possono concludere un nuovo matrimonio; i figli non sono un ostacolo. Al contrario: il moabita ama molto i bambini”.

-  “Anche noi”, ammansisce Anacaria. “Quindi, è questo! Per me non ci sono ostacoli e mi sta anche bene. Ruth è diventata fedele nella fede, veramente migliore che qualcuno qui nel paese. Ma voi sapete che in questo caso è difficile raggirare la legge,

28. Mosè avrebbe saputo subito se l’amore era anteposto alla rigida prescrizione o viceversa. Dirò qualcosa di cui i miei fratelli mi possono rimproverare tranquillamente”.

- “Come capo dei sacerdoti puoi dare il permesso per il matrimonio”. Foadar è colmo di speranza.

- “Lo pensi?”, uno sguardo di sbieco cade sul principe. “Ti voglio dire come vanno le cose:

29. Si pretenderà che dapprima venga osservata la prescrizione. Si farà la richiesta, che non è da negare se io sono per il matrimonio, anche senza l’unità di tutti i votanti. Naturalmente esiste una via di mezzo, e questa è: – nelle cose che riguardano il popolo, il governante ha il diritto di convocare tutti i sacerdoti per il Consiglio. Allora tu, Pereztha, lo puoi dire, ma solo quando hanno fatto scoccare le loro frecce, che Israele in nessun caso è diventato un popolo solo dalle proprie tribù. Non pochi uomini si sono portati una moglie da altri popoli. Nell’ultimo tempo il giudice ha raggirato troppo spesso la legge del matrimonio.

30. “Ora la prescrizione deve valere di nuovo. Che cosa ne sapete voi di quante avversità ci sono state in questo anno di pace? Non ho illuminato Pereztha con questo, aveva abbastanza da fare con le costruzioni. Se già mi si chiedesse un aiuto, allora si direbbe: ‘Non è più in grado di essere il capo del sacerdozio’. Qualche invidioso tende già al mio seggio.

31. Credete forse che come stanno le cose al momento da noi, …lascerei troppo volentieri. Il Consiglio, come tale, non esaminerebbe mai nemmeno una richiesta, per non parlare di mettere la rigida prescrizione davanti alla legge dell’umanità! Ora…”, Anacaria si addrizza in su, “…c’è da aspettare, caro Boas; l’otterrò quando dapprima il nostro principe del paese avrà scosso le anime. Lo vorresti fare?”, gli chiede.

32. “Con mille gioie! Potevi portare a me la tua preoccupazione; c’è sempre abbastanza tempo per fare piazza pulita. Anch’io non ti volevo assalire; sono già stati da me, non vorrei negare il mio ‘sì’, se …”

- “Così, cosi…”, ride Anacaria amaramente. “E chi è stato da te?”

33. “Mi vuoi male se non ti dico il nome?”

- “No! Solo che quando uno conosce i suoi avversari, ci si può guardare da loro. Non ne parlerei mai”.

- ‘Hm, è meglio se Anacaria li conosca’. “Sono i primi: Adonikam e Pisador. Non dovevano danneggiarti, per questo ho provveduto e continuerò a vegliare. Sono andati via molto piccoli”.

34. “Non sono un luminare”, dice Anacaria. “Se uno fosse in grado di occupare il seggio… Oh, prego, volentieri! Alcuni sacerdoti minori sono molto bravi e anche più intelligenti. Di loro me ne sceglierei uno quando non potrò più servire”.

- Foadar chiede: “Annuncia i nomi; più tardi, uno di noi ci penserebbe”.

- “Ve li scriverò”, annuisce il capo sacerdote. “Se dapprima vogliamo superare questo ostacolo, affinché Ruth e Boas possano tenere le loro nozze. Mi incaricherò presto di farlo”, scherza.

35. “Si sa che sei da noi?”

- “Sì, non tengo segrete le mie vie. Inoltre non servirebbe, ci sono delle spie ovunque”.

- Il principe Giosamath, che è anche seduto nel cerchio, mormora maligno: “Uno dei miei servi, un uomo intelligente, su mio incarico segue qualche spia che si attacca alle calcagna di Pereztha. Ho già mandato certi a casa!”

36. “Che vengo spiato è noto, ma non…”, stringe le mani al principe, “…che tu mi fai proteggere. Ti ringrazio!”

- “Non c’è da ringraziare”, si difende Giosamath.

- “Certamente, valendo per te il primo rango, contro di te qualcuno può alzare facilmente la mano; il secondo rango vale per tutti. Noi abbiamo bisogno di te, Pereztha! Dio ti ha eletto con evidenza. Chi in ciò non muove le sue mani, è un traditore in tutto e per tutto!”

37. Pereztha riprende il filo per via di Boas. “Dato che si sa dov’è Anacaria, allora consiglio di invitarlo solo un po’ più tardi. Ci sono abbastanza motivi che si lasciano classificare; i sacerdoti non si devono stupire subito, ma vengono volentieri…”, ride, “…il mio vino è buono”.

- “Riempi sovente i loro bicchieri”, Isremia lo dice ridendo, “porta avanti la faccenda di Boas solo quando viene bevuto il decimo. Non si accorgeranno mica come cade loro di memoria la loro prescrizione”.

38. “Non conosci Adonikam. Lui si accorgerebbe di ciò che starebbe per succedere; ha anche una forte gola. Non lo atterrano venti bicchieri, come ho già visto una volta da Beraba che voleva vincere in questo modo. Lui stesso ne fu presto annebbiato, mentre Adonikam è andato a casa su due gambe diritte”.

39. “Peccato…”, sogghigna Isremia. “Ho un greco che potrebbe aiutare”.

- Pereztha sorride: “Saresti ben l’ultimo che afferra tali mezzi. E ciò che non viene dal puro cuore, dalla libera convinzione, dopo, mostra la cattiva coda. Sarebbe messo a mio carico di eliminare dal mondo qualcosa in questo modo, anche se è nelle migliori intenzioni. Vedremo! Io vado a casa. Chi di voi viene con me?”, chiede a quelli di Gerusalemme. Tutti partono, accompagnati amorevolmente fino al bivio di Bethlemme da dove si va verso la capitale.

*

40. “Questo andrà bene!” Naemi accarezza Ruth. “Dovete solo aspettare un poco prima che possiate costruire insieme il nido. Ma quando è ora, ah, allora sono…”

- “…sola, vuoi dire.” Heleana lo indovina. “Zia Naemi”, dice di cuore, “non sarai mai sola. Noi restiamo qui nel piccolo villaggio e, …presto, molto veloci sulla via, e siamo da te, quattro giovani che, sovente, ti devono persino richiedere qualche consiglio. Inoltre, Hanea verrà ad abitare nella tua casa, hai bisogno di stare senza preoccupazione alla tua età. Oh, per noi il vostro…, no – anche il mio Dio, avrà provveduto al meglio!”

41. Ruth giubila: “Sono contenta, ce la farà! Non è bello perché molto dev’essere superato. In Moab è davvero più facile. Ogni popolo ha appunto il suo bene e qualcosa di meno. Dio ci aiuterà certamente”.

42. “Lo credo anch’io”, gli occhi di Naemi splendono. ‘Ruth ha condiviso con lei ogni afflizione’, pensa, ‘non ha temuto di svolgere lavori bassi’. Lei mi mancherà. Ma no, Naemi si richiama all’ordine, i giovani non devono essere aggravati da me, ed Heleana ha ragione: abitiamo molto vicino, non si dimenticheranno di noi due madri.

43. Mentre pensa così, Isremia dice al cugino: “Ora sei ricco, no? Facendogli cenno. “Non solo tramite me. Considero buono che dai una parte alle madri. Tu hai da prendere il campo e i pascoli. Io tengo la metà del terreno di Naemi e le pago il prezzo pieno. Tu devi pagare solo metà perché ci sono da fare ancora delle cose. Naemi è certamente d’accordo”.

- “Su che cosa devo essere d’accordo?”, si risveglia lei dai pensieri.

44. Quando sente l’accordo, diventa energica. “Non accetto nulla da voi, il Signore me ne guardi!”

- “Egli ti guarderà da qualcos’altro”, litiga cordialmente Isremia. “Non devi nemmeno pensare di noi che ci lasciano cadere tutto nelle tasche. Oh, sì, io ed Boas vi potremmo mantenere per tutta la vita, ma non è simpatico per voi. …Oppure sì”

45. “Hai ragione, Isremia, dev’essere regolato”, s’include Hanea. “Voi due avete buone intenzioni; ora deve valere la tua volontà. Abbiamo bisogno di una serva e di un servo per la casa e il giardino, quest’ultimo, preso dal piccolo campo della casa”.

- “E gli agnelli? Mi piacciono così tanto”. Naemi ha già cambiato idea.

- “Anche una mucca”, consiglia Hanea che in certe cose è più pratica di Naemi, “domani stabiliamo la faccenda”.

- “Diteci come la volete avere”, chiede Ruth.

- E Hanea aggiunge subito: “Che stia bene”.

*

46. Arriva una bella serata. Si passa insieme attraverso il pascolo, si decide i campi che Isremia vorrebbe avere insieme ad un piccolo boschetto[10]. “Qui è magnificamente fresco, qui costruisco una casa con sale aperte con vista verso est, verso la valle libera”.

- Heleana batte le mani: ”Che bello! Sarà pronta pure per il tempo caldo dell’anno?”, indaga interessata.

- “Penso di sì, signora impazienza. Apparterrà a tutti noi, ognuno vi potrà entrare”.

- “Ci metto tre persone per la costruzione”. Boas sparge accenni pratici che Isremia accetta.

47. Con una deviazione presso il bordo del boschetto trovano una grotta. Qui i pastori portano a volte le loro pecore.

- “A chi appartiene la grotta?”

- “All’allevatore di pecore appartiene il pascolo, a Naemi questa grotta. Là passa la demarcazione”. Boas indica alcune pietre bianche.

- “Allora deve sloggiare”. Lo sguardo di Naemi è diventato di nuovo ampio. Lei fa cenno e si torna a casa. “Dopo cena vi dico quello che ho visto (nello spirito)”.

*

48. Ruth aiuta ad apparecchiare la tavola. Non per curiosità si vuol tornare presto a casa. Oh, su tutti viene qualcosa di sconosciuto che nessun mondo sa dare. E poi si ascolta profondamente commossi.

- “Se tramite Elimelech non mi fosse venuta la vera fede che lui conosceva dal patriarca del popolo, come avrei mai potuto contemplare e comprendere? La grotta…”, Naemi indica in quella direzione, dove si trova, “…è un luogo previsto per essere santo. Da essa ne uscì Lui, il Santo, che Si fece schiamare ‘Sacerdote Melchisedec’, ed incontrò Abramo insieme alla sua schiera.

49. Dalla Grotta, dal nascondiglio, è uscito LUI, ed io ho visto come LUI ha sollevato le Sue mani e disse: «Custodite questo luogo, Io l’ho eletto affinché in esso si svolga quel MIRACOLO che porterà a coloro che sono nell’oscurità l’ultima soluzione. Fino ad allora IO porto lì dentro la Mia Luce, e la porto fuori come l’ha vista il Mio Abramo (vedi “Il Patriarca” cap. 10).

50. Lui sapeva Chi ero, nella Mia venuta! Io vengo certamente in ogni tempo a tutti coloro che hanno bisogno della Luce e a coloro che la possiedono già, perché figli. Il Principe della Serietà (Abramo) venne qui, in questa Grotta dove dal primo[11] si compirà l’ultimo[12], nel luogo dove lui voleva sacrificare a Me suo figlio, il che significava: rinunciare a se stesso per il Mio IO![13]

51. In questo Mio Luogo non deve entrare nessun uomo finché non si adempie l’Ultimo dal Sacrificio! Come qui vengono solo gli animali per trovare una protezione dall’intemperie, così quelle anime che nelle paure di questo mondo hanno bisogno di una dimora: nella Mia santa Compassione. Come i pastori cercano solo un tetto sporgente, così quel posto altamente maestoso (Golgota), che gli uomini, quando giungono già in alto, nel punto da Me previsto, guidati da (una forza) sconosciuta, passano oltre, senza riconoscre[14].

52. Questo è il Mio Reservatio mentalis della Luce invisibile della santa Entità-ur. Ma come questi Raggi cadono sulle Opere, sui figli, perché nulla esiste senza di LUI, così vengono dai due luoghi[15]. In questa Grotta’, Dio indica dietro a Sé, poiché Egli stava davanti all’ingresso, ‘e nel luogo del Sacrificio di Abramo, c’è la Benedizione della Mia eterna Compassione su tutti coloro che poi avranno ancora bisogno della loro sorte.

53. Annuncialo agli amici: – Io vi libero dal bando del mondo! Lasciate agli animali il loro rifugio, perché Io vengo trattato come una pecora (Isaia 53,7), e per via dell’alto Amore tollero ciò che succederà al ‘Figlio dell’Uomo’. La Tolleranza è il Bagno della purificazione, per quella caduta (Sadhana) nella quale sono da guarire tutte le povere anime, incluso insieme ai cattivi, che dei buoni figli possono aiutare sulla via del mondo.

54. Rimanete circondati nella Pace del Mio Amore e tenetevi stretti al luogo interiore, nel quale potete e dovete includere quelli esteriori. La Pace sia con voi!’»

55. Dopo una Rivelazione c’era sempre stato silenzio, ora sugli uomini sopraggiunge una calma indescrivibile. La voce di Naemi era cambiata, come la voce di un uomo profondamente animata. Lei è seduta, le mani leggermente aggrappate nel grembo. Sprofondata in sé. Gli occhi si aprono solo lentamente, il suo senso ritorno da una grande lontananza.

56. “Vorrei vedere quel posto che il Santo ci ha descritto”, dice piano Ruth, “dove Abramo si è sacrificato a Dio, e dove ha dato in sacrificio suo figlio. Che cosa ci deve colmare se noi…”. Non osa pronunciare ciò che in lei arde come un fuoco. Non c’è nessuno nella piccola cerchia che non senta lo stesso in sé.

57. Isremia dice dopo un po’: “Una volta ci andiamo. Ma al luogo che troveremo – altrimenti Dio non ci avrebbe rivelato la Cosa santa – …ci saranno guidati i nostri piedi”.

- A ciò si annuisce; ognuno è pronto. Oggi ci si augura la ‘buona notte’, senza parole.

 

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Cap. 16

Anche i sacerdoti devono imparare altro

Un allarme tramite un commerciante siriano

1. Oltre al capo sacerdote Anacaria, sono radunati dodici sacerdoti, Pereztha, Boas, Isremia, più altri principi ed anziani. Si è parlato in genere, per e contro, risultando dall’unificazione delle dodici tribù, …non del tutto senza frizione. Il principe del paese ha avuto il presentimento di che cosa si deve trattare ulteriormente oggi: il permesso che Boas si possa prendere Ruth come moglie. Nessun principe né anziano è contro. Diamine, quanti di tali matrimoni sono stati conclusi, non solo una volta in Egitto, no, tali matrimoni non si contano da quando si era ritornati nella patria sotto Giosuè. Ora ad un tratto…

2. Anacaria si alza. Con un linguaggio dignitoso srotola la storia di come si è mescolato popolo con popolo e va al punto che tutti gli uomini sono figli di Dio e nessuno ne possa nulla di aver visto la luce del mondo in Israele o altrove. Lui dice: “Chi vorrebbe rimproverare un bambino perché – ancor sempre secondo un rigido senso– è nato in un popolo pagano?

3. Dovremmo andare avanti senza disdegnare ciò che è stato dato al nostro popolo, a non rispettarlo più? Penso soprattutto ai Comandamenti di Dio che il Signore ha dato sul Sinai al più grande del nostro popolo avuto finora, oltre ad Abramo. Chi li conosce e sa impiegarli bene, darà volentieri un sì alla voce di ciò che ho da dire.

4. Non per ultimo sia menzionato che nonostante la severità di cui si doveva servire Mosè – ah, quante volte – per tenere Israele nella briglia, si è sempre occupato di tutto, sovente fin nei più piccoli particolari del singolo, manifestando la sua bontà, la sua umanità. Se ora fosse tra noi, oh, non avrei bisogno di tante parole per aiutare a un buon diritto”.

5. I sacerdoti si stupiscono a causa di questo lungo discorso. Non poteva dire prima di che cosa si tratta? Ci si poteva mettere d’accordo, sia così o diversamente. Si trattasse di un diritto di sacerdote, perché non li ha mai guardati? Se fosse, tutti gli altri sarebbero fuori luogo, il mondano non vi avrebbe nulla a che fare. Ah sì, sta invecchiando, il vecchio! Tali pensieri saettano in testa a certuni.

6. Nel frattempo il capo sacerdote continua a parlare: “Si tratta di Boas, apprezzato al meglio, e della vedova Ruth, figlia del re di una città in Ar-Moab. La faccenda di Elimelech è nota. Ruth era stata sposata con il figlio Chilijon, ma non hanno avuto figli. Lei è da considerare come libera”.

7. “Questo mai!”, esclama rude un sacerdote. “Un matrimonio non è semplicemente da cancellare a causa della morte di un partner. La cosiddetta Ruth è vedova, vecchia o giovane, con e senza figli. Tu come capo non dovresti raggirare il diritto! Hai giustamente indicato i Comandamenti di Dio”.

8. Anacaria sorride. “Portami quel Comandamento di Dio dove sta scritto sulla vedovanza”.

- “Non commettere adulterio!”

- “Può un vedovo commettere adulterio?” chiede Pereztha.

- “Siamo in un Consiglio di sacerdoti e non in un Consiglio di principi! Mi sono stupito che cosa significa la mescolanza”. E’ l’anziano Jashu, al quale non significano nulla né le donne né i bambini. E’ rimasto celibe.

9. “Ti si deve perdonare la tua opinione”, dice Laban severo. “Chi pensa solo a sé, persino come sacerdote, non osserva i Comandamenti. Noi dovremmo aiutare amorevolmente al nostro prossimo! Oh, ti prego…”, fa cenno, quando Joshua salta in aria, “…una verità non può offendere! Se ti senti offeso, allora ho ragione. Chi ha da condurre il popolo, spiritualmente o mondanamente, non dovrebbe chiudersi ai bisogni del popolo. Tu, Jashu, guardati intorno!”

10. Costui se ne vuole andar via a testa alta. – Anacaria lo ferma, dicendo gentile. “Mi dispiace che sono sorti disaccordi. Ti comprendiamo, sei sempre stato solo, da giovane ti sei separato dalla casa paterna per servire il Signore. Una premessa che è stata da lodare. Soltanto, c’è da tener conto della vita, per nulla solo da giudici, da principi oppure da re; no, no, un sacerdote non deve annunciare solo la Parola, non dovrebbe passare oltre alla sofferenza degli uomini.

11. Non è da consolare il povero e il malato, procurare agli abbandonati un posto dove essere felici? Questo vale per tutti i miei fratelli: presso quanti letti di malati siete già stati? E quanti doni avete distribuito?”

- “Io ho…”

- “Fatti interrompere! Hai messo dei doni nella cassetta di Dio, anche se ciò non lo si pretende dai sacerdoti. Io, finché ho amministrato il denaro che proviene dai ricchi e da qualche povero, ho separato i tuoi doni e in tal modo ho nutrito gli affamati, …nel tuo nome.

12. Chissa se vale dinanzi a Dio? La comunità ti è stata sempre contraria, anche a qualcun altro”, dice seriamente il capo sacerdote. “Guarda, Jashu, intendo ognuno, anche me, se non intenzionalmente, soltanto, …quante volte posso non aver visto un bambino o un povero? Noi tutti vogliamo scriverci nel cuore di osservare i magnifici Comandamenti di Dio tramite l’amore per il prossimo. Solo allora possiamo sussistere dinanzi a Dio; e credete…”, Anacaria fa un cenno tutt’intorno, “…soprattutto noi sacerdoti abbiamo da giustificarci, se predichiamo i santi Comandamenti oppure… li osserviamo, cioè viviamo di conseguenza”.

13. Si abbassano delle teste, svergognate. Si vive così, alla giornata, talvolta qui e là ci si sveglia. Si dovrebbe… si deve cambiare! Qui il principe del paese dà il miglior esempio; lui è pronto per ogni bisognoso d’aiuto, anche pratico, quasi sempre dal proprio sacchetto. Ha sovente aiutato sulla buona via degli avversi, ha insegnato il lavoro a qualche borsaiolo. Queste fatiche sono molto benevoli, si dovrebbe fare ugualmente. Solo un Jashu non si vuole voltare, è un orgoglioso e lo rimarrà. Il suo volto è rigido, gli occhi bui, la bocca arcigna. Anacaria vi passa oltre e presenta di nuovo la faccenda di Boas.

14. Lui ha trovato Ruth credente, la moabita che appartiene molto bene al popolo, e Boas, un autentico israelita, la può desiderare in moglie. “Come sapete”, continua, “Naemi è diventata del nostro popolo solo tramite il matrimonio; e quanto profondamente è credente la donna, una volta pagana, come ne parliamo sempre male. Persino tra i responsabili non ce ne sono troppi che sono così meravigliosamente penetrati nella fede come lei.

15. Certo, Elimelech ha introdotto Naemi; ma è il suo proprio merito che lei ha accettato gli insegnamenti, i ha conservati ed ha agito secondo questi. Lo stesso si trova in Ruth che abita da Naemi in Bethlemme. Per via della fede, già riconosciuta per la casa, ha abbandonato la casa paterna e la patria, e come giovane vedova ha preso su di sé il disagio e la povertà di Naemi, ed io chiamo la sua fede ‘una stella dorata’.

16. Dato che in tutte le cose è diventata un’autentica figlia del nostro popolo prendendo gioiosa su di sé la nostra non facile fede, i nostri costumi, io come capo sacerdote, dò la mia autorizzazione che Boas possa prendere in moglie senza offesa la moabita Ruth. Chi è contrario, si faccia avanti”.

17. Jashu si addrizza furioso. “Come ho detto: qui è un Consiglio di sacerdoti, non uno mondano! E’ finalmente ora che ci purifichiamo dagli elementi forestieri, delle donne, dagli uomini. Finitela con la fratellanza dei pagani! Hanno un altro sangue, e noi ci distruggiamo se tolleriamo tali matrimoni”.

18. “Posso dargli la mia risposta”, chiede Kenias.

- Pereztha annuisce.

- Costui si rivolge a Jashu: “Stritolo i tuoi punti. Qui è un Consiglio di principi e noi anziani come voi sacerdoti siamo stati inviati. Il capo sacerdote te lo può confermare”.

- “Giusto, inoltre vorrei sapere che cos’è più importante: noi sacerdoti presso i principi, oppure loro da noi?” dice Anacaria,

19. “Appunto”, aggiunge Selemech alla parola.

- Kenias continua nel suo discorso: “Nessun popolo si ingrandisce da se stesso! Giacobbe aveva dodici figli; ma da dove prendeva per loro le mogli? Inoltre, i dodici figli provengono da quattro diverse donne. Gli avi di Laban venivano dalla Caldea; e allora, Jashu, come scrivano lo dovresti sapere, i popoli si sono mescolati fortemente perché hanno riconosciuto che solo con il proprio sangue di popolo e di tribù …si va in rovina. Ora anche le due donne, Bilha e Silpa, non appartenevano alla stirpe del popolo di Laban. Di conseguenza i figli di Giacobbe sono proceduti da differenti linee.

20. E’ certamente bene educare il popolo alla purezza, di cui allo scopo fa parte anche la purezza del sangue. Ma la nobiltà della mentalità …sì, da eseguire questa, è un Comandamento! Non puoi espandere la nostra fede in un Dio se vai nelle città straniere e predichi; se va bene, ti si deride, altrimenti…

21. Se degli stranieri diventano i nostri coniugi, allora prendono la nostra fede, come Naemi e anche Ruth, ed offrono il miglior esempio nell’accettare anche i nostri costumi. Appartenere a noi, Jashu, ci porta il più lontano possibile. Inoltre, il popolo cresce numericamente. In tal modo i tuoi ‘elementi estranei’ cessano di essere estranei.

22. Il nostro capo sacerdote ha parlato molto bene: tutti gli uomini sono stati creati da Dio. Nessuno è responsabile di dove è nato. L’irrigidimento contro altri conduce all’odio e alla guerra e non vi sarà mai pace in Terra! Non vuoi essere un portatore di pace? Oppure pensi che basti andare e dire: ‘Venite, vogliamo far pace’, ma contemporaneamente dici: ‘Voi siete pagani, non mi voglio macchiare con voi’!”

23. “Pace?”, Jashu salta di nuovo su. “Finché esiste il mondo, non si vedrà mai ventolare il vessillo della pace, forse temporaneamente. E’ molto più importare far eseguire che il popolo diventi, e resti, puro tramite i suoi matrimoni!”

- “Peccato, che non sei di esempio”, esclama sarcasticamente Selemech.

- Jashu scuote solo la testa e scrollandosi di dosso una piccola emozone.

24. “In ciò do ragione a Jashu”, dice Pereztha: “Quella pace, il mondo non la conoscerà quasi, che tutti i popoli insieme si schierino sotto una sola bandiera. E nonostante ciò… conosciamo noi la saggia Volontà del Creatore, come EGLI condurrà i popoli? Ognuno cerca di crescere. Non per la pace, lo sappiamo! Così cresce anche l’intera umanità, e con essa l’odio, la guerra.

25. Quanto sarebbe importante andare a prendere gli altri e così erigere la PACE di DIO! Le parole sono certamente buone, ci ha anche istruito Dio. Se sulle parole non vengono prodotte le azioni, a che cosa servono? Dio non ha parlato solo sul Sinai, anche già prima; pensate ad Abramo al quale ha fatto conoscere il Suo operare! Se ci orientassimo secondo questo, saremmo un popolo di pace! Se ci si riuscisse…?” Dalla bocca del principe sfugge un lungo sospiro.

26. “Detto davvero bene”, conferma Anacaria. “Per l’umanità del futuro non possiamo garantire; ma è da creare un buon suolo fertile. Se per noi osserviamo la pace, allora diamo un ‘atto esemplare’. Oggi non vogliamo espanderci troppo, pongo ancora una volta la domanda: Chi è contro l’unione di Boas e Ruth?

27. Con l’indicazione alla pace, viene rivista qualche opinione. Solo Jashu ha un rigido ‘no’. Per lui è un grande dispiacere perché la sua voce non ha trovato risonanza. Le parole del suo superiore, Pereztha e degli altri, non trovano la via verso di lui.

- ‘Allora si deve lasciar operare DIO’, pensa Boas e perdona l’avversario. Ora il punto è risolto.

- Anacaria chiama Boas per portare la richiesta di matrimonio a Ruth e ai più vicini parenti entro sette giorni, e poi di ricevere il rotolo del matrimonio.

28. Ci sono ancora alcune cose importanti fra Gad e Ruben, ma possono essere rapidamente risolte. Dopo, chiede la parola Isremia. E’ già diventato molto amato, si riconosce il buon senso e si è sempre per qualcosa di pratico. Si alza tranquillo e dice:

29. “Quando ho sentito da mio padre come sono andate qui le cose, ho pensato: là non tornerai mai più! L’ingiustizia, …chi la può sopportare? Nonostante ciò è venuta su di me questa nostalgia: a casa nel paese dei padri! Ho tenuto in alto solo la resa dei conti, mondanamente del tutto giustificata. E chi, pensate, mi ha istruito a fare i conti, se necessario, …a lasciarli al nostro DIO?

30. E’ stata Naemi, con poche parole dalla sua pura fede! Ora sono lieto che posso servire la patria. Con azioni! E credetemi: l’estero mi ha reso maturo ed intelligente. Ho imparato molto dal padre di mia moglie, un commerciante di Corinto. Lui era un uomo nobile, non così abbottonato come qualcuno fra noi, se si tratta di aiutare altri con delle azioni.

31. Ci si è sfogati quando c’è stato da aprire il sacchetto per pareggiare l’ingiustizia del giudice e come si dovevano riportare di nuovo quelle manchevolezze che sarebbero da deporre. Pure altre cose. Durante il mio viaggio attraverso il paese, ho riconosciuto molte carenze a cui bisognava porre rimedio. Dato che questo costa qualcosa, ci si blocca con le mani chiuse.

32. Mio padre mi ha insegnato di Abramo, ciò che lui ha fatto per il paese e per la sua gente. Giosuè avrebbe introdotto ancora molto, lui e Mosè ne erano informati, anche della lunga vita in Egitto, dove si dovevano muovere le mani e, come i caldei, costruirsi al meglio, città e paese, prato e via. Così si opera in Grecia. Là tutto è gentile, chiaro e fatto bene.

33. Ora il Canaan, eccetto i giardini dei ricchi, ha troppe alture ruvide che danno solo di rado un pascolo. Comunque, le nostre vie non sono ancora strade come Abramo le ha previste per alcune. Per il bene del popolo si potrebbe fare molto, e da noi verrebbero dei ricchi viaggiatori. Ci evitano perché il passaggio è troppo difficile.

34. Non tutto può essere riparato, ma molto sì. Ho esaminato tutt’intorno e sarebbe bene se anche lì le tribù si accordassero, in se stesse, ed allentassero i confini che ci si traccia reciprocamente. Questa è la faccenda di ogni principe, e gli anziani dovrebbero sostenere in questo i loro principi”.

35. “Questo significa nuove tasse”, si fa sentire Giosamath.

- “E nuove insoddisfazioni che noi principi avremmo da sopportare”, interviene Demach. “Non sono contrario, Isremia, al contrario… sarebbe auspicabile se in tal modo potessimo avere buoni progressi. Imita il lungo sospiro precedente di Pereztha.

36. "Provaci", incoraggia Boaz. "Noi di Betlemme ci riprendiamo una parte della strada per Gerusalemme, d'accordo con Isremia. Quando le città più grandi si uniranno, sarà meglio e i sentieri spesso impraticabili diventeranno strade larghe. Non credo che questo richieda troppe tasse". Se le più grandi città si unissero, diventerà migliore e i sentieri sovente impraticabili diventerebbero delle larghe vie. Questo non esige nessuna tassa troppo alta”.

37. Hm, come reagiranno i solo tassati? Aha, sì. “…Mandate a me i litiganti, per domarli”, dice Pereztha.

- “Se hai bisogno di me per dominare, sono a tua disposizione”, dice Isremia. – Eccetto Jashu, tutti ridono con loro. Costui se ne va senza salutare; lo si lascia andare. Ma dato che Anacaria rimane seduto, gli altri sacerdoti fanno come lui.

38. “C’è ancora da menzionare una seria faccenda”, comincia nuovamente il principe. “Ieri è arrivato un commerciante da Antiocchia ed ha chiesto se potesse vendere qui e là”.

- “Con che cosa commercia?”, chiede Isremia.

- “Con cose differenti; con ebano, avorio, pietre preziose, destinate al Cairo. I cammelli sarebbero molto carichi e così li vorrebbe alleggerire strada facendo. Io glie l’ho permesso, la nostra economia ne rimane indenne. Che ne pensi, Isremia?”

39. “Io dico ‘sì’, e anche se avesse la mia stessa merce. Un tale transito non danneggia”.

- “Sono molto contento che la pensi così. Ora la cosa importante: lui ha chiesto se il nostro ultimo capo fosse stato il giudice Beraba. Ho drizzato le orecchie senza rivelare che fosse vero, ed ho solo chiesto se lo conoscesse precisamente.

40. ‘Conoscere è detto troppo’, ha risposto il commerciante. ‘In Antocchia esiste una piccola comunità israelita dal tempo dei loro padri antecedenti. Questo Beraba parlava delle condizioni insostenibili in Israele, da quando avrebbe lasciato il paese; non voleva assistere all’ingiustizia che avverrebbe qui e là. Dopo di che gli israeliti lo hanno accettato, curato e fatto di lui il loro capo.

41. Lui è venuto in contatto con degli uomini della Siria; io sono un amico con alcuni di loro e lui ha attizzato la Siria contro di voi. Ho detto che si dovesse aspettare finché non sarei tornato dal mio viaggio d’affari, e avrei dato loro la notizia. ‘Guarda’, mi ha detto, ‘io sono aperto e spero che rimango nascosto. Non ho visto nemmeno nessuna ingiustizia sulla via e mi sono detto subito di andare a fondo della faccenda. Chi passa attraverso il paese, ha molti sguardi in più, per guardare a fondo la gente. Per me ha parlato troppo, che per me non è un buon segno’.

42. Selemech esclama agitato: “Qualcuno dovrebbe andare subito ad Antiocchia per mettere in guardia la gente da quel manigoldo!”

- Anacaria nega: “Aspettiamo prima, se arrivano altre notizie”.

- “Può essere pericoloso per noi”, dice Giosamath.

- Isremia si annuncia: “Il commerciante è ancora nella città?”

- “Parte domani”, informa il principe.

- “Dov’è alloggiato? Vorrei prendere contatto con lui, soprattutto, dato che ho anche una filiale in Antiochia.

43. Dato che tra breve devo comunque andarci, la farò finita con la volpe”.

- “Guardati”, avverte uno, “ti può mettere una trappola”.

- “…nella quale cade la volpetta!” dice duro Isremia.

- “Io so che ce la fai”, conferma Boas, “vorrei quasi venire con te”.

- “Rimani in Bethlemme, già per via di Ruth, delle madri e della mia cara moglie. Inoltre devi sorvegliare il lavoro della via. Ognuno sul posto dove può servire al meglio”.

44. Dice Pereztha: “Un servitore ti guiderà laddove è sceso il commerciante”.

- “E se vuoi, la sera portalo da me. Per oggi abbiamo finito, la faccenda di Beraba è da trattare solamente quando ne sapremo di più tramite Isremia”. – In parte confortati, in parte preoccupati, se ne vanno, sempre tenendo presente di salire sulla barricata per l’utilità di Israele.

45. Isremia si mette d’accordo alla meglio con il commerciante. Anche lui si mette in guardia da Beraba.

- Dice Isremia: “Lo conosco, i miei genitori son dovuti fuggire da lui; abbiamo lasciato tutto indietro. E così sii rassicurato: lo porto alla caduta! Vuoi metterti d’accordo per il commercio? Certamente non a tuo danno”.

46. Isremia informa il siriano dove potesse mettersi in contatto con le sue filiali. Questo rende così lieto il siriano, che alla fine dice: “Conosco molto bene i nostri capi e tra loro ho qualche amico, potrei quindi parlare al meglio per voi. Sai, sono molto onesto: in me non avevo molta simpatia per gli israeliti, ho intravisto certe cose. Ma poi non getto mai tutti insieme nella stessa pentola; non lo si dovrebbe fare”.

47. “Anch’io ho imparato a conoscere dei buoni stranieri e gli uomini scuri. Si deve distinguere per non diventare confusi in sé. La Siria sovente non ha agito bene verso Israele; soltanto - tra i popoli capitano troppo facilmente delle frizioni che in genere sarebbero da eliminare in modo facile. Ma subito… non viene dissepolta sempre l’ascia di guerra. Purtroppo!”

48. Alla fine è sempre difficile dire: ‘Chi ha iniziato? Chi ha ragione?’ Io credo…”, dice il siriano, “…in tutte le guerre, anche quelle che verranno ancora, e nel mondo non ne verranno risparmiate, dopo sorge la più grande crisi, per soppesare il giusto e l’ingiusto”.

- “La penso proprio così”, conferma Isremia. “Ora vieni, il principe ci aspetta, vogliamo discutere di alcune cose”.

*

49. “Mi piace molto, è calmo e così intelligente, ha per tutto un orecchio aperto. Mi ha salutato come un amico e non mi conosceva comunque. Era un’amicizia sincera. L’ho percepito”.

- “Mi rallegra molto, perché metti un monumento così bello al nostro principe”.

- I tre uomini stanno seduti fino a notte fonda e viene stabilito molto che più avanti sarà di grande utilità.

 

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Cap. 17

Isremia in Antiocchia – Un grave giudizio che aiuta

1. “Puoi servire il popolo di una tribù? I nostri padri si sono già insediati verso nord sotto Giosuè, del perché è ignoto. Basta che rimaniamo come israeliti anche senza un contatto esteriore. Tuttavia – auguriamo la pace al nostro popolo affinché ognuno rimanga con il proprio avere. Se vuoi questo, allora sei certo del nostro sostegno”.

2. Chi dice questo, è un uomo dignitoso con la barba grigia ben visto in Antiocchia. Beraba, che si era insinuato, annuisce con forza con la testa. “E’ così, cari fratelli, da settimane sono da voi e ora sapete se sono idoneo a diventare il vostro capo. Anche delle comunità più piccole hanno bisogno di un governo unitario”.

3. Con gesto gentile rifiuta quando l’anziano, di nome Masa vuol dire qualcosa. “Non sei mai uscito da Antiocchia, quindi non sai precisamente ciò che avviene negli altri popoli. Devi continuare a rimanere il primo”, finge Beraba, “voglio solo aiutare i miei fratelli”. I radunati, più uomini, tutti oltre i quaranta, sospirano. Certi pensano che anche senza questo forestiero le cose finora sono andate bene.

4. Beraba sente l’antipatia contro cui urta. Ah, pah, Masa si fida di lui e per ora questo basta. “Riflettete come aiutiamo i nostri fratelli in patria”. dice sinuoso. “Vado a cercare alcuni in Sidone che là sono dispersi ed abitano solitari, e vorrebbero trovare volentieri voi e la comunità più forte, per il sostegno e l’aiuto”.

5. “Se hanno bisogno di aiuto, siamo sempre pronti”, dice l’anziano. “Mosè ha ordinato di aiutare il popolo e…”

- “…di annientare i nemici”, continua Beraba. Presto ammette il suo errore, quando la maggioranza alza le sopraciglia. I siriani non li hanno mai infastiditi, hanno concesso loro un’asilo, quindi non li si può nemmeno chiamare nemici.

6. “Mi avete frainteso, cari cittadini. Un nemico è ogni uomo che ci opprime, che ci ruba la pace insieme agli averi. Ciò possono essere gente del proprio popolo, come vi ho riferito. Ed annientare…? Intendo così: spodestarli e portare dei migliori al governo”. Con questo discorso infingardo, Beraba ha intanto vinto. Sì, se è così, è accettabile.

*

7. Una settimana più tardi, Isremia è in Antiocchia e va al bazar, perché là s’incontra la gente con cui ci si vuole incontrare. Conosce già di vista alcuni israeliti. Un uomo giovane gli cade quasi nelle braccia. Voleva comprare alcune cose presso una bancarella degli egiziani, ma ha pensato all’inganno e rimproverava ad alta voce: “Gli egiziani sono bugiardi completi, dovrebbero…” Facendo così, urta Isremia.

8. “Oh, perdona, ero…”

- “…chiassoso a parole, che è meglio non dire certe cose”.

- “Che ne sai come dovevo essere ingannato? Vacci tu”, indica la bancarella, dove sta l’egiziano del tutto confuso.

- “Vieni, ti sei sbagliato”, dice gentile Isremia.

- “Io? No! Non io!”

- “Vedremo”.

9. Costui si lascia tirare malvolentieri. Presso l’egiziano si spiega facilmente la faccenda. Costui ha esposto della merce migliore e un po’ meno. Non conoscendo la differenza e volendo comprare la cosa di minor valore, si aveva teso alla merce più cara. Isremia chiarisce lo scambio, per la soddisfazione del commerciante e dell’acquirente.

10. “Sei un uomo buono, e certamente hai viaggiato molto”. dice quest’ultimo. Posso sapere chi sei?”

- Per risvegliare la fiducia, Isremia si fa passare per greco, cosa che può anche fare, racconta apertamente con intenzione che avrebbe diversi magazzini, anche in Israele. Ecco la parola di nota.

11. “In Israele? Ci puoi resistere?”

- “Perché no?”

- “Ho sentito che non c’è un buon governo. Io sono israelita, benché nato qui in Siria; e così sento con il mio popolo l’ingiustizia che gli capita”.

- “Vieni”, lo invita Isremia, “beviamo un po’ di vino e mi racconti che cosa sai del tuo popolo. Puoi comprendere che come commerciante ho interesse”.

12. Presto stanno seduti all’ombra di un sicomoro. L’uomo di Antiocchia non vuol parlare molto della comunità, ci si dà difficile.

- “Hai qualcosa sul cuore?”, lo invita dolcemente Isremia.

- “Non so, mi piaci, ma non ti conosco. I greci devono essere scaltri”.

- “E solo la propria gente, no?”

- “In genere; naturalmente esistono ovunque delle differenze”.

- “Ti estraggo il tuo cattivo dente greco!” Senza indicare da dove una volta era fuggito con i genitori, riferisce come un greco li avesse assistiti ed accolti ed insediato come erede e come successore; in più, gli avrebbe anche dato l’unica figlia.

13. Il giovane è stupito. “Sì, ma esiste una cosa del genere?”

- Isremia annuisce. “Io sono Ben Masa-Lubias, il figlio del direttore del locale. E’ venuto un uomo da Israele ed ha raccontato che sarebbe fuggito da lì per l’ingiustizia, vuole aiutare noi e il popolo. Il padre, d’accordo così a metà, promettendomi di venire sul ‘seggio’ più tardi. La mia voce non vale ancora nulla, solamente, quell’uomo non mi sembra del tutto a posto”.

14. “Come si chiama? E’ un israelita?”

- “Si chiama Beraba, era di casa in Gerusalemme, e là l’ultimo giudice. Se ciò è vero, non lo sappiamo”.

- Isremia fa come se dapprima dovesse riflettere. “Be ra ba?” Esteso per lungo. E poi. “Di lui l’ho sentito, prima, quand’ero ancora un giovanotto.

15. Dimmi, posso venire da voi? Vorrei volentieri conoscere tuo padre, ma sarebbe meglio se non riveli che so alcune cose di questo giudice. Vorrei stargli di fronte all’improvviso, difficilmente mi conoscerà”. E quanto è bene!

- “Mi sta molto bene, riferirò ora a mio padre ciò che è avvenuto nel bazar; allora sarai schedato nei suoi calcoli”.

- “Quando?”

- “Stasera. Ti mostro la casa, è qui vicino”. – Vanno per alcune vie. E’ una casa ordinata dove abita Masa.

*

16. Isremia si presenta nuovamente come greco, dice però che possiederebbe ovunque un diritto di patria dove ha i suoi magazzini.

- “Anche in Israele?”, chiede Gureano, uno dei più anziani. “Sì! Ho sentito da Lubias che avreste accolto in israelita. Da tempi passati mi è noto il nome Beraba. Se si tratta dello stesso che è venuto da voi…?”

17. “Riferiscici”, spinge Masa, che è sballottato fra prudenza e fiducia.

- “Lui conta poco”, evita Isremia. “Ammesso il caso che lo conosco, sarebbe male rappresentarlo, perché getterebbe su di voi un’ombra storta. Non si deve essere prevenuti.

18. Accordate un incontro. Se posso consigliarvi, allora non ditegli che sono venuto da Gerusalemme e…” Si drizza l’orecchio.

- “Come stanno là le cose?”

- “Come vanno?”

- “C’è grande miseria?”

- Isremia non può quasi difendersi dalle domande. “Pazienza, cari amici, sentirete tutto quando avrò incontrato Beraba. Non si deve insistere subito sulla prima cosa”.

19. “Precisamente”, interviene Masa. “Ho fiducia in te, anche se…? Sì, non pensare al male, ma al bene. La diffidenza è un compagno di via assai cattivo”.

- Ethaman, il secondo degli anziani, risponde: “Qualche volta è al posto giusto”.

20. Isremia gli annuisce: “La diffidenza mi ha preservato sovente da danni e pericoli”.

- “Hm…”, fa Masa, “…è così, e mi punge in qualche modo quando il giudice è da noi”.

- Isremia sorride in segreto. Allora può preservare facilmente la comunità, se essa stessa ha trovato una spina.

*

21. Comincia il giorno in cui Beraba sperimenterà una resa dei conti che lo legherà per tutti i tempi.

- Masa, Lubian, sette anziani ed Isremia sono già seduti insieme. Lui ora dice loro che anche lui sarebbe un israelita. Tutti trattengono il fiato, ciò che ha richiesto. “E’ meglio per voi! E’ importante consegnare coloro che vogliono ingannare gli altri, dal loro cattivo agire. Non fatevi notare, ma accettate tutto ciò che lui pretende da voi”.

22. Lubias si strofina le mani. “A me non piace; non perché…”, si rivolge a suo padre, “…perché lo hai avvantaggiato”.

- “Va bene! Non è ancora perso nulla. Ci si domandava molto se infine sarei d’accordo”.

- Un servitore annuncia Beraba. Lo si saluta così come se fosse il benvenuto. Presto si è arrivati al punto di consigliarsi sul futuro. Beraba guarda indagando Isremia e chiede dolciastro chi fosse.

- “Un commerciante di Atene”, suona come secondario.

- ‘Quindi, lontano dalla mira’, sospira di nascosto Beraba, ‘costui non sarà un pericolo per me’. Presto si parla di questo e di quello, viene soppesato il pro e il contro, finché Masa dice finalmente:

23. “In genere siamo d’accordo che ci sostieni. Ci si chiede solo se è possibile, nel caso che s’infiammi la guerra tra Sira ed Israele, e poi le furie della guerra distruggono di più di ciò che dev’essere salvato. Ci puoi dire qualcosa di concreto? Che cosa otterresti? Come vi si porrebbe la Siria?”

- Beraba copre per un po’ i suoi occhi, poi guarda tutti raggiante.

24. “Vi stupirete, cari fratelli! È promesso di deporre i capi del popolo, non di saccheggiare, considerato che Israele al momento non avrebbe un forte esercito, e troppi hanno dovuto soffrire”.

- “Sì, sì…”, interviene Isremia, “…è stato oppresso da più di quindici anni. Assassinio e furto era molto in voga”.

25. Senza sospettare com’era inteso, Beraba si alza entusiasta: “Ecco, avete la conferma!”

- Su un segreto cenno dell’occhio di Isremia, Masa si trattiene duramene, in lui comincia già a bollire. “Ecco, ecco! Comprendo… tanto non ti conoscevamo, e da molto tempo non abbiamo avuto notizie dal popolo. Da responsabili si deve esamine tutto. Ci sarebbe qualcosa su cui riflettere:

26. Presso le tribù sono capitate sovente delle guerre tra fratelli, cosa che è stato sfruttato dai popoli confinanti. Lo stesso anche da noi. In genere siamo stati risparmiati in Antiocchia, solo i nostri anziani talvolta sono stati prima maltrattati. Ma se si arriva alla grande guerra tra Siria ed Israele, allora nemmeno noi siamo del tutto al sicuro. Chissa che cosa succederà”.

27. “Tra tranquillo! Per voi…”, mente sfacciato Beraba, “…ho ottenuto che rimaniate indenni”.

- “Molte grazie!”

- “Non c’è di ché”, suona arrogante.

- In Isremia c’è la voglia di scoprire il bugiardo. Ha appreso che la Siria vorrebbe bensì volentieri tosare Israele e non ha dato nessuna promessa di non saccheggiare, di non danneggiare gli israeliti che vi abitano. Ha avuto un’udienza e nei confronti del ‘greco’ si aveva chiacchierato. Lentamente stringe la sua corda.

28. “Dimmi, Beraba: sei venuto da poco da Gerusalemme dove eri giudice? Hai confermato che il popolo è stato derubato da quindici anni ed è stato trattato ingiustamente. Penso, se tu eri giudice, che dovresti proprio…” Isremia stesso include una pausa per irretire il giudice. ‘Ah, cattivi uomini si stringono sovente da sé la corda’.

29. “Da greco non sei informato”, suona arrogante. “Le tribù erano in faide tra loro; Benjamin è stata quasi estirpata, faticosamente nel giro di due decenni è stata edificata di nuovo, facendo parte dei miei affari di funzione”.

- “Allora è andata via molta gente?”

- “Sì, qualcuno, non lo potevo controllare”.

- “Ah, no? Ed eri il capo supremo?”

30. “Si può strisciare in tutti gli angoli? È dipeso dalla gente stessa, dato che soprattutto per lungo tempo c’è stato molto rincaro e fame; sono stati dei vigliacchi quelli che hanno abbandonato paese e popolo! I campi non sono stati coltivati, per cui il male è aumentato ancora di più”. Beraba aumenta la sua rabbia, la sua mimica fa riconoscere più di quanto sarebbe bene per lui. Ora è il momento di afferrarlo un po’ alla volta.

31. Con prudenza, Isremia lo attira in una trappola: “Circa dodici anni fa è venuta ad Atene una famiglia israelita, uomo, donna e figlio. Allora non esisteva nessun rincaro com’è stato riferito precisamente, ciò avvenne solo un paio d’anni dopo. Qell’uomo ha combattuto chi governava ed è stato gravemente perseguitato. E’ andato via di notte e con la nebbia. Si diceva che quell’uomo che allora era al timone, avrebbe minacciato lui ed altri, molti li ha incarcerato, persino uccisi, ha derubato le famiglie e le ha scacciate via. Ma c’erano due giudici? Da non pensare che hanno agito insieme”.

32. Beraba sospira piano. ‘Costui sembra sapere di più di quanto era da sospettare’. Ah, no, come greco non sa nulla, lui batte solo sul cespuglio, …per via del commercio. “Ogni tribù ha un principe. Quello che hanno fatto sovente costoro nelle proprie tribù, non l’ho potuto impedire spesso. Solo Giudea-Benjamin stavano direttamente sotto di me. Di quale tribù faceva parte quella famiglia?”

- “Di Benjamin! Inoltre ancora dei parenti più diretti, che dovevano fuggire da Bethlemme due anni dopo. La notizia è giunta fino ad Atene”.

33. “Avete pagato molto per la notizia?“ schernisce Beraba.

- “No! Conosco la famiglia ed altri che sono venuti fino in Grecia. Il marito e la donna, proprio di quella famiglia, sono morti…”. – Beraba sospira troppo presto. –  “…adesso il figlio è ritornato ed aspetta il giorno in cui potrà fermare il giudice di allora!”

- Un sottotono minaccioso fa spaventare Beraba, il quale crede ancora di avere un gioco facile, e dice insolente:

34. “I peggiori erano i docidi principi, soprattutto quello della Giudea. Si chiama Pereztha, ora deve governare, e non bene. Vacci, allora ti stupirai da diventare blu!”

- “Il tuo consiglio è buono, se fosse necessario. Conosci forse un Isremia-Fadachai di Bethlemme, una volta fuggito? E conosci il parente Elimelech e il commerciante Haakeron di Ethal?”

35. “Per carita!” Beraba batte le mani sulla testa. “Caro giovane amico…”

- “Sono il tuo amico? Non ci conosciamo nemmeno”, respinge tranquillamente Isremia.

- “Fermo! Gente giovane dovrebbe lasciarsi consigliare dai più anziani ed essere felice quando questi sono i loro amici”.

- “Sempre?”

- … Si passa oltre la domanda. “Solo uno come governante può sapere i nomi di tutti i sudditi?”

- “Non tutti, ma certamente questi che avrà imparato a conoscere, oppure, …viceversa, le persone conosciute dal loro giudice dal loro lato peggiore, come costoro nominati da me”. Questo fa colpo.

36. Isremia ha detto solo il più necessario, e nessuno sa che lui è il figlio nominato prima.

- Gli occhi di Beraba divampano. ‘Aspetta, volpetta, in Atniocchia ci sono abbastanza angoli bui e nessun gallo canta quando vi giace qualcuno’. Ora ride: “La tua fantasia fiorisce come il papavero nel campo! Presumo che il figlio era allora un ragazzo, non potrà ricordarsi del giudice, del tutto indipendente dal fatto che la tua storia non è vera. Isremia-Fardachai era un ribelle. Non è stato perseguitato, ma espulso dal popolo.

37. Elimelech è andato via per la fame e dev’essere morto. Haakeron è stato punito con la morte, ha sobillato in Siria per attaccarci ed ha – la cosa più grave che Mosè puniva con la morte – bestemmiato Dio. Tu non sai che si punisce la bestemmia con la lapidazione. Io sono contro questo martirio, e così Haakeroin è stato solo giustiziato”.

38. Beraba si alza. “Che cosa interessa questo a un greco? Non ti dobbiamo nulla. Oltretutto, ora devo andare, ho ancora da fare e mi incontro con il superiore della città”.

- “ Non ce n’è bisogno di andare via da noi”. Isremia si è alzato e, come per caso, ha sbarrato la porta.

39. “Ti abbiamo dato molto tempo per presentare i tuoi argomenti, quindi continua prima ad ascoltare noi”.

- “Gli israeliti, sì, loro sono i miei fatelli, ma non tu forestiero”. Beraba si siede di nuovo. “Ora devi sapere chi sono, tu, perfetto bugiardo! Io sono Isremia, il figlio di Fardachai, e sono venuto per fare i conti con te!

40. Che sono un greco, è anche vero. Giorni fa sono venuto da Gerusalemme. Mio padre non era un terrorista, lui ha lottato per la libertà d’Israele. Se allora gli anziani e i principi - non dovevano mica essere tutti, beninteso! – non avessero abbandonato mio padre, oh, non ci sarebbe stata la ristrettezza, molti uomini buoni vivrebbero ancora, e il nostro popolo sarebbe molto oltre – quasi del tutto per colpa tua – di quanto è ancora attualmente.

41. Il viaggio che mi è stato consigliato non ha bisogno di svolgersi, per ‘diventare blu’. Quando è fuggito Elimelech, assoutamente non per fame come hai strombazzato, come hai chiamato vigliacchi tutti coloro che sono caduti alla morte per la tortura, se fossero rimasti. E’ ritornata anche Naemi ed ha trovato casa e terreno devastato, perché tu hai minacciato con la morte chiunque avesse mosso anche una solo mano per il campo e il terreno di Elimelech.

42. Oh, i campi non hanno portato frutto per dieci lunghi anni! Mio zio doveva nascondersi davanti a te ed è bene che sia morto; tu lo avresti portato via pure davanti alla tomba! Ci vuole troppo tempo per contare le tue malefatte. Il ‘CIELO’ è venuto per cacciarti dal paese, intendi già ciò che intendo, perciò non sei affatto fuggito.

43. Sono ben conosciuto in Siria e so che cosa hai combinato. Si aspetta di fare i conti con te. Io lo faccio con le parole, …chissa se anche la Siria…! Hai già ingannato anche loro che Israele non avrebbe nessun esercito e sarebbe facile derubarla del tutto. Come ricompensa di traditore, ti sei inventato di imprigionare quelli di Antiocchia che ti hanno accolto, e la metà della loro ricchezza sarebbe tua. Questo ti è stato ammesso, questo ti è stato promesso, perché non si sapeva che sei un bugiardo, un assassino e un ingannatore.

44. Io ho indicato loro che siamo preparati e che qui gli israeliti non sono mai stati un peso per la Siria. Insieme hanno fatto molto per il rilancio del suo commercio. Volevi andare a Sidone per visitare là dei fratelli, ed hai pianificato del tutto diversamente. Sidone ha degli alleati ed avrebbe dovuto battere la Siria non appena fosse tornata a casa con la refurtiva da Israele, ed avrebbe di vittoria.

45. Diventi pallido?” Isremia ha compassione per via dell’anima che si è del tutto rovinata. Ma …diversamente? Sulle sue mani c’è troppo sangue, hanno rubato troppo! L’uomo deve soffrire, forse una volta la sua anima diventa in tal modo libera da ogni colpa. Chissa se le riuscirà ancora sulla Terra? Difficilmente, e perciò la compassione. Non lo deve sentire solo ora il criminale.

46. Masa, quest’uomo informato, non conosce misericordia, la sua fede è stata troppo abusata. Ci vogliono due forti mani, altrimenti… “Tieniti indietro!” ammonisce Isremia. “Comprendo la tua ira”, indicando Beraba che si sforza inutilmente di alzarsi. “Lui ha una povera anima che conosce solo l’ingiustizia. Lasciamo ad altri di giudicarlo, di punirlo, e mi auguro che non sia troppo terribile”.

47. “Puoi pensare così mentre i tuoi genitori…” Ad Ethaman succede come a Masa. Oh, che cosa sarebbe stato poi di loro, moglie e figlio, se il SIGNORE non avesse mandato loro il Suo angelo nella figura dell’uomo Isremia? “Sì, fratelli, così si deve pensare. L’azione a volte, tuttavia, dev’essere diversa.

48. Se arriva un leopardo, allora si cerca di uccidere questa bestia. Un omicida è simile a questa e lo si deve arrestare, poiché, se lo rilascia di nuovo, diventa peggiore di un animale feroce, che se necessario si può domare. Beraba, alzati, ti attende il tribunale!” Suona triste, serio e grave per via dell’anima. Ma Beraba rimane seduto, non è in grado di alzarsi, dimostrandosi però innocente come accusato.

49. “Ma che cosa ha detto?”, indica ad Isremia. “È lui che vi ha mentito. Guardatelo bene, il suo volto sembra greco, si è spacciato per greco. Ad un tratto ora vuole essere israelita? Ma non vedete che… che… cadete nella sua trappola? Esaminate prima ciò che ha detto, confrontate il suo e il mio, allora vedrete…”

50. Isremia chiama fuori dalla porta. Entrano sei armati e un uomo con l’abito ricco, il primo superiore della città. Masa si china profondamente e lui stesso lo conduce ad una sedia libera. Finito! Gli armati stanno all’unica porta che ha la stanza e due finestre sono sbarrate.

51. “Mi hai fatto chiamare”, si rivolge il siriano ad Isremia. “Mi sei ben conosciuto con il tuo magazzino qui nel luogo, e dici sempre la Verità. Risparmiamoci i preamboli, devo proprio domandare solo se è giusto tutto ciò che quello di Gerusalemme ha detto a Masa che pure conosco, che risparmieremmo con la prossima guerra che dovrebbe aver luogo ora, con gli israeliti di qui, mentre lui avrebbe riservato per sé la metà dei loro averi per il buon consiglio di attaccare Israele adesso, perché attualmente sarebbe senza difesa.

52. Ma Isremia ha riferito che il principe del paese di Israele ha già formato una truppa, dapprima per ristabilire l’ordine all’interno del paese, contemporaneamente per l’eventualità che il popolo venisse attaccato. Ogni tribù in Israele può radunare un buon esercito.

53. Non sarebbe troppo grave, per cui ci sarebbe la reclusione per vent’anni. Solo, …che il tradimento a Sidone fa traboccare il calderone”. Il siriano è così iracondo, che vorrebbe uccidere Beraba all’istante. “Perciò, per aver istigato la forte Sidone contro di noi e aver voluto far parlare di sé, sarà giustiziato. Nessuna grazia! Nessuno deve supplicare per lui!”

54. “Posso dire qualcosa?”, chiede tranquillo Isremia. “Con ragione sei arrabbiato, Euphorinas, ma hai sempre ascoltato quando qualcuno conosceva un buon consiglio”.

- “Ne hai uno?”, e un po’ più duro: “Quindi parla!”

- “Non in presenza del criminale, solo questo: aspetta con il verdetto di morte finché avrò parlato con te”.

55. Gli israeliti fanno un sospiro di sollievo, nonostante la giusta ira a causa di tutte le malefatte dimostrate su Beraba, che questa morte non cada sulla comunità. Ci sono certi cittadini che l’odiano. Ma dato che stanno sotto la protezione del governo, rimangono quasi sempre all’oscuro. Ma si coglie ogni possibilità per l’istigazione, anche se del tutto inventata.

56. Euphorinas comanda: “Via con lui! Guai se vi scappa!”

- La guida della frotta ride: “Allora dovrebbe diventare il più piccolo scarabeo, se volesse scappare di mezzo a noi”.

- Allora, via!”, e colpisce Beraba rudemente nel fianco e gli mette delle corde al collo e alle mani. Su Isremia cade uno sguardo dal più profondo inferno. La parola mormorata: “Ti viene a prendere il principe dell’inferno!”, rimane inosservata.

57. Dopo che la frotta se ne è andata, il superiore della città si volta verso Iseremia. “Ora fuori, sono molto curioso di cosa vuoi correggere nel mio giudizio”.

- Isremia sorride seriamente: “Voglio correggere tutto, alto amico!”

- “Come? Tutto? Sei matto? Metti in gioco la nostra amicizia?”

58. “Nessuna delle due! Ascolta, allora vedrai che – visto mondanamente – il mio giudizio, perché un GIUDIZIO di DIO, è più duro che il tuo. Lo vuoi uccidere oggi ed avrebbe da sopportare solo un paio d’ore di disperata pena e debolezza, per i molti anni in cui ha agito come una pantera. Lo consideri molto giusto? Sempre considerato umanamente, intendo”.

59. “Ma si tratta solo dell’umano!”

- “C’è pure un’altra visione; tu sai ciò che intendo. Tu stesso sei dell’opinione che mezza giornata pieno di paura non è una misura di punizione per tutta l’ingiustizia. Tienilo per sempre in prigione, allora non avrai macchiato le tue mani con il sangue; poiché la giustizia umana non è del Dio Unico, nel Quale crediamo. Beraba deve portare questo peso fino alla fine della sua vita. Sii certo: lentamente, il tormento della coscienza sarà il peso peggiore. Tuttavia, …come in lui certamente solo nell’ultimissimo tempo, quando poi il corpo nella vostra prigione purtroppo malsana, cadrà nel dolore”.

60. “Hahaha”, ride il siriano, respingendo da sé ciò che Isremia gli ha indicato, senza allontanarsene, “allora sei più ingiusto di me stesso e, …più duro! Come si accorda questo con la bontà che mi hai predicato così spesso?”

- Anche gli israeliti sono depressi e rimpiangono di avere tra di loro Isremia.

61. Come se leggesse i pensieri, lui si rivolge a Masa: “Ma non comprendete che nella più grande durezza riposa la Grazia molto maggiore per colui che sperimenta la durezza? Euphorinas, lascia che ti spieghi ciò che deve accadere oggi”.

- Allora in tal caso sono di nuovo curioso ciò che sentirò”.

- “Deve valere il carcere?” chiede Isremia.

- “Per me, faccio l’esperimento. Comunque, è una grazia immeritata, poiché quando i condannati a morte sentono che a loro spetta solo la prigione, fanno un sospiro di sollievo. La morte è per tutti più spaventosa che il carcere a vita”.

62. Risponde Isremia: “All’inizio, quando giorno dopo giorno la porta della cella non si apre, non penetra quasi nessuna luce nel buio, quando nessuno viene per consolare né a parlare con l’incarcertato, allora passa meno di un anno, ed ognuno si augura una rapida morte. Non lo hai mai sperimentato questo?”

63. “Non me ne sono mai occupato. Se colpisse me stesso…”, Euphorinas rabbrividisce, “…allora sceglierei la morte rapida, invece…”

- “…che il vostro carcere!”

- Il siriano vorrebbe liberarsi dall’impressione che viene stranamente su di lui quando parla con Isremia, anche quando parla con Masa. Da ‘questa gente’ fluisce sempre qualcosa di cui non ci si può difendere, che viene su di lui e rimane ancora efficace a lungo.

64. Alzandosi, dice frettolosamente: “Allora va bene, per via di te, Isremia! Mi hai già reso molti servigi, che rimanga imprigionato! Basta che non mi vieni solo quando devo emettere un verdetto di morte. Cosa pensi che direbbe il mio re, ce mi lascio sedurre, in più, pure da un forestiero?”

65. “Ti puoi risparmiare questo ruolo; il governante ha altre preoccupazioni che occuparsi di un unico prigioniero”.

- “Hm, quando hai un giorno avrai di nuovo bisogno di me…”.

- Salutando leggermente, Euphorinas fa per andare e mormora: “…e anche te. Sei ben strano con la fede in un solo Dio, ma…” pensa ancora, Isremia è un uomo buono, intelligente. Quello che ha consigliato negli ultimi anni da quando lo conosce, ha sempre avuto il miglior esisto.

66. Ci si agita perché Isremia ha tacciati la sentenza più severa. Loro conoscono appunto la ‘giustizia’ locale, nessuno vorrebbe finire nella prigione di Antiochia. Così possono durare molti anni finché qualcuno muore; e un Beraba, che si attacca caparbiamente alla vita… o cielo! Si colmeranno due decenni, prima che se ne vada, marcio nel corpo e nell’anima.

67 “Nel corpo! Mi meraviglio molto perché non conoscete la Guida del Cielo. Non si tratta del corpo che è comunque perituro; il Signore vuole solo salvare l’anima come FIGLIO! Sapete, una come quella di Beraba venendo dal buio, …se non senza cambiamento, cade nel secondo buio! Com’è caduta dalla risalita, questa per via della Grazia capita nell’altra parte del buio che è preposta al Regno della Luce.

68. Là non va quasi diversamente che nella prima parte dei diavoli e dei demoni, ed è disperatamente difficile giungere da sé ad un ritorno. Secondo il nostro conto del mondo, che non è il conto della Luce, può durare migliaia di anni prima che una tale anima si lasci redimere. Che cosa sono al confronto, vent’anni di arresto in questo mondo? Per quanto sia anche terribile, l’anima ancora nella carne ha la possibilità di voltarsi più facilmente. Già qualcuno è giunto al pentimento a causa del suo arresto, e dopo la morte poteva essere strappato alla seconda parte del buio.

69. Lo si deve concedere loro. E’ un’inesprimibile Grazia giungere alla libertà della propria povera anima tramite il dolore del corpo! Beraba ha meritato la morte, non questa Grazia! Soltanto, …quale uomo è appunto degno della Grazia di Dio? Anche per noi che crediamo, vale in tutte le cose la Grazia immeritata di Dio! Ricordiamolo, allora ci è facile aiutare le povere anime – e i criminali sono le più povere – alla Grazia attraverso il tempo nel quale possono ancora giungere al ritorno in questo mondo”.

70. “Non ci ho mai pensato”, dice Ethaman. “Ed è comunque così chiaro come il Sole, perché per Dio si tratta solo di quelle anime che con il loro operare fuggono dalla Luce”.

- Isremia annuisce, “Oh, è quasi incomprensibile e così amaro, quando gli uomini devono soffrire. Non l’ho fatto volentieri, si deve proprio amare i propri nemici. Solo che questo non consiste nella dolce carezza, oppure, come ho potuto dire: tramite la più grande durezza si può rivelare la più grande Grazia, …Grazia e Misericordia”.

71. Masa lo abbraccia forte. “Perdona, perché…”

- “…hai pensato: ‘Se solo non fosse venuto da noi Isremia’. Sta tranquillo! Non ci siamo nemmeno conosciuti. Voi state su un posto esteriore, allora è giusto di mettere la prudenza davanti alla via. Inoltre, ci si voleva fidare di Beraba. Quindi è pareggiato”.

72. “Tu puoi perdonare subito”, risponde grato Masa. “Tu credi che se costui fosse stato giustiziato, come essere, si sarebbe potuto vendicare su di noi? Ci sono persone possedute, e di costoro ho paura. Questo viene considerato diversamente qui, come lo ha confermato Aphorinas: puramente umano! Allora qualcuno viene giustiziato, che è lo strumento e il gioco di un diavolo”.

73. “Certamente, ci sono delle influenze (dai piani) inferiori, che vanno persino così lontane, che l’uomo non è più se stesso. Queste sono eccezioni e si verificano solo là dove l’anima di un uomo – non necessariamente deve essere così – proviene dallo stesso gradino basso da dove viene l’essere che lo opprime.

74. Tuttavia si può notare che oltre ad una possibilità, non c’è quasi nulla di tutto ciò. Non sarebbe triste se Dio tollerasse ampiamente che si svolga una cosa simile? E se fosse, allora l’uomo non è libero dal cattivo agire? Almeno, dinanzi a Dio! Dato che ora sappiamo che esiste la possibilità, ci dobbiamo attenere ancora di più alla Grazia.

75. Ma quando succede, allora, è proprio perché l’anima dell’uomo stesso proviene dall’oscurità, e così può succedere questa follia. Un’altra cosa meno nota è quando quell’essere che si appende all’uomo, giunge presto all’incarnazione e, con ciò, alla liberazione. Ma se un’anima umana è deceduta, allora si ricorda che non vive più terrenamente, che serve per la propria liberazione. Queste si possono attaccare ad uomini oscuri. In ogni caso predomina la pietosa Giuda di Dio.

76. Beraba – lo si poteva vedere negli occhi – era un diavolo incarnato. Chissa se con una morte rapida sarebbe diventato pericoloso. E’ già possibile, ma dipende da ciò in cui si crede. Chi crede troppo in queste cose, espone se stesso al pericolo di essere ammaliato. Ma chissa, essendo DIO il Conduttore della sua via, la Guida della sua anima, il Cui Spirito sta al di sopra di tali anime o esseri, Egli è sovrano per costruire una barriera con il Suo Aiuto, oltre alla quale non può saltare nessuna ombra”.

77. “Ma come sai tutto questo?”. Ci si avvicina, e presto Isremia è circondato.

- Lubias si è procurato il posto accanto a lui e gli mette il braccio intorno al collo, pregando: “Sii mio amico”.

- “Lo sono per te e per tutti, caro Lubias. L’autentica amicizia, che pensa alla salvezza dell’altro, aiuta noi uomni a vincere molto, a portare molto.

78. Ora una domanda: – In Atene c’era un uomo saggio. Da dove sapeva tutto, non lo ha mai rivelato, solo quel tanto, che possedeva molti scritti dalla prima cultura di differenti popoli. Noi israeliti sapremmo meno del nostro Mosè, che lui. Quello che ho detto, doveva essere stato scritto su un’antica tavola in una scrittura, che il greco ha decifrato un poco alla volta e – è da credere – dev’essere stata la propria scrittura di Mosè. In ogni caso corrisponde al nostro patrimonio spirituale. Agire di conseguenza non sarebbe a nostro danno, credo”.

79. Si è impressionati e seguono alcune sere nelle quali si parla insieme di questa conoscenza. Soddisfatti, colmi di grande gratitudine, poiché anche nel commercio il mondano si era svolto con successo, Isremia ritorna a Bethlemme sulla via di Gerusalemme.

 

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Cap. 18

Nozze in Bethlemme – Un viaggio ad Ar-Moab

1. Le nozze sono in pieno corso. Tutta Bethlemme ne prende parte, e i poveri vengono nutriti abbondantemente. Che persino il capo sacerdote Anacaria, Pereztha, Selemech, Laban ed Herias sono già venuti al mattino, ha aumentato ancora la gioia. Le serve corrono su e giù, i servi si danno un gran da fare. Oltre all’autentica allegria regna una certa serietà; non si dimentica che non è molto facile portare a casa una ‘straniera’.

2. Arriva la sera. Il lieto popolo un po’ alla volta si ritira. Naemi rimane da Hanea, oggi non vuole rimanere a casa da sola. Ruth e Boas attraversano il campo; le stelle splendono dolcemente dal Cielo. Arrivano alla grotta dove hanno avuto quella magnifica Rivelazione che un giorno si dovrà adempiere.

3. Rabbrividendo, entrano dove si riparano i pastori. Non osano entrare nell’interno, laddove avverrà il miracolo di Dio per la redenzione di tutti i caduti. Nel vano antecedente, davanti al santuario, Ruth riceve per la prima volta. E’ profonda notte quando Boas conduce sua moglie a casa, entrambi senza parole, e beati che il Signore ha fatto anche su di loro un miracolo.

4. Il giorno dopo Hanea va ad abitare da Naemi. Allora Isremia sorprende tutti con una grande gioia: “Tra una settimana parto, ho notizia che posso erigere un magazzino in Ar-Moab. Chi viene con me?”, chiede ridendo. Naemi pensa di essere troppo vecchia, anche se ha nostalgia delle tombe dei suoi cari, del fedele amico Corusja, il re delle città.

5. “Nessun problema, zia Naemi”. Isremia percepisce la nostalgia, vede gli occhi di Ruth che nuotano nelle lacrime. Hanea rimane a casa. Non si può lasciare le due proprietà senza sorveglianza. “Per voi donne…”, naturalmente per portare Heleana con sé, che non può ancora avere un figlio, “…c’è la carozza. Boas, io e quattro persone siamo a cavallo. Allora il viaggio si svolgerà presto”.

6. All’improvviso Naemi diventa di nuovo giovane, corre avanti e indietro occupata, sceglie le ceste per le provviste e pensa che strada facendo si potrebbe anche andare a far visita alla gente della locanda, “e pernottare”. I successivi giorni sono colmi di lavoro. Ruth si getta al collo di Isremia, nascondendo il singhiozzo.

7. “Mio padre, mia sorella, i fratelli, le loro mogli e – le tombe e molti – e…”. Solo ora si nota come nasconde coraggiosa la sua nostalgia di casa.

- Un amico dice a Boas: “Io controllerò ogni giorno se tutto va bene, ora non ho molto da fare. Non lasciamo da sola madre Hanea”.

8. Boas stringe le due mani all’uomo e pensa di portargli un regalo. E’ ora. Il carro è imbottito abbondantemente, perché molte vie sono ancora cattive. Un secondo carro viene caricato riccamente con regali, approvvigionamento e foraggio per gli animali. Si è provveduto bene.

*

9. Hanea sta al bordo della strada pregando piano: “Signore, conservami i miei cari e riportali ben custoditi a casa!”. Nonostante il carico di lavoro, il principe Pereztha è venuto più volte da lei, questo la rende lieta. Le settimane, che diventano mesi, passano lentamente per lei, mentre per i viaggiatori i giorni volano formalmente.

10. Ancora la marcia di un giorno. Un cavaliere viene mandato avanti. Ruth ha rivelato che il padre sarebbe malato di cuore. Quando si agitava, non riusciva quasi a respirare. Sì, …alla notizia (dell’arrivo), Corusja ha bisogno di ore, finché con l’aiuto del suo medico il cuore si calma di nuovo. Poi regna però una grande gioia. Tutti i servitori vengono incitati al lavoro frenetico, il messaggero viene ben provveduto, e un ragazzo deve cavalcare lungo la strada da dove verranno gli ospiti. Quando vede sollevarsi delle nuvole di polvere, ritorna di corsa e grida attraverso tutta la casa: “Stanno arrivando! Presto sono qui!”

11. Si va sotto al portone agitato. I vicini notano che qualcosa sta succedendo e vengono anch’essi davanti alle loro porte. Un po’ alla volta la polvere si adagia, le strade nella città sono in parte ben calpestate, in parte asfaltate e si vede la carovana, il carro con i quattro cavalli, Isremia, Boas e gli accompagnatori. Che cosa? Così Naemi ritorna di nuovo? E la figlia? Quanto è meraviglioso che…

12. Appena si ferma il carro, Ruth salta giù senza aiuto e cade singhiozzando al collo del padre. Allora i vicini sono silenziosi, qualche donna piange con loro. Sì, adesso, …adesso si pensa volentieri a quante volte gli israeliti hanno aiutato. Non ci vuole più molto, vengono portati in casa i doni, in modo che la propria parentela pouò cenare solo alla sera tardi indisturbata. E’ vicina la mezzanotte, prima che si pensi ad andare a dormire. Persino Naemi ha sopportato benissimo il lungo viaggio.

13. Lei va da sola alle tombe, ha portato il ringraziamento a Dio, ma anche con malinconia: ‘Una lunga via di sofferenza che ho dovuto percorrere’. “Ah, no, che ho potuto percorrere sotto la Tua Grazia, Padre della Misericordia”. Pensa senza tristezza ai defunti che da tempo vivono nel Regno della Pace.

14. Ecco che le si spinge una mano nella sua destra: è Ruth. E’ libera dal vecchio dispiacere. La felicità di appartenere a Boas l’ha aiutata. Oggi si ammira ciò che hanno portato gli ospiti, anche il magnifico carro con le due coppie di cavalli. Moab ha molte cose belle, ma questo, come la presenta la Grecia, non ancora. I servi fanno a gara per assistere al meglio gli animali. Per questo c’è una ricompensa speciale, che naturalmente dà molta gioia.

15. Corusja trova un grande terreno che è adeguato al meglio per Isremia. Un giorno conduce Naemi sul campo davanti alla porta che allora aveva lasciato ad Elimelech. “La Benedizione del tuo Dio, guarda, Naemi, che cosa è stato della polvere e delle pietre! Già sotto la vostra cura ha portato molto buon frutto; oggi è da tutto il circondario il terreno migliore. Questo lo devo a voi e…”

16. “…al nostro Dio”, suona solenne. “Non hai dimenticato nulla di ciò che ti abbiamo potuto portare. Oppure…”

- “In segreto, per me ho sempre pensato a questo e, qualche volta, …ho pregato”. Allora la piccola donna stringe il grande uomo al suo petto, lieta di cuore, e ritornano mano nella mano.

17. I giorni sono pieni di benedizioni come se fossero stese ovunque le Mani di Grazia di Dio. Un giorno Isremia chiede di invitare i poveri commercianti, non appena ha saputo come alcuni di loro lavorano con fatica nel loro mestiere. La città non è così grande per sostenerne molti. Quindi regna ultraprivilegio ed invidia a svantaggio dei clienti. “Questo non è bene”, dice a Corusja, “conosco un modo per eliminare questo male”.

18. “Non ho mai avuto questa gente nella mia casa, non mi spetta come re”.

- “Come re”, dice tranquillamente Isremia. “Ma come stanno le cose con l’uomo nelle cui mani ha il bene e il guiao di questa città?”

- “Hm…”, un lungo brontolio, “…per me, una volta deve essere; sono curioso di cosa ne risulterà”.

- “Qualcosa di buono; e poiché tu lo concedi, lo tirerò anche fuori. Ho orecchi aperti, accoppiati ad un cuore aperto; allora si sente molto di ciò che diversamente striscia nei vicoli”.

19. Corusja aggrotta la fronte. Ci sono avversità in ogni governo; ma lui era convinto che da lui fosse tutto in ordine.

- “Sì, ma pensa che gli uomini sono vacillanti. Se stanno bene, allora tutto è splendore, ma se sta qualcosa alla porta, allora ci si cerca qualcuno che deve trascinare il pacco. Di questo viene quasi sempre incaricato il superiore”.

20. Corusja ride liberato. “Hai ragione! Ora ho una casa secondaria con un grande padiglione, non mi pentirò di ospitare gli strani ospiti”.

- “La metà è a carico mio, la gioia non ti deve costare troppo”.

- “Gioia? Allora la considero come gioia”.

- “Amico Corusja, la si nota quasi sempre dopo ciò che risulta dal precedente, sia bene o male”.

21. Isremia scrive i biglietti e li manda a venti commercianti. Si sa già che sarà costruito un grande magazzino e si ha paura di perdere la sua bancarella nel bazar, se, …se lo straniero passa su tutti. Tuttavia, è certamente meglio seguire l’invito, in caso di bisogno uno si può anche difendere e si deve stare saldamente insieme. Lo vogliono. La vecchia lite, i rimproveri reciproci, sono dimenticati.

*

22. Ora sono ospitati nella bella sala, la prima volta invitati presso il loro re. Un buon pasto ed un vino che non avevano ancora mai gustato, colma l’ardore dell’odio, con il quale si era venuto. Ma i commercianti stanno in guardia. Qui nella loro città paterna hanno il primo diritto. Perché il re glielo vuole togliere ora? Dopo il pasto Isremia si alza.

23. Stupiti si ascolta come sa srotolare il loro commercio, perché sono troppi nello stesso luogo. Ce ne sono ancora alcuni maggiori che Isremia non ha invitato, che possono farcela da soli e – come lui sa prevedere – più avanti saranno loro stessi a cercare di unirsi. “Quanta ingiustizia ne risulta per voi e per il popolo che deve comprare, lo sapete benissimo da voi.

24. Perciò vedete”, dice dopo aver ben illuminato la loro situazione, “attraverso i miei magazzini posso vendere molta merce a meno che voi, certe merci persino a metà prezzo, com’era facilmente constatabile, e con ciò guadagno ancora abbastanza, più di voi con un alto prezzo. Ma che scopo ci sarebbe? In breve, sareste rovinati, perché io solo posso riempire il bazar fino al soffitto. Ma non lo voglio!

25. Non priverò le vostre famiglie del pane, ma se comunque costruisco una casa, rimane inevitabile che non potrete più commerciare, e questo senza cattiva costrizione. Io dispongo volentieri per il bene del popolo, senza usurare. Chi usura è un ladro! Volete essere ladri?” Naturalmente no. Il piccolo commerciante ha un suo onore, certamente qualche volta un po’ scarsa, ma…

- “Che cosa vogliamo fare allora?“ chiede uno che era stato eletto come oratore.

26. “Unitevi a me; ognuno deve poi prendere solo determinate merci che vi fornisco io. Uno i tessuti, l’altro spezie, il terzo erbe, e così via. Allora non dovete faticare, e avrete un miglior guadagno perché ve li fornisco ad un prezzo giusto. Così il bazar diventa ordinato e non è più dispersivo, che si deve gridare più del vicino.

27. In Edessa ho preso tutto il bazar. Là era peggio che da voi. C’era più fame che vendite. Hanno dato volontariamente le bancarelle quando hanno visto che in tal nodo potevano vivere meglio. Pur essendo miei, sono però rimasti liberi, ma tengono la contabilità del necessario, per mantenere i prezzi soprattutto per i poveri, di cui ce ne sono in abbondanza, così da non farli languire.

28. Il vosro re…”, gli occhi di Corusja diventavano sempre più splendenti, “…concede quest’impresa, perché è un bene per la comunità. Non dovete dire adesso subito ‘sì’, tornate fra circa una settimana, nel frattempo qui saranno portati i miei primi carri e il primo magazzino sarà pronto. I vostri muratori e carpentieri saranno molto lieti di quest’incarico, darò loro un buon salario”.

29. Le facce indicano chiaramente prudenza. Corusja ribatte: “È da molto tempo che mi ha già dato fastidio che non si può più comprare in modo giusto, come dovrebbe essere. Qui e là uno viene spennato, la merce viene semplicemente spinta nella mano, e quando la si guarda, – ecco, non voglio dire altro.

30. Alcuni ricordano quando da noi c’erano gli israeliti. Il commerciante Isremia, che vi promette il ‘corno d’oro’, è un parente ed è ben visto. Quando ha chiesto per un’impresa – perdona, Isremia, mi sono informato, non vivo assolutamente sulla Luna – ebbene, ciò che ho sentito era buono, che sono ben contento di essere al tuo servizio. Vi potete fidarvi completamente di lui”, incoraggia gli uomini. “Quindi ritornate di nuovo tra una settimana”.

31. Più stupiti che rallegrati, gli uomini se ne vanno a casa. Si scambiano ancora le idee. Ognuno per sé soppesa il pro e il contro, ma quando dopo qualche giorno arriva la prima carovana, gli animali stracarichi, un magazzino coperto per la merce pronto come per magia, e stanno già tirando su le mura, allora cominciano a mormorare e a sentirsi depressi. Ma questa è una ricchezza ineguagliabile, e devono ancora arrivare quattro carovane come prima fornitura.

32. “Eccoci”, ansima uno.

- E un’altro: “Io ci vado e mi offro allo straniero. Chi macina prima, macina meglio!”

- “Ci vuoi respingere?”

- “No! E’ uno onesto che non augura del male a nessuno.”

- “Guarda, non possiamo più farci concorrenza”.

- “Hmhm, la penso così: dapprima stiamo al gioco; se va storto, allora possiamo sempre ancora …” “…ricominciare da voi? Toglietevelo dalla testa, non ci riesce! Ma ognuno faccia come vuole; io ci sto”.

33. Nello stesso giorno si discute con gli altri. Alla fine si è d’accordo che non si può fare altro che andare insieme con lo straniero. “Ma dobbiamo solo non far notare che noi ci offriamo a lui, che infine è il nostro luogo di commercio e non il suo”. Con ciò si è d’accordo, non si deve rinunciare in anticipo.

34. Alla sera presso Corusja, Isremia copre volentieri un sorriso. E’ facile guardare attraverso gli uomini. Corusja sorride apertamente. “E’ giusto (dubitare), perché vi abbiamo fatto riflettere se volete sacrificare generosamente le vostre bancarelle. Ebbene…”, pensa generoso, “…è a vostro vantaggio. Io come re posso anche vietare a qualcuno di commerciare. L’economia deve stare su una base solida. Se è condotta fermamente da una sola mano, non può che portare solo prosperità alla nostra città. Questo sia messo subito per iscritto, perché chissa se uno di voi non diventa vacillante”.

35. Interviene Isremia: “Non credo; ognuno vedrà quanto era buono l’accordo. Ma anch’io ci tengo allo scritto, se i collaboratori vogliono”. – Questo è il giusto tono che risveglia la fiducia, che la fortifica. Corusja va a prendere le lavagne, una per commerciante. “Le conservo io”, dice, “allora ognuno ha finito di preoccuparsi”. Con ciò si è d’accordo; e ora che è rotto il ghiaccio, molte domande vengono poste alla rinfusa. Isremia non si stanca di accontentarli, persino quando si domanda una cosa tre volte.

36. “Un buon affare per la mia città”, loda Corusja, quando alla sera si sta da soli.

- “Forse fa scuola”, risponde Isremia. “In ogni caso vengono promossi l’economia e il mercato. Si può pensare al terreno, ciò di cui gli uomini hanno bisogno. Se lo facciamo nel senso buono, dopo il mondano è benedetto. C’è comunque sempre da pensare al bene comune”.

37. Così passano i giorni tra discorsi spirituali e mondani, come lo richiede la vita. Orpa ammira sua sorella Ruth. E’ diventata una donna intelligente, tocca in Orpa dei lati di ciò che hanno insegnato Elimelech e Naemi. E comunque – no – non vuole andare in Israele, vuole rimanere in patria. Nessuno la costringe ad andare con loro.

38. Corusja è contento di ciò, ma la gioia per Ruth ha un piccolo privilegio. Ha anche preso a cuore Heleana, si adatta a tutto magnificamente. Quanto parla in modo garbato con i suoi figli e le nuore, spesso prende Orpa con amore in braccio. Ed è orgoglioso di Boas. Lo nota ovviamente: anche dall’estero si può avere qualcosa di buono. Tuttavia – la patria è la patria! Ma andare a vedere una volta com’è dagli amici, ah, …sì.

39. “Vieni anche tu, i tuoi figli baderanno che tutto vada bene, tanto, sanno tutto”, lo invitano i due uomini. “Tra breve viene da Antiocchia nuova merce, in parte per Michmas, in parte per qui, poi puoi tornare insieme ed avrai la migliore protezione. La mia gente è fidata, ben armata, non ti può succedere niente. Prenditi un dromedario, per tornare devi avere un cavallo da Atene; i miei messaggeri sono come freccie, vanno a prendere il regalo per te”.

40. “Isremia, è vero?”

- “Naturalmente! Vieni a vedere!”

- Naemi, Boas e soprattutto Ruth lo assalgono, e così è fatta; lui viene con loro. I consiglieri vengono informati, i figli sono istruiti al meglio, la città ha una costituzione migliore, in breve, …gli ospiti hanno portato un buon nuovo ‘vento’.

*

41. Nell’insieme sono passati due mesi. Isremia ha trovato un uomo fedele per il magazzino.

- “Non vuoi venire con noi?”, chiede Ruth alla sorella. “Rimani sotto la protezione del padre quando ritorni con lui, ma vedi quei luoghi dove sono lieta e felice. E…”, le rivela un segreto, “…sono benedetta, mi apparterrà un figlio”. Oh, sì, un po’ alla volta lo si nota, allora sono tutti contenti con Ruth e suo marito.

42. Gli occhi di Orpa si schiariscono. “Volentieri, se è possibile, voglio chiedere a Isremia”.

- Costui ride. “Naturalmente vieni con noi, la carrozza ha abbastanza posto. Per tornare a casa devi però andare a cavallo. Uno della mia gente ti prenderà sul suo cavallo. Soltanto, …non so se hai coraggio”.

- “Oh sì, solo, nessun cavallo, non sono abituata. Preferisco prendere un mansueto asino”.

43. “Questi sono troppo deboli per questo viaggio. Ti preparo un mulo”.

- “Lo voglio imparare!”

- “D’accordo, cara Orpa, affidati a me, vedrai come tutto andrà bene”.

- Di nuovo una gioia, Corusja bacia tutt’intorno. Comincia il viaggio, metà Ar-Moab è sulla via; lontano fin fuori dalla città li accompagna molta gente. Allora si nota quanto i moabiti amano il loro re. Lui ringrazia il Dio sconosciuto che gli è venuto di nuovo più vicino tramite Naemi.

 

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Cap. 19

Lieto ritorno – Tutti gli uomini sono figli di Dio

Corusja mette a nudo la sua coscienza

L’insegnamento di Laban – La parola dell’angelo

1. Sta comparendo Bethlemme, un’immagine di gioia per coloro che la conoscono, ammirata in silenzio da Orpa e da Corusja. Modesta, ma accogliente, ci si trova bene a casa. Un servo che era nel campo vede oltre una piccoloa collina della povere, corre a casa da Hanea, prende fiato ed esclama: “Credo che stiano per arrivare!”

- “Chi?”

- “La nostra gente. Ho visto un carro e dei cavalieri”.

2. Hanea corre fuori, fa ombra agli occhi, e dopo l’ultima collina compaiono carri e cavalieri. “Sì, sì, sono loro!”, torna correndo, scaccia avanti e indietro le serve, cosa che normalmente non fa, e salta di nuovo sulla via. “O Dio, Ti ringrazio! Li hai riportati di nuovo tutti bene!”

3. I servi lasciano il loro lavoro, si vuole salutare coloro che stanno arrivando e provvedere agli animali. C’è grande gioia del rivedersi e ringraziamento che il viaggio si è svolto bene. Qui si può anche imparare ancora qualcosa. Come si danno da fare i subalterni è veramente sorprendente.

4. Anche Orpa si sente bene, Oltre a Naemi alla quale dice piangendo: “Sei a casa qui, buona madre, lo sento che ne avevi nostalgia”, si avvicina ad Hanea.

- Il giorno dopo vanno a vedere i giardini, i campi e il luogo. L’affabilità di Corusja apre molti cuori, gli uomini di tutta Bethlemme vengono ogni giorno per parlare con lui.

5. “Come ti è andata madre Hanea?”, chiede Ruth il secondo giorno; prima non c’era stata l’occasione, c’era così tanto da raccontare. “Sei stata sola per lungo tempo. Il viaggio è stato bello, la mia nostalgia è calmata, ora non voglio più andar via.

- “Nemmeno a Gerusalemme?”

- “Ma questo non è un viaggio”, sorride Ruth, “fa parte di Bethlemme. Chi ti ha fatto visita?”

6 “Il principe Pereztha è stato qui sovente, anche altri amici, tutto è andato meglio di come pensavo. Solo, che era solitario senza di voi, il tempo è strisciato come una lumaca. Già dopo quattro settimane sono andata ogni giorno alla vicina collina, ci stavo a lungo nella speranza: ‘Oggi ritornano’!”

- “E quando siamo arrivati, proprio in quel momento non eri pronta”. Ruth si stringe nel braccio di Hanea.

7. “Era di giorno, allora avevo da fare; nel cuore ero pronta dalla mattina fino a sera. Certe notti ho teso l’orecchio, che non vi sentissi arrivare. Questo interiore, questa gioia ed unione, l’amore e la fedeltà recipora sono un Dono del nostro Dio, piantato nel cuore come nutrimento per la nostra anima. Se siamo sempre pronti di ricevere l’altro, allora siamo anche pronti a ricevere DIO!”

8. “Quanto hai ragione, madre Hanea! Sono ultrafelice di aver trovato il vero Dio, tramite voi. Non sono ancora da lungo tempo qui, ma mi sembra come se ci fossi sempre stata. Amo la mia patria e la voglio rispettare per via di mia madre defunta, per via del caro padre. Ma la mia anima dev’essere certamente nata qui, opure, come lo voglio dirlo: prima che venissi sulla Terra il mio angelo mi ha portato qui e ha detto: ‘Questo stavolta sarà il tuo luogo dove devi lavorare!’. Chissa se è così?”

9. Naemi si era avvicinata ed aveva sentito il discorso. Prende le due mani di Ruth con sentimento gioioso: “Lo hai riconosciuto magnificamente, e può essere la verità che prima della nascita tu sia stata guidata qui. Puoi essere uno strumento, persino se ci vogliono ancora molti anni, finché si adempirà ciò che è previsto eternamente, da LUI, dal Signore dell’eternità.

10. Rimani fedele in quell’umiltà che vale dinanzi al Creatore. Egli guarda nell’interiore; gli atteggiamenti esteriori non valgono per Lui! Se uno si piega o rimane diritto, non vale se la persona non l’intende veramente. Puoi piegare l’anima, ma guardare verso il Cielo da dove ci viene ogni Aiuto. Poiché il nostro Signore Iddio abita nel Suo Cielo, Egli può operare ciò che vuole! Egli crea eternamente solo il Bene da una buona Eternità. Sue sono tutte le cose e anche noi siamo Suoi! Vogliamoci attenere sempre a questo”.

11. Non visto dalle tre donne, sono arrivati gli altri. Loro ascoltano in silenzio, e ora Boas dice: “Questa era nuovamente una Parola da una luminosa altezza di Dio. O Naemi, oltre a Dio, sia ringraziato anche te! Come sono lieto che mi hai portato Ruth dal paese straniero. Il suo luogo non mi è più estraneo e così fondiamo ciò che degli errati (gli infedeli) separano continuamente: un altro paese con Israele. L’amico Corusja ce lo ha dimostrato che non deve esistere nulla che ci possa separare. Lui, secondo l’usanza un pagano, e crede di essere come noi un figlio di Dio.

12. Verrà quel tempo dove cadranno le differenze, dove esisteranno solo amici e…”

- “…così sarà un giorno! Ma, ah… chi calcola questo tempo? Le cose stanno tristi per l’umanità!”

- Ruth, anche profetica, indica nel paese vicino. “Quanto odio regna spesso tra una stirpe, quanto più, pure tra le nostre dodici tribù, tra popolo e popolo!

13. Ma…”, si drizza, “…questo non sia menzionato, anche se si deve pensarlo. Non è da misurare sul prossimo; è in noi da mettere la linea di condotta. Se agiamo secondo il saggio Consiglio e la Volontà di Dio, allora noi abbattiamo le barriere, amiamo i nemici come amici, allora noi siamo un chicco di seme per quel tempo, che si faccia pace su questo mondo reso povero!”

14. Corusja guarda oppresso sua figlia. Com’è possibile che è diventata ‘isrealitica’? Tramite Elimelech lui sa appunto: i giordani avevano uomini che avevano parlato ed agito dallo ‘Spirito del loro Dio’ ; e ci dev’essere stata anche una donna (Debora) che, guidata da Dio, ha salvato il popolo, allora, interiormente ed esteriormente. Anche la sua Ruth deve… anche lei…?

15. “Sì”, dice Naemi che poteva leggere i pensieri. “Ruth ha, certamente non pienamente profetica, una visione, perché si è data a Dio con tutto il cuore. Lei sarà l’antenata di un regno regale. Non per nulla, questo può anche valere: tu, Corusja, sei un re e i tuoi padri erano re delle città in Moab. Questo è l’eterno Governo di Dio! Egli non ha bisogno di aspettare finché si è sviluppata una via. I Suoi Raggi cadono giù dalla Luce su questo mondo, nell’Universo, che conosciamo solo come Cielo.

16. Rallegrati! Sei incluso nel Raggio della Luce, tu e tutta la tua casa. Sperimenterai anche qui ciò che ci porterà una grande Benedizione. Lo sento, solo non lo so ancora; poiché la Benignità di Dio ci vuole soprendere, donandoci sempre qualcosa di nuovo dall’Amore della Sua Magnificenza.

17. Ora venite, la cena è pronta, dopo possiamo andare a riposare. Prima è arrivato un messaggero che per domani ha annunciato il principe Pereztha. Vengono anche alcuni amici. Lui crede che Hanea sia ancora sola. Quanto sarà contento adesso che siamo ritornati bene e, credo volentieri, che quelli di Gerusalemme concluderanno presto un buon patto con Corusja, che per i due popoli – almeno per un certo tempo – porterà la pace”.

18. “Non deve dipendere da me”, dice Corusja. “Presso il re del paese ho un buon nome”.

- “Anche secondo la fede?”, chiede Opra timorosa.

- “Questo no, figlia mia. Lui è attaccato saldamente ai nostri déi. Rovinerei solamente, se esprimessi la convinzione che esiste un solo Dio che Israele ha imparato a conoscere tramite il suo patriarca e il suo grande Mosé!

19. Non conta prima la pace, che ci unisce? Non potrà intanto bastare, quando uno viene interpellato? Una tempesta può portare qualcosa di buono, ma è quasi sempre una distruttrice. Così anche una nuova via! Se annunciassi al re la mia fede e lo pregassi di introdurre la dottrina dell’Unico Dio… oh, verrei bandito, scoppierebbe la guerra, sofferenza e morte sarebbero il tributo invece della gioiosa conoscenza! Sarebbe questa la Volontà di Dio?”

20. Adesso Corusja parla come se fosse già del tutto convertito. Non ha importanza se rimane appeso ancora un pezzo del vecchio Adamo.

- Isremia dice: “Ti dò ragione, Corusja. Affrettare qualcosa può diventare pericoloso; non ci porta ciò che è stato previsto.

21. Un’aperta confessione può rovesciare certamente un’epoca. Allora precederà qualcosa d’altro in cui l’umanità noterà: – Il vecchio crolla, il nuovo sale! Chissa se stiamo vivendo una simile epoca? Certamente è ancora lontano il tempo della svolta (Cristo). Quindi è meglio operare nella piccola cerchia, come lo ha detto precisamente Ruth: ‘…noi, un chicco di seme per quel tempo, affinché si faccia pace su questo mondo’ !”

22. Lo sguardo di Naemi va lontano: “Vedo dei cerchi che s’intersecano e si dividono, un cerchio come un secolo. Si formano molti cerchi. Su ognuno sta un Raggio di Dio, riconosciuto, negato da coloro che colmano i cerchi. Doniamo questi Raggi ai nostri cuori, come un ‘chicco di seme’ che DIO sa seminare, come, quando e dove, secondo la Sua maestosa Volontà”.

23. Non c’è un dolce soffio, come se UNO vi stesse non visto, che benedice i figli degli uomini? Non vi passa un brivido su tutti, mondanamente come un brivido di freddo, perché ci sono molte cose da deporre, spiritualmente come un’alta Beatitudine: C’è Dio con noi! Inavvertitamente si prendono per le mani, formano un cerchio e non sanno che persino pochi uomini possono riempire spiritualmente un secolo attraverso i Doni che il Signore ha donato.

24. Non lo si riconosce subito. Dio mette il cerchio come un anello alla Sua mano destra, con tutti coloro che si mettono insieme sotto la Sua Guida, sapendo: ‘Il Signore è il nostro Dio, noi siamo Sua Proprietà!’ Se si crede in ciò senza sentirsi privilegiati, ci si sente come una scintilla di Sole, allora è giusto: – l’anello alla Mano destra di Dio, …per la Rivelazione della Sua Magnificenza, per l’elevazione dei figli Suoi.

25. Consumano la cena in silenzio, a cui si aggiungono altre persone per le quali è iniziata la serata. Chi è stanco va a dormire, le famiglie stanno sedute insieme ancora un po’. Corusja si fa spiegare la visione di Naemi. Lo fa Isremia, lui interpreta al meglio le visioni. Dopo una maggiore spiegazione aggiunge:

26. “Un cerchio somiglia ad un secolo, e in ciascuno l’umanità va su e giù, qui e là nella pace, finché dei popoli si dividono di nuovo e corrono delle guerre su questo povero mondo. Incalcolabili cerchi, …ed è bene che solo Dio conosce i numeri. La loro somma ci spaventerebbe, preicisamente così come se molto tempo prima sapessimo la fine della nostra vita.

27. Quanto è beatificante la tristezza di questo mondo: Dio ha il su e giù degli uomini nella Sua mano di Creatore! Possa splenderci un Sole o minacciarci delle tempeste, …noi siamo adagiati nel Cerchio di Dio, nel Suo unico Tutto! Appartenere del tutto a Lui non dipende da noi, lo possiamo solo chiedere. Anche prima potevamo formare un tutto, e nessuno lo ha voluto; non c’era semplicemente, era e rimane! Noi per tutti i tempi vogliamo chiedere la Sua rimanenza”.

*

28. Il giorno dopo arriva il principe Pereztha, Laban, Selemech ed Herias. C’è grande gioia, non si finisce di raccontare. Solo verso sera si possono fare delle domande concrete.

- “Com’è il governo?”

- “Sulla via del ritorno dal confine era tutto tranquillo, un vero beneficio dopo gli anni incerti, amaramente difficili”.

29. “Hai ragione, Isremia”, conferma il principe. “L’Aiuto di Dio! Ma che per me era evidente, che – ebbene – si creda e si dubiti. E’ umano!”

- Pereztha ride un poco.

- Boas dice: “Questo è nel sangue dell’uomo perché ci manca il collegamento più intimo. Potrà dipendere dalla materia oppure da chissà cosa. Si ha grande volontà, ma non basta per quelle sole azioni che rinsaldano il collegamento dalla fede”.

30. Naemi aggiunge: “Noi percepiamo la nostra imperfezione, se non sorvoliamo su nulla in noi stessi. Si dubita se Dio aiuterà non appena abbiamo bisogno del Suo aiuto. A questo riguardo è persino buono un dubbio, molto più rivolto contro di noi che contro il vicino aiuto di Dio. Perciò non essere triste, Pereztha, i tuoi dubbi, non di rado ci rendono forti”.

31. “Mi alleggerisci. Sai, se fosse possibile come è risultato dal tempo del primo giudice (Debora), nel governo vorrei avere te accanto. Putroppo ci sono molti uomini che non lo tollerrebbero mai. ‘Una donna? Ci si deve far istruire da una donna?’ Questo espressioni passerebbero per tutto il paese”.

- “Questo lo si può evitare”, dice Corusja.

- “Ah sì,? E come?”

32. Il moabita ride scherzoso. “Non si deve mettere tutto sulla lavagna. Bethlemme è nel mondo, Gerusalemme non è lontana. Se quindi fosse necessario, allora vieni a prenderti un consiglio segreto dalla nostra veggente. Lo possono sapere i tuoi amici più stretti, non riguarda gli altri, – penso!

33. Io l’ho notato in Ar-Moab. Prima Elimelech mi ha dato qualche consiglio, più tardi Naemi. Le donne hanno quasi sempre un sentimento più profondo, e in più il dono di veggenza, sì, …ditemi: non devo ascoltare un tale consiglio e seguirlo, quando è per il proprio bene, soprattutto di tutto il popolo? Non metto delle trombe alla bocca per diffondere, dicendo: ‘Ciò che faccio, me lo ha consigliato Naemi!’ Allora agisci, principe del paese, e non sbaglierai!”

34. Laban ride e contagia gli altri. “Vedete, un amico forestiero con il suo consiglio si è avvicinato a noi. Corusja, ti ringrazio, …per tutti noi!”. Ora coglie l’occasione. “Facciamo un patto: diventiamo amici che si confidano reciprocamente e che possono costruire sull’aiuto comune”.

35. “Lo abbiamo già discusso ed ho aspettato volentieri finché da voi…”, Corusja indica il principe, “…sarebbe venuta la richiesta, affinché per un lungo tempo si faccia pace tra Israele e Moab. Ci siamo attaccati, e non dovete dire che dipendeva solo da noi. Sovente avete sorpassato i nostri confini. Ora affermo: il re del nostro paese è molto pacifico! Voi non avete dei re, ma alcuni vostri giudici che – come so da varie notizie – hanno governato al posto dei re, e alcuni erano cattivi. Pensate solo a Beraba, l’ultimo manigoldo”.

36. Herias lo afferma. “Purtroppo è così in questo mondo. Chi siede in alto, sparge durezza. Ma ora lasciamolo da parte. Dico subito in anticipo: il principe è disposto a purificare i confini. Dipende sovente dai doganieri che abusano della loro funzione, e penso che sia così anche dai moabiti”.

37. “Hm…”, ammette malvolentieri Corusja, “…se volano delle parole, degli stolti prendono subito le lance. Ci è capitato un simile caso al confine. Dato che non si è pouto chiarire chi aveva iniziato, ho punito i nostri, Isremia, in unione con Boas, i vostri doganieri. La lite è sorta per noia, e allora ho pensato di dare più spesso il ricambio ai doganieri”.

38. “Noi faremo proprio così”, dice Pereztha. “In questo modo sono da evitare liti e contese. Verso il nord questo non va, ma là ho degli uomini fedeli che badano anche al di là di questi confini. Se ora noi, Israele e Moab, abbiamo un patto, rimarrà anche pacifico altrove, …speriamo per lungo tempo”.

*

39. Quella sera viene stabilito ancora molto. Per Israele vale tutto; per Corusja dipende se il suo re è d’accordo. – Purtroppo Pereztha deve andare di nuovo al lavoro. Lo accompagnano Herias e Selemech. Laban rimane, vuole discutere ancora con Corusja: l’economia, lo scambio di merci e cose simili, a cui soprattutto Isremia può contribuire particolarmente.

40. Laban, Isremia, Boas intraprendono alcune uscite con Corusja, affinché costui impari a conoscere il paese e la gente. Fanno visita a Hebron, a Michmas, alla fonte di Giacobbe, al laghetto di Betesda ed ad altro. Si riservano ancora Gerusalemme e Silo. Devono venirci anche le donne. Per Orpa e Corusja dev’essere l’ultima gioia prima che riprendano a viaggiare di nuovo verso la patria.

41. Nuovamente una sera silenziosa, pacifica. Le stelle stanno in alto. Stanno seduti nel cortile interno. Si parla del più e del meno e si è di nuovo sorpresi perché Corusja pone domande profonde. Tuttavia, …è cambiato bene. Proprio adesso pone una nuova domanda: “Voi parlate di peccati. Da noi non lo si fa. Le azioni cattive sono crimini, e i criminali vengono puniti. Questo è umano. Voi credete nei peccati contro Dio. Ma si può rattristare DIO, l’UNO? Non sta abbastanza in alto, secondo la vostra opinione, che possano riguardarLo anche le cose mondane?”

42. Una domanda seria. E’ Laban che risponde: “Dall’intelletto del mondo hai osservato bene, Corusja. Qualcosa di cattivo è peccato, e senza un legame interiore, qui verso il nostro Dio o il nostro spirito, rimane una cattiva azione lasciata al giudizio del mondo. Questo vale persino dinanzi a Dio, perché EGLI ha dato la Legge: «Non uccidere, non commettere adulterio, non rubare»; ciò che è contro il diritto e la verità. Questo non si deve fare.

43. La vera infrazione contro questa Legge che riguarda puramente Dio, rimane un peccato contro di Lui. Un esempio: – Si sa che Dio esiste, perché infatti la vita, la natura e molto altro testimonia di Lui e delle Sue Opere. Ma se non Lo si vuol riconoscere, allora si deve anche vivere di conseguenza. Inoltre, il mondo seduce ancora molto e guida il senso all’esteriore, e per questo, Dio è poi troppo scomodo. Se si mente per questi motivi, è un peccato contro di Lui; perché in ciò si stanno di fronte unicamente l’uomo e Dio.

44. Diversamente è quando si commette un’ingiustizia al prossimo, quando lo si minaccia, si deruba oppure persino lo si uccide. Tu la pensi anche come altri: questa è una faccenda fra uomo ed uomo. Considerato superficialmente, sì! Se pensiamo un po’ più profondamente e ci domandiamo: ‘Da dove veniamo, da dove viene tutto?’, il credente lo sa per convinzione: Tutte le cose sono da Dio! Se LUI ha dato la vita, allora LUI è il Proprietario fondamentale, e nessun altro ha il diritto di danneggiare in qualche modo un altro oppure di spegnere una vita.

45. Hai menzionato Beraba, così come cattivo giudice; e lo era anche. Ha tolto a molta gente i suoi averi, ha tormentato finché sono dovuti fuggire, ha fatto uccidere molti. Quindi ha peccato contro i viventi. Ma poiché la vita è provenuta da Dio, è e rimane un peccato mortale contro DIO. Egli esige anche la resa dei conti da tutti i malfattori.

46. Guarda: se ogni male riguardasse solo il mondo, allora come alto esempio il Cielo non avrebbe fatto i conti con il giudice. Non lo puoi comprendere ancora del tutto, ma molti uomini seri sono testimoni di questo: Dio ha mandato i Suoi angeli come vendicatori! Se Dio avesse lasciato il diritto della resa dei conti agli uomini, Egli non avrebbe mandanto gli angeli. DIO come Proprietario fondamentale di ogni Vita, veglia sulle Sue Proprietà, in cui la vita consapevole è al primo posto, per cui il giudice ha peccato contro Dio. Lo comprendi certamente, vero?”

47. “Hm, lo devo dapprima elaborare. Forse non è del tutto giusto: Se regalo qualcosa a un povero e lui viene derubato, allora avrei il diritto di punire i ladri. Infine, era appunto la mia proprietà che ho dato. Oppure no?”.

- Corusja ammicca con la spalla. A lui stesso il suo esempio sembra strano.

48. “Hai persino ragione”, conferma Laban. “Se inoltre tieni quindi le tue mani su tale povero affinché non gli capiti nessun danno, allora è anche tuo diritto portare i malfattori davanti al tribunale. Ora trasferiamo ciò sul Creatore di tutte le cose viventi. Come un ladro nel vero senso ti ha derubato, che in prima linea vale al donatore e solo poi al ricevente, è quindi ben da ammettere che se tutti i buoni Doni vengono dal Signore, allora ogni ingiustizia, tutte le cattive azioni, dal più piccolo furto fino all’omicidio, rimangono peccati contro di Lui, il Donatore!

49. In tal modo è spiegato se Dio può rattristarsi. Esiste un sì e un no. Non c’è nessuna contraddizione, amico mio”, Laban mette una mano sulla spalla di Corusja. “Il ‘sì’ è stato facilmente dimostrato. Se infine ogni peccato è rivolto contro Dio, dal Quale abbiamo tutte le cose viventi, allora ogni peccato deve riguardare Lui”.

50. “Nel contesto lo capisco, ma un DIO è altamente maestoso. Come può venirGli negli orecchi la confusione mondana che Lo possa rattristare? Ho imparato molto da voi, ammetto e penso che il vostro Dio che io - ebbene – hm… ho imparato ad amare, è troppo alto e Santo da tormentarSi con i traffici mondani”.

51. “Non lo fa! Come eterno Sovrano Egli sta davvero troppo alto, affinché l’umano possa riguardare la SANTITA’ della Divinità. Non è del tutto facile la differenza: Nella Divinità non esiste nessuna scissione, ed Egli stesso non si scinde mai! Come mai che esiste allora un sì e un no? Allora dovrebbero esistere due parti nella Divinità! Lasciamoci attrarre nella Sua altezza, e là si riconoscerà ciò che in sé è molto difficile.

52. Dio, poiché è eternamente santo, è sempre il Sovrano, intoccabile dalle cose di quelle Opere, qui inteso il popolo-figli, quindi da ciò di cui noi stessi abbiamo causato, ma dato che Egli è comunque il Giudice su ogni vita, su debito e credito, allora la porta per i figli in Lui è aperta.

53. Egli non solo vede, Egli accetta tutto! Qui comincia il peccato contro di Lui, non solo contro la Sua Santità, per un altro, bensì contro la ‘Legge della vita’. Dio può mostrarsi diversamente e lo fa anche, a seconda di come un figlio si affida a Lui, a seconda di quanto si allontana da Lui. In Lui, nella Sua Santità, in genere vale il ‘no’. Niente lo colpirà. Egli resterà sempre se stesso!

54. Se Egli si mostra e non saprei quando si è mai nascosto davanti al popolo dei figli che Egli si è creato per la Sua Gioia, allora, se si può chiamare così, la Parte rivelata della Divinità è anche aperta ed accoglie i peccati di tutti i poveri figli. Se non lo facesse, e ne avrebbe la Potenza, allora ogni malefatta rimarrebbe inespiata e peserebbe eternamente sul fautore, inseparabile dalla sua anima.

55. Da ciò risulterebbe una distanza da Dio, e i peccatori non diventerebbero mai liberi dal loro peso, non ritornerebbero mai nella Casa del Padre, rimarrebbero lontani dalla Grazia, da ogni cordiale Compassione con cui Dio come PADRE si china ai figli! Se questa fosse per noi la fine, allora saremmo cancellati per sempre! Il Signore si sarebbe creato per nulla il Suo popolo, avrebbe eretto inutilmente il Santuario, inutilmente aperta la magnificenza dell’Empireo!

56. Dato che Egli tiene aperta una Parte del Cuore per i peccati commessi nella materia – nella Luce non esiste nessun peccato – così ognuno va contro di Lui. Nonostante l’incommensurabile Santità, Egli si china giù verso colui che spinge verso di Lui tutto ciò che è basso, falso e cattivo. Così Egli lo accetta, così Egli si fa colpire (la Croce) per espiare per i figli ciò che loro stessi non potrebbero mai rimettere del tutto.

57. Finché viviamo sulla Terra, non guarderemo attraverso il santo Mistero, ma la grande Benignità di Dio si può presagire come lo ha insegnato Mosè: ‘Quanto Egli ami la gente!’. Forse il Suo Amore un giorno sarà un Atto di Sacrificio, così da prendere su di Sé i fardelli dei figli caduti; e ogni misfatto, grande o piccolo, è una caduta, uno sprofondare nelle tenebre della nostra anima.

58. Da questo, il Signore ci solleva, ci prende alla Sua mano di Padre e ci conduce nella Sua Luce, quando confessiamo: ‘Signore, ho peccato dinanzi a TE ed ho commesso un’ingiustizia!’. Così il ‘sì’ è la Mano destra del Creatore e il ‘no’ la Mano sinistra. Egli non viene rattristato, Egli si lascia rattristare, a causa nostra, affinché un giorno si diventi beati nel Suo Regno della Magnificenza!”

59. “Laban, c’era…”, entra un giovane e completa come se fosse stato tra di loro, “…una parola, a cui il Signore ha dato il Suo ‘Amen’. Chi la riconosce e crede, può vincere molto del mondano, diventa libero da quella colpa e da quel peccato che gli uomini non hanno bisogno di commettere, se si sforzassero, se si lasciassero elevare, come lo ha detto giustamente Laban.

60. Nondimeno, molti, pur se già credono in un Creatore, Lo vorrebbero trascinare giù sulla loro povera posizione: ‘Egli dev’essere come loro, anche LUI deve avere errori!’. Oh, chi pensa così, perde l’unione della Luce, ed anche se eleva le mani o prega giorno e notte, in fondo, …uno simile parla con se stesso”. Il giovane si siede accanto a Naemi, continuando:

61. “Ve lo impone quell’autentica riverenza che è la quint’essenza dell’Amore di Dio, di conoscerLo al di sopra di voi, e guardare credenti in su, a Lui. Non è nel vostro senso di avere Dio accanto a voi, ma Egli nella Sua Benignità c’è sempre. Non così come verranno tempi in cui Dio sarebbe anche puramente umano e come Tale avrebbe da vincerSi. Se fosse così, Egli, poi, come sarebbe un DIO?

62. Lo negate e fate bene. Se il Santo si è mostrato in modo divino (Melchisedec), se Egli un giorno comparirà come Uomo, – Egli è e rimane sempre Dio! La materia che EGLI ha creato per la salvezza dei caduti, non ha nessuna parte in Lui. Ve lo dico io, perché da questa casa…”, mette una mano sul capo di Ruth, “…si mostra una via esteriore da cui nascerà una pura serva (Pura-Maria): questa è solo la figura esteriore nella quale Dio si farà riconoscere e tramite la quale Egli porrà la Chiave di Volta dell’intera Redenzione (Golgota). Altrimenti…? In questa non sarà mai sminuito il Divino (Col. 2,9), mai la materia Lo potrà contaminare!!

63. Quando però gli uomini cadranno sempre di più nelle tenebre, allora si cercherà in Lui ciò che c’è nell’uomo, ma non in DIO. Voi vi chiedete rattristati, come è possibile, se avverrà la cosiddetta redenzione fondamentale, venire poi ancora un tale pensare cattivo. Vi si deve annunciare ciò per cui la maturità di questo tempo non può ancora provare, intendo l’umanità in genere. E così fate attenzione.

64. E’ naturalmente solo una parabola; con le Parole del Cielo che sarebbero da dire, non lo comprendereste: – Consideriamo una grande botte nella quale si raccolga dell’acqua, nella quale vi viene gettato molto altro, e qualcosa vi cade dentro da sé.

65. Tutto sprofonda fino al fondo e si raccoglie come rifiuto. Quando occorre pulire la botte, prima si attinge l’acqua, che presto sarà opaca e sporca. Infine il fondo è puro fango, che è da allontanare. Il simbolo della materia somiglia alla botte.

66. Dio ha dato in questa la Sua pura Acqua. Questo significa il Suo aiuto e in tal modo la Luce dei Suoi figli che scendono nella materia per aiutare, per purificare. Il loro aiuto non si estende a Dio, ma alle cose che si sono radunate, gettate dentro da incarnati attraverso i peccati e le colpe, con le quali i caduti si sono particolarmente infangati.

67. Dio sapeva da sempre che il contenutore è da purificare, e lentamente Egli ne afferra il fondo. Ma prima che i peggiori resti siano da togliere, EGLI porta la Chiave di Volta della redenzione, senza la quale il resto non si esaurirebbe. Certamente Egli lo può fare anche con la Sua potenza e una particella dominante, fin dove la materia lo può sopportare, senza abusare.

68. Quella Chiave di volta scende giù fino sul fondo e il fango viene smosso. Solo così l’ultimo resto si lascerà riparare, proprio così è da pulire il contenitore. In tale tempo irromperà dentro, ciò di cui si può pensare: ‘tutto va in rovina!’. L’uomo, l’etica e la fede; tutto ciò che è buono, muore!

69. Ma ancora una volta, di questo serve come simbolo: che Dio si riveste solo nell’esteriore, per sacrificare il Suo Tributo di Luce ai materiali. Tuttavia Egli rimane peculiare, oltre lo spazio e il tempo. Attraverso la manifestazione del resto della materia, incarnata in coloro che vengono innalzati dall’ultimo abisso – anche se difficile da ammettere – viene liberato l’abominevole fango, sciacquato, fino all’inizio di quella maestosa Ora della Sera[16] della quale non potete ancora sapere nulla, quando potrà essere purificata tutta la caduta, la materia potrà essere sospesa. Allora non servirà più. Soltanto il Regno della Magnificenza del Creatore rimarrà eternamente!

70. Dapprima, secondo l’indicazione, l’umanità di questa Terra perderà molta Luce, perché si eleva troppo da se stessa materialmente ed anche secondo la cosiddetta fede, e perciò con ciò vuole attirare Dio giù a sé. Questo è possibile a parole: ma che cos’è una parola, a cui non seguono delle azioni? Ad un uomo non sarà mai possibile di attirare da sé Dio, il Santo, a sé, nemmeno mai da richiedere!

71. Oh, …Dio non ha bisogno di venire, per esserci! Da Sé Egli è presso tutti coloro che credono in Lui e presso coloro che hanno bisogno del Suo aiuto per l’anima. Sarebbe allora necessario mettere Dio accanto a sé, considerarLo come se Egli fosse oltre alla Sua Divinità, anche come un Uomo terreno?

72. Egli stesso è l’eterna Divinità che non ha bisogno di nessun cambiamento, mentre è l’uomo insieme alla materia che è perituro, e solo il suo spirito insieme all’anima dalla Divinità rimane vivente, come di conseguenza, – dovrebbe o potesse il Creatore portare in Sé le perirutirà? Questo non avviene nemmeno una volta transitoriamente!

73. Avviene un Atto, perché Egli è l’UNO. Egli, quando entrerà come un Uomo nel mondo, per via degli uomini così come appaiono. Si atteggerà per via di loro come Uomo, cosa che riguarda appunto solo la Figura esteriore. E questa non la assume per via di Sé. Egli potrebbe comparire come io sono ora con voi; ma coloro dei quali si tratta nell’ultima fine, non comprenderebbero mai il senso come voi, non Lo riconoscerebbero mai e non sarebbero mai da includere nella maestosa Redenzione fondamentale.

74. Voi pensate: ‘Che senso sarebbe, poter sapere tutto, ma non avere nessuna influenza sul futuro, quando questo avverrà?’. Cari amici, Laban aveva detto bene, vi dovete lasciar attirare sull’Altura di Dio. Le Forze che vengono dalla Lue, persino se sono solo ‘l’insegnamento’, rimangono negli uomini, il cui spirito irradia sull’anima.

75. Queste Forze rimangono esistenti oltre la morte terrena. Non solo così che sarebbero poi da mandare quando si adempirà quel tempo. Già ora ne coglie l’oscurità degli uomini, anzi persino dei poveri esseri che languono ancora nel loro abisso, di certo, in modo meno consapevole oppure persino voluto; ma dalla Forza del santo Avvenimento questi Raggi saranno efficaci continuamente.

76. Non dovete far altro che coloro che sono poveri nel corpo e nell’anima, li includiate nel vostro amore. Se lo fate, allora attraverso i Raggi di Dio vanno anche fin sul fondo, e voi stessi avete la Benedizione che il SIGNORE sa dare! I Raggi di Dio non agiscono per nulla solo tramite gli uomini, perché Egli non ha bisogno di nessuno per fare ciò che Gli compiace nel Suo Amore. Tuttavia Egli usa volentieri voi e noi, i celesti e i terreni; allora Egli include tutti nella Benedizione dell’eterna Redenzione!”

77. Quale Respiro soffia sugli uomini; si levano alti i cuori. Naemi come anche Ruth hanno riconosciuto il loro aiutante sulla via verso Bethlemme. Laban, Boas, Isremia vedono in lui quello che ha aiutato a giudicare il giudice. Beraba doveva cadere, per ammettere una volta quanta colpa aveva da rimettere. Se il Cielo fa cadere qualcuno, allora è l’alta Mano salvifica del Signore.

78. Orpa e Corusja non presagiscono chi fosse il giovane e l’uomo deve combattere per accettare in sé la verità. Orpa, per la prima volta iniziata in qualcosa nella profonda conoscenza, pensa: ‘Non è del nostro mondo’. Nel frattempo Ruth gli si è gettata in braccio, singhiozzando veementemente per gioia, ringraziamento e giubilo, perché è ritornato, del quale ha sempre avuto una nostalgia.

79. Anche le lacrime di Naemi scorrono. Hanea afferra le mani chiare ed Heleana, non conoscendo la cosa più alta di una rivelazione di Dio, si avvicina. Vorrebbe sedersi volentieri un poco accanto a questo chiaro, come se da ciò diventasse più matura, per andare mano nella mano con Isremia in una sola fede.

80. Nel silenzio che ondeggia dopo questo insegnamento di vita, Corusja si schiarisce la voce. “Posso domandare chi sei? Perché uno così giovane di appena sedici anni, e ora, …un alto insegnamento, solo che non ne ho compreso molto. O caro giovane, dove hai preso questa Sapienza? Le tue parole scorrevano come un fiume. Al massimo, degli insegnanti anziani, saggi, potrebbero portare questo. Ah, ecco…”, si interrompe, “…qui le cose vanno diversamente che altrove sul nostro mondo, e chissa – Ho riconosciuto qualcosa, solo, manca molto per accettare tutto. Ti prego, rivelami il tuo segreto”.

81. “Lo posso fare, ma deve parlare tua figlia Ruth, appunto perché fra tutti lei è la più giovane”. suona gentile,

- Una chiara cara risata. “Oh…”, dice Ruth, e si adagia più forte presso il giovane, “…preferirei che tu levassi i tuoi veli”.

- L’angelo dice cordialmente: “Parla, e si mostrerà che Dio lascia giungere la Sua Luce e la Sua rivelazione anche tramite voi uomini”.

82. Ruth aveva già riferito del viaggio con Naemi, che un angelo era stato il loro accompagnatore, mentre Corusja aveva pensato: ‘Ruth vede tutto nella fantasia, non lo si deve prendere così alla lettera’. Ora ripete il rapporto ampliandolo, alla fine mostra sul chiaro ed afferra nuovamente le sue mani.

83. “Credimi, caro padre, lui è un angelo. Tu stesso hai domandato da dove quel giovane ha questa Sapienza, quella cosa magnifica dell’espressività. Nessun uomo lo può portare così, nel quale è da riconoscere che egli non proviene dalla nostra Terra; e nessun vecchio insegnante di questo mondo potrebbe dare ciò che lui ha insegnato.

84. “Orpa, lasciati abbracciare, passerà attraverso la tua anima”. Il messaggero di Dio attira Orpa al suo cuore e poi lei piange forte:

- “Oh, cosa mi sembra? La sofferenza portata per il mio marito defunto da giovane, ad un tratto è cancellata. Sono beata e libera!” Non vorrebbe staccarsi, anche se ognuno vorrebbe gustare una tale beatitudine.

85. Ora Ruth vi conduce Heleana e questa sperimenta la stessa felicità, tale che il mondo non ha. Corusja tossisce di nuovo, in lui spinge e lo strozza, vorrebbe volentieri confermare che si svolge qualcosa di straordinario. Ma ciò che per una vita è stata convinzione, non si può superare ad un tratto come se non avesse mai colmato il suo senso moabita. E ora…

86. “Quando molti riconoscono una cosa, mondanamante impenetrabile, si deve esaminare: non potrebbe essere la verità? Sono un pagano, come voi israeliti descrivete coloro che credono diversamente. Ma potrebbe essere secondario, se si crede in uno o più déi, che da me non sono stati mai considerati come figure. Per me i nostri déi erano forze che ho amato. La forza, non è qualcosa di buono? L’uomo ha bisogno per ogni fare e operare, di una forza. Perché dovrebbe essere male?”

87. “Non è una cosa cattiva, perché anche Dio ha molte Forze”, dice l’angelo. “Solo che non vengono rappresentate come pesone. Guarda, quando pianti un alberello, hai bisogno di tutta la tua forza da uomo, persino con il più forte non può bastare un unico. Sei perciò più persone? Lo neghi volentieri. Non è diverso con le Forze di Dio.

88. Che voi e molti altri popoli, assolutamente non tutti di questo mondo, avete considerato le Forze come persone, in sé non è male, solo la vostra adorazine che avete sacrificato alle figure, prodotte solo da mani umane. Allora si mostra quella differenza tra la vostra fede in molti déi e quella del Dio Unico. Ora lo comprendi, non è vero?”

89. “Si fa Luce”, ride Corusja, “mi viene in mente ciò che mi hanno insegnato Elimelech e Naemi. Sì sì, sarai un messaggero del tuo, …mio Dio, e ti ringrazio, mi hai aperto gli occhi. Solo ora sono veramente lieto, perché sono venuto fin qui”. Stringe al petto fortemente il giovane, e com’è bene che un tale celeste sopporta di più che un uomo forte del mondo!

9. “Vengo ancora una volta da voi, allora la missione per me da voi, è finita. Il resto lo potete percepire sotto le Ali di Dio, e non mancherà che avrete sempre la Sua Grazia”. L’angelo se ne va. Gli uomini rimangono insieme a lungo, interiorizzati in silenzio. Solo alla successiva sera riprendono l’insegnamento, ne discuono e sono felici che Dio ha lasciato venire ancora una volta il Suo messaggero.

 

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Cap. 20

Corusja prossimo alla fede

Dio si rivela nella Grotta di Betlemme

1. Sono passate ancora un paio di settimane. Sovente viene il principe del paese e anche uomini famosi dal più stretto circondario ed anche del popolo, la gente più semplice. Ci sono magnifici discorsi, il contatto diventa sempre più saldo, finché una sera, quando solo Pereztha è tra di loro.

2. All’improvviso Corusja dice: “Quando torno a casa porto un altro abito, interiormente. Voi israeliti mi avete tolto il mio vecchio. Certamente oltretutto felice, ma non so se devo ringraziare per questo. Per il popolo devo essere un moabita, – come dovrei rimanere diversamente unito con loro? Questo è in qualche modo attaccato a me e, con ciò…”

3. Dice il principe: “Non dovresti preoccuparti per questo. Hai ragione dell’abito ‘interiore’. L’esteriore può rimanere, quando l’uomo si trova in esso nel giusto, nella fedeltà e nella verità. Questo te lo porti a casa. L’interiore ti aiuterà, se fosse necessario, a governare ancora molto meglio i tuoi cittadini ed essere un sostegno al governatore capo. E molto altro di buono.

4. La fede in un Creatore rimane il fondamento del buon pensare, parlare e agire, cosa che in te si è rinsaldato magnificamente. Elimelech e Naemi hanno seminato la semenza di base, e anche noi altri abbiamo potuto spargere un paio di chicchi. Quindi non essere scoraggiato; la via rimane luminosa, ci si accorgerà quanto ha aggiunto alla tua bontà già esistente.

5. Che non devi far sapere subito della fede in un solo Dio, è rassodato. Dio considera meglio che non gli uomini. Chi attorno a sé non mette il mantello per paura di fallire, per paura della derisione, costui può custodire il suo sapere santo-bello come un gioiello. Di tanto in tanto lo si lasci splendere, si percepirà facilmente dove ciò deve avvenire e quando può ‘risplendere’.

6. Anche il nostro Mosè lo ha saputo. Solo nella salvezza del suo popolo ha lasciato agire tutte le Forze spirituali. Prima di lui anche un figlio del terzo patriarca (Giacobbe), venduto dai fratelli al Nilo. Lui è diventato il ‘segreto consigliere’ del faraone (Giuseppe - Gen. 41,45).- Proprio la cosa ‘segreta’ è la Forza più vigorosa. Solo, non si dovrebbe riconoscere la fede in ogni tempo unicamente come segreta, allora inganneremmo noi stessi. Chi potrebbe sussistere allora dinanzi a Dio?”

7. “Interrompo”, si annuncia Corusja. “Quando in questo modo si conosce qualcosa e lo si nega per qualunque motivo, come si può sussistere dinanzi a Dio? Lo può qualcuno che ha imparato solo a conoscerLo? Anche se Egli è la Bontà e l’Amore, così è anche giusto ciò che voi avete detto: ‘Egli non accarezzerà sempre’.

8. Forse è l’espressione più grande del Suo Amore, perché da figli, solo accarezzati, non ne esce molto. Se penso alla mia imperfezione, alla mia colpa commessa prima, allora le cose sono storte e Dio dirà a me: ‘Che cosa vuoi da Me? Va prima e rendi tutto di nuovo buono’. E questo – oh, no – non lo può nessun uomo, almeno non tutti”. E’ autentica tristezza che è venuta sopra il moabita.

9. Naemi lo consola. “Caro amico, a me succede come a te. Anch’io non potrei sussistere dinanzi a Dio. Colpa ed imperfezione sono un largo fosso che non si può superare. Allora si deve fare un ponte, che è un’ardente supplica che Dio voglia aiutare in ogni tempo, e sappiamo solo sviluppare la volontà migliore. Non questa: ‘io lo voglio, …e poi si rimane fermi’. Questa è una mela marcia e rovina tutto lo stomaco di un’anima.

10. E’ inteso così: Dio guarda all’animo se è in ordine. Con puri pensieri giusti si può nobilitare un animo, anche se non si è mai sentito parlare di un Dio unico. Ma chi sa che Lui esiste, può rendere il suo animo il luogo del puro pensiero di Luce unicamente tramite la fede. Con ciò si può ben sussistere, poiché Dio copre volentieri l’imperfezione che viene attraverso il fallimento umano. E questo ritorna di nuovo alla materia, alla quale siamo appunto fissati finché abitiamo nel mondo.

11. Getta dunque il tuo fardello oltre il bordo, quel pensiero di una volta, quello prima di aver trovato il nostro Creatore dell’Infinito. Noi possiamo arrivare a Lui nella fiducia infantile, ma non nell’infantile desiderio! Affinché ora mettiamo il caro amico…”, Naemi indica a lui, “…sui suoi saldi piedi spirituali, la sera è ancora chiara e mite…, vogliamo andare alla grotta. Là sperimenteremo se la nostra conoscenza era giusta. Purtroppo, – noi uomini siamo così disposti troppo rapidamente ad inventarci qualcosa e dopo a considerarlo come verità; e talvolta, quanto molto può mancare, qualcosa che può essere proceduto soltanto dal nostro desiderio”.

*

12. Ci si alza frettolosamente. Ruth ed Heleana si mettono al braccio di Naemi, Orpa viene con Hanea, gli uomini dietro a loro. La sera fa posto alla notte, e Bethlemme, la piccola macchia, giace nel più profondo riposo. Quindi la cosa santa rimane ancora coperta, eccetto per la piccola schiera. Il tempo deve ancora venire per l’umanità, dove avverrà con evidenza qualche ‘Miracolo’.

13. Camminano per il grande campo. Ancora alcune piccole colline e si è arrivati al boschetto. Verso il lontano oriente sorgono già le stelle. Strada facendo si è diventati silenziosi, nessuno ha detto una parola. Il meraviglioso silenzio della natura, l’attesa beata che non si può misurare… Un soffio di Santità fa impallidire tutto il mondano, eleva la loro anima là dove l’Eterno ha eretto per Sé ‘il Trono dell’Eternità’. E… l’eterna Casa dei Suoi figli.

14. Corusja deve dapprima trattenere il pensiero: ‘Che cosa c’è di particolare da vedere qui?’. Orpa rabbrividisce di emozione, cerca protezione presso Hanea. Su tutti viene il brivido come un presagio: su di noi viene qualcosa di meraviglioso. Solo, che l’uomo non lo sa, lo può presagire, e questo è bene, questa è la vera beatitudine.

15. Stanno davanti all’ingresso che conduce all’interno della grotta, alla ‘Stalla di Bethlemme’, come si dirà più avanti. Due passi, si rimane fermi sotto il tetto spovente. Sconosciuto e, comunque notato, è come una linea: ‘Fin qui e non oltre’, con la differenza di quella stessa parola al mondo: ‘…devi venire, qui si devono fermare i tuoi flutti orgogliosi’ (Giobbe 38,11). Oh, no, qui sta scritto:

‘Fin qui devi venire,

affinché sperimenti la Magnificenza di Dio!’

16. Involontariamente ci si è presi per mano per sostenersi, per via di quel peso della Grazia che china giù verso di loro. E quando rivolgono all’interno gli occhi, non i piedi, allora vedono una Luce come una Forma, e tuttavia nebbiosa. Un calore alita su di loro, una soave corrente; ah, …è del tutto indescrivibile ciò che percepiscono i figli di Dio! Si chinano per riverenza, s’inginocchiano e contemplano, …contemplano. Tremano come un delicato stelo al vento. Sentono una Voce così soave bassa, così meravigliosa, come se venisse dalla Fonte più profonda, e allo stesso tempo giù a loro dall’Altura più elevata, da dove le care stelle scintillano gentilmente verso di loro.

17. “Voi, figli degli uomini, ascoltate ciò che vi accadrà. Non crediate però che per questo state più in alto, preferiti tra la moltitudine di molti figli. E’ un Atto di Grazia che vale per l’Universo, la cui Magnificenza non la potete sognare. Nonostante ciò, è una ricompensa per la vostra fede, e sono inclusi coloro che, come voi, mettono lo spirito come custode davanti alla porta dell’anima.

18. Io non ho bisogno di dirvi di chi è la Voce che sentite ora; voi stessi lo saprete quando il Signore vi Si rivelerà in un modo o nell’altro come compiace a Lui, per la salvezza e la benedizione dei Suoi figli. Io non faccio nulla che non serva al più alto scopo, che non diventa il contenuto della Mia benedizione di vita, di cui ognuno di voi può avere, chiunque lo voglia.

19. In voi sale la domanda ed Io la guardo anche benevolmente, perché i Miei figli possono chiedere sempre, anche se non costantemente, e qualche volta non segue la risposta desiderata. Tuttavia il Signore dà una risposta in ogni tempo …secondo il SUO modo. Proprio ora: ‘Perché il Signore si rivela a noi, a noi pochi, qui in questo luogo?’ Una volta avete già avuto una Mia Parola tramite una figlia tra di voi; il suo ‘angelo’ l’aveva portata. Oh, guardate:

20 La redenzione per l’unica figlia che si è furtivamente allontanata dal Mio Cielo, con lei una schiera, viene guidata tratto per tratto, e non che di tanto in tanto avviene qualcosa. Ancor prima del malfatto ho teso le Mani per accogliere ciò che voleva cadere, al di fuori del Centro-ur della Luce e della Magnificenza. Soltanto, …dove avrebbe avuto l’impatto, già pronte erano le Mie mani di Padre, e il precipizio che avrebbe dovuto togliere la vita è stato mitigato. Senza essere notato dai caduti, Io come Creatore li ho messi sui loro piedi (sollevati), certamente sul loro suolo oscuro, anche se colpiti da diverse infermità, ma viventi con la possibilità di guarire e diventare liberi, non appena uno si lasciava guidare fuori dal carcere.

21. Per guidarli ci vuole il Mio operare su tutte le vie, che di certo avviene solo di rado in modo evidente, ma di tanto in tanto affinché il capo dell’oscurità debba riconoscere questo: – L’opposizione non gli serve a nulla, e deve percepire le catene della sua povera libertà, altrimenti, come potrebbe, un giorno, attendere la redenzione? Un tale cenno gli verrà dato in quella notte[17]! Egli lo deve vedere, che molti figli – perché invisibili, che presso di voi c’è un esercito di fedeli – Mi sono fedeli nel sevizio dell’amore. Questo rosicchierà le sue corde con le quali lui stesso si è avvolto, sapendo e negando, percependo e respingendo.

22. Egli stà là fuori su un sasso spoglio, e da dentro si sprigiona la Mia Luce e …la redenzione! Anche a voi che vivete ancora su questa Terra, Io sono come nascosto, e comunque magnificamente rivelato, risuonando la Mia voce dal più intimo Cuore di Padre, dalla Profondità e dall’Altezza fino vicino a voi. E’ ancora coperto l’Atto finale della redenzione, conservato nel più interiore; da lì spinge fuori solo Raggio dopo Raggio, fin quando avverrà il Finale.

23. Voi dovete sapere, come i Miei angeli che sono già passati attraverso la materia e che verranno ancora fino alla fine di questo mondo, Io sono già comparso nella parte più interna, in quel luogo (natività) dove il Mio Amore si lascerà nascere come un Bambino, e camminerà fino al luogo (Golgota) dove si svolgerà l’Atto finale per tutta la caduta.

24. Il Mio interiore, la Mia stessa origine, come può essere rappresentato in un’Immagine, non lo può vedere nessuno. Voi vedete solo il bagliore, potete percepire solo il calore del Mio Amore. Ma dite a voi stessi: ‘Può essere superata la misura della Magnificenza rivelata?’. Voi confessate un silenzioso ‘no’; a Me fluiscono gratitudine e riverenza non pronunciati, ed è come se sognaste nello stato di veglia.

25. Così una volta sono uscito dalla Mia Luce come UR[18], con quella Parte di Luce che era prevista per i Miei figli che Io volevo far sorgere, che Mi ero dato dal Mio più interiore, dalla Mia autocontemplazione, una Forma, e preparato il luogo dove dovevano dimorare le schiere, – nella Casa del Padre (il Santuario)[19] che è imperitura.

26. Non diversamente qui! Nell’anticamera della magnificenza del Mio Essere giunge a voi la Mia Parola, e voi vedete molto di Me di ciò che le vostre anime possono sopportare adesso, in più un delicato scintillio per l’oscuro che sta fuori sulla nuda roccia. Lui non Mi vede, non Mi sente, e nonostante ciò Mi ha notato. Questo è un (primo) Atto prima di tutti gli incalcolabili, un solo gradino della Scala del Cielo sul quale i caduti vengono portati verso l’alto dalla la santa Misericordia, che per loro si chiama COMPASSIONE (pietà).

27. Dall’interiore verso l’esteriore[20] è iniziato da tempo il PERCORSO che una volta sarà da percorrere, …anche da ME! L’oscuro ha indurito il suo cuore, e quando questo batte, come ora in quest’attimo di Grazia[21], allora dice cattive parole per intontirsi. Vi manca ancora la Luce della conoscenza, perciò prima il nascosto (la nascita), per poi fargli seguire l’Evidente (il Golgota). Allora ascoltate: ve lo voglio annunciare nell’Alta Mezzanotte della Consacrazione.

28 Non considerate che ogni cosa ha bisogno di una controparte? Potreste riconoscere il Duomo del Cielo se non foste al di sotto di lui sul vostro mondo? L’acqua, non ha bisogno di una riva? Si è forse custoditi in una casa, se non avesse mura? Come già ora nella materia, così piccola, per quanto più delizioso, il tutto si forma in quel Regno pari al Mio eterno più Interiore, che è da considerare come il Mio Essere-ur più Proprio.

29. Ci sta per primo il santo Duale: Io e la Mia Opera! Questa vale naturalmente solo per Me, e un figlio non la comprenderà mai nella piena misura, non ne ha bisogno di come il Mistero si è formato una volta. Nonostante ciò, Io rivelo di questo così tanto, quanto il Mio popolo di figli ne deve avere di benedizione, di contemplazione, per quanto viene data.

30. Nel riflesso del santo mistero della base di ogni Rivelazione, ho posto il popolo di fronte a Me come il Mio Duale, per essere confidente con Me, senza ostacolo, …eccetto la riverenza di incontrare Me e parlare con Me come lo desidera il cuore del figlio, inoltre, …impiantato dal Mio Amore.

31. Da ciò risultò l’interiore e l’esteriore come quella consapevolezza di Forza con la quale Io so andare incontro a un figlio. Voi stessi vi osservate secondo l’esteriore, ma nell’interiore vive un altro che è sempre da esaminare, se regna l’Ordine nel miglior modo possibile. L’impulso, impregnato di VITA, è l’unico vero punto interiore da cui fluisce tutto e al quale tutto deve rifluire di nuovo, per avere nuova Forza. Senza questo flusso dall’interiore all’esteriore e viceversa, nulla può sussistere che si chiami vita: l’esistenza!

32. Quindi, come detto, sono andato fuori da Me, dall’irraggiungibile Punto centrale della santa Entità originaria. Questa l’ho separata per Me stesso, per incontrare i figli che così sarebbero divenuti, cosicché Mi amassero come Io li amavo prima che un Soffio di Vita li colpisse per l’esteriore. Per l’interiore – beninteso – non doveva divenire nulla, perché tutto era inMe, come un chicco di seme nel suo frutto.

33. Io però sono DIO, così vidi anche se nell’autonoma esposizione dei pensieri dei figli si sarebbe lasciata conservare sempre la via nella Luce. Oh, sì, ogni via si lasciava conservare, persino nello spazio di libertà concesso ai figli. Sì, per adattarli a Me, la libertà rimase nel Recinto, ma Io ho collocato fuori il proprio sviluppo personale (l’anima).

34. Per nulla al di fuori della Casa del Padre che avevo creato precedentemente, tuttavia un po’ come distanziati da Me, come avrebbero potuto trovare da se stessi la via dell’amore verso di Me, venire gioiosi ed essere obbedienti? Questo, inoltre, per la loro beatitudine, per la quale non c’erano limiti. Questo lo mostra la materia nel più piccolo specchio.

35. Oggi avete vissuto qualcosa di Magnifico e credete che questo non potrebbe mai essere superato. La vostra beatitudine è giunta perciò al confine del sentimento. Sapete voi ciò che viene domani? Per voi sarebbe molto difficile dire: ‘Ah, siamo diventati sempre più beati!’, perché non volete ferirMi che ciò che è stato prima non sarebbe stato così buono come quello successivo. Oh, i Miei Doni rimangono uguali nelle Eternità, come IO sono e resto sempre Lo stesso nelle Eternità!

36. In vista dello sviluppo per adeguarvi a Me, non di diventare uguali a Me, è da distinguere questo rigorosamente: i Doni, più correttamente la capacità di divenire da un piccolo embrione di spirito e di anima un figlio maturo, aumentano nella misura in cui ho creato il Recinto dello sviluppo per i Miei figli, per arrivare a riconoscere tutti i Doni, accoglierli e valorizzarli secondo la Vita.

37. Questo confine esiste, perché altrimenti una creatura cadrebbe in sé, se avesse la sconfinatezza che IO possiedo…, senza poter comunque, essere esaurito da voi, perché sarebbe all’interno della santa Sconfinatezza originaria! Voi dite sovente: ‘…di Eternità in Eternità’, ed è giusto, perché solo un’Eternità era stata data a quell’Opera per un certo tempo. In Me, una tale, nel confronto, per voi della vostra Terra da quando è divenuta e fintanto che esisterà ancora, è un secondo (del vostro tempo),.

38. Inafferrabile per voi, la scintilla di quel sentimento che rende beati è comunque percepibile come una dolce gioia. Da questo è da desumere come dall’Interiore (il Mio) è divenuto un Esteriore (la Creazione spirituale materiale) ed Io ho visto nella Previsione velata, che nello sviluppo di un figlio avrebbe potuto sorgere anche una via laterale – non avrebbe dovuto necessariamente! Un ‘deve’ premetteva che IO lo volessi, e nessuno avrebbe portato la colpa se fosse capitato su una tale povera piccola via[22].

39. Che ciò sia avvenuto comunque, lo sapete dalla figlia precipitata (Sadhana) insieme al seguito. Lei è caduta dalla parte più interna del Recinto del Regno dalla Casa del Padre. E’ fuggita nel suo paese straniero. Dato che non si era conservata nulla del Regno della Luce, ha rinunciato a tutto, è uscita nella propria notte[23]. Perciò la cosa magnifica, il contenuto della redenzione che una volta la sua notte deve fuggire dinanzi alla Mia Luce.

40. Di fronte alla sua notte stanno le Notti benedette (Notti-ur, vedi “Eternità-ur in Spazio e Tempo”) della Mia sconfinata Magnificenza. Perciò ho lasciato divenire quelle Notti per i figli, …anche in anticipo, come tempi di riposo che esistono nella Casa del Padre, però non comparabili con le notti della materia. Tuttavia è anche un’immagine riflessa.

41. Buoni uomini riposano dolcemente in una notte, i cattivi vengono gettati di qua e di là. Il male della loro anima grava pesantemente sull’animo. Così sono anche le differenze di una santa-buona notte da quella che si era procurata la figlia della caduta. Quindi, è da interpretare solo ancora nella sua notte.

42. Per i figli, per l’alto Segno di come deve essere la redenzione (che vi è data) dalla ricchezza di Grazie del Mio Cuore, finché quest’unica Notte resti lontana, Io ho scelto le notti della materia per stabilire degli inizi da portare fuori dal più Interiore della Magnificenza, affinché tutti si rendano conto dei Miei miracoli che Io compio, così e così, come può essere utile ai Miei figli.

I miracoli sono i Miei Atti compiuti!

43. Anche per l’Ultimo (Lucifero) viene scelta quella notte per la Chiave di Volta in cui diverrà un Bambino dal Mio Amore! Qui…”, una Mano indica il suolo, “…quando sarà il tempo e si farà giorno nella povera figlia (Sadhana-Lucifero), la colpevole maggiore di tutte le colpe, allora il Figlio dell’Amore (Gesù) si rivelerà come Figlio dell’Uomo con quest parole:

«E’ compiuto!»

44. Ma fate attenzione: per quanto tempo una via della Luce è rimasta nel buio, così al lungo durerà il tempo del ritorno! Se la Mia Grazia e Misericordia sa abbreviare qualche tempo, sia lasciato al futuro. Voi comprendete il perché vi ho fatto conoscere un Atto e di notte le Parole della Grazia, il perché l’oscuro sta fuori, al di fuori del Luogo di Grazia, ma non al di fuori dalla GRAZIA! Se fosse così, non starebbe là, nonostante il rifiuto non potrebbe percepire ciò che percepisce. Sì, lui la notte nota il doppio: la sua propria e quella del mondo.

45. Ora avete sentito molto, e anche coloro che camminano nella materia con il cuore colmo di fede, con fedeltà, amore e verità. La Mia benedizione si estende come un arco su tutto ciò che si chiama VITA. Voi vedete gli arcobaleni come un miracolo della natura, che sono il segno del Mio Patto e della Grazia. Si possono guardare, ma non dove sono le loro estremità. Così inesauribile è il miracolo della Mia Grazia!

46. Vi sia ancora detto che la conversazione della sera era giusta e benedetta da Me. Riposate nella Mia mano. Siate benedetti, e nell’ultimo corso saprete qualcosa della fine della Redenzione. Benedetto con voi è tutto il popolo dei figli, anche i poveri, anche i lontani. La Pace sia con voi!”

*

47. Silenzio. – Così sublimi sono le stelle che tracciano le loro alte vie risplendendo pacificamente giù, sapendo come consolare qualche cuore, così meraviglioso è nella Grotta. La Figura sfugge, ed è comunque là, non vista. Sì, attende, aiutando a trascinare tutti i pesi della Grazia, finché gli uomini non si risvegliano dal percorso di Luce, finché non avranno trovato la via del ritorno al loro mondo, sul quale devono ancora vivere. Allora vedono l’angelo-Guida come se non li avesse mai abbandonati.

48. “Venite! Il vostro piede lascia il luogo, non i vostri cuori. Siete ancora uomini che hanno bisogno del sonno per certi giorni di fatica, ma quella gioia che vi prepara la Grazia di Dio non cessa mai, come non eternamente passa la Magnificenza di Dio. Essa sarà sempre con voi”.

49. In modo infinitamente delicato, l’angelo tocca ogni singolo. Si risvegliano senza diventare realmente svegli. Che cosa vale per loro il povero mondo? Il viavai che gli uomini escogitano per essere molto grandi? Loro hanno creduto, si sono affidati a DIO, e ora sembra loro come se solo ora siano giunti a Lui, essendo liberi da tutto ciò che così il mondo può abbassare.

50. Non si accorgono come escono dalla ‘Grotta di Dio’, oltre la misera roccia sulla quale sta l’oscuro, quasi titubante, ma con la richiesta: ‘Padre, riconduci questo figlio!’. L’angelo sorride, e quando sono arrivati alla porta di Naemi, lui scompare.

*

51. Un lontano rossore annuncia un nuovo giorno. Nessuno è capace di parlare della ‘Parola segreta’. La si deve riflettere nell’animo, si dice ‘dormirci sopra’. No… ‘sorvegliare’, chiudere in sé la salvezza. Nessun mondano deve rubare ciò che hanno avuto come un santo dono. Premesso, …fino alla fine della loro vita nessuno di loro lo perderà mai.

52. Boas prega il principe Pereztha nella sua casa. “Potremmo riferire la notte agli amici più stretti”.

- “Lo penso anch’io; ma che cosa si può dire? Le nostre parole non sono troppo povere, troppo molli, per …ah, non trovo parole!”

53. Isremia consola, lui abita ancora con Heleana presso Boas. “Dio ha parlato nella nostra lingua, potevamo comprendere ogni parola. Così sono certo che Egli ci darà le giuste parole in ogni tempo, affinché anche gli amici abbiano la Grazia”.

54. “Certamente”, ammette Pereztha, “ma quando riferiremo ciò che ci è capitato, saranno rattristati e ci chiedereranno non del tutto senza ragione: ‘Perché il Signore con quello che ha guidato qui a voi, non ha chiamato noi stessi per assistere alla Magnificenza?’ Questo mi opprime per via della fedeltà che conservano per noi, particolarmente per me nella mia funzione”.

55. “Non ci ho ancora pensato, ma tenere per sé la cosa Santa?”, ammette Boas. “Come ci si deve decidere?”

- Il principe dice: “Domandiamo a Naemi. Sia fatto ciò che lei consiglia”.

 

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Cap. 21

Sì, era Dio! – La santa successione

Un viaggio a Silo all’Arca dell’Alleanza – Il sogno di Jorah

1. Si è ancora come storditi dalla PAROLA dal luogo consacrato. Sovente ci si guarda soltanto e non si sa ciò che si deve dire. Prima che il principe debba ritornare al suo lavoro, chiede a Naemi se e quando lo deve annunciare ai suoi amici. La gioia è grande, non la si può trattenere per sé.

2. Naemi esprime un consiglio, non il proprio. Finalmente dice: “Prova a percepire, inizia da Herias, da Selemech, da Laban e da Anacaria, che gioiranno con noi senza chiedere: ‘Perché non noi?’. E Lui aiuterà ad evitare la domanda. Se ci guida il Signore, ci arriveremo presto e poi ne potremo parlare”.

3. “Il tuo consiglio è buono”. Il principe stringe le vecchie mani.

- “Il mio consiglio?”, sorride lei. Allora lui capisce ciò che intende.

- Dopo il lavoro del giorno, di sera ci si siede nel cortile interno e ora si sciolgono le lingue. Ruth ricorda molto letteralmente, in modo che Heleana dice: “Se solo lo potessi anch’io! Mi ricordo solo il senso di tutto”.

- “Anch’io!” esclama Orpa. “E’ certamente, la cosa più importante è quando non ci si dimentica dell’evento”.

4. “Entrambe le cose sono buone, quella letterale e il senso”, loda Isremia. “Ruth deve dire ciò che sa, lo potremmo portare agli amici”.

- Boas si alza velocemente: “Vado a prendere dei rotoli e scrivo ciò che Ruth può ripetere”.

5. “Vedete, nel frattempo ho imparato bene la vostra lingua”, si fa sentire di nuovo Corusja. “Volete scrivermi un rotolo uguale? Credo – hm – ebbene…”, è diventato molto imbarazzato il pagano che è diventato così credente, “…sarà il dono più alto che porterò con me nella mia patria. Perché ve lo dico: ‘Nella grotta ero diventato piccolissimo, un nulla, e mi sono toccato se ero io che poteva ricevere questo”. Si alza, va sù e giù e poi si siede di nuovo.

6. “Era DIO che ci ha parlato, il Dio di tutti gli uomini che conduce e guida tutto, presso il Quale non esistono differenze se pagano o israelita, che visita solo il cuore! Perché altrimenti… hm, una volta non ero per nulla buono, l’ho solo pensato di me. Tramite voi, cara gente, ho potuto assistere al Miracolo. Non dimenticherò mai quella notte!

7. Non dite a certe altre cose ‘è santa’? Questa notte ne era colma. Lo posso percepire, ma interpretare e…”

- “Questo basta, fedele amico”, dice Naemi. “Se conservi questo, allora conservi solo la cosa più deliziosa di tutto ciò che un uomo può sperimentare sulla Terra. Anche noi!

8. Porta a casa il percepire, i tuoi cari lo riconosceranno e diventerete beati. Allora puoi mandare i tuoi raggi. Facciamo bene se presto andiamo a far visita al principe, poi il viaggio, Silo e …Golgota!” L’ultima parola suona come un singhiozzo, non si conosce ancora quest’espressione. Quell’altura presso Gerusalemme otterrà solo più tardi questo nome.

9. Golgota? Nella Beatitudine che la ‘Santa Notte’ ha dato agli uomini, è penetrato un fulmine chiarissimo.

- “Che cosa significa questo, o Naemi?” Gli occhi di Ruth scintillano.

- Allora l’anziana dice saggia: “Non so, figlia mia, ho sentito in me la Parola. Forse, che cosa ha da significare il nome, lo sapremo là dove Abramo voleva portare il suo più grande sacrificio,.

10. Non siate tristi, miei cari! Pensiamo a questa notte che Corsuja ha chiamato giustamente ‘santa’. Per noi deve rimanere santa. Al nostro Dio da Eternità in Eternità sia gloria, lode e ringraziamento in riverenza, amore e adorazione per sempre”. Insieme dicono la preghiera. – Poi segue di nuovo il mondo.

11. Il giorno dopo arriva il cavallo bianco dalla Grecia. E’ un avvenimento, anche se piccolo, terreno, quando Isremia nel cortile consegna il regalo a Corusja. “Oh!” Intanto non sa dire di più.

- Tutti accorrono, servo e serva. Il cavallo sbuffa e fa come se ballasse, ma il conduttore che era seduto su uno marrone, sa come trattarlo. “Ricordate”, dice, “la nostra via è stata lunga, anche animali devono dapprima abituarsi. Domani lo preparo, dopo potrai montare in sella tranquillamente ed indenne”. Dicendo questo, si china davanti a Corusja.

12. “Sarebbe meglio subito”.

- “No”, avverte il greco. “Lascia prima all’animale un riposo e la notte nella stalla estranea”.

- “Il posto è accanto al mio ai quattro, e dato che loro stessi sono greci…”, ride Isremia, “…ha accanto a sé dei camerati compatrioti”.

- Heleana bacia suo marito. “Oh, tu, hai sempre questi scherzi, come se…”

- “Ma è vero”, sottolinea il greco. “Anche la creatura sa precisamente ciò che significa amicizia, fra sé e gli uomini”.

13. Nelle mandrie pascolano quasi sempre più cavalli insieme, solo, di questo non ci ho pensato”. dice Hanea, “Ora lo vedo anch’io così”.

- Corusja fa ricchi doni al greco e ringrazia continuamente Isremia. Un piccolo orgoglio d’uomo sale in lui. “Si stupiranno quando arrivo con il corridore. Ah, …lo devono! Non lo do al governante!” La preoccupazione non è ingiustificata, costui stende volentieri le mani alle cose belle.

14. “Ti dò anche il rotolo che non devi dare via il cavallo, altrimenti lo vengo a riprendere. Così, per la tua protezione”, lo tranquillizza Isremia.

- “Ah, hai sempre il miglior consiglio!” Anche se regna gioia per via degli avvenimenti, in primo piano è comunque solo la loro ‘Santa Notte’; e alla sera, come tutti i giorni, non c’è altro discorso che la Magnificenza rivelata da Dio.

*

15. Ora gli ospiti sono da Pereztha. Il suo servo, un ragazzo sveglio, respinge dei richiedenti. “Mi dispiace”, dice loro gentile, “ritornate domani. Il principe ha visite. Accanto alla sua fatica e pena, per una volta deve avere una gioia. Vi prego, concedetegliela”. Ed apre la porta di casa verso l’esterno.

16. Ci sono Anacaria, Herias, Selemech e Laban. All’inizio si parla di molte cose, ‘non si cade in casa con la porta’; Pereztha vuole anche aspettare se gli stessi amici domandano. Aveva solo menzionato ‘la bella notte’, e Laban dice: ‘In Bethlemme si sperimenta sempre qualcosa di bello’. Si pensava agli angeli. Il sacerdote capo non aveva ancora detto nulla. Di certo, la faccenda degli angeli era magnifica, come messaggeri sono la Voce di Dio. Ma lui aveva letto dallo sguardo di Pereztha che: ‘C’era di più!’. Che cosa… lo si saprà. Ora fa la domanda:

17. “Quando da poco sei tornato dal luogo a noi caro, il tuo viso aveva un'altra espressione che il solito. Cosa è successo nella ‘bella notte’? Intendo dire, ora puoi allentare le briglie e riferirci ciò che è successo. Noi di Gerusalemme possiamo certamente conoscere qualcosa di più. Oppure no?”

18. “Oggi dovete sapere tutto, perciò vi ho pregato di venire da me quando fossero da me quelli di Bethlemme ai quali dobbiamo quella notte e le sue Magnificenze. Di questo ne potrà parlare Naemi, ed io la prego”.

- “Non io sola, perché ciò che ognuno ha sentito per sé, lo può riferire al meglio lui stesso”, si difende modesta,

19. Subito, Corusja dice orgoglioso: “Io l’ho chiamata la ‘Santa Notte’. Prego…” fa cenno a Pereztha, “…non era santa?”

- “Sì, e sono contento che proprio tu hai trovato il giusto nome: – una… la Santa Notte!

20. Si è stupiti. Boas tira fuori un rotolo e legge ciò che Ruth aveva ricordato. “Ma questo è letterale!”, esclama il principe. “O Ruth, com’è mai possibile che lo hai potuto fare?”

- “Non lo so”, risponde lei, leggermente arrossata. “Il nostro angelo, …perché solo secondo la memoria…”, fa un movimento come per interrogarsi.

21. Anacaria le accarezza i capelli scuri. “Se voi che avete potuto vivere questa notte di Grazia, confermate che è giusto letteralmente, allora è anche da credere. Ebbene, …se parola per parola, oppure solo secondo il senso, per me non ha importanza. A cosa serve la lettera senza il vero senso?

22. Conosciamo certe cose che sono state ‘dette’… E a ciò si aggrappano quasi tutti e dimenticano del tutto che certe cose non erano da ricordare letteralmente. No! Ci si fissa, e così l’autentico va perduto. Ma non vogliamo fare così, poiché, che Dio si sia rivelato magnificamente ed è comparso come LUCE, solo questo è da considerare, questo lo vogliamo ricordare”.

23. “Ma quello che è scritto ci può anche aiutare”, intende Selemech riflessivo. “Quando lo si può leggere continuamente, rimane fissato meglio che un punto di riferimento dei pensieri”.

- “Lo penso anch’io”, si fa sentire Herias. “Domanda: perché …”

- “Ti prego, fatti interrompere”, alza la mano Anacaria.

24. “Quello che vuoi chiedere era anche il mio pensiero: ‘Perché non ci sono stato anch’io?’. Oh, è necessario che si è sempre presenti quando il Signore fa miracoli? Basta l’alta Grazia di aver sentito ora la cosa Magnifica, e mi è come se fossi stato presente. Sono anche lieto perché lo ha potuto vivere Pereztha. La nostra Bethlemme è un luogo eletto, solo qua poteva accadere. Siamo grati, Selemech, Herias e Laban, perché anche noi siamo stati inclusi in questa Grazia”.

25. Ognuno annuisce, e in tutti gli occhi splende la gioia. – Laban sorride fra sé e sé e dice: “Anch’io volevo chiedere, ma ho respinto il pensiero perché mi era semplicemente una gioia che questa cosa Santa è avvenuta in Bethlemme. Non siamo proprio per nulla non benedetti”.

26. “Per nulla”, conferma Isremia. “Chi fra mille anni e più sentirà la storia e la smuoverà gioiosa nell’animo, anche per lui, nell’attimo in qui il suo cuore ne gioisce, non sarà diverso di come se sperimentasse quella notte”.

27. “È strano”, racconta Naemi, “non sapevo che cosa doveva significare la chiamata: ‘Venite alla Grotta!’ Non lo so interpretare. Credete solo questo, che abbiamo portato lì tutti gli amici, li abbiamo portati nel nostro amore e… sono certa: le vostre anime e ancora molte altre erano presenti quando il Signore ha detto: ‘Molti non visti’, e non solo gli angeli”.

28. Herias sospira. “Non sono stato degno, altrimenti il Signore mi avrebbe chiamato”.

- “Herias!”, ammonisce Boas. “Allora tu pensi che solo noi di Bethlemme siamo stati privilegiati da Dio? Dipende forse, dimmelo tu: quale persona è degno di una tale Grazia? Non vi è nessuno; al massimo i cari grandi di Dio, gli alti angeli, oppure colui che nel mondo ha già compiuto qualcosa di speciale. Voglio solo nominare Abramo e Mosè, Giosuè e…”

- “…la giudice Debora”, completa il capo sacerdote.

29. Si avvicina la sera, si è raccontato così tanto, ci si è completati e qualcosa in più.

- “Voi rimanete, è troppo tardi per tornare a casa”, il principe intende quelli di Bethlemme.

- “Devo essere in servizio dai miei sacerdoti”, dice Anacaria. Allora esisteva una sola casa, la sinagoga, dove si usava tenere consiglio e dove si predicava al popolo. “Ritornerò, aspettatemi solo”.

30. Anche questa diventa una bella serata. Boas riferisce: “Naemi intende fare ancora qualcosa di grande, un viaggio a Silo e alla ‘collina della preghiera’, come chiamiamo il monte degli ulivi. Lei ha dato un altro nome, ma là sapremo la verità di cosa è collegato con questo monte. Vogliamo fare insieme questo piccolo viaggio? Forse meglio in due gruppi. Noi di Bethlemme e voi da qui ci dovremmo solo incontrare a Silo. Voi sapete che altre persone ci correrebbero facilmente dietro. Questo non deve certamente accadere”.

31. “E’ così, figlio mio”. Naemi stende le sue mani come se volesse raccogliere un dono oppure darlo oltre. “E…”, di nuovo guarda nella sconosciuta lontananza che non esiste sulla Terra, “…fra otto giorno siamo a Silo. Là pernottiamo. Dio ci guiderà, sia fatta la Sua santa Volontà”.

*

32. Si è arrivati a Silo. E’ strano che Giosuè non ha fatto portare l’Arca del Patto a Gerusalemme, non nella Giudea, ma ha scelto Efraim. Certamente Silo è più centrale per le tribù che si diffondono lungo il Giordano, ma non sarà stato solo questo. A ciò dev’esserci alla base qualcosa di spirituale.

33. Se ne parla quando si passa la notte nella piccola locanda. Sono gli unici ospiti e perciò indisturbati. L’oste è diligente, ed ha molto di cui ringraziare a Pereztha. Anche lui era stato derubato da Beraba. Ora ha riottenuto ciò che aveva perduto, e non disturba gli ospiti.

34. Anacaria ha invitato il più anziano dei servi dei sacerdoti. Era venuto volentieri, non solo per via di un cambiamento. Anacaria è molto più amato nella regione, che dagli invidiosi di Gerusalemme. Ora viene sollevata la domanda del perché Giosuè ha deciso la piccola Silo per la cosa più Santa del popolo. Non ne esiste nessuna notizia, non si è nemmeno riflettuto su questo. Ora è diverso, ora si vuol sapere il perché.

35. Il più anziano di nome Jorah prende la parola. “Ho riflettuto sovente sul fatto del perché Silo abbia ottenuto questo posto d’onore. Forse il mio dubbio non è del tutto giusto, tuttavia… noi consideriamo grande il nostro mondo, ma in un sogno ho visto il Cosmo della Creazione; mi sono stati aperti gli occhi. Mi sono stati mostrati grandi Soli, Stelle e una moltitudine di tutte le luci del Cielo, le più grandi ed anche le più piccole, anche il nostro mondo. Come mi sono stupito, era quasi minuscolo di fronte a certe Stelle immense.

36. Ho detto piangendo: ‘Ohimé, cos’è essa nello Spazio del Cielo? Un granello di polvere, niente di più!’ Poi ho sentito una voce: ‘Credi che dinanzi al Creatore vale solo il grande? Allora anche quegli uomini sui quali i grandi guardano quasi sempre con disprezzo, non dovrebbero neppure valere niente davanti al Signore? Anche se i grandi Soli e le Stelle che non potrai mai vedere tutti insieme, glorificano la Magnificenza del Creatore, allora il Suo Occhio non guarderà per ultimo sul più piccolo e sul minimo, se un uomo o se un mondo, è uguale!?

37. Ti mostro la caduta’. Davanti a me si è profilata un’immagine. La voce continuò: ‘E quando la Compassione di Dio, aiuta ciò che ha iniziato da tempo, finché un giorno arriverà la conclusione finale, allora Egli si china fino agli umili, perché in questo modo siano inclusi tutti nell’Amore della redenzione.

38. Dio passa attraverso i Suoi Spazi celesti ed entra anche sul vostro mondo. Tu lo sai dal patriarca e da altri, quante volte Egli è venuto. Ma quando l’ultimo della Redenzione sarà fissato per tutta la caduta, Egli comparirà come un Uomo in una Magnificenza velata, non separandosi mai da Sé. Egli non si priva mai della Maestosità della Magnificenza del Suo Essere, neanche quando l’esteriore della Figura somiglia ad un Uomo – minimo e povero.

39. Egli discende nell’infimo, per riportarlo alla Casa del Padre. Per questo Gli serve il vostro mondo, che per voi è il punto-centrale sconosciuto della caduta. Giosuè lo sapeva, ma ha dovuto mantenere il segreto. Egli ha scelto il piccolo luogo come da ordine e, nelle piccole cose che ancora verrai a sapere, Dio viene su questo mondo. Naturalmente la Magnificenza del Regno rimane nel Regno; ma i Raggi cadono fin nell’Infinito i cui confini conosce solo il Creatore, che per Lui, nell’onnipotenza, sono sconfinati’.

40. Mi sono risvegliato del tutto stordito, volevo scrivere tutto, ma mi tremava la mano. Allora mi è venuto in mento: ‘Giosuè ha dovuto custodire il mistero’. Ora è la prima volta che racconto questo sogno. Nell’ultima notte ho percepito: ‘A coloro che incontri domani, devi rivelare il tuo sogno. Lo conserveranno, perché dapprima si deve rivelare l’Opera dell’Altissimo. Più avanti, quando saranno decorsi i tempi della materia fino all’ultimo resto, sarà rivelato molto, anche il tuo sogno’.”

41. Hanno scoltato profondamente commossi, e nessuno pensa: ‘Perché il piccolo servo ha visto questo? Perché io… noi… perché no?’. A nessuno sale una tale domanda. Solo la Magnificenza prende possesso dell’animo.

- Dopo un po’ Anacaria dice cordialmente: “Jorah, vuoi venire con me? Vorrei saperti vicino a me, allora avrei il più sincero di tutti accanto a me”. Il sacerdote riflette, ma rifiuta modesto:

42. “Grazie per l’onore, capo sacerdote, lo so apprezzare molto, ma guarda: mi è cresciuto nel cuore il servire all’Arca del Patto, nella Tenda che Mosè ha eretto una volta, che Giosuè ha portato qui indenne. Mi puoi comprendere, perdonare?”

- “Non c’è nulla da perdonare, e quanto bene ti comprendo. Qui hai avuto un sogno nella verità, qui sei a casa. Ma d’ora in poi verrò più sovente, non solo per le festività quando devo svolgere il servizio.

43. Domani veniamo all’Arca del Patto. Posso stabilirlo, ma non voglio scandalizzare. Chiunque potrebbe pretendere la visione di aprire la tenda ed entrare lì come potrebbe esserlo domani con gli amici. Tu sei il più anziano di servizio, non deve diventare un peso per te, nessuno deve rimproverarti che ‘violi la legge che Mosè ha ordinato!’

44. Loro dimenticano che non fu solo Mosè a stare nel Tabernacolo di Dio, anche Giosuè e qualche principe, persino un ragazzo, come sappiamo[24]. Non si è acceso nessun fuoco. Come hai vissuto nel sogno: il Signore si ceglie il più piccolo per incontrare la Sua intera schiera di figli nel Cielo e sulla Terra. dunque Che proponi?”

45. “Sta bene”, risponde Jorah. “Domani c’è il servizio esterno, dove andiamo nei villaggi per insegnare la Parola, per assistere i malati. Decido io chi deve andare e dove. Così non darò nell’occhio se rimango qui, oltretutto, …ultimamente svolto spesso il servizio esterno. Una volta si dà il cambio, ognuno deve rimanere a turno a casa. Ma tutti vanno volentieri, la nostra gente è piacevole e quelli di Efraim hanno una mano aperta”.

46. Anacaria ride e Pereztha dice: “Questo è bello, i sacerdoti nella regione non sono gente ricca. Se c’è un dono, allora è del tutto giusto. Dato che il Tabernacolo di Dio non si trova al centro di Silo, allora non darà nemmeno nell’occhio quando ci arriviamo, e inoltre, non tutti insieme. Per l’osservanza del diritto pubblico è meglio non offendere”.

47. “Giusto”, conferma Anacaria. “Io come capo sacerdote posso entrare in qualsiasi momento nel Tabernacolo e verrà domani mattina presto. Voglio benedire i fratelli, cioè: non io, ma voglio dire la Benedizione come Dio lo ha raccomandato a Mosé: ‘Il SIGNORE vi benedica!’ Voi altri seguirete a una certa distanza”.

*

48. Regna un meraviglioso crepuscolo nella Sala di Dio che Egli ha ‘fondato’. Anacaria e Jorah stanno davanti all’Arca del Patto, gli altri presso l’ingresso della tenda. Su di loro soffia l’Atma di Dio e mai dei cuori ne sono stati più colmi che qui in questo luogo. Il Tabernacolo è colmo del solenne silenzio. Corusja s’inginocchia, per primo, tanto è sopraffatto dall’Arca del Patto che risplende nella sua magnificenza. …C’è pace! Come si può esprimerla? La si può solo percepire, sentirla profondamente commossi nel cuore, ringraziare con lacrime di gioia, che ‘la’ si può sperimentare.

49. Presto sono tutti inginocchiati. Ancarias tiene una solenne funzione; è ancora scosso dal sogno che Jorah ha avuto. Oggi il Tabernacolo di Dio gli sembra diverso dal solito, eppure, tra di loro ci sono quattro pagani e, pensa, che non avrebbero mai dovuto entrare nella Sala. Pagani…? Figli di Dio! Naemi una veggente, pure Ruth. E quanto sono diventati credenti, Corusja e Orpa! Anzi, loro ne hanno il diritto, di avvicinarsi, come… sì, come dinanzi al caro Volto di Dio. Tutti gli occhi sono bagnati.

*

50. Solo sul ritorno si sciolgono le lingue. “Non lo dimenticherò mai!”, dice il moabita, “porto con me dei magnifici regali, quelli interiori, …voglio dire”. – Non si riesce ad esprimerlo a parole. In silenzio, ciascuno stringe muto la sua mano. Verso sera si arriva a Gerusalemme e questo non dà nell’occhio, perché Pereztha va sovente a cavallo nella regione, sempre accompagnato. Ci si concede un giorno di riposto, solo dopo si vuole andare sulla collina della preghiera. Che cosa sperimenteranno là…

 

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Cap. 22

Sul Golgota un’ulteriore rivelazione sulla Natività, sul Sacrificio, sulla redenzione dei caduti

 

1. Roccia nuda, pietrisco e sterpaglia. Si cerca invano di gioire del suo verde. Non percependo affatto lo sconforto, gli amici stanno lì, la Pace del Cielo alita su loro come un vessillo. Si nota il contrasto; ma le anime, toccate dallo spirito, si abbandonano all’unica Pace di cui in un giorno futuro si dirà:

‘Il Santo Spirito discende’.

2. Non si conosce il posto dove Abramo ha costruito l’altare (Il patriarca – cap. 21) dove voleva sacrificare il suo preferito, del tutto dedito alla Volontà dell’Onnipotente e comunque non afferrandoLo nella Sua magnificenza. Se fosse stato così, non lo avrebbe sfiorato nessun cordoglio, non sarebbe stato messo alla prova come portatore della maestosa Serietà[25].

3. Oh, il Principe della Serietà lo voleva, senza sapere chi lui fosse. Ma così poco Dio sacrifica ‘all’altro’ – solo Se stesso – tanto meno Abramo doveva sacrificare Isacco. Dio gli ha rimesso tra le sue braccia il figlio della Grazia. La magnificenza della Volontà di sacrificio di Dio era ancora un mistero, detto a pochi, finché non sarebbe venuto il tempo in cui si formerà il Sublime.

4. Fanno ancora alcuni passi, Naemi, Ruth e Boas, Isremia, Anacaria, Hanea, Heleana, Pereztha, Laban, Selemech, Herias, Jorah e Corusja. Poi tutti si fermano come bloccati. Dapprima non c’è nulla da vedere. Oh! …ecco, c’è di nuovo la Luce della stalla della grotta; si rivela come Forma davanti al blu del Cielo, senza una Forma solida, ma, nonostante ciò, chiaramente percettibile.

5. Sprofondano con il capo profondamente chino. Nonostante la beatitudine, qualcosa preme, pesante e paurosa. E’ un brivido, che si vorrebbe piangere perché si presagisce un evento sconosciuto. E’ quell’angoscia indefinita che colpisce come un avvertimento: ‘Attento, o uomo, il destino sta davanti alla tua porta!’

6. Ecco, è come se delle Mani passassero benedicendo sulle loro teste. Come se venissero sollevati, così soavemente, ah… è la Mano di Dio che compie questo miracolo sugli uomini. Ed alzano lo sguardo, nella Luce. Questa non abbaglia, ed è così forte che risplende oltre l’ardente Sole del paese. – Mentre contemplano ancora, viene aperto il loro occhio interiore. Si mostra loro come un anello, così che per loro diventa visibile il luogo del Sacrificio.

7. Ora vedono il Sacrificio, come un uomo cammina piegato e ansimante, portando il pesante legno, il fuoco e il coltello. Un ragazzino vacilla sotto un piccolo peso. E ora sentono la Voce che già conoscono, comunque magnificamente nuova, come se qui fosse la prima volta che sentono la Parola di Dio.

8. “Voi, figli degli uomini, siete venuti qui volontariamente e desiderosi di sentire la Mia Voce. Quello che oggi sentirete e vedrete, lo dovrete pure conservare in voi come nella grotta la Parola della stalla e come il sogno di Jorah. Qua e là un cuore completamente aperto a Me ne sentirà parlare, ma per il resto rimarrà tutto nascosto, finché ciò che vi è stato mostrato – e questo non solo per voi ma per via della figlia perduta – si adempirà nella realtà.

9. Dopo l’evento vi sarà svelata la Cosa più santa. Se come uomini dovrete aspettarvelo, chiedete terrorizzati: ‘Signore, tra quanto tempo?’ Tuttavia, in futuro, vivendo nella Luce, il tempo non avrà più peso per voi. Ma prima vi sia spiegata l’immagine mostrata, prima di dover sentire la Mia Parola di questo luogo.

10. Com’è solitaria questa altura, così solitari possono essere gli uomini. E quanto scarna è la collina, così scarna è quell’anima che non raccoglie altro che pietre materiali. Non intendo la dura roccia del mondo, ma anche quando qualcuno si indurisce non sapendo nulla della Mia Pace, questa esiste comunque, perché senza questa, alitata, per lui di certo insospettata, non può conservare la sua vita, non solo quella nella materia, ma è intesa anche la vita per l’Eternità.

11. Sovente avete appreso due cose: Luce e oscurità, nei e presso gli uomini, chiarezza e confusione, comprensione benigna con il bisogno dell’altro, e cattiveria che non pone nessun limite a se stessa. Questo è anche il segno della scarna altura rocciosa che voi chiamate ‘collina della preghiera’ e non sapete com’è sorta questa parola, né conoscete ancora la maestosità della Mia Pace che è venuta su di voi.

12. La stessa immagine riguarda l’uomo che avete visto spiritualmente, com’è venuto quassù faticosamente con un grave peso e comunque conducendo preoccupato il ragazzo. Così camminava Abramo, il portatore della Mia Serietà qui in questo luogo dove potete stare voi, …ed Io sono in mezzo a voi. Lui, un simbolo per Me, perché da allora ho camminato per tutti coloro che sono fuggiti dalla Luce, e una volta verrò qui come è venuto Abramo, solo ancora con la differenza, che porterò Io il Sacrificio, …ME stesso!

13. Il ragazzo con il piccolo peso è un simbolo per tutti i figli fedeli e infedeli. I fedeli portano perfino il loro sacrificio, di cui Io, poi, sarò l’Ultimo, come ho tolto anche ad Abramo la cosa più amara in segno della Misericordia. Gli infedeli si lasciano solo condurre, senza saperlo, come una volta Isacco – che non sapendo cosa sarebbe accaduto con lui – si è lasciato guidare, tirare da suo padre.

14. Così Io attiro, educo i precipitati con dei pesi, ah, così piccoli che sembrano insopportabili, com’era capitato ad Isacco, in modo che il padre nello sforzo della salita più difficile, portò pure il peso del ragazzo (sottobraccio). Questo lo faccio IO per ogni figlio, perché qualcosa, caricato dalla materia, può danneggiare un’anima. Oh, Io so la giusta misura anche per i figli della Luce che accompagnano gli uomini sulla via da viandante.

15. Sì, loro Mi pregano: ‘Padre, aiuta il figlio affidato a me, il suo peso del mondo è troppo pesante!’. – Loro trascinano ed alleggeriscono, poiché anche questo è un servizio da sacrificio: sostare presso un uomo perché allo stesso tempo non sono nella Luce. A volte vengono, cioè, quando conducono uomini cattivi. E credete: questo non è facile per loro. E’ comprensibile che vorrebbero dimorare sempre nella Casa del Padre, liberi dal luogo dell’oscurità dove governa il principe del mondo. Ma perseverano come Abramo saliva fin qui al luogo del sacrificio, perché qui voleva compiere – certamente con l’animo pesante – il suo ultimo.

16. Lo stesso, non solo nel simbolo, lo porta in sé ogni viandante attraverso la materia: luminoso e oscuro, lontananza da Dio, vicinanza di Dio! Anche se la conoscenza dell’Origine del loro spirito è velata, nei fedeli esiste comunque un dolce presagio: ‘Non siamo di questo mondo!’ (Giov. 15,19) Ma proprio questo stesso mondo deve anche operare in loro, altrimenti, come potrebbero essere ‘portatori di un amore da sacrificio’?

17. Questo ‘dovere’ non è una costrizione, è il Mio ‘procedimento di salvezza’, con il quale è da guarire l’immensa ferita della Creazione. I primi Mi hanno restituito la figliolanza una volta già conquistata, per co-aiutare ciò che era da trascinare: il figlio smarrito insieme al suo pesante triste traino.

18. Fate attenzione: senza la restituzione della loro figliolanza, una tale via del sacrificio sarebbe valutata solo a metà. Ma loro non lo dovevano sapere. Per Me ogni percorso di sacrificio è e rimane uno intero; ma gli oscuri Mi avrebbero infastidito dicendo: ‘Se vengono con tutta la loro potenza di Luce, allora non è proprio nessun miracolo se possono rimanere fedeli e buoni!’ (ved. Giobbe 1,10-11; 2,4-5).

19. Per impedire questa maldicenza prima che accadesse, e questo per la salvezza futura degli oscuri, ho ripreso la figliolanza e l’ho conservata nel Mio cassetto, nel santo Focolare del Santuario. Quindi possa maledire colui che si è allontanato, senza sospettare che IO non Mi sono allontanato da lui! Da nessun figlio, per quanto si voglia allontanare da Me! Dalla Mia VICINANZA soltanto riceve la Vita, la spirituale, figli Miei. La vita terrena è peritura, come segno che l’opposizione non durerà in eterno.

Eternamente, dura unicamente la Mia Vita!

20. Nulla avviene che Io non guidi – in segreto e apertamente – con il Mio Dominio della Volontà. Io so ciò che è bene e utile per ogni figlio. Anche il peso più grave della materia ha il suo bene, anche se gli uomini non lo comprendono quasi mai. E dove non si piagnucola d’impazienza quando qualcuno fa del male non per cattiveria, allora interviene subito il Mio procedere per la salvezza; soltanto, che l’uomo non se ne accorge subito. Dove regna impazienza e cattiveria, rimane assente anche il Mio aiuto, poiché i malati e gli storpi animici hanno ancora maggiormente bisogno della medicina guaritrice, che dapprima è amara, finché non giungono alla conoscenza.

21. Per i peggiori questa arriva di rado sulla Terra; si sveglieranno poi quasi sempre solo nell’aldilà, per lo più attraverso un aiuto extra. Ma che cos’è per Me quel tempo che un uomo percepisce, oppure una povera anima? E’ un nulla paragonabile al

Mio Tempo nell’Eternità-ur (primordiale)!

22. Dovete ancora apprendere solo il perché vi ho chiamati su questa collina della preghiera. Dalla santa soave notte, vissuta nella stalla della grotta, come guidati dal più interiore dello Spirito alla Luce, così ora in questo luogo sperimentate il giorno della Santità, poiché così e altrimenti mai avrei posto qui in questo mondo la ‘Chiave di Volta della redenzione’, nel punto di raccolta dell’oscurità e qui in questo posto!

23. Io dapprima discenderò in un BAMBINO in una meravigliosa Notte, per portare a tutti i figli il Mio aiuto. E come ugualmente l’oscuro stava lì sulla roccia spoglia davanti alla Grotta, altrettanto la Mia venuta sarà non riconosciuta e buia. Solo pochi se ne renderanno conto subito. Solamente, …è da rivelare ciò che dapprima è accaduto in segreto, altrimenti, come dovrebbe farsi redimere la caduta? Così comparirò Io, come un Uomo, e vivendo umanamente, per poi esporMi chiaramente. Dopo andrò su questa collina. – Che cosa vi farò?

24. Non lo si può annunciare ora nella sua piena gravità, fino alla morte del vostro corpo vi chiedereste impauriti: ‘Perché, o Signore, perché?’. In più, aggiungo: Per la figlia della Creazione chiudo la piena contemplazione; ma dato che per Me non devo affatto chiudere nulla, rimango non velato nella Mia magnificenza di Creatore, perciò l’una e l’altra cosa vi sarà talvolta aperta, sempre aumentata con il progresso dell’intero popolo filiale.

25. Nulla va perduto in Me, nulla rimane eternamente lontana da Me! Quello che per un certo punto di vista rimane libero, in quella libertà che Io ho concesso ai Miei figli come Parte della Mia propria Libertà d’azione, quindi tutte le cose che sono previste per il percorso di sviluppo dei figli, verranno lentamente rivelate, anche in vista della conservazione della vita alla figlia smarrita.

26. Se fin dall’inizio della caduta lei avesse visto ciò che avrebbe procurato la sua cattiva strada, sarebbe stato come una morte. Invece, per conservarla, ogni figlio, perché tramite la caduta tutti insieme sono stati aggravati, i travagliati da se stessi e i caricati che si sono volontariamente sacrificati, perciò viene rivelato solo a pochi caricati, ai fedeli, una cosa dopo l’altra nel tempo che ho dato alla Redenzione.

27. Anche voi dovete sentire qualcosa, e inoltre, pensare: Non a loro per l’aggravio, bensì, di buon cuore, non lamentatevi mai per la caduta: ‘Perché, o Signore, perché?’. Questo, figli, sarà riconosciuto pienamente da ogni viandante del mondo solamente quando ritornerà nella Casa del Padre che Io ho istituito per il Mio popolo. Quindi ripeto la Mia Domanda: ‘Che cosa farò qui?’

28. Dapprima vi indico che l’indicazione ‘collina della preghiera’, non proviene da Abramo. Successivamente il fedele sacerdote Ithamar ha introdotto il nome (Num. 3,2) e riconobbe molto dalla (sua) visione: ‘Qui Abramo ha lottato ed ha sacrificato la sua esistenza. Il suo spirito pregava incessantemente e la sua anima ha combattuto nella vera agonia’. Sacrificare Isacco è stata una lotta per Lucifero, per mostrargli: ‘Guarda, questo lo fa DIO per te, se…’.  Dipendeva da questo ‘se’!

29. Non era possibile che Satana giungesse alla conoscenza dalla volontarietà del sacrificio del principe della Mia Serietà? Non poteva, magari, voltarsi già allora, oppure più avanti attraverso molti tocchi? Oh, è bene che nessun figlio lo sappia e rimanga chiuso in Me come salvataggio benedetto, finché non sarà posta la Chiave di Volta dell’Atto di redenzione. Di questa, solo piccoli Raggi ne cadono di tanto in tanto per i figli fedeli. Anche oggi.

30. Satana viene toccato sovente. Non potrà mai farci niente, mai chiudere gli occhi, è legato a Me come primo figlio. Tutti i figli! Non arbitrariamente, mai per la Mia Potenza di Creatore, ma certamente per il fatto che Io come Creatore li ho creati. Un’Opera rimane per sempre fissata nel Creatore, anche se da Lui attraverso la Creazione è fuoriuscita da LUI ed è stata esternata per la propria personalità.

31. Questo avviene in piccola misura anche negli uomini. In loro viene formato un pensiero e questo riceve la sua forma, almeno da coloro che non pensano solo a se stessi, ma operano! Quando poi ciò che è creato è lì, allora il piccolo creatore gioisce, ma ciò che era germogliato rimane comunque fissato in lui. Chi vende la sua opera e questa viene portata via, l’immagine rimane comunque esistente in lui.

32. Altrettanto, tuttavia in un senso altamente incomparabile, le Mie Opere sono sempre presso di Me e in Me stesso, anche quando prendono forma, come gli stessi figli della vita sono viventi. Ma che sono divenuti, dapprima in Me come magnificenza creati dal (Mio) lavoro, questo rimane immutabile, eternamente esistente in Me! In questo modo ogni figlio è legato a Me.

33. Perciò, in futuro vi sarà rivelato qualcosa come Mi compiace. E Mi compiace ciò che serve alla Mia nobile Creazione. Come non dovrebbe essere incluso anche Satan in tutto ciò che Io faccio? Se lui si è certamente escluso, allora è solo per un tempo che Io gli concedo per Compassione (pietà) ed anche solo in modo tale che lui creda di essere libero da Me.

34. Lui e la sua schiera possono mantenere la sensazione finché ciascuno si lascia redimere, oppure del tutto segretamente, il che non tocca la piccola libertà creativa, essendo da portare su una via secondaria, a cui viene collegato il ritorno. Questo può accadere con ognuno della sua schiera, ma non con lui! Satana, una volta la figlia più bella della Creazione, si è allontanata da se stessa; ma le sue schiere furono sedotte …da lui.

35. Così lo incontro continuamente, anche se lui non Mi può vedere, …per la sua salvezza. Quello che Io rivelo ai Miei figli del Sacrificio, qui su questo mondo e altrove in tutto il Cosmo della Creazione, è l’incontro, che lui non riesce mai ad evitare[26]. Sono dei punti di contatto! Lasciano nell’anima di Lucifero delle ferite che lo tormentano. Questo non gli viene risparmiato! Lui ha causato alla Mia Opera gravi dolori – non a Me, perché questo non può mai succedere – perciò li deve percepire.

36. Quando IO in futuro prenderò su di Me tutti i dolori della Creazione per guarire ogni male, allora Lucifero deve piegarsi. Non lo farà assolutamente subito, ma quando in lui arderà il fuoco, il Mio SACRIFICIO che sigilla l’Opera della redenzione, allora si accascerà (vedi “Golgota” la terza Pietra miliare), si piegherà sotto la Mia Volontà del Sacrificio!

37. Io chiedo: ‘Se è qui presente come lo era davanti alla Grotta, non dovrebbe ora voltarsi?’. Lui non c’è, gli ho sbarrato la via, ma ciò che sta accadendo adesso, qui sulla Mia collina della preghiera, è un enorme Raggio di Benedizione che corre attraverso l’intera Creazione e colpisce tutti coloro che si affermano nel servizio del sacrificio. Questa è una semina che Io spargo nel Suolo delle Mie Opere. Germoglierà sempre al giusto tempo, qui e là, come Io l’ho preparato amorevolmente.

38. Nell’immagine avete visto Abramo caricato con il peso per il sacrificio. Lasciate che vi sia mostrata un’altra immagine simile a quella del principe della Mia Serietà, solo infinitamente più santa e… più grave, finché riconoscerete di che si tratta di ciò che ‘IO faccio qui’!

39. Non indietreggiate, poiché anche questo fa parte della semina, come tutte le cose che ho preparato per il ritorno di Satana. Affinché lo riconosciate precisamente, parlerò di questa immagine mostrata affinché sentiate la Mia Voce e possiate sopportare la visione. Voi portate la piccola parte del sacrificio per la caduta, ed Io includo ogni parte di ogni figlio nella Mia Redenzione principale.

40. Vedete la Figura circondata rudemente dalla frotta? Il peggio è velato. Ma osservate questo: accanto alla Figura non sta nessun figlio che sarebbe da sacrificare; ma Colui che là vacilla, è DIO, il Sommo Sacerdote, che ha incontrato Abramo e dà Se stesso in Sacrificio! Qui, dove una volta è stato eretto il braciere per il fuoco, sta uno strano focolare-altare. Non lo dovete proprio vedere diversamente, non così come a quel tempo sarà il palo dell’oltraggio (la Croce).

41. Rabbrividite, sì, …piangete, siete piegati profondamente perché percepite: questo è DIO che sta con noi! Questo… oh, …questo Egli lo fa anche per noi! E’ sangue che scorre dal punto dove la Figura posa Se stessa sul tavolo del Sacrificio. Nessuno potrebbe alzare una mano contro di LUI (Giov. 10,11) che si piega come un Agnello da Sacrificio! Nessuno può costringerLo a farlo! Sembra così solo, esteriormente sarà così come se la frotta potesse fare il suo cattivo gioco con LUI, il Quale – secondo l’apparenza – non può difendersi.

42. Voi vedete come dalla Figura si sprigiona un Raggio di Luce inconcepibile nella sua Magnificenza, nella Potenza della Volontà del Creatore, e come Essa stessa compie ciò che secondo l’apparenza fa la frotta. Ciò che succede, la grande immolazione, non vi viene mostrata, poiché Satana persino nell’immagine lo vedrebbe – lo dovrebbe vedere – e alla fine di una Creazione starebbe del tutto solo al suo posto.

43. Anche voi, non solo voi pochi sulla Mia collina della preghiera, no, – tutti i fedeli nella Luce in tutto il circondario del mondo vedrebbero questo Sacrificio. Né per via di Satana quest’Ultimo Atto della Redenzione viene pienamente velato; l’ho persino nascosto per ME, anche se lo conosco nel Mio Essere-UR!

44. Tutto il popolo viene incluso, perché Mi appartiene tutto. Io ho lasciato a Satana di pensare in anticipo al suo ritorno. Se lo fa, l’aver creato questo è comunque del tutto uguale a quello che può ancora diventare, poiché la Mia Volontà magnificamente libera, il primo Moto del Mio Impulso-ur, posto dietro al Mio Ordine, fu la quintessenza dell’Atto-Sacrificio, nell’Anno-Azione-ur[27], prima che per i figli sorgesse la loro Aurora.

45. Ora per voi si offusca l’immagine dell’Alto che tra questa frotta stava così maestoso, intoccabile nella Sua Divinità. Solo la Forma esteriore, abbandonata a Se stessa, era circondata dall’oscurità. E’ sufficiente che percepiate quest’ultimo, ed ecco che anche le Mie Mani vi passano sopra e… siete liberi!

46. Vi sia ancora spiegato questo: la differenza tra la notte e il giorno. Dalla Mia imperscrutabilità, dalla Luce inaccessibile, sono uscito per incontrare coloro che dovevano diventare la Mia ‘Creazione nobile’ nell’Amore Paterno fin dall’inizio della loro Vita. Altrimenti la Mia Creazione-figli sarebbe senza alcun senso! Allora avrei potuto tenerli in Me come un embrione, con il quale avrei anche potuto frequentare nella Gioia del Mio Cuore, Io con lui, ma non lui con Me!

47. Ho attinto le Mie Opere dalla Fonte della Mezzanotte[28] che nessun figlio può vedere nella consapevolezza del Giorno, perché a questa (la notturna) è collegata l’inaccessibile parte di Luce che appartiene unicamente a Me. Dal luogo più profondo, più splendido, veramente regale, ho preso i Miei figli nel Grembo paterno, e per voi è diventato Giorno, per quell’attività, l’Anno-Azione-ur, anche se col suo primissimo inizio non vi fu anche la Vita auto consapevole.

48. Io ve l’ho mostrata con la rivelazione nella Grotta e qui in questo luogo. Notte e Giorno (Notte-ur e Giorno-ur), il segreto e lo svelato. Questo si riferisce già a quelle enormi Opere che prima dell’Anno-Azione-ur risultarono nel ‘tempo creativo’. Nessun figlio ha bisogno di conoscerlo per la beatitudine. Voi siete beati solo nella Vita ricevuta da Me, solo nella fede, nell’amore, nella consapevolezza che Io sono il Creatore-Padre e voi il Mio popolo-figli.

49. Tutto questo è un duale, come i due Piedi delle Mie Fondamenta, come la consapevolezza di Forza interiore ed esteriore, detto così per voi:

il Creatore e l’Opera, il Padre e il figlio!

Così do ai figli una parte nelle Azioni che IO faccio! Io nelle Fondamenta e le stesse Fondamenta su cui i Miei figli stanno sempre, e dopo, sempre racchiusi, modesti di ‘…nel’ Cuore.

50. Un giorno si dirà perfino che Io ho mandato un Figlio a percorrere la via del Sacrificio al Mio posto. Domanda: ‘Quale dovrei, dunque, mandare?’ Considerato che i Miei figli sono i figli e le figlie, non possiedo giammai un solo Figlio, ci sarebbe da sceglierne uno. Dovrei, come DIO, nasconderMi dietro ad un Figlio, se IO STESSO posso camminare sulla via del Sacrifico, meglio e… per tutti?

51. Conservate questo per voi fino alla fine della vostra vita terrena: ‘Unicamente il SIGNORE, che troneggia su ogni Creazione, può fare tutto senza eccezione!’. Vi avevo inviato gli angeli che hanno aiutato nelle (cose) malvage mondano-terrene, tuttavia Io stesso vi ho portato la Parola-Rivelazione della Mia Luce!

52. Ebbene, …anche gli angeli, sia che abbiano già percorso la via del co-aiuto oppure devono ancora percorrerla, possono portare il Mio insegnamento, in più il Mio aiuto di cui hanno bisogno i viandanti del mondo. Dove però si tratta del più Alto, precedo IO! Se mando dei messaggeri, è in ogni tempo la Mia Grazia, il Mio Dono, il Mio Amore, il Mio Aiuto, che Io lascio giungere ad ogni figlio, subito o più tardi, aperto o velato, come serve a ciascuno.

53. Ora andate, siate consolati e benedetti. Lasciate dimorare tutta la povertà nei vostri cuori. Non pensate mai in modo cattivo ai caduti, che sono appunto da rialzare e anche da essere riportati verso Casa. Non supponete mai che coloro che Mi rinnegano, che fanno del male per cattiveria, li condannerò in eterno. Presso di Me, sentitelo bene, non esiste nessuna dannazione! Presso di Me esiste prima la resa dei conti, poi l’Aiuto e la Redenzione, la Benedizione, la Pace e l’Amore del Mio Cuore di Padre!

54. Se questo lo viene a sapere presto qualcuno oppure lo si deve aspettare sulla via secondaria, non diminuisce i Miei Doni. Come IO sono eternamente presente, così sono presenti anche i Miei Doni. Tanto poco Mi sono mai nascosto, così poco tengo un figlio lontano dal Mio Amore. Senza questa Guida, senza un rivelazione visibile ed invisibile, non può sussistere nessuna creatura-figlio, non potrebbe rimanere in vita, perché solo con e presso di Me come Creatore, essa è e rimane esistenza e la Vita di tutte le cose!

55. E voi quattro che siete chiamati pagani, siate perfettamente consolati. Per Me siete cari figli e la Luce sarà  con voi (Ap. 21,24-26). Camminate d’ora in poi sulle vie della Mia Verità, attenetevi saldi alle Parole del Mio Amore – tutti voi che contemplate con l’anima colma di gratitudine e – ora potete vedere il Mio Volto. Questa Benedizione rimanga con voi fino all’ultimo giorno della vostra vita terrena. La Pace sia con voi!”

*

56. È stato un momento? Un’ora che Si è mostrato il Volto di Dio? La Sua Magnificenza e la Sua Grandezza che non opprime, che rende i figli beati? Sono ancora inginocchiati, non sentono l’asperità di un duro suolo. Sono ancora nel mondo e… non vi sono più. Più tardi non sanno come sono andati via dal monte, separandoli senza una parola. Rimangono uniti nella fede nell’unico Dio e nella Sua Magnificenza.

 

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[1] Giudici: ovvero il tempo dei giudici. (Vedi l‘Opera “La funzione dei giudici”)

[2] Siamo ancora nel ‘tempo dei giudici’, e ci vorranno oltre 100 anni per il primo re Saul. Vedi “Libro dei Giudici” 21,25: «In quel tempo in Israele non c’era un re; ognuno faceva quel che gli pareva meglio». [n.d.r.]

[3] Parata: uno sguardo attento celestiale.

[4] Delle stuoie: quindi in questo caso non dei letti (altro che i comodi materassi odierni), quasi a rimarcare l‘estrema semplicità dei costumi e degli arredamenti di quel tempo. [n.d.r.]

[5] La domanda era lecita, perché si sapeva che la proprietà di Hanea col figlio Boas non apparteneva loro, ma ad un fratello del padre deceduto; perciò qui si era creduto che il figlio dello zio, cioè l’erede, fosse tornato per l’eredità del padre Kemali. [n.d.r.]

[6] Lustrum: il più Alto delle opere di Dio, l’Atto più alto di ogni Atto, da cui derivò l’immagine/progetto del Salvatore in Dio. [n.d.r.]

[7] Sette principi: i rappresentanti delle sette Caratterisiche di Dio, i sette arcangeli duali di: Ordine, Volontà, Sapienza, Serietà, Pazienza, Amore, Misericordia.

[8] La locanda di Bathra: vedi la rivelazione del 1956 “Il patriarca” cap. 21,4.

[9] Ciò che è appeso fuori: frase enigmatica per chi conosce solo il raccontino biblico. Ma una profonda considerazione, partendo da una riflessione spirituale di come avrebbe dovuto svolgersi il dramma di Adamo e Eva sulla caduta, può porre le basi per una comprensione ben più profonda. (vedi l’Appendice alle Quattro Pietre miliari, “Uomini edificano – uomini distruggono”). [n.d.r.]

[10] Questo è l‘antico ‘boschetto di Mamre’. (vedi “Il patriarca” cap. 10)

[11] Il primo: qui Abramo inteso quale primo, quale progenitore degli uomini che hanno riconosciuto il Dio unico, quindi considerato il ‘padre’ della linea genealogica di tutte le stirpi, dopo Noè. [n.d.r.]

[12] L‘ultimo: inteso l’ultimo Atto della Divinità, quello di donare all’umanità il Suo Amore, quale Sapienza nella forma umana in Gesù. [n.d.r.]

[13] (vedi “Il patriarca” cap. 10). Abramo, all’annuncio che il ‘Figlio’ di Dio si sarebbe sacrificato, così come si sarebbe dovuto sacrificare il figlio suo che ancora lui non aveva avuto, era rimasto interdetto; e tuttavia, per rispondenza, dentro di sé quel sacrificio di un figlio suo che ancora non aveva avuto, significava la sua sottomissione completa alla Volontà di Dio, quindi alla rinuncia di se stesso per Dio. [n.d.r.]

[14] Ciò è riferito al quel luogo vicino a Gerusalemme, una piccola sommità dove era avvenuto il fermato sacrificio di Abramo su Isacco, dove poi sacrificò un ariete, quale simbolo del futuro Sacrificio di Gesù su quello stesso luogo-altare che si chiamerà ‘Golgota’. (vedi “Il patriarca” cap. 21) [n.d.r.]

[15] Dai due luoghi: La grotta della Natività e il Golgota.  [n.d.r.]

[16] Ora della Sera: si riferisce ad un Ora-ur, ovvero sono Spazi di Tempo della Divinità, la Quale nella Sua essenzialità indica in rispondenza gli stessi termini usati per i cicli della Terra, con Anni-ur, Mesi-ur, Settimane-ur, Giorni-ur, ma infiniti. Se si considera che il lunghissimo-infinito tempo dei ‘sette giorni della Creazione è di una sola Settimana-ur, e che la fase della caduta della prima figlia (Sadhana) è avvenuta alla 7° Ora del sesto Giorno, mentre la venuta di Gesù alla 14° Ora, qui l’indicazione dell’angelo è alla 16°, perciò della Sera, l’ultima utile per il recupero della totalità dei figli, e poi c’è la Notte-ur, considerando che il giorno è di 16 ore comprese tra le 6.00 e le 22.00. (vedi l’opera “Eternità-ur in Spazio e Tempo” al cap. 6,313) [n.d.r.]

[17] La notte del Golgota. (vedi la terza Pietra miliare “Golgotha”) [n.d.r.]

[18] UR: è il Nome della Divinità nella Luce. Quando invece ‘ur’ in minuscolo eviene usato accanto ad una parola, es. Ora-ur, Giorno-ur ecc, ha il significato di originario, primordiale.

[19] Il Santuario, la casa del Padre, il centro dell’universale Uomo cosmico spirituale, ovvero il Regno dei Cieli quale Gerusalemme celeste per i figli della Creazione della Settimana-ur santa. (vedi l’opera “Eternità-ur in Spazio e tempo”) [n.d.r.]

[20] Dallo spirituale verso il materiale, dal Cielo dello spirito all‘incarnazione nei mondi della Creazione materiale. [n.d.r.]

[21] Come ora…: in cui, benché invisibile, al maligno, cioè a Lucifero che sta dappertutto sulla Terra, quale luogo principale della sua espiazione-relegazione, gli viene concesso di percepire la presenza del SANTO, la cui percezione, essendo reale mentre EGLI parla agli uomini, è per lui come un attimo di Grazia. [n.d.r.]

[22] Ciò riferito alla possibilità di una caduta, prevista, per una successiva beatitudine dopo il superamento, ma non obbligatoriamente necessaria. Cioè, non un ‚deve’, ma un ‘possibile’, e certamente, essendo stato previsto dall’Onnitutto, non avrebbe potuto far ricadere sulla cretura-figlio la colpa, quindi la necessità di un recupero-redenzione tramite la ‘piccola via’, cioè la relegazione nella materia, pertanto temporanea, fino al riscatto-redenzione totale per tutti. [n.d.r.]

[23] Notte: intesa sia la notte spirituale del proprio spirito, in opposizione alla Divinità, sia nelle tenebre della lontananza, senza quella Luce originaria dalla quale tutta la Creazione spirituale attinge la Vita. [n.d.r.]

[24] Di ciò, vedi l’opera “Quando morì Mosè” al cap. 9.

[25] Abramo, nella Luce, nel Regno, è il rappresentante di una delle sette Caratteristiche della Divinità: la Serietà. (vedi “Eternità-ur in Spazio e Tempo”)

[26] (vedi ad esempio: di J.Lorber “Il Governo della Famiglia” vol. 3 cap. 15-23)

[27] Anno-Azione-ur: è il terzo di quattro anni di un mezzo respiro della Divinità, che nel totale di un intero respiro (otto Anni-ur) con una Sua inspirazione ed espirazione rappresenta un Ciclo-ur,. Gli altri tre sono: l’Anno Pensiero-ur, l’Anno-Parola-ur e dopo tale Anno-Azione-ur viene l’Anno-Conseguenza-ur, i cui tempi non sono nemmeno immaginabili, come viene accennato nell’opera “Eternità-ur in Spazio e Tempo” (vedi nota n. 16) – [n.d.r.]

[28] La Fonte della Mezzanotte: è il luogo nel Santuario da dove la Divinità (il Creatore-Sacerdote-Dio-Padre) attinge tutte le Opere, in un tempo seguente un Giorno-ur. La Notte-ur è di conseguenza la metà (otto Ore-ur) di un Giorno-ur (sedici Ore-ur) in cui i figli espleteranno poi ciò che la Divinità ha preparato nel Tempo-ur della Sua Notte-ur. [n.d.r.]