Il libro di grazia

“Prefazioni”

[spiegazioni su: Apocalisse ‘prologo’ cap.1]

 

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[ Apocalisse di Giovanni - testo ]

 

Indice

Parte I           [Ap.1,1-3]          La testimonianza di Giovanni dalla fede

Parte II         [Ap.1,4-8]          L’incarico ricevuto dalla sua fede

Parte III        [Ap.1,9-11]        La visione spirituale, e come Giovanni l’ha ricevuta

Parte IV        [Ap.1,12-20]      La conoscenza personale di Giovanni

 

 

Prefazione

Parte I

[prologo - Ap. 1, 1-3]

 

La testimonianza di Giovanni dalla fede

 

                          1.       «1Rivelazione di Gesù Cristo» [Ap. 1,1]. – Così la chiama il veggente di Dio, ciò che gli mostra lo Spirito. Non fa appello né alla sua propria parola né alla propria opera, anche se lui vede e sente, se ha ricevuto l’ordine di scrivere, d’annunciare, di sigillare. Ciò che riceve, gli viene apportato attraverso la mano dell’angelo, che Dio-Gesù-Cristo gli invia con il Suo alto messaggero. Nonostante si consideri quindi soltanto come il secondo anello, come il servo, si assume naturalmente la responsabilità di ciò che viene dato. Lui testimonia sia il santo insegnamento del suo Maestro di Nazareth, che per lui significa la Vita più sublime, come anche ciò che riceve in parte in “visione” tramite l’angelo nominato, in parte direttamente dall’OnniSanto; e lui afferma questa verità della Rivelazione davanti a tutto il mondo.

                          2.       La sua fede è irremovibile, ma proprio in questa era stato messo a durissima prova. Quello che hanno annunciato i suoi co-apostoli, ciò che hanno annunciato Paolo o altri primi testimoni di sangue dall’insegnamento di salvezza di Gesù – queste testimonianze sono da chiamare facili nei confronti di ciò che deve prendere su di sé sull’isola di Patmos. Anche se le testimonianze dell’insegnamento hanno preteso molto, anzi, bene e sangue, sono quasi senza paragone verso la testimonianza di questa Rivelazione, perché tutto ciò che vi è contenuto, particolarmente al tempo della ricezione, era e rimaneva un libro con sette sigilli. Soltanto a grandi eroi di fede la verità era stata aperta, e cioè a coloro che l’attingevano semplicemente dal potere della Rivelazione, senza veramente comprendere ciò che avevano da significare le singole immagini avvolte in oscuri enigmi.

                          3.       Giovanni resiste a molto. Lui vede chiaramente, ma l’Incarico è di scrivere nella forma di chiave, appunto, come esiste il “Libro dei tempi del Giudizio”; non da annunciare, quello che lui aveva percepito più a fondo. Da questo, pesa più gravemente la sua fede e la testimonianza dalla medesima. Fin dal principio non dà la responsabilità a Dio e al suo angelo per ciò che veniva dato, e non si nasconde: “Lo dovevo scrivere, sono soltanto uno strumento di Dio”. – No! Chiaramente, con forza sostiene ciò che riceve. «2Questi attesta la Parola di Dio e la testimonianza di Gesù Cristo, riferendo ciò che ha visto» [Ap. 1,2]. – Lui chiama inoltre «beati» tutti coloro che leggono, sentono e ricevono le Profezie, che credono che il tempo sia molto vicino.

                          4.       Questa beatitudine, in frza alla testimonianza e alla fede, confermeranno in seguito le visioni. Gli è concesso di vederle – e (vedere) se stesso, coloro che hanno conservato la testimonianza e la Parola, per cui furono uccisi. Già in principio del primo tempo del Giudizio vedrà queste ‘anime’ all’apertura del quinto sigillo (Ap.6,9). La Parola «poiché il tempo è vicino» [Ap. 1,3] è una di quelle fraintese che il veggente di Dio deve dire, e con la cui realtà qualcuno se ne occuperà seriamente solo raramente. Proprio la Parola qui menzionata è l’enigma più incompreso per tutti i rimasti che non consultarono lo Spirito, cioè lo Spirito di Dio, che in genere si chiudono al Regno e alla sua “venuta”. 

                          5.       Sono da discernere con serietà due cose: per primo il tempo in genere e, anche in questo, differentemente le epoche spirituali e quelle terrene; in secondo luogo, però, quale visione ha Giovanni nel momento della ‘indicazione del tempo vicino’, quindi fondamentalmente deve essere valido ‘dallo Spirito’. Questa constatazione non è casuale; è assoluta, sulla quale possono essere messe tutte le singole immagini e la loro comprensibile spiegazione.

                          6.       Giovanni vede le immagini per il mondo e i suoi uomini, ma non gli vengono annunciate nel mondo, né nel riflesso del tempo né nell’avvenimento, che convalida l’indicazione del tempo tenuto molto all’oscuro anche tramite il genere delle epoche di Giudizio che si svolgono. Se però il veggente di Dio ha ricevuto questa Rivelazione esclusivamente in ‘visione’, nello «spirito» (Ap.1,10), allora l’osservazione spirituale e la stessa interpretazione stanno in prima fila. Non si può decifrare il Mistero con nessun’altra chiave, come non è nemmeno possibile a nessuno di scoprire il primo accesso che conduce a un magnifico ed alto pinnacolo di Rivelazione.

                          7.       Se si vuole riconoscere ciò che è nascosto, allora ogni tratto di tempo è da considerare nello Specchio dello Spirito-Ur. Ciò presuppone di ottenere una comprensione sui sette Giorni della Creazione, il cui singolo decorso sembra immane per i concetti umani, che nella cornice di un tempo constatabile sono incommensurabili. Basta indicare, che p. e. il sesto Giorno della Creazione secondo Gen. 1,31, nel quale il Signore ha creato l’uomo, non ebbe il suo inizio con la Creazione dell’uomo come pensato finora, ma questo avvenne nel Giorno già molto progredito.

                          8.       Il Santo-Ur ha cominciato quest’Opera del sesto Giorno ancor prima della caduta di Sadhana, la cui aurora arriva, quando c’è da mettere la parola: «E Dio vide tutto quello che aveva fatto; e guarda, era molto buono» [Genesi 1,31]. Che l’Opera ‘Uomo’ potesse essere considerata già ora “molto buona”, nessuno lo sottolineerà; ma che diventerà buona, è certamente vero! Infatti, la «donna si è preparata» [Ap.19,7]. Il tempo qui indicato è un tratto dal sesto Giorno, che rimane inesplorato nell’insieme del tempo, ma è da comprendere spiritualmente. Se Giovanni di conseguenza chiama questo tempo ‘venuto molto vicino’, allora corrisponde alla pienissima Verità.

                          9.       Inoltre, ogni immagine – nella storia del tempo comunque limitato – è relativamente trasferibile, secondo che un uomo, una stirpe, un popolo, oppure anche l’intero mondo si merita delle amare conseguenze legali. In tali casi è avvenuto sovente ed è successo, che dei singoli giudizi sono entrati immediatamente in vigore. Perciò il ‘vicino’ è molto giustificato ed è dovuto nella cornice della Misericordia di Ur.

                        10.     Il Giudizio si estende per terza cosa ancora al campo animico e alle anime – se non prima, allora direttamente dopo la morte terrena – che hanno da sostenere dei gravi, fino a gravissimi Giudizi nell’aldilà da loro rinnegato, se dapprima non giungono alla vera fede. Allora con ancora maggior ragione vale il ‘vicino’, perché la morte porta all’uomo il suo proprio tempo di Giudizio. A questo non può sfuggire, e la fine della sua vita terrena può essere ‘vicina’.

 

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Prefazione

Parte II

[prologo - Ap. 1,4-8]

L’incarico ricevuto dalla sua fede

 

                          1.       Il veggente prende la forza dalla fede per la propria testimonianza. Lui garantisce per ciò che gli è stato rivelato come una propria faccenda, vuole rendere conto della sua verità e dell’adempimento. Non c’è da meravigliarsi che oramai gli sopravviene l’incarico, che può naturalmente eseguire.

                          2.       Non ha bisogno di scrivere: “Giovanni, su incarico”, ma «Giovanni alle sette comunità in Asia» [Ap. 1,4]. – Si chiama sempre ‘servo’, ma esegue l’incarico come gli è dato nel cuore. Chi non riconosce il rapporto fra l’Incaricante e l’esecutore – non il ricco collegamento dalla Legge e l’adempimento che giunge all’effetto in un modo quasi unico – non comprenderà quasi da dove prende il coraggio e l’auto consapevolezza di scrivere alle sette comunità come da se stesso.

                          3.       Lui scrive le visioni quasi nel proprio linguaggio, in parte secondo il dettato spirituale, ma così come le ha viste, cosa che vale come seconda testimonianza, che tutto è sorto “dal Regno (Ap. 3,1), come afferma il suo saluto: «La Grazia sia con voi e la Pace da Colui, il Quale è ed il Quale era ed il Quale viene e dai sette Spiriti, che sono dinanzi al Suo Trono» [Ap. 1,4]. – Chi è Colui, lo si sente con e senza riconoscimento: Colui, il Quale ha parlato una volta con Mosè: «L’Io-sono!» (Es. 3,14).

                          4.       Chi sono le sette comunità in Asia? E chi i sette Spiriti che sono stati precedentemente menzionati davanti al Trono? Che cosa’è il Seggio? – Allora queste comunità esistevano veramente, esse appartenevano al termine collettivo ‘Asia’, così come esistevano anche altri circoli di questo genere. I primi apostoli scelsero tali parole di riconoscimento, grazie alle quali i oro uffici furono facilitati per iscritto nelle loro funzioni nell’assistenza, e ogni comune o piccola comunità veniva registrata. 

                          5.       Questo rapporto menzionato prima ha un valore molto insignificante. Ma averlo menzionato permette già di abbandonare il suolo della sola-natura, che non viene sfiorato nelle ulteriori menzioni, a parte di avvenimenti che hanno un effetto spirituale e naturale, inoltre ancora animico, e per cui sono da contrassegnare nei loro tre generi. Lo spirituale però sta sul campo, molto in prima fila.

                          6.       I sette Spiriti sono in collegamento con le sette comunità. Con l’Asia, la culla primordiale dell’ultima umanità, è intesa meno la parte della Terra che piuttosto il luogo dove sono a casa le comunità. Possono avere la patria nel Regno oppure ancora soltanto sulla Terra, che sono da considerare secondo la loro predisposizione, la loro fede, il loro rapporto verso la Culla primordiale del Regno. Le comunità del mondo sono quindi un riflesso spirituale verso i sette differenti gradi d’umanità e differenti generi di fede. Questo è da intendere così come lo si vedrà nella differenza delle singole comunità.

                          7.       Ma i sette Spiriti che stanno a contatto con le comunità, non sono responsabili per il loro agire e non agire, nemmeno gli ‘angeli’ come riceventi di quegli scritti. Soltanto, hanno il potere sulle comunità e ricevono rispettivamente la funzione, le benedizioni o le piaghe da portare dal Regno e riversarli. Gli Spiriti indicati sono le Caratteristiche di Dio, i Raggi Fondamentali della vita, che primordialmente colmavano la Personalità-Ur senza personificazione. Sono la propria Personificazione di Ur!

                          8.       Da questa Propria personificazione, Ur ha preso dapprima due Parti. Ha tenuto indietro una Parte per Sé. Dall’essere invisibile Egli ha formato la Sua Visibilità. Dalla seconda Parte Egli ha creato l’Opera. Nelle due Parti le sette Caratteristiche rimasero sempre la base del Suo Essere e dell’Opera. Ha ancora suddiviso la seconda Parte.

                          9.       Dal terzo suddivisio Egli prese la terza parte e creò la figlia Sadhana, la Sua prima figlia della Creazione. Dagli ulteriori due terzi Egli creò i sette Spiriti prima menzionati e li chiamò ‘i Suoi angeli’ o ‘principi della Luce’, inoltre anche ‘portatori delle sette Caratteristiche’. Giovanni vede costoro dinanzi al Seggio che danno l’Incarico con l’Io sono’ e il ‘Io diventerò’.

                        10.     Il seggio è il trono; significa Dominio, che non si limita al Seggio. L’ulteriore ambiente viene per primo dimostrato tramite i sette Spiriti come co-inviati davanti al Seggio; per secondo nella sua rappresentazione visiva come l’Onnisantissimo, nel Quale vengono stabilite tutte le Opere (Ap.11,17). La rappresentazione invisibile del Seggio è impossibile descrivere, perché il Dominio - “la Magnificenza del Potere di Dio” - si estende secondo lo Spirito, allo Spazio-Ur e al Tempo-Ur, e perciò è percettibile soltanto nello spirito. Ma il Seggio rappresenta sempre la Magnificenza del Potere e il Dominio, che vengono mandati dal Trono e dall’Altare (Seggio e Focolare).

                        11.     La missione procede da Cristo, decodificata risolve quella questione del perché viene chiamato ‘dopo’ gli spiriti, i portatori delle Caratteristiche, benché di Lui si dice: «5Il fedele testimone e primogenito dai morti, il Principe dei re sulla Terra, che ci ha amato e lavato dai peccati con il Suo Sangue» [Ap.1,5]. – Cristo ha dimostrato l’Amore innato, e la Sua vita era la Testimonianza, come anche la Testimonianza della sua Magnificenza di Potere, che Lui, come Figliuol d’uomo, chiama «di Suo Padre» (Ap.1,6).

                        12.     La Terra è il fatto, la realtà, l’Opera, anche nello spirituale. I re della Terra sono spiriti ‘e anche uomini’, che hanno riconosciuto la Magnificenza del Potere, quindi sono re in ispirito. Gesù Cristo è il loro Principe, il Governante su tutti. Ed Egli nomina diversi re, diversi sacerdoti, già dal Seggio rivelato di Mosè, Isa-i, e altri messaggeri, come lo annota anche Pietro nella sua lettera ([1° Pt. 2,5-9]: «….e se non risparmiò il mondo antico ma salvò Noè predicator di giustizia, con sette altri, quando fece venire il diluvio sul mondo degli empi, il Signore sa trarre i pii dalla tentazione e riservare gli ingiusti ad esser puniti nel giorno del Giudizio»).

                        13.     I due tipi di scelta indicano la guida esteriore e interiore, così come il Regno conosce due Fondamenti: La Legge della Condizione / Legge della libera volontà e la consapevolezza di Forza interiore ed esteriore. – I sette sono rispettivamente due esseri personificati: un cherubino, un serafino. Ambedue formano un’unità come portatori di un Raggio di Vita fondamentale, e ognuno è capace di essere re e sacerdote, anche se ha da esercitare solamente una funzione. Perciò, re e sacerdote (i due terzi dalla Duplice Parte di Ur, per l’Opera).

                        14.     Dato che Dio per lo sviluppo degli uomini pone il secondo portatore del Fondamento nella materia al primo posto, il “re” sta al primo posto come guida esteriore, anche come Opera visibile. Mentre la guida interiore, il ‘sacerdote’, ha da basarsi sulle Condizioni di Ur, se da ciò la funzione di sacerdote vuole ottenere un figlio di Dio. Ma solo se un figlio nella sua propria parte dell’anima legato alla Terra e all’oscurità è il sacerdote, cosa che richiede un’educazione salda, spirituale, può essere per altri figli un re o sacerdote, che si basa sulla seconda vocazione e l’elezione sul ‘talento celeste’.

                        15.     «7aGuarda, Lui viene nelle nuvole…» [Ap.1,7a]. – Come le nuvole coprono il cosiddetto Cielo, in modo che non si vedano né l’azzurro del blu - colore di rispondenza del Creatore - né l’oro del Sole (colore del sacerdote), così viene velata la venuta del Signore; e coloro che abitano sulla Terra non si accorgono di Lui, finché all’improvviso, attraverso un vento sconosciuto, viene strappata la coltre di nuvole, e il Cielo con il Sole, il potere del Creatore e la forza del Sacerdote, diventano visibili e percettibili.

                        16.     «7be tutti gli occhi Lo vedranno, e coloro che Lo hanno pugnalato; e piangeranno tutte le nazioni della Terra» [Ap.1,7]. – Tutti gli occhi riguarda i credenti e miscredenti; entrambi i gruppi devono vedere. Perciò viene pronunciato espressamente: “… e coloro che Lo hanno pugnalato”. Mentre con ‘tutte le nazioni della Terra sono intesi quei gruppi di uomini che si sono venduti al mondano, senza pensare ‘al Regno’, oppure mettersi magari al suo servizio.

                        17.     Il servizio si estende – in particolare per costoro – dapprima sulla propria anima, per la quale è responsabile ogni uomo. Solo secondariamente può essere preteso da loro un servizio al prossimo oppure da aspettarsi un servizio in comune, anche se porta soltanto un carattere mondano oppure anche in parte spirituale.

Io sono l’Alfa e l’Omega, l’Inizio e la Fine!   (Ap.21,6)

Io sono Ur, l’Eterno-Santo, l’Eterno Unico e Verace! (Ap.3,14)

Io sono anche il Santo EMMANUEL!*

Io sono Cristo, il Principe dei Re!    (Ap.1,5)

Io sono il Creatore, il Sacerdote, Dio e Padre!

Un Cuore con le sue quattro Camere, il Cuore-Ur!

 

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Prefazione

Parte III

[Ap. 1, 9-11]

 

La visione spirituale e come la riceve Giovanni

 

                          1.       «9Io, Giovanni…» [Ap. 1,9]. – Il veggente non per questo mette il suo io a un inizio perché vuole sottolineare se stesso, no! – La sua testimonianza di garantire lui stesso per ciò che può ricevere e scrivere, spicca in modo prominente. Si pone nella prima linea del dichiarante. Seriamente è la gratitudine che arde nel suo cuore, facente parte dei dodici eletti, come il più giovane di quella schiera più vicina al Signore, colui che poteva riposare molto spesso al Cuore del Salvatore.

                          2.       Inoltre, ora è il santo Maestro di Galilea che Si rivela come l’Alfa e l’Omega, come il Primo e come l’Ultimo. Questa visione carica su Giovanni l’obbligo di garantire propriamente anche per ciò che è dato, come il Signore testimoniava sulla Terra per l’eterna-vera Parola di salvezza, la stessa per cui ha preso su di Sé la morte sulla Croce per la redenzione di tutti gli uomini e per l’intera tenebra.

                          3.       Quanto il veggente di Dio prenda sul serio l’obbligo, lo dimostra il fatto che una tale Opera della potenza celeste non gli avrebbe potuto mai essere annunciata, se lui stesso non fosse la testimonianza della stessa. E’ questo che lo autorizza a mettere all’inizio il suo Io, Giovanni’. Per mettere ciò, ci vuole l’alta sapienza e la riflessione spirituale, come ha da offrire a tutte le comunità del mondo le visioni ricevute, la cui Irradiazione lui sentiva chiaramente. 

                          4.       Lui si chiama un «9…fratello e compagno nella tribolazione e nel Regno e nella Pazienza di Gesù Cristo» [Ap.1,9]. – Lui rivela per primo tribolazione e Regno, mondo e Spirito, confrontandoli dinamicamente. Con ciò lui sta nelle file di coloro che sono stati eletti alla funzione del ritorno. Lui vuole essere soltanto un membro dell’anello, la cui parte esteriore deve rispecchiare il mondo e la sua tribolazione, come un anello sulla mano con la sua parte esteriore viene a contatto con tutte le cose. Per il Regno vale la parte interiore, come in un anello, il quale sfiora soltanto il dito del suo portatore.

                          5.       Solo quando tutti coloro che sentono il suo messaggio, che lo considerano anche soltanto come testimone della tribolazione, come messaggero del Regno, lui parlerà di  …nella Pazienza di Gesù Cristo”. Quanto modestamente parla di sé, che Gesù dovesse aver pazienza con lui. Sì, non tutto va così liscio; il suo fervore di fuoco giovanile qualche volta era un ostacolo per il successo. Come un insegnante mostra pazienza col suo allievo finché costui si sviluppa fino a un uomo maturo, così si vede Giovanni sempre ancora di fronte al suo Maestro su Patmos. Dipendeva dalla pazienza di Gesù Cristo, davanti alla quale egli si china in umiltà e riverenza[1].

                          6.       Dopo che si era per così dire legittimato spiritualmente, comincia a scrivere ciò che vede e deve annunciare. Suona strano l’inizio: «10Ero nello spirito nel Giorno del Signore e sentivo dietro di me una gran Voce come una tromba, che diceva:…» [Ap.1,10]. – Lui riferisce di essere nello spirito, ciò che non è più attaccato al terreno.

                          7.       L’ambiente è sprofondato. Il suo corpo giace come morto; è anche malato e molto debole. Le guardie lo lasciano in pace, perché la sua vicinanza ha l’effetto d’intimorire. Nessuno osa toccarlo. - Un forte angelo sta al suo capezzale, la cui irradiazione respinge il mondano. “Nel Giorno del Signore!”. Non è facile liberarlo, non è comunque in nessun caso un Giorno di ventiquattro ore.

                          8.       Giorno = Azione, Resa dei conti, Giudizio! Questo è il Giorno del Signore, che dura così a lungo quanto segue la Resa dei conti. Nella prefazione sono indicati due decorsi di Giudizio con differente esercizio di Diritto, da ciò è visibile che il Giorno non si lascia limitare in un giorno terreno. In profondità è inteso generalmente il sesto Giorno della Creazione che Giovanni vede, nel quale si allineano continuamente l’uno all’altro tutti gli sviluppi parziali, destini del mondo e di popoli, trasformazioni dello spazio rispetto al lavoro del giorno di un uomo. Vale come opera del Giorno anche un Campo che viene arato in un giorno.

                          9.       Giovanni si trova in questo Giorno. Lui vede l’immensa, meravigliosa Opera del Giorno dell’Onnisanto-Ur, del suo Maestro. Il mondo insieme ai suoi uomini è ancora lontano dal perfezionamento. Solo la fine, del Ritorno, concluderà la maestosa Opera del Giorno dell’Amore, il sesto Giorno della Creazione dell’Anno-Atto-Ur. Molto della Rivelazione parla per questo di un segno innegabile.

                        10.     Qui già uno: Giovanni sente dietro di sé una voce, quindi nel passato, cosa che è già stato dopo il suo tempo della vita personale. Ma da qualcosa di già avvenuto sale qualcosa che irradia sul presente e sul futuro. Lui si volta; con ciò nella ‘sua visione’ viene ciò che è nel passato. Al veggente si rivela l’inizio dell’Opera del Giorno; dopo, il resto, si svilupperà altamente santo nel decorso. La prima e la seconda parte della Rivelazione lo dimostreranno molto chiaramente.

                        11.     La prima interpellanza si svolge dell’ “Io sono ed Io sarò”, dell’Alfa e dell’Omega, Ur-Emmanuel! Egli assegna il primo espresso Ordine: «11Ciò che vedi, scrivilo in un libro e  mandalo …» [Ap.1,11]. – Al tempo dei discepoli non esistevano ancora dei libri. Per questo si usavano delle tavole o rotoli di papiro fatti da pelli d’animali, da sciolti si univano. Ma nel Santuario di Ur esistono due Libri, quello della Vita e quello della Creazione. Giovanni vede giacere i due Libri, perché il Giorno del Signore glielo rivela, ed è ciò che ci vuole per questo. Perciò Colui che ha aperto i due Libri sul Suo santo Focolare, può anche conferire l’ordine: «Scrivilo in un libro!» –

                        12.     Il foglio sciolto di un libro – quanto facilmente si perde. Ma tutto un libro, saldamente legato? Dev’essere: quello che Giovanni vede, è saldo e verace, legato e fissato! E per tutte le comunità è destinata un unica cosa. Quello che vale per una comunità, lo devono sapere anche le altre; quello che una ha di buono, a ciò devono tendere anche tutte le altre; e quando una ha da mostrare degli errori, tutte le altre devono ricercare lo stesso male presso di sé. Inoltre: questo libro, nel quale tutto viene registrato dal Regno e dall’epoca della Resa dei conti, dalla fine di questo Giorno e dal suo coronamento glorioso, è il vero Libro di Grazia, anche quando, in questo, i tempi del Giudizio ricevevano lo spazio più ampio.

 

E  questa  GRAZIA  è  per  tutti !

 

                        13.     Se non venissero scossi tutti gli uomini, tutti gli esseri, se non venissero loro mostrati gli effetti dalla causa dei loro propri pensieri, parole e azioni come conseguenze, giacerebbero eternamente nel sonno della menzogna e dell’ignoranza, della non-verità, nel sonno della morte della separazione da Ur-Emmanuel! Perciò, l’ultimo Libro della Bibbia è il più sublime Libro di GRAZIA che mai è stato ricevuto e scritto “nello  Spirito”.

 

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Prefazione

Parte IV

[Ap. 1, 12-20]

La conoscenza personale di Giovanni

 

                          1.       Giovanni, per via della propria conoscenza, si volta verso la ‘Voce’, perché accogliere giustamente le visioni è la sua faccenda. Contemporaneamente si distoglie del tutto dalla materia e verso lo Spirito, a COLUI, a Cui appartiene ‘Il Regno’. Quando questo gli riesce, egli vede LUI, ma in una Maestosità a lui quasi spaventosa.

                          2.       Dapprima nota i ‘sette’ che ora splendono come candelabri d’oro. Ogni candelabro ha due candele, rispetto a un cherubino e a un serafino, che servono ambedue i Fondamenti della Creazione. Il loro servizio è il candelabro; ma il come nella cornice dei loro Raggi della Vita fondamentale, è l’oro. In mezzo a questo splendore settuplo vede il Magnifico, che già Daniele ha visto e che chiamò ‘il Vegliardo’ ([Dan. 7,9-13]: «9Io continuai a guardare fino al momento in cui furon collocati dei troni, e un vegliardo s’assise. La sua veste era bianca come neve, e i capelli del suo capo eran come lana pura; fiamme di fuoco erano il suo trono e le ruote d’esso erano fuoco ardente». «13Io guardavo, nelle visioni notturne, ed ecco venire sulle nuvole del cielo uno simile ad un figliuol d’uomo; egli giunse fino al vegliardo, e fu fatto accostare a lui».  – [Dn. 10,5-6]: «Alzai gli occhi, guardai ed ecco un uomo, vestito di lino, con attorno ai fianchi una cintura d’oro d’Ufaz. Il suo corpo era come un crisolito, la sua faccia aveva l’aspetto della folgore, i suoi occhi erano  come fiamme di fuoco, le sue braccia e i suoi piedi parevano terso rame, e il suono della sua voce era come il rumore d’una moltitudine»).

                          3.       «13Lui era simile a un figliuol d’uomo…» [Ap.1,13]. – L’uomo era stato creato ad immagine di Dio, e in questo è riconoscibile l’Immagine di Ur-Dio, Gesù Cristo, anche nella Magnificenza del Potere. Egli non Si avvolge con qualcosa del tutto ignoto, ma mostra il Suo maestoso Volto. Oltre a questo Egli naturalmente è l’Onnipotente, e il veggente non ha abbastanza concetti per rendere chiaro il suo aspetto. Non sono indicate le parole. Al contrario – la personalità di Ur è da descrivere soltanto paragonabile. Nella Serietà è un frammento ciò che il veggente mette a posto della visione. Alla Terra manca l’espressività per nominare precisamente la magnificenza del Potere celeste.

                          4.       Tuttavia: «…con una lunga veste…» [Ap.1,13]. – Se a questo non fosse da assegnare un particolare significato, allora Giovanni non lo avrebbe menzionato, dato che nel suo tempo gli uomini camminavano quasi esclusivamente con i vestiti fino ai piedi. Erano un’eccezione soltanto delle giacche corte da guerra, soprattutto presso i romani. L’abito è l’avvolgimento dell’Onnisanto, perché nessuno Lo può vedere così com’Egli è nel Suo Essere-Ur.

                          5.       Con abito Egli ha creato una possibilità della contemplazione, affinché tutti i figli, quelli del Cielo e quelli nella materia, possano avvicinarsi a Lui e parlare con Lui, anzi – anche toccarLo, come le sue sante Mani afferrano pure i figli. La lunghezza dell’abito è la beatitudine di tutti i figli che dura in eterno, donata, incomprensibile. Perché lungo = continua a persistere e dura in eterno! Perciò l’apposita indicazione.

                          6.       Con «…la cintura fino al petto con una cintura d’oro» [Ap. 1,13]. – L’abito descritto viene chiuso strettamente al Corpo con la cintura. E’ d’oro – autentico! Chi ha goduto una volta quella beatitudine di contemplare Lui, è per sempre legato per mezzo di questa autentica cintura al Corpo, a  Ur . Non ne cade più, come magari un abito dalle Spalle, se non lo tenesse nessuna cintura. Il Petto, non l’Anca, indica la prossima posizione del Cuore di Ur. La cintura è direttamente nella vicinanza del Cuore, avvolta intorno all’abito.

                          7.       «14Ma il suo capo e i suoi capelli, erano come lana bianca, come la neve» [Ap.1,14]. – L’Altissimo! Dal capo procedono i capelli. Questo è il Potere del Creatore. Sì, – soltanto da Ur, dall’Altissimo, viene tutto il Potere, la Forza, la Potestà e il Vigore. Per mezzo del Suo Potere il Creatore irradia attraverso tutte le cose; nulla può nascondersi davanti all’Onnipotenza. Perciò, è “come lana bianca”.

                          8.       Malgrado l’esercizio sovrano da Spazio e Tempo, Ur vuole afferrare tutti i figli con la Santità, soprattutto con la santità della Misericordia pareggiante, morbida e calda, come un bambinello al seno della madre, come un campo di semina sotto la neve. Il Potere, qui indicato come “i capelli”, è già annunciato nel tempo antico. «14E i Suoi occhi come una Fiamma di fuoco» [Ap. 1,14] – Onniveggente, ma non meno buoni (gli occhi), scaldando come il fuoco, tuttavia anche consumando come la fiamma.

                          9.       «15I Suoi piedi simili al bronzo, che arde nel forno» [Ap.1,15]. – Il bronzo, perché stabile, veniva impiegato già allora per le corazze, volentieri anche come qualche gioiello, dando testimonianza di grandezza regale. E quando arde nel forno, non si fonde, così Giovanni rappresenta i Suoi piedi, chiamandoLo ed essendo, Ur-Eterno!  Essi portano Lui e, – tutta l’Opera. L’ardore porta progresso, crea la possibilità di perfezionare le Opere, che rimangono sui Suoi piedi = Ordine e Volontà, come il bronzo = indistruttibili!

                        10.     «15La Sua voce come un gran rumore di acqua» [Ap.1,15]. – Su Patmos si sente il tuonare e frusciare del mare. A Giovanni è parso sovente magnifico e spaventoso il mare agitato. Nella ‘visione’ se lo ricorda nello spirito sciolto, e non ha nessun paragone più forte di questo, così come sente la Voce della magnificenza del Potere. L’acqua = simbolo di Vita. Giovanni conosce le Parole del suo Maestro: «A meno che qualcuno non nasca di nuovo dall’acqua e dallo spirito» (Giov. 3,5). perciò la santa Voce gli è ambedue: Vita e Sviluppo di Potere, sì – la destinazione del Potere nel senso dell’Eternità-Ur.

                        11.     «16aAveva sette stelle nella sua mano destra…» [Ap.1,16]. La Mano destra significa l’Esercizio della Potenza maestosa del Governo, le stelle l’irradiazione delle sette Caratteristiche. Sono legati unitariamente con l’Uno, inoltre ancora nella Mano destra. Dove opera un principe della Luce (Michele nella lotta con Lucifero), nell’Un rappresentante riposa il Potere di Governo di tutti i sette, poiché sono generati da una Unità, da Ur! La Mano destra è anche la Mano giusta.

                        12.     «16b…dalla sua bocca procedeva una spada tagliente su due lati» [Ap.1,16]. – Non lo si crede volentieri; è così severo. Sotto questa Severità l’infrazione cresce a pesi giganteschi, che non si possono quasi portare. Per questo c’è qualche interpretazione; in questa Rivelazione solo una. Chi legge la Dottrina di Vita di Gesù Cristo nel senso in cui l’ha data, può riconoscere che la Sua parola porta sempre una scissione, una separazione, senza Se e senza Ma, senza il minimo compromesso: Se voi fate, allora …;  e: se non lo fate, allora …

                        13.     Qui c’è la linea chiara, a due tagli, acuta, che richiede la Parola di Dio nonostante la Misericordia e l’Amore, nonostante la Pazienza e la Bontà. Gesù non ha mai detto: “Se ora non puoi ancora, allora seguiMi dopo”; oppure: “Se ancora non vuoi pentirti dei tuoi peccati, allora più tardi c’è ancora tempo”. Invece disse ai discepoli: «SeguiMi e lascia seppellire ai morti i loro morti(Matt. 8,22). – Al ricco giovane disse: «Vendi tutto!» (Luca 18,21). Questo lo rileverà fortemente il capitolo 3,15-16.

                        14.     «16…il suo volto risplendeva come il chiaro sole» [Ap. 1,16]. – Dopo l’Atto della Giustizia e della Santità, l’Onnisanto rivolge pietosamente il Suo volto ai figli, affinché Lo vedano = ‘Guardino’, e vogliano riconoscere quanto Egli fa per elevarli a Suoi veri figli. Il ‘chiaro Sole= la Sapienza, anche che i figli Lo guardino ‘da Volto a volto’, com’Egli è veramente, come Giovanni Lo descrive.

                        15.     Inoltre il Volto non è velato, ([Ef. 3,16]: «Come una forza secondo la ricchezza della sua Gloria»). Molti «In attesa della beata speranza e apparizione della gloria del grande Iddio e Salvatore Gesù Cristo» (Tito 2,13). I fedeli testimoni vedono il Suo chiaro Sole «da una gloria all’altra» (2° Cor. 3,18).  In questo si vede l’intera Opera, quella della Profondità, delll’Altezza, dell’Ampiezza e della pietosa Vicinanza del Cuore. Il vero figlio può contemplare e vedere la “grande moltitudine dell’Opera” e il Volto della santa Misericordia! Egli risplende davanti a tutte le Opere nella Vista più sublime e nel Suo Onore!

                        16.     Non c’è da meravigliarsi che persino lo spirito del veggente, staccato dal corpo, «17s’accascia come morto…» [Ap. 1,17], quando riesce a vedere la maestosità, la quasi incommensurabilità dell’apparizione. Tuttavia ha parte in questa Rivelazione per la Forza dello Spirito conquistata da sé. Perché quando nello stato dell’aldilà si sente come morto, allora Si solleva la maestosa Figura e: «17Mi mise la Mano destra…» [Ap. 1,17].

                        17.     Giovanni può già sopportare un tale Tocco; e il «17…Non temere, Io sono il Primo e l’Ultimo, 18e il Vivente!» [Ap. 1,17-18], gli dà la Forza. L’Onnisanto gli conferma un’altra volta: «18…Io sono vivente dall’eternità di eternità ed ho le chiavi dell’inferno e della morte» [Ap. 1,18]. – Egli apre ambedue, chiude ambedue, non appena il Suo «Tutto è compiuto!» (Giov.19,30) sta, giubilando, sulla compiuta Opera del Giorno dell’Amore.

                        18.     La suddivisione in epoche della Rivelazione conferma la Parola: «19Scrivi quello che hai visto e ciò che è, e ciò che deve succedere dopo» [Ap.1,19]. – Quindi, quello che risulterà prima del tempo del discepolato, nel secolo di Giovanni, e ancora dopo. Le sette stelle, l’Eterno le chiama «…angeli delle comunità…», i  candelabri = sette comunità. Le sette Stelle nella Sua mano destra = i primogeniti, i principi davanti al Seggio e al Focolare, il Seggio del Governo e della Grazia.

                        19.     Ognuna è per sé una comunità, perché – come indicato – come cherubino e come serafino, ci sono due candele su un candelabro. Oltre a questo, le sette = sono le prime e più sublimi unità del Regno, per cui Ur li tiene anche insieme e, contemporaneamente, nella Sua destra. Da loro procedette nella settuplicità la schiera di Luce, che esiste primariamente come “sette Chiese nel Regno”.

                        20.     Come però il Celeste si possa rispecchiare nella materia, così qui le comunità in Asia. Sono anche i sette gradini della fede, in cui vengono inseriti tutti i credenti per via del diritto, dalla “Mano destra e dalle sette Stelle”. Ad ognuna vale nel secondo periodo dell’Esercizio del Diritto l’ammonimento e l’avvertimento, la Missione del Regno sul veggente Giovanni.

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La continuazione del testo: Parte I  del “Libro di Grazia”

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[1]  Vedi nell’Opera “Il prigioniero” la vita di Giovanni sull’isola di Patmos.